di Rosa Serrone
Don Tonino aveva, tra gli altri, il dono del linguaggio e la capacità di parlare con immagini e gestualità convincenti e coinvolgenti.
Nel settembre 1992 don Tonino detta le linee dell’ultimo programma pastorale (Diari e scritti pastorali, ed Mezzina). Pone “tre parole–cardine: la comunione come valore, la comunità come versante visibile della comunione, la comunicazione come strumento di crescita dell’una e dell’altra”. Scrive “la necessità di raggiungere la gente che non passa dalla chiesa, comprendendo meglio la forza d’urto pastorale insita nei mezzi di comunicazione… per gettare con garbo, con discrezione e con stile, semi d’inquietudine e stimoli di approccio che si risolvano poi nell’incontro diretto con la Parola”. Aggiunge: “Rendere accessibile il linguaggio… interrogarsi sui moduli espressivi… sono tutte espressioni d’amore che la comunità cristiana, dal vescovo al più piccolo catechista, deve mettere in atto con atteggiamento critico e con fantasia. La comunicazione è, soprattutto, ministero della ‘misericordia’”.
È un’intuizione profetica che oggi salutiamo in papa Francesco. Don Tonino ha il carisma della comunicazione: la parola fiorita di immagini, la gestualità convincente, lo sguardo fisso sull’interlocutore.
Ascolta volentieri gli altri e rielabora storie e domande inespresse, frequenta vicini e lontani, non si nega a nessuno e, se c’è da verificare, fa prima l’autocritica. È pastore esigente con la gente e con se stesso. Ricordiamo alcuni suoi gesti creativi: invia i giovani radunati il sabato delle Palme a portare la pace per le strade di Ruvo, a scuola coi bambini suona la fisarmonica… Nei suoi moduli espressivi notiamo parole nuove: Chiesa del grembiule, Samaritano dell’ora giusta, dell’ora dopo e dell’ora prima, Contemplattività, Convivialità delle differenze, ONU dei popoli, …; tecniche di scrittura antiche: l’acrostico P(Preghiera) A(Audacia) C(Convivialità) E(Esodo)…; l’inversione “Non potere dei segni ma segni del potere”, il gioco delle parole “Non è un mostro ma un nostro”, ”portavoce, non portaborse”, ”Denuncia, rinuncia, annuncia”; il ricorso al linguaggio sportivo “Come vostro allenatore… attenetevi alle regole del gioco… vincerete una tappa, ma perderete il giro”; il richiamo del linguaggio matematico “La Trinità: non 1+1+1 ma 1x1x1”; il rimando a canzoni o poesie del Novecento; la ricerca etimologica come quando, alla fine di un incontro coi giovani consegnandoci un sassolino, spiega la sua traduzione latina (scrupolo). Sul settimanale diocesano indirizza lettere aperte con storie vere illuminate dalla sapienza del cuore e dalla teologia; attualizza personaggi dell’Antico Testamento perché la Bibbia si accompagna al giornale; poi pubblica libri per raggiungere i lontani; registra audiocassette che spedisce ai politici assenti all’incontro di Natale. Senza misura la sua capacità d’ascolto attivo e dialogo. Infine “confitto e non sconfitto” sul letto del dolore incontra gente e l’ultimo giovedì santo, già icona del Crocifisso, partecipa alla messa crismale. Ecco perché oggi tanti hanno un legame forte con lui e grazie a lui con Cristo. Nella preghiera finale di quelle linee pastorali: Ci affidiamo al Signore e alla Vergine Santa perché cresca nella nostra diocesi il clima di amicizia… si sviluppino le frequentazioni costruttive tra operatori…, aumenti la stima nei confronti di chi lavora nel giardino accanto, ed esploda la festa quando la famiglia diocesana si ritrova insieme… Buon lavoro a tutti…” c’è il sogno del comunicatore. Oggi libri, audio, video e opere–segno (Casa di recupero a Ruvo, Casa di preghiera a Terlizzi, Casa d’accoglienza “Cattedrale della Carità” a Molfetta) raccontano la sua passione evangelica.
Saremo capaci anche noi di contagiare con una vita-specchio dell’innamoramento di Cristo e della Chiesa?Rosa Serrone
(fonte: “Mosaico di Pace” giugno 2013)