"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°12 del 2014

Aggiornamento della settimana

- dal 15 al 21 marzo 2014 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 28 marzo 2014          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

    di P. Gregorio Battaglia
  di P. Aurelio Antista
    di P. Alberto Neglia


PREGHIERA DEI FEDELI

 
N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 








I NOSTRI TEMPI

  (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)


"Uganda, un circo per strappare i bambini dalla strada" di Cornelia Isabelle Toelgyes



"Uganda, un circo per strappare i bambini dalla strada" 
di Cornelia Isabelle Toelgyes

“La felicità costa poco, perché se è cara, non è di buona qualità. E se la felicità a volte si dimentica di voi, voi non scordatevi della felicità”. Parola di Roberto Benigni. Un bambino, un giovane che sa sorridere, sarà un adulto responsabile. Ed è proprio basandosi su questo principio sacrosanto che sono nati i circhi cosiddetti sociali, i Kasikonde. Sono stati fondati un po’ ovunque nel mondo. Anche in Africa. Ce n’è uno anche in Uganda, dove la vita di molti ragazzini non è proprio una passeggiata.
Da piccolino deve occuparsi del fratellino/sorellina nato/a dopo di lui. Poi, appena è cresciuto un pochino, il giovane deve andare a lavorare per dare un sostegno alla famiglia. Ma spesso questo lavoro nemmeno c’è. Deve andare a mendicare oppure arrangiarsi come può, rubacchiando qua e là ed è già fortunato se non cade nelle mani di organizzazioni criminali. Per andare a scuola, divertirsi, giocare con gli amici, diventare un cittadino consapevole, non rimane tempo e tutto ciò che a noi sembra tanto normale è ben lontano da ciò che la vita ha destinato a questi adolescenti.
I giovani che crescono negli slums, nei sobborghi poveri di una grande città, in qualsiasi parte del mondo si trovi, portano uno zainetto molto pesante sulle spalle, carico di mille problemi irrisolti, di disagi, di sofferenze, di solitudine. Non è facile svuotare questo zaino e riempirlo di felicità, di sogni e di speranze.
Spesso ragazzi come questi, anche se seguiti durante un certo periodo dell’adolescenza dai servizi sociali o/e operatori di associazioni private, una volta diventati adulti, si trovano di fronte a nuovi ostacoli che da soli non sanno affrontare, risolvere, come la semplice quotidianità, che pur richiede un certo grado di autodisciplina, cercare e/o mantenere un lavoro perché privati dalla tenera infanzia di quelle piccole eppur così grandi cose per inserirsi come adulti consapevoli nella società. Non è dunque raro che si crei una certa dipendenza tra i servizi sociali e i giovani non possono più fare a meno del loro sostegno sia morale che economico.
La disciplina circense, incredibile a dirsi, è stata di grande aiuto a molti di loro. Ed ecco perché sono state create le “Kasikonde”, chiamate anche “circo sociale”, un movimento che negli ultimi anni si è diffuso in tutto il mondo. Si riferisce a una metodologia che utilizza le arti circensi come mezzo per la diffusione della giustizia e il benessere sociale. Si utilizzano strumenti pedagogici alternativi per lavorare con i giovani socialmente emarginati o a rischio.
L’arte circense insegna disciplina al giovane, lo stimola a lavorare in team, aumenta la consapevolezza del sé e, un fattore non trascurabile è che chiede al ragazzo di usare la sua marginalità per esprimere al meglio se stesso. In questo modo è possibile instaurare un nuovo rapporto con una società che prima lo aveva respinto ed escluso.

   "Uganda, un circo per strappare i bambini dalla strada"

Per saperne di più:
  • il sito Hiccup Circus Uganda
  • e la pagina Fb Hiccup Circus Uganda


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Storie attuali che non sono belle favole ma dolciamare realtà da diffondere - "Il padre dell'anno" - "Vado a scuola"



È l’uomo dell’anno, secondo il «Daily Mail» . Meglio sarebbe: il padre dell’anno. Un omino, per la verità. Almeno a giudicare dalle fotografie, in cui lo si vede camminare con le scarpe da tennis e un giaccone pesante. Siamo nella Cina meridionale, sulle colline della città-prefettura di Yibin, provincia del Sichuan. Su sentieri polverosi e accidentati, tra muretti a secco e alberelli smagriti, il quarantenne Yu Xukang cammina con un bambino sulla schiena, tenendogli le mani perché non cada all’indietro. Con il figlio dodicenne Xiao Qiang adagiato dentro un canestro di vimini, il signor Yu Xukang percorre ogni giorno 18 miglia, ovvero 29 chilometri. A piedi. Dove vanno il papà e il suo bambino? Raggiungono la scuola, dove Xiao Qiang passa le sue giornate in classe, a scrivere e fare i calcoli come tutti i bambini del mondo. 
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   Il papà che fa 29 chilometri al giorno per portare in spalla il figlio a scuola

