LASCIARLI ANDARE E' ATTO DI
MISERICORDIA
di Maria Frigione
Dopo la recente
sentenza della Corte Costituzionale sul suicidio assistito, il
tema del “fine vita” è tornato di attualità in Italia. Come al solito ne è
sorta tanta confusione e si sono succedute diverse posizioni sia rigoriste che
possibiliste, molto spesso prodotte da ideologie di parte, che non hanno tenuto
in nessun conto la situazione di sofferenza della persona.
Ma che cosa ha stabilito di preciso la Consulta? La Corte
Costituzionale ha
deciso che non sia punibile "chi agevola l’esecuzione
del proposito di suicidio" di un paziente affetto da una patologia
irreversibile che gli causi sofferenze intollerabili, tenuto in vita da
trattamenti di sostegno vitale ma in grado di prendere decisioni consapevoli. Il
codice penale, infatti, punisce oggi (art.
580) chi convince al suicidio, ne rafforza la volontà di
suicidio o "ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione" con la
reclusione da 5 a 12 anni.
Con la sentenza recente, i
giudici costituzionali hanno però posto delle condizioni per la non punibilità.
In particolare si chiede che vengano rispettate le norme sul consenso informato
e che le modalità di esecuzione vengano
verificate da parte di una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale,
"sentito il parere del comitato etico territorialmente competente."
Il “consenso informato” è il
presupposto delle Dat (Le disposizioni anticipate di trattamento), comunemente
definite "testamento biologico" o "biotestamento", sono regolamentate
dall’art. 4 della Legge 219
del 22 dicembre 2017
Il testamento biologico in Italia
La legge
sul testamento biologico è entrata in vigore il 31 gennaio 2018, poche settimane dopo
l’approvazione da parte del Parlamento. In sintesi, la norma permette di stabilire in anticipo a quali
esami, scelte terapeutiche o singoli trattamenti sanitari dare o non dare il
proprio consenso, nel caso di una futura incapacità a decidere o a comunicare.
Lo strumento sono le Disposizioni anticipate di trattamento (Dat).
Tra i trattamenti sanitari
sono stati inclusi anche la nutrizione e l’idratazione artificiale, che secondo
alcuni critici non erano invece da considerarsi.
In ogni caso, quando vengono redatte le Dat, bisogna indicare un
“fiduciario” che si interfaccerà col medico e con la struttura ospedaliera se e
quando il paziente non sarà più in grado di farlo.
Tramite il "Consenso
informato" il paziente, ha diritto a "conoscere le proprie
condizioni di salute e di essere informato in modo completo, aggiornato e
comprensibile" per quanto riguarda diagnosi, prognosi, benefici e rischi
degli esami medici e dei trattamenti proposti, possibili alternative e, infine,
conseguenze di un eventuale rifiuto del trattamento sanitario. Una volta
informato, può prestare - o negare - il consenso a questo o quel trattamento
sanitario. Dunque, con questa legge, è possibile per un paziente rifiutare
determinate cure - incluse nutrizione e idratazione artificiale - e lasciarsi
morire, chiedendo allo stesso tempo di essere sedato o comunque di ricevere una
terapia del dolore per evitare sofferenze fisiche e psicologiche. Il testo disciplina le
modalità in cui tale consenso informato può essere espresso:
“il consenso
informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle
condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso
videoregistrazioni o, per la persona con disabilità,
attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. Il consenso informato,
in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo
sanitario elettronico”.
In ogni momento
la persona può rivedere le sue decisioni. Il rifiuto (non inizio) o la rinuncia
(interruzione) riguardano tutti gli accertamenti diagnostici e i trattamenti
sanitari, tra i quali la Legge include l'idratazione e la nutrizione
artificiali.
Il medico
- "Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di
trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico
prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le
conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni
azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di
assistenza psicologica. Ferma restando la possibilità per il paziente di
modificare la propria volontà, l'accettazione, la revoca e il rifiuto sono
annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario
elettronico".
