"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)L'arcivescovo
di Milano il cardinale Angelo Scola e il Consiglio episcopale milanese,
appresa la notizia della morte del cardinale Carlo Maria Martini, si
sono raccolti in preghiera.
Grati
a Dio per il dono della sua persona e del suo lungo ministero, invitano
tutti, famiglie, comunità parrocchiali e religiose a intensificare la
preghiera.
L'Arcivescovo,
il Consiglio episcopale e il Capitolo della Cattedrale accoglieranno la
salma del cardinale Martini in Duomo a Milano sabato 1 settembre alle
ore 12.00.
Da
quel momento sarà possibile renderle omaggio sino ai funerali che
verranno celebrati lunedì 3 settembre alle ore 16.00. (dal Comunicato
stampa della diocesi di Milano)
Il
morbo di Parkinson che aveva colpito il cardinale Martini già
nell’ultimo periodo di episcopato a Milano, a poco a poco, ha devastato
il suo corpo lasciando intatte l’intelligenza, la memoria, lo sguardo...
Un’altra
volta ricordo ci ha parlato proprio di quella progressiva passività che
è la malattia e del suo esito estremo, la morte. Ma aggiungeva solo la
morte offre ad ognuno di noi la suprema occasione per affidarci
pienamente a Dio come una grande cascata di acqua si getta nel fiume.
Ma aggiungeva, confessando le sue paure, spero che in quell’ultima ora
ci sia una mano che tiene stretta la mia mano come a vincere i fantasmi
dell’ultima ora per affidarmi senza scampo e senza riserve al Signore...
Il
Cardinale voleva che sulla sua tomba ci fossero le parole del
salmo: «Lampada ai miei passi la tua parola, luce al mio cammino».
E in quest’ora che ci priva di una presenza davvero illuminante,
risplenda la gratitudine perché sulla nostra strada ha tenuto accesa la
lampada della Parola, fino a quando si leverà la stella del
mattino.
È deceduto il cardinale Martini, il cordoglio della Diocesi ambrosiana Il
cardinal Martini ha invitato con forza alla necessità di una dialettica
interiore tra il credente e il non credente che è in noi...
Il coraggio di credere e di sperare -------------------------------------------- Pubblichiamo brani dell'ultimo discorso tenuto dal cardinale Carlo Maria Martini in qualità di arcivescovo della diocesi ambrosiana. Un saluto che a noi piace rileggere oggi e pensarlo rivolto a tutti...
...
Di me posso dire che ho sempre avuto molto forte il senso dei miei
limiti e sono consapevole delle mie lacune e delle mie unilateralità.
Ho sempre avvertito come superiore alle mie forze il peso di così tante
responsabilità. Per le mie mancanze, omissioni e inadeguatezze chiedo
perdono a tutti: ai credenti perché possa contare sulla loro
intercessione nel giorno del giudizio, e a tutti i non credenti perché
è importante poter far leva sul perdono reciproco per guardare al
futuro con rinnovata fiducia e servire insieme la giustizia e la pace...
Sono
conscio di avere confidato soprattutto sulla parola di Dio, di essermi
buttato fin dall'inizio in questa perigliosa impresa con la coscienza
sì dei miei limiti e delle mie inadeguatezza ma pure con fiducia totale
nella sua Parola. E questo perché sono cristiano e so di essere nato e
sostenuto dalla Parola. E a tutti, credenti e non credenti, vorrei
ripetere che la sorgente del mio pensare e del mio agire ha voluto
essere sempre, almeno nell'intenzione, la parola di Dio, in particolare
a partire dalle Scritture. Ho anche cercato sinceramente di ascoltare
la storia, gli eventi, le persone, tutti voi che incrociavo nel mio
cammino: ho desiderato incontrare almeno idealmente tutti, ma
soprattutto gli ultimi, i poveri, i bisognosi, coloro che sono nella
sofferenza, i feriti della vita, i carcerati, gli umiliati e gli
offesi. Avrei voluto fare molto di più e chiedo perdono a coloro che si
fossero sentiti trascurati...
mi pare di poter dire come Paolo, all'inizio della lettera ai Filippesi, che "vi porto nel cuore"
e che "Dio mi è testimone del profondo affetto che ho per tutti voi
nell'amore di Cristo Gesù" (Fil 1,7-8). Anzi il testo greco di questa
lettera permette di tradurre non solo "vi porto nel cuore" ma anche
reciprocamente "voi avete nel cuore me, voi che siete tutti partecipi della grazia che mi è stata concessa" (Fil 1,7)...
Ora avrò più tempo per pregare... Sono certo che anche voi pregherete così per me...
Ai
miei fedeli raccomando in particolare l'amore della Scrittura e la
pratica della lectio divina, mentre ai cristiani di tutte le
confessioni affido la speranza dell'unità della Chiesa e di una
ritrovata comunione nella molteplicità dei doni di Dio, che permetta un
dialogo fruttuoso tra le religioni e una rinnovata amicizia col popolo
delle promesse.
A
tutti dico: amatevi gli uni gli altri, così vivrete nella giustizia,
nel perdono e nella pace. Il nostro maggiore contributo alla pace in un
mondo gravido di conflitti e di minacce di nuovi assurdi conflitti
nascerà da un cuore che anzitutto vive in se stesso il perdono e la
pace. Servitevi con amore a vicenda facendovi prossimi a tutti, perché
chi rende il più piccolo servizio al minimo di tutti i fratelli lo
rende non solo al mistero della dignità umana ma a ciò che la fonda,
cioè al mistero di Gesù.
E
ora mi rivolgo a Maria... Mi ottenga ora di continuare con lei questo
servizio per tutti voi... nella Gerusalemme celeste, quando tutti
saremo palesemente una cosa sola nel mistero del Padre.
il testo integrale "Vi porto nel cuore" Omelia per la Natività della Beata Vergine Maria - Duomo di Milano, 8 settembre 2002
-------------------------------------------- Un applauso della gente, in piazza Duomo, ha accolto l'arrivo del carro funebre che ha portato la salma del cardinale Carlo Maria Martini, morto nel pomeriggio di ieri al collegio Aloisianum di Gallarate (Varese). All'interno della cattedrale è stata allestita la camera ardente. I funerali si svolgeranno in forma solenne, lunedì pomeriggio alle 16. L'abbraccio al cardinale Martini Aperta in Duomo la camera ardente Benedetto XVI ricorda «con gratitudine l'intensa opera apostolica» di Martini, «profusa quale zelante religioso figlio spirituale di Sant'Ignazio, esperto docente, autorevole biblista e apprezzato rettore della Pontificia Università Gregoriana e del Pontificio Istituto Biblico». E quindi, prosegue, «come solerte e saggio arcivescovo di codesta arcidiocesi ambrosiana». «Penso altresì - aggiunge il Pontefice - al competente e fervido servizio da lui reso alla Parola di Dio, aprendo sempre più alla comunità ecclesiale i tesori della Sacra Scrittura, specialmente attraverso la promozione della Lectio Divina». «Elevo fervide preghiere al Signore affinchè, per intercessione della Beata Vergine Maria, accolga questo suo fedele servitore e insigne pastore nella celeste Gerusalemme», conclude Benedetto XVI, «di cuore» impartendo «a quanti ne piangono la scomparsa la confortatrice benedizione apostolica». ***
Uno spirito profetico, che sapeva farsi interrogare dalla realtà
storica, interpretandola alla luce del Vangelo. CosìMarco Garzonio,
persona fra le più vicine al cardinale Martini, lo ricorda a pochi
istanti dalla scomparsa. Eminente intellettuale legato alla città di
Milano, giornalista, psicanalista, docente alla Cattolica, Garzonio
racconta che da tempo si stava preparando all'evento: «Il Parkinson è
progressivo, eravamo preparati alla notizia»...Quale eredità ci lascia?
«Quella
di una Chiesa profetica, che non si sofferma sui dettagli, sulle
prescrizioni, ma va alla radice del messaggio evangelico. Una Chiesa
che libera. Che sa andare al di là del contingente».
Garzonio: Martini, spirito profetico L'Arcivescovo
emerito, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha espresso il suo
cordoglio per la scomparsa del suo predecessore sulla Cattedra di
Ambrogio e Carlo
L'uomo della Parola offerta a tutti Il cardinale Carlo Maria Martini è morto da pochi minuti. Nel suo studio accanto alle mura vaticane il cardinale Ruini torna con la memoria al primo incontro con lui. Ruini: «Anticipò la nuova evangelizzazione»
il ricordo del direttore della Sala Stampa vaticana, il padre
gesuita Federico Lombardi, sulla figura del cardinale Martini (audio)
Cardinale Carlo Maria Martini: una vita per la Chiesa (video)
-------------------------------------------- Bose, 1 settembre 2012
Profondamente
toccata dalla morte di p. Carlo Maria Martini, ora ardente intercessore
presso Dio, il priore e la comunità si uniscono alle preghiere e ai
sentimenti di tutti quanti lo amano: communicantes in unum! Se
n’è andato accompagnato dalla preghiera di tutta la diocesi, dei suoi
confratelli gesuiti, di quanti lo hanno amato e gli sono stati vicini
durante il suo ministero pastorale e gli ultimi anni segnati dalla
malattia e dal progressivo affievolirsi della voce e delle forze. Se
n’è andato accompagnato anche dal pensiero grato – forse anche dalla
preghiera – di tanti che cristiani non sono e nemmeno credenti, ma che
hanno trovato in lui un pastore, un padre, un amico, un confidente. Ci
ha lasciato da un letto di malattia, luogo dove aveva voluto chiudere
il suo ministero di vescovo a Milano: negli ultimi mesi del suo
episcopato si recava ogni giorno, nel silenzio e nella discrezione, a
salutare uno per uno i suoi presbiteri ammalati, andandoli a trovare
nelle loro case, negli ospedali, nei luoghi di cura... Del resto,
proprio dagli ammalati aveva voluto iniziare la sua missione a Milano:
la prima parrocchia da lui visitata fu quella della Madonna di Lourdes,
in occasione della giornata del malato: segno tangibile della sua
consapevolezza di essere pastore in quanto discepolo fedele del Signore
venuto come medico per i malati e non per i sani, sollecito verso i
peccatori più che verso i giusti. Uomo
della Scrittura, tra i più autorevoli studiosi del Nuovo Testamento, è
stato uomo della Parola nel senso più profondo del termine: letta,
studiata, meditata, pregata, amata, la parola di Dio per Martini era
“lampada per i suoi passi, luce per il cammino” ed era anche, e proprio
per questo, chiave di lettura del proprio e dell’altrui agire, luogo di
ascolto, di discernimento, di visione profetica.
La Scrittura e la Parola
-------------------------------------------- L'ultima intervista a Carlo Maria Martini a cura di Georg Sporschill e Federica Radice Fossati Confalonieri Padre
Georg Sporschill, il confratello gesuita che lo intervistò in
Conversazioni notturne a Gerusalemme, e Federica Radice hanno
incontrato Martini l'8 agosto: «Una sorta di testamento spirituale. Il
cardinale Martini ha letto e approvato il testo».
