"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°14 del 2014

Aggiornamento della settimana

- dal 29 marzo al 4 aprile 2014 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per l'11 aprile 2014          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

    di P. Gregorio Battaglia
  di P. Aurelio Antista
    di P. Alberto Neglia


PREGHIERA DEI FEDELI

 
N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 








I NOSTRI TEMPI

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Opg: un orrore prorogato



Un «autentico orrore indegno di un paese appena civile». Così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, definiva gli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) nel discorso di fine anno del 2012. A distanza di quasi due anni, il capo dello Stato esprime nuovamente «rammarico», questa volta per aver dovuto firmare il decreto che prevede lo slittamento della chiusura dei sei Opg attivi a livello nazionale dal 2014, come previsto dalla legge, al 2015 
Una proroga, varata ieri dal Consiglio dei ministri, motivata dal fatto che non sono ancora state realizzate nelle Regioni le residenze per la riabilitazione previste come alternativa agli Opg, le cosiddette Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), che tuttavia, secondo varie associazioni, non rappresentano la soluzione al problema. La proroga, sostiene il Comitato StopOpg, «protrae solo la sofferenza» dei circa mille detenuti-pazienti ancora internati nelle sei strutture. ...

   Napolitano e il rinvio della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari “Proroga con rammarico, un orrore”

Sotto al primo sole di marzo i detenuti dell’Ospedale psichiatrico giudiziario passeggiano adagio su e giù per i cortili. Sono 206 uomini, oltre a 98 donne, colpevoli di reati commessi in stato di infermità mentale, e tuttora ritenuti socialmente pericolosi. Quando passano i medici tanti di loro si avvicinano, ansiosi di sapere: «Dottore, e la mia perizia? Quando potrò uscire?».
«Quando», per molti è una data assolutamente incerta. Di sei mesi in sei mesi la "pericolosità sociale" può essere prorogata, senza un termine. È l’aberrazione degli Opg italiani, come un limbo in cui si entra, ma spesso non si sa quando si esce. Per uno schiaffo a un vigile c’è stato chi si é fatto quindici anni. «Mi hanno dato una stecca», cioè una proroga, dicono fra di loro i detenuti: e sono altri sei mesi.
Adesso, la proroga l’hanno avuta gli Opg, che sulla carta tra due giorni dovevano chiudere. Niente da fare, le nuove comunità che dovrebbero accogliere questi detenuti hanno già la loro sigla per nome, "Rems", ma nelle Regioni non esistono ancora. Tutto, dunque, come prima. ...

   Viaggio negli Opg, nuova proroga alla vergogna di Marina Corradi

Vedi anche alcuni dei nostri precedenti post:
  • OPG possibile la chiusura?
  • Dove andranno i pazienti degli Opg?
  • Ospedali Psichiatrici Giudiziari: "estremo orrore inconcepibile in qualsiasi Paese appena civile"


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Il governo concede altri dodici mesi alle Regioni per chiudere gli ospedali psichiatrici giudiziari. Il presidente della Repubblica li aveva definiti "luoghi dell'orrore". Ma lo psichiatra Giuseppe Dell'Acqua difende la scelta: "Era inevitabile perché finora si è fatto poco"

  Luca Sappino: Opg, nell'attesa della chiusura arriva l'ennesima proroga


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Il 2 aprile è dedicato ai 400mila autistici italiani. Fino al 2007 questa condizione, che solo nel nostro Paese colpisce 1 bimbo su 80, non aveva una data apposita perché identificata con la pazzia. "Bisogna parlarne il più possibile - spiega il direttore di Superabile - per abbattere l'ignoranza"

  Giovanni Molaschi:  Giornata mondiale dell’autismo, “imparare a conoscerlo per non avere paura”


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Tg2 Dossier: “La neve, la prima volta” - Telecamere sul naufragio dell’accoglienza


   La neve, la prima volta (video)

Fanus è lì, seduta nel suo dolore infinito, a grattarsi via dalle unghie l’ultimo smalto che è rimasto, e dal volto un’adolescenza consumata troppo in fretta. Il suo aguzzino, carceriere, violentatore somalo eccolo che avanza laggiù, alto, magro, quasi elegante nel portamento, mentre entra nell’auto della polizia con le manette ai polsi. Un capolavoro di immagini, di voci (prestate gratuitamente da cinque attori professionisti) e di un montaggio che assembla torturatori e torturati, sopravvissuti e vittime della strage di Lampedusa del 3 ottobre scorso, raccontando una storia che comincia molto prima dell’approdo o del mancato approdo nell’isola, e che vorrebbe continuare dopo e possibilmente non da noi (non abbia timore, vicepresidente Alfano) ma nei paesi scandinavi che accolgono i rifugiati, o in Olanda dove dopo due settimane a chi chiede asilo politico consegnano una tessera magnetica per piccoli prelevamenti settimanali, mentre da noi possono passare alcuni mesi prima che uno venga interrogato.
Sabato 5 aprile, alle 23,30, va in onda un imperdibile Tg2 Dossier, dal titolo “La neve, la prima volta”, realizzato da Valerio Cataldi con il patrocinio dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati. La storia di quattro ragazzi, due miracolosamente scampati al naufragio che ha tolto la vita a 366 esseri umani, e due venuti a cercare i loro familiari. Impresa inutile per Adal, arrivato da Stoccolma: il fratello era scomparso nei flutti. Wiskey, invece, può riportare a Oslo il fratello, ma deve piangere la morte della sorella. I giovani sono seguiti fino ai paesi in cui hanno scelto di vivere, dove cade quella neve che non avevano mai visto prima. ...

   Telecamere sul naufragio dell’accoglienza

Fanus, Adal, Weldezghi, Ali. Quattro storie, dal naufragio del tre ottobre al naufragio dell'accoglienza.

   video

... Fanus la neve l’ha vista la prima volta a metà febbraio. Neve di Norvegia. La stessa in cui hanno affondato le scarpe Mehrawi e Petros. Arrivati nel nord europa alla fine di un lungo viaggio, scampati alle torture e al sequestro nel deserto del sahara e al naufragio del 3 ottobre. Le loro storie assieme a quelle di Adal e di Ali, il giovane siriano che ha girato il video delle docce antiscabbia, le raccontano loro stessi in un documentario di 54 minuti La neve, la prima volta, una produzione Tg2 Dossier sulla quale il tg2 ha voluto investire. Andrà in onda su Raidue sabato 5 aprile alle 23,30 e verrà proiettato in anteprima il 2 aprile alle 18 alla Casa del Cinema di Villa Borghese a Roma. Li abbiamo seguiti dal loro arrivo a Lampedusa fino a quando hanno toccato la neve di Svezia e Norvegia, e lungo la strada, ci hanno raccontato le loro storie.
Storie di persone fuggite da guerre e dittature. Storie di ordinario terrore di cui sappiamo molto poco. I volti dei quattro protagonisti non possono essere mostrati perché i loro familiari potrebbero subire ritorsioni. Le loro voci, invece, sono affidate al doppiaggio di nomi famosi del cinema italiano: Francesco Pannofino, Carolina Crescentini, Nicolas Vaporidis, Francesco Venditti, Simone Crisari. Attori che hanno accettato di far parte del progetto con grande entusiasmo perché, come dice Carolina Crescentini: “di fronte a storie come quella di Fanus, non si può far finta di nulla”. Un modo per dare visibilità a chi è costretto a nascondere il proprio volto per proteggere se stesso e i propri familiari.

   La neve, la prima volta

Tg2 Dossier: “La neve, la prima volta” 
Sabato 5 aprile ore 23,30


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Il 4 aprile del 1968 Martin Luther King veniva ucciso a Memphis.

 
Se avremo aiutato
...
  Io ho un sogno...
  Sì, è vero...