- "Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal
paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo
e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il
paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge,
alla deontologia professionale o alle buone pratiche
clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha
obblighi professionali".
- Nelle situazioni di emergenza o di urgenza
"il medico e i componenti dell'équipe sanitaria assicurano le cure
necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni
cliniche e le circostanze consentano di recepirla".
Come fare le DAT
La redazione delle
DAT può avvenire in diverse forme:
- atto pubblico
- scrittura privata autenticata
- scrittura privata consegnata personalmente dal disponente
presso l'ufficio dello stato civile del proprio Comune di residenza, che
provvede all’annotazione in un apposito registro, ove istituito
(vedi circolare
del Ministero dell’interno)
Potranno inoltre
essere consegnate personalmente presso le strutture sanitarie, nel caso in cui
le Regioni che adottano modalità telematiche di gestione della cartella clinica
o il fascicolo sanitario elettronico o altre modalità informatiche di gestione
dei dati del singolo iscritto al Servizio sanitario nazionale abbiano, con
proprio atto, regolamentato la raccolta di copia delle DAT, compresa
l'indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella Banca dati, lasciando
comunque al firmatario la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove
esse siano reperibili. (art. 4, comma 7)
Le DAT sono esenti
dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro
tributo, imposta, diritto e tassa.
La Legge di bilancio
2018 ha stanziato 2 milioni di Euro per la realizzazione di una Banca dati nazionale
delle DAT.
Nel caso in cui le
condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere
espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla
persona con disabilità di comunicare.
Con le medesime forme
esse sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento. Nei casi
in cui “ragioni di emergenza e urgenza impedissero di procedere alla
revoca delle DAT con le forme previste dai periodi precedenti,
queste possono essere revocate con dichiarazione verbale raccolta o
videoregistrata da un medico, con l'assistenza di due testimoni”.
Nomina del fiduciario e ruolo del
medico
La Legge 219 prevede
la possibilità di indicare nella DAT un fiduciario, la cui scelta è rimessa
completamente alla volontà del disponente. La Legge si limita a prevedere che
il fiduciario sia maggiorenne e capace di intendere e di volere. Il fiduciario
è chiamato a rappresentare l’interessato nelle relazioni con il medico e con le
strutture sanitarie.
Il medico è tenuto al
rispetto delle DAT, le quali possono essere disattese, in tutto o in parte, dal
medico stesso, in accordo con il fiduciario qualora:
- esse appaiano palesemente incongrue o non
corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente;
- sussistano terapie non prevedibili all'atto della
sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento
delle condizioni di vita.
Il legislatore comunque
gia da tempo aveva istituito e regolamentato sia la terapia del dolore che le
cure palliative.
Le Cure Palliative (dal latino palliare:
mascherare o coprire con un mantello), secondo la definizione
dell’OMS-Organizzazione mondiale della sanità, costituiscono:
un approccio volto a migliorare il più possibile la qualità
della vita di persone colpite da malattie inguaribili e delle loro famiglie,
attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza «per mezzo di una
identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre
problematiche di natura fisica, psicosociale e spirituale». (World Health Organization, National cancer control programmes.
Policies and managerial guidelines, 2002, p. 84).
Le Cure Palliative
·
leniscono dolori e altri disturbi opprimenti,
·
sostengono il paziente nel restare attivo il più a lungo
possibile,
·
integrano aspetti psicologici e spirituali,
·
affermano la vita e considerano la morte un processo normale,
·
non vogliono né accelerare né ritardare la morte,
·
sostengono i familiari nell’elaborazione della malattia del
paziente e del proprio lutto,
·
consistono in un lavoro di gruppo per rispondere al
meglio alle esigenze dei pazienti e dei loro famigliari,
·
possono essere applicate precocemente nella malattia, in
combinazione con le misure che tendono a prolungare la vita, come per esempio
la chemio terapia e la radioterapia. Comprendono anche la ricerca
necessaria per capire e trattare al meglio i disturbi o le complicazioni cliniche.
