Siamo, Padre, davanti a te
all'inizio di questo Avvento.
E siamo davanti a te insieme,
in rappresentanza anche
di tutti i nostri fratelli e sorelle
di ogni parte del mondo.
In particolare delle persone che conosciamo;
per loro e con loro, Signore,
noi ti preghiamo.
Noi sappiamo che ogni anno si ricomincia
e questo ricominciare
per alcuni è facile, è bello, è entusiasmante,
per altri è difficile,
è pieno di paure, di terrore.
Pensiamo a come si inizia questo Avvento
nei luoghi della grande povertà,
della grande miseria;
con quanta paura la gente guarda
al tempo che viene.
O Signore, noi ci uniamo a tutti loro;
ti offriamo la gioia che tu ci dai di incominciarlo,
ti offriamo anche la fatica,
il peso che possiamo sentire nel cominciarlo.
Questo tempo che inizia nel tuo nome santo,
vissuto sotto la potenza dello Spirito,
sia accoglienza della tua Parola.
Te lo chiediamo per Gesù Cristo,
tua Parola vivente che viene in me zzo a noi
e viva qui,
insieme con Maria, Madre del tuo Figlio,
che con lo Spirito Santo e con te
vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.
(Cfr Carlo Maria Martini in: Quotidianità luogo di Dio, Paoline 2006)
Andiamo fino
a Betlemme. Il viaggio è lungo, lo so.
Molto più lungo di quanto non sia stato per i pastori. Ai quali bastò
abbassarsi sulle orecchie avvampate dalla brace il copricapo di lana,
allacciarsi alle gambe i velli di pecora, impugnare il bastone, e
scendere giù per le gole di Giudea, lungo i sentieri profumati di
menta. Per noi ci vuole molto di
più che una mezz’ora di strada. Dobbiamo
valicare il pendio di una civiltà che, pur qualificandosi cristiana,
stenta a trovare l'antico sentiero che la congiunge alla sua
ricchissima sorgente: la capanna povera di Gesù.
Andiamo fino a
Betlemme. Il viaggio è faticoso, lo so. Molto più faticoso di
quanto sia stato per i pastori. I quali, in fondo, non dovettero
lasciare altro che le ceneri del bivacco, le pecore ruminanti tra i
dirupi dei monti, e la sonnolenza delle nenie accordate sui rozzi
flauti d'Oriente. Noi, invece, dobbiamo
abbandonare i recinti di
cento sicurezze, i calcoli smaliziati della nostra sufficienza, le
lusinghe di raffinatissimi patrimoni culturali, la superbia delle
nostre conquiste... per andare a trovare che? «Un bambino avvolto in
fasce, che giace in una mangiatoia».
Andiamo fino a
Betlemme. Il viaggio è difficile, lo so. Molto più difficile di
quanto sia stato per i pastori. Ai quali, perché si mettessero in
cammino, bastarono il canto delle schiere celesti e la luce da cui
furono avvolti. Per noi, disperatamente
in cerca di pace,
ma disorientati da sussurri e grida che annunziano salvatori da tutte
le parti, e costretti ad avanzare a tentoni dentro infiniti egoismi,
ogni passo verso Betlemme sembra un salto nel buio.
Andiamo fino a
Betlemme. È un viaggio lungo, faticoso, difficile, lo so. Ma questo, che dobbiamo
compiere “all'indietro”, è l'unico viaggio che può farci andare
“avanti” sulla strada della felicità. Quella felicità che stiamo
inseguendo da una vita, e che cerchiamo di tradurre col linguaggio dei
presepi, in cui la limpidezza dei ruscelli, o il verde intenso del
muschio, o i fiocchi di neve sugli abeti sono divenuti frammenti
simbolici che imprigionano non si sa bene se le nostre nostalgie di
trasparenze perdute, o i sogni di un futuro riscattato dall'ipoteca
della morte.
Andiamo
fino a Betlemme, come i pastori. L'importante è muoversi. Per Gesù Cristo vale la
pena lasciare tutto: ve lo assicuro. E se, invece di un Dio glorioso,
ci imbattiamo nella fragilità di un bambino, con tutte le connotazioni
della miseria, non ci venga il dubbio di aver sbagliato percorso.