Dalle vette delle Ande in Argentina alla savana pericolosa del Kenya, passando per il deserto marocchino e le paludi infide del sud dell'India, si seguono le vite di quattro bambini uniti dal desiderio irrefrenabile di andare a scuola e imparare. Come milioni di altri bambini al mondo, i piccoli sognano di sfuggire alla trappola della povertà grazie all'istruzione ma quotidianamente si ritrovano a dover superare ostacoli, insidie e pericoli, per raggiungere le scuole. 
Le storie scelte da Plisson sono vere come i sorrisi incrollabili dei bambini e si apprezza la scelta dell’autore di saltare a piedi pari i rischi di pietismo per abbracciare, piuttosto, l’entusiasmo contagioso di questi piccoli guerrieri che combattono per conquistare il proprio diritto all’istruzione. 
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   Vado a scuola


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20 anni di misteri sull'assassinio di Ilaria Alpi e MIran Hrovatin


Era il 20 marzo 1994 quando la giornalista del Tg3 e l'operatore MIran Hrovatin venivano uccisi in Somalia. E in due decenni tra depistaggi, commissioni d'inchiesta andate a vuoto e testimonianze poi ritrattate resta ancora un elenco infinito di nodi irrisolti. Mentre parte una raccolta firme per ottenere luce sul caso

   Ilaria Alpi, a vent'anni dall'assassinio Troppe domande senza ancora risposta

Venti marzo millenovecentonovantaquattro, venti marzo duemilaquattordici. Vent’anni, oggi. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin venivano assassinati proprio 20 anni fa a Mogadiscio, davanti all’hotel Hamana dopo aver trascorso alcuni giorni nel nord est della Somalia, a Bosaso e sulla strada nel deserto, la strada costruita dagli italiani fra l’86 e l’89 dalla cooperazione italiana. Per Ilaria era il settimo viaggio in Somalia in poco più di un anno.
Oggi però vorrei riportare dei numeri, non solo delle date. Verrei scrivere i mille e quattrocento miliardi della cooperazione italiana spesi per la Somalia con tutti gli zeri che ci sono, 1.400.000.000.000. Mi ritornano come una eco questi zeri, la voce di Isabella Ragonese, bravissima, che li risuona come il filo conduttore dei rapporti fra Italia e Somalia. Undici zeri, dopo quell’uno e quel quattro.
Ieri, alla sala Regina della Camera dei Deputati, nel recital teatrale “Africa Requiem” di Stefano Massini questa lunga fila di zeri ha riecheggiato come fossero essi stessi la strada per giungere alla verità. Un’altra Garowe Bosaso, la strada d’Ilaria.
“1400 miliardi di lire: dov’è finita quest’impressionate mole di denaro? Strada Garowe Bosaso”. Sono questi gli appunti ritrovati su di un taccuino di Ilaria, nella sua scrivania in Rai a Roma. Si a Roma perché i taccuini che Ilaria aveva in Somalia, quelli sui quali aveva scritto il lavoro che stava facendo, sono spariti.
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Il Premio Ilaria Alpi nel 2011 volle tributare a Saviano il Premio alla Libertà di Stampa. In quell’occasione Roberto Saviano ricordò Ilaria con queste parole: “Ilaria Alpi ha pagato con la vita perché era brava. A far paura è stato il suo talento ed è quello che lascia in eredità e che ci permette di dire oggi: io devo cercare di seguire questa traccia non solo l’impegno, la costanza e il coraggio, ma la bravura nel fare le cose. È un ricordarci che il talento mette paura al potere, dobbiamo essere bravi e l’unica speranza per l’Italia è puntare sulla nostra bravura. L’Italia è piena di talenti.”.
Un impegno dunque per ciascuno di noi a fare bene ciò che siamo chiamati a fare perché un’Italia migliore sia possibile.

   Il talento che fa paura al potere

   La storia siamo noi - Ilaria Alpi & Miran Hrovatin Le Verità Parallele (video)

Da anni custodisce i suoi segreti. Segreti di morte. Quale mistero nasconde Bosaso, piccola città del Nord-Est della Somalia affacciata sul golfo di Aden, ridotta a un ammasso di rovine da 10 anni di guerra civile? Quale mistero ha intravisto Ilaria Alpi, inquietante al punto da costarle la vita? Un fatto è certo: tra il 16 e il 20 marzo 1994 la Alpi lavorò a Bosaso con l’operatore Miran Hrovatin. Qualche ora dopo aver rimesso piede a Mogadiscio, i due giornalisti furono uccisi in un agguato condotto da sette killer. Cosa videro, esattamente? La domanda è senza risposta, perché da allora omissioni, coperture, depistaggi, silenzi hanno impedito ai familiari, e a tutti gli italiani, di sapere.
Nonostante ciò, sono molti gli indizi che meritano ulteriore attenzione e che potrebbero gettare luce sull’intera vicenda. Oltre due anni di lavoro permettono a Famiglia Cristiana di pubblicare elementi utili a squarciare il velo sui malaffari che hanno visto intrecciarsi a Bosaso traffici d’ogni genere: armi, rifiuti tossici, scorie radioattive, tangenti e riciclaggio di denaro sporco. In questo intricato scenario potrebbero nascondersi movente e mandanti del duplice omicidio...

