"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°16 del 2014

Aggiornamento della settimana

- dal 12 al 18 aprile 2014 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 25 aprile 2014          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

    di P. Gregorio Battaglia
  di P. Aurelio Antista
    di P. Alberto Neglia


PREGHIERA DEI FEDELI

 
N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 








 

«Pasqua, festa che ci riscatta dal nostro passato! Allora, Coraggio! Non temete! Non c'è scetticismo che possa attenuare l'esplosione dell'annuncio: "le cose vecchie sono passate: ecco ne sono nate nuove". Cambiare è possibile. Per tutti. Non c'è tristezza antica che tenga. Non ci sono squame di vecchi fermenti che possano resistere all'urto della grazia... AUGURI! »
(Don Tonino Bello)





I NOSTRI TEMPI


  (GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)



A tre anni dalla morte di Vittorio Arrigoni


A tre anni dalla morte di Vittorio Arrigoni
di don Giorgio De Capitani

Certo, non dobbiamo aspettare gli anniversari per ricordare coloro che, senza alcuna bandiera politica o religiosa, accomunati solo da grandi ideali che hanno un identico nome: Umanità, hanno dato la loro vita, sapendo i rischi e affrontandoli giorno dopo giorno, per far valere ciò che è giusto per ogni essere umano, indipendentemente dalla razza o dalle credenze religiose. E questi esseri umani da difendere non hanno quei diritti che solo la forza fa prevalere sui più deboli. Ha ragione Simone Weil: i diritti sono dei più forti, e solo con la violenza costoro ottengono ciò che vogliono. La parola diritto andrebbe sostituita con la parola dovere, se intendiamo ciò che è giusto per l’essere umano. Un discorso da dare, ma che ci porterebbe lontano, tanto lontano quanto è la concezione che ancora oggi si ha di diritto e di dovere.
La sera del 14 aprile 2011 Vittorio Arrigoni, originario di Bulciago (Lecco), veniva rapito a Gaza, in Palestina, e la notte tra il 14 e il 15 veniva ucciso. Non voglio entrare nella intricata questione del rapimento: chi l’ha rapito e poi ucciso e per quali motivi? Forse una ragione c’è e, conoscendo i veri moventi interiori di Vittorio per il suo ostinato e indefesso impegno per la causa palestinese e non solo palestinese, non ho timore a dire che, come solitamente capita a chi difende la giustizia, ma senza dividerla ideologicamente, egli si è trovato come tra due o più fuochi, anche all’interno dei sostenitori della causa palestinese. La rabbia porta alla cecità, e la cecità conduce alla violenza fine a se stessa. Gli estremismi non hanno mai portato qualcosa di buono. Anzi, fanno sì che chi ha ragione passi dalla parte del torto. Ed è qui, in questo gioco perverso di chi vuole prevaricare sulla giustizia e di chi si ribella senza sapere che cos’è la giustizia, che i giusti – nel senso più genuino e più nobile del termine giusto – la pagano caramente, perseguitati dai primi, gli oppressori, e vituperati dai secondi, gli oppressi. 
...
Certo, per me, davanti al computer di casa, lontano dai pericoli, è facile scrivere queste cose, tuttavia sarebbe anche facile scrivere il contrario; ma lottare sul posto, agire ogni giorno tra gente disperata, senza saper distinguere con chiarezza i torti e le ragioni degli uni e degli altri – i caporioni se ne stanno nei palazzi ben protetti e mandano in avanguardia dei poveri cristi, addestrati a non pensare – diventa un dramma interiore per chi ama la giustizia, ma ha davanti a sé bambini che piangono e muoiono sotto le bombe o poveracci costretti dalla fame a dover affrontare pericoli d’ogni genere. Il rischio c’è che si perda la lucidità di giudizio.
Dire, come solitamente si dice di ogni eroe, che Vittorio Arrigoni è stato un ragazzo coraggioso a cui piacevano i rischi, e che rifletteva tanto quanto bastava a scegliere il da farsi per difendere questo o quello, non mi pare rispettoso del suo animo interiore.
Se è vero che lui ha scelto concretamente di stare da una parte, quella palestinese, lo ha fatto perché per lui i palestinesi in quel momento erano i più deboli, martoriati dalla prepotenza d’Israele, ma il suo vero dramma, oltre a vedere la sofferenza fisica e morale di una popolazione ridotta agli estremi, è stato anche quello di capire le vere ragioni della giustizia, che tradotta in poche parole significa: come uscire dal cerchio maledetto, senza doversi ammazzare a vicenda, e senza prevaricare oggi in un modo e domani in un altro.
Credo che Vittorio Arrigoni riflettesse seriamente su queste cose. Come se la prendeva per i soprusi da parte d’Israele, così se la prendeva anche nel vedere che il suo popolo palestinese non era difeso nel modo “giusto”. Vedeva, e soffriva nel constatare ogni giorno quanto i capi fossero anch’essi corrotti e lontani dai nobili ideali di Umanità.
...
A rimetterci è sempre la giustizia, e se i giusti stanno dalla parte dei più deboli, lo fanno con la speranza che un domani non diventino come i più forti di oggi.
Carissimo Vittorio, il mio ricordo è questo vivo desiderio: che la tua tragica morte non sia stata inutile e che ci stimoli sempre a riflettere sulla vera giustizia, in nome della quale si è liberi di agire, di lottare e di soffrire al di là di ogni fazione politica o religiosa. Che cosa è giusto? Che cosa non è giusto? Che cos’è il diritto e che cos’è il dovere? Forse neppure tu avevi risposte chiare, ma sta proprio qui la tua grandezza d’animo come di chi cerca, lotta, soffre tra dubbi e qualche certezza, senza farne una questione solo teorica, ma guardando in faccia ogni giorno la realtà. Ogni ferita del corpo è una ferita dell’anima. L’anima si guarisce guardando oltre, là dove l’Umanità affratella, armonizzando diritti e doveri, con una sola parola: Amore.

   A tre anni dalla morte di Vittorio Arrigoni

   video

Vedi anche il nostro precedente post:

   Per ricordare la vita e la morte di Vittorio Arrigoni, un ragazzo che non si stancava mai di ripetere il suo credo: restiamo umani. (all'interno i link ad altri post precedenti)


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 SEGNALATO IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"


In Iran una mamma coraggiosa ha sospeso una condanna a morte, quella dell’assassino del proprio figlio. Secondo l’usanza, avrebbe dovuto spingere via la sedia del condannato, ma la donna si è limitata ad assestargli uno schiaffo, poi suo marito ha tolto il cappio dal collo del giovane assassino di 20 anni. L’esecuzione è stata sospesa e le mamme – del condannato e del ragazzo assassinato – si sono abbracciate. «Ora che l'ho perdonato mi sento sollevata», ha infine dichiarato la madre coraggiosa.

 
IL PERDONO DI UNA MADRE ARRIVA MENTRE IL CONDANNATO SI TROVA SUL PATIBOLO

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FEDE E
SPIRITUALITA'

 

NELLA SOBRIETÀ IL FUTURO DELLA TERRA 

HOREB n. 66 - 3/2013


TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI

I tifoni sempre più violenti che si ripetono in modo più frequente in varie parti di questo nostro mondo, provocando morte e distruzione di intere città ci lasciano sbigottiti e ci fanno dire che il clima è impazzito.
Sì il clima è impazzito, ma la responsabilità di questo stravolgimento è legata al delirio dell’uomo che, dimenticando la sua vocazione di essere custode del creato, pensa di esserne il padrone e, coltivando un atteggiamento feroce nei riguardi del pianeta terra, provoca, con le proprie scelte consumistiche,
inquinamento, desertificazione e morte.
 Scienziati accreditati ci ricordano che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è al limite di guardia. Le emissioni di gas serra continuano a crescere del 2-3% l’anno a causa della deforestazione e dei combustibili fossili: petrolio, carbone e metano. Ci attende una tragedia con conseguenze devastanti: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, tempeste.
L’inquinamento dell’acqua, dell’aria, della terra, quindi, è la conseguenza di un rapporto scorretto tra l’uomo e l’ambiente, un rapporto innaturale tra natura ed esistenza, un rapporto violento tra creature volute e pensate da Dio per vivere in pace. La natura è oggi, in più maniere, violentata. Il fenomeno è preoccupante per la sua ampiezza a scala mondiale, per la vastità a vari livelli, e perché è avanzante con l’avanzare della logica del profitto.
L’uomo di oggi, allora, consapevole di questo dato di fatto, è chiamato a svegliarsi dal torpore, e, rinunciando a un tenore di vita che si è dimostrato essere incompatibile con le leggi dell’equilibrio uomo-natura, è invitato a scegliere uno stile di vita sobrio. Questa presa di coscienza non è più rimandabile né da delegare ad altri, ma si impone come atto di responsabilità per rendere vivibile il nostro pianeta e per avviare, sul piano strutturale, la costruzione di un sistema che crei le condizioni per una piena umanizzazione di tutte le relazioni.
È questo l’orizzonte che anima la nostra riflessione.