La legge italiana (Legge n. 38 del 10 Aprile 2010)
sancisce che le terapie palliative sono un diritto e,
come tale, vanno garantite a tutti i cittadini italiani indipendentemente dalle
loro condizioni economiche e dal luogo dove si trovano ad essere curati
(ambulatorio, ospedale e domicilio). Coerentemente con questo indirizzo, le
terapie palliative sono inserite nei Livelli Sanitari di Assistenza,
prestazioni che ogni Regione è tenuta ad erogare gratuitamente ai propri
residenti.
Essendo, quindi, gestite a livello regionale l’erogazione e la richiesta di
tali cure varia al variare della Regione. È, tuttavia, possibile rivolgersi
alle seguenti figure in caso di necessità:
- Medico di famiglia
- Medici specialisti
- ASL di riferimento
- Associazioni di volontariato.
Vengono inoltre definiti i luoghi in cui le cure
palliative possono essere erogate:
- Cure palliative domiciliari
- Hospice
- Cure palliative ospedaliere
Sebbene la scelta nella maggior parte dei casi
(dal 75 all’85%) ricada sul ricevere le cure palliative a domicilio (dove si
pensa che l’ambiente famigliare possa evitare anche i traumi di natura
psicologica), talvolta il contesto familiare ed abitativo non
rappresentano il luogo adatto ed è, quindi, preferibile seguire il
malato in una struttura protetta come l’hospice.
La
scelta del setting
In ciascuna
regione italiana sono presenti gli hospice,
ossia strutture che permettono un ricovero temporaneo o permanente per le
persone malate che non possono essere più assistite in un programma di
assistenza domiciliare specialistica, o per le quali il ricovero in un ospedale
non è più adeguato. Proprio per assicurare una buona assistenza, questi centri
sono di piccole dimensioni e in genere non superano i 10-15 posti letto. Le
caratteristiche strutturali e organizzative degli hospice sono regolamentate
da una specifica legislazione, i cui primi provvedimenti sono stati
emanati nel 1999, mirata a garantire il benessere fisico, psicologico e
relazionale del malato e dei suoi familiari, il comfort ambientale, la sicurezza
nell’utilizzo degli spazi e la tutela della privacy. Solo in pochi casi queste
strutture sono annesse ad un ospedale; molto più spesso, invece, sono entità a
parte, costruite come residence, con molto spazio per i familiari dei pazienti.
L’Italia,
si è collocata in 21a posizione.
Pur considerando le difficoltà di confrontare realtà sanitarie estremamente
diverse per contesto politico/culturale, storia e organizzazione, il Report fa
emergere alcune peculiarità in tema di cure palliative, sia positive che
negative, riguardanti il nostro Paese. Tra i punti di forza si riconosce
all’Italia la presenza di un moderno e strutturato quadro normativo
atto a proteggere i diritti dei pazienti e a garantire un’assistenza in cure
palliative gratuita e di alto livello qualitativo per tutti. Viene
evidenziato, però, che la regionalizzazione della nostra offerta sanitaria
pubblica comporta sovente un’applicazione delle normative non uniforme su tutto
il territorio, con conseguente disparità di accesso alle cure a scapito
soprattutto di alcune regioni.
Certo l'Italia non è una, se mai lo sarà, e
quindi le situazioni sanitarie variano da regione a regione. Le cure palliative
si sono sviluppate a macchia di leopardo e accanto alle cosiddette
"regioni virtuose" esistono le altre dove le cure non vengono erogate
direttamente dal SSN ma demandate al privato convenzionato o purtroppo come
spesso accade alle famiglie dove ricade il peso maggiore del malato terminale.