Perché, da quella notte, le fasce della debolezza e la mangiatoia della
povertà sono divenuti i simboli nuovi della onnipotenza di Dio. Anzi, da quel Natale, il
volto spaurito degli oppressi, le membra dei sofferenti, la solitudine
degli infelici, l'amarezza di tutti gli ultimi della terra, sono
divenuti il luogo dove Egli continua a vivere in clandestinità. A noi
il compito di cercarlo. E saremo beati se sapremo riconoscere il
tempo della sua visita.
Mettiamoci in
cammino, senza paura. Il Natale di quest'anno
ci farà trovare Gesù e, con Lui, il bandolo della nostra esistenza
redenta, la festa di vivere, il gusto dell'essenziale, il sapore delle
cose semplici, la fontana della pace, la gioia del dialogo, il piacere
della collaborazione, la voglia dell'impegno storico, lo stupore della
vera libertà, la tenerezza della preghiera. Allora, finalmente, non
solo il cielo dei nostri presepi, ma anche quello della nostra anima
sarà libero di smog, privo di segni di morte e illuminato di
stelle. E dal nostro
cuore, non più pietrificato dalle delusioni, strariperà la speranza.
don
Tonino Bello
Il
tempo di Avvento ci infonde speranza, una speranza che non delude.
Il Signore non delude mai. (Papa
Francesco - tweet 04/12/2014)
...
Povertà, semplicità, gioia: sono parole semplicissime, elementari, ma
di cui abbiamo paura e quasi vergogna. Ci sembra che la gioia perfetta
non vada bene, perché sono sempre tante
le cose per cui preoccuparsi, sono tante le situazioni sbagliate,
ingiuste. Come potremmo di fronte a ciò godere di vera gioia? Ma anche
la semplicità non va bene, perché sono anche tante le cose di cui
diffidare, le cose complicate, difficili da capire, sono tanti gli
enigmi della vita: come potremmo di fronte a tutto ciò godere del
dono della semplicità? E la povertà non è forse una condizione da
combattere e da estirpare dalla terra?
Ma gioia profonda non vuol dire non condividere il dolore per
l'ingiustizia, per la fame del mondo, per le tante sofferenze delle
persone. Vuol dire semplicemente fidarsi di Dio, sapere che
Dio sa tutte queste cose, che ha cura di noi e che susciterà in noi e
negli altri quei doni che la storia richiede. Ed è così che nasce lo
spirito di povertà: nel fidarsi in tutto di Dio. In Lui noi possiamo
godere di una gioia piena, perché abbiamo toccato il Verbo della vita
che risana da ogni malattia, povertà, ingiustizia, morte....
... Io sono
persuaso che l’Avvento è il tempo liturgico oggi meno compreso nel suo
valore e nel suo significato. Lo si è ridotto a tempo di preparazione
alla festa del Natale. Che tristezza! Non si comprende che l’Avvento è
la chiave di tutto l’anno liturgico: l’escatologia è la verità
dimenticata dell’intero anno liturgico. L’Avvento è la chiave per
comprendere la celebrazione delle feste della manifestazione del
Signore nella carne: i fatti che hanno immediatamente preceduto la
nascita di Gesù Cristo, la sua nascita a Betlemme, la manifestazione ai
Magi, il battesimo nel Giordano fino alle nozze di Cana. Capiti nella
loro intelligenza spirituale, i testi liturgici dell’Avvento esprimo
non l’attesa di una nascita già avvenuta nella storia una volta per
tutte, quanto piuttosto l’attesa della definitiva venuta di Cristo
nella gloria...
... La
sua umiltà ce la fa sentire vicina, non irraggiungibile, in Lei,
creatura come noi, nelle varie circostanze non vediamo solo la mamma,
ma anche la sorella, l’amica, il modello… Lei è sempre lì, disponibile,
pronta ad accogliere, a comprendere ogni nostro dolore, ogni
preoccupazione, ogni gioia, ogni speranza.. tutto sappiamo che può
essere da Lei condiviso e questa consapevolezza ci fa sentire meno soli
e può infonderci il coraggio di lottare, di andare avanti anche nei
momenti più bui… Con lo
sguardo rivolto a Lei, Donna libera da ogni pregiudizio, da ogni paura,
da ogni condizionamento, possiamo sentirci più forti e fiduciosi di
poter realizzare, seguendo il suo esempio e accompagnati dal suo
amorevole sguardo, il progetto che anche per noi il Signore ha da
sempre pensato.