Come vede lei la situazione della Chiesa?
«La Chiesa è stanca, nell'Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l'apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi? (…) Il benessere pesa. Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador. Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell'istituzione» ....... Lei cosa fa personalmente? «La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall'aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l'amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l'amore vince la stanchezza. Dio è Amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?». «Chiesa indietro di 200 anni. Perché non si scuote, perché abbiamo paura?» La
Chiesa che si appresta a celebrare i 50 anni dall'inizio del Concilio
Vaticano II dovrà ora fare a meno anche di lui. Martini non aveva
partecipato al Concilio, ma tutta la sua vita è stata intrecciata alla
straordinaria novità con cui la Chiesa del Novecento aveva saputo
ripensare se stessa, la fede e il mondo; di questa novità egli è stato
il più lucido e coraggioso interprete nell'episcopato italiano, e a una
delle conversioni più decisive della Chiesa conciliare, quella del
ritorno alla Bibbia e della sua restituzione alla preghiera e alla
riflessione dei credenti, ha dato strumento e voce, sia con i suoi
studi biblici e la sua riedizione dal greco del Nuovo Testamento,
accolta e usata da tutte le Chiese cristiane, sia con la generosa
somministrazione della Sacra Scrittura nella «Scuola della Parola» e
nelle sue catechesi e letture bibliche ai fedeli di Milano.
Il prete bello di Raniero La Valle -------------------------------------------- Il ricordo del cardinale Martini nel mondo delle parole Cardinale Carlo Maria Martini, l'addio della stampa (video) Se lo avesse voluto, magari attenuando qualche sua posizione riformatrice, avrebbe potuto varcare il soglio pontificio. Ma a Roma preferì Gerusalemme. E al potere, gli studi e la gente. Martini non è stato soltanto un grande arcivescovo di Milano, negli anni difficili del terrorismo e dello sgretolamento morale della Prima Repubblica. Non è stato soltanto il tenace promotore della cattedra dei non credenti, il teologo raffinato e anticonformista, l'oppositore creativo pur nella disciplina delle gerarchie ecclesiastiche. È stato soprattutto un padre comprensivo in una società che di padri ne ha sempre meno, pur avendone un disperato bisogno. Il mendicante con la porpora di Ferruccio De Bortoli Ho
ancora nel mio cuore e nei miei pensieri l'immagine di Carlo Maria
Martini mentre il popolo sfila davanti al suo feretro e gremisce il
Duomo e la grande piazza di Milano dove per tanti anni esercitò la sua
missione di Vescovo. Se n'è andato un padre che poteva anche essere un
Papa alla guida della Chiesa in tempi così procellosi?
No, non poteva essere un Papa e non era un padre. È stata una presenza ancora più toccante e inquietante: è stato un riformatore che si era posto il problema dell'incontro tra la Chiesa e la modernità, tra il dogma e la libertà, tra la fede e la conoscenza. "Non sono i peccatori che debbono riaccostarsi alla Chiesa ma è il pastore che deve cercare e ritrovare la pecora smarrita". Così diceva e così faceva. Mali antichi insidiano il nostro fragile paese di Eugenio Scalfari Il
punto di riferimento e la solida roccia che l’Arcivescovo di Milano
venne a rappresentare per l’intera società fu apprezzato e sentito
dagli atei e dagli agnostici quasi più che dai cattolici organicamente
raccolti. Certo, le sue iniziative erano a volte sorprendenti, come la
Cattedra per i Non Credenti o le altre infinite forme di dialogo con i
laici. Eppure, con la sua figura imponente e maestosa, trasmetteva
senza sussiego una fiducia e un rispetto non usuali. La sua capacità di
sapersi fare ascoltare dai “lontani” dalla fede nasceva però dal suo
confronto quotidiano con la Parola di Dio di cui era stato faticoso
maestro: ed era la fonte più sicura, se non l’unica, alla quale
continuava ad attingere fin da quando, da affermato biblista, era stato
strappato ai suoi studi da un “colpo di genio” del papa polacco e
costretto ad “imparare sul campo” a fare il vescovo e il pastore di una
diocesi decisiva per la Chiesa e terribilmente impegnativa per le sole
risorse umane. Semmai aveva messo nel conto, da buon gesuita,
che il ritrovarsi con il suo prestigio culturale “all’onor del mondo”
lo esponeva a facili e ripetute strumentalizzazioni, soprattutto di
natura politica. Eppure non è arbitrario supporre che il suo cercare
per Milano una forma inedita di una “nuova Gerusalemme” (l’amata terra
dove sognava di chiudere la sua esistenza di esegeta e interprete
teologico) lo portava a manifestare l’ansia del nuovo, la difficile
missione di mettere comunque in contatto il groviglio pulsante di una
complicata società contemporanea con i suoi dubbi e le sue sofferenze
con l’eternità del suo Dio. E non è un caso che, quanto era
alto e riverente il rispetto del mondo laico, altrettanto era
ambivalente e talvolta polemico il rapporto con la complessità
quotidiana della sua Chiesa. Martini guardava così lontano da sembrare sconcertante nel presente di Giuseppe Baiocchi -------------------------------------------- Un applauso caloroso e un sole insperato hanno accolto a mezzogiorno la salma del cardinale Carlo Maria Martini in piazza Duomo. In Duomo l'omaggio dei milanesi al cardinale Martini (video) Chi
è stato Carlo Maria Martini? Si può rispondere dicendo un cardinale per
lungo tempo papabile, l'arcivescovo per oltre vent'anni di una delle
più grandi diocesi del mondo, il presidente per un decennio del
Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee.
Un
biblista all'origine dell´edizione critica più accreditata a livello
internazionale del Nuovo Testamento (The Greek New Testament), il
rettore di due tra le più prestigiose istituzioni accademiche del mondo
cattolico (Università Gregoriana e Istituto Biblico), un esperto
predicatore di esercizi spirituali a ogni categoria di persone, un
gesuita di quella gloriosa e discussa Compagnia di Gesù fondata da
Ignazio di Loyola, un autore con una bibliografia sterminata in diverse
lingue, e altre cose ancora. Ma la risposta che coglie la peculiarità
della sua persona si ottiene dicendo che fu un uomo di Dio.
Un uomo di Dio di Vito Mancuso (pdf) Carlo
Maria Martini ''ha stimolato la sua Chiesa a lottare per la libertà di
tutti''. Il fondatore di Libera, lo ricorda per la sua grande cultura e
l'impegno per il rispetto della dignità e della giustizia. Un esermpio
di chiarezza anche dentro la Chiesa
intervista a Don Luigi Ciotti:
''Era capace di parlare chiaro senza ipocrisie'' (video) Andrea Riccardi: "Lo ricordo un uomo semplice... lascia il messaggio che la spiritualità non può essere espunta dalla vita" intervista al ministro Riccardi (video) -------------------------------------------- Dopo una lunga vita spesa a farsi eco della Parola di Dio, era rimasto quasi senza parole. Quando gli ultimi suoni che dovevano esserci consegnati – puri respiri, quasi – sono stati consegnati, il cardinale Martini ha consegnato anche lo spirito. L’ha consegnato a Dio, certamente. Ma tutte le sue parole, fino all’ultimo respiro, le ha prima consegnate a noi. Che cosa ci dicevano queste parole? E chi le eredita? E come deve fiorire il seme, ora che ha assolto il suo compito fino a nascondersi nella terra e morire? Le sue parole dicevano, alla fine, una cosa sola: che c’è una sola Parola veramente degna di ascolto... Il primo erede delle parole di Carlo Maria Martini è, di diritto, la Chiesa... Ma l’eredità che la Chiesa riceve dai suoi servitori fedeli non è un geloso possesso, un orgoglioso sequestro... dalla Pentecoste sino ad ora, l’autentica predicazione cristiana si fa intendere nella lingua di ciascuno. E dunque tutti possono rendersi conto che c’è, per ciascun essere umano, una Parola buona di Dio. Nella lingua di ciascuno Da quale presupposto siete partiti? Un passo indietro ciascuno? E no, semmai un passo avanti ciascuno. Si partiva da un principio fondamentale, che ogni giorno il credente stesso dubita della propria fede ma per riaffermarla con più forza. Proprio per questo la cattedra era un dialogo vero. In quella sede non cercavamo il facile compromesso, troppo facile, troppo banale. Dal dialogo e dal confronto scaturivano le differenze. Ma che non portavano ad allontanarvi… Assolutamente no. La fede che Martini ha testimoniato nella sua vita e ha reso palese anche su quella cattedra è la fede che responsabilizza. E qual è la fede che responsabilizza? È quella che è in grado di rispondere. E rispondere a tutte le domande del secolo, al di là di ogni astratta separatezza tra intelletto e ragione, tra credenza e non credenza. Una fede adulta che comprende il secolo e che in quanto fede è capace di dare risposte concrete. Altro che relativismo. Cacciari: «L'apertura ai laici fu un atto di responsabilità» "Con la morte del cardinale Carlo Maria Martini la filosofia del dialogo tra cristianesimo ed ebraismo perde uno dei suoi più sinceri e brillanti fautori e sostenitori". Così il rabbino capo emerito di Roma, Elio Toaff, a due giorni dalla scomparsa, ricorda Martini e il suo impegno per il dialogo interreligioso: "La sua via alla conoscenza di Dio - dice Toaff - non prevedeva infatti né interdetti né estromissioni, non evocava anacronistiche crociate né aveva di mira l'allontanamento dei dubbiosi". Secondo
Toaff, per Martini lo studio della Bibbia era "fondamentale e
propedeutico al dialogo con chi cristiano non era": "Ai suoi occhi di
credente e di studioso - dice Toaff - , che aveva da sempre scelto una
vita semplice e senza ostentazione, lo spirito di vera e autentica
fratellanza doveva essere alla base del rapporto tra cristianesimo ed
ebraismo. Martini - continua Toaff - era più che mai convinto che il
dialogo richiedesse un coraggioso e continuo rinnovamento, ma senza
pericolosi e indesiderati passi indietro. La sua luminosa figura
rimarrà sempre presente tra i giusti che hanno lasciato impronta
indelebile e alta testimonianza di fede nella nostra società".