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FEDE E
SPIRITUALITA'

 

NELLA SOBRIETÀ IL FUTURO DELLA TERRA 

HOREB n. 66 - 3/2013


TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI

I tifoni sempre più violenti che si ripetono in modo più frequente in varie parti di questo nostro mondo, provocando morte e distruzione di intere città ci lasciano sbigottiti e ci fanno dire che il clima è impazzito.
Sì il clima è impazzito, ma la responsabilità di questo stravolgimento è legata al delirio dell’uomo che, dimenticando la sua vocazione di essere custode del creato, pensa di esserne il padrone e, coltivando un atteggiamento feroce nei riguardi del pianeta terra, provoca, con le proprie scelte consumistiche,
inquinamento, desertificazione e morte.
 Scienziati accreditati ci ricordano che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è al limite di guardia. Le emissioni di gas serra continuano a crescere del 2-3% l’anno a causa della deforestazione e dei combustibili fossili: petrolio, carbone e metano. Ci attende una tragedia con conseguenze devastanti: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, tempeste.
L’inquinamento dell’acqua, dell’aria, della terra, quindi, è la conseguenza di un rapporto scorretto tra l’uomo e l’ambiente, un rapporto innaturale tra natura ed esistenza, un rapporto violento tra creature volute e pensate da Dio per vivere in pace. La natura è oggi, in più maniere, violentata. Il fenomeno è preoccupante per la sua ampiezza a scala mondiale, per la vastità a vari livelli, e perché è avanzante con l’avanzare della logica del profitto.
L’uomo di oggi, allora, consapevole di questo dato di fatto, è chiamato a svegliarsi dal torpore, e, rinunciando a un tenore di vita che si è dimostrato essere incompatibile con le leggi dell’equilibrio uomo-natura, è invitato a scegliere uno stile di vita sobrio. Questa presa di coscienza non è più rimandabile né da delegare ad altri, ma si impone come atto di responsabilità per rendere vivibile il nostro pianeta e per avviare, sul piano strutturale, la costruzione di un sistema che crei le condizioni per una piena umanizzazione di tutte le relazioni.
È questo l’orizzonte che anima la nostra riflessione.


   Editoriale (pdf)

   Sommario (pdf)


E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it



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  Convertirsi non è questione...
  Solo chi riconosce...
  Chi è cieco...
  Tu sei la mia luce...
  Domandiamoci come è il nostro cuore?...
  Oggi siamo invitati...
  Tutto deve ancora avvenire...
  Con la fede saremo in grado...
  Quando il saggio...
Pesce d'Aprile... papale!!!
  Da oggi in poi... (vignetta)
  Si dimentica forse una donna...
  Quando un uomo e una donna...
  Il matrimonio risponde ad una vocazione...
  Cos'è la misericordia...
  Oggi è un nuovo giorno...


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  Gen Rosso:  Il cieco nato (video)

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Il 24 marzo ricorre l’anniversario dell’uccisione di monsignor Oscar Romero.
Fu ucciso nel 1980 mentre celebrava Messa in una piccola cappella
Nel Salvador la data è stata dichiarata “giornata della memoria” del grande vescovo latino-americano
Per la Chiesa dal 1992 questa data è dedicata alla preghiera e al digiuno in memoria dei missionari martiri.



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IL CIECO NATO di Carlo Maria Martini (VIDEO)


IL CIECO NATO 
di Carlo Maria Martini
(Milano, 20.03.1981)

"... Sullo sfondo di queste scene stanno i farisei, essi stanno fermi, sanno tutto di Dio, non cambiano, non si lasciano provocare dai segni misteriosi in cui Dio si manifesta, essi giudicano Gesù un peccatore, perché non corrisponde all'idea che essi si sono fatti di Dio e del suo Messia, ma proprio essi che credono di vedere e sapere tutto finiscono per non vedere la gloria di Dio presente nelle opere di Gesù...
Il cieco nato va fino in fondo nel suo incontro con Gesù, perché è un uomo illuminato.
Il cieco è modello dell'itinerario di fede con cui l'uomo va incontro a Cristo....."(Carlo Maria Martini)

  video


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SAN FRANCESCO DI PAOLA Patrono della gente di mare

  SAN FRANCESCO DI PAOLA  (video)

  O buon Gesù...

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Il 2 aprile 2005 Giovanni Paolo II tornava alla Casa del Padre

  L'amore non è una cosa che...
  Ogni stato cristiano di vita...
  Lasciate che Cristo dimori...

Sotto l’occhio attento dei media di tutto il mondo, Giovanni Paolo II si spense alle 21.37 del 2 aprile 2005 nel Palazzo Apostolico della Città del Vaticano. 
Mons. Leonardo Sandri, sostituto alla Segreteria di Stato, annunciò così la morte: “Carissimi fratelli e sorelle, alle 21,37, il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II è tornato alla Casa del Padre, preghiamo per lui”, fu cantata la Salve Regina e le campane della Basilica di san Pietro hanno suonato a lutto.

 
Annuncio della morte di Giovanni Paolo II  (video)


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Giovanni Paolo II nell'anniversario della sua morte le parole di Papa Francesco e il ricordo di mons. Stanisław Dziwisz e di mons. Leonardo Sandri


2 aprile 2005 - 2 aprile 2014

"L’anniversario della morte del Beato Giovanni Paolo II che cade oggi dirige il nostro pensiero verso il giorno della sua canonizzazione che celebreremo alla fine del mese. L’attesa di questo evento sia per noi l’occasione per prepararsi spiritualmente e per ravvivare il patrimonio della fede da lui lasciato. Imitando Cristo è stato per il mondo predicatore instancabile della parola di Dio, della verità e del bene. Egli fece del bene perfino con la sua sofferenza. Questo è stato il magistero della sua vita a cui il Popolo di Dio ha risposto con grande amore e stima. La sua intercessione rafforzi in noi la fede, la speranza e l’amore." (Papa Francesco -  Udienza 02/04/2014)

Il 2 aprile di 9 anni fa, Giovanni Paolo II tornava alla Casa del Padre, dopo una lunga malattia affrontata con indomito coraggio e generosità. Ad annunciare la morte di Karol Wojtyla in una Piazza San Pietro trasformatasi in un Cenacolo a cielo aperto, fu il sostituto alla Segreteria di Stato, Leonardo Sandri che oggi, cardinale prefetto del dicastero per le Chiese Orientali, ricorda – al microfono di Alessandro Gisotti - l’emozione di quel momento

  Quando muore un Santo. Il card. Sandri ricorda Karol Wojtyla

Il 2 aprile 2005 moriva il beato Giovanni Paolo II. Si concludeva così il lungo pontificato del primo Papa polacco della storia. Un testimone oculare d’eccezione di questi ventisette anni e del periodo precedente trascorso da Wojtyła in Polonia è il suo segretario Stanisław Dziwisz, attuale cardinale arcivescovo di Cracovia. In questa intervista al nostro giornale — a poche settimane dalla domenica della divina misericordia, quando Papa Francesco eleverà Giovanni Paolo ii agli onori degli altari insieme con Giovanni XXIII — il cardinale ripercorre alcuni momenti della vita di Wojtyła e il suo legame con la Giornata mondiale della gioventù, che nella prossima edizione si svolgerà proprio a Cracovia.

  Il cardinale Dziwisz nell’anniversario della morte di Papa Wojtyła


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Come aggiungere qualcosa che non sia stato ancora detto e ridetto su Giovanni Paolo II? Come dirlo meglio? Per una volta ho sposato la linea di mio marito: parlare il meno possibile. Ascoltare chi ha qualcosa da dire. Far parlare le immagini.
Rai Due ha chiesto a noi di Rai Vaticano di raccontare in quattro speciali da quaranta minuti la storia d’amore degli ultimi tre Papi con i giovani, e non è stato facile: le cose da dire sono tante, l’archivio Rai è una cosa sterminata, incredibile. Attacco di panico, contemplazione del foglio vuoto, degustazione di circa sedici varietà di cioccolato. Poi, il passaggio all’azione.

  Costanza Miriano:  Santo subito


Parla il suo antico segretario, oggi arcivescovo di Cracovia: in quarant’anni non l’ho mai visto arrabbiarsi con nessuno. Amava i dolci e il caffè, cantava spesso

  VATICAN INSIDER:  Dziwisz: “Wojtyla faceva passare anche il mal di testa”



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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO

"Guardando, non vedono; 
udendo, non ascoltano
e non comprendono"
(Matteo 13,13)



  Gianfranco Ravasi:  Guardare e non vedere, ascoltare e non comprendere


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RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino

Vangelo:
 Gv 9,1-41

Il capitolo 9 del Vangelo di Giovanni è un meraviglioso inno a Dio Creatore, il Dio che ha plasmato con le Sue mani la polvere del suolo e con il soffio della Sua bocca ha comunicato all'uomo la Sua stessa vita (cf, Gen 2,7). E' lo stesso Dio che, nella carne di Gesù di Nazareth, "ha piantato la sua tenda in mezzo a noi", che ci rifà nuovi gli occhi perché possiamo contemplare ancora il suo volto di misericordia, di tenerezza e d'amore. E' l'incontro con Gesù "luce del mondo" (9,5) che apre i nostri occhi sulla storia dell'uomo, una storia che "fin dal principio" è fatta di sopraffazione, di oppressione e di morte. Il Signore Gesù, nella la sua Vita e nella sua Parola, impastate con la nostra fragilità, ci ridona la capacità di contemplare la realtà umana con gli occhi stessi di Dio, ci ridona la libertà e la dignità perdute, fa di noi persone totalmente nuove, dei figli ad immagine sua, "il Figlio unigenito Dio che è nel seno del Padre"(1,18). La sua presenza in noi, nelle nostre parole, nei nostri gesti, nelle nostre relazioni, ci renderà irriconoscibili agli occhi di quanti giudicano secondo parametri umani (9,8-9) anche se rivestiti di sacralità religiosa, costoro sì ciechi, perché incapaci di vedere ed accogliere il Dio Vivente che in Cristo Gesù è venuto a ridonarci la vita.
...