   Editoriale (pdf)

   Sommario (pdf)


E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it



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 SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"


  Bisogna parlare di unità...
  Quel velo del tempio...
  Chi sono io davanti al mio Signore?...
  Chi sono io davanti a Gesù...
  Abbiamo sentito tanti nomi...
  Abbiamo sentito anche...
  Abbiamo sentito altri...
  Sono io come Giuda...
  Sono io come quei dirigenti...
  Sono io come Pilato?...
  Sono io come quella folla...
  Sono io come i soldati...
  Sono io come il Cireneo...
  Dov'è il mio cuore?...
  La storia della passione...
  Non abbiate paura...
  Guardando Gesù...
  Quando vediamo soffrire...
  Chi sa che non sia il caso...
  Cari fratelli nel sacerdozio...
  Se dovessi scegliere una reliquia...
  Il Signore compie un lavoro da servo...
  Per il cristiano non si tratta...


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"L'Ingresso a Gerusalemme" di Giotto, affresco (1303-1305 circa) - Cappella degli Scrovegni - Padova.
  "L'Entrata di Cristo in Gerusalemme" di Pietro Lorenzetti, affresco (1310-1319 circa) Basilica inferiore di San Francesco - Assisi.
  "Ingresso a Gerusalemme" (XI sec.) Monastero di Dafni - Atene
  "L'ingresso di Gesù a Gerusalemme", santuario di Gorgorà Debre Sina - Etiopia
  Ingresso di Gesù in Gerusalemme -Codex purpureus Rossanensis - Evangelario greco del VI sec.

Mt 26,38: «E lo baciò»
Il testo greco dice che Giuda (in ebraico significa «celebrato/onorato») baciò Gesù «con trasporto/tenerezza» (gr.: verbo composto «kata-philèō»). Al linguaggio non verbale che esprime il massimo della intimità tra due amici, non corrisponde l’intenzione di Giuda che invece pensa di venderlo come uno schiavo. Nessuna traduzione mette in rilievo che la risposta di Gesù è adeguata alla situazione. Egli infatti non dice «Amico» che sarebbe troppo in un contesto di tradimento, ma chiama Giuda con l’appellativo greco di «etâire» che significa semplicemente «camerata/compagno». Giuda non è un amico, ma un compagno di strada, un avventore occasionale con cui si instaura una breve familiarità di qualche ora. Ha mangiato con lui, ma senza condividerne il significato profondo che il gesto comportava. I segni devono essere veri perché solo nella verità della relazione si esprime e si manifesta l’autenticità della persona.
(don Paolo Farinella)
  Particolare "Cattura Cristo" di Caravaggio (1602) Dublino, National Gallery of Ireland

Mt 27,54: «Il centurione…: davvero costui era Figlio di Dio» 
Davanti a Gesù sono radunati i Giudei, le donne giudee e i soldati romani. I primi avrebbero dovuto riconoscere in Gesù l’inviato di Yhwh e invece lo hanno crocifisso, mentre i romani, i pagani per eccellenza, quelli che materialmente lo crocifissero, lo riconoscono come Figlio di Dio e lo gridano forte. Il momento della morte di Gesù coincide con l’eliminazione della barriera tra Israele e Pagani. Ora Dio è visibile anche dai Pagani. Il confine tra sacro e profano, puro e impuro è eliminato per sempre: Dio ora è veramente tutto in tutti (Col 3,11). E’ il principio dell’alleanza nuova, fondata sulla conoscenza di Dio e sulla sperimentazione dell’amore. (don Paolo Farinella)
  "La fede del Centurione" di Paolo Veronese (1550 circa) - Olio su tela - Museo del Prado, Madrid
  "La Passione di Cristo" di Hans Memling (1470-1471 circa) - dipinto a olio su tavola - Galleria Sabauda di Torino.

  "Il Tradimento di Giuda", Giotto (1306 circa) - affresco Cappella degli Scrovegni - Padova.

Gesù, versata dell’acqua in un catino, “cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto” (Gv 13,5). 
Che cos’è questa novità? 
Lavare i piedi all’ospite era un compito ripugnante, riservato agli individui considerati inferiori verso i superiori: lo schiavo non ebreo verso il padrone, la moglie verso il marito (1 Sam 25,41), i figli verso il padre e i discepoli verso il maestro. E comunque si compiva sempre prima di mettersi a tavola (Lc 7,44; Gen 18,4) e non durante la cena, come in questo caso.
Ai discepoli che intendevano farlo loro re (Gv 6,15), Gesù risponde facendosi loro servo, dimostrando la vera regalità, quella dell’amore che si trasforma in servizio...
  LA VERA GRANDEZZA di Alberto Maggi

(Mt 26,20-29; Mc 14,17; Lc 22,14-27; Gv 13,1-20)
Come sarà stata l'ultima cena? Come l'ha dipinta Leonardo?
Ebbene, la realtà, stando ai vangeli, è un po’ meno romantica.
Scrive Luca che proprio nel momento drammatico, mentre Gesù si dona come pane e vino e annuncia che uno dei commensali lo tradirà, i discepoli si mettono a discutere per sapere chi di loro potesse essere considerato il più importante, dimostrando così di non aver capito niente dell'insegnamento di Gesù sul servizio reciproco.
Giovanni riporta lo scontro di Gesù con Pietro che rifiuta di farsi lavare i piedi...
  QUALE ULTIMA CENA? di Alberto Maggi
  "Il tradimento di Giuda Iscariota" - scena tratta dal film "Il Vangelo secondo Matteo" di Pier Paolo Pasolini (VIDEO)
  Gesù nell'orto degli Ulivi parte 1 (VIDEO) - scena tratta dal film "Il Vangelo secondo Matteo" di Pier Paolo Pasolini
  Gesù nell'orto degli Ulivi, seconda parte (VIDEO) - Scena tratta dal film "Il Vangelo secondo Matteo" di Pier Paolo Pasolini
  "Cattura di Cristo"affresco di Pietro Lorenzetti ( 1310-1319) Basilica inferiore di San Francesco - Assisi
  "Cattura di Cristo o Presa di Cristo nell'orto" dipinto di Caravaggio (1602) - National Gallery of Ireland di Dublino.
  "Cristo davanti a Caifa" affresco di Giotto (1303-1305 circa) Cappella degli Scrovegni - Padova.
  "Cristo davanti a Caifa" di Gerrit van Honthorst, Gherardo delle Notti. , (1617) National Gallery - Londra
  "Negazione di San Pietro" dipinto di Caravaggio (1609-1610) . Metropolitan Museum of Art di New York.
  "Il pentimento di San Pietro" dipinto di Georges de La Tour Museum of Art a Cleveland
  "Flagellazione di Cristo" dipinto di Caravaggio (1607-1608) - Museo di Capodimonte - Napoli.
  "Pilato si lava le mani" di Jan Lievens (1625 circa) - Leida, Stedelijk Museum de Lakenhal
  "Ecce Homo" dipinto di Andrea Mantegna (1500 circa) - Museo Jacquemart-André - Parigi.
  " Cristo alla colonna" dipinto di Antonello da Messina (1475 circa) Musé du Louvre - Parigi
  "Salita al Calvario" dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio (1564) Kunsthistorisches Museum - Vienna.
  "Cristo crocefisso" dipinto di Diego Velázquez (1631). Museo del Prado - Madrid.
  "Crocefisso di Santa Maria degli Angeli - Assisi" di Raniero Pisano (1236 circa)

Gesù muore perdonando e intercedendo per gli altri.
"Quando sarò innalzato da terra - dice Gesù - attirerò tutti a me". Scena tratta dal film "Il Vangelo secondo Matteo" di Pier Paolo Pasolini.
  Gesù inchiodato sulla croce per noi (video)

GESU'
O Giuda, quel tuo volto/parole su parole/pensiero su pensiero/labbra su labbra,/il tuo volto/è fatto di labbra,/labbra carnali,/labbra che hanno masticato il sogno...
  Cantico dei Vangeli di Alda Merini


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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO

"I re della terra da chi riscuotono
le tasse e i tributi?
Dai propri figli o dagli estranei?"
(Matteo 17,25)



  Gianfranco Ravasi:  Gesù pagava le tasse? Ecco quel che dicono i Vangeli


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"LECTIO" DELLA SETTIMANA SANTA 
a cura di fr. Egidio Palumbo 
In cammino verso la Pasqua

1. Inizia la settimana santa, la “grande settimana”, la settimana più importante dell’anno liturgico, che ci conduce verso la Pasqua. Essa si apre con la Domenica delle Palme e della Passione del Signore. In questa domenica facciamo memoria-attualizzazione dell’ingresso solenne di Gesù a Gerusalemme (Mt 21,1-11), seduto su un’asina e un puledro, e non su un cavallo, perché il cavallo era utilizzato per la guerra. Gesù viene acclamato come il Re-Messia, colui che viene a visitarci nella mitezza e nella pace: per questo è seduto su un’asina e su un puledro. L’evangelista Matteo al riguardo ci ricorda la profezia di Zaccaria 9,9, combinata con Is 62,11, che Gesù porta a compimento, ovvero rende attuale con il suo vissuto: «Dite alla figlia di Sion [= la città di Gerusalemme]: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma».