"Una
grande perdita perché altre persone di questo tipo non ne conosco", è
il rimpianto del presidente della comunità ebraica di Venezia, Amos
Luzzatto. "Ho avuto occasione di incontrare più di una volta il
cardinale Martini - ha detto Luzzatto - ; la mia impressione è di aver
trovato per la prima volta una persona che non solo sapeva star ad
ascoltare, ma a cui piaceva ascoltare gli altri: di aver trovato cioè
per la prima volta all'interno del mondo cattolico ufficiale uno che
cercava una strada nuova attraverso il contatto con le persone che non
appartengono a quel mondo". (fonte: Repubblica Martini,
l'addio del rabbino Toaff "Un filosofo del dialogo con l'ebraismo")
"Era
un uomo della pace, ha parlato con tutti e non si è mai negato al
dialogo con l'altro, non ha mai escluso l'altro dalla sua visione, per
questo era una persona qualche gradino più in su rispetto agli altri":
è il ricordo che ha del cardinale Carlo Maria Martini il presidente del
centro islamico di Viale Jenner, Abdel Hamid Shaari, venuto in Duomo a
Milano per rendere omaggio alla salma di Martini. Shaari, che si è
anche intrattenuto a parlare con l'arciprete del Duomo, monsignor Luigi
Manganini, ha definito la visita "un momento toccante". Con il
cardinale Martini, ha detto, "c'è un amore che dura da tanti anni e ci
addolora non poterlo più sentire o vedere" (fonte Repubblica)
Monsignor Aldo Giordano ricorda il ruolo del cardinal Martini nel dialogo ecumenico e non solo Insieme al metropolita Alexi II - poi patriarca della Chiesa ortodossa di Mosca e di tutte le Russie - il card. Martini ha presieduto la prima Assemblea ecumenica europea che si è tenuta dal 15 al 21 maggio 1989 a Basilea col titolo: “Pace nella giustizia”, organizzata dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) e dalla Conferenza delle Chiese europee (Kek), l’organismo europeo che riunisce più di 120 Chiese e comunità nate dalla Riforma e ortodosse. L’Assemblea di Basilea, con 700 delegati ufficiali di ogni Paese e ogni tradizione cristiana, è stata un segno profetico nel cammino delle Chiese e dell’Europa: dopo secoli, è stato il primo appuntamento in cui le Chiese di tutta Europa si sono riunite con fiducia per comprendere la propria comune vocazione di fronte agli scenari del mondo contemporaneo. Seguiranno due altre Assemblee ecumeniche europee: a Graz (Austria) nel 1997 e a Sibiu (Romania) nel 2007. Anche a Graz il patriarca Alexi II e il card. Martini erano presenti, testimoniando la loro amicizia anche personale. Per l’ecumenismo il card. Martini ha creduto nei rapporti personali e nel ritornare alla base comune della Sacra Scrittura per ritrovare l’unità. Un maestro e una guida per l’Europa Puntata
di "Correva l'anno" dedicata al 150° anniversario dell’Unità d’Italia
Andato in onda il 21/03/2011 dedicata alla figura del Cardinal Carlo
Maria Martini, fine biblista, teologo, che ha saputo vivere la sua fede
e il suo impegno nella realtà quotidiana, al passo con i tempi, vicino
alla gente comune. Vicino anche a chi non crede, o a quanti abbiano una
fede diversa.
Carlo Maria Martini, il cardinale del dialogo (video)
-------------------------------------------- Ricordo del Card. Carlo Maria Martini La forza della libertà In ascolto dell’altro perché in ascolto di Dio
di Bruno Forte Arcivescovo di Chieti-Vasto
Ho
avuto il dono di conoscere da vicino il Card. Carlo Maria Martini e di
condividere con lui innumerevoli dialoghi ed esperienze di fede. Che
cosa mi hanno dato i lunghi anni della nostra amicizia, nata dalla Sua
generosità e fiducia?...
Libertà
interiore, ascolto dell'altro, ascolto di Dio: queste tre componenti le
ho avvertite presenti e fuse nel Cardinale in modo esemplare. Ho
cercato di far mia questa lezione, come ho potuto, con i limiti della
mia persona e delle mie capacità. Il Signore è stato buono nel darmi
aiuti preziosi: e fra questi preziosissima l'amicizia di Martini. La
gratitudine che nutro per Lui è immensa, e sono convinto che ogni
credente consapevole e onesto non potrà che condividerla...
E
ora che questo grande Padre della Chiesa del nostro tempo è entrato
nella luce e nella bellezza della vita senza fine in Dio, sarà il
Signore a ricompensarlo per l’eternità!
Resterà
nel ricordo ammirato e grato d’innumerevoli persone che non hanno il
dono di credere. È e sarà sempre nella mia preghiera, come in quella di
tanti credenti. Gli chiedo di fare lo stesso per me, per tutta la
Chiesa che tanto ha amato, affinché in essa tutti - e specialmente chi
ha responsabilità per altri - possiamo agire sempre e solo “ad majorem
Dei gloriam”, come recita il motto di Sant’Ignazio, maestro e padre del
gesuita Martini: per quella più grande gloria di Dio, che è l’uomo
vivente, nel tempo e nel giorno senza fine dell’Eterno, nella cui luce
ora vive Padre Carlo, maestro di vita e di fede.
La forza della libertà di Bruno Forte (pdf) Le quattro stagioni di Gianfranco Ravasi Arcivescovo titolare di Villamagna di Proconsolare Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, delle Pontificie Commissioni per i Beni Culturali della Chiesa e di Archeologia Sacra C'è innanzitutto il tempo dell'imparare e dell'ascolto, quando si è discepoli e ci si avvia, guidati per mano, lungo i percorsi del conoscere, dell'apprendere, dello studiare... È stato proprio da questa tappa che è derivata spontaneamente la seconda, quella che l'apologo indiano definisce come il tempo dell'insegnamento, del comunicare ad altri ciò che si è acquisito, rielaborandolo, approfondendolo e rendendolo più personale e originale... Ma ormai era alle porte la terza stagione: allo scadere dei 75 anni il Cardinale Martini decise che per lui - come per quel testo sapienziale indiano - iniziava una nuova esperienza, quella suggestivamente detta del "bosco", cioè il ritiro nel silenzio. Un silenzio non "nero", pura e semplice cancellazione di parole e di atti, ma "bianco", in cui le esperienze e le realtà vissute ricevevano una nuova luce, alimentata dalla riflessione, dalla contemplazione, dalla preghiera... Invece lo attendeva la quarta stagione di quella parabola, ossia il tempo "del mendicante", segnato idealmente dalle parole che Gesù rivolge a Pietro, il primo degli apostoli: «Quando eri giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi» (Giovanni 21, 18). Sono stati gli ultimi anni in cui la malattia lo aveva reso “mendicante", cioè bisognoso degli altri... Martini ha saputo presentare sia il Dio glorioso del Sinai e della Pasqua, ma anche soprattutto con la sua vicenda finale, anche il Dio muto del Calvario che non risponde neppure al Figlio. Ha indicato a uomini e donne di buona volontà il Dio della parola luminosa, e il Dio silenzioso che molti credono sia assente o inesistente, mentre è solo un mistero altissimo da scoprire. Le quattro stagioni di Gianfranco Ravasi «Martini voleva andare avanti e noi abbiamo avuto paura» Intervista a Luigi Bettazzi Vescovo emerito di Ivrea Presidente del Centro Studi Economico Sociali di Pax Christi Italia È stato un riferimento per molti, anche nella Chiesa il cardinale Carlo Maria Martini. Soprattutto per il suo coraggio e per la sua libertà, alimentata dalla forza del Vangelo, di parlare all’uomo contemporaneo. Da qui anche la sua fedeltà al Concilio Vaticano II e la sua capacità di guardare con fiducia al futuro. È il biblista che si fa pastore e profeta. Così lo ricorda monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e uomo del Concilio. Monsignor Bettazzi, come risponderebbe a una delle ultime domande poste dal cardinale Martini: perché la Chiesa ha paura di avere coraggio? «Perché cercando di incarnare il Vangelo nelle situazioni storiche che è un suo dovere troppo spesso si è rimasti fermi al passato. Quando il Papa era anche re, si dava un’impronta alla Chiesa adatta a quei tempi, ma non certo all’oggi. La Chiesa invecchia quando perde il rapporto con la storia che muta. Per questo Giovanni XXIII ha voluto un Concilio Vaticano II pastorale e non dogmatico. Che aiuti la Chiesa a camminare con la gente. Forse abbiamo avuto paura che ciò portasse ad eccessivi rinnovamenti e tutti assieme gerarchia e popolo di Dio abbiamo avuto paura ad andare avanti. Questo avrebbe richiesto una purificazione dei nostri modi di pensare e di agire che forse richiedevano troppo sacrificio. A questa purificazione e al superamento di certi modi del passato ci ha chiamato il cardinale Martini, lui così radicato nella Parola di Dio, da sentire quanto forte fosse il richiamo a viverla nel nostro tempo». Cosa è stato per lei? «Un punto di riferimento. Non ho avuto molte occasioni di contatti personali con lui. Era un uomo di grande levatura, sia per la sua profonda conoscenza delle scritture, che per la sua preparazione. Sapeva illuminare le situazioni. Ho avuto modo di frequentarlo negli ultimi tempi a Gallarate, quando gli abbiamo presentato un progetto di rilancio del Concilio. Abbiamo trovato una certa consonanza, una simpatia. Durante uno di questi incontri mi ha chiesto di presiedere l’eucarestia familiare. Lo ricordo con molta commozione e gratitudine»... Saranno accolte queste richieste poste da un profeta che ha avuto la libertà di guardare oltre?
«Me
lo auguro. A volte i profeti da morti hanno più influenza che da vivi.
Direbbe Martini: è il principio evangelico, quello del frutto di
frumento che in terra se vive resta solo, se muore dà molto frutto».
«Martini voleva andare avanti e noi abbiamo avuto paura»
-------------------------------------------- Il ricordo di p. Silvano Fausti e p. Piero Gheddo Si
incontrarono per la prima volta 51 anni fa. E ne rimase folgorato: «Io
ero uno studente di filosofia, lui era fresco sacerdote. Non avevo mai
sentito nessuno "maneggiare" la Bibbia come lui». Era il 1961, allora
la Bibbia era in gran parte una sorta di "oggetto sconosciuto". «Ne fui
entusiasta. Ed era appena l’inizio...».
Da
allora, padre Silvano Fausti e padre Carlo Maria Martini si
incontrarono tantissime volte. Padre Silvano – filosofo e teologo,
anche se tutti vi diranno che è un biblista – avrebbe un giorno
fondato, con altri confratelli gesuiti e alcune famiglie, la Comunità
di Villapizzone, alle porte di Milano. Padre Carlo Maria sarebbe
diventato arcivescovo di Milano. L’ultimo incontro venerdì: l’amico di
una vita padre Silvano era lì, al capezzale di padre Carlo Maria. Uno
dei pochi a vederlo volare in cielo. Lei è stato prima discepolo e poi anche amico di Martini. L’entusiasmo della prima ora è rimasto sempre tale? Sì.
Teologo e biblista raffinato... Ma io ricordo la persona di fede,
capace di provare meraviglia del mondo. Le persone soltanto pie e
devote difficilmente prendono in considerazione l’ipotesi che Dio sia
presente e operi nella storia. L’uomo di fede, e Martini lo era, ha
l’occhio di chi sa vedere l’azione di Dio nel mondo... Di Martini è stato detto tutto, forse. C’è qualcosa che non è stato ricordato abbastanza? La
sua umiltà. Davanti a chiunque. Ascoltava tutti e si interessava di
tutti. Era il maestro che si rende costantemente discepolo. Qual è, per lei, l’eredità spirituale di Martini? La speranza, al di là e al di sopra di ogni possibile apparenza. Padre Fausti: «Un uomo di Dio che sapeva vedere oltre» Poche
ore prima che nel duomo di Milano si celebrino i funerali del card.