   Ecco perché è morta Ilaria

Se Ilaria Alpi e Miran Hrovatin erano sulla strada della verità sui traffici in corso nella Somalia anni ‘90, dilaniata dalla guerra e terra di conquista per interessi commerciali e militari, la strada che porta alla verità sulla loro morte sembra davvero senza uscita. Una strada che stasera, giovedì 20 marzo 2014, viene evocata nello speciale “La strada della verità”, in diretta su Rai 3 con il direttore Andrea Vianello a condurre una serata-evento con ospiti, testimonianze, documenti inediti e letture al via alle 21.05...
Ma a ricordare la morte dei due inviati ci pensa anche Rainews24, con collegamenti e interviste per puntellano la programmazione...

   Ilaria Alpi e Miran Hrovatin - La strada della verità: su Rai 3 uno speciale per ricordarli a 20 anni dalla morte


Un libro che onora e riscatta la memoria: Ilaria Alpi era una giornalista, una donna in un mondo di uomini, che è morta perché cercava la verità, e l’aveva trovata.

   La strada di Ilaria


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Liberata dopo otto anni di carcere e una forte mobilitazione internazionale Sakineh Ashtiani condannata a lapidazione



"Sakineh Ashtiani è stata amnistiata e rimessa in libertà". E' quanto sostiene l'avvocato italiano Bruno Malattia, che da anni segue il caso della donna iraniana che nel 2006 è stata condannata alla lapidazione per adulterio e per il suo presunto coinvolgimento nell'uccisione del marito...

  Iran, amnistia per Sakineh: "Liberata la donna condannata a lapidazione"

  video

L'amnistia da parte delle autorità della Repubblica islamica è arrivata dopo otto anni di carcere e una forte mobilitazione internazionale per salvare la vita alla donna. Ma quali i motivi della decisione di Teheran? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore

  Iran: liberata Sakineh, accusata di adulterio e omicidio e condannata alla lapidazione

Guarda anche i nostri precedenti post:
  • La lapidazione in vigore come "sanzione penale" in diversi paesi del mondo
  • Sakineh, Teresa, Faith, Maryam, Kobra, Azar, Ashraf...


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SENZA LAVORO NON C'E' DIGNITÀ' - IL FUTURO E' L'IMPRESA SOCIALE ! - L'esperienza della Fondazione di Comunità di Messina (VIDEO)


SENZA LAVORO NON C'E' DIGNITÀ' 
IL FUTURO E' L'IMPRESA SOCIALE !
L'esperienza della Fondazione di Comunità di Messina
(VIDEO)

Domenica 16 nella trasmissione “A sua immagine” di Rai 1 (ore 10.30) nella puntata intitolata “Senza lavoro non c’è dignità” il servizio su Fondazione di Comunità di Messina.
L’esperienza di Fondazione viene individuata come soluzione innovativa adottata da imprese sociali per creare occupazione e produrre. 
La trasmissione ha preso spunto dalle parole del Pontefice: “Quante persone sono costrette a questa miseria da condizioni sociali ingiuste, dalla mancanza di lavoro che le priva della dignità che dà il portare il pane a casa”. Il tema è proprio questo: cosa accade quando il lavoro manca? Dove va a finire la nostra dignità? “A sua immagine” ha presentato testimonianze di persone che hanno perso il lavoro e di altre che rischiano di rimanere senza occupazione. Ma anche la risposta concreta della Chiesa alla crisi e all’emergenza lavorativa che attanaglia il nostro Paese. E, appunto, soluzioni innovative.

   video


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 SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"


21 marzo in tutto il mondo si celebra la Giornata internazionale per l'eliminazione della discriminazione razziale, più nota come Giornata mondiale contro il razzismo.

 
L'unica razza...


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In occasione della Giornata Mondiale sulla Sindrome di Down, che si festeggia in tutto il mondo il 21 marzo, CoorDown ha riunito da tutta Europa bambini e ragazzi affetti dalla sindrome e ha realizzato con loro un video tenero e coraggioso per parlare di diversità e diritti. Il risultato è commovente

  «Mamma, sarò felice» (video)


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Non saranno mai autonomi, non potranno studiare e lavorare. Non saranno mai in grado di avere relazioni affettive e sessuali e la loro aspettativa di vita è piuttosto limitata. Non hanno consapevolezza della propria disabilità, sono sempre felici e contenti, presentano caratteri molto simili. Niente di più falso. Gli stereotipi sulle persone affette da sindrome di Down sono molto diffusi, ma lontanissimi dalla realtà.
A smontare i luoghi comuni e a difendere il diritto ad essere felici arriva proprio dall'Italia l'emozionante video realizzato daCoorDown, il Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down, nell'ambito della campagna internazionale #DearFutureMom. 500mila visite su YouTube in un solo weekend, e tantissimo coraggio...

  DONNA:  «Mamma, sarò felice». Il video dei ragazzi Down che commuove la Rete



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Lotta alla mafia


 SEGNALATO IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"


... E la presenza del Santo Padre arricchisce di significato un evento già particolarmente sentito da tutta la società civile, come conferma lo stesso don Ciotti:
“Grande la gioia di centinaia di familiari delle vittime innocenti di mafia che, pur avendo, molti di loro, altri culti, altri riferimenti, hanno gradito questo pensiero e lo sentono profondamente dentro. Attendono una parola, ancora una volta, forte, come quella che Francesco sa dare, che dica con chiarezza di nuovo che il Vangelo è incompatibile con l’illegalità, la corruzione e le mafie. C’è molta attesa ed è molto bello che Francesco venga e partecipi alla lettura di tutti i nomi delle vittime questo 21 marzo, primo giorno di primavera. Questa lettura, che viene fatta da tanti anni in tutti i luoghi d’Italia, verrà fatta a Roma con Papa Francesco, che è stato subito disponibile”...