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Omelia di don Angelo Casati sul Vangelo nella IV domenica di Quaresima


Omelia di don Angelo Casati 
nella IV Domenica di Quaresima
Anno A - 30 marzo 2014

1Sam 16,1b.4a.6-7.10-13 
Sal 22
Ef 5,8-14 
Gv 9, 1-41


Non possiamo sfuggire al contrasto, che non è marginale, non è alla superficie, è di fondo: un contrasto che attraversa tutto l'episodio del Vangelo, che oggi abbiamo ascoltato: quel cieco, di cui non è detto il nome, e quel gruppo di farisei.
Un contrasto insanabile che dilaga in tutto il racconto. Al punto che Gesù è confinato all'inizio e alla fine.
E il cieco, che ora ha gli occhi aperti, sorprendentemente aperti, il cieco in apparenza solo - Gesù è assente - solo, a sostenere la contrapposizione. Dura, estenuante contrapposizione! E c'è un termine che ricorre più volte, insistente nel brano del Vangelo, il termine "peccato": lo apre e lo chiude.
"Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?": all'inizio.
E alla fine: "Siccome dite: noi vediamo, il vostro peccato rimane".
E non è solo all'inizio e alla fine! Sulle labbra di quei farisei il termine "peccato" è il più ricorrente, quasi un'ossessione.
Una religione ridotta a questioni di peccato. La questione è il peccato.
E andiamo adagio ad attribuire questa ossessione solo a quel gruppo di farisei. Non ne erano esenti nemmeno i discepoli, tant'è che vedendo il cieco, nato cieco, loro disquisiscono. Su che cosa? Sul peccato: "Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?".
Come se il peccato fosse l'unica categoria interpretativa della realtà o la categoria più decisiva della fede.
E Gesù sbarazza subito il campo: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio". Come a dire: non inaridite la fede, non impoveritela in una questione di peccati. La fede è stare in attesa dell'opera di Dio. È sconsolante dirlo, ma a quel gruppo di farisei -ma non solo a loro, succede anche a noi- non interessava l'opera di Dio, anzi la negavano: l'avevano davanti agli occhi nella figura del cieco nato, ma a loro non interessava, perché più delle sorprese di Dio per loro contava la categoria del peccato, le loro classificazioni circa il peccato.
...
Sull'altro versante assistiamo invece a un'illuminazione, progressiva, emozionante del cieco.
...
Hanno così complicato la religione, che non guardano più in faccia la vita.
La fede in Gesù lo rende leggero, estraneo a tutte le complicazioni dogmatiche, moralistiche: va al cuore, al cuore della persona, al cuore del problema, al cuore della questione.
A chi assomigliamo come chiesa? Come chiesa, ma anche come singoli cristiani?
Uno ti incontra e dice: Ma che luce che ha dentro, e come fa bene, com'è bello stare e camminare con lui.
Uno ti incontra e dice: Parla come un libro stampato! Questi sa tutto. Che presunzione, che noia!
A chi assomigliamo? Il Signore ci renda luminosi, luminosi dentro e sul volto, come Mosè sul monte.

  Omelia di don Angelo nella IV domenica di Quaresima


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Omelia di mons. Rosario Gisana nuovo Vescovo di Piazza Armerina (video)


Fraternità Carmelitana di Pozzo di Pozzo di Gotto

IV Domenica di Quaresima anno A
30-03-2014

Omelia di mons. Rosario Gisana 
nuovo Vescovo di Piazza Armerina

La liturgia della quarta domenica di quaresima è dedicata, come avete sentito, alla luce perché la luce, la luminosità crea evidentemente un atteggiamento, un'apertura, un senso di festa, tanto è vero che viene chiamata domenica in laetare, una domenica di gioia, di festa e alla luce delle scritture che abbiamo ascoltato credo che non sia così difficile capire quale sia la ragione che ci porta ad essere gioiosi.
Io penso che la nostra gioia è datata al fatto che come oggi, ma quando lo vogliamo possiamo incontrare il Signore e avere con Lui una relazione intima, forte, amicale, continuativa...

Guarda il video


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Carlo Maria Martini: fedele alla storia, fedele all'Eterno - Incontro promosso dalla Fondazione Carlo Maria Martini a Torino (Testo, audio e video)


Carlo Maria Martini: 
fedele alla storia, fedele all'Eterno 
Incontro promosso dalla Fondazione Carlo Maria Martini a Torino 
(Testo, audio e video)

Lunedì 3 marzo 2014 la Fondazione Carlo Maria Martini con il patrocinio della Città di Torino, ha promosso un incontro per ricordare la figura del Cardinale, a meno di un mese dall’anniversario della sua nascita, avvenuta proprio a Torino il 15.02.1927.
Dopo il saluto del Sindaco Piero Fassino e l’introduzione di p. Carlo Casalone SJ, Provinciale dei Gesuiti d’Italia e presidente della Fondazione Carlo Maria Martini, sono intervenuti l’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte e il professor David Meghnagi, direttore del Master in Didattica della Shoah presso l’Università Roma Tre. L'incontro è stato moderato da Giulia Facchini Martini e si è concluso con un contributo musicale Miriam Meghnagi.

Il Cardinale Martini
Mediatore tra fede e umanità
di 
 
Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto

"Il Card. Martini è uno di quei maestri verso i quali la distanza temporale non solo non fa diminuire l’interesse, ma in qualche modo l’accresce, portando a scoprire nuove risonanze e significati inediti del messaggio che ci hanno lasciato. Qual è questo messaggio nel caso di Martini? Provo a riassumerne le linee portanti: fedele alla storia, fedele all’Eterno, egli ha provato di continuo a coniugare queste due fedeltà. L’urgenza di essere fedele alla storia nasceva in lui dalla convinzione che per il cristiano la trascendenza divina va intesa sempre anche come un’imminenza, che tocca e trasforma dal di dentro il cuore umano. Ispiratore di questa concezione era il pensiero di un altro grande gesuita, Karl Rahner, che aveva saputo coniugare i diritti del soggetto, rivendicati dalla ragione moderna, con quelli della verità oggettiva, postulati dal pensiero classico: l’uomo non è né un soggetto prigioniero del proprio mondo interiore, incomunicabile all’altro, né un semplice caso dell’universale, misurato da leggi astratte e assolute. Essere dell’apertura verso il Trascendente, l’uomo è l’“uditore della Parola”, proiettato fuori di sé in un esodo liberamente orientato all’avvento di Dio. Questa visione si ritrova nel pensiero di Martini anzitutto nella struttura dialogica che sempre vi ritorna, nell’accento posto sul rapporto d’alleanza fra l’uomo che esce da sé e il Dio che viene a lui. È però interessante rilevare i correttivi che Martini introduce nella concezione di Rahner: lì dove questa rischia di essere eccessivamente ottimista e di oscurare la realtà tragica del peccato e dei suoi effetti, Martini attinge dalla Scrittura e dalla sapienza pastorale della Chiesa il senso del dramma del male e delle sue conseguenze (si pensi all’analisi del Salmo 50, il Miserere). Lì dove l’attenzione all’individuo potrebbe prevalere sulla necessità della mediazione comunitaria, in Martini è molto marcato il senso dell’appartenenza alla Chiesa. È possibile allora rilevare come le intuizioni di Rahner abbiano trovato nel Cardinale un mediatore creativo, che ha saputo adattarle alle esigenze con cui il servizio pastorale lo ha messo in contatto, per aiutare la fede e l’amore al prossimo nel vissuto della sua gente. Un secondo tratto del messaggio che ci ha lasciato Martini è costituito dalla sua volontà di essere fermamente fedele all’Eterno. Sia che esalti la dimensione contemplativa della vita, sia che inviti a porsi in ascolto della Parola di Dio, sia che evidenzi la centralità dell’eucaristia e l’esigenza che ne scaturisce di farsi prossimo, Martini ha presente come meta e criterio la ricerca di Dio e della sua gloria. Risuonano qui alcuni motivi fondamentali degli Esercizi ignaziani: “L’uomo è creato per lodare, rispettare e servire Dio, nostro Signore, e con ciò salvare la propria anima. Le altre cose sulla faccia della terra sono create per l’uomo, per aiutarlo a conseguire il fine per il quale è stato creato” (Principio e fondamento). ..." (Bruno Forte)
 
