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V Domenica di Quaresima - Anno C -
Prima lettura: Is 43,16-21 Salmo: 125 Seconda lettura: Fil 3,8-14
VANGELO secondo Giovanni 8,1-11 In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». |
V DOMENICA DI QUARESIMA – C
L’incontro
tra la misera e la Misericordia 1. Con il vangelo di questa domenica (Gv 8,1-11) l’itinerario della quaresima ci offre ancora una volta l’opportunità di confrontarci con la Misericordia di Dio e la conseguente gratuità del suo perdono, affinché anche noi impariamo ad essere misericordiosi e a perdonare gratuitamente. Il contesto che precede la pagina evangelica (cf. Gv 7) riguarda la festa ebraica delle capanne (cf. Lv 2334-43), una delle grandi feste di pellegrinaggio al Tempio, dove si fa memoria del cammino del popolo di Dio nel deserto e del dono della Legge, della Torah, che è Acqua viva che disseta e Luce che illumina il cammino (cf. Gv 8,12). È nel contesto di questa festa che sorgono discussioni sull’origine e l’identità di Gesù, e la pagina dell’incontro con l’adultera mostra che in Gesù si manifesta la Misericordia e il perdono gratuito di Dio, poiché Lui è la Luce che illumina le nostre tenebre, i “lati più oscuri” della nostra esistenza; in Gv 7,37-39 si era già affermato che Lui è l’Acqua della Parola di Dio che disseta e nel contempo – senza nessuna opposizione e contraddizione – è l’Acqua dello Spirito di Dio che comunica la sua Sapienza e dona la capacità di discernere la volontà di Dio. 2. La pagina dell’incontro con l’adultera è, infatti, una pagina di grande discernimento. Essa discerne sulla nostra vita di “adulteri”, di idolatri (cf. Ez 16; 23, in particolare il v. 37), secondo la visione della fede biblica. L’opera di discernimento di Gesù è volta su due versanti. Innanzitutto sul versante della Legge, della Torah, della Parola di Dio: la Legge è stata donata da Dio affinché diventiamo misericordiosi come Lui. Se della Legge ne facciamo uno strumento “fondamentalista” di oppressione e di disumanizzazione («Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?»: Gv 8,5), senza capirne il valore, allora “adulteriamo” la nostra relazione con Dio e con la sua Parola e facciamo della Legge un idolo a nostro uso e consumo. Gesù, interpellato, non risponde direttamente alla domanda, ma, chinato, con il “dito di Dio” riscrive nella terra la Legge di Dio, ovvero la re-interpreta alla luce della Misericordia di Dio. Non è la prima volta che questo accade: altre volte nella storia della salvezza Dio deve intervenire per “riscrivere” la Legge, ad esempio, dopo il peccato di idolatria del vitello d’oro (Es 32-34), e poi la deve riscrivere nel cuore dei credenti, perché il loro cuore di pietra, impermeabile all’ascolto, diventi cuore di carne, capace di ascoltare e di vivere la Torah (Ez 36,25-27). E al riguardo l’apostolo Paolo ricorda che noi siamo una lettera di Cristo, scritta con lo Spirito del Dio vivente su tavole di cuori umani (2Cor 3,3). Per questo l’apostolo Paolo (seconda lettura: Fil 3,8-14), conquistato e sedotto da Cristo, non si fa condizionare dal suo passato di ebreo credente, fatto di esperienze positive e negative, non lo “cancella”, ma lo riassume dandogli un orientamento nuovo: quello della conformazione allo stile di vita di Cristo Gesù. Questo ora è il suo “guadagno” e la meta del suo cammino esistenziale. 3. L’altro discernimento è sul versante del peccato, del fallimento della vita. C’è un peccato che è manifesto chiaramente, che è facilmente riconoscibile e individuabile, come quello della donna colta «in flagrante adulterio», o come può essere quello di un omicidio o di una truffa o di un atto di infamazione. Qui la strada che apre verso un nuovo inizio e un nuovo riscatto è la strada della misericordia e il perdono gratuito: «Gesù disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”» (Gv 8,11). È la “cosa nuova” che fa germogliare il Signore, che Lui solo può far nascere per aprire un nuovo cammino di liberazione (prima lettura: Is 43,16-21). Ma c’è un peccato che in noi rimane “nascosto”, spesso volutamente nascosto: è quella forma sottile di idolatria di noi stessi, delle nostre opere, delle nostre scelte, della nostra fede. È il peccato che “adultera” l’immagine di noi stessi, come pure l’immagine che noi abbiamo di Dio e le relazioni con gli altri. È il peccato che procura molti danni sia a noi stessi che agli altri. Ma non abbiamo il coraggio di ammetterlo, perciò rimane nascosto. Manifestiamo soltanto quell’apparente devota osservanza alla “Legge di Dio” e alle “leggi della chiesa” per condannare gli altri con giudizi risolutivi e sbrigativi. Ma è solo ipocrisia. Anche qui, una strada di riscatto e di speranza si apre soltanto se ci lasciamo interpellare da Gesù: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (Gv 8,7). Gesù, Luce del mondo, fa venire alla luce e illumina il peccato nascosto nel cuore di tutti gli ipocriti, devoti o non devoti, osservanti o non osservanti, cristiani “impegnati” o “normali”… E infatti, ormai smascherati, gli ipocriti «udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani», cioè da coloro che si credono più maturi nella fede (cf. Lc 15,25). E così la donna non viene condannata da coloro che dovrebbero prima condannare se stessi. Non la condanna neanche Gesù: l’unico che è senza peccato non scaglia la pietra contro di lei, come prescriveva la Legge. Anzi quelle pietre poi tenteranno di scagliarle proprio contro Gesù (Gv 8,59), a dimostrazione che la misericordia e il perdono gratuito, spesso non albergano nel cuore dei credenti. 4. Ecco: Gesù pone come criterio di discernimento – sia per il nostro ascolto della Legge sia per le nostre relazioni con gli altri – la misericordia e il perdono gratuito. Di conseguenza, misericordia e gratuità del perdono costituiscono anche la chiave interpretativa della nostra esistenza cristiana e della nostra vita ecclesiale. Non ci accada, allora, come Chiesa – fedeli e pastori, religiosi e religiose – come, al contrario, sta avvenendo in questi tempi, di pretendere di “fare la morale agli altri”, mentre i primi “adulteri” e miseri siamo noi stessi… bisognosi, noi per primi, di misericordia e di perdono da parte del Signore… Perciò, con il salmista (salmo responsoriale: Sal 126), lodiamo il Signore che fa grandi cose per noi: quando ci libera dalle nostre idolatrie e ipocrisie, e ci riconduce verso un’esistenza di fede vera, autentica, compassionevole ed umanizzante.
Egidio Palumbo |