Dietro
le errate precomprensioni c’è sempre l’ignoranza. Non basta però
fermarsi a questa prima constatazione. Spesso occorre spingersi più in
là e domandarsi perché la non conoscenza si addensa proprio su
quell’argomento e non su un altro. L’«immacolata concezione» è un
esempio lampante di questa situazione. La maggior parte delle persone
ritiene che essa riguardi il concepimento verginale da parte di Maria e
non già il suo essere nata senza peccato originale. Ciò non dipende
certo dal fatto che la liturgia proponga come vangelo il racconto
dell’annunciazione (Lc 1,26-38). Le ragioni sono altre. Tra esse
primeggiano, da un lato, la convinzione di lungo periodo che
attribuisce al cattolicesimo una visione solamente funzionale alla
sessualità e, dall’altro, la difficoltà di dar credito alla visione
dogmatica che sta dietro a questa solennità. In altre parole, alle
spalle del comune fraintendimento vi sono all’opera vecchi residui e
nuove difficoltà...
... Dio ascolta ieri come oggi l’invocazione umana e si fa gradualmente
presente, fino a scavalcare i segni e i sogni umani, diventando tenera
carne di bambino. La stessa sostanza degli uomini, le stesse tappe
della vita (bambino, adolescente, adulto), lo stesso sudore, lo stesso
lavorare, lo stesso camminare, lo stesso morire. Il profano non viene
ricacciato in un angolo, ma pienamente assunto e trasformato e per
questo reso abitabile come luogo del sacro e del santo, senza esserne
separato. Se Dio nella sua umanità ha fatto il falegname per trenta
anni, la nostra umanità può essere pienamente divina nel quotidiano
lavoro. La garanzia sono proprio quei segni "mortali" che non
spariscono nel corpo glorioso del risorto e che il Tommaso che c’è in
noi deve verificare...
... "Digiuniamo - dice
il patriarca - per la liberazione di Mosul e dei
villaggi della piana di Ninive, perché la pace e la sicurezza tornino
in queste zone, e tutti possano rientrare nelle loro case, ai
loro lavori e alle loro scuole. Ricordiamo ciò Cristo ha detto: 'Questa
razza di demoni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno'
(Mt 17, 21). Siamo sicuri che la nascita di Cristo, che ha condiviso la
nostra storia personale e quella dell'umanità, ascolterà la nostra
preghiera e accetterà il nostro digiuno e realizzerà la nostra speranza
e il nostro desiderio di tornare alle nostre case e vivere la nostra
vita normale come era prima"...
La certezza della
speranza cristiana supera ogni passione e ogni conoscenza. Per questo
dobbiamo attenderci a volte che la nostra speranza venga a trovarsi in
conflitto con l'oscurità, con la disperazione e con l'ignoranza. Per
questo, ancora, dobbiamo ricordarci che l'ottimismo cristiano non è un
senso di perenne euforia, un conforto indefettibile in presenza del
quale non possa mai esistere né angoscia né tragedia. Non dobbiamo
lottare per mantenere un clima di ottimismo con la semplice
soppressione delle realtà tragiche. L'ottimismo cristiano consiste
nella speranza della vittoria che trascende ogni tragedia: una vittoria
nella quale noi passiamo oltre la tragedia per giungere alla gloria col
Cristo crocifisso e risorto.È importante ricordare
la profonda e in qualche modo angosciosa serietà
dell'Avvento, quando la nostra cultura di mercato si armonizza troppo
facilmente con la tendenza a considerare il Natale, consciamente o no,
come un ritorno alla nostra infanzia e innocenza. L'Avvento dovrebbe
ricordarci che il « re che sta per venire » è ben più di un bambinello
grazioso che sorride (o, per chi preferisce una spiritualità dolorosa,
che piange) sulla paglia. Non v'è certamente nulla di sbagliato nelle
tradizionali gioie di famiglia del Natale, né dobbiamo vergognarci di
essere ancora capaci di anticipare tali gioie senza troppe
contraddizioni...
«Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»
È
inquietante questa domanda di Gesù nel vangelo di Luca (18,8). Sembra
spiazzare ogni falsa sicurezza nel cuore di chi crede. È un invito a
non dare nulla per scontato nel nostro rapporto con Dio, a viverlo,
anzi, com'è in ogni vero rapporto d'amore, nel rischio della libertà e
nella novità da conquistare ogni giorno. È una sfida a evitare la
caduta nell'abitudinario per riscoprire la bellezza dell'incontro, la
radicalità del legame che unisce cuore a cuore e l'attesa sempre nuova
che lo caratterizza. Protagonisti di questo incontro siamo noi, col
nostro cuore inquieto, e il Dio che non ha esitato a farsi uomo per
farci sentire il Suo amore appassionato, la Sua prossimità alle fatiche
nella nostra condizione mortale e all'audacia dell'amore, che accetta
di giocarsi sull'eterno nella fragilità del tempo. È in questo rischio
che sta la bellezza della fede: ed è solo accettando di correrlo che si
può anche sperimentare lo spalancarsi dell'abisso divino, l'abbraccio
benedicente che risponde alla nostra invocazione e alla resa della
nostra ricerca.
Con
tanti di voi condividiamo la complessità e la gravità della crisi in
atto, non solo economica con la drammatica mancanza di lavoro, ma
di idealità, di riferimenti significativi, di persone e di luoghi
accoglienti e incoraggianti.
In questa situazione avvertiamo importanti e necessari l’analisi,
l’informazione veritiera, la riflessione, l’attenzione e la cura
della profondità dell’anima. Ci pare che non siano di alcun aiuto,
ma anzi provochino ulteriore impoverimento le semplificazioni, le frasi
fatte, i luoghi comuni, il conformismo, la superficialità, spesso
supportati dalla presunzione e dall’arroganza di parole, di
atteggiamenti, di decisioni.
Le dimensioni personali si intrecciano con quelle istituzionali e
politiche nelle comunità locali e su scala planetaria; dal cuore
emerge in noi l’esigenza della compassione: in noi stessi, nella
Chiesa, nella società tutta; senza questa vibrazione dell’essere che
accoglie, ascolta e condivide le sofferenze, le inquietudini, le
paure, gli interrogativi dell’altro non ci può essere né presente,
né futuro umano perché prevalgono l’indifferenza, l’esclusione, la
cultura e la pratica dello scarto. Senza la compassione, la
misericordia, la tenerezza, la gratuità, l’umanità non potrà
salvarsi...
A
settembre ho avuto la fortuna di guardare l’Adorazione dei pastori di
El Greco a Madrid... El Greco, in una sintesi originale degli apporti
pittorici del suo secolo, che scavalcò per insediarsi nel tempo della
bellezza, aveva scoperto che gli uomini sono fiamme. Da quando Dio si è
incarnato il loro corpo si allunga – come le sue tele (che faceva
preparare ad hoc) – verso l’alto come se da un momento all’altro quel
corpo potesse fiondarsi, seguendo la vera forza di gravità, nel suo
centro di gravitazione: Dio...
Viene
il Natale a ricordarci che Dio è in basso, la ricchezza nella povertà,
la luce nella notte, l'aiuto nell'abbandono (D. Bonhoeffer).
Viene
il Natale per insegnarci che “Gesù non è la risposta alle nostre
attese, Gesù è la sovversione delle nostre domande” (Lilia Sebastiani).
I
ricchi che si sentono sicuri e non sentono il bisogno di nulla, non
sanno che farsene di questo Dio-con-noi, e questo Dio non ha nulla da
dare a chi ha già le mani piene di cose cui ha affidato un'illusoria
sicurezza e un'effimera felicità.
Da
poi che Egli ha messo le tende tra di noi non dobbiamo cercarne altre.
Forse dovremmo reimparare a parlare il linguaggio dell’Amore, secondo
il suo alfabeto.
ora che di nuovo nasci bambino sulla terra, ti voglio avvisare: non nascere nella cristiana Europa: potresti finire solo solo davanti alla Tv, a mangiare pop corn e merendine e saresti educato ad essere competitivo, un uomo di potere e di successo; tu che sei l'Agnello mite del servizio, non nascere nel cristiano Nord America: si sta così bene che ti verrebbe spontaneo credere di essere superiore agli altri bambini, e poi impareresti che il tempo è denaro, che tutto può essere ridotto a business, anche la natura, che ogni uomo "ha un prezzo" e che tutti possono essere comprati e corrotti...