  Il Cardinale Martini Mediatore tra fede e umanità di Bruno Forte (PDF)

  GUARDA IL SERVIZIO (video)


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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni

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"Il primo Papa incontra i pagani" 
di Silvano Fausti

Gesuita, biblista e scrittore

«Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone» (leggi Atti 10, 23b-48 e 11, 1-18)

Il Padre, per smuovere Pietro ad andare dai pagani, mobilita truppe celesti e terrestri. Scomoda anche se stesso e lo Spirito Santo. È in gioco l’identità del Figlio e sua. Il primo Papa, futuro vescovo di Roma pagana, pur riluttante e con molti distinguo è costretto a incontrare chi vorrebbe evitare. Pietro ignora il senso della sua visione e perché debba seguire i tre uomini. Neppure sa che dire o che fare con Cornelio. Capirà lentamente, da ciò che avviene. La realtà è l’unica maestra.
A malincuore e scortato da sei fratelli (At 11,12), segue il soldato e i due che hanno ricevuto l’ordine di «tradurlo» a Cesarea. Cornelio lo aspetta da quattro giorni. Al vederlo, gli si getta ai piedi per adorarlo. Ma Pietro lo rialza dicendo: «Sono uomo anch’io!». È la grande conversione: Pietro si riconosce uomo, come ogni altro; come il Figlio dell’uomo, Figlio di Dio. 

Entrando in casa, «trova riuniti molti». Tra questi ci siamo anche noi. Dietro quella porta c’è la moltitudine del mondo pagano in cui Pietro entra come ospite. Ospite è chi si adatta a chi lo ospita. La vera dimora del cristiano non è la Chiesa, ma il mondo, quel mondo perduto, per il quale il Padre ha dato suo Figlio.
Pietro si premura di dire subito che lui, giudeo, non potrebbe entrare. Ma Dio gli «ha mostrato che non si deve dire immondo nessun uomo». Lui e Cornelio si raccontano le loro visioni. Sono così importanti che, nei capitoli 10 e 11, sono ripetute di continuo: quattro volte quella di Cornelio e tre quella di Pietro. Bisogna ricordarle spesso. Dicono le verità più importanti. Quelle che tendiamo a dimenticare, degradandole a ovvietà scontate. Nessuno dei due sa come finirà la storia. 
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  "Il primo Papa incontra i pagani" di Silvano Fausti



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Era proprio necessaria la reliquia di padre Puglisi?



Era proprio necessaria la reliquia di padre Puglisi?
di Valentina Chinnici

Padre Puglisi a casa mia è sempre stato una figura mitica.
Mia madre se lo era ritrovato compagno di classe, all'Istituto Magistrale De Cosmi: un ragazzino smilzo con i calzoncini corti, seduto nel banco dietro di lei.
A quel tempo mia madre portava lunghissime trecce nere, di cui andava tanto fiera, e quel compagnetto dispettoso si divertiva a tirargliele con energia, per poi assumere aria serissima e impassibile di fronte alla professoressa che non capiva perché mai la composta signorina Ales si agitasse all'improvviso nel suo primo banco.
Ci raccontava spesso mia madre di quegli occhi vivi e intelligenti, di quanto fosse bravo in matematica, aggiungendo, con sottile compiacimento, che nei temi però era più brava lei: ogni tanto, infatti, lo aiutava al punto che una volta la solita professoressa aveva mormorato: “Puglisi, Puglisi, mi pare che qui c'è lo zampino di Ales”.
Passarono due anni.
All'inizio del nuovo anno scolastico, però, il secondo banco restò vuoto: Dov'è Puglisi? Mah... Dice che è entrato in seminario. Si vuole fare parrino. C'era rimasta male mia madre. In fondo le sarebbe mancato quel ragazzino sempre sorridente, con le orecchie grandi e le mani immense. Lo ritrovò, trent'anni dopo, e fu ben lieta di affidargli le sue figlie nei ritiri spirituali che teneva in giro per la Sicilia. 
...
Ricordo ancora la reazione incredula e straziata di mia madre, durante il telegiornale: Lo sapevo che era un santo, ma non pensavo che avrebbe avuto il coraggio del martirio. Come Gesù Cristo...
Da quel giorno padre Puglisi fu ufficialmente santo a casa mia. Mia madre incominciò a pregarlo come già faceva con papa Giovanni, che in effetti a quel tempo non era santo neanche lui, e sistemò una sua fotografia nel suo altarino personale, in camera da letto, accanto a quella di suo padre, dei suoi fratelli defunti e, appunto, all'immaginetta di papa Roncalli.
Adesso, che faccio l'insegnante di lettere, e proprio nella scuola media dove anche padre Pino fu professore di religione per qualche tempo, mi ritrovo spesso a parlare di padre Puglisi, a far vivere la sua testimonianza, il suo messaggio di legalità, di giustizia, di attenzione agli ultimi.
Non poteva dunque lasciarmi indifferente il gran fermento vissuto in questi giorni dalle parrocchie palermitane, impegnate ad accogliere proprio una reliquia di padre Pino Puglisi: si tratta di un frammento di una costola, quella più vicina al cuore, parte della quale è stata anche inviata a papa Francesco. Le scolaresche ricevono inviti a partecipare a questo evento/celebrazione, in cui si prende spunto dal passaggio della reliquia, custodita in una teca d'argento cesellato, per fare memoria della figura di Don Pino, il piccolo parroco che fece paura ai boss della sua Brancaccio.
Ora, da insegnante – e da cattolica – che ha portato con sé i propri ragazzi, molti dei quali musulmani, indù o non credenti, non posso fare a meno di domandarmi quale sia la funzione, per la Chiesa del terzo millennio, della venerazione di una reliquia. A cosa serve insomma una reliquia? A ricordare che il beato è vissuto davvero e che la sua testimonianza è autentica? Se è questo il motivo, non bastava forse la testimonianza di quanti lo hanno conosciuto e ne diffondono a tutt'oggi le parole e i gesti? Se si voleva un qualcosa di tangibile, non sarebbe bastato, per esempio, il testo della Bibbia che è stato sepolto con lui nella sua stessa bara, a dire l'amore immenso che padre Pino nutriva per le Scritture?
Era veramente necessario asportare quel frammento osseo, esporlo in una solenne urna d'argento e farlo girare per vie e parrocchie, in cortei guidati dalle confraternite?
...
Vigiliamo, allora, con rispetto ma con intransigenza, perché la reliquia, quale che sia, possa essere solo e soltanto un volano, un dito puntato verso il cielo, che ci spinga a indagare, per esempio, come e perché quel piccolo parrino faceva tanta paura ai boss del suo quartiere. Cosa faceva concretamente, oltre a 'togliere i ragazzi dalla strada' come fanno migliaia di preti in tutte le periferie del mondo?
Su Internet, per fortuna, si trovano anche reliquie vere, e non solo le patacche di ebay. Una per tutti, la voce viva di padre Pino che ci ricorda, con forza, che, se ognuno fa qualcosa... allora si può fare molto.
Solo così la testimonianza di padre Puglisi non sarà mai minimamente appannata.

  Era proprio necessaria la reliquia di padre Puglisi? 

  Guarda il video con la voce di don Pino Puglisi che pronuncia la celebre frase “Se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto”.


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La chiesa, il Vangelo della famiglia e l'amore tradito / 1


La Chiesa può trovare una nuova strada affinché un divorziato risposato, dopo un periodo penitenziale, venga riammesso ai sacramenti. La mia non è una posizione lassista, bensì che intende riconoscere come tramite la penitenza chiunque può ricevere clemenza e misericordia. Ogni peccato può essere assolto. Infatti, non è immaginabile che un uomo possa cadere in un buco nero da cui Dio non possa più tirarlo fuori".
A ridosso delle Mura leonine, nell'abitazione del cardinale tedesco Walter Kasper (il più anziano elettore a partecipare al recente conclave), fa mostra di sé il volume "Il Vangelo della famiglia" (Queriniana), che contiene il testo integrale della Relazione introduttiva tenuta dal porporato all'ultimo concistoro di fine febbraio...