  Il Papa con le famiglie delle vittime delle mafie. Don Ciotti: grande gioia per la presenza di Francesco

Il 19 marzo 1994, nel giorno del suo onomastico, veniva ucciso dalla camorra Don Peppe Diana.

  La felicità è la possibilità...

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"LA STRADA È SEMPRE PIÙ BLU” gli scout a Casal di Principe per ricordare don Peppe Diana


Davvero domenica 16 marzo le strade di Casal di Principe sono state "sempre più blu". Il blu, l'azzurro delle camicie dei 10mila scout dell'Agesci che hanno attraversato le vie del paese casertano per ricordare don Peppe Diana, parroco e capo scout, ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 mentre stava per celebrare la messa nella sua parrocchia di S. Nicola. 
Una fila colorata, gioiosa come sanno essere gli scout, ma anche piena di contenuti. Così le lenzuola bianche di protesta, esposte venti anni fa nel corso del funerale del sacerdote, sono diventate striscioni colorati. "La voglia di cambiare ci spinge a continuare", "Non una conclusione ma un inizio", "1994 c'eravamo, 2014 ci siamo" si legge su alcuni.
Annunciare, ascoltare, osservare, sporcarsi le mani, sono le parole chiave di questa iniziativa, reppresentate in tanti modi dalla fantasia e creativitá dei giovani. E poco prima di giungere al cimitero dove è sepolto il sacerdote, ci si sporca le mani di terra, terra di don Peppe, per la quale è morto. 
Ma prima si fa tappa sotto la sua casa. Al balcone si affaccia mamma Jolanda, assieme ai fratelli di don Peppe, Marisa e Adolfo. Al collo porta il fazzolettone che poco prima le hanno portato i capi dell'Agesci. Sfilano lupetti, coccinelle, esploratori, guide, rover e scolte, roteano i fazzolettoni e così fa mamma Jolanda. "Don Peppe uno di noi, don Peppe uno di noi", è l'urlo ritmato che rimbomba nella via. E ancora: "Dopo venti anni ci siamo ancora contro la camorra qui e ora". Tanti occhi sono lucidi, ma oggi è autorizzato commuoversi. Ed eccoci nel grande piazzale del cimitero che si riempie di azzurro. Da un lato il palco col grande striscione con lo slogan "La strada è sempre più blu", dall'altro l'alzabandiera costruito in legno e legature in perfetto stile scout. Una delegazione di capi raggiunge la tomba di don Peppe. Un saluto e una preghiera in silenzio. Poi tutti insieme, tra canti, testimonianze, riflessioni. "Prometto sul mio onore di non tacere mai", parole che uniscono l'inizio della Promessa scout al titolo del documento del 1991 di don Diana e degli altri parroci della Forania, "In nome del mio popolo non tacerò". Ci si rivolge direttamente al parroco e fratello scout. "Don Peppe apri le braccia e accogli l'abbraccio di questa piazza". Sul palco salgono Adolfo e Marisa. "Voi siete testimoni di Peppino, vi vogliamo bene".
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   Don Diana, a 20 anni dalla morte "uno di noi"

"LA STRADA È SEMPRE PIÙ BLU” è l'impegno e la risposta dell'Agesci alla lettera di mamma Iolanda (pdf), invitando le "camice blu" a colorare di nuovo le strade di Casal di Principe... "e rivedere mio figlio nei vostri volti".

   video

Guarda anche i nostri precedenti post:
  • A vent'anni dalla morte di don Peppe "Non più terre di camorra ma di don Diana"
  • "Per amore del mio popolo non tacerò" il messaggio di don Diana risuona ancora a 19 anni dal suo assassinio.


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Non tacerò. La storia di Don Peppe Diana - Rai Storia (video)

A vent'anni dall'omicidio di don Peppe Diana, avvenuto nella sua chiesa a Casal di Principe per mano dei Casalesi il 19 marzo del 1994, Rai Storia trasmette il documentario "Non tacerò - La storia di don Peppe Diana", di Alessandro Chiappetta. Lo speciale è andato in onda mercoledì 12 marzo alle 21.15 (in replica venerdì 14 marzo alle 22.45).
Tra gli intervistati, tutti giornalisti e magistrati che hanno seguito la vicenda del delitto, ci sono Roberto Saviano, don Luigi Ciotti, Raffaele Cantone, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, Francesco Curcio, Federico Cafiero de Raho, Raffaele Sardo e Conchita Sannino. Tra le testimonianze quella della madre Iolanda e dei fratelli Emilio e Marisa Diana, le parole di chi lo ha conosciuto come l'ex sindaco di Casal di Principe Renato Natale e quelle di sacerdoti impegnati come don Tonino Palmese e don Carlo Aversano. Ha collaborato Ilaria Urbani, la voce narrante è dell'attore Andrea Renzi