COMMENTI AL VANGELO
I domenica di AVVENTO
anno B 30-11-2014
Is 63,16-17.19;
64,2-7 Salmo
79 1Cor
1,3-9 Mc 13,33-37
P. Gregorio Battaglia Fraternità Carmelitana di Barcellona Pozzo di
Gotto Omelia
(video)
...
La speranza si apre lì dove c'è qualcuno che è capace di un gesto di
fraternità, un gesto di amore... e la storia può ripartire lì dove c'è
un cristiano che sa porre questi piccoli segni in obbedienza a Lui, Lui
la luce, Lui la forza, Lui quello che ci dà un'orientamento... Il
Signore ci conceda di poter continuare a sperare, a soffrire e ad amare
in Lui, per Lui e con Lui!
"Quello
che dico a voi lo dico a tutti: vigilate !" Per
ben tre volte nella pericope è presente il verbo vigilare
(gregorein), come un pressante invito da parte di Gesù alla
comunità
dei discepoli - di allora e di oggi - a tenere gli occhi ben aperti per
saper discernere gli avvenimenti della storia, perché non ci
lasciamo
contagiare dalla mentalità diabolica di questo mondo, veleno che ci
narcotizza e ci impedisce di guardare e vivere la vita con lo stesso
sguardo e cuore di Dio. "Guardate (blépete); Non dormite
(agripnéite);
Vigilate (gregoréite) !" Tre
verbi differenti dal significato simile in appena cinque versetti,
utilizzati dall'evangelista proprio con l'intento di richiamare
l'attenzione di tutti i credenti di ogni tempo e luogo ad una vigilanza
attenta, ad un impegno maturo e ad una fedeltà responsabile.
Accade
un po’ a tutti credo, di sognare se non un tempo di letargo, almeno un
attimo di tregua in cui poter dire la parola “stop”. E, invece, è
sempre il momento di ricominciare. Quante volte vorremmo fermare questa
giostra che è il nostro mondo! Quante volte vorremmo bloccare il tempo
poiché viviamo giornate interminabili! Quante volte cogliamo la nostra
esistenza come un magazzino pieno di ogni cosa in cui a fatica
riusciamo a farci largo perché nuova merce è sempre in arrivo e noi più
non riusciamo a smistare ciò che è da tenere e ciò che è da lasciar
andare! Quante volte ci sentiamo letteralmente sommersi da emozioni,
sentimenti contrastanti che misurano tutta la nostra incapacità e
impossibilità a far fronte a ciò che di nuovo già incalza! Vorremmo
gridare: basta! E dormire. E,
invece, siamo nuovamente incalzati dalla Parola di Dio. Perché mai?...
**********
Alberto
Maggi Commento
(video)
Il capitolo 13 del
vangelo di Marco è indubbiamente il più difficile e complesso di tutto
il suo vangelo. Ne è cosciente lo stesso
evangelista che proprio al versetto 14 scrive “che il lettore
comprenda”, perché sa che sta dicendo
qualcosa di molto complesso. A complicare
il quadro ci sono le scelte incomprensibili dei liturgisti che, per
esempio, nel brano di oggi mutilano il versetto
iniziale, quello che aiuta nella comprensione di tutto il brano.
Pertanto leggiamo il capitolo 13 del vangelo
di Marco, ma iniziamo dal versetto 32, che è stato omesso dai
liturgisti...
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II domenica di AVVENTO
anno B 7-12-2014
Is 40,1-5.9-11
Salmo 84 2Pt
3,8-14
Mc 1,1-8
P. Alberto Neglia Fraternità
Carmelitana di Barcellona Pozzo di
Gotto Omelia
(video)
Dobbiamo
certamente essere molto grati al Signore perché quando si rivolge a noi
si manifesta con un volto di benevolenza e di misericordia in modo
particolare in questo periodo di Avvento in cui siamo in attesa di
contemplare il Suo Volto...
