Purificare l'aria
di
Sergio Paronetto
(vicepresidente di Pax Christi Italia)
Tante
notizie politico-giudiziarie provenienti da ogni dove, in particolare
dalla Lombardia, confermano la diffusione di una “questione immorale”
che sta inquinando la politica, la democrazia, la laicità, la dignità
umana e l’identità ecclesiale. Il primo ottobre scorso, il dossier
presentato da Libera affermava che la corruzione è diventata “una
metastasi silenziosa e invasiva”, “una tangentopoli infinita” che scava
voragini nell’economia e nella democrazia, avvelenando tutto e rubando
il futuro.
Ferisce la nostra sensibilità di cittadini credenti il coinvolgimento nelle indagini lombarde di persone che amano esibire la loro appartenenza cattolica. Non vogliamo esprimere valutazioni penali (che non ci competono) davanti a un’indagine aperta (ci auguriamo, ovviamente, che le persone indagate risultino estranee ai fatti loro imputati), ma è nostro dovere di cittadini fedeli alla Costituzione (carta del bene comune) e di credenti innamorati del Cristo povero e disarmato, dichiarare la nostra indignazione per il degrado in atto, per la degenerazione privatistica del sistema politico (che sta aprendo le porte a realtà mafiose distruttive e velenose). Anche in ambito associativo ed ecclesiale, c’è qualcosa di oscuro. Coscienti che tutti dobbiamo sempre vigilare e convertirci, riteniamo salutare un’aperta autocritica, che si sta avviando nel mondo cattolico (forse anche nella realtà ciellina, economicamente assai ramificata), circa il rapporto Vangelo-povertà-potere, l’uso del denaro e il rischio di fenomeni di corruzione dovuti all’intreccio perverso tra economia e politica, contrario sia alla profezia cristiana che a un’economia civile. Pensiamo che la comunione con il Vangelo richieda la liberazione da logiche di potere basate magari sulla pretesa di cristianizzare con ogni mezzo la società. In ogni luogo, l’integralismo è un buco nero che può assorbire spiritualismo (apparente) e affarismo (reale) separando dichiarazioni e azioni, vita privata e vita pubblica, preghiere e kermesse.
Perché non programmare un anno di riflessione penitenziale sui motivi che spingono tanti cristiani a dividere la professione di fede dal comportamento economico, l’esibita appartenenza religiosa da pratiche legate alla logica del fine che giustifica qualunque mezzo? Un anno fa, il card. Bagnasco, definendo la corruzione “piovra inesausta dai tentacoli mobilissimi” provocata da “comitati d’affari che si autoimpongono attraverso il reticolo clientelare”, invocava la necessità di “purificare l’aria, perché le nuove generazioni non restino avvelenate” (26.9.2011).
Senza risalire alla grande lezione civile di Parini o Manzoni, si può ripartire dal magistero ambrosiano ispirato a Montini, fautore di una realtà ecclesiale colta e sobria, a Martini, sognatore di una Chiesa che abbia come lampada la Parola di Dio, a Tettamanzi che fin dal 2002 lanciava il suo allarme sull’“eclissi della moralità”, sulla necessità di “non svendersi a nessuno”, sull’urgenza di un risveglio etico. È bene meditare sul “patto delle catacombe” per una Chiesa povera, firmato da 40 padri conciliari nel 1965, sul testo episcopale “Educare alla legalità” del 1991, sulla politica come “maniera esigente di vivere l’impegno cristiano” (Paolo VI), “l’attività religiosa più alta dopo l’unione con Dio” (La Pira), “com-passione del cervello e del cuore” che può inaugurare “la stagione degli uomini liberi” (Tonino Bello).
Ferisce la nostra sensibilità di cittadini credenti il coinvolgimento nelle indagini lombarde di persone che amano esibire la loro appartenenza cattolica. Non vogliamo esprimere valutazioni penali (che non ci competono) davanti a un’indagine aperta (ci auguriamo, ovviamente, che le persone indagate risultino estranee ai fatti loro imputati), ma è nostro dovere di cittadini fedeli alla Costituzione (carta del bene comune) e di credenti innamorati del Cristo povero e disarmato, dichiarare la nostra indignazione per il degrado in atto, per la degenerazione privatistica del sistema politico (che sta aprendo le porte a realtà mafiose distruttive e velenose). Anche in ambito associativo ed ecclesiale, c’è qualcosa di oscuro. Coscienti che tutti dobbiamo sempre vigilare e convertirci, riteniamo salutare un’aperta autocritica, che si sta avviando nel mondo cattolico (forse anche nella realtà ciellina, economicamente assai ramificata), circa il rapporto Vangelo-povertà-potere, l’uso del denaro e il rischio di fenomeni di corruzione dovuti all’intreccio perverso tra economia e politica, contrario sia alla profezia cristiana che a un’economia civile. Pensiamo che la comunione con il Vangelo richieda la liberazione da logiche di potere basate magari sulla pretesa di cristianizzare con ogni mezzo la società. In ogni luogo, l’integralismo è un buco nero che può assorbire spiritualismo (apparente) e affarismo (reale) separando dichiarazioni e azioni, vita privata e vita pubblica, preghiere e kermesse.
Perché non programmare un anno di riflessione penitenziale sui motivi che spingono tanti cristiani a dividere la professione di fede dal comportamento economico, l’esibita appartenenza religiosa da pratiche legate alla logica del fine che giustifica qualunque mezzo? Un anno fa, il card. Bagnasco, definendo la corruzione “piovra inesausta dai tentacoli mobilissimi” provocata da “comitati d’affari che si autoimpongono attraverso il reticolo clientelare”, invocava la necessità di “purificare l’aria, perché le nuove generazioni non restino avvelenate” (26.9.2011).
Senza risalire alla grande lezione civile di Parini o Manzoni, si può ripartire dal magistero ambrosiano ispirato a Montini, fautore di una realtà ecclesiale colta e sobria, a Martini, sognatore di una Chiesa che abbia come lampada la Parola di Dio, a Tettamanzi che fin dal 2002 lanciava il suo allarme sull’“eclissi della moralità”, sulla necessità di “non svendersi a nessuno”, sull’urgenza di un risveglio etico. È bene meditare sul “patto delle catacombe” per una Chiesa povera, firmato da 40 padri conciliari nel 1965, sul testo episcopale “Educare alla legalità” del 1991, sulla politica come “maniera esigente di vivere l’impegno cristiano” (Paolo VI), “l’attività religiosa più alta dopo l’unione con Dio” (La Pira), “com-passione del cervello e del cuore” che può inaugurare “la stagione degli uomini liberi” (Tonino Bello).
Sergio Paronetto