Il 19 marzo 1994 viene ucciso Don Giuseppe Diana, parroco di Casal di Principe. Negli anni la sua figura è diventata un’icona non soltanto per la chiesa ma per tutto il territorio casertano, per molto tempo regno incontrastato del clan dei Casalesi. 
La storia di Don Diana, come quella di Don Puglisi a Palermo, è la chiave per raccontare la camorra casalese, l’evoluzione e la sconfitta culminata nel processo Spartacus nel 2004. Ma anche per scoprire storie più nascoste su di lui e su chi lo ha conosciuto.
Il documentario racconta la vicenda umana del sacerdote e il contesto in cui ha operato. Un’attrice legge il testo di Per amore del mio popolo non tacerò, la lettera pubblica che Don Diana scrisse con i parroci della zona contro la camorra, nel 1991, e che è diventata il suo testamento spirituale e il manifesto del suo impegno per la legalità.

   video


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Le 7,25 del 19 marzo 1994, cinque colpi di pistola e nella sacrestia della chiesa di San Nicola in Casal di Principe si compiva il martirio di don Giuseppe Diana. «Lo seppi un'ora dopo, ero a celebrare il precetto pasquale per gli studenti del liceo Manzoni, don Mimì Vozza me lo sussurrò all'orecchio. Mi sentii mancare, continuai quella celebrazione dedicandola al martirio di don Peppe, da me amatissimo per il suo coraggio, per la guerra alla camorra che aveva intrapreso. E' stato un martire della giustizia in una terra che voleva riscattare».
Padre Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta, rivive dopo venti anni quel martirio, ripercorre i giorni dello strazio di tutta una comunità sociale cui quel giovane prete indicava la strada del riscatto.

  Franco Tontoli:  Nogaro: senza don Peppe Diana non ci sarebbe padre Patriciello

... Per anni io e con me sempre più compagni di viaggio, ci siamo battuti per ricordare la sua figura, e nel suo nome far crescere una comunità alternativa a quella criminale, e liberare le nostre terre dalla dittatura militare che ha tenuto sotto scacco la nostra gente per trent'anni. Oggi, quelle migliaia di persone in piazza a Casale per ricordarlo, ci dicono che un pezzetto di quella guerra l'abbiamo vinta.

  Renato Natale:  La mia strada con don Diana (pdf)



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Il primo giorno di primavera è la Gior­nata della memo­ria e dell'impegno - a Roma Libera in preghiera con il Papa ed i familiari delle vittime innocenti delle mafie



NON BASTA RICORDARE
Il 21 di marzo, ormai da 19 anni, non è più sol­tanto il primo giorno di Pri­ma­vera. Oggi, come ogni anno, in tutta Ita­lia si ricor­dano tutte le vit­time inno­centi delle mafie. Sono circa 900. Un lungo elenco per ricor­dare tutti, ma pro­prio tutti quei cit­ta­dini e cit­ta­dine che hanno perso la vita per la nostra libertà, la nostra demo­cra­zia. Lo fac­ciamo insieme, nella Gior­nata nazio­nale della memo­ria e dell'impegno pro­mossa da Libera e Avviso pub­blico, per­ché vogliamo che in que­sto giorno di risve­glio della natura anche il nostro con­te­sto sociale si ri-svegli e ri-parta la pri­ma­vera della spe­ranza, della verità e della giustizia.
Quest'anno i nomi e i cognomi delle vit­time inno­centi di mafia ver­ranno scan­diti durante la veglia con oltre 700 fami­liari che si svol­gerà nella chiesa di San Gre­go­rio a Roma insieme a Fran­ce­sco. Un dono, la pre­senza del Papa, che li aiu­terà a tra­sfor­mare ancora di più il loro dolore, silen­zioso, riser­vato, più vivo di prima nono­stante il tra­scor­rere del tempo, in impe­gno forte, quo­ti­diano per la verità e la giu­sti­zia. Quell'impegno che è richie­sto a cia­scuno di noi se non vogliamo che la memo­ria diventi reto­rica, cele­bra­zione. Per­ché non basta ricor­dare. Le vit­time delle mafie non hanno vis­suto per essere ricor­date. Hanno vis­suto per la giu­sti­zia sociale, quindi per tutti noi. E abbiamo solo due modi cre­di­bili per ricor­darle: impe­gnarci a rea­liz­zare i loro ideali e non lasciare mai solo i loro familiari.
È il patto che rin­no­ve­remo oggi, nella chiesa di San Gre­go­rio e in tulle le piazze d'Italia in cui faremo vivere que­sto primo giorno di pri­ma­vera come Gior­nata della memo­ria e dell'impegno.
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PAPA FRANCESCO, LA SCUOLA E LO SPORT CONTRO LE MAFIE CHE RUBANO IL FUTURO

Scriveva il giudice Antonino Caponnetto che la «mafia ha più paura della scuola che della giustizia». Non era retorica. Tutto ciò che significa accendere le luci, sentirsi meno soli, tutto ciò che si fa trasformando l'«io» in «noi», fa paura ai poteri criminali che vivono invece di occulto, di oscuro, di nascosto. Per questo la mafia ha paura anche dello sport. 
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   LE PAROLE DI DON LUIGI CIOTTI ALLA VIGILIA DELLA VEGLIA CON IL PAPA E DEL 22 MARZO A LATINA