Carlo Maria Martini, p. Piero Gheddo ci presenta alcuni aspetti
preziosi e poco noti della personalità del defunto arcivescovo di
Milano, che mostrano il suo cuore di evangelizzatore e di profeta nel
tentativo di annunciare il Cristo al mondo secolarizzato e illuminista.
In ciò egli ha anticipato i temi della "nuova evangelizzazione" e
dell'Anno della Fede lanciato da Benedetto XVI. Per una strana
manipolazione, proprio quel mondo liberal e illuminista, oggetto della
sua cura, ha fatto di tutto per mostrare un card. Martini dalla "parte
del mondo" e contro la Chiesa di Wojtyla e di Ratzinger. Ancora in
questi giorni si sta manipolando la sua morte, mostrando questa grande
figura di fede come un propugnatore dell'eutanasia, avendo rifiutato
l'accanimento terapeutico (cosa che tutta la Chiesa rifiuta), o un
sostenitore delle coppie di fatto. Il mondo spesso usa la Chiesa per
andare contro alla Chiesa. Ha avuto ragione papa Benedetto XVI a
liquidare le ideologiche contrapposizioni fra "conservatori" e
"progressisti" alla morte del defunto cardinale di Milano, affermando
che egli ""ha servito generosamente il Vangelo e la Chiesa". L'arcivescovo
di Milano (1980-2002) Carlo Maria Martini è stato un grande della
Chiesa cattolica del nostro tempo, anche se non sempre la sua linea di
pensiero e di pastorale è stata compresa e per questo a volte
contestata. Per capirlo bisogna partire da una delle caratteristiche
più evidenti in lui, ma non comuni nell'episcopato, nel clero e nel
Popolo di Dio dell'Occidente cristiano. Era convinto che chi ha
ricevuto da Dio il dono della fede deve spendersi per comunicarlo ad
altri, dialogare e coinvolgere quelli che ancora non conoscono Cristo o
se ne sono allontanati. Direi che è stato un profeta della missione e
spiego perché...
Non
voleva una fede addormentata, una vita cristiana abitudinaria che conta
poco nella vita. Voleva una fede che non lascia tranquillo il cristiano
ma lo mette di fronte ai non credenti e quindi ad interrogarsi se la
propria vita rende testimonianza a Cristo, se è una luce che risplende
e riscalda e illumina, oppure una fiammella di candela vacillante o un
lievito che non sa di niente. La presenza dei non credenti vicini a
noi, nella nostra stessa famiglia e società, deve interrogarci sui
motivi della nostra speranza e sulla forza della nostra fede. Anche
questo è spirito missionario.
Lo spirito missionario del card. Martini di Piero Gheddo -------------------------------------------- Uno spirito profetico, che sapeva farsi interrogare dalla realtà storica, interpretandola alla luce del Vangelo. Così Marco Garzonio, persona fra le più vicine al cardinale Martini, lo ricorda a pochi istanti dalla scomparsa. Eminente intellettuale legato alla città di Milano, giornalista, psicanalista, docente alla Cattolica... «Quella
di una Chiesa profetica, che non si sofferma sui dettagli, sulle
prescrizioni, ma va alla radice del messaggio evangelico. Una Chiesa
che libera. Che sa andare al di là del contingente». Gli scritti del Cardinal Martini per Il Sole 24 Ore Lettere al Cardinale Carlo Maria Martini sul Corriere della sera Lettere Pastorali del Cardinale Martini Bibliografia con EDB Bologna (31 testi) Bibliografia con Mondadori (9 testi)
Proponiamo anche una selezione dei nostri precedenti post sul Cardinale Martini:
-------------------------------------------- È un video girato con un cellulare. Dura un pugno di secondi. Risale a giugno, quando Benedetto XVI venne a Milano e, lontano dalle telecamere, incontrò per l’ultima volta il cardinale Martini... Vale
la pena di andarlo a guardare. Dunque, in una stanza dell’arcivescovado
di Milano Carlo Maria Martini attende il Papa. Si è alzato in piedi per
salutarlo, sforzo che gli deve essere costato grande fatica. Il Papa
arriva. Martini allunga la mano destra a prendere quella di
Benedetto.
Ma
questi gli va incontro di slancio, col calore con cui si stringe un
amico che non si vede da tanto. Invece che prendere semplicemente la
mano del cardinale, Benedetto alza la sua ad afferrarlo per la spalla,
e poi a serrarlo a sé. Il volto elegante di Martini – già come, nella
sofferenza, scomposto e reso altro da quello che ricordavamo – si china
su quello del Papa. Qui non si vede bene: Martini gli bacia la guancia,
oppure gli sussurra qualcosa?
Ma ciò che è bello osservare è il gioco silenzioso delle mani...
Ma
cosa permette un abbraccio così, quando, passati gli ottanta, due
uomini si ritrovano uno di fronte all'altro, ben conoscendosi
nelle passioni e nei limiti di ognuno? Non basta una generosità vaga,
un buonismo che chiuda gli occhi sulle incomprensioni. C’è qualcosa di
più in quell'abbracciare l’uno, e attaccarsi l’altro. C’è il
riconoscere reciproco, nella faccia dell’altro, un testimone. Un
ritrovarsi a ottantacinque anni vecchi fratelli, e cercatori dello
stesso tesoro. C’è Cristo in quell'abbraccio, nel gioco di quelle
mani segnate dal tempo.
E
questa è - al di là di tutti i suoi peccati - la Chiesa: Cristo portato
fra gli uomini con la propria povera faccia, vasi di creta eppure
riempiti misteriosamente di oro. Questa - con tutti i suoi peccati - è
la Chiesa. La cui essenza stranamente sfugge ai più acuti indagatori di
Vatileaks. C’è dell’altro, nella Chiesa, che non è misurabile nei
termini con cui si pesa un partito, un’ideologia o una multinazionale.
Guardateli quei due vecchi, e come Martini sembra ancorarsi a
Benedetto. C’è un altro lì dietro, testimone e garante: di un amore
umanamente incomprensibile, che dura per sempre, che non tradisce, che
ostinatamente perdona.
Quelle mani di fratelli di Marina Corradi video -------------------------------------------- Il ricordo del Cardinale Martini ad un mese dalla morte Dal cardinale Scola l’invito alle parrocchie a celebrare una messa di suffragio l'1 ottobre e l’istituzione di un premio a lui intitolato per incoraggiare lo studio delle discipline bibliche: il bando sarà pubblicato il 15 febbraio, giorno del suo compleanno Martini, riconoscere la fecondità di una presenza Ricordare
il Cardinale Martini è un atto di riconoscenza, di gratitudine e di
affetto per quanto questo amico di Gesù ha testimoniato con la sua
vita, non soltanto nell’attività pastorale, ma a tutta l’umanità,
credenti e non-credenti. Agli storici spetterà comprendere le
dinamiche che il Cardinale ha saputo attivare: l’ecumenismo, il dialogo
interreligioso, il dialogo con il mondo contemporaneo, declinato nella
pluralità delle sue manifestazioni: politica, etica, culture e
linguaggi. Il credente nutre la certezza che i semi gettati
nel percorso della storia dal Cardinale Martini produrranno nel tempo
molti frutti. La qualità spirituale che si percepisce, è il
coraggio della Fede in Gesù Cristo, una virtù al contempo semplice e
profonda, che afferma i valori del Vangelo in ogni circostanza della
vita. L’energia di questa Fede consente di accostare Carlo
Maria Martini a figure imponenti nella storia della Chiesa, verso cui
lo stesso cardinale ha continuato ad attingere a lungo: Agostino,
Ignazio di Loyola, il Cardinal J. H. Newman e sul versante del
magistero spirituale dell’arcivescovato milanese: Ambrogio, per il
coraggio del vescovo contro le minaccie interne ed esterne della
Chiesa, Carlo Borromeo, patrono di Milano, per aver saputo leggere la
violenza del suo tempo alla luce della Parola di Dio e infine per
continuità l’opera pastorale dell’ex cardinale Montini. Carlo Maria Martini, grandezza morale e audacia di Spirito Campeggia
ancora sull’ingresso della porta del suo alloggio nella residenza
gesuitica Aloisianum di Gallarate la targhetta «Padre Carlo Maria
Martini». A trenta giorni dalla morte dell’arcivescovo
emerito di Milano, lo scorso 31 agosto, è più che mai viva tra i suoi
confratelli la memoria del cardinale Martini che tra queste mura ha
concluso la sua vita terrena. Martedì 2 ottobre alle 20.30 Martini sarà
ricordato, nella chiesa principale di Gallarate Santa Maria Assunta con
una Messa di suffragio. Lungo questi austeri corridoi del
complesso che l’ha ospitato torna alla memoria di molti gesuiti, quasi
coetanei e malati, la puntualità di Martini nel partecipare e
presiedere la celebrazione eucaristica per gli infermi delle 11 del
mattino e le sue ultime parole pronunciate giovedì 30 agosto con un
filo di voce: «La Messa è finita, andate in pace». Al solo pronunciare la parola "padre Martini" brillano ancora gli occhi di molti padri Martini, la grandezza dell'umiltà R.
- Più che un ricordo, sento di esprimere un grazie al cardinale. Credo
che la cosa più difficile nei rapporti umani sia quella di entrare
nella sofferenza di un’altra persona. E’ certamente la parte più intima
di ciascuno di noi. Non è facile entrarvi dall’esterno perché l’altro
tende sempre a tenerla protetta, un po’ come la parte degli affetti, e
poi perché non tutti sono in grado di entrarvi senza devastarla,
rispettando quello che ci si trova di fronte. Il cardinale ha permesso
a me e ai suoi collaboratori infermieri di entrare in questa parte
intimissima della sua vita che è la sua sofferenza, la sua malattia.
Non siamo entrati in tutte le stanze perché resta sempre qualche camera
riservata per sé, però devo dire che per la maggior parte ci ha
permesso di entrare nella parte più preziosa della sua vita e di
aiutarlo a viverla meglio, di accompagnarlo in queste stanze della
solitudine, del dolore fisico, della delusione, della mancanza di
possibilità di comunicare. Ecco, credo che fosse questa, soprattutto,
la sua più profonda sofferenza. Fondamentalmente il dolore fisico -
come lui stesso ha detto più volte – non era molto grande. Spesso
ripeteva: 'è una malattia che mi impedisce, più che crearmi dolore'.
L’impossibilità di comunicare lo aggrediva al cuore del suo essere
relazione, lui che è sempre stato un uomo di grande comunicazione.
