di Giuseppe Stoppiglia
Se chiedi a un uomo quanti figli ha, ti dirà:
“Ne ho tre, due maschi e una femmina”.
Se lo chiedi a una donna, ti dirà,
“Ho Giacomo, Francesca e Marco”
Sabato prossimo, 8 marzo, si celebra la giornata (festa) della donna.
Ci sarà la solita dose di retorica, il solito ricorso alle mimose e
l’aggiunta di qualche ipocrisia in più … ma ci saranno, anche,
espressioni oneste e solidali.
Ripeto spesso (troppo) che la tenerezza, la delicatezza, la costanza,
la libertà dell’intuizione, la generosità dei sentimenti, la
compassione, l’intelletto d’amore, la fantasia, la creatività che la
donna custodisce dentro di sé come patrimonio spirituale, è la scoperta
della dimensione dell’anima.
Per rendere più accessibile questo concetto, vorrei ritornare a due
episodi della mia infanzia. Ricordano: l’abbraccio e la tenerezza della
donna.
Il primo episodio è il pianto di mio padre al ritorno dalla campagna,
dove una grandinata aveva distrutto tutto il raccolto della nostra
vigna. Ero rimasto come pietrificato: era un uomo forte, mio papà,
saldo e vigoroso, come le sue mani di contadino. Era anche ironico,
come spesso sono i poveri. Il mio cuore irrigidito di bambino, però, si
sciolse subito perché la mamma l’avvolse con un grande abbraccio e gli
asciugò le lacrime con i baci. Non seppi mai quello che gli mormorò, il
gesto, però parlava da sé. L’abbraccio di una donna tocca, infatti,
ogni essere e lo chiama alla vita anche quando la vita viene meno, gli
dà speranza anche quando la speranza sembra mancare.
Il secondo episodio, invece, mi riporta durante la guerra, ( avevo
cinque o sei anni) quando avvenivano i bombardamenti. Ciò che mi
stupiva sempre era di vedere l’uomo avvilito e disperato di fronte alla
sua casa distrutta. La donna invece, non si perdeva d’animo: andava a
rimuovere le macerie per cercare ciò che era rimasto salvo dal
bombardamento e subito pensava di ricostruire la famiglia, la casa.
Nulla è perduto, anche quando tutto è perduto.
La morale cristiana corrente, quella che ti si attacca alla pelle come
un vestito bagnato e ti appesantisce, afferma che la donna è un
rischio, e la capacità di farvi fronte misura la forza di un uomo. Per
me la qualità della vita cristiana è nell’incontro, e nell’incontro con
“l’intelletto d’amore” della donna, con la sua spiritualità innata, con
la sua percezione intuitiva della verità, è per l’uomo un tesoro
irrinunciabile. Nella mia vita ho seguito sempre questo criterio:
quando una donna mi dice: “quello che fai, va bene”, mi sento sicuro.
Quando me lo dice un uomo, non lo so. Purtroppo esistono anche donne
che si sono allineate allo stile di spavalderia e prevaricazione,
imitando il maschio.
La donna sprona l’uomo a tenere acceso il fuoco interiore della
crescita e della consapevolezza, lo spinge ad andare oltre l’apparenza
delle cose. Mentre l’uomo punta a conquistare nuovi spazi di conoscenza
e di dominio, la donna lo conduce a fare “casa dentro se stesso”, a
immergersi nel quotidiano. L’uomo costruisce grandi prigioni perché
nella vita sia conservato un ordine astratto di moralità, di lavoro, di
disciplina.
La donna con la sua misericordia distrugge le sbarre della prigione e
riporta l’uomo alla vita, all’amore di ogni essere vivente. La donna
non vede il seme della vita crescere: è terra che accoglie quel seme, è
plasmata da quella vita e questo cordone ombelicale come la lega a suo
figlio, la lega a ogni figlio.
Un augurio grande e commosso a tutte le donne! Non mendicate autorità
dall’uomo, non imitatelo per liberarvi dal suo dominio, portate nella
società i vostri doni, il vostro sentire, i vostri sentimenti. Forse,
anche voi, dovete curare qualche rigidità, la vostra intransigenza, il
vostro chiudervi in una timidezza mai domata. La donna, col suo
“intelletto d’amore”, porta freschezza ed energia interiore, se resta
in ascolto. Un’utopia? Si! ma è un’utopia che cammina. Non sono forse i
pensieri che giungono con passi di colomba, quelli che guidano il mondo?
Un forte abbraccio con tenerezza e affetto.