  Kasper: "La Chiesa non usa la ghigliottina, sì alla comunione ai divorziati ma qualcuno vuole fermare il Papa"

Una relazione che doveva restare "riservata" fino alla sua pubblicazione con tanto di prefazione, commento conclusivo e appendici in contemporanea con l'edizione tedesca (Herder Verlag), ma sappiamo bene che non è stato così e ciò che era accaduto al Concilio - papa Benedetto ha parlato di "Concilio parallelo" - si è ripetuto con l'ultimo Concistoro straordinario.
Ciononostante "Il Vangelo della famiglia" (perché questo è il titolo che ha voluto l'Autore, non altro) si legge e si medita nella riflessione del card. Kasper, teologo tedesco dalla chiara vocazione di pastore, non del censore, in tutta la sua freschezza e originalità. E ancor di più, se ci si avventura nelle brevi parole che ha posto come presentazione, come pure nella stringata conclusione (che rappresenta la sua replica al termine dell'articolato dibattito fra i cardinali)...

  Il Vangelo della famiglia


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La chiesa, il Vangelo della famiglia e l'amore tradito / 2


Se nella Torah, data da Dio a Israele, il divorzio era permesso in alcuni casi e normato, nella predicazione di Gesù questa ‘possibilità’ decretata da Mosè per la ‘durezza di cuore’ dei credenti non è in vigore. Gesù, evitando ogni interpretazione casistica, afferma di risalire all’intenzione originaria di Dio nel creare l’uomo e la donna e dichiara che l’uomo non può separare ciò che Dio ha unito in una sola carne, in un ‘noi’ più forte di un ‘io’ e un ‘tu’.
Nel matrimonio cristiano avviene un’alleanza, uno scambio di promesse, una parola data per sempre, si sigilla una storia d’amore come unica. Questo è il vangelo, la buona notizia sul matrimonio che la Chiesa deve trasmettere e predicare con chiarezza ma anche con umiltà, senza arroganza, mettendosi, come sono solito ripetere, in ginocchio davanti ai coniugi che hanno assunto quella loro storia d’amore così fragile, faticosa e difficile.
Il cardinale Kasper, papa Francesco, il prossimo sinodo non mutano e non muteranno questo annuncio, duro non solo per le orecchie di greci ed ebrei di ieri, ma anche per quelle dei cristiani, di ieri come di oggi e di domani. ‘Ma la dottrina che non può essere cambiata - afferma Kasper - è soggetta anche a uno sviluppo’: può essere espressa con parole nuove, può essere compresa più profondamente, può essere declinata in disciplina attraverso modalità diverse, perché è nella storia umana che il vangelo va predicato, creduto e vissuto: non cambia, ma può essere compreso meglio. Tutti sono convinti che la forma e l’identità della famiglia, mutata a più riprese nel corso dei secoli, ha conosciuto in questi ultimi decenni un profondo cambiamento legato ai nuovi approcci antropologici e alle diverse realtà sociali. E il vangelo della famiglia non può essere proposto con il linguaggio, l’intransigenza e la durezza dei tempi post-tridentini.
La Chiesa deve guardare in faccia gli uomini e le donne che la compongono, le loro fragilità e debolezze che li portano a contraddire in modi diversi e molteplici le esigenze del vangelo. Soprattutto nelle storie d’amore il cammino è accidentato e anche per i credenti può accadere la separazione, l’infedeltà, una nuova storia d’amore, il divorzio e nuove nozze. Questi sono innanzitutto cammini di dolore, di fatica, perché la separazione, il distacco, la fine di una vicenda d’amore porta sempre con sé la sofferenza per i coniugi come per i figli. Nella comunità cristiana oggi uomini e donne che si trovano in questa situazione di lacerazione non costituiscono più un’eccezione, ma sono una presenza che interroga. Fino a prima del concilio, erano ritenuti ‘pubblici peccatori’, esclusi dalla comunità cristiana, a volte persino scomunicati. Ma la Chiesa, a partire dagli anni dell’assise conciliare, ha cambiato rotta fino a renderli destinatari di una pastorale attenta, piena di cure, amorevole che non li esclude dalla comunità cristiana ma li invita a partecipare intensamente alla vita ecclesiale.
È in questo cammino che vanno comprese le proposte del cardinale Kasper...

  Papa Francesco e il Vangelo dei divorziati di Enzo Bianchi

Vedi anche il nostro post precedente:

  La chiesa, il Vangelo della famiglia e l'amore tradito / 1



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Dai preti di Bergamo una mensilità in aiuto alle famiglie povere



Dai preti di Bergamo una mensilità
 in aiuto alle famiglie povere 

Un gesto chiesto dal vescovo agli 800 sacerdoti della Diocesi. 
Il versamento in occasione del Giovedì Santo, 
e servirà a costituire un Fondo Famiglia - Casa

"Una mensilità dello stipendio per alimentare un Fondo Famiglia Casa. È quanto il vescovo di Bergamo Francesco Beschi ha proposto ai sacerdoti della sua Diocesi, come gesto solidale per la Quaresima. Sono circa 800 i sacerdoti bergamasci, con un stipendio intorno ai mille euro.
Il vescovo ovviamente farà da buon esempio, versando una mensilità, che si aggira sui 2600 euro. Ma per costituire il Fondo la Diocesi ha messo in vendita anche un palazzo di sua proprietà.
«Un scelta compiuta nell’orizzonte della spoliazione necessaria indicataci dal Papa», ha spiegato Beschi. A cosa saranno destinati i fondi? A promuovere specifiche azioni di temporaneo sostegno economico e per incrementare la ricerca di posti di lavoro. Inoltre la diocesi si impegna a investire 600mila euro per la ristrutturazione di un luogo di accoglienza nel centro della città: l’area dell’ex Galgario per la quale è stato avviato un piano con la giunta comunale. ... (Giuseppe Frangi)

  Dai preti di Bergamo una mensilità  in aiuto alle famiglie povere di Giuseppe Frangi

MESSAGGIO PER MERCOLEDÌ DELLE CENERI
di Francesco Beschi, Vescovo di Bergamo

"... Davanti alle miserie dell’uomo e del mondo, il Papa ci invita ad aprire gli occhi e a farci annunciatori della misericordia di Dio, della sua vicinanza, della sua amicizia e nello stesso tempo ci affida il compito di diventare misericordiosi, di farci vicini, di manifestare un’amicizia che riscatta e apre alla speranza.
Tutto questo non si può fare senza rinunciare a qualcosa per farci vicino ai poveri: insieme al dono, ci deve essere una rinuncia che ci coinvolga profondamente. “La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole.” ...
Proprio alla luce del Vangelo e del Messaggio di Papa Francesco, nella felice prospettiva della Canonizzazione di Papa Giovanni, desidero indicare un percorso che assuma il valore di un segno forte ed eccezionale, che confido non si consumi in se stesso, ma diventi capace di generare solidarietà e speranza, di moltiplicare piccoli e grandi gesti di appartenenza, di solidarietà, di fraternità, in ogni nostro contesto di vita quotidiana.
Questo percorso è contrassegnato dalla vicinanza ai poveri, dalla condivisione con le famiglie che hanno perduto le sicurezza fondamentali del lavoro e della casa, da un rinnovato impegno educativo in direzione della solidarietà ispirata dal Vangelo.

In concreto la Diocesi si impegna .... 

  MESSAGGIO PER MERCOLEDÌ DELLE CENERI di Francesco Beschi, Vescovo di Bergamo


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Papa Francesco è stato chiaro: nel suo discorso ai giudici rotali, ha ricordato che a loro è richiesto un profilo umano, in modo da praticare «una giustizia non legalistica e astratta, ma adatta alle esigenze della realtà concreta». Ricordando, poi, che la carità «costituisce l’anima anche della funzione del giudice ecclesiastico». E questo atteggiamento è richiesto particolarmente oggi che la questione della nullità del vincolo matrimoniale è al centro del problema della famiglia, a sua volta al cuore della riflessione della Chiesa. Papa Francesco, infatti, ha deciso di affrontare quello che è il punto più caldo del rapporto fra Chiesa e modernità, e le donne vengono coinvolte anche nella sfera giuridica.

