"Tempo Perso -
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senso nel quotidiano"
1 APRILE
2012 - DOMENICA DELLE PALME - Anno B -
8 APRILE 2012 - DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE - Anno B -
Commemorazione dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme: VANGELO (Mc 11,1-10)
Prima lettura: Is 50,4-7 Salmo: 21,3-4.12-13.14-15 Seconda lettura: Fil 2,6-11
+ Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco (14,1-15,47) - Cercavano il modo di impadronirsi di lui per ucciderlo
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo». - Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto». - Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno. - Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. - Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». - Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell’alleanza E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». - Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: “Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri. - Cominciò a sentire paura e angoscia Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». - Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo. - Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto? Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo». Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano. - Non conosco quest’uomo di cui parlate Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto. - Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei? E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito. A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. - Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. - Condussero Gesù al luogo del Gòlgota Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. - Con lui crocifissero anche due ladroni Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. - Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. - Gesù, dando un forte grido, spirò Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. (Qui si genuflette e si fa una breve pausa) Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme. - Giuseppe fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro Venuta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto. Forma breve (Mc 15, 1-39) |
DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE (ANNO B)
Prima lettura: At 10,34a.37-43 Salmo: 117 Seconda lettura: Col 3,1-4
VANGELO secondo Giovanni 20,1-9 Il
primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di
mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta
dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. |
Sulla via della Croce verso la Risurrezione
1. La Domenica della Passione del Signore facciamo memoria del suo ingresso solenne a Gerusalemme. La pagina di Mc 11,1-11 ci rende contemporanei a quell’evento, dove Gesù entra come il Messia Re e Pastore che visita Gerusalemme, che visita la nostra esistenza, i nostri luoghi di culto, le nostre case e le nostre città. Egli viene non nel segno del Potere arrogante e violento, bensì nel segno della piccolezza, della mitezza e della pace: infatti non sceglie di cavalcare un cavallo, come farebbe l’imperatore romano e qualunque re di questo mondo, poiché il cavallo era considerato animale da guerra, da combattimento, ma sceglie un asino, animale umile, pacifico, usato per il trasporto di carichi pesanti. La motivazione di questa scelta si rifà alla pagina del profeta Zaccaria 9,9-10, dove viene annunciata la venuta del Messia Re umile e pacifico: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra». La folla di Gerusalemme, cantando il Sal 118, accoglie con grande solennità ed esultanza la venuta di Gesù, perché vede in Lui vede la visita del Signore Dio («Benedetto colui che viene nel nome del Signore!») e la realizzazione del suo Regno, secondo le promesse fatte al Re Davide («Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!»): la stabilità e l’espansione del Regno (2Sam 7,12-16), che il Messia Gesù, però, realizza in modo totalmente diverso da come spera la folla, ovvero non in modo politico-trionfalistico, ma nella povertà e nella debolezza del morire a Gerusalemme. Anche noi questa domenica, resi contemporanei a quell’evento, cantiamo ed esultiamo a Gesù Re Messia. Ma dovremmo farlo senza quella ambiguità politico-trionfalistica – “aggiornata” secondo la mentalità individualistica e borghese del contesto attuale – che caratterizza al giorno d’oggi certi ambienti ecclesiali ed ecclesiastici. Dovremmo, cioè, farlo con quella consapevolezza che scaturisce dal significato simbolico spirituale-esistenziale del nostro portare i rami di ulivo e di palma: — portare l’ulivo esprime il nostro impegno a costruire nel mondo la pace (Gen 8,11); dalle olive torchiate, poi, si ricava l’olio, che esprime l’amore donato fino allo spreco (Mc 14,3-9), la bellezza della fraternità che si fa accoglienza dell’altro (Sal 133,1-2), la compassione che lenisce le ferite della vita (Is 61,3; Lc 10,34; Gc 5,14) e toglie ogni ruggine alle relazioni interpersonali (Fil 2,1-4). — portare la palma, che sta dritta e fa frutti dolcissimi (i datteri), esprime il dono della dignità di figli liberi che abbiamo ricevuto e che ci chiede di stare con la schiena diritta sia davanti a Dio (il padrenostro e altre preghiere della liturgia forse non li recitiamo in piedi?), sia davanti a tutti gli uomini, specialmente davanti ai potenti e a chi esercita una autorità; e chiede ancora di nutrirci del frutto dolcissimo della Parola di Dio (Ez 3,3; Qo 9,17; Ct 4,11; Sir 18,15-18), affinché anche noi realizziamo quei frutti dolcissimi che umanizzano le nostre relazioni con gli altri (Sal 133,1; Gal 5,22; 6,1; 1Pt 3,15-16). Con questa consapevolezza, meditiamo ora il vangelo della Passione del Signore, affinché ci sia donata la grazia di seguirlo sulla via della Croce, per partecipare alla sua risurrezione. 