La mitezza e la pace di Gesù Messia, noi in questa domenica la esprimiamo anche portando le palme e i rami di olivo, affinché la sua mitezza e la sua pace diventino anche la nostra. Infatti:

— la palma è simbolo del martirio, di colui che ha dato testimonianza con il dono della vita, è simbolo del giusto (Sal 92,13: «il giusto fiorirà come palma»); e poiché dà frutti dolcissimi, i datteri (Ct 7,9), la palma è anche simbolo di colui che con la sua esistenza produce il dolcissimo frutto della Parola di Dio (Mt 13,23; Sal 119,103; Ez 3,3);

— i rami di olivo ci ricordano l’olio profumato con il quale il Messia fu unto da una donna nella casa di Betania, per esprimere la preziosità di una vita donata fino allo spreco (Mt 26,6-13; Mc 14,3-9; Gv 12,1-8); e ancora, ci ricordano l’olio simbolo della gioia (Sal 45,8), della compassione e della misericordia che cura le ferite (Lc 10,34) e toglie ogni ruggine.

2. E la mitezza e la pace di Gesù Messia si manifestano ancora di più in tutta la sua limpidezza nella narrazione del Vangelo della Passione del Signore (Mt 26-27), che è narrazione-annuncio dell’amore appassionato di Dio per l’umanità. È qui che Gesù, ancora una volta, mette in pratica, lui per primo, quanto aveva detto nel Discorso della Montagna (Mt 5-7) riguardo al rispetto dell’altro considerato come fratello, all’amore al nemico e alla nonviolenza. Infatti, rifiuta l’uso della spada per difendersi dall’arresto (Mt 26,52), perché la violenza richiama altra violenza; fa silenzio di fronte alle accuse ingiuste e pretestuose che gli vengono rivolte (Mt 26,63; 27,12.14); e, crocifisso ingiustamente, morendo non impreca contro i suoi uccisori, ma, emettendo l’ultimo respiro, dona lo Spirito (Mt 27,50; Gv 19,30).

3. Non va mai dimenticato che Gesù fu crocifisso fuori della città (Eb 13,12; Gv 19,20), come un terrorista, un criminale, affinché l’esecuzione capitale fosse vista da tutti come punizione esemplare e come deterrente. Eppure, paradossalmente, colui che dagli uomini è stato cacciato fuori della città, che è stato scartato come un criminale, Dio l’ha risuscitato e costituito Signore e lo ha posto a fondamento della comunità cristiana (At 4,11-12; 1Pt 2,4-6). Lo Scartato e il Trafitto è il Signore della Chiesa e del mondo.

Questo particolare va sempre ricordato, per non cedere alla tentazione di strumentalizzare il crocifisso a fini propagandistici di natura politica, religiosa e culturale, come spesso si tende a fare oggi, con il compiacimento di molti.

Noi cristiani, per primi, non possiamo permetterci di brandire il crocifisso come una clava contro gli altri, contro gli stranieri e gli immigrati, né di utilizzarlo come “simbolo di unità nazionale” (quasi fosse una bandiera), né tantomeno di esporlo a vanto del primato della nostra civiltà occidentale e come semplice ornamento estetico per il proprio corpo e le proprie case.

Il crocifisso, invece, è segno dell’amore appassionato di Dio per tutta l’umanità, nessuno escluso; è segno di una vita consegnata e donata fino allo spreco; è segno di nonviolenza, di compassione, di perdono, di riconciliazione e di pace vissuti nel Signore e non in nome di qualcun altro. Per questo i cristiani si inginocchiano davanti al Crocifisso, per questo lo indossano con devozione, per questo le chiese-edificio – simbolo della comunità che si raduna nel nome del Signore – sono costruite a forma di croce.

E se c’è un valore umano universale non negoziabile cui il crocifisso ci richiama è quello della solidarietà verso tutti coloro che sono cacciati fuori dalle nostre città, che sono scartati, emarginati e rifiutati dalla nostra società.
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  In cammino verso la Pasqua


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Riflessione di Enzo Bianchi sul Vangelo della Domenica delle Palme e della Passione del Signore


Riflessione di Enzo Bianchi
sul Vangelo della domenica


Domenica delle Palme e
della Passione del Signore
Anno A

Mt 26,14-27,66


Nella liturgia della domenica delle Palme due sono i vangeli che l’assemblea cristiana ascolta: il racconto dell’entrata di Gesù in Gerusalemme (quest’anno Mt 21,1-11) e, nella messa, il racconto della passione del Signore, dal tradimento di Giuda fino alla sepoltura del crocifisso. L’omelia normalmente è ispirata a questo secondo testo, anche se, per la sua lunghezza, non può essere commentato per intero nella celebrazione. Vorrei dunque semplicemente mettere in evidenza nel racconto della passione secondo Matteo – quello proclamato nell’annata A – alcuni tratti che si differenziano rispetto ai racconti di Marco, che pure ne è la fonte primaria, e di Luca.

Innanzitutto la passione che Gesù soffre fino alla morte non è né un destino né un caso nella sua vita. Matteo mette in evidenza come Gesù, seppur “consegnato”, dunque oggetto di un’azione determinata da parte di altri (Giuda, i sacerdoti, Pilato), resti sempre soggetto, protagonista del racconto: la passione è vissuta da Gesù nella libertà e per amore. Gesù sa, e lo dice, che “il suo tempo è vicino” (cf. Mt 26,18), ma è un tempo, un’ora alla quale potrebbe sottrarsi.

Invece va con decisione verso la passione, dispone che i suoi discepoli facciano i preparativi per la cena pasquale (cf. Mt 16,17-19) e poi la presiede (cf. Mt 26,20-29). Mentre sono a tavola, annuncia che sarà tradito, perché sa che uno dei Dodici è giunto a quella situazione di non-fiducia in lui; ma pur conoscendo l’identità del traditore, non lo denuncia, non lo ferma, non lo isola dagli altri. Non lo giudica né lo condanna, ma rinvia Giuda alla sua coscienza, alla sua responsabilità. “Tu l’hai detto” di essere il traditore, ponendomi la domanda: “Sono forse io?” (Mt 26,25).

Gesù sa e domina ogni situazione, ed eccolo spezzare e dare il pane, segno del suo corpo, ai Dodici; eccolo prendere il calice del vino, segno del suo sangue, e darlo loro da bere come “sangue dell’alleanza sparso per le moltitudini in remissione dei peccati” (Mt 26,28). Secondo Matteo l’eucaristia è appunto “in remissione dei peccati”, remissione che non si ottiene più attraverso i sacrifici al tempio, ma bevendo il sangue di Cristo.

L’eucaristia è offerta a tutti i discepoli: tutti peccatori, traditori come Giuda, rinnegatori come Pietro, increduli come gli altri. Gesù non ha escluso nessuno dalla sua cena pasquale: l’eucaristia è dunque la cena per i peccatori, la chiesa è un’assemblea di peccatori che nell’eucaristia sono perdonati e fatti santi. Sì, le moltitudini degli uomini segnati dal peccato, nel sangue di Gesù, amore offerto fino all’estremo, trovano il perdono dei loro peccati.

E dopo la cena pasquale – Matteo lo evidenzia particolarmente – Gesù prega.

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In questo racconto della passione secondo Matteo, dove mi pongo io, discepolo? Sono come uno dei Dodici i quali, abbandonato tutto per seguire Gesù (cf. Mt 4,20-22), giunta la passione, “tutti lo abbandonarono e fuggirono” (Mt 26,56)? Sono come Pietro, che ha seguito Gesù ma “per vedere come sarebbe andata a finire” (ideîn tò télos: Mt 26,58), e quindi, non coinvolto nella vita di Gesù, finisco per smettere di conoscerlo e per conoscere solo me stesso (cf. Mt 26,34-35.69-75)?