  Agnesi Camilli:  Inchiesta sulla presenza femminile nei tribunali ecclesiastici


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 FRANCESCO
 




     Angelus/Regina Cæli - Angelus, 30 marzo 2014

    Udienza - 2 aprile 2014

    Discorso - Agli aderenti al Movimento Apostolico Ciechi (MAC) e alla Piccola Missione per i Sordomuti (29 marzo 2014)

    Discorso - Ai partecipanti al Capitolo Generale della Società Salesiana di San Giovanni Bosco (Salesiani) (31 marzo 2014)

    Discorso - Ai Presuli della Conferenza Episcopale di Rwanda, in visita "ad Limina Apostolorum" (3 aprile 2014)



    MESSAGGIO PER LA QUARESIMA 2014



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29/03/2014:

  Viviamo in una società...


31/03/2014: (non segnalato)

  La Quaresima è il tempo per cambiare rotta, per reagire di fronte al male e alla miseria.


01/04/2014:

  Cari genitori...


03/04/2014:

  Non possiamo abituarci ...


04/04/2014:

  Con Gesù la vita...



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Angelus del 30 marzo 2014 (testo e video)



 Piazza San Pietro 
 30/03/2014 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno

il Vangelo odierno ci presenta l’episodio dell’uomo cieco dalla nascita, al quale Gesù dona la vista. Il lungo racconto si apre con un cieco che comincia a vedere e si chiude – è curioso questo - con dei presunti vedenti che continuano a rimanere ciechi nell’anima. Il miracolo è narrato da Giovanni in appena due versetti, perché l’evangelista vuole attirare l’attenzione non sul miracolo in sé, ma su quello che succede dopo, sulle discussioni che suscita; anche sulle chiacchiere, tante volte un’opera buona, un’opera di carità suscita chiacchiere e discussioni, perché ci sono alcuni che non vogliono vedere la verità. L’evangelista Giovanni vuol attirare l’attenzione su questo che accade anche ai nostri giorni quando si fa un’opera buona. 
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Dopo l'Angelus:
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Un particolare saluto rivolgo ai militari italiani che hanno compiuto un pellegrinaggio a piedi da Loreto a Roma, pregando per la pacifica e giusta risoluzione delle contese. E questo è molto bello: Gesù nelle beatitudini dice che sono beati coloro che lavorano per la pace.
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E non dimenticate oggi: a casa, prendere il Vangelo di Giovanni, capitolo 9 e leggere questa storia del cieco che è diventato vedente e dei presunti vedenti che si sono affondati di più nella loro cecità

A tutti auguro una buona domenica e un buon pranzo. Arrivederci!

  testo integrale dell'Angelus

  video


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Papa Francesco UDIENZA GENERALE 2 aprile 2014 - testo e video



Piazza San Pietro
Mercoledì, 2 aprile 2014

Cari fratelli e sorelle, buongiorno.

Oggi concludiamo il ciclo di catechesi sui Sacramenti parlando del Matrimonio. Questo Sacramento ci conduce nel cuore del disegno di Dio, che è un disegno di alleanza col suo popolo, con tutti noi, un disegno di comunione. All’inizio del libro della Genesi, il primo libro della Bibbia, a coronamento del racconto della creazione si dice: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò … Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Gen 1,27; 2,24). L’immagine di Dio è la coppia matrimoniale: l’uomo e la donna; non soltanto l’uomo, non soltanto la donna, ma tutti e due. Questa è l’immagine di Dio: l’amore, l’alleanza di Dio con noi è rappresentata in quell’alleanza fra l’uomo e la donna. E questo è molto bello! Siamo creati per amare, come riflesso di Dio e del suo amore. E nell’unione coniugale l’uomo e la donna realizzano questa vocazione nel segno della reciprocità e della comunione di vita piena e definitiva.
...

... Altre volte io ho detto in questa Piazza una cosa che aiuta tanto la vita matrimoniale. Sono tre parole che si devono dire sempre, tre parole che devono essere nella casa: permesso, grazie, scusa. Le tre parole magiche...

...
Con queste tre parole, con la preghiera dello sposo per la sposa e viceversa, con fare la pace sempre prima che finisca la giornata, il matrimonio andrà avanti. Le tre parole magiche, la preghiera e fare la pace sempre. Che il Signore vi benedica e pregate per me.

  video della catechesi

Saluti:
...
Saluto cordialmente tutti i Polacchi. 
L’anniversario della morte del Beato Giovanni Paolo II che cade oggi dirige il nostro pensiero verso il giorno della sua canonizzazione che celebreremo alla fine del mese. L’attesa di questo evento sia per noi l’occasione per prepararsi spiritualmente e per ravvivare il patrimonio della fede da lui lasciato. Imitando Cristo è stato per il mondo predicatore instancabile della parola di Dio, della verità e del bene. Egli fece del bene perfino con la sua sofferenza. 
Questo è stato il magistero della sua vita a cui il Popolo di Dio ha risposto con grande amore e stima. La sua intercessione rafforzi in noi la fede, la speranza e l’amore. Durante questa preparazione vi accompagni la mia Benedizione apostolica.
...

Saluto i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli, ricordando con la liturgia san Francesco di Paola. Cari giovani, specialmente voi, del Villaggio dei ragazzi di Maddaloni, imparate da lui che l’umiltà è forza e non debolezza! Cari malati, non stancatevi di chiedere nella preghiera l’aiuto del Signore. E voi, cari sposi novelli, gareggiate nello stimarvi e aiutarvi a vicenda.
  testo integrale dell'udienza generale

  video integrale



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"Camminare verso le promesse" - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano

31 marzo 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco:
"seguire Gesù, non fare del turismo esistenziale"

Non girovagare per la vita, compresa quella dello spirito, ma andare diritti alla meta che per un cristiano vuol dire seguire le promesse di Dio, che mai deludono. È l’insegnamento che Papa Francesco ha tratto dalle letture di oggi, spiegate all’omelia della Messa presieduta in Casa S. Marta. 

Ci sono cristiani che si fidano delle promesse di Dio e le seguono lungo l’arco della vita. Poi vi sono altri la cui vita di fede ristagna e altri ancora convinti di progredire e che invece fanno solo del “turismo esistenziale”. Papa Francesco distingue fra tre categorie di credenti, accomunate dal sapere che la vita cristiana è un itinerario ma divergenti nel modo di percorrerlo o non percorrerlo affatto. Anzitutto, spiega il Papa rifacendosi al brano di Isaia della prima Lettura, Dio sempre “prima di chiedere qualcosa, promette”. La sua promessa è quella di una vita nuova e di una vita di “gioia”. Qui, afferma, c’è il “fondamento principale della virtù della speranza: fidarsi delle promesse di Dio” – sapendo che Lui mai “le delude” – e c’è l’essenza della vita cristiana, cioè “camminare verso le promesse”. Poi, riconosce, ci sono anche altri cristiani che hanno “la tentazione di fermarsi”:
“Tanti cristiani fermi! Ne abbiamo tanti dietro che hanno una debole speranza. Sì, credono che ci sarà il Cielo e tutto andrà bene. Sta bene che lo credano, ma non lo cercano! Compiono i comandamenti, i precetti: tutto, tutto… Ma sono fermi. Il Signore non può fare di loro lievito nel suo popolo, perché non camminano. E questo è un problema: i fermi. Poi, ci sono altri fra loro e noi, che sbagliano la strada: tutti noi alcune volte abbiamo sbagliato la strada, quello lo sappiamo. Il problema non è sbagliare di strada; il problema è non tornare quando uno si accorge che ha sbagliato”.
Il modello di chi crede e segue ciò che la fede gli indica è il funzionario del re descritto nel Vangelo, che chiede a Gesù la guarigione per il figlio malato e non dubita un istante nel mettersi in cammino verso casa quando il Maestro gli assicura di averla ottenuta. All’opposto di quest’uomo, afferma Papa Francesco, c’è invece forse il gruppo “più pericoloso”, in cui ci sono coloro che “ingannano se stessi: quelli che camminano ma non fanno strada”
...
“La Quaresima è un bel tempo per pensare se io sono in cammino o se io sono troppo fermo: convertiti. O se io ho sbagliato strada: ma vai a confessarti e riprendi la strada. O se io sono un turista teologale, uno di questi che fanno il giro della vita ma mai fanno un passo avanti. E chiedo al Signore la grazia di riprendere la strada, di metterci in cammino, ma verso le promesse”.

