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12 MAGGIO 2013    -   ASCENSIONE DEL SIGNORE - Anno C -

                                                                                                 

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 


Prima lettura: At 1,1-11      Salmo: 46      Seconda lettura: Eb 9,24-28;10.19-23



VANGELO secondo Luca 24,46-53



In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.








ASCENSIONE DEL SIGNORE  – C


1. L’itinerario mistagogico volge alle sue ultime tappe. Con la solennità dell’Ascensione e della Pentecoste la Chiesa si sofferma a contemplare due aspetti dell’unico e indivisibile Mistero Pasquale: la Signoria di Cristo Sacerdote (Ascensione), il dono dello Spirito Santo (Pentecoste). La Chiesa scandisce in tempi liturgici ciò che è avvenuto in un sol giorno: nel giorno della Risurrezione. È ancora una volta l’esigenza mistagogica di ritornare a riflettere e contemplare con calma e attenzione l’immensa ricchezza del Mistero Pasquale per rapportarla alla vita cristiana, che induce la Chiesa a scandire in tempi liturgici (e non cronologici) l’Ascensione del Signore quaranta giorni dopo la Risurrezione (At 1,3), la Pentecoste cinquanta giorni dopo la Risurrezione (At 2,1).

L’evangelo dell’Ascensione per questo “Anno C” è tratto da Lc 24,46-53. Come si può facilmente notare, se leggiamo l’intero cap. 24, siamo sempre nel Giorno della Risurrezione, un giorno pieno di eventi, dove protagonista è il Risorto, perché è Lui che prende l’iniziativa. L’Ascensione sottolinea un aspetto che qualifica la condizione del Risorto e nello stesso tempo un aspetto importante che qualifica anche la vocazione del popolo di Dio rinato dalla Pasqua.

 

2. L’evento dell’Ascensione, preceduto dalla promessa del dono dello Spirito, ci manifesta Gesù mentre “viene portato su” (Lc 24,51) oppure “è sollevato” (At 1,9) verso il Padre: i verbi sono al passivo, per dire che non c’è una specie di “auto-sollevamento” da parte di Gesù, no, Lui ancora una volta come Figlio si consegna (cf. Lc 23,46) al Padre, pone la sua vita nelle mani del Padre. E il Padre lo accoglie e lo pone “alla sua destra” costituendolo – quel Figlio che è stato rifiutato e scartato dagli uomini (cf. Sal 118,22; 1Pt 2,7) – Signore della storia (salmo responsoriale: Sal 47), punto di riferimento stabile per il mondo e fondamento irrinunciabile per la sua Chiesa.

La Signoria del Risorto non è una sorta di “rivincita” di Dio. Al contrario, è un atto gratuito di amore da parte sua: non a caso per Luca l’Ascensione avviene a Betania che probabilmente significa “casa della misericordia”. Ecco: nella sua misericordia il Padre ci ridona il Figlio come il Senso pieno e autentico della vita umana, perché il Figlio Risorto è Signore nel servizio, è Signore perché inviandoci il suo Spirito continua a stare accanto a noi, si fa ancora nostro fratello, nostro amico, nostro compagno di viaggio.

È ponendosi con questo stile che il Risorto costruisce il Regno di Dio nella storia degli uomini. Non siamo noi, con i nostri criteri tutti mondani e autoritari di signoria e di potere – a stabilire i tempi, i momenti e le modalità della ricostituzione del Regno di Dio, ma spetta al Padre (prima lettura: At 1,1-11): è Lui che nel Figlio Risorto stabilisce i tempi e le modalità. A noi spetta adorare il Signore Risorto (Lc 24,52), ovvero amarlo, assimilare il suo stile di vita e testimoniarlo «fino ai confini della terra».

 

3. Ma di Gesù Risorto l’evento dell’Ascensione ci manifesta un altro aspetto fondamentale: Lui è il Sacerdote che ci dona la sua benedizione (Lc 24,50-51). La benedizione che riceviamo dal Risorto è comunicazione di vita nuova, di fecondità e di creatività nello Spirito.

Ma la pagina evangelica evidenzia anche che alla benedizione del Signore Risorto ascendente al Padre corrisponde la risposta benedicente dei discepoli, del popolo di Dio: «e stavano sempre nel tempio benedicendo Dio» (Lc 24,53).

Ecco: da Gesù Sacerdote ascendente al Padre siamo costituiti popolo sacerdotale (seconda lettura: Eb 9,24-28;10,19-23). Benedire per tutti noi significa riconoscere che tutto è dono di Dio e che quindi tutto della vita va riconsiderato, accostato, accolto e utilizzato nella logica del dono e non del possesso.

Diventando segno della benedizione di Dio in questo mondo, noi come popolo sacerdotale testimoniamo la presenza della Signoria del Risorto, presenza che redime, umanizza e fraternizza tutte le relazioni umane, presenza che eleva la dignità di ogni creatura, e in particolare dei crocifissi e degli scartati della storia.

 

Che il Signore Risorto ci doni sapienza, discernimento e coraggio profetico.

Egidio Palumbo
Barcellona PG (ME)