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24/31 MARZO 2013    -   Passione e Resurrezione - Anno C -

                                                                                                 

Meditazione per la Settimana Santa a cura di fr. Egidio Palumbo 





PASSIONE E RESURREZIONE – C

 

Conformi a Cristo povero per una Chiesa povera


1. La preghiera di Colletta della Messa della Domenica di Passione (o delle Palme) così si rivolge a Dio: «Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione». E la seconda lettura (Fil 2,6-11) – un inno della chiesa primitiva al Cristo umile – così canta nei primi due versetti: «Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini».

È significativo che la Grande Settimana o Settimana Santa – la Settimana che ci fa rivivere il Mistero Pasquale, mistero centrale della vita cristiana – si apre con la contemplazione del Cristo umile e povero, ingiustamente condannato, ma che Dio ha innalzato come Risorto. Gesù appartiene a quella grande schiera di umili e di poveri della storia che sono perseguitati e patiscono l’ingiustizia.

Dalla Domenica di Passione fino alla Domenica di Resurrezione, tutta la Grande Settimana è attraversata dal filo d’oro (non certo l’unico) della povertà di Cristo e, di riflesso, della povertà della sua Chiesa. Seguiamone l’intreccio.

 

2. Gesù fa il suo ingresso solenne a Gerusalemme, non su un cavallo ma su un puledro, un animale pacifico e da soma non adatto per la guerra. Di questo puledro, libero dai legacci della schiavitù, «il Signore ne ha bisogno». Perché? Perché è in questo modo che egli manifesta la sua identità: viene in mezzo a noi come Re umile, mite, povero e pacifico; si è fatto uomo rinunciando ad ogni “privilegio divino” e “svuotando” se stesso per assumere la condizione di servo (Domenica di Passione - seconda lettura: Fil 2,6-11). Ed è in questo modo che manifesta ed esercita la sua regalità (cf. Zc 9,9; Sal 72).

Il processo ingiusto organizzato contro di lui e la morte ingiusta subita (vangelo: Lc 22,14-23,56), costituiscono la manifestazione più alta della sua povertà: non ha un esercito di militari che lo difenda, non ha poteri “magici” liberatori, non ha più nemmeno le vesti che lo coprono, anzi le vesti se le dividono i presenti; ha soltanto il suo corpo debole e martoriato, come quello del Servo del Signore (prima lettura: Is 50,4-7), corpo testimone quasi silenzioso della fedeltà e della potenza di Dio a cui si affida; e inoltre ha parole di perdono per i crocifissori e parole di salvezza per i malfattori.

Questa è tutta la grande ricchezza del nostro Re Messia!

 

3. E i discepoli? Essi assieme alla folla, acclamano la visita del Re Messia Povero, Mite e Pacifico, e con loro anche noi l’acclamiamo, perché vogliamo seguire questo Re, e non altri re, vogliamo anche noi essere come Lui Chiesa povera, mite e amante della pace. Portiamo infatti la palma che indica il giusto (cf. Sal 93,13), intrecciata all’ulivo che dice pace e fedeltà (cf. Gen 8,11; Sal 52,10), da cui si ricava l’olio che evoca la compassione e la consolazione (cf. Sal 45,8; Lc 10,34; Is 61,3).

Vivendo questi valori vogliamo abitare le nostre città e affrontare i conflitti e la crisi del nostro tempo.

Ci riusciremo? Il più delle volte no, a motivo dei nostri tradimenti e annacquamenti del vangelo.

Altre volte sì:

— se saremo disponibili a lasciarci attirare, sedurre e coinvolgere dallo stile di vita del nostro Re Messia, donatoci come modello (cf. Domenica di Passione – Colletta);

— se nella fede riusciremo a fare nostra la preghiera che nel Prefazio I del tempo di Passione rivolgiamo a Dio: «Nella passione redentrice del tuo Figlio tu rinnovi l’universo e doni all’uomo il vero senso della tua gloria»;

— se avremo il coraggio di annunciare profeticamente ed esistenzialmente, come la donna di Betania, la vita donata gratuitamente fino allo spreco di Cristo Gesù (Lunedì Santo – vangelo: Gv 12,1-11);

— se, consapevoli di essere popolo sacerdotale, partecipi del sacerdozio esistenziale di Gesù, anche noi, come Lui, annunceremo ai poveri il vangelo (Giovedì Santo – vangelo Messa del crisma: Lc 4,16,21), perché consapevoli che di essi è il Regno dei cieli, che essi sono i vicari di Cristo (cf. Mt 25,40) e configurano la piccolezza e semplicità della Chiesa popolo di Dio che sa ascoltare, accogliere, amare (cf. Mt 11,25);

— se, come il Servo Sofferente, ci faremo carico delle sofferenze altrui (Venerdì Santo – prima lettura: Is 52,13-53,12) e avremo compassione di tutti, e in particolare dei deboli (seconda lettura: Eb 4,14-16; 5,7-9);

— se, infine, in compagnia con Maria la Madre del Signore, contempleremo nel silenzio e nella preghiera il mistero del Sabato Santo, mistero di attesa e di speranza: il Signore che scende nel cuore della terra e penetra le oscurità più profonde della nostra esistenza, per raggiungerci, prenderci per mano e rialzarci per risorgere con Lui “il terzo giorno”, il giorno della Domenica, quando la pietra della tomba sarà ribaltata, perché la vita è più forte della morte, di ogni morte.

 

Ed anche nella condizione di Risorto Vivente in mezzo a noi, incontreremo sempre Gesù Povero che si fa mendicante, straniero e pellegrino sulle strade della nostra vita: ascoltando Lui che ci spiega le S. Scritture e che spezza il pane con noi, i nostri occhi lo riconosceranno, il nostro cuore arderà di amore, la nostra mente si aprirà all’intelligenza spirituale della Parola di Dio contenuta e custodita nelle S. Scritture (cf. Lc 24), memoriale/attualizzazione del Mistero Pasquale.

 

4. Ecco: la Pasqua è per noi “passaggio”, “salto di qualità” dall’uomo vecchio all’uomo nuovo, da Chiesa ricca e potente a Chiesa povera, per i poveri e con i poveri. Come Gesù. Ce lo ricorda il Concilio Vaticano II:

«Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo “che era di condizione divina... spogliò se stesso, prendendo la condizione di schiavo” (Fil 2,6-7) e per noi “da ricco che era si fece povero” (2 Cor 8,9): così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio, l'umiltà e l'abnegazione. Come Cristo infatti è stato inviato dal Padre “ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quei che hanno il cuore contrito” (Lc 4,18), “a cercare e salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10), così pure la Chiesa circonda d'affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l'immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo» (LG 8).

 

«Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (GS 1).

 

È la prospettiva di una Chiesa, pastori e fedeli, che vive la povertà, il servizio e la sobrietà – la sobrietà anche economica – non come optional, ma come scelta di vita in conformità a Cristo.

È questo un segno potente di vera risurrezione nel Signore e di credibilità per l’annuncio del vangelo.

Che per tutti sia veramente Pasqua!

 

 

                                                                                        Egidio Palumbo
Barcellona PG (ME)