2. Ci poniamo all’ascolto della Passione, Morte e Risurrezione del Signore secondo l’evangelo di Marco (Mc 14-16). La narrazione della Passione (Mc 14-15) la ascolteremo e la mediteremo nella domenica della Passione: bisogna però disporsi ad ascoltare non il ricordo del “funerale di Gesù”, né l’esaltazione della sofferenza (così sembrano evocare anche certe tradizioni popolari non ancora purificate e una certa filmografia), ma l’annuncio, nel dramma esistenziale di Cristo Gesù, dell’amore appassionato di Dio per l’umanità. La narrazione della Risurrezione (Mc 16,1-8) la ascolteremo e la mediteremo nella Notte Santa della Veglia Pasquale. Delle due narrazioni evidenziamo alcune particolarità 3. Uno dei protagonisti della narrazione-annuncio della Passione del Signore sono le “mani”. Da una parte, le mani violente che catturano, maltrattano, afferrano, conducono, consegnano per tradimento e per uccidere: sono le mani dei capi, dei sacerdoti, degli scribi, del discepolo Giuda, della folla, delle guardie del sinedrio, dei soldati romani e di Pilato. Dall’altra, le mani che consacrano, preparano la Pasqua, benedicono, offrono, donano, condividono, portano la croce di Gesù, prendono il corpo del Signore: sono le mani della donna di Betania, dei discepoli, di Gesù nell’Ultima Cena, di Simone di Cirene, di Giuseppe d’Arimatea. Queste mani rappresentano due modi contrapposti di relazionarsi con Gesù e di vivere e di agire come credenti, ora incoerenti (non va dimenticato, che pagani erano solo Pilato e i soldati romani), ora coerenti. Quelle “mani”, allora, sono anche le nostre, esprimono il nostro modo di vivere e di agire secondo l’evangelo o secondo la logica mondana dell’egoismo e del potere arrogante e violento. Fermiamo la nostra attenzione sulle mani, sull’agire della donna di Betania (Mc 14,3-9): ella, rompendo il vaso di alabastro e versando l’olio profumato di grande valore sul capo di Gesù, riconosce profeticamente nell’umanità umile e povera del Maestro la manifestazione alta e preziosa dell’amore che si dona senza misura, in modo sovrabbondante, fino allo spreco, al fine di creare tessere autentiche relazioni umane e umanizzanti. L’annuncio del vangelo della Risurrezione sarà accompagnato dal ricordo/attualizzazione del gesto profetico della donna di Betania, ovvero da uno stile di vita conforme a quello di Gesù, pena la credibilità dell’annuncio stesso. ♦ Un’altra particolarità riguarda i volti, ovvero ciò che caratterizza l’identità di una persona, il suo essere, la sua presenza e la sua storia. Nella narrazione del rinnegamento di Pietro (Mc 14,66-72) – che Gesù aveva già predetto dopo l’Ultima Cena e che Pietro non ha ascoltato preferendo, assieme agli altri discepoli, ostentare grande sicurezza di sé (Mc 14,26-31) – Pietro viene riconosciuto come discepolo del Nazareno da una giovane serva del sommo sacerdote che lo fissa attentamente sul volto per due volte (Mc 14,67.69). Pietro nega per tre volte, in un crescendo sempre più forte fino ad affermare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». La serva riconosce nel volto di Pietro i lineamenti del volto di Gesù, i lineamenti di colui con il quale ha vissuto insieme, ha ascoltato le sue parole e ha visto i suoi gesti. Ormai l’identità di Gesù si è impressa in Pietro. Ma Pietro l’ha dimenticato. Lui che era vicino a Gesù, ormai lo segue da lontano (Mc 14,54). Ed è interessante notare che poco prima, al termine del processo religioso davanti al sommo sacerdote, a Gesù era stato coperto il volto con gli sputi e con la benda (Mc 14,65), quasi a voler cancellare la sua persona e la sua identità di «Messia, il Figlio del Benedetto» (Mc 14,61-62) venuto nella debolezza. Ma l’identità di una persona non la si può cancellare, né quella di Gesù, né quella di Pietro e degli altri discepoli. La si può rifiutare, dicendo «non conosco quell’uomo», ma di fatto la somiglianza con Gesù resta, i “segni” esistenziali del cammino fatto con Gesù rimangono indelebili; e se vengono negati, saranno gli altri a riconoscerli. Consumato il rinnegamento, Pietro si ricorda delle parole di Gesù, riconosce il proprio errore: le sue lacrime sono il suo battesimo di penitenza e di rinascita a vita nuova. ♦ Ci soffermiamo ora a considerare il momento culminante dell’evangelo della Passione: l’evento della Morte di Gesù (Mc 15,33-40). C’è da notare che già a partire dalla crocifissione, tutto viene scandito dalle Ore e dalla