"Tempo Perso -
Alla ricerca di
senso nel quotidiano"
12 FEBBRAIO 2012 - VI DOMENICA - Anno B -
Prima lettura: Lv 13,1-2.45-46 Salmo: 316 Seconda lettura: 1Cor 10,31-11,1
VANGELO secondo Marco 1,40-45
In
quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e
gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la
mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la
lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. |
Disinvolti nell’emarginare e nell’inquinare
1. Dopo la sinagoga e la casa, l’altro ambito del ministero di Gesù è il luogo comune della strada. E, si sa, la strada è teatro di contatti e di relazioni, di grandi discriminazioni e ingiustizie, come pure di grandi opere di risanamento e di ricostruzione della vita. Nella pagina di questa domenica (Mc 1,40-45) il Signore incontra per strada un lebbroso: un uomo che si porta la morte addosso, un uomo che per non contagiare è costretto a stare in isolamento, lontano da ogni forma di partecipazione alla vita sociale e religiosa. Ma la lebbra non è solo una malattia fisica, è anche una malattia esistenziale, spirituale, sociale e ambientale, riguarda cioè il nostro modo di prendere contatto con le persone e con l’ambiente. C’è un modo, insipiente e senza discernimento, che nel contatto con le persone discrimina, emargina e corrompe, e che nel contatto con le cose manipola, mescola e inquina a proprio uso e consumo. E c’è un modo sapiente che sa discernere il contatto con le persone, impara a relazionarsi nel rispetto, nel dialogo e nella verità; e anche nel contatto con le cose impara ad usarle per il bene suo e degli altri. 2. Nella pagina evangelica il lebbroso, escluso da ogni contatto religioso e sociale, da ogni relazione con Dio e con gli altri, supplica il Signore di voler essere purificato (Mc 1,40). Nel libro del Levitico, dal quale è tratta la prima lettura (Lv 13,1-2.45-46) la quale focalizza l’attenzione sull’isolamento del malato, alla lebbra vengono ricondotte varie malattie che riguardano la pelle del corpo umano: tumore, pustola, macchie, ulcera, scottature, infezioni del cuoio capelluto, calvizie… (Lv 13,1-44); altre che riguardano i vestiti (Lv 13,47-59) e le case (Lv 14,33-57). Ed è riservata anche un’attenzione al contatto con alcuni animali (Lv 11). È interessante notare che queste disposizioni entrano nell’ottica della distinzione, dell’esame accurato di quelle malattie a rischio di contagio (Lv 11,47; 13,3…; 14,57). È la preoccupazione di saper discernere ciò che è puro da ciò che è impuro, ciò che è conforme da ciò che non è conforme alla santità di Dio (Lv 11,44-45). Ora, che cosa è puro e conforme alla santità di Dio? Ciò che comunica la vita, che permette relazioni autentiche, sane ed equilibrate. È impuro, invece, tutto ciò che procura la morte, che corrompe l’esistenza, che inquina l’ambiente a motivo della nostra superficialità e trascuratezza (ecco la necessità del discernimento). E, si sa, il contagio della corruzione e della morte incontra meno resistenze, rispetto al contagio della vita e della santità, perché la prima impegna di meno e fa guadagnare di più a chi coltiva i propri interessi, la seconda impegna di più e fa guadagnare a tutti e agisce per il bene comune di tutti. Ecco, allora, l’esigenza di una purificazione attenta e rigorosa – fatta appunto con discernimento e nella prospettiva della purità-santità – del nostro modo di prendere contatto con le persone, con l’ambiente e con le cose: «siate santi, perché io sono santo», dice il Signore (Lv 11,45). 3. Ritornando alla pagina evangelica, il lebbroso ha in un certo senso preso coscienza del bisogno di essere purificato dal Signore; vale a dire, di ripensare seriamente e con discernimento il suo modo di rapportarsi con gli altri e con il mondo, un modo che non corrompa e non inquini più le relazioni interpersonali e l’ambiente. Gesù ha compassione di tutti coloro che vivono nell’isolamento e nell’emarginazione, procurata dagli altri o anche da se stessi; ha compassione di tutte le vittime della corruzione e di tutti coloro che la procurano. E a motivo della sua compassione, sia agli uni che agli altri, propone un cammino di purificazione e di liberazione, un urgente cammino esodale di uscita («lo cacciò via subito»: Mc 1,43) verso gli altri. Questo richiede, però, la consegna rigorosa del silenzio (Mc 1,44), a cui il lebbroso purificato non sembra obbedire (Mc 1,45). Ma perché è necessario il silenzio (altre volte nel vangelo Gesù lo impone). Perché solo nel silenzio si ascoltano veramente Dio e gli altri; e solo a partire dal silenzio si impara a costruire una relazione vera e autentica con gli altri, e un rapporto di rispetto con l’ambiente, diventando, non i distruttori e i manipolatori, ma i custodi del creato. Al riguardo è significativa anche l’esortazione dell’apostolo Paolo (seconda lettura: 1Cor 10,31-11,1), che invita a usare del creato, facendo tutto per la Gloria di Dio, perché anche il creato è creatura di Dio, è narrazione della sua presenza ed è un bene comune donato da Dio. E inoltre, invita a sapersi relazionare con tutti, nessuno escluso, senza però cercare l’interesse personale, ma il bene di tutti. Con il salmista (salmo responsoriale: Sal 32), riconosciamo davanti a Dio i nostri fallimenti riguardo alla corruzione dilagante nella nostra società, alla emarginazione delle nostre periferie, degli immigrati, dei rom. Riconosciamo anche i nostri fallimenti riguardo all’inquinamento cinico e spudorato del creato e alla selvaggia privatizzazione del bene comune e dei beni comuni del creato. Chiediamo a Dio il dono della sua sapienza, per discernere nelle nostre scelte quotidiane ciò che comunica vita e ciò che procura la morte, a noi stessi e agli altri.
Egidio Palumbo |