Sono come Giuda, che non ha più fiducia in Gesù, che non lo dichiara Kýrios, Signore, come invece fanno gli altri undici (cf. Mt 26,22), ma lo chiama “rabbi, maestro” (cf. Mt 26,25.49), anche quando Gesù lo chiama “amico” (Mt 26,50), amato da lui fino a quell’ora, amato anche nel momento in cui lo tradisce? Sarò capace di vedere nella passione di Gesù non solo una morte ignominiosa, ma la morte del giusto, l’evento cosmico della morte del Figlio di Dio (cf. Mt 27,51-53)? A me la responsabilità della risposta!

  Domenica delle Palme e della Passione del Signore


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"A lezione da una donna" di don Antonio Savone


A lezione da una donna
Lunedì santo
di don Antonio Savone 



Is 42,1-7
Sal 26
Gv 12,1-11


Più volte il vangelo narra di un Gesù a lezione dalle donne. Una di queste circostanze in cui ritroviamo Gesù alla scuola di una donna è proprio nella casa di Betania là dove apprende che cos’è lo spreco dell’amore.

Ai discepoli aveva detto espressamente: Tra due giorni è Pasqua e il Figlio dell’uomo viene consegnato per essere crocifisso (Mt 26,2). Ma da parte loro nessuna reazione, anzi, avevano rimosso la notizia. Proprio mentre si complotta contro di lui, Gesù si ritira a Betania, in quella che Paolo VI chiamerà la casa dell’amicizia dove una donna sorprende tutti con un gesto gratuito, dal sapore profetico.

Proviamo a tenere davanti a noi la scena: al centro c’è Gesù, ai suoi piedi una donna compie un gesto di straordinaria tenerezza verso il corpo di Gesù. Sullo sfondo le critiche, interessate, di Giuda. Infine la parola di Gesù che elogia il gesto della donna.

Maria non proferisce parola con nessuno, neanche con Gesù. È ciò che compie, invece, la sua parola più eloquente che Gesù non mancherà di mettere in risalto.
Il gesto di Maria va riletto alla luce di quell’altra scena che accade sempre nella casa di Betania, dove di nuovo Gesù è al centro e Maria ai suoi piedi mentre ne ascolta le parole. Anche in questo caso non mancano le critiche al comportamento di Maria da parte della sorella Marta (Lc 10,38-42). Le due scene presentano non poche analogie: Gesù è al centro; Maria è convinta che per lui si può “perdere” molto tempo, per lui si può “sprecare” tanto costoso profumo. In entrambe le scene il comportamento di Maria, totalmente assorbita dalla persona di Gesù, non è capito, anzi è pesantemente criticato. Marta vorrebbe che la sorella la aiuti nelle faccende di casa invece di stare ai piedi di Gesù in ascolto; Giuda vorrebbe che il costoso profumo venga venduto per dare il ricavato ai poveri. La scelta di una esistenza dominata dalla centralità di Gesù, segnata dalla dedizione esclusiva per lui, per la sua parola, per la sua persona, non è compresa. Sembra scelta irresponsabile perché carica sulle spalle degli altri i compiti della vita quotidiana, sembra una scelta irresponsabile perché spreca risorse che potrebbero esser meglio utilizzate. Non tutti capiscono e apprezzano la scelta di uomini e donne che dedicano tutt’intera la loro esistenza all’Evangelo.

Per Maria non c’è niente di più importante della persona di Gesù.
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  A lezione da una donna


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"Ed era notte" di don Antonio Savone


Ed era notte
Martedì santo
di don Antonio Savone 

Is 49,1-6
Sal 70
Gv 13,21-33.36-38

Siamo nel cuore della cena e in una scena che prospetta l’esatto contrario di quanto è appena accaduto: all’amore e al servizio del maestro si oppongono la menzogna e l’infedeltà dei discepoli, molto ben significata da quell’ "Era notte".

Come accostare questa pagina? Anzitutto convincendoci di un fatto: che tutti noi siamo sempre capaci di tradire l’amicizia con Gesù. Eppure l’Agnello del nostro riscatto è venuto ad assumere su di sé anche questo tradimento. Anche il nostro tradimento può essere vinto da un progetto di Dio più grande del nostro peccato.

Uno di voi mi tradirà: in un attimo sembra che il cammino compiuto con Gesù fino a questo momento non abbia alcun senso. I discepoli si saranno ben interrogati: che cosa sta accadendo? Eppure Gesù prevede il tradimento per assicurarci che anche esso ha un senso: il senso del suo amore per noi, che risplende ancor più luminosamente di fronte al fatto che uno dei suoi sta per tradirlo.

È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò: intingere il boccone è, nella Bibbia, un segno di alleanza, di ospitalità. È un gesto che dice la volontà di comunione che anima il maestro persino di fronte a chi lo tradirà. Giuda, in fondo, è un uomo lasciato solo. Anche Giuda si pentì come Pietro: Ho peccato perché ho tradito sangue innocente(cfr. Mt 27). E aveva riportato persino la sua piccola fortuna: le trenta monete. E che cosa si ritrova se non un:veditela tu, che ci riguarda? da parte degli uomini della religione. È una vera e propria condanna: veditela tu. Gesù è rimasto a Gerusalemme ed ha affrontato la morte perché all’uomo disperato possa essere recata una buona notizia e non gli si dica più: Veditela tu. A Giuda manca l’unica parola necessaria, una parola di perdono, di quel perdono che è vita.

Non canterà il gallo…

Una grande passione abita il cuore di Pietro: riuscire a fare qualcosa per Gesù. Tuttavia, proprio non riesce ad accettare che Gesù possa fare qualcosa per lui. Pietro fatica ad accettare la propria condizione di povertà e il relativo bisogno di salvezza. È il classico tipo che ritiene di non aver bisogno, di essere migliore: se tutti dovessero… io no…

Pietro non è soltanto presuntuoso: egli è animato da amore, da amicizia. È sincero quando si dichiara pronto a dare la vita. Quante volte anche noi all’interno di una relazione, di un’amicizia ci diciamo pronti a fare per l’altro tutto quanto è necessario: non è in fondo quello che una coppia promette nell’istante in cui si dice disposta a giocare la vita l’uno per l’altro e l’uno con l’altro nel giorno del matrimonio?
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  Ed era notte


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Anche Giuda può esserci maestro... "La sequela parallela: Giuda" di don Antonio Savone


La sequela parallela:
Giuda

di don Antonio Savone

Introduzione

La figura, il gesto e il dramma di Giuda hanno interessato e interrogato intere generazioni di credenti e non credenti. La sua vicenda resterà sempre un mistero impenetrabile e drammatico nello stesso tempo.
Noi vogliamo accostare questa figura per cercare di rileggere che cosa può far sì che la nostra sequela venga meno.
A ben guardare nel nostro cuore, dobbiamo riconoscere con umiltà, che in ognuno di noi c’è un poco Giuda: c’è il desiderio di Dio e c’è il legame con il mondo, c’è l’anelito alla bellezza e c’è un quotidiano cedimento alla mediocrità che ci infanga, c’è la percezione del profumo dell’amore e c’è l’olezzo dell’egoismo istintivo, c’è l’anelito al bene e c’è l’esperienza insistente del male.
Potremmo sottoscrivere a buon diritto le parole di Paolo ai Romani: “Acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?” (Rm 7,22-24).
Ma Paolo aggiunge subito: “Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo di Gesù Cristo” (Rm 7,25).
Mai dimenticare questa confessione di fede espressa quasi con un grido! Mai lasciare spazio alla desolazione, alla rassegnazione e tantomeno alla disperazione!
Quando Giuda si accostò al Signore per consegnarlo con un bacio ai suoi nemici, Gesù lo chiamò ancora una volta: Amico (Mt 26,50). E per gli amici Gesù era pronto a dare la propria vita, non solo quella nel tempo, ma la vita eterna (Gv 17,2). L’avrebbe data anche a Giuda se non avesse perso la fiducia in lui.
La Chiesa sente di poter dire se questo o quello è in Paradiso, ma sente con altrettanta sicurezza che non può dire chi sia all’inferno.
Giuda, nella sua sventurata esperienza, può esserci maestro, può insegnarci cosa evitare, su quali rischi vigilare, su quali sentieri rimanere e faticosamente perseverare.

