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Passione e Resurrezione - Anno C -
PASSIONE E RESURREZIONE – C Conformi a Cristo povero
per una Chiesa povera
1. La preghiera di Colletta della Messa della Domenica di
Passione (o delle Palme) così si rivolge a Dio: «Dio onnipotente ed eterno, che
hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro
Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che
abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per
partecipare alla gloria della risurrezione». E la seconda lettura (Fil 2,6-11)
– un inno della chiesa primitiva al Cristo umile – così canta nei primi due
versetti: «Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un
privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una
condizione di servo, diventando simile agli uomini». È significativo che la Grande
Settimana o Settimana Santa – la Settimana che ci fa rivivere il Mistero
Pasquale, mistero centrale della vita cristiana – si apre con la contemplazione
del Cristo umile e povero, ingiustamente condannato, ma che Dio ha
innalzato come Risorto. Gesù appartiene a quella grande schiera di umili e di
poveri della storia che sono perseguitati e patiscono l’ingiustizia. Dalla Domenica di Passione fino
alla Domenica di Resurrezione, tutta la Grande Settimana è attraversata dal
filo d’oro (non certo l’unico) della povertà di Cristo e, di
riflesso, della povertà della sua Chiesa. Seguiamone l’intreccio. 2. Gesù fa il suo ingresso solenne a Gerusalemme, non su un
cavallo ma su un puledro, un animale pacifico e da soma non adatto per la guerra.
Di questo puledro, libero dai legacci della schiavitù, «il Signore ne ha
bisogno». Perché? Perché è in questo modo che egli manifesta la sua identità:
viene in mezzo a noi come Re umile, mite, povero e pacifico; si è fatto
uomo rinunciando ad ogni “privilegio divino” e “svuotando” se stesso per
assumere la condizione di servo (Domenica di Passione - seconda lettura: Fil
2,6-11). Ed è in questo modo che manifesta ed esercita la sua regalità
(cf. Zc 9,9; Sal 72). Il processo ingiusto organizzato
contro di lui e la morte ingiusta subita (vangelo: Lc 22,14-23,56), costituiscono la
manifestazione più alta della sua povertà: non ha un esercito di
militari che lo difenda, non ha poteri “magici” liberatori, non ha più nemmeno
le vesti che lo coprono, anzi le vesti se le dividono i presenti; ha soltanto
il suo corpo debole e martoriato, come quello del Servo del Signore (prima
lettura: Is 50,4-7), corpo testimone quasi
silenzioso della fedeltà e della potenza di Dio a cui si affida; e inoltre ha parole
di perdono per i crocifissori e parole di salvezza per i malfattori. Questa è tutta la grande
ricchezza del nostro Re Messia! 3. E i discepoli? Essi assieme alla folla, acclamano la
visita del Re Messia Povero, Mite e Pacifico, e con loro anche noi
l’acclamiamo, perché vogliamo seguire questo Re, e non altri re,
vogliamo anche noi essere come Lui Chiesa povera, mite e amante della pace.
Portiamo infatti la palma che indica il giusto (cf. Sal 93,13),
intrecciata all’ulivo che dice pace e fedeltà (cf. Gen 8,11; Sal 52,10),
da cui si ricava l’olio che evoca la compassione e la consolazione (cf.
Sal 45,8; Lc 10,34; Is 61,3). Vivendo questi valori vogliamo
abitare le nostre città e affrontare i conflitti e la crisi del nostro tempo. Ci riusciremo? Il più delle
volte no, a motivo dei nostri tradimenti e annacquamenti del vangelo. Altre volte sì: — se saremo
disponibili a lasciarci attirare, sedurre e coinvolgere dallo stile di vita del
nostro Re Messia, donatoci come modello (cf. Domenica di Passione –
Colletta); — se nella fede
riusciremo a fare nostra la preghiera che nel Prefazio I del tempo di Passione
rivolgiamo a Dio: «Nella passione redentrice del tuo Figlio tu rinnovi
l’universo e doni all’uomo il vero senso della tua gloria»; — se avremo il
coraggio di annunciare profeticamente ed esistenzialmente, come la donna di
Betania, la vita donata gratuitamente fino allo spreco di Cristo Gesù (Lunedì
Santo – vangelo: Gv 12,1-11); — se, consapevoli
di essere popolo sacerdotale, partecipi del sacerdozio esistenziale di Gesù,
anche noi, come Lui, annunceremo ai poveri il vangelo (Giovedì Santo – vangelo
Messa del crisma: Lc 4,16,21), perché consapevoli che di essi è il Regno dei
cieli, che essi sono i vicari di Cristo (cf. Mt 25,40) e configurano la piccolezza
e semplicità della Chiesa popolo di Dio che sa ascoltare, accogliere, amare (cf.
Mt 11,25); — se, come il
Servo Sofferente, ci faremo carico delle sofferenze altrui (Venerdì Santo –
prima lettura: Is 52,13-53,12) e avremo compassione di tutti, e in particolare dei
deboli (seconda lettura: Eb 4,14-16; 5,7-9); — se, infine, in
compagnia con Maria la Madre del Signore, contempleremo nel silenzio e nella
preghiera il mistero del Sabato Santo, mistero di attesa e di speranza: il
Signore che scende nel cuore della terra e penetra le oscurità più profonde
della nostra esistenza, per raggiungerci, prenderci per mano e rialzarci per risorgere
con Lui “il terzo giorno”, il giorno della Domenica, quando la pietra della
tomba sarà ribaltata, perché la vita è più forte della morte, di ogni morte. Ed anche nella condizione di
Risorto Vivente in mezzo a noi, incontreremo sempre Gesù Povero che si
fa mendicante, straniero e pellegrino sulle strade della
nostra vita: ascoltando Lui che ci spiega le S. Scritture e che spezza il pane
con noi, i nostri occhi lo riconosceranno, il nostro cuore arderà di amore, la
nostra mente si aprirà all’intelligenza spirituale della Parola di Dio
contenuta e custodita nelle S. Scritture (cf. Lc 24), memoriale/attualizzazione
del Mistero Pasquale. 4. Ecco: la Pasqua è per noi “passaggio”, “salto di qualità”
dall’uomo vecchio all’uomo nuovo, da Chiesa ricca e potente a Chiesa povera,
per i poveri e con i poveri. Come Gesù. Ce lo ricorda il Concilio Vaticano
II: «Come Cristo ha compiuto la
redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la
Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti
della salvezza. Gesù Cristo “che era di condizione divina... spogliò se
stesso, prendendo la condizione di schiavo” (Fil 2,6-7) e per noi “da ricco che
era si fece povero” (2 Cor 8,9): così anche la Chiesa, quantunque per
compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per
cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio,
l'umiltà e l'abnegazione. Come Cristo infatti è stato inviato dal Padre “ad
annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quei che hanno il cuore
contrito” (Lc 4,18), “a cercare e salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10), così
pure la Chiesa circonda d'affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana
debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l'immagine del suo
fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne la indigenza e in
loro cerca di servire il Cristo» (LG 8). «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (GS 1). È la prospettiva di una Chiesa,
pastori e fedeli, che vive la povertà, il servizio e la sobrietà – la sobrietà
anche economica – non come optional, ma come scelta di vita in
conformità a Cristo. È questo un segno potente di
vera risurrezione nel Signore e di credibilità per l’annuncio del vangelo. Che per tutti sia veramente
Pasqua!
Egidio Palumbo |