  Il Papa: chi ha fede cammina verso le promesse di Dio, se no è un “turista esistenziale”

  video


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"Parole dette con tenerezza, con amore..." - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)




S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano

1 aprile 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
"no ad un cristianesimo senza entusiasmo"

I cristiani anestetizzati non fanno bene alla Chiesa. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che non bisogna fermarsi ai formalismi, ma “immischiarsi”, vincere l’accidia spirituale e rischiare in prima persona per annunciare il Vangelo.

Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi sul passo del Vangelo che narra dell’incontro tra Gesù e il paralitico che, ammalato da 38 anni, stava sotto i portici presso la piscina aspettando la guarigione. Quest’uomo si lamentava perché non riusciva a immergersi, era sempre anticipato da qualcun altro. Ma Gesù sposta l’orizzonte e gli ordina di “alzarsi”, di andare. Un miracolo che desta le critiche dei farisei perché era sabato e quel giorno, dicevano, non si poteva. In questo racconto, ha osservato il Papa, troviamo due malattie forti, spirituali. Due malattie su cui, ha detto, “ci farà bene riflettere”. Innanzitutto la rassegnazione del malato, che è amareggiato e si lamenta:
“Io penso a tanti cristiani, tanti cattolici: sì, sono cattolici ma senza entusiasmo, anche amareggiati! 'Sì, è la vita è così, ma la Chiesa… Io vado a Messa tutte le domeniche, ma meglio non immischiarsi, io ho la fede per la mia salute, non sento il bisogno di darla ad un altro…'. Ognuno a casa sua, tranquilli per la vita… Ma, tu fai qualcosa e poi ti rimproverano: 'No, è meglio così, non rischiare…”'. E’ la malattia dell’accidia, dell’accidia dei cristiani. Questo atteggiamento che è paralizzante dello zelo apostolico, che fa dei cristiani persone ferme, tranquille, ma non nel buon senso della parola: che non si preoccupano di uscire per dare l’annuncio del Vangelo! Persone anestetizzate”.
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Ma in questo passo del Vangelo, ha detto il Papa, troviamo anche un altro peccato quando vediamo che Gesù viene criticato perché ha guarito il malato di sabato. Il peccato del formalismo. “Cristiani – ha detto – che non lasciano posto alla grazia di Dio. E la vita cristiana, la vita di questa gente è avere tutti i documenti in regola, tutti gli attestati”:
“Cristiani ipocriti, come questi. Soltanto interessavano loro le formalità. Era sabato? No, non si possono fare miracoli il sabato, la grazia di Dio non può lavorare il sabato. Chiudono la porta alla grazia di Dio! Ne abbiamo tanti nella Chiesa: ne abbiamo tanti! E’ un altro peccato. I primi, quelli che hanno il peccato dell’accidia, non sono capaci di andare avanti con il loro zelo apostolico, perché hanno deciso di fermarsi in se stessi, nelle loro tristezze, nei loro risentimenti, tutto quello. Questi non sono capaci di portare la salvezza perché chiudono la porta alla salvezza”.
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E davanti a queste due tentazioni, davanti “a quell’ospedale da campo lì, che era simbolo della Chiesa”, davanti a “tanta gente ferita”, Gesù si avvicina e chiede solo: “Vuoi guarire?” e “gli dà la grazia. La grazia fa tutto”. E poi, quando incontra di nuovo il paralitico gli dice di “non peccare più”:
“Le due parole cristiane: vuoi guarire? Non peccare più. Ma prima lo guarisce. Prima lo guarì, poi ‘non peccare più’. Parole dette con tenerezza, con amore. E questa è la strada cristiana, la strada dello zelo apostolico: avvicinarsi a tante persone, ferite in questo ospedale da campo, e anche tante volte ferite da uomini e donne della Chiesa. E’ una parola di fratello e di sorella: vuoi guarire? E poi, quando va avanti, ‘Ah, non peccare più, che non ti fa bene!’. E’ molto meglio questo: le due parole di Gesù sono più belle dell’atteggiamento dell’accidia o dell’atteggiamento dell’ipocrisia”.

  Papa Francesco: accidia e formalismo in tanti cristiani, chiudono la porta alla salvezza

  video


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"La preghiera è un dialogo a tre" - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Altare della Cattedra in San Pietro
3 aprile 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
"la preghiera cambia il cuore"

Pregare è come parlare con un amico: per questo «la preghiera deve essere libera, coraggiosa, insistente», anche a costo di arrivare a “rimproverare” il Signore. Con la consapevolezza che lo Spirito Santo c’è sempre e ci insegna come fare. È lo stile della preghiera di Mosè quello che Papa Francesco ha riproposto nella messa celebrata giovedì mattina, 3 aprile, nella cappella della Casa Santa Marta.

Questa piccolo “manuale” della preghiera è stato suggerito al Pontefice dalla lettura del passo del libro dell’Esodo (32, 7-14), che racconta «la preghiera di Mosè per il suo popolo che era caduto nel peccato gravissimo dell’idolatria». Il Signore — ha spiegato il Papa — «rimprovera proprio Mosè» e gli dice: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito».
È come se in questo dialogo Dio volesse prendere le distanze, dicendo a Mosè: «Io non ho niente a che fare con questo popolo; è il tuo, non è più il mio». Ma Mosè risponde: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente?». E così, ha affermato il Santo Padre, «il popolo è come in mezzo a due padroni, a due padri: il popolo di Dio e il popolo di Mosè».
Ecco allora che Mosè inizia la sua preghiera, «una vera lotta con Dio». È «la lotta del capo del popolo per salvare il suo popolo, che è il popolo di Dio». Mosè «parla liberamente davanti al Signore». E così facendo «ci insegna come pregare: senza paura, liberamente, anche con insistenza». Mosè «insiste, è coraggioso: la preghiera deve essere così!».
...
La preghiera ha successo, perché «alla fine Mosè riesce a “convincere” il Signore». Il Papa ha rimarcato che «è bello come finisce questo brano» della Scrittura: «Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo». Certo, ha spiegato, «il Signore era un po’ stanco per questo popolo infedele». Ma «quando uno legge, nell’ultima parola del brano, che il Signore si pente» e «ha cambiato atteggiamento» deve porsi una domanda: Chi è cambiato davvero qui? È cambiato il Signore? «Io credo di no» è stata la risposta del vescovo di Roma: a cambiare è stato Mosè. Perché egli — ha affermato il Pontefice — credeva che il Signore avrebbe distrutto il popolo. E «cerca nella sua memoria com’era stato buono il Signore con il suo popolo, come lo aveva tolto dalla schiavitù dell’Egitto per portarlo avanti con una promessa».
È appunto «con queste argomentazioni che cerca di “convincere” Dio. In questo processo ritrova la memoria del suo popolo e trova la misericordia di Dio». Davvero, ha proseguito il Papa, «Mosè aveva paura che Dio facesse questa cosa» terribile. Ma «alla fine scende dal monte» con una grande consapevolezza nel cuore: «il nostro Dio è misericordioso, sa perdonare, torna indietro nelle sue decisioni, è un padre!».
Sono tutte cose che Mosè già «sapeva, ma le sapeva più o meno oscuramente. È nella preghiera che le ritrova». Ed è anche «questo che fa la preghiera in noi: ci cambia il cuore, ci fa capire meglio com’è il nostro Dio». Ma per questo, ha aggiunto il Pontefice, «è importante parlare al Signore non con parole vuote come fanno i pagani». Bisogna invece «parlare con la realtà: ma, guarda, Signore, ho questo problema nella famiglia, con mio figlio, con questo o quell’altro... Cosa si può fare? Ma guarda che tu non mi puoi lasciare così!».
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Il Pontefice ha concluso chiedendo al Signore che «dia a tutti noi la grazia, perché pregare è una grazia». E ha invitato a ricordare sempre che «quando preghiamo Dio, non è un dialogo a due» ma a tre, «perché sempre in ogni preghiera c’è lo Spirito Santo» Dunque «non si può pregare senza lo Spirito Santo: è lui che prega in noi, è lui che ci cambia il cuore, è lui che ci insegna a dire a Dio “padre”».
È allo Spirito Santo, ha aggiunto il Papa, che dobbiamo chiedere di insegnarci a pregare «come ha pregato Mosè, a “negoziare” con Dio con libertà di spirito, con coraggio». E «lo Spirito Santo, che è sempre presente nella nostra preghiera, ci conduca per questa strada».

  Messa a Santa Marta - Un amico per pregare

  video


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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
28 marzo 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco:
"non si può ingabbiare la profezia, lo Spirito"

Oggi i cristiani martiri e perseguitati sono di più che nei primi tempi della Chiesa. Tanto che in alcuni Paesi è vietato persino pregare insieme. È su questa drammatica realtà che Papa Francesco ha centrato la sua meditazione nella messa celebrata venerdì mattina, 4 aprile, nella cappella della Casa Santa Marta.