Giuda il chiamato

Giuda è citato ben 20 volte nei Vangeli, molto più degli altri apostoli. Resterà un mistero il fatto che Gesù abbia chiamato uno che poi lo avrebbe tradito. La vocazione come tale rimane un mistero. Perché proprio io? 
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Aspettative deluse

A rileggere il vangelo emerge piuttosto chiaramente che quello di Giuda non è un gesto improvvisato e tantomeno un errore accidentale. Si tratta di qualcosa che parte da molto lontano. Giuda si allontana da Gesù progressivamente. Il suo cuore si raffredda giorno dopo giorno e la sua mente comincia a congetturare, a vedere anche ciò che è irreale e a rileggere in maniera distorta taluni atteggiamenti di Gesù, fino a quando il distacco diventerà irreversibile nell’atto di uscire dalla porta del cenacolo.
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Sequela parallela

Giuda ha trascorso del tempo insieme a Gesù e agli altri. Quell’esperienza non gli permette di tornare indietro facilmente. È capitato anche a noi: non è scontato fare come se nulla fosse capitato. Equivarrebbe ad ammettere pubblicamente di aver perso tempo per tanto tempo. E così Giuda sceglie un’altra strada o, meglio, un altro modo di stare su quella medesima strada: una vera e propria sequela parallela. Non cammina più seguendo il Signore ma gli cammina accanto, rimuginando sue congetture mentre il Signore fa altri pensieri. È accanto al Signore fisicamente ma il cuore e la mente sono altrove.
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Gesti traditi

Il vangelo insiste più volte sul fatto che Giuda fosse uno dei Dodici. Era uno, cioè, che aveva con il Signore un contatto quotidiano. Rileggendo i brani che si riferiscono a Giuda ci si accorge di come non ci voglia molto a consumare un tradimento. Ciascuno di noi ha la stoffa necessaria per venir meno nella sequela. Si tratta di passi piccoli, semplici, apparentemente non gravi.
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Si tradisce per un nulla

Giuda vende il suo Signore per pochi soldi: il prezzo di uno schiavo. Aveva provato fastidio per quei trecento denari di profumo che la donna aveva versato sui piedi del Maestro, ma poco dopo baratta la vita del suo Signore per molto meno.
Quanto vale il mio Dio? Il Salmo ci fa pregare: la tua grazia vale più della vita. Per cosa lo svendo o lo baratto? Non ci è più facile perdere tanto tempo dietro chiacchiere inutile che fermarci qualche minuto in più a pregare o a meditare su un brano della Parola di Dio?
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La responsabilità della comunità

In tutta questa vicenda che ruolo ha giocato la comunità di riferimento di Giuda?
Nessuno di noi è neutro rispetto al peccato altrui. Nessuno è senza colpa di fronte al peccato dei fratelli. Certo, Giuda è responsabile del proprio tradimento, ma com’è che satana è entrato nel suo cuore? Non è che forse una parte di responsabilità sia da attribuire anche agli altri che non sono stati capaci di vicinanza mentre egli cominciava a prendere le distanze dal Maestro?
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Attenti

La vicenda di Giuda richiama il tema dell’attenzione. Ora l’attenzione non la si compra ma la si coltiva: iniziare a far caso alla presenza o all’assenza di qualcuno, notare la faccia non bella che uno può avere oggi, la stanchezza, l’umore; imparare a far attenzione a ciò che può far piacere all’altro, ciò che gli piacerebbe avere, le parole che vorrebbe ascoltare; fare attenzione perché io possa essere un orecchio attento perché l’altro possa dire quello che si porta dentro.
È più facile l’indifferenza che l’attenzione, più facile il puntare il dito che il farsi carico. 
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La solitudine di Giuda

Rileggendo il dramma di Giuda si scopre che se, è vero che gli apostoli nulla hanno fatto per guadagnarlo a sé nuovamente, è altrettanto vero che qualcuno disposto ad accettare il suo piano e a pagare per la sua concretizzazione lo ha trovato nei sommi sacerdoti e negli anziani. Si tratta di persone che addirittura si rallegrarono per quanto avesse concepito (cfr. Mc 14,11).
Tuttavia, la storia cambia all’improvviso una volta consumato il tradimento. Nessuno più si rallegra e Giuda è l’uomo più solo al mondo. 
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Se noi manchiamo di fede egli rimane fedele

Giuda non ha saputo o non ha voluto fare l’esperienza della misericordia del Signore. Più volte Gesù aveva ripetuto di non essere venuto a chiamare i giusti ma i peccatori (cfr. 9,12-13). Eppure questo non è bastato a Giuda.
Se solo, come Pietro, avesse avuto il coraggio di incrociare lo sguardo di Gesù, avrebbe capito che il Signore non tradisce neanche quando è tradito, non abbandona neanche quando è abbandonato. Il peccato può offuscare il nostro amore per il Signore ma non intacca mai l’amore di Dio per noi.
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Non permettere, Signore,
che il nostro e l’altrui peccato
ci facciano sprofondare
nello scoraggiamento e nella disperazione.
La tua misericordia
ci raccolga sempre,
anche e soprattutto
quando possiamo contare
solo su di te.
Te lo chiediamo
con umiltà sincera
e fiducia grande.
Amen.

  La sequela parallela: Giuda


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"Altri pensieri" di don Antonio Savone


Altri pensieri
Mercoledì santo
di don Antonio Savone 

Is 50,4-9
Sal 68
Mt 26,14-25

Nel cuore della cena l’annuncio del tradimento. Ci sorprende da una parte e ci consola dall’altra il fatto di sapere che Gesù quella sera si consegnava ad un gruppo di discepoli con le loro riconosciute debolezze e con i loro confessati tradimenti. Si consegnava pur sapendo che quelle mani non erano certo affidabili. Chi di noi lo avrebbe fatto? Noi non ci consegneremmo. Se non abbiamo la garanzia della affidabilità piuttosto non ci esponiamo. Sta qui la vera esposizione dell’Eucaristia. Noi ne abbiamo inventato un’altra tra ceri e fiori sull’altare, ma la vera esposizione è l’esporsi, il suo porsi fuori consegnandosi. Lui, il Signore, ridotto a una cosa. C’è da domandarsi se anche noi non perpetuiamo questa manipolazione del sacramento là dove viviamo dei riti ma non degli incontri.
Come si risponde a un Dio che si espone? Non certo con la diffidenza, non con la paura di rischiare o con la cautela.
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Giuda non concorda con Gesù nel modo di vedere le cose e soprattutto nell’intervento da intraprendere. Il suo modo di intendere il Cristo era tanto distante da quel povero Cristo incamminato verso una croce.
Giuda, in questa vigilia del Triduo Santo, è per noi sprone a verificare le nostre aspettative nel permanere alla sequela del Signore Gesù. Quante volte non concordiamo con il suo Vangelo! Quante volte vediamo scombussolati i nostri piani! Talvolta percepiamo il Signore quasi come un fastidio, un intralcio dal momento che non è catalogabile nei nostri schemi e progetti. Giuda voleva che il Cristo fosse “suo”. In fondo si perpetua continuamente lasciare il vero Dio a discorrere sul monte con Mosè e così costruircene uno a valle a nostra misura. E non poche volte troviamo anche qualche Aronne disposto ad aiutarci in una simile impresa.
Quest’oggi ci chiediamo: io chi seguo?
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È vero: ci vuole coraggio per scegliere il Signore ma ce ne vuole almeno altrettanto per discostarci da lui. E così ci barcameniamo. E come Giuda finiamo per servirci persino dei gesti di amicizia senza caricarli più del loro significato. Giuda pone gesti di amicizia (mangia il boccone offerto dal Signore) ma si pone fuori da quell’amicizia.
Quale significato io do ai gesti di comunione che pongo in atto?

  Altri pensieri



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PASSIONE DI DIO PASSIONE DI CRISTO PER UN MONDO TRASFIGURATO - fr. Egidio Palumbo (VIDEO)


PASSIONE DI DIO
PASSIONE DI CRISTO 
PER UN MONDO TRASFIGURATO
- LETTURA PUBBLICA DELLA PASSIONE
DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO SECONDO MATTEO -

Barcellona P.G. (ME) - 14.04.2014

Breve estratto dell'introduzione a cura di
 fr. Egidio Palumbo, carmelitano




La passione di Dio: l'amore appassionato di Dio per questa umanità che Dio vuol far risorgere, trasfigurare, risollevare... Pasqua, come sappiamo, significa "passaggio", ma significa pure "saltare danzando" ...

 
video


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"A partire dai piedi" di don Antonio Savone


A partire dai piedi
Giovedì santo
di don Antonio Savone 

Es 12,1-8.11-14
Sal 115
1Cor 11,23-26
Gv 13,1-15

Ma perché proprio dai piedi? Sconcertante e incredibile il gesto di quella sera. Folle, per questo impossibile da capire: quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo… Lui, il Signore e il Maestro, sceglie di rivestire il ruolo dello schiavo perché tutti potessimo toccare con mano fino a che punto siamo da lui accolti, a partire da quello che siamo. Da quella sera lo stato sociale è invertito: se il Signore ha assunto il ruolo del servo, io ho ricevuto la dignità del signore. Più avanti spiegherà quel gesto quando commenterà dicendo: non vi chiamo più servi ma amici. L’amicizia è fuori da logiche di dominio e di sfruttamento. Proprio perché all’amico sta a cuore il bene dell’altro, Gesù accetta di mettersi a servire.