Ad un mese dalla morte del cardinale Martini, il ricordo del segretario, don Damiano Modena -------------------------------------------- E’
un uomo sofferente, che porta sul corpo e in viso tutti i segni della
malattia, eppure lucidissimo e disponibile a regalarci ancora un
sorriso, un ricordo, un viatico. Il Cardinale Carlo Maria Martini, che
compare in questo video straordinario e inedito, realizzato un mese
prima della sua morte da due preti amici, don Giovanni Barbareschi e
don Giuseppe Grampa, andati a trovarlo il 24 luglio scorso a
Gallarate, riesce a stupirci ancora una volta, l’ultima.
Con
un filo di voce e un’intensità rara, regala alcuni ricordi sul Concilio
Vaticano II («Eravamo entusiasti, guardavamo al futuro, parlavamo con
il mondo») e le sue ultime spiegazioni sulla “parola di Dio”. Una
parola, dice, «che prende la parola dell’uomo e la investe di forza».
E’
questa l’ultima intervista in video di Martini di cui la Stampa è in
grado di mostrare un estratto per gentile concessione della Parrocchia
di San Giovanni in Laterano a Milano (piazza Bernini, zona Città
Studi). Un documento impressionante e commovente, soprattutto per la
forza spirituale di un uomo che ricordando «la diocesi che porto nel
cuore», impartisce una benedizione a Milano, la città che tanto lo ha
amato, ricambiata fino all’ultimo istante.
L’ultima intervista al Cardinale Martini
il video dell'ultima intervista al Cardinale Martini
--------------------------------------- SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"Pro veritate...Quando un uomo... Lampada ai miei passi... ALTRI SPECIALI DEDICATI AL CARDINALE MARTINI La Chiesa di Milano dedica uno “Speciale” che raccoglie servizi,
filmati e testi ufficiali dei funerali, la documentazione dell’omaggio
popolare all'Arcivescovo emerito e una serie di ricordi e contributi
dedicati alla sua figura e al suo magistero
Speciale a cura della Diocesi ambrosiana --------------------------------------------------------------- Lo Speciale di AVVENIRE
Tutto Martini a cura del quotidiano della CEI --------------------------------------------------------------- La7 Edgardo Gulotta ripropone una lunga intervista di Alain Elkann con il cardinale Martini
Omnibus Night - Puntata 31/08/2012 (video) UOMO DI DIO MESSAGGIO DEL SANTO PADRE Cari fratelli e sorelle,
in questo momento desidero esprimere la mia vicinanza, con la preghiera e l’affetto, all’intera Arcidiocesi di Milano, alla Compagnia di Gesù, ai parenti e a tutti coloro che hanno stimato e amato il Cardinale Carlo Maria Martini e hanno voluto accompagnarlo per questo ultimo viaggio. «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal 118[117], 105): le parole del Salmista possono riassumere l’intera esistenza di questo Pastore generoso e fedele della Chiesa. E’ stato un uomo di Dio, che non solo ha studiato la Sacra Scrittura, ma l’ha amata intensamente, ne ha fatto la luce della sua vita, perché tutto fosse «ad maiorem Dei gloriam», per la maggior gloria di Dio. E proprio per questo è stato capace di insegnare ai credenti e a coloro che sono alla ricerca della verità che l’unica Parola degna di essere ascoltata, accolta e seguita è quella di Dio, perché indica a tutti il cammino della verità e dell’amore. Lo è stato con una grande apertura d’animo, non rifiutando mai l’incontro e il dialogo con tutti, rispondendo concretamente all’invito dell’Apostolo di essere «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 4,13). Lo è stato con uno spirito di carità pastorale profonda, secondo il suo motto episcopale, Pro veritate adversa diligere, attento a tutte le situazioni, specialmente quelle più difficili, vicino, con amore, a chi era nello smarrimento, nella povertà, nella sofferenza. In un’omelia del suo lungo ministero a servizio di questa Arcidiocesi ambrosiana pregava così: «Ti chiediamo, Signore, che tu faccia di noi acqua sorgiva per gli altri, pane spezzato per i fratelli, luce per coloro che camminano nelle tenebre, vita per coloro che brancolano nelle ombre di morte. Signore, sii la vita del mondo; Signore, guidaci tu verso la tua Pasqua; insieme cammineremo verso di te, porteremo la tua croce, gusteremo la comunione con la tua risurrezione. Insieme con te cammineremo verso la Gerusalemme celeste, verso il Padre» (Omelia del 29 marzo 1980). Il Signore, che ha guidato il Cardinale Carlo Maria Martini in tutta la sua esistenza accolga questo instancabile servitore del Vangelo e della Chiesa nella Gerusalemme del Cielo. A tutti i presenti e a coloro che ne piangono la scomparsa, giunga il conforto della mia Benedizione. Da Castel Gandolfo, 3 Settembre 2012 BENEDICTUS PP. XVI
*** “Apocalisse” non significa
quello che si intende nel linguaggio corrente, bensì l’operazione con
cui si toglie il velo, viene rivelato qualcosa che era nascosto, si
comprende con evidenza ciò che prima non era possibile vedere. Sovente
nella vita cristiana ci sono “apocalissi”, sia a livello ecclesiale che
a livello personale. Ora, la morte del card. Carlo M. Martini è stata
un’apocalisse su di lui e sulla chiesa italiana nelle sue varie
componenti...
Benedetto XVI ha scritto su Martini le parole più vere e discrete: è stato “un uomo di Dio”. Non c’è onore e qualificazione più grande nella vita cristiana! Uomo di Dio perché totalmente affidato, offerto a Dio e alla sua signoria, unica forza capace di determinarlo nei suoi pensieri, nei suoi sentimenti, nelle sue azioni. Come ogni uomo, anche Martini ha certamente opposto le sue resistenze alla volontà di Dio ma, per quel che la chiesa ha visto, egli ha cercato di essere sempre e solo al suo servizio e a quello di nessun altro, senza mai cercare tattiche o strategie né ecclesiali né ecclesiastiche. Enzo Bianchi: Caro Diogneto - 46 Pur tenendo alta la fiaccola
della trascendenza divina della fede, il cardinale non ha temuto di
farla correre lungo le strade del mondo, nelle lacerazioni,
controversie, sofferenze e attese della storia e della quotidianità.
Egli ha saputo intercettare i vari filamenti culturali, sociali, spirituali della nostra epoca travagliata e secolarizzata e li ha ritessuti nel disegno della fede cristiana il cui progetto non è alternativo e repulsivo rispetto alla vicenda umana, anzi, è destinato a incarnarsi in essa, sia pure con la sua identità e originalità, simile a un seme che opera e fruttifica, a un lievito che trasforma e trasfigura. Gianfranco Ravasi: Pastore sulle strade del mondo Come risulta dai ritratti più
informati e fedeli del cardinal Martini che sono stati proposti nelle
settimane scorse da chi lo ha conosciuto per davvero, e dunque non
dalle caricature abbozzate da osservatori improvvisati e superficiali,
egli fu prima di tutto ed essenzialmente un uomo di Dio. Un religioso
nel senso alto e pregnante della parola. Un uomo di Chiesa nel quale il
carisma – cioè la sensibilità al primato dello Spirito che, nella sua
sovrana libertà e nella sua sorprendente creatività, soffia dove vuole
un po' ovunque – fa premio sull'istituzione ecclesiastica che pure ha
servito con fedeltà e con amore.
Franco Monaco: Profeta nella città dell'uomo «Lampada per i miei passi è la
tua parola, luce sul mio cammino». Il versetto del Salmo 119 che Carlo
Maria Martini ha scelto per la lapide della sua sepoltura sintetizza il
senso profondo della sua spiritualità e della sua testimonianza.
La sua icona In quelle parole è come contenuto il suo più intimo segreto. Potremmo dire che vi si può leggere l'icona della sua esistenza. Egli, commentando la Bibbia, ricorreva spesso a immagini o intuizioni che chiamava icone: le usava per indicare in sintesi il messaggio dei testi che stava illustrando. Ora, al termine della vita terrena, è di sé e del suo episcopato che, con le parole del Salmo, ci ha regalato la migliore icona che potesse rappresentarlo. Essa rimane la vera chiave ermeneutica della sua singolare personalità di uomo di Dio... Gianfranco Bocconi: Un Padre della Chiesa UOMO UMILE Nel corso di
un’intervista per i suoi cinquant’anni di sacerdozio, nel giugno 2002,
chiesero al Cardinale Martini se del suo popolo si sentiva più «padre» o più «pastore». Questa fu la sua risposta:
«Non amo molto questi termini. Il termine “padre” non mi ha mai detto molto perché mi ricorda molto la frase di Gesù: “Non chiamate mai nessuno padre sulla terra”… Ritengo che ci sia sicuramente una certa paternità e responsabilità, ma non è il titolo che evangelicamente mi pare più adatto. Rido un po’ quando si rivolgono a me dicendo: “Non la chiamiamo Eminenza, ma padre, perché è più evangelico”. Anche il termine pastore non mi convince fino in fondo, mi fa un po’ paura. I titoli che personalmente preferisco sono due: uno è quello di Giovanni (3, 29-30), “l’amico dello sposo”: l’amico dello sposo gode alla voce dello sposo, lui deve crescere, io diminuire. Mi pare molto importante, in questo senso sono in polemica con quelle forme di dominio, di paternità, di possesso, di plagio. Sono contento invece quando un prete o un laico ha incontrato Gesù. L’altro termine è simile, si trova nella seconda Lettera ai Corinti, là dove si dice: “Io provo per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo” (11,2). Questa è la cosa che più mi piace: le persone devono incontrare Cristo, uno serve per far incontrare Cristo bene, poi si deve tirare indietro. Lo scopo è far arrivare a Cristo». *** Il Cardinal Martini ha
terminato la sua corsa terrena. Scompare dai nostri occhi uno dei
personaggi principali della vita della Chiesa nell’ultimo trentennio,
un (quasi) Papa, molto letto, molto ascoltato dai media (anche se non è
mai stato, a differenza di Wojtyla, l’ uomo delle folle e del gesto).
Se ne va il Gigante, il principale riferimento religioso, morale,
intellettuale della mia giovinezza. L’ ho seguito fin dal suo arrivo in
diocesi, ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente e di
confidarmi con Lui come fosse mio padre. A lungo mi sono vantato di
essere un “martiniano”, poi ho smesso, visto che lui stesso mi
ripeteva: di Maestro ce n’è uno solo!
Martini si è speso fino all’osso per farci conoscere la Parola. Giovanni Ambrogio Colombo: Addio al Cardinal Martini In un mondo dominato dalla
sfrontatezza, dalla maleducazione e dall'arroganza, la timidezza è
rimasta privilegio - e peso - di pochissimi. Che cos'è la timidezza, se
non un grande pudore di se stessi, un infantile senso di stupore e di
inadeguatezza? È il segno che il bambino è ancora dentro di noi e
possiede la grazia di portarci su strade precluse agli adulti.
Susanna Tamaro: Il cardinale che mi insegnò ad arrossire UOMO DI SPERANZA Carlo Maria Martini è morto da
mendicante, come lui stesso descriveva le condizioni di un anziano non
più autosufficiente, prendendo in prestito serenamente quell’immagine
da un antico proverbio orientale.