Per non parlare degli Hospice che in tante province come la nostra non sono mai
sorti come residenza separata ma si è ovviato trasformando alcune stanze
ospedaliere in residenza ma lasciando sempre una struttura ospedaliera.
Ecco
senza scendere nei tecnicismi queste sono grossomodo le regole giuridiche che
regolano, nella sanità italiana, il gravoso capitolo della terapia del dolore,
il periodo di fine vita e le possibilità decisionali che ha il singolo
cittadino riguardo alla qualità della
sua vita e quindi alle condizioni della propria morte. Personalmente credo molto
nelle DAT cioè nella possibilità di decidere per tempo, in determinate
situazioni di irrevesibilità della patologia, di non avvalersi di determinate
metodiche di supporto vitale che avrebbero l'unico scopo di allungare la vita e
quindi le sofferenze senza produrre alcun vantaggio benefico. Ancora tutto
l'iter non è compiuto. Manca l'organizzazione a livello territoriale ma
sopratutto una coscienza e una preparazione sociale al problema e le sue
implicazioni.
Padre
Alberto Maggi, teologo di fama, che doveva essere operato per dissezione
aortica, di fronte alla possibilità di riportare danni cerebrali o restare
tetraplegico non ebbe dubbi: chiamò i suoi confratelli e diede disposizioni
precise che se avesse riportato danni permanenti al cervello "dovevano
staccare la spina". "Mi chiesi che senso potesse avere una vita del
genere... resta il fatto che l'uomo ha la sua dignità e, allora ci si deve
chiedere che tipo di dignità possa avere una persona che vede prolungarsi pene
indicibili. E' in queste circostanze che si deve dire stop, altrimenti
diventerebbe solo accanimento terapeutico, una specie di tortura e non ha senso.
Papa Wojtyla nell'ultimo periodo disse - Lasciatemi andare alla casa del
Padre.. - rifiutò il prolungamento delle sue cure, e la stessa cosa fece il
cardinale Martini".
Ecco credo stia tutto
qui il nocciolo del problema: il limite della sofferenza è proprio la dignità
della persona. Sono medico anestesista ed ho lavorato in emergenza 42 anni e
gli ultimi venti in terapia intensiva. Conosco bene la sofferenza e il
dolore ed in tutta coscienza posso dire
che ci sono dolori incoercibili,
invincibili di fronte a cui l'uomo si deve arrendere. Penso ai malati tetraplegici
per degenerazione neurologica (SLA e
simili) o per trauma o per istus, incarcerati in un corpo dolente senza alcuna
possibilità di ripresa. Penso ai tanti malati di terapia intensiva soccorsi inizialmente
con metodiche di supporto respiratorio ed emodinamico che non hanno superato
l'evento e restano inchiodati a vita in un letto ed attaccati a delle
macchine dove gli stessi strumenti di
supporto diventano strumenti di tortura. Ricordo le lunghe notti di guardia
quando al buio passavo tra i vari letti dei miei malati intubati, connessi al
ventilatore, sostenuti emodinamicamente, monitorizzati ed altro. Povera umanità dolente molti senza
alcuna speranza e che forse non dovevano neanche arrivare in rianimazione ma fermarsi
molto prima proprio in rispetto della dignità della persona.
Termino con le parole
di un malato di SLA che scrive al Papa: "Quando il dolore fisico ti fa
urlare ma non puoi perchè non hai voce e
il dolore resta facendoti impazzire Caro Padre Francesco allora capisci che c'è
una sola via di uscita, andartene. L'eutanasia o il suicidio assistito non sono
soluzioni di comodo o sbrigative te lo assicuro. Il diritto di vita o di morte
lo ha solo Dio? Ma Dio oltre il sopportabile non lo può permettere. La vita è
sacra? Ma che sacralità c'è in questa sofferenza sempre non voluta o cercata?
Solo il momento di scegliere, l'unica scelta".
Lasciarli andare è
atto di Misericordia.
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