Non fatico a comprendere la reazione di Pietro: tu lavi i piedi a me? Dio in ginocchio! C’è di che tremare!

Pietro intuiva che quel gesto non avrebbe lasciato intatto nulla. Tu lavi i piedi a me? No, Signore, non è possibile. Se tu fai questo, io impazzisco. Pietro aveva capito che quel gesto significava ben altro: lasciati amare come Dio ha scelto di amarti, non già come tu avresti preferito. Lasciati amare a partire dai piedi. Ma questo sovverte tutte le leggi della vita!

L’amore inizia proprio dai piedi, da ciò che di noi è più coperto di polvere e di fango. Inizia da ciò che volentieri nasconderemmo a noi, anzitutto, perché è ciò di cui più ci vergogniamo. Difficile farsi amare a partire dai piedi. Lavare i piedi significa lavare tutti i percorsi di quei piedi.
...

È negli aspetti di noi più desolati e ombrosi che il Signore fa scorrere la sua tenerezza. Nulla di noi è indegno del suo amore. Tutto di noi è amabile dal momento che l’amore del Signore arriva fino all’estremo.

Il gesto che Gesù compie ricorda che per farsi servi è necessario uno spogliamento. L’altro lo si incontra in profondità nella misura in cui accade questo spogliamento, nella misura in cui deponiamo difese e corazze assunte a protezione.

  A partire dai piedi


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"Bacio e lacrime" di don Antonio Savone


Bacio e lacrime
Venerdì santo
di don Antonio Savone 

Is 52,13- 53,12
Sal 30
Eb 4,14-16; 5,7-9
Gv 18,1- 19,42

Ci avevano provato. Più volte. Più volte, infatti, i discepoli – Pietro in testa – avevano provato a dissuaderlo da una prospettiva che potesse anche solo lontanamente includere l’eventualità di una fine ignominiosa. Ma Gesù non si è tirato indietro. Fino all’ultimo. Non poteva accadere diversamente, e non già per chissà quale cieco destino ma per il solo fatto che aveva scelto di lasciarsi abitare da una passione che ostinatamente – anche di fronte alla più solenne smentita, quella dell’abbandono e del rifiuto proprio da parte dei suoi e di coloro per i quali si trovava a vivere quello che stava soffrendo – rimetteva al centro l’uomo, rimetteva al centro me, te, ognuno di noi.
A vincere non è il mio abbandono di lui ma la sua passione per me. E non che non abbia sentito il turbamento per ciò che stava per accadere: ora l’anima mia è turbata… ma non ha indietreggiato. Le grandi acque (le acque della morte) – canta il Cantico il Cantici – non possono spegnere l’amore.
Stasera, certo, i nostri sono solo balbettamenti: come dire l’indicibile di un Dio che muore per chi lo ripudia e lo configge ad un palo? Per questo ho chiesto a due figure il cui ruolo molto ha giocato nella vicenda del Maestro di accompagnarci nella contemplazione di quanto stiamo celebrando. Rileggere con i loro occhi ma ancor più con i loro gesti la passione del Signore.
In quel quadro notturno che caratterizza la passione di Gesù, due figure emergono con più evidenza rispetto ad altre: Giuda e Pietro. Sono gli unici due ad essere chiamati per nome esplicitamente durante la passione. Certo, la loro vicenda si conclude diversamente, eppure è molto simile. Una vicenda di paura, di rifiuto, di rinnegamento dell’amico e di se stessi, della propria dignità. Due poveri uomini incapaci di vincere il male e perciò soccombono sotto il peso della loro fragilità. È una vicenda di amici che al contempo amano e tradiscono, proprio come accade a ciascuno di noi quando il buio fa capolino sulla nostra esistenza.
Ben poco separa Pietro da Giuda, un’ombra appena o, meglio, li separa solo una lacrima.
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  Bacio e lacrime


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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni



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Sì, torniamo a pregare
per i cristiani perseguitati
Vincenzo Rini

Da tutto il mondo notizie di morti e persecuzioni: dai missionari uccisi e rapiti agli incarcerati con false accuse di blasfemia. A duemila anni dalla morte e risurrezione di Cristo, continua la morte, in non pochi Paesi, dei suoi seguaci

Mancano tre giorni al Venerdì Santo, cinque alla Pasqua. Ma in questi ultimissimi tempi la Chiesa sembra fermarsi al Venerdì di passione e di morte. Non passa giorno senza che giungano notizie di sofferenza, di condanna, di violenza contro cristiani e missionari inermi, dediti esclusivamente al bene del Regno di Dio, che è regno di amore e di giustizia a servizio dei poveri e degli oppressi. L’ultima notizia, triste e atroce, è di lunedì scorso, 7 aprile: un missionario gesuita olandese di settantacinque anni, padre Frans van der Lugt, da lungo tempo operante in Siria tra i poveri, sia cristiani sia musulmani, è stato ucciso con colpi alla testa sparati a bruciapelo da terroristi anticristiani.
Non erano trascorsi molti giorni dal rapimento, in Camerun, da parte degli islamici di Boko Arham, dei due missionari vicentini don Giampaolo Marta e don Gianantonio Allegri, e dell’anziana missionaria canadese suor Gilberte Bussier. Di essi nessuna notizia si ha dal giorno del rapimento, vivi o morti che siano. Come non abbiamo informazioni circa padre Paolo Dall’Oglio, rapito il 29 luglio in Siria. Intanto in Pakistan continua il “gioco” perverso delle condanne per blasfemia, strumento di persecuzione e di morte per i cristiani di quel Paese: con questo pretesto, sabato scorso una coppia di cristiani è stata condannata a morte per impiccagione.
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"Non c’è salvezza lontano dai poveri" - Papa Francesco e Frei Betto sono d’accordo (VIDEO)


"Non c’è salvezza lontano dai poveri" 
Papa Francesco e Frei Betto sono d’accordo

Frei Betto: "ho salutato Francesco dicendo: extra pauperes nulla salus!, 
non c’è salvezza lontano dai poveri... E lui ha annuito: “Sono d’accordo”.


Povertà e disuguaglianze, ecologia, bioetica, la possibilità che la chiesa riabiliti figure come Giordano Bruno e Meister Eckhart, di questo e di altro  ha parlato il domenicano Frei Betto, una delle voci più rappresentative dell’America Latina. Teologo e scrittore, per il suo impegno politico nel ’69 fu imprigionato e torturato dalla dittatura militare brasiliana. E' stato intervistato da Vania De Luca per RaiNews dopo l’udienza con papa Francesco.
“Gli ho detto che come domenicano ho messo nelle sue mani la riabilitazione di Giordano Bruno e Meister Eckhart”,  ha raccontato, riferendo la risposta del papa: “Bisogna pregare! Bisogna pregare per questo!”.
Poi ha parlato delle nuove tematiche inserite nella teologia della liberazione, quelle relative allo sviluppo, alla miseria, all’ecologia, alla tutela ambientale, alle nuove tecnologie, ai progressi nella cosmologia, nelle nanotecnologie, nella bioetica.
A proposito della Chiesa, delle spinte chieste dall’Evangelii Gaudium: “Abbiamo una testa nuova e un corpo vecchio, incapace di muoversi, quasi paralizzato. Ci vorrà tempo per adeguare la testa al corpo e il corpo alla testa. Il Papa ha iniziato a cambiare la Chiesa a partire dal papato e dalla curia romana. Poi toccherà anche al resto delle strutture”.
Infine le radici: “Papa Francesco non ha dimenticato le sue radici di uomo latinoamericano”.

  video

  Per Giordano Bruno (forse) una riabilitazione è vicina


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Ecco chi sono i 12 disabili a cui il Papa laverà i piedi


"Per il rito della lavanda dei piedi abbiamo scelto dodici disabili di diversa età, etnia e di diversa appartenenza religiosa, con handicap di diversa gravità. È infatti un gesto davvero universale di un 
Dio che si fa uomo e serve tutta l'umanità ed è segno della misericordia evangelica che vuole abbracciare con il gesto del Papa tutto il mondo della sofferenza". Lo ha detto alla Radio Vaticana monsignor Angelo Bazzari, presidente della Fondazione Don Carlo Gnocchi, a proposito della messa "in coena Domini" che papa Francesco celebrerà il Giovedì Santo nella chiesa del centro romano "Santa Maria della Provvidenza" tra i disabili e gli operatori dell'Opera del "papà dei mutilatini", caratterizzata dal gesto della lavanda a dodici ospiti disabili.
"È un gesto che il Papa compie sempre nel solco di quella convincente Chiesa che vuole inforcare il grembiule del servizio a favore degli ultimi che - evangelicamente - sono poi i primi. Questo regalo è certamente una tenera carezza che Francesco fa al mondo della sofferenza, all'universo abitato dai più fragili e dai più vulnerabili", sottolinea Bazzari. "Un gesto - aggiunge - che certamente vuole seminare speranza e diventa anche un modello poi da imitare perché si pone in continuità non solo con i gesti del nostro fondatore ma anche con tutta l'azione della Fondazione nei suoi oltre sessant'anni di vita".
Ecco chi sono i dodici ospiti della Fondazione Don Gnocchi a cui il Papa dedicherà il gesto della lavanda dei piedi. In fondo alla pagina guarda anche il servizio video di TV2000
Di età compresa tra i 16 e gli 86 anni (italiani e tre di origine straniera, uno dei quali di fede musulmana), sono affetti da patologie invalidanti di carattere ortopedico, neurologico e oncologico...  