Ogni anno, dal 1996, il 21 marzo, primo giorno di primavera, Libera, "Associazioni, nomi e numeri contro le mafie", ricorda in tutta Italia le vittime innocenti della criminalità organizzata con una "Giornata della Memoria e dell'Impegno". Ogni anno la manifestazione principale si tiene in una città d'Italia diversa, quest'anno (il 22 marzo) a Latina. E domani arriveranno da tutta Italia 700 familiari delle vittime delle mafie, credenti e non credenti, per partecipare a una veglia di preghiera con Papa Francesco. All'appuntamento, dalle 17,30 alle 19 nella parrocchia di San Gregorio VII, poco lontano dal Vaticano ma fuori dallo Stato pontificio, parteciperanno anche i rappresentanti territoriali di Libera, presente con 1600 associazioni in tutta Italia. Don Luigi Ciotti, fondatore dell'Associazione, racconta come è nato l'incontro con Jorge Mario Bergoglio.
"Quando ho incontrato papa Francesco ho espresso il desiderio di tanti, di molte famiglie di vittime della mafia, di chi fa parte di Libera e del gruppo Abele, e gli ho chiesto se potesse partecipare a questo momento di preghiera che facciamo ogni anno. Il Papa non ha esitato a dire 'vengo', con semplicità e affetto. L'incontro si svolgerà non in Vaticano, ma nella parrocchia di San Gregorio VII, una scelta che mette al centro l'ascolto e le relazioni di questi famigliari di persone strappate loro dalla mafia. La stragrande maggioranza delle vittime di mafia sono persone non conosciute. Questo appuntamento, la giornata della memoria e dell'impegno, è nato a Palermo alcuni anni fa. Stavamo ricordando i magistrati uccisi dalla mafia, accanto a me c'era una signora che piangeva disperata, poi mi ha preso la mano e mi ha chiesto: ma perché non dicono il nome di mio figlio? Era la madre di Antonio Montinaro (caposcorta del giudice Falcone, ndr), morto per la stessa ragione per cui sono morti i giudici che accompagnava. Il primo diritto di ogni persona è essere ricordata per nome. Per questo ogni anno leggiamo, in tutte le città in cui siamo presenti, tutti i nomi delle vittime di mafia. E il Papa domani pomeriggio sarà con noi durante tutta la Veglia a cui verranno letti questi nomi".
Proprio in questi giorni, il 19 marzo, è stato l'anniversario della morte di don Giuseppe Diana, ucciso venti anni fa dalla camorra.
"Per vent’anni il 19 di marzo sono sempre andato a Casal di Principe per ricordarlo. Per tanti anni eravamo pochi... ma ad esempio gli scout non lo hanno mai abbandonato il nostro don Peppino. Quest'anno, per il ventesimo anniversario, eravamo tanti. La sua memoria, domani la veglia a Roma, poi la manifestazione con migliaia di persone a Latina sono eventi legati tra loro. Domani è il primo giorno della primavera e vogliamo che sia una primavera di giustizia, di diritti, di libertà".
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   Don Ciotti: "Il Papa chiama il male per nome"

   video

UN INCONTRO CHE È UN DONO

«Per i famigliari delle vittime innocenti delle mafie l'incontro con Papa Francesco è un dono. Un dono tanto più grande perché precede, anzi apre, la "Giornata della memoria e dell'impegno".
Il 21 marzo è per loro - e sarebbe bello lo diventasse, istituzionalmente, per tutti gli italiani - il giorno in cui i loro cari, in tante città d'Italia, vengono chiamati per nome, uno a uno, in un appello rivolto alle coscienze di tutti. 
Quei nomi vengono pronunciati ma sono quei nomi, in realtà, a chiamarci.
La disponibilità del Papa ad accompagnare i famigliari a questo momento carico di dolore ma anche di speranza, è segno di un'attenzione e di una sensibilità che loro hanno colto sin dal primo momento. Attenzione verso tutta l'umanità fragile, ferita. Ma attenzione, anche, per lo specifico tema delle mafie, della corruzione, delle tante forme d'ingiustizia che negano la dignità umana. Voce di una Chiesa che salda il Cielo e la Terra, e che della denuncia fa annuncio di Salvezza. 
Molte di quelle vittime erano "giusti". Persone che non hanno esitato a mettere la propria vita al servizio di quella degli altri, anche a costo di perderla. È questa giustizia delle coscienze, prima che delle leggi, il dono che ci hanno lasciato. Condividerlo è nostro compito quotidiano. Condividerlo con Papa Francesco è la più grande delle gioie». don Luigi Ciotti 
(fonte: LIBERA)

Diretta della veglia partire dalle ore 17:00 su Rai1 "Vita in diretta", Rainews, SkyTg24, TvSat2000, Corriere.it, RepubblicaTv, Radio Vaticana.