Il brano del libro dalla Sapienza (2,1.12-22), proclamato nella liturgia, rivela «com’è il cuore degli empi, delle persone che si sono allontanate da Dio e si sono impadronite in questo caso della religione». E com’è il loro «atteggiamento nei confronti dei profeti», fino alla persecuzione appunto. Sono persone, ha detto il Pontefice, che sanno benissimo di avere a che fare con un giusto. Tanto che la Scrittura riporta così il loro pensiero: «Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni».
Tendere insidie, ha spiegato il Papa, significa fare «un lavoro di chiacchiere fra loro, di calunnie». E così diffamano e «preparano un po’ il brodo per distruggere il giusto». Non possono accettare infatti che ci sia un uomo giusto che, afferma l’antico Testamento, «si oppone alle nostre azioni, ci rimprovera le colpe contro le leggi e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta».
Parole che delineano il profilo dei profeti, perseguitati «in tutta la storia della salvezza».
...
Siamo davanti, ha affermato il Santo Padre, a «una ipocrisia storica». È un fatto che «sempre nella storia della salvezza, nel tempo di Israele e anche nella Chiesa, i profeti sono stati perseguitati». Infatti il profeta è un uomo «che dice: ma voi avete sbagliato strada, tornate alla strada di Dio! Questo è il messaggio di un profeta». Un messaggio che «non fa piacere alle persone che hanno il potere di quella strada sbagliata».
Anche Gesù è stato perseguitato. Volevano ucciderlo, come rivela il Vangelo della liturgia (Giovanni 7,1-2.10.25-30). Ed egli certamente «conosceva quale sarebbe stata la sua fine». Le persecuzioni cominciano subito, quando «all’inizio della sua predicazione torna al suo paese, va alla sinagoga e predica». Allora, «subito dopo una grande ammirazione, incominciano» le mormorazioni, come riporta il Vangelo: «Costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». E tutti si domandano: «Con quale autorità viene a insegnarci? Dove ha studiato?».
In una parola, è lo stesso atteggiamento di sempre: «squalificano il Signore, squalificano il profeta per togliere l’autorità». 
...
 I profeti «sono tutti perseguitati, non compresi, lasciati da parte: non gli danno posto». E questa è una realtà che «non è finita con la morte e risurrezione di Gesù» ma «è continuata nella Chiesa».
Nella Chiesa infatti ci sono «perseguitati da fuori e perseguitati da dentro». I santi stessi «sono stati perseguitati». Infatti, ha notato il vescovo di Roma, «quando noi leggiamo la vita dei santi» ci troviamo di fronte a tante «incomprensioni e persecuzioni». Perché, essendo profeti, dicevano cose che risultavano «troppo dure».
Così «anche tanti pensatori nella Chiesa sono stati perseguitati». E in proposito Papa Francesco ha affermato: «Io penso a uno adesso, in questo momento, non tanto lontano da noi: un uomo di buona volontà, un profeta davvero, che con i suoi libri rimproverava la Chiesa di allontanarsi dalla strada del Signore. Subito è stato chiamato, i suoi libri sono andati all’indice, gli hanno tolto la cattedra e quest’uomo così finisce la sua vita, non tanto tempo fa. È passato il tempo e oggi è beato». Ma come — si potrebbe obiettare — «ieri era un eretico e oggi è beato?». Sì, «ieri quelli che avevano il potere volevano silenziarlo perché non piaceva quello che diceva. Oggi la Chiesa, che grazie a Dio sa pentirsi, dice: no, quest’uomo è buono! Di più, è sulla strada della santità: è un beato».
La storia ci testimonia dunque che «tutte le persone che lo Spirito Santo sceglie per dire la verità al popolo di Dio soffrono persecuzioni». E qui il Pontefice ha ricordato «l’ultima delle beatitudini di Gesù: beati voi quando siete perseguitati per il mio nome». Ecco che «Gesù è proprio il modello, l’icona: ha sofferto tanto il Signore, è stato perseguitato»; e così facendo «ha preso tutte le persecuzioni del suo popolo».
Ma «ancora oggi i cristiani sono perseguitati» ha avvertito il Papa. Tanto che «oso dire — ha affermato — che forse ci sono tanti o più martiri adesso che nei primi tempi». E sono perseguitati «perché a questa società mondana, a questa società tranquilla che non vuole problemi, dicono la verità e annunciano Gesù Cristo». Davvero «oggi c’è tanta persecuzione».
...
Per i cristiani «sempre ci saranno le persecuzioni, le incomprensioni». Ma sono da affrontare con la certezza che «Gesù è il Signore e questa è la sfida e la croce della nostra fede». Così, ha raccomandato il Santo Padre, «quando succede questo, nelle nostre comunità o nel nostro cuore, guardiamo al Signore e pensiamo» al brano del libro dalla Sapienza che parla delle insidie tese dagli empi ai giusti. E ha concluso chiedendo al Signore «la grazia di andare per la sua strada e, se accade, anche con la croce della persecuzione».

  Messa a Santa Marta - Oggi i cristiani martiri e perseguitati sono di più che nei primi tempi della Chiesa

  video


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"Il nocciolo duro di papa Francesco" di Lorenzo Mondo


Il nocciolo duro di papa Francesco
"Pane al pane", la rubrica su La Stampa 
di Lorenzo Mondo

Questo Papa non finisce di sorprenderci. Piaceva, a tanti, imprigionarlo nella corazza molle della mansuetudine, di una bonarietà espressa dall’abbraccio e dal sorriso, di un perdonismo a tutto campo che non battesse troppo sull’assunzione di responsabilità e sul pentimento. Ed anche il suo attaccamento ai poveri finiva per stemperarsi, aneddoticamente, sulle scarpe grosse, sulla modestia dell’auto, sui pasti presi in comune nel refettorio di Santa Marta.
Bene, chi intendeva raffigurarsi questa specie di santino ha avuto negli ultimi giorni occasioni per ricredersi.
Prendiamo la messa celebrata in San Pietro per gli uomini politici. Erano in cinquecento, tra ministri e parlamentari, e molti, come irriguardosa carta da visita, avevano affollato piazza Sant’Uffizio di auto blu. La predica alla «casta» è stata inopinatamente severa. Papa Francesco ha parlato di «una classe dirigenziale che al tempo di Gesù si era allontanata dal popolo, lo aveva abbandonato». Per egoismo, avidità, insensibilità nei confronti dei poveri e dei reietti. E il trapasso ai tempi nostri, ha dettato al pontefice una durissima reprimenda: sui «peccatori che scivolano in corrotti, il cui cuore si è indurito. I primi saranno perdonati perché possono redimersi, i secondi no, sono fissati nel loro errore». Nessun sorriso o battuta scherzosa, nessun cenno di saluto. La cerimonia si è svolta e conclusa in un clima di manifesta freddezza. Inutilmente qualcuno si è affrettato a dire, con ovvietà, che il Papa non alludeva alla corruzione di ordine penale e, con minore plausibilità, che si rivolgeva a tutti i credenti. Insinuando quasi che la corruzione se ne stesse confinata nei recessi del cuore anziché riversarsi nei quotidiani comportamenti.
Una settimana fa, papa Francesco aveva partecipato alla giornata, promossa da Don Ciotti, in memoria delle centinaia di vittime innocenti di tutte le mafie.
Un contesto ben diverso, trattandosi qui della più efferata, devastante criminalità. Ma interessa la forza della parola, il giudizio senza remissione, anche se espresso con voce pacata e perfino implorante. Era un invito pressante rivolto ai mafiosi perché si convertano: «Ancora c’è tempo, per non finire nell’inferno, è quello che vi aspetta se continuate su questa strada». La corruzione che si avvita su se stessa senza possibilità di riscatto, l’inferno che, per quanto screditato dalla morale corrente, punisce le mani insanguinate dei mafiosi recidivi. E’ una dolcezza, quella di Francesco, che fiorisce stupendamente su un solido terreno, che non ottunde il nocciolo duro di una persuasione, di una fede incarnata nella verità e nella giustizia.

Vedi i nostri precedenti post:

  • "Il patto dei mafiosi nel nome di Dio" di Barbara Spinelli (all'interno i link agli altri post)
  • Il dolore di Dio - Papa Francesco - S. Messa con i parlamentari italiani - (video e testo)


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