  Ecco chi sono i 12 disabili a cui il Papa laverà i piedi

  video


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 FRANCESCO
 




     Angelus/Regina Cæli - Angelus, 13 aprile 2014

    Udienza - 16 aprile 2014

    Omelia - 13 aprile 2014: Domenica delle Palme - XXIX Giornata Mondiale della Gioventù

    Omelia - 17 aprile 2014: Santa Messa del Crisma

    Omelia - 17 aprile 2014: Santa Messa nella Cena del Signore

    Discorso - Ai partecipanti al Congresso di Chirurgia Oncologica “Digestive Surgery new trends and spending review” (12 aprile 2014)

    Discorso - Al Pontificio Comitato di Scienze Storiche (12 aprile 2014)

    Discorso - Alla Comunità del Pontificio Collegio Leoniano di Anagni (14 aprile 2014)

    Discorso - Via Crucis presieduta dal Santo Padre Francesco al Colosseo - Venerdì Santo, 18 aprile 2014



    MESSAGGIO - Quaresima 2014: Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà (cfr 2 Cor 8,9)



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12/04/2014:

  Com'è dolce stare davanti al Crocifisso...

14/04/2014:

  La Settimana Santa è...


15/04/2014:

  Ogni incontro con Gesù...


18/04/2014:

  Seguire Gesù da vicino...



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La Domenica delle Palme con Papa Francesco /1



Decine di migliaia di persone gremiscono Piazza San Pietro, dove alle 9.30 ha avuto inizio la celebrazione solenne della Domenica delle Palme, presieduta da Papa Francesco, che la concluderà sul sagrato della Piazza con la recita dell'Angelus. 
In questa occasione si celebra anche la 29.ma Giornata della gioventù a livello diocesano sul tema “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). 
Come da tradizione ci sarà il passaggio della croce della Giornata mondiale della gioventù e dell’Icona mariana della Salus Populi Romani dalle mani dei giovani brasiliani a quelle dei coetanei polacchi, che le porteranno in pellegrinaggio sino a Cracovia, sede della prossima Gmg, nell’estate 2016.
La liturgia è iniziata con la benedizione dei tradizionali “parmureli” provenienti da Sanremo e Bordighera: tremila rami di palma intrecciati secondo l’antica tradizione del ponente ligure. Il "parmurelu" riservato al Papa è stato intrecciato con tre foglie di palma unite, a simboleggiare la Trinità. Gli olivi e i fiori che ornano Piazza San Pietro provengono dalla Puglia. In particolare, lo spazio intorno all’obelisco richiama l’accoglienza di Cristo a Gerusalemme. 
Il pastorale usato dal Papa è stato realizzato in legno di olivo dai detenuti del carcere di Sanremo.
Il Vangelo proposto dalla liturgia racconta la Passione del Signore secondo Matteo. Durante la preghiera dei fedeli c’è un’intenzione in francese per “i perseguitati a causa della fede”, affinché il “sacrificio d’amore” del Signore “sostenga la fedeltà e la mitezza dei cristiani” durante la prova. In cinese si pregherà per la pace tra i popoli e la giustizia nel mondo. (fonte: Radio Vaticana)

  video


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La Domenica delle Palme con Papa Francesco /2 (Omelia)


Omelia di Papa Francesco

Questa settimana incomincia con la processione festosa con i rami di ulivo: tutto il popolo accoglie Gesù. I bambini, i ragazzi cantano, lodano Gesù.
Ma questa settimana va avanti nel mistero della morte di Gesù e della sua risurrezione. Abbiamo ascoltato la Passione del Signore. Ci farà bene farci soltanto una domanda: chi sono io?

  il testo integrale dell'Omelia

  video


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La Domenica delle Palme con Papa Francesco /3 (Angelus e passaggio della Croce GMG)



Al termine di questa Celebrazione, rivolgo un saluto speciale ai 250 delegati – vescovi, sacerdoti, religiosi e laici – che hanno partecipato all’incontro sulle Giornate Mondiali della Gioventù organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici. Comincia così il cammino di preparazione del prossimo raduno mondiale, che si svolgerà nel luglio 2016 a Cracovia e che avrà per tema «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7).
Tra poco i giovani brasiliani consegneranno ai giovani polacchi la Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù. L’affidamento della croce ai giovani fu compiuto trent’anni fa dal beato Giovanni Paolo II: egli chiese loro di portarla in tutto il mondo come segno dell’amore di Cristo per l’umanità.

Il prossimo 27 aprile avremo tutti la gioia di celebrare la canonizzazione di questo Papa, insieme con Giovanni XXIII. Giovanni Paolo II, che è stato l’iniziatore delle Giornate Mondiali della Gioventù, ne diventerà il grande patrono; nella comunione dei santi continuerà ad essere per i giovani del mondo un padre e un amico.

Chiediamo al Signore che la Croce, insieme all’icona di Maria Salus Populi Romani, sia segno di speranza per tutti rivelando al mondo l’amore invincibile di Cristo.

[Passaggio della Croce]
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  il testo integrale dell'Angelus

  video

Papa Francesco saluta i fedeli

  video

  video integrale della celebrazione


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Papa Francesco UDIENZA GENERALE 16 aprile 2014 - testo. foto e video



 Piazza San Pietro 
 16 aprile 2014 


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi, a metà della Settimana Santa, la liturgia ci presenta un episodio triste: il racconto del tradimento di Giuda, che si reca dai capi del Sinedrio per mercanteggiare e consegnare ad essi il suo Maestro. «Quanto mi date se io ve lo consegno?». Gesù in quel momento ha un prezzo. Questo atto drammatico segna l’inizio della Passione di Cristo, un percorso doloroso che Egli sceglie con assoluta libertà. Lo dice chiaramente Lui stesso: «Io do la mia vita… Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo» (Gv 10,17-18). E così, con questo tradimento, incomincia quella via dell’umiliazione, della spogliazione di Gesù. Come se fosse nel mercato: questo costa trenta denari…. Una volta intrapresa la via dell’umiliazione e della spogliazione, Gesù la percorre fino in fondo.
Gesù raggiunge la completa umiliazione con la «morte di croce». Si tratta della morte peggiore, quella che era riservata agli schiavi e ai delinquenti. Gesù era considerato un profeta, ma muore come un delinquente.

  video della catechesi

...
Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Domani inizia il Triduo Pasquale, cuore dell’anno liturgico. Cari giovani, riflettete sul prezzo di sangue pagato dal Signore per la nostra salvezza. Cari malati, il Venerdì Santo vi insegni la pazienza nei momenti di croce. E voi, cari sposi novelli, riempite della gioia della Risurrezione le vostre mura domestiche.

  il testo integrale dell'udienza generale

Prima dell’avvio dell’udienza, in una piazza San Pietro soleggiata e particolarmente affollata, papa Francesco ha tra l’altro fatto fermare la jeep bianca sulla quale stava facendo il consueto giro quando ha visto un gruppo di bambini italiani, è andato a salutarli e ha poi proposto a due di loro, entrambi con un berretto bianco, di fare un giro con lui sulla vettura. I due sono saliti, e tra qualche sorriso e un po’ di imbarazzo, hanno iniziato a salutare a loro volta la folla, mentre Jorge Mario Bergoglio proseguiva il giro benedicendo, salutando, baciando neonati. "Vi piace?", ha domandato voltandosi ai due bambini. “È una gita fuori programma...", ha aggiunto.