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E' la prima volta che un papa par­te­cipa alla gior­nata della memo­ria per le vit­time della mafia. Come nasce que­sto evento?
Da un incon­tro con lui in cui abbiamo riflet­tuto insieme. Non ha esi­tato ad accet­tare di essere pre­sente a que­sto momento di rifles­sione, di silen­zio e anche di pre­ghiera. Per noi è un grande dono e un segno di grande, grande valore.

  Carlo Lania:  Don Ciotti: «Contro le mafie è ora di risalire sui tetti»



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FEDE E
SPIRITUALITA'

 

NELLA SOBRIETÀ IL FUTURO DELLA TERRA 

HOREB n. 66 - 3/2013


TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI

I tifoni sempre più violenti che si ripetono in modo più frequente in varie parti di questo nostro mondo, provocando morte e distruzione di intere città ci lasciano sbigottiti e ci fanno dire che il clima è impazzito.
Sì il clima è impazzito, ma la responsabilità di questo stravolgimento è legata al delirio dell’uomo che, dimenticando la sua vocazione di essere custode del creato, pensa di esserne il padrone e, coltivando un atteggiamento feroce nei riguardi del pianeta terra, provoca, con le proprie scelte consumistiche,
inquinamento, desertificazione e morte.
 Scienziati accreditati ci ricordano che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è al limite di guardia. Le emissioni di gas serra continuano a crescere del 2-3% l’anno a causa della deforestazione e dei combustibili fossili: petrolio, carbone e metano. Ci attende una tragedia con conseguenze devastanti: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, tempeste.
L’inquinamento dell’acqua, dell’aria, della terra, quindi, è la conseguenza di un rapporto scorretto tra l’uomo e l’ambiente, un rapporto innaturale tra natura ed esistenza, un rapporto violento tra creature volute e pensate da Dio per vivere in pace. La natura è oggi, in più maniere, violentata. Il fenomeno è preoccupante per la sua ampiezza a scala mondiale, per la vastità a vari livelli, e perché è avanzante con l’avanzare della logica del profitto.
L’uomo di oggi, allora, consapevole di questo dato di fatto, è chiamato a svegliarsi dal torpore, e, rinunciando a un tenore di vita che si è dimostrato essere incompatibile con le leggi dell’equilibrio uomo-natura, è invitato a scegliere uno stile di vita sobrio. Questa presa di coscienza non è più rimandabile né da delegare ad altri, ma si impone come atto di responsabilità per rendere vivibile il nostro pianeta e per avviare, sul piano strutturale, la costruzione di un sistema che crei le condizioni per una piena umanizzazione di tutte le relazioni.
È questo l’orizzonte che anima la nostra riflessione.


   Editoriale (pdf)

   Sommario (pdf)


E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it



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I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2014 -
"L’UMANITÀ DI GESÙ PRESENZA RELAZIONALE DI DIO"



I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA – 2014
della FRATERNITÀ CARMELITANA 
DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO

L’UMANITÀ DI GESÙ
PRESENZA RELAZIONALE DI DIO


Dal 5 Febbraio al 2 Aprile
dalle h. 20.00 alle h. 21.00
presso la sala del convento



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  Chi accoglie l'Amore...
Ogni tanto un po' di sana ironia di GIOBA per sorridere...
  ... Poi la postiamo su Facebook...  (vignetta)
  Mi chiamasti e il tuo grido...
  L'intera esistenza...
  Un po' di misericordia...
  Non è un'eresia...
  Io penso, Giuseppe...
  Una cosa Gesù mi chiede...
  Ci si salva...
  Sì, è vero, io stesso...
  ... Piangete un po' e convertitevi.



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18 marzo, ricorre il 79° anniversario della nascita del Servo di Dio Antonio Bello, vescovo. 
AUGURI don Tonino!!! 
GRAZIE Signore per avercelo donato!

  Spogliaci, Signore...
  Dobbiamo essere...
  Il genere umano è chiamato...
  Se la fede ci fa essere...

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  SAN GIUSEPPE (video)

Ci uniamo a Papa Francesco e facciamo gli auguri a tutti i papà del mondo, i papà vivi e anche quelli defunti, ognuno ricordando il proprio papà... AUGURI !!!

  In modo speciale...

Tanti auguri di buon onomastico anche a Benedetto XVI ...
  In questo giorno...

  il testo integrale dell'omelia

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"Giuseppe, il santo delle partite Iva" di Gianfranco Ravasi



Giuseppe, il santo delle partite Iva
di Gianfranco Ravasi

Una critica degli apocrifi
Stavolta il cardinale Gianfranco Ravasi – già ben noto per le sue opere esegetiche su personaggi biblici come Giobbe o Qoelet – ha scelto di soffermarsi su un protagonista umile per eccellenza, eppure tanto importante nell’economia biblica: «Giuseppe. Il padre di Gesù» (San Paolo, pp. 128 , euro 14). Il nuovo volume propone un’analisi essenziale ma anche molto puntuale della figura evangelica, discreta e silenziosa, del padre legale di Gesù. Ogni capitolo esamina gli episodi che lo vedono implicato, dall’annunciazione alla fuga in Egitto, senza escludere le varie ipotesi che – sulla base di apocrifi (tra cui l’antica «Storia di Giuseppe il falegname») e di tradizioni espresse anche nell’arte – sono state elevate sulla vita "nascosta" di Giuseppe. In questa pagina riportiamo l’analisi cui il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (nella foto) sottopone le teorie che ultimamente volevano iscrivere il padre di Gesù alla media borghesia del suo tempo.