Dio è Padre, è Madre per ognuno di noi e ci consola, ci accarezza, si
prende cura, ci accompagna e Dio è anche innamorato di ognuno di noi, è
lo sposo che cerca la sua sposa anche quando si allontana, è infedele,
Dio ci viene sempre a cercare non per punirci, ma per rinnovare il
nostro cuore...
"Principio
della Buona Notizia di Gesù Messia, Figlio di Dio".
L'evangelista Marco, all'inizio della sua opera, proclama che il
gioioso annuncio di cui parla nella sua opera è l'Uomo Gesù Messia,
Figlio di Dio. Nel titolo stesso egli specifica che questo sta
come 'Principio/Archè', che non ha solamente il significato di
inizio, di origine delle prime parole del suo Vangelo, bensì che in
queste prime parole è contenuta la sintesi del messaggio che egli
svilupperà nei capitoli seguenti. Come nel libro della
Genesi (1,1), nel Vangelo di Luca (1,2) e in quello di
Giovanni (1,1), anche nel Vangelo di Marco si comincia
dal 'Principio' (Bereshit), cioè 'a fondamento' della fede, come
fonte della conoscenza del Signore Gesù per la nostra vita di
cristiani...
Presi
per mano da Mc, abbiamo accolto l’invito ad essere vigilanti in attesa
del ritorno di quel padrone che ha affidato a ciascuno un compito.
L’attesa, però, è logorante; non poche volte ha perso il suo mordente
tanto da farci ripiegare al piccolo cabotaggio di giornate in cui
finiamo per vivere di scampoli. Ci ritroviamo a tirare a campare senza
più un orizzonte, senza più qualcosa che motivi la fatica delle nostre
giornate. Per questo torna ogni anno l’Avvento: a ricordarci
l’importanza dell’imparare a non vivere ripiegati, ad alzare lo sguardo
per riconoscere l’incessante visita di Dio nella nostra vita. Certo,
chi di noi non ha mai fatto l’esperienza del deserto? Quante volte
abbiamo conosciuto l’esperienza del vagabondare o la condizione di
isolamento. Quante volte abbiamo toccato con mano l’esaurirsi di ciò
che di più necessario abbisogniamo per vivere. La vita di ogni uomo è
terribilmente segnata dalla precarietà, dal limite, dall’inconsistenza
di tanti progetti e dal rincorrere tante illusioni. Fragilità e
debolezza accompagnano la maggior parte delle nostre giornate quando
misuriamo con mano la vacuità di tanti miraggi che pure ci hanno
sedotti. Proprio questa situazione rimanda a noi la domanda di senso:
perché mai il rincorrersi di tante esperienze se non per dare un corpo
a ciò che di più vero desideriamo?...
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Alberto
Maggi Commento
(video)
Leggiamo e commentiamo
i primi otto versetti del vangelo di Marco, che inizia con queste
parole: Inizio della buona notizia …
sappiamo che il termine vangelo significa infatti buona notizia. E’ una
buona notizia
che è già conosciuta. L’evangelista non si rivolge a persone che ancora
non conoscono la novità di Gesù, ma a persone che
già la vivono. E Marco intende narrare quale è stata l’origine. Allora perché la chiama
buona notizia?
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Immacolata Concezione
della Beata Vergine Maria 8-12-2014
Gn 3,9-15.20
Salmo 97 Ef
1,3-6.11-12
Lc 1,26-38
P. Alberto Neglia Fraternità
Carmelitana di Barcellona Pozzo di
Gotto Omelia
(video)
...Io
credo che sia bello che in questo periodo di Avvento ci sia questa
festa solenne della Beata Vergine Maria perché ci fa comprendere meglio
quello che deve avvenire in noi se attendiamo il Signore Gesù e se lo
accogliamo; perché... Maria è simbolo e anticipazione di quello che
deve avvenire nella vita di tutta la Chiesa e nella vita di ognuno di
noi. Come Maria... di fronte a questa benevolenza di Dio, a questo
abbraccio di Dio è stata disponibile e da Lei è nato il Figlio di
Dio... anche noi, se siamo disponibili a Dio e accogliamo la presenza
sua nella nostra vita, anche noi siamo chiamati a diventare figli
amati...
**********
Alberto
Maggi L'ottimismo di Maria
...
Maria viene presentata dagli evangelisti come il segno tangibile di
quel che Dio può realizzare con ogni creatura che non metta ostacoli
alla potenza del suo amore e si lasci colmare dal suo Spirito.