  video

Un altro bambino che lo ha salutato a inizio dell'udienza gli ha regalato un pacchetto di patatine. Papa Francesco ha firmato un cartellone di un gruppo di fedeli, una maglia a un altro. Alcuni gli hanno tirato, come di consueto, magliette e bandiere latinoamericane, in un caso lui l'ha afferrata al volo, benedetta, e rilanciata nella folla. Alla fine dell’udienza, un breve siparietto. Lo speaker che introduceva i saluti finali del Papa per i fedeli di lingua italiana si è dovuto interrompere strozzato da un colpo di tosse. Papa Francesco ha assistito alla scena, e, per sdrammatizzare, ha poi scherzato: "Ma sei invecchiato, eh?". (fonte del testo: Vatican Insider)

 
video integrale



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Il Giovedì Santo di Papa Francesco - Messa del Crisma (testi e video)


Lo scorso anno aveva chiesto ai preti di essere pastori «con l'odore delle pecore», e oggi, celebrando la messa del crisma, la liturgia che nel Giovedì Santo ogni vescovo celebra con tutto il suo clero benedicendo gli oli che serviranno per amministrare i sacramenti, Papa Francesco ha continuato a tracciare l'identikit del prete a partire dalla gioia che caratterizza chi è fedele alla sua missione sacerdotale. E ha confidato di essere passato anche lui attraverso momenti di apatia e noia nella sua vita di prete.

  il testo integrale dell'Omelia della Messa del Crisma "Unti con l’olio della gioia"

  video dell'Omelia

  video integrale della celebrazione



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Il Giovedì Santo di Papa Francesco - Messa in Coena Domini (testi e video)




L’anno scorso al Carcere minorile di Casal del Marmo, quest’anno al Centro per disabili Santa Maria della Provvidenza gestito dalla fondazione Don Carlo Gnocchi: fedele alla consuetudine che aveva già come arcivescovo di Buenos Aires, papa Francesco ha presieduto la messa “in Coena Domini” del Giovedì santo, ed ha compiuto il rito della Lavanda dei Piedi, tra gli “ultimi” della società. 

Papa Francesco è giunto poco prima delle 17, nella ormai consueta Ford Focus blu, al Centro che si trova nella periferia nord-ovest di Roma. Il Centro è stato visitato in passato da Paolo VI e Giovanni Paolo II. Presenti il sostituto della Segreteria di Stato Giovanni Angelo Becciu, il cardinale vicario di Roma Agostino Vallini, il presidente della Fondazione Don Gnocchi Angelo Bazzari, oltre al comandante della Gendarmeria Domenico Giani e al portavoce vaticano Federico Lombardi. Il Papa si è soffermato a salutare e baciare i fedeli che lo attendevano prima di andare in sacrestia per prepararsi alla celebrazione liturgica. 

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“Abbiamo sentito quello che Gesù ha fatto nell'ultima cena”, ha detto Jorge Mario Bergoglio in una breve omelia a braccio...

  il testo integrale dell'Omelia

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I dodici disabili a cui il Papa ha lavato i piedi, di diversa età, etnia e confessione religiosa, rappresentavano tutti i pazienti assistiti nei ventinove centri operativi in Italia dalla fondazione che si ispira al prete dei “mutilatini”.
I dodici assistiti – riferisce una nota della fondazione – erano Osvaldinho, 16 anni, originario di Capo Verde, paralizzato dopo un tuffo in mare; Orietta, romana, 51 anni, colpita da bambina da un vaiolo che le ha provocato un'encefalite; Samuele, 66 anni, originario di L'Aquila, colpito da piccolo da una poliomelite che lo ha parzialmente paralizzato; Marco, 19 anni di Sabaudia, malato di neoplasia cerebrale; Angelica, 86 anni, originaria di Maenza, in riabilitazione per alcune fratture; Daria, 39 anni, affetta da tetraparesi spastica neonatale; Pietro, 86 anni, colpito da anziano da un semplice deficit dell`equilibrio e della deambulazione; Gianluca, 36 anni, che ha subito vari interventi per meningite; Stefano, 49 anni, affetto da oligofrenia grave e spasticità; Hamed, 75 anni, originario della Libia, di religione musulmana, in riabilitazione dopo un incidente stradale; Giordana, 27 anni, originaria dell’Etiopia, affetta da tetraparesi spastica in seguito a paralisi cerebrale infantile ed epilessia; Walter, 59 anni, affetto da sindrome di down.
Bergoglio ha tenuto a inginocchiarsi di fronte a tutti e dodici i disabili, aiutato dai cerimonieri, versando l’acqua, asciugando e baciando i loro piedi.

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La cerimonia si è conclusa con la tradizionale reposizione del Santissimo Sacramento.
“Ringrazio tutti voi – ha detto alla fine – per l’accoglienza, per la vostra buona volontà, la vostra pazienza, la vostra fede, la testimonianza della vostra speranza. Che il Signore risorto vi visiti, vi consoli, e sia in mezzo a tutti voi: questo è il mio desiderio di una buona e santa Pasqua”. Dopo aver salutato tutti i disabili presenti nella chiesa, papa Francesco ha lasciato il centro prima delle 19,30 per fare rientro in Vaticano. (Fonte del testo: Vatican Insider)

  video integrale


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Papa Francesco: "Con i bambini non si scherza!" - L'essere umano non è un "bene di consumo"


È misericordioso con tutto e con tutti, ma quando si tratta di bambini maltrattati, abusati, costretti a subire ogni tipo di violenza, Papa Francesco è intransigente. L'argomento tocca così a fondo le intime corde del suo animo che il Pontefice si sente in dovere di chiedere perdono per tutto “il male” e i danni compiuti spesso da uomini di Chiesa nei confronti dei minori.
Come ha fatto ricevendo una delegazione dell’Ufficio Internazionale Cattolico dell’Infanzia (Bice), davanti alla quale, con profonda radicalità, ha detto: “Mi sento chiamato a farmi carico” e “a chiedere perdono” “di tutto il male che alcuni sacerdoti” hanno compiuto e “per gli abusi sessuali sui bambini”. “La Chiesa è cosciente di questo danno”, ha affermato il Santo Padre, “è un danno personale e morale loro, ma di uomini di Chiesa. E noi non vogliamo compiere un passo indietro in quello che si riferisce al trattamento di questo problema e alle sanzioni che devono essere comminate. Al contrario, credo che dobbiamo essere molto forti”.
Il Papa ha espresso gratitudine, invece, ai membri del Bice per l’impegno in favore dei bambini: “una espressione concreta e attuale della predilezione che il Signore Gesù ha per loro" - l'ha definito - da parte di un organismo "nato dalla maternità della Chiesa"
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Prima della benedizione, Papa Francesco ha sintetizzato il suo vigoroso discorso in un’immagine: il logo della Commissione della protezione dell’infanzia e dell’adolescenza a Buenos Aires che ritrae la Sacra Famiglia sopra un asinello in fuga verso l’Egitto per difendere il Bambino. “A volte – ha concluso il Pontefice - per difendere, è necessario scappare; a volte è necessario fermarsi per proteggere; a volte è necessario combattere. Però sempre bisogna avere tenerezza”.

  Il Papa: "Con i bambini non si scherza!". E chiede perdono per gli abusi del clero sui minori

  il testo integrale del discorso alla Delegazione dell'Ufficio Internazionale Cattolico dell'Infanzia (BICE)

  video

Un vivacissimo uditorio, composto da quasi 500 persone, in prevalenza mamme con i loro bambini, ha accolto stamattina papa Francesco nella Sala Clementina, in occasione dell’udienza concessa al Movimento per la Vita italiano (MPV).
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Ribadendo che “la vita umana è sacra e inviolabile”, Francesco ha sottolineato: “Ogni diritto civile poggia sul riconoscimento del primo e fondamentale diritto, quello alla vita, che non è subordinato ad alcuna condizione, né qualitativa né economica né tanto meno ideologica”.
Per assicurare il diritto alla vita e per salvaguardarne il valore, ha aggiunto, citando laEvangelii Gaudium (53), “dobbiamo dire no a un’economia dell’esclusione e della inequità” che, considera l’essere umano come “un bene di consumo, che si può usare e poi gettare”. Si tratta di un’economia che incoraggia la “cultura dello scarto” e che “uccide”.
Nella nostra epoca, ha proseguito il Pontefice, viviamo un “divorzio tra economia e morale”, in cui ogni “novità tecnologica” che approda sul mercato va a calpestare “le norme etiche elementari della natura umana, sempre più trascurata”.
Il Santo Padre ha quindi esortato a “ribadire la più ferma opposizione ad ogni diretto attentato alla vita, specialmente innocente e indifesa, e il nascituro nel seno materno è l’innocente per antonomasia”...

  L'essere umano non è un "bene di consumo"

  il testo integrale del discorso al Movimento per la Vita italiano

  video


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