Maria, la fantasia di Dio
di Alberto Maggi
L’inizio e la fine della vita terrena di Maria corrispondono al compimento del progetto che Dio ha sull’umanità:
creati per diventare suoi figli, realizziamo questa figliolanza nella
vita terrena mediante la pratica di un amore che somigli a quello di
Dio e proseguiamo presso il Padre la nostra esistenza oltrepassando la
soglia della morte.
La Chiesa presenta come modello perfetto di questo itinerario Maria: l’ingresso nell’esistenza terrena viene celebrato con l’Immacolata e quello nella sfera di Dio con l’Assunta.
Come per l’Immacolata, quello dell’Assunta è un altro dei dogmi recenti
(Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus, 1950) che non hanno
alcuna diretta radice nella Sacra scrittura, ma che appartengono di
buon diritto al patrimonio della fede del popolo cristiano.
L’Assunta è infatti una verità di fede nata non dalla speculazione
teologica ma dal buon senso o intuito della gente, e in passato era una
festività tanto importante da stare alla pari col Natale, la Pasqua e
la Pentecoste, le tre grandi solennità dell’anno liturgico.
Ma dobbiamo chiederci che può significare oggi per noi celebrare una simile festa.
È ancora una volta rimanere sbalorditi di fronte ai tanti straordinari
privilegi che Dio ha abbondantemente riversato su Maria, oppure una
proposta, una possibilità valida per tutti i credenti?
Maria “assunta” in cielo è la firma di Dio sull’umanità, la creazione
di un uomo che si lasci coinvolgere dall’azione vivificante dello
Spirito santo: “Tale glorificazione è il destino di quanti Cristo ha
fatto fratelli”, affermò infatti Paolo VI nella Marialis cultus, il
documento pontificio che ha portato un’aria nuova nella conoscenza di
Maria.
Pertanto anche noi, se mettiamo nella nostra vita una qualità d’amore
che assomigli a quella di Dio, fin da adesso, come afferma l’Apostolo
Paolo “sediamo nei cieli, in Cristo Gesù” (Ef 2,6), siamo come lui
vincitori della morte e continueremo a vivere per sempre (Gv 11,25),
come prega la Chiesa il 15 agosto: “anche noi possiamo per
intercessione della Vergine Maria giungere fino al Padre nella gloria
del cielo”.
Dio non ha creato l’uomo per
la morte, ma per la vita, per una vita che può raggiungere la stessa
qualità divina, ed essere perciò inattaccabile e indistruttibile.
La festa dell’Assunta ci ricorda e ci stimola quel che possiamo essere.
Ci ricorda che noi siamo importanti agli occhi del Padre che ci vuole innalzare al suo stesso livello.
Ci stimola perché al desiderio del Signore di renderci simili a lui,
deve corrispondere anche il nostro impegno di vivere una vita di una
tale qualità da renderla indistruttibile e capace quindi di durare per
sempre.
Per Maria l’assunzione non è
stato un premio ricevuto per meriti speciali, ma la conclusione logica
della sua esistenza che fin da Nazaret ha diretto sempre verso scelte
di servizio, d’amore, pertanto di vita. Anche quando scegliere non era
né facile è logico, anche nelle situazioni più drammatiche, Maria ha
scelto la vita.
Maria si è fidata della fantasia di Dio.
Quella fantasia che trasforma tutte le cose in bene (Rm
8,28), e fa si che quelle che sembrano pietre siano invece pane (Mt
7.9). La fantasia di un Dio che sceglie quel che nel mondo è
disprezzato per farne oggetto del suo amore (1 Cor 1,27-30; Gc 2,5).
Fantasia che viene attratta dalle situazioni più difficili e più
disperate per far brillare la potenza del suo amore.
È la fantasia di Dio che fa sì che un’anonima ragazza di uno sperduto
malfamato villaggio venga proclamata beata da tutte le nazioni e per
tutti i secoli (Lc 1,48).
L’assunzione è il coronamento logico della vita di Maria e della fantasia di Dio:
la donna, l’essere emarginato che non poteva neanche mettere piede
dentro il santuario, Dio la vuole con sé. Il Signore l’innalza al suo
stesso livello ed elimina la distanza che lo separava dall’umanità.
E noi oggi non dobbiamo stare a guardare con il naso per aria verso il
cielo (At 1,11), ma far si che pure la nostra vita sia una festa della
fantasia di Dio. Esperimentare che non esiste fallimento, non esiste
peccato, non esiste angoscia che il Padre nella potenza del suo amore
non possa trasformare in vita. Non esiste colpa che non possa diventare
una “felice colpa” come canta la liturgia del sabato santo.
Anche per noi la vita eterna non sarà un premio da ricevere per la
buona condotta tenuta nell’esistenza terrena, ma l’accoglienza di un
dono d’amore di quel Padre che vuole che neanche uno dei suoi figli si
perda (Gv 6,39).
L’assunzione è la festa e la
condizione di quanti hanno saputo essere fedeli all’amore portando così
a compimento il progetto di Dio sull’uomo.
Alberto Maggi
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