Eppure la sua carica umana è diventata all’improvviso una forza di popolo. Come accade talvolta per i profeti, i giusti, i maestri. Un segno vitale di speranza comunitaria nonostante il dolore della morte e il suo mistero. Ha colpito, emozionato quella fila interminabile di cittadini semplici che volevano rendergli omaggio. Eppure non era il cardinale Martini un personaggio pubblico così gettonato e sovraesposto. Anzi era una riserva critica, una figura mite e riflessiva, un uomo di dialoghi sempre impegnativi e scomodi. Claudio Sardo: Testimone di speranza UOMO PROFETICO Nel 1986 radunò una Agorà in
piazza Fontana sul tema della corruzione politica, e Mani pulite era
lontana anni luce. Quattro anni dopo, a sant’Ambrogio, stupì tutti
parlando del rapporto tra noi e l’Islam. Una figura complessa, la cui
eredità spirituale e culturale durerà a lungo prima di venire
completamente compresa e metabolizzata.
Giuseppe Baiocchi: Martini guardava così lontano da sembrare sconcertante nel presente La fiducia nella vita e nella bontà di Dio: è il suo segno distintivo.
In quel febbraio 2011, accanto alla finestra, oso chiedergli come vede
la Chiesa. Dice: «Forte nei suoi ministri, debole nelle strutture. Poco
capace di servire le esigenze del mondo d’oggi. La Chiesa pensa troppo
in termini politici a come vincere, e così perde la capacità profetica».
Aldo Maria Valli: Ricordo lo sguardo Con uno zelo tanto
impareggiabile quanto prevedibile è cominciata nella Chiesa
l’operazione- anestesia verso il cardinal Carlo Maria Martini, lo
stesso trattamento ricevuto da credenti scomodi come Mazzolari, Milani,
Balducci, Turoldo, depotenziati della loro carica profetica e
presentati oggi quasi come innocui chierichetti. A partire dall’omelia
di Scola per il funerale, sulla stampa cattolica ufficiale si sono
susseguiti una serie di interventi la cui unica finalità è stata
svigorire il contenuto destabilizzante delle analisi martiniane per il
sistema di potere della Chiesa attuale. Si badi bene: non per la Chiesa
(che anzi nella sua essenza evangelica ne avrebbe solo da guadagnare),
ma per il suo sistema di potere e la conseguente mentalità cortigiana.
Vito Mancuso: L'operazione-anestesia sul cardinal Martini LE REAZIONI Antonio Spadaro: Quando Vito Mancuso confonde il profeta con l'idolo Andrea Tornielli: Mancuso e l'anestesia di Martini ------------ Trenta giorni fa si spegneva
Carlo Maria Martini. Ci ha lasciato, ma la sua presenza è quanto mai
viva in tutti noi. In questo mese, ho riletto innumerevoli volte
il suo “testamento spirituale”.
Credo sia un testo che non vada strumentalizzato per alimentare un
dibattito interno alla Chiesa tra progressisti e conservatori, portato
avanti spesso con il distacco di chi non è partecipe di questa
avventura credente. Le sue ultime parole, al contrario, credo ci
mostrino il grande amore e la forte passione (a volte, sofferta) con i
quali il cardinale ha sempre servito la Chiesa.
Virginio Colmegna: "Ricercare la brace" Il 10 febbraio del 1980 Milano
ostentava una giornata invernale, fredda, pungente, con un cielo chiuso
color del piombo. Decine di migliaia di milanesi erano tuttavia scesi
in strada per salutare il nuovo arcivescovo. Carlo Maria Martini arrivò
a piedi, con un mantello nero e una copia del Vangelo in mano. Da
piazza Castello, lungo via Dante e via Orefici, camminò pellegrino fino
a piazza Duomo. Profeticamente, in questo primo incontro con la città
di Ambrogio e Carlo Borromeo, c'è tutto il programma pastorale del
ventennio episcopale che seguirà.
L'amico don Giuseppe Dossetti in quei giorni gli aveva scritto un biglietto d'auguri: «Milano ascolti da lei il Vangelo, nient'altro che il Vangelo». Della Parola e dell'ascolto, del Vangelo e della preghiera Martini fu maestro indiscusso e riconosciuto a Milano e nel mondo. Antonio Tarzia: Martini carisma e profezia Profezia e Patristica son due
categorie che aiutano a capire Martini. In lui ricorre una
sollecitazione continua: «Dobbiamo dare un'interpretazione del tempo in
cui viviamo». Si faceva portavoce di un'epoca recente nella Chiesa e la
rinverdiva. Leggere i «segni dei tempi» aveva costituito il grande
appello venuto da Giovanni XXIII e dal Concilio. Dal Vaticano II e dal
Papa Buono partì lo sprone a cogliere il disegno di Dio sulla storia, a
recuperare l'aspetto profetico della Chiesa e dell'essere cristiani.
«Quando incontri qualcuno non chiedergli da dove viene, ma dove va»,
ammoniva Roncalli per incoraggiare a cogliere il nuovo e la speranza, a
vivere la fede con coraggio.
Martini, da giovane studioso,
ha respirato l'aria, ha interiorizzato l'anelito di quella «nuova
primavera». Da pastore s'è chiesto: perché mi si presenta questo
problema concreto (un attentato terroristico, una fabbrica che chiude,
un prete che intende lasciare l'abito, un politico che ruba, una coppia
che vuole conciliare il proprio amore e la possibilità di decidere
quando aver figli e quanti, una donna abbandonata dal marito che s'è
rifatta una vita affettiva e chiede i sacramenti) e la domanda è
diventata: che cosa vuole dirmi il Signore mettendomi davanti a tali
vicende, e come pensa che io possa essere testimone della speranza e
della fiducia che ha posto in me.
Marco Garzonio: Il cardinale che invitava a sognare UOMO DELLA PAROLA
intervista a Francesco Rossi De Gasperis a cura di Filippo Rizzi Agli occhi di questo anziano gesuita per comprendere il «vero» Martini e il suo stile di annuncio bisogna tornare agli anni della sua docenza di critica testuale al Biblico. «Impressionava il tempo che dedicava ai particolari, alle traduzioni, alle differenti sfumature tra un testo e l’altro; come sorprendeva il suo impegno nello studiare, nel cercare di comprendere le differenze anche ermeneutiche e di linguaggio che vivevano le prime comunità cristiane dopo la morte di Gesù. Cercava di capire il perché di queste diversità. Forse solo da qui si può capire l’importanza che ha avuto per lui il dialogo interreligioso e l’impegno ecumenico». Filippo Rizzi: «Impressionava la sua attenzione ai particolari» Mi sono provato a chiedere che
cosa rimarrà davvero impresso nella memoria dei 240 articoli dedicati
in questi giorni dai giornali italiani al cardinale scomparso
Guido Mocellin: Ciò che resterà alla fine di Martini Proprio così, il cardinale è
stato maestro dell'arte dell'ascolto: si può dire che ciò che contava
per lui, più ancora che comprendere la volontà di Dio, era mettersi
nelle condizioni di comprenderla. Stare «al cospetto di Dio nostro
Signore e di tutti i suoi santi per desiderare e conoscere quel che sia
più gradito alla sua divina bontà» (Esercizi, Seconda settimana): è
questo l'atteggiamento di fondo, che traspariva da ogni sua
riflessione. Come affermava il padre gesuita Michel Ledrus (1899-1984),
che Martini aveva scelto come guida spirituale negli anni romani, luce
per il discernimento è la Parola rivelata, nella sua densa sobrietà:
«Dio non parla con povere parole suggerite dalla razionalità umana, sia
pure illuminata dalla fede: Egli, con una Parola, dice molte cose...».
Questa Parola decisiva è «Cristo in Croce, icona perfetta che fa capire
tutto dell'amore di Dio... la rivelazione di come l'uomo possa – e
quanto! – essere Parola efficace di Dio».
Bruno Forte: Carlo Maria Martini maestro dell'arte dell'ascolto Il Concilio Vaticano II ha
portato belle novità ma anche nuovi problemi. Così dice qualcuno, ma
dimentica che la realtà, sempre nuova, è un problema solo per chi la
nega. Padre Carlo Maria Martini ha osato viverla con coraggio e
intelligenza. Ha superato il gap culturale dei 200 anni che ci separa
dal mondo, per trasmettere oggi la «buona notizia». Scrive il vescovo
di Lugano: «È morto un padre della Chiesa». Un monte cresce nella sua
imponenza di mano in mano che ci si allontana: con il passare del tempo
vedremo crescere l’eredità che padre Carlo Maria lascia alla Chiesa.
Silvano Fausti: Carlo Maria Martini al cuore della Parola .. Adesso che ho quasi
terminato il servizio ecclesiale, se il Signore mi dà vita, conterei di
ritornare al lavoro scientifico di critica testuale, perché mi pare che
sul tema della storia del testo greco nei secoli II e III, è stato
fatto poco. È un lavoro molto arido, un lavoro di retrocucina, non è
neanche una cucina. Pochi hanno voglia di farlo, invece a me piaceva
perché dà il gusto del romanzo poliziesco: bisogna trovare l’assassino,
bisogna fare un’ipotesi e vedere se la pista è giusta. Quindi mi
piacerebbe riprendere questo lavoro perché sono convinto che il lavoro
che ho fatto per oltre 22 anni come vescovo a Milano è un servizio di
Chiesa, che avrà un suo effetto, ma poi scompare, viene dimenticato.
Mentre il lavoro scientifico fatto sui testi può servire, se è
veramente serio, anche per le generazioni successive. Penso che la
Chiesa si serve in un modo e nell’altro, e sono contento di averla
potuta servire in un modo e nell’altro; se posso continuerò a servirla
nel silenzio, nella preghiera e nello studio scientifico...
Carlo Maria Martini: Così ho portato la Parola alla gente UOMO DELLA COMUNICAZIONE Ricordo
che in occasione delle interviste (e sono state tante) mi chiedeva
sempre: “Di quanti secondi hai bisogno?”. Poiché conosceva l’importanza
della sintesi per la comunicazione televisiva, si metteva nei panni del
giornalista e cercava di semplificargli il compito. Non voleva ricevere
le domande in anticipo e non chiedeva mai di rileggere le risposte. Si
fidava. Aveva totale rispetto dell’autonomia del giornalista. D’altra
parte quella del giornalismo era una passione che lui stesso aveva
coltivato da ragazzo. Poi fu l’altra chiamata a prevalere, ma per lui
quella del giornalista restò sempre una missione.