preghiera dei Salmi che accompagnano e interpretano l’evento: l’ora terza (le nove del mattino) con il Sal 22,19 («si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte»), l’ora sesta (mezzogiorno) con il Sal 88,19 («Hai allontanato da me amici e conoscenti, mi fanno compagnia soltanto le tenebre»), l’ora sesta (le tre del pomeriggio) con il Sal 22,2 («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?») e il Sal 69,22 («Mi hanno messo veleno nel cibo e quando avevo sete mi hanno dato aceto»). All’ora sesta, a mezzogiorno, in cui c’è più luce, paradossalmente proprio in quest’ora le tenebre coprono la terra. È come fosse notte: tutta la creazione partecipa al dramma del Figlio dell’Uomo, vivendo in sé uno sconvolgimento totale. All’ora nona (le tre del pomeriggio) Gesù grida a gran voce la sua preghiera al Padre. Prega con il Salmo 22, perché rivive le sofferenze del Giusto braccato e aggredito; sente la lontananza di Dio, di quel Dio a cui sempre si è affidato; ma nello stesso tempo, proprio per questo, spera di essere salvato da Lui e di vivere in Lui. Quelli che stanno sotto la croce non capiscono nulla, fraintendono, si aspettano un miracolo sensazionale: «Aspettiamo, vediamo se viene Elia a farlo scendere» (Mc 15,36). Ma il miracolo non avviene. Avviene, però, un’altra cosa. Avviene, però, un’altra cosa: Gesù dà un altro forte grido e poi spira, muore, e morendo esce fuori il suo Spirito (Mc 15,37). Questo secondo grido lo possiamo considerare come il “grido della partoriente”, il grido del travaglio del parto per la nascita dell’uomo nuovo, plasmato dal soffio dello Spirito. Nella Morte di Gesù muore l’uomo vecchio che è in noi, e nasce, nello Spirito, l’uomo nuovo, l’uomo ricreato ad immagine e somiglianza del Figlio di Dio. Per questo, il velo, che nel tempio separava il Santo dei Santi, è squarciato dall’alto – cioè da Dio – in basso, cioè fino a terra, fino all’umanità: è il grembo di Dio che si apre e ci fa rinascere alla piena comunione con Lui. E anche per questo sulle labbra del centurione romano pagano risuona per la prima volta la confessione di fede nel Figlio di Dio: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio» (Mc 15,39). Nella Morte del Figlio di Dio, noi moriamo all’uomo vecchio, l’uomo egoista e idolatrico, e rinasciamo come figli nel Figlio Gesù. 4. Fermiamo la nostra meditazione sull’evento della Risurrezione (Mc 16). Qui tutto avviene dopo il sabato, dopo il Settimo Giorno, vale a dire nel «primo giorno della settimana» (Mc 16,2), che non è quello che per noi corrisponde al lunedì, ma è il Giorno Nuovo, il Giorno “fatto dal Signore” (Sal 118,24), che viene aggiunto al Settimo Giorno. È il Giorno Ottavo: il giorno che non ha tramonto, che non ha fine, perché inaugura il tempo nuovo della Pasqua del Signore, il Tempo Nuovo dei figli della risurrezione (Lc 20,36), dei figli della luce (1Ts 5,4-8; Rm 13,12-13), che siamo noi, battezzati nella morte del Signore, sepolti con Lui e risorti con Lui. Il nostro Dio, aveva detto Gesù, «non è Dio dei morti, ma dei viventi!» (Mc 12,27). In questo Giorno le donne vanno al Luogo del Memoriale (andrebbe chiamato così, più che sepolcro) per cercare il corpo del Signore e ungerlo con l’olio profumato. Ma viene annunciato loro, da un giovane vestito di una veste bianca, che il Signore Crocifisso è Risorto. L’olio profumato, allora, non serve più? No, serve ancora: alla luce dell’annuncio pasquale quell’olio profumato rimasto nelle mani delle donne diventa il “sacramento” dello Spirito del Signore Risorto, il profumo della sua Presenza Vivente in mezzo a noi (Ct 1,3; 2Cor 2,14-16). Le donne, le prime apostole della Risurrezione, porteranno con sé quel profumo, come annuncio della Risurrezione (Mc 14,9); un annuncio, ci tiene a sottolinearlo l’evangelista Marco, che però esige timore e silenzio (Mc 16,8), cioè ascolto, meditazione, amore, esperienza di vita, al fine di non dire parole scontate, superficiali, vuote e senza senso… E chi è quel giovane vestito di una veste bianca che annuncia la Risurrezione? Cristo stesso? Forse. L’evangelista Marco? Forse. Il cristiano che ha fatto nel battesimo l’esperienza del morire e del risorgere con Cristo? Mi sembra di si, considerando il fatto che, secondo alcuni studiosi, nella notte di Pasqua l’evangelo di Marco veniva letto ai catecumeni prima che ricevessero il battesimo. Se questo è vero, allora quel giovane, che al momento dell’arresto di Gesù fugge via nudo (Mc 14,51-52), lo ritroviamo qui al Luogo del Memoriale: colui che ha fatto l’esperienza della stessa nudità di Gesù, morendo con Lui, ora è risorto con Lui. E ora, dal Luogo del Memoriale, può annunciare a tutti che Cristo è Risorto e che ci precede, come nostro Pastore, nella Galilea, ovvero nella nostra vita quotidiana, affinché anche diventiamo suoi testimoni, non dicendo parole vuote e superficiali, ma ponendo gesti di vita e di speranza. In questo non siamo soli, né tutto è opera nostra, perché, come è scritto alla fine del vangelo di Marco, «il Signore agiva sempre con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano» (Mc 16,20). Avvenga così anche per noi. Buona Pasqua!
Egidio Palumbo |