Il virus razzista
di Nadia Urbinati
Il
pregiudizio non è innocuo. Il suo braccio armato è il razzismo,
un’ideologia che unisce gli uguali contro i diversi e che mobilita
parole e, quando può, il potere della legge per realizzare il piano di
ripulire la società degli indesiderati. Un’ideologia che miete adepti
con facilità perché facile da coniugare, elementare ed esprimibile con
le parole dell’ignoranza ordinaria, istintiva. Scriveva John Stuart
Mill nell’introduzione del Saggio sulla soggezione delle donne (1869)
che l’idea che la donna sia inferiore nell’intelletto e nelle capacità
è così diffusa e radicata da apparire a tutti (perfino alle sue
vittime) naturale: poiché istintiva e irriflessa, essa deve essere
naturale! Diversamente come potrebbe annidarsi con tanta spontaneità
nelle menti di milioni di persone? È vero proprio il contrario: quel
pregiudizio è una costruzione sociale, tutto fuor che naturale e
spontaneo. Creato dalle relazioni di potere tra dominatori e dominati
per renderle – questo il vero obiettivo – così spontanee da farle
accettare senza sforzo. Lo stesso accade con tutti i pregiudizi:
l’eterosessualità è la condizione naturale; la razza bianca è
naturalmente superiore; il genere maschile ha una naturale disposizione
alla leadership; i settentrionali sono naturalmente più intraprendenti
... e si potrebbe continuare, con una lista davvero lunga al punto che
perfino tra gli uguali salterebbe fuori prima o poi una ragione di
discriminazione. Si parte dall’umanità per cercare le forme inferiori e
si arriva alla gente del proprio villaggio, tra la quale certamente
albergano dei reietti. La logica del razzismo è quella dell’esclusione
e si diffonde a macchia d’olio, per cui non si finisce mai di escludere.
La pericolosità del razzismo deriva dalla sua facilità di attecchire,
alimentato da ignoranza e rifiuto di riflessione. È una gemmazione
della pigrizia mentale, il consolidamento di un’atavica tendenza ad
orientarsi nel mondo senza troppo sforzo. A Zurigo, nella civilissima e
bianchissima Svizzera, qualche giorno fa la star della televisione
americana (e una delle persone più ricche degli Usa), Oprah Winfrey è
stata trattata come Julia Roberts inPretty woman: voleva acquistare una
borsa da 28mila euro e si è sentita rispondere che era troppo costosa
per lei, che avrebbe potuto comprare l’intero negozio. In Italia,
continuano gli attacchi e gli insulti feroci al ministro Kyenge.
Il pregiudizio vive di inettitudine mentale e di faciloneria. Per
questo rende il razzismo un codice di riconoscimento: i razzisti vanno
d’accordo tra loro, si riconoscono e si attraggono; rinforzano le loro
credenze a vicenda. Proprio perché genera emulazione il razzismo non è
mai un fenomeno isolato: infatti, se una persona ha il coraggio di
rivelarsi razzista in pubblico è perché sa di poter contare
sull’appoggio dell’opinione. Ecco perché quando si legge che l’ex
leader della Lega Nord arringa i suoi a ricorrere ai fucili perché non
si può riconoscere uno Stato che ha tra i suoi ministri una donna nera,
occorre reagire. Non si possono rubricare quelle parole come un
commento sbagliato, una frase infelice, un’uscita propagandistica
folcloristica: il razzismo non è mai innocente.
E umilia tutti.
(Fonte: “la Repubblica” del 13 agosto 2013)
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