Maria, la fantasia di Dio
di Alberto Maggi
Il sigillo dell'ottimismo di Dio
L'inizio e la fine della vita terrena di Maria, pur non avendo nessun
riscontro nei Vangeli, corrispondono al compimento del progetto che Dio
ha sull'umanità.
Creati a immagine e somiglianza di Dio (Gen 2,26), e chiamati a
diventare suoi figli (Gv 1,12), gli uomini realizzano questa
somiglianza nella vita terrena mediante la pratica di un amore che
somigli a quello del Padre (Lc 6,35), e proseguono presso il Signore la
loro esistenza oltrepassando la soglia della morte (Gv 11,25-26).
La Chiesa, presentando Maria come modello perfetto di questo itinerario
di figliolanza e di somiglianza, ne celebra l'ingresso nell'esistenza
terrena con l'Immacolata e quello nella sfera di Dio con l'Assunta.
Queste verità, che pur non avendo alcun riferimento nel Nuovo
Testamento appartengono al patrimonio di fede del popolo cristiano,
sono nate dall'intuito della gente più che dalla speculazione teologica.
Per “Immacolata” la Chiesa intende che quel groviglio di colpe che
impedisce la piena comunicazione di vita tra Dio e l'umanità non pesa
su Maria. Questa condizione non è statica, data una volta per sempre,
bensì dinamica: la creatura è invitata a collaborare attivamente al
dono del Creatore, sintonizzando il suo amore sulla stessa lunghezza
d'onda di quello di Dio, “che ci ha scelti prima della creazione del
mondo per essere santi ed immacolati per mezzo della carità” (Ef 1,4).
Maria viene presentata dagli evangelisti come il segno tangibile di
quel che Dio può realizzare con ogni creatura che non metta ostacoli
alla potenza del suo amore e si lasci colmare dal suo Spirito.
L’Immacolata è il sigillo dell'ottimismo di Dio sull'umanità, il segno
di quanto stimi l'uomo, di come abbia bisogno di ogni persona per
portare a compimento la sua creazione ed essere Padre per tutti gli
uomini (2 Cor 6,18).
Due annunciazioni
L’abisso che separava gli uomini da Dio è stato colmato con
l’Immacolata: la creatura può essere intimamente unita al suo Creatore.
Questa piena comunione, possibile a tutti gli uomini (Ef 1,4), è frutto
di un processo di crescita nella fede che è stato vissuto anche da
Maria. L'itinerario di fede di Maria si può racchiudere nell'arco di
due grandi cicli: le annunciazioni. Ogni annunciazione è una chiamata
da parte di Dio alla pienezza di vita, e nell’esistenza di Maria
s’incontrano due importanti chiamate: nella prima il Dio di Israele si
rivolge alla ragazza di Nazaret, nella seconda Gesù, il “Dio con noi”
(Mt 1,23), interpella sua madre. La prima annunciazione culminerà nella
nascita dell'Uomo-Dio, la seconda in quella della discepola perfetta.
Nella prima annunciazione, Dio, rimasto inascoltato dal sacerdote nel
Tempio (Lc 1,20), si rivolge “a quel che il mondo disprezza” (1 Cor
1,28), ad una donna sposata nella malfamata Nazaret (Gv 1,46), e le
chiede di diventare la madre di suo Figlio (Lc 1,26-38).
Pienamente fiduciosa nel suo Dio, Maria accetta: la proposta che il
messaggero divino le ha fatto è la formulazione di profonde esigenze di
vita che aveva dentro di sé e che ora può liberare e far crescere.
La seconda chiamata avviene in un clima altamente drammatico: tutto il
clan familiare ha deciso di catturare Gesù ritenuto ormai demente (Mc
3,21-35). Il Galileo, presentatosi come l'inviato del Signore (Lc
4,18-21), si è comportato infatti come un nemico di Dio, trasgredendo i
precetti e comandamenti più sacri (Mc 3,5.22; 7,15-23), e mentre le
autorità religiose lo bollano come bestemmiatore eretico ed indemoniato
(Mt 9,3), per la gente è solo un pazzo a cui lanciare pietre (Gv 8,59).
La richiesta dei famigliari di Gesù “Tua madre e i tuoi fratelli ti
vogliono”, è interrotta dalla fredda risposta del Cristo: “Chi è mia
madre?...”
Per Gesù suoi intimi sono solo quelli che lo seguono e come lui vivono
la volontà del Padre traducendola in un amore incondizionato che si
rivolge a tutti, prescindendo da categorie religiose, morali e sessuali
(Lc 10,29-37).
Maria deve scegliere: o resta con il clan famigliare, che ritiene Gesù
un matto, e salva così la sua reputazione, o segue il figlio,
conosciuto per essere “un mangione e un beone, amico di pubblicani e
peccatori” (Mt 11,19).