L’Immacolata è il sigillo dell'ottimismo di Dio sull'umanità, il segno
di quanto stimi l'uomo, di come abbia bisogno di ogni persona per
portare a compimento la sua creazione ed essere Padre per tutti gli
uomini (2 Cor 6,18)...
...
Maria ci ricorda, quest’oggi, che la nostra verità non è l’affrancarsi
capriccioso dalla relaizone con Dio. La verità dell’uomo non è il suo
limite o il male di cui è responsabile, ma ciò che di nuovo Dio vuol
fare con ciascuno di noi, per grazia.
“Dove sei?”, chiede Dio. “Nel tuo amore e nella tua amicizia”,
risponde l’uomo.
**********
III domenica di AVVENTO
anno B 14-12-2014 Is
61,1-2a.10-11
Lc 1 1Ts 5,16-24
Gv 1,6-8.19-28
P. Aurelio Antista Fraternità
Carmelitana di Barcellona Pozzo di
Gotto Omelia
(video)
Questa
terza domenica di Avvento ha per la tradizione della Chiesa una
connotazione particolare, è chiamata "Domenica gaudete" siamo invitati
cioè a gioire e il motivo di questa gioia è il fatto che il Signore
viene, il Signore si fa vicino, il Signore ci visita.
I brani della Parola di Dio che abbiamo ascoltato rimarcano questo
ritornello, questo invito alla gioia...
Forse è difficile in tanti momenti della nostra vita nutrire e
alimentare questa gioia... eppure a noi Cristiani è detto "gioite"
perché non siete soli... questo è il motivo della nostra speranza,
questo è il motivo della nostra gioia, nelle traversie della vita; nei
momenti sereni o difficili una cosa è certa per fede, una cosa noi
crediamo profondamente: non siamo soli, il Signore ci sta accanto, il
Signore ci consola, il Signore è con noi, il Signore ci sostiene, il
Signore ci accompagna...
"Giovanni
Battista è l'uomo dell'ascolto, l'uomo che si lascia interrogare,
spogliare, scarnificare dalla Parola che tutto e tutti vuole
coinvolgere nel suo grande progetto d'amore. E dall'ascolto obbediente
di questa Parola prende origine il suo apostolato, il suo essere
inviato al suo popolo perché renda "testimonianza alla Luce" che è
Gesù, vita del mondo e Luce che illumina ogni uomo. Ma
si sa, i profeti di Dio - quelli di ieri come quelli di oggi - non
hanno mai vita facile con le autorità religiose, e ogni qualvolta ne
appare uno, ecco subito una occasione di conflitto con le sacre
gerarchie che, anziché accogliere l'inviato di Dio, tentano
immediatamente di fermarlo...
Quasi
alle porte del Natale, la Liturgia ci mette dinanzi come una sorta di
apripista, la figura di Giovanni il Battista. E il motivo credo lo si
possa scorgere nel fatto che la venuta del Signore definisce l’identità
e la vita del Battista come dovrebbe definire quella di ogni uomo. Il
vangelo di Gv è costruito come una sorta di grande processo, con
interrogatori e risposte. E il brano di oggi ne è un esempio. In questo
processo i personaggi del dramma sono vari. Da una parte i protagonisti
e dall’altra gli antagonisti della Parola: da una parte Giovanni e Gesù
e dall’altra il potere dominante, avversario della Parola. Un processo
che inizia qui col Battista e che continuerà contro Gesù e poi contro i
suoi discepoli. In
questo processo Giovanni è il testimone...
**********
Alberto
Maggi Commento
(video)
“Venne
un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni”. Con questa bella
immagine tratta dal prologo del Vangelo di Giovanni, si apre il vangelo
di questa domenica. Essendo il progetto di Dio rivolto all’uomo il
Signore sceglie un uomo per manifestarlo. Non un esponente della casta
sacerdotale, né dell’élite religiosa.
Luoghi e persone religiose sono impermeabili all’azione dello Spirito.
Il suo nome era Giovanni. Giovanni, in ebraico Yohan, significa Jahvè,
il Signore è misericordia. Egli venne come testimone per dare
testimonianza alla luce, perché tutti … il messaggio di Dio è
universale, abbraccia tutta l’umanità … credessero per mezzo di lui.