Studioso della Bibbia e uomo della Parola, Martini ebbe una considerazione altissima della comunicazione. Aldo Maria Valli: Martini, l'inquietudine del comunicare UOMO DEL DIALOGO Muore il cardinale pastore. Colui che per 22 anni ha retto la diocesi più importante d'Italia. Il campione dell'ala progressista del cattolicesimo. La voce influente ed autorevole che non ha mai smesso di cercare il dialogo. Dialogo interreligioso, dialogo fra Chiesa e Scienza, fra mondo religioso e mondo laico. "Ogni linguaggio ha la sua dignità" diceva, senza mai smettere di cercare il confronto anche con chi non crede. Paola Miletich: Cardinal Martini, cercatore di dialogo (pdf) La morte del cardinale Martini
non fermerà il cammino del dialogo ebraico-cristiano. La fedeltà alla
sua memoria, piuttosto, ci chiama ad arricchire e approfondire il
nostro comune impegno, nella direzione additata dal cardinale: che non
parlava di incontro, ma di re-incontro. Come a dire: veniamo dalla
stessa radice, la storia ci ha divisi, ma siamo destinati a
riavvicinarci. E quando il Signore vorrà, capiremo finalmente quello
che ci resta ancora oscuro».
Così Giuseppe Laras, rabbino capo di Milano dal 1980 al 2005, guarda alla morte del cardinale gesuita, grande biblista che ha guidato la Chiesa ambrosiana dal 1980 al 2002. Insieme hanno fatto un lungo tratto di strada. Lorenzo Rosoli: Laras: «Martini, uomo di fede e maestro del dialogo» ... ho come l'impressione che -
anche nelle rievocazioni di queste ore - si rischi di non capire
davvero che cos'era per lui il dialogo. Di perdere di vista la Cattedra
del credente Carlo Maria Martini, quella forse meno mediatica ma non
per questo meno vera. Quella sulla quale un uomo timidissimo, sempre un
po' impacciato, si trasformava in un maestro che saresti rimasto ad
ascoltare per ore.
La Cattedra dei non credenti l'ha voluta un uomo che era profondamente credente. Al punto da mettere la Parola di Dio al centro di ogni minuto della propria vita. Il suo citare in continuazione brani o personaggi della Scrittura non era il vezzo di un erudito, ma una professione di fede in un Dio che si è rivelato agli uomini attraverso la Scrittura. E quando doveva riassumere che cosa erano state per lui quelle "tre settimane di anni" sulla cattedra di Ambrogio, lui non citava mai gli anni di piombo, tangentopoli o i grandi dibattiti sull'etica. L'unica cosa che Martini diceva era: ho provato a insegnare alla gente a prendere in mano la Parola di Dio... Lectio divina e dialogo con tutti: non sono due cose diverse, ma l'unica strada possibile per una vita che accetta di rimettersi in discussione ogni giorno alla luce del Vangelo. Grazie per avercelo insegnato padre Carlo Maria. Giorgio Bernardelli: La cattedra del credente Martini ... Ma veniamo allo
scopo di queste righe che “in pillole” vogliono accennare al grande
interesse del card. Martini per la comunicazione ed i mass media e che
fanno parte della mia esperienza diretta perché per sei anni sono stato
collaboratore dell’Arcivescovo come responsabile dell’Ufficio diocesano
della Comunicazioni Sociali.
Il tema della comunicazione è stato da subito all’attenzione dell’Arcivescovo all’interno di un percorso pastorale molto lucido che lo ha portato a delineare i pilastri sui quali deve reggersi l’edificio della comunità cristiana. Dopo il richiamo alla dimensione contemplativa della vita e aver messo al centro la Parola, l’Arcivescovo ha parlato dell’Eucaristia, della testimonianza che da essa deriva come per i due discepoli di Emmaus, e della Carità. Ma a questi pilastri ha subito aggiunto due dimensioni fondamentali: quella dell’educazione e quella, appunto, della comunicazione. Sul tema della comunicazione ha scritto due lettere pastorali “Effatà- Apriti” nel 1990 e “Il lembo del mantello” nel 1991... Gilberto Donnini: Il Card. Martini e il "quinto talento" La parola di Dio come
lampada. E la speranza di incontrare sul cammino persone pensanti. Solo
in seguito si porrà la questione se siano credenti o no. Così Carlo
Maria Martini ha portato la questione della fede sulla scena pubblica,
nel confronto con le ragioni di chi crede diversamente o non crede per
nulla, traendo la fede cristiana fuori dall'intimismo, dal moralismo,
dalla ghettizzazione.
Fabio Ballabio: La cattedra di un cristiano in dialogo UOMO LIBERO Oggi il Cardinal Martini ha terminato
la sua corsa terrena. Scompare dai nostri occhi uno dei personaggi
principali della vita della chiesa nell’ ultimo trentennio, un (quasi)
Papa, molto letto, molto ascoltato dai media (anche se non è mai stato,
a differenza di Wojtyla, l’ uomo delle folle e del gesto). Se ne va il
Gigante, il principale riferimento religioso, morale, intellettuale
della mia giovinezza. L’ho seguito fin dal suo arrivo in diocesi, ho
avuto la fortuna di conoscerlo personalmente e di confidarmi con Lui
come fosse mio padre. A lungo mi sono vantato di essere un
“martiniano”, poi ho smesso, visto che lui stesso mi ripeteva: di
Maestro ce n’è uno solo!
Giovanni Colombo: Come gli occhi di Padre Carlo Aveva invocato più volte un
Concilio Ecumenico Vaticano III. E forse non è un caso se la lunga e
proficua giornata del cardinale Carlo Maria Martini si conclude nel
cinquantesimo anniversario dell’assise conciliare indetta da Giovanni
XXIII e guidata con successo e mano ferma da Paolo VI, e alla vigilia
dell’Anno della fede.
ORTICALAB: Martini, l'ultimo vegliardo della Chiesa woityliana «Io ho sentito sempre molta
vicinanza con il modo di pensare del cardinale Martini perché credo
corrisponda completamente alla missione ignaziana...». Padre Adolfo
Nicolás, 76 anni, è il Padre Generale della Compagnia di Gesù, dal 2008
ventinovesimo successore di Sant'Ignazio di Loyola, l'uomo che viene
popolarmente chiamato il «Papa nero» ed è il superiore dei 18.500
gesuiti sparsi in 112 nazioni nei cinque continenti. Ha concelebrato
fra i cardinali, letto la terza preghiera eucaristica, e ora sorride
sereno fuori dalla sagrestia del Duomo: «Vede, sant'Ignazio era un uomo
libero».
Gianguido Vecchi: Il «Papa nero»: un uomo libero, ispiri il Sinodo A Milano per le esequie
del cardinale Carlo Maria Martini, il 3 settembre il Superiore generale
dei gesuiti, padre Adolfo Nicolás SJ, ha incontrato la redazione
di Popoli, condividendo il proprio ricordo personale del gesuita
che è stato arcivescovo di Milano e alcune riflessioni su ciò che padre
Martini ha rappresentato per i gesuiti e per la Chiesa di oggi.
Anticipiamo una parte dell’intervista, che sarà pubblicata
integralmente sul numero cartaceo di ottobre diPopoli.
POPOLI: "Martini, uomo libero e creativo" La lettera al cardinal Martini della nipote Giulia:
Caro zio, zietto come mi piaceva chiamarti negli ultimi anni quando la malattia ha fugato il tuo naturale pudore verso la manifestazione dei sentimenti questo è il mio ultimo, intimo saluto. Quando venerdì il tuo feretro è arrivato in Duomo la prima persona, tra i fedeli presenti, che ti è venuta incontro era un giovane in carrozzina, mi è parso affetto da Sla. D'improvviso sono stata colta da una profondissima commozione, un'onda che saliva dal più profondo e mi diceva: «Lo devi fare per lui» e per tutti quei tantissimi uomini e donne che avevano iniziato a sfilare per darti l'estremo saluto, visibilmente carichi dei loro dolori e protesi verso la speranza. Lo sento, Tu vorresti che parlassimo dell'agonia, della fatica di andare incontro alla morte, dell'importanza della buona morte. Giulia Facchini Martini: «Così ci hai chiesto di essere addormentato» ... Ecco, io credo che il modo
migliore per onorare il cardinal Martini sarebbe una “legge Martini”
che stabilisca in modo inequivocabile il diritto di ogni malato di
scegliere il momento in cui ricevere una sedazione definitiva che lo
accompagni in perfetta e irreversibile incoscienza alla morte
dell’organismo. Ma sono ancora più certo che la Chiesa gerarchica e i
politici che ne sono succubi (quasi tutti, anche a “sinistra”) e gli
atei devoti e i falsi liberali che imperversano nei media e il cui nome
è Legione, troveranno mille cavilli per dire no.
Paolo Flores d'Arcais: Ora approvino una "legge Martini" Piuttosto che usare anche la
sua morte come pretesto per battaglie ideologiche sarebbe meglio
meditare sulle parole dell'ultima intervista di Martini
Roberto Beretta: La «fede nonostante» del cardinale «Una grande personalità, leader mondiale» E sul Vaticano II: è stata una grazia anche se ha portato danni molto grandi
Aldo Cazzullo: Ruini: la Chiesa oggi non è indietro Martini non era antagonista del Papa Sarebbe stato bello poter dire
di lui Carlo Maria I, papa. La sua scomparsa mi ha riportato alla mente
la morte di Giovanni XXIII: pena oggi soprattutto di affetti memori,
mentre questa è tutta pena della mente. Perché Martini vuole far
pensare.
Se fossimo stati tutti come lui, audaci e prudenti, il Vaticano II non sarebbe un reperto archeologico e il suo valore più importante, che è l'apertura al futuro della vecchia Chiesa del Vaticano I e del Tridentino, si sarebbe meglio affermato. Giancarla Codrignani: Carlo Maria Martini (pdf) Neppure di fronte alla morte di
una personalità eminente, il cardinale Carlo Maria Martini, testimone
appassionato e credibile di un profondo amore alla vita propria e di
tutti coloro che incontrava nel suo ministero culturale, magistrale e
pastorale, si sono fermati i soliti innescatori di baruffe mediatiche,
sempre alla caccia di presunte incoerenze tra l’insegnamento ufficiale
della Chiesa in materia morale e le posizioni personali di alcuni suoi
membri.
Roberto Colombo: Rispetto e verità Ignazio Marino, chirurgo
e interlocutore privilegiato del cardinale, ricorda Carlo Maria
Martini. E spiega come il Catechismo non rifiuti l'accanimento
terapeutico.
Antonio Sanfrancesco: Marino: lasciate in pace Martini L’umanità condivisa senza
riserve da Martini, alla luce della Parola, lo ha condotto ad una
interpretazione del cristianesimo come amico dell’intelligenza e della
libertà. Da qui ancora la sua visione di una Chiesa povera, libera,
sciolta, aggettivo cui spesso ricorreva per descrivere la Chiesa.
Comunità strutturata sì, ma immune da ogni tentazione di potere e da
propositi di costrizione.
Egli ci ha fatto sperimentare una Chiesa concentrata nella proclamazione di una parola che sa illuminare, confortare, chiedere cambiamenti. PAX CHRISTI: Mons. Giudici ricorda il Cardinal Martini Carlo Maria Martini era
diverso, differente, potremmo dire unico nel panorama della Chiesa
cattolica e della cultura italiana. Dopo le tante, e significative,
parole dette su di lui in questi giorni, aggiungere ancora qualcosa
potrebbe essere superfluo... Avendo però seguito con attenzione le
reazioni alla sua morte, ritengo di poter dire una parola che ho
meditato attentamente.Vorrei partire da tre fatti, che in quanto tali hanno il pregio dell'oggettività.