A Nazaret la Vergine s'era fidata dell'invito rivoltole dal suo Signore
e da questo suo assenso era nato il Messia di Dio. In questa seconda
annunciazione, più sofferta e matura, Maria risponde ancora con un sì
all'invito alla pienezza di vita che le viene dall'Uomo-Dio e che la
condurrà a una nuova nascita: la sua.
Ora sarà la madre che rinascerà dal figlio: nuova nascita che avverrà
“dall'alto” (Gv 3,3), da colui che, innalzato in croce, trasformerà la
madre nella fedele discepola ( Gv 19,25-27).
Coronamento della prima annunciazione era stata la beatitudine con la
quale si aprono i vangeli: “Beata colei che ha creduto nell'adempimento
delle parole del Signore” (Lc 1,45); la seconda annunciazione troverà
la sua formulazione nella beatitudine con la quale i vangeli si
chiudono: “Beati quelli che pur non avendo visto crederanno” (Gv 20,29).
La nascita della Donna
Mentre l'annunciazione di Nazaret culmina a Betlemme, dove lo sfolgorio
di luce della gloria del Signore avvolge la nascita del Figlio, e
pastori e magi sono in adorazione (Lc 2,1-21; Mt 2,1-12), l'altra
sfocerà nelle tenebre di Gerusalemme (Mc 15,33), dove bestemmie e
sberleffi accompagnano la morte del Cristo e la nascita della Donna (Mc
15,29-32; Gv 19,27).
Presso la croce l’evangelista non presenta una madre schiacciata dal
dolore, che comunque sta vicina al figlio anche se questo è un
criminale, ma la coraggiosa discepola che ha scelto di seguire il
maestro a rischio della propria vita, mentre gli apostoli, che avevano
giurato di esser pronti a morire per lui (Mc 14,29-31), sono
vigliaccamente fuggiti (Mt 26,56).
Sul Gòlgota, più che una madre che soffre per il figlio, Giovanni
mostra infatti la discepola che soffre con il suo Maestro, la Donna che
condivide la pena dell' “Uomo dei dolori” (Is 53,3; Rm 8,17). Maria ha
preso la sua croce, e si è posta a fianco del giustiziato contro chi lo
ha crocifisso, schierandosi per sempre a favore degli oppressi e dei
disprezzati.
Non è stato facile per Maria.
Per schierarsi col crocifisso si è messa contro la propria famiglia e
ha dovuto rompere con la religione che nella persona del suo
rappresentante più alto, il Sommo sacerdote, aveva scomunicato Gesù (Mt
26,65; Mc 3,22). Infine, scegliendo il condannato, ha osato pure
mettersi contro il potere civile che giustiziava quel Galileo come
pericoloso rivoluzionario (Mt 27,38). Maria presso il patibolo aderisce
attivamente a Colui che “rovescia i potenti dai troni” (Lc 1,52): sta
dalla parte delle vittime di questi potenti e fa sua la croce, cioè
accetta, come Gesù, di essere considerata un rifiuto della società pur
di non venire meno all'impegno di essere presenza dell'amore di Dio in
mezzo al mondo (Mc 8,34).
La fantasia di Dio
Il ciclo aperto con l'annuncio di Nazaret si chiude con l'immagine
della santa famiglia unita in crescita d'amore e con Maria che “serba
tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2,51-52). L'altra annunciazione ha
il suo coronamento ideale nella nuova famiglia di Maria, la comunità di
Gerusalemme, dove rivive, assieme a tutti i credenti, l'esperienza
iniziata a Nazaret: il Dio inascoltato nel Santuario continua a
effondere la sua vita, lo Spirito, agli emarginati dal Tempio, alla
comunità di eretici Galilei (At 1,14; 2,1ss).
Infine Maria “assunta” in cielo è la firma di Dio sul progetto “uomo”,
un uomo che si lasci coinvolgere dall'azione vivificante dello Spirito
santo. Tale glorificazione è il destino di quanti Cristo ha fatto
fratelli perché, come scrive Paolo, quanti seguono il Signore “siedono
nei cieli, in Cristo Gesù” (Ef 2,6), sono come lui vincitori della
morte e continuano a vivere per sempre (Gv 11,25).
Per Maria l'assunzione è la normale conclusione di un'esistenza
straordinaria: fin da Nazaret si è diretta sempre verso scelte di vita,
si è fidata della fantasia di quel Dio che trasforma tutte le cose in
bene (Rm 8,28), e fa sì che quelle che sembrano pietre, siano invece
pane (Mt 7,9); un Dio che sceglie quel che nel mondo è disprezzato per
farne oggetto del suo amore (1 Cor 1,27-30;) e fa sì che un'anonima
ragazza di uno sperduto villaggio venga “proclamata beata da tutte le
generazioni” (Lc 1,48).
Alberto Maggi
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