**********
IV domenica di AVVENTO
anno B 21-12-2014 2Sam
7,1-5.8-12.14.16
Sal 88 Rm 16,25-27
Lc 1,26-38
P. Gregorio Battaglia Fraternità
Carmelitana di Barcellona Pozzo di
Gotto Omelia
(video)
Siamo alla quarta
domenica di Avvento e in questa domenica tutto è incentrato sul canto,
sulla lode. Nel
salmo responsoriale abbiamo ripetuto "Canterò per sempre l'amore del
Signore" e questo canto è motivato non perché non abbiamo più
difficoltà, non perché la crisi è finita possiamo gioire, no, il canto
è motivato dal fatto che il Signore ci viene incontro, il Signore si fa
compagno nostro. La
Parola che Maria riceve all'annuncio
dell'angelo è una parola che noi sentiamo all'inizio di ogni
celebrazione eucaristica, non c'è più il tono di una volta che era
bello in latino, in italiano è tradotto e quindi lo avvertiamo di meno:
"Il Signore è con voi" "Dominus vobiscum" sono le parole che l'angelo
dice a Maria: "Il Signore è con te". Il Signore è con te, il Signore è
con me, con me, povera creatura, con me che vivo la crisi, con me che
vivo la fatica anche di portare avanti la giornata, con me, il motivo
della gioia è strettamente legato a questo...
La fede
nel Dio di Gesù Cristo porta nel suo cuore ed ha come principio e fine
l'incarnazione della Parola. Il "sì" di
Maria è lo scopo per cui Dio ha creato l'universo, è l'incontro che ha
atteso dall'eternità, l'istante in vista del quale ebbe inizio il
tempo, il premio del suo lavoro, il coronamento del suo sogno d'amore
per l'umanità.
Mancano
pochi giorni al Natale. Presi per mano dalla Parola di Dio, veniamo
accompagnati nell’individuare la prospettiva giusta da cui guardare a
quanto sta per accadere. Tutto è nell’ordine della destabilizzazione e
del non ovvio.
Se Dio è abitato da un unico grande desiderio – accompagnare i passi
dell’uomo con una sollecitudine che diventa memoria viva di come egli
sia fedele a quanto ha promesso – Davide, invece, è preso dal proposito
di dare una degna sistemazione anche a Dio. La casa… termine altamente
evocativo: accasarsi, il sogno di tanti… Costruire, risiedere,
cristallizzare: ecco i verbi dell’uomo. Camminare, camminare,
camminare: ecco il verbo di Dio...
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Alberto
Maggi Commento
(video)
Nulla
è impossibile a Dio. E’ con queste parole che si chiude l’episodio
dell’annunciazione dell’angelo Gabriele a Maria. Perché nulla sia
impossibile a Dio si esige l’ascolto della sua parola, fidarsi di
questa e poi ci vuole l’azione. L’evangelista chiude con questa
assicurazione – che nulla è impossibile a Dio –l’episodio dell’annunciazione perché veramente la strada è tutta in salita...
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NATALE DEL SIGNORE
Messa della Notte 24/25-12-2014 Is 9,1-6
Sal 95 Tt 2,11-14
Lc 2,1-14
NATALE DEL SIGNORE
Messa del Giorno 25-12-2014 Is 62,11-12
Sal 96 Tt 3,4-7
Lc 2,15-20
Santa Famiglia di Gesù,
Maria e Giuseppe 28-12-2014 Gen 15,1-6;
21,1-3
Sal 104 Eb
11,8.11-12.12,17-19
Lc 2,22-40
Maria Santissima Madre
di Dio 1-1-2015 Nm 6,22-27
Sal 66 Gl 4,4-7
Lc 2,16-21
II domenica dopo NATALE 4-1-2015 Sir 24,1-4,12-16
Sal 147 Ef 1,3-6,15-18
Gv 1,1-18
Epifania del Signore 6-1-2015 Is 60,1-6
Sal 71 Ef 3,2-3a.5-6
Mt 2,1-12
Battesimo del Signore 11-1-2015 Is 55,1-11
Cant. Is 12,2.4-5 1Gv
5,1-9
Mc 1,7-11