Il papa nomina i suoi «saggi»,
tutti esterni alla nomenklatura
di Luca Kocci
Dopo i dieci saggi di Napolitano, arrivano gli otto di papa Francesco. Bergoglio li ha nominati ieri, ad un mese esatto dalla sua elezione: otto cardinali, più un vescovo come segretario (mons. Semeraro, di Albano), che avranno il compito di «consigliarlo nel governo della Chiesa universale» e di «studiare un progetto di revisione della Costituzione apostolica Pastor bonus», il documento promulgato da Wojtyla nel 1988 che regola la struttura e il funzionamento della Curia romana, ovvero il governo centrale della Chiesa cattolica.
I lavori non cominceranno domani («non c’è nessuna emergenza», puntualizza il direttore della sala stampa vaticana, padre Lombardi): «La prima riunione collettiva del gruppo è stata fissata per i giorni 1- 3 ottobre 2013», spiega la nota della Segreteria di Stato, tuttavia il papa «è sin d’ora in contatto con i cardinali». Quindi dietro le quinte ci si inizia a muovere. Frattanto Bergoglio «potrà definire meglio le sue idee sul governo e sulla Curia continuando ad incontrare i responsabili dei vari dicasteri», aggiunge Lombardi, che ci tiene a precisare: «Si tratta di un gruppo consultivo, senza alcun potere decisionale, quindi non c’è nessuna diminuzione delle responsabilità e delle competenze della Curia romana che resta pienamente in funzione».
Sarà. Tuttavia è un fatto che solo uno degli otto “saggi”, il cardinale Bertello (vicino al segretario di Stato Bertone), fa parte del governo centrale – è presidente del Governatorato dello Stato vaticano –, mentre gli altri sette sono vescovi residenziali che arrivano dai cinque continenti, a rappresentare quindi la Chiesa di tutto il mondo. Ma l’impressione è anche di una non piena fiducia nei cardinali attualmente in servizio in Curia, tanto più se effettivamente Bergoglio procederà ad una riforma del governo centrale romano. Ancora presto per affermarlo: la nomina del gruppo di lavoro può essere condizione necessaria, ma non sufficiente.
Sicuramente, come del resto viene rilevato nel comunicato della Segreteria di Stato, il papa dà seguito ad «un suggerimento emerso nel corso delle congregazioni generali» che hanno preceduto il Conclave. In quella sede, con cardinali divisi fra i curiali e i “riformatori”, da parte di molti arrivarono richieste di aggiornamenti e riforme della Curia romana, dilaniata dal Vatileaks e circondata dai “corvi”. «Moltissimi attendono una riforma della Curia e sono certo che ci sarà», disse il cardinale brasiliano Hummes, uno dei “grandi elettori” di Bergoglio.
Alcuni dei riformatori sono presenti nel gruppo dei saggi, come il cappuccino statunitense O’Malley, arcivescovo di Boston, diocesi che fu chiamato a ripulire dopo uno scandalo che coinvolse molti preti pedofili, insabbiato dal suo predecessore, il cardinale Law, ora a Roma, a Santa Maria Maggiore; o come il congolese Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, in prima fila nella ricerca di una soluzione pacifica nel conflitto dei Grandi Laghi, in passato copresidente di Pax Christi International. Ma ci sono anche dei conservatori, come l’australiano Pell(arcivescovo di Sydney) o il tedesco Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, autore di un libro intitolato Il Capitale, in cui però critica duramente le analisi del suo omonimo Karl. E poi il ratzingeriano arcivescovo di Bombay Gracias, quello emerito di Santiago del Cile Errázuriz Ossa e il controverso salesiano honduregno Maradiaga (arcivescovo di Tegucigalpa, coordinatore del gruppo), critico nei confronti del capitalismo selvaggio ma aperto sostenitore del colpo di stato in Honduras del 2009, quando il golpista Roberto Micheletti prese il potere sul presidente legittimo Manuel Zelaya.
Salutare questo atto di Bergoglio come un passaggio rivoluzionario – come qualcuno si è affettato a fare, sull’onda che interpreta in questa chiave qualsiasi parola e gesto del papa – è prematuro: di commissioni ce ne sono state diverse, alcune hanno prodotto dei risultati, altre sono state ignorate, altre ancora hanno fatto da paravento ad una sostanziale immobilità. Il gruppo nominato da Bergoglio è un ulteriore segnale di discontinuità, soprattutto rispetto alla Curia. Ma per i risultati bisognerà attendere.
(fonte: “il manifesto” del 14 aprile 2013)