Christian Albini: La differenza di Martini “Carlo Maria Martini fu
una scuola permanente di vita umana e cristiana, di come affrontare i
problemi della chiesa e della società”. Questo il ricordo di don Gianni
Cesena, direttore della fondazione Missio e per sei anni segretario
particolare dell’arcivescovo emerito di Milano. In audio l’intervista
integrale.
NIGRIZIA: Martini, "una scuola di vita" Le questioni morali, in
particolare quelle «eticamente sensibili» – come oggi vengono
comunemente definite con una dizione in verità discutibile – hanno
costituito per il cardinale Martini motivo di grande interesse, sia per
i loro importanti risvolti culturali che per le loro immediate e
significative ricadute in campo pastorale. Numerose sono state le
occasioni – convegni, omelie, interviste, saggi – in cui egli è
intervenuto su tali questioni, aprendo interrogativi e offrendo spunti
di riflessione, con grande finezza intellettuale e con un atteggiamento
problematico volto a sollecitare la ricerca, al di fuori di preclusioni
ideologiche e di rigide chiusure confessionali.
Giannino Piana: Credente «eticamente sensibile» UOMO DEL NOSTRO TEMPO Mi domando perché ci abbia
tanto emozionati la scomparsa di un uomo anziano, da dieci anni lontano
dalle sedi del dibattito pubblico, refrattario ai bagni di folla e mai
stato prodigo alla spettacolarizzazione del sacro. La sensazione è che
se ne vada via con Carlo Maria Martini non solo un Cardinale della
Chiesa di Roma, critico ma devoto; non solo lo studioso della Bibbia
trasformatosi in pastore d’anime per illuminare quel fermento
metropolitano contemporaneo che è Milano; se ne è andato –ed è la
perdita che più avverto- un testimone della possibilità di stare in
questo mondo rispettandolo per quel che è, accompagnandolo
nell’introspezione: perché il sacro è giustappunto un bisogno, non una
recita.
Gad Lerner: Perchè lascia il segno la denuncia di Martini Questa resta per me la
testimonianza suprema resa dall’Arcivescovo di Milano: la sua
concentrazione di pensiero, di preghiera e di azione pastorale nella
Persona di Gesù di Nazaret come il segreto della sua capacità di aprire
con tutti un dialogo di sapienza e di pace.
Tale dialogo si è sempre più dilatato e la stessa conclusione del suo ministero episcopale è diventata occasione di un’apertura senza limiti: il Vescovo è diventato semplicemente “il cristiano tra noi”. Allora ogni tema, ogni prospettiva, ogni questione posta dal vortice di una storia che ogni giorno s’incontra e si scontra con problemi sempre più delicati ha trovato in lui la disponibilità e il dono di un pensiero libero. Giovanni Nicolini: Il cardinal Martini: un cristiano tra noi Chiesa del Concilio e del dialogo, è
stata definita così la chiesa che piange Martini. Ma c'è anche qualcosa
di più semplice ma rivoluzionario: è anche la chiesa dei cattolici
normali.
IL MONDO DI ANNIBALE: Martini, il papa di cattolici normali Che cosa significano la
personalità e il magistero dell'arcivescovo Carlo Maria Martini per un
«non credente», per giunta donna, e di origine ebraica da parte di
padre? Innanzitutto capacità di ascolto e poi riconoscimento di una appartenenza, direi all'umanità, che supera ogni genere di
divisioni, sbarramenti, differenze e certificazioni. All'opposizione
«credenti e non credenti» sostituiva, come si sa, quella tra «pensanti
e non pensanti» ove, alla seconda, non corrisponde nessuno in quanto
alle domande più radicali non ci si può sottrarre.
Silvia Vegetti Finzi: Quel cammino con i non credenti «Un signore si è avvicinato
alla bara e mi ha chiesto di pregare il Padre nostro. Però non se lo
ricordava. Allora lo abbiamo recitato insieme. Un altro è venuto, ha
detto di essere ateo, poi però ha avvertito il desiderio di
confessarsi. Questi sono miracoli. Piccoli, se vogliamo. Anzi, no, sono
grandi. Il cardinale è già in azione».
Sorride monsignor Luigi Manganini mentre mi racconta questi episodi. Lui è l’arciprete del Duomo di Milano, ha sostato per ore accanto alla bara, e questi sono i momenti che gli sono rimasti nel cuore. «Martini era vicino a tutti, anche ai cosiddetti lontani, e continua ad esserlo». Aldo Maria Valli: Tutti i credenti del mondo Una moltitudine serena e
silenziosa - come sono i milanesi nei momenti migliori - ha salutato
Carlo Maria Martini in Duomo, dentro la grande cattedrale oscura. E
sulla piazza luminosa che è al tempo stesso, da sempre, sagrato e luogo
civico per eccellenza. La folla era così composta che si udivano
piuttosto distintamente le singole voci umane e addirittura, nelle
pause della liturgia, il battito dei passi attorno. È stato un funerale
solenne e affollato, da quasi papa o quasi da papa, preceduto da un'
interminabile omaggio al feretro, una fila durata tre giorni e tre
notti che ha fatto dire «c' era tutta Milano», e fa riflettere sulla
popolarità non scontata di un uomo poco mediatico e di un intellettuale
molto munito, e negli ultimi anni appartato anche a causa del
Parkinson, che aveva leso la parola proprio a chi della parola aveva
fatto ragione di vita e di magistero
Michele Serra: Tutte le facce di una città «Ci spiace di non aver sempre trovato il modo adeguato di partecipare alla sua ardua missione»
Caro direttore, la morte del cardinale Martini mi consente di riflettere su alcune parole-chiave della sua vita e sul rapporto con don Giussani e col movimento di Comunione e liberazione. La mia vuole essere una semplice testimonianza. Juliàn Carròn: «Sono addolorato, potevamo collaborare di più» Si è respirato un certo
imbarazzo in Vaticano in questi giorni per l' inatteso bagno di folla
registrato ai funerali del cardinale Carlo Maria Martini. Ma,
soprattutto, per come è stata presentata la sua figura, esaltata tanto
per le doti di studioso quanto per il forte impegno sociale. In Curia
c' è chi è rimasto sorpreso per la partecipazione popolare al Duomo
ambrosiano, con 200 mila persone in fila a rendere omaggio all'
esponente più rappresentativo di un percorso di riforma della Chiesa,
pur sempre rimasto nel solco della dottrina.
Marco Ansaldo: Il tributo dei laici imbarazza il Vaticano. Adesso non usatelo contro la Chiesa Nel messaggio inviato da
Benedetto XVI per i funerali del cardinale Martini, il papa lo ha
definito «un uomo di Dio», «un pastore generoso e fedele della Chiesa».
Un uomo che ha mostrato «una grande apertura d’animo, non rifiutando mai l’incontro e il dialogo con tutti». Ma non si poteva fare a meno di notare, nell’Angelus di domenica, il silenzio del papa, proprio mentre migliaia di persone a Milano erano in fila per rendere omaggio al feretro di un pastore che ha toccato i cuori e le menti di almeno tre generazioni di cattolici e non cattolici. Massimo Faggioli: Cosa il papa non ha detto Il segreto di Martini sta nei
volti di quanti alla vigilia dei funerali si sono seduti nei banchi del
duomo di Milano semplicemente per pensare a lui. Il segreto sta nel
silenzio del Papa all’Angelus domenicale, quando avrebbe dovuto
scegliere se indicarlo o no come esempio. E non lo ha fatto. Il segreto
sta nei buddisti e nei musulmani e nei non-credenti, che hanno
partecipato alla messa. E nei rabbini ebrei che sono andati in fila a
fare le condoglianze in arcivescovado.
Marco Politi: Da una parte l'amore dei fedeli dall'altra la freddezza del Papa LE ACCUSE DI SOCCI DOPO LA MORTE DEL CARDINALE E ALCUNE REAZIONI Vedendo il mare di sperticati
elogi ed esaltazioni sbracate del cardinale Martini sui giornali di
ieri, mi è venuto in mente il discorso della Montagna dove Gesù ammonì
i suoi così: «Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi»
(Luca 6,24-26).
Antonio Socci: Cardinal Martini, il biblista che si era scordato il Vangelo Non so quale dei sentimenti
prevalga in me dopo la lettura dell’articolo comparso a firma di
Antonio Socci sull’edizione di domenica scorsa di Libero. Sono
amareggiato, sconcertato, triste, disgustato e non tanto per la diversa
valutazione della vita del card. Martini, della sua proposta di fede e
della sua portata culturale. Piuttosto delle falsità che vi sono
contenute come un macigno accusatorio che non permette nemmeno il
diritto di difesa dell’interessato.
Tonio Dell'Olio: Il reflusso di Socci Neanche nelle peggiori
famiglie, quando muore qualcuno che non è proprio… come dire?
‘simpatico’ ci si accanisce contro così tanto. Almeno nei giorni della
morte. Almeno nei giorni in cui la salma è ancora lì, presente. Perché
c’è quel minimo di pudore che ancora guida i nostri comportamenti.
Conosciamo tutti famiglie che vivono tensioni interne, anche molto
pesanti; figli che non parlano con i genitori o viceversa. Ma quando
arriva la morte, almeno si fa silenzio. Si tace. Davanti a un mistero
grande, che ci invita a riflettere anche sulla nostra vita, non solo
sulla vita di chi muore.
Probabilmente non la pensa così Antonio Socci, che su Libero del 2 settembre, mentre la salma del Vescovo è ancora esposta in Duomo pubblica un articolo feroce, e astioso. Renato Sacco: Ci sarà tempo e modo... Il cardinale Martini sotto la croce di san Carlo Borromeo
È stata tumulata ai piedi dell’altare della Croce di San Carlo Borromeo la salma del cardinale Martini. Il rito si è svolto in forma privata ed è stato l’ultimo atto del saluto che la Chiesa e la città di Milano hanno dato al loro antico pastore e che ha trovato espressione nelle parole pronunciate dall’arcivescovo emerito, cardinale Dionigi Tettamanzi al termine della messa funebre: «Noi ti abbiamo amato, noi ti amiamo, noi ci uniamo ora al tuo canto di lode. Continua a intercedere per tutti noi». Al ricordo del cardinale Martini il nostro giornale (ndr. L'OSSERVATORE ROMANO) dedica oggi un'intera pagina. Insieme con il testo integrale del saluto del cardinale Tettamanzi, è riportata l'intervista del vescovo di Pavia, monsignor Giovanni Giudici, che ricorda gli ultimi anni del porporato e il suo soggiorno a Gerusalemme. Il cordoglio della comunità ebraica è espressa nelle parole di Carla Foa e di Enzo Gattegna. La pagina si chiude con l'omelia del padre provinciale d'Italia della Compagnia di Gesù, Carlo Casalone, pronunciata il 2 settembre nella chiesa del Gesù a Roma.
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