Ci soffermiamo su una sola parola: quella che nei vangeli definisce la professione di Giuseppe e dello stesso Gesù, prima del suo ministero biblico. Attorno a questa parola greca, téktôn, si è accesa una polemica tra chi vorrebbe continuare a classificare Gesù e la sua famiglia nella categoria della povertà e chi, invece, vorrebbe promuoverla al rango di media borghesia, soprattutto in vista dei vari tentativi di raccordare capitalismo «misericordioso» e cristianesimo.

Ora, è da notare che il primo a definire Gesù un téktôn (e spiegheremo ovviamente che cosa significhi) è Marco che, in occasione di una visita a Nazaret, osserva che i concittadini ironicamente si chiedono: «Non è egli il téktôn, il figlio di Maria?» (6,3). Matteo, che probabilmente si trova a disagio con questo sarcasmo e con questo titolo, riprende il racconto di Marco, ma con una curiosa variante: «Non è egli [Gesù] il figlio del téktôn?» (13,55). Com’è evidente, qui è Giuseppe ad essere iscritto a questa professione. Che la cosa non fosse molto esaltante è confermato anche da Luca che, molto più asetticamente, trasforma così la domanda: «Costui non è il figlio di Giuseppe?» (4,22).

A questo punto, per definire lo statuto sociale di Gesù e del suo padre ufficiale è necessario studiare non solo il vocabolo in questione, ma anche le coordinate socio-economiche della Palestina di quell’epoca. Il termine téktôn di per sé indica il falegname o il carpentiere, «colui che esercita il suo mestiere con un materiale duro che conserva la sua durezza durante la lavorazione, per esempio legno, pietra, corno, avorio», come scrive Richard A. Batey in un saggio scientifico sul vocabolo in questione (non sarebbe, allora, corretta la resa «fabbro»). Le antiche versioni siriaca e copta dei vangeli, i Padri greci della Chiesa, la tradizione popolare e iconografica, hanno optato per la traduzione «falegname».
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  Giuseppe, il santo delle partite Iva

  la scheda del libro «Giuseppe. Il padre di Gesù»

  una recensione del libro


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"Caro San Giuseppe... La carezza di Dio" di don Tonino Bello


La lettera di Don Tonino Bello a San Giuseppe

Ho pensato di parlare con San Giuseppe, ho immaginato cioè di entrare nella sua bottega di artigiano e di mettermi a discorrere con lui.
Ma se oggi qui da noi, in questo crepuscolo tormentato del secolo ventesimo le botteghe artigiane sono pressoché sparite non è solo perché non si genera più e neppure perché non si ripara più nulla, è perché non c'è più tempo per la carezza... oggi purtroppo da noi non si carezza più...

Intervento di don Tonino Bello contenuto nel libro "La carezza di Dio. Lettera a Giuseppe" 

  video

Ascolta l'audio completo della lettera che don Tonino Bello, Vescovo di Molfetta, scrive a San Giuseppe. (registrazione effettuata ad Assisi nel Dicembre 1987 del brano "La Carezza di Dio")

Caro San Giuseppe, scusami se approfitto della tua ospitalità e, con una audacia al limite della discrezione, mi fermo per una mezz’oretta nella tua bottega di falegname per scambiare quattro chiacchiere con te... 

  video



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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO

Gesù vide un uomo, chiamato
«Matteo, seduto al banco delle imposte, 
e gli disse «Seguimi!».
Egli si alzò e lo seguì.
(Matteo 9,9)


  Gianfranco Ravasi:  Qual era il nome dell'evangelista: Matteo o Levi?


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RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino

Vangelo:  Mt 17,1-9

"Vieni dietro di me, satana!"(16,23) dice Gesù a Pietro e a tutti i discepoli, noi compresi. Dopo essere stato riconosciuto come "il Messia, il Figlio di Dio, il Vivente"(16,16), Gesù ci mostra che egli non è come noi ce lo immaginiamo.
La sua salvezza non passa dalla soddisfazione delle nostre brame di possesso e di potere, ma è fatta di povertà, umiltà e servizio. Questa è la via di quel Dio che è amore, attraverso la quale "deve" passare il Figlio dell'uomo per vincere il male dell'uomo. La Trasfigurazione è un altro momento fondamentale della narrazione evangelica e rappresenta il culmine di questa sequenza iniziata col riconoscimento da parte di Pietro del Messia, nella persona di Gesù. 
La pericope ha inizio con l'indicazione temporale: "sei giorni dopo", che richiama tre fondamentali avvenimenti nella Torah:
1) La creazione dell'uomo avvenuta il sesto giorno ( Gen 1,26-31) - 
2) La Teofania sul Sinài con la manifestazione della Gloria di Dio nella nube ( Es 24,15) 
3) La Festa delle capanne che inizia sei giorni dopo la celebrazione dello Yom Kippur ( Dt 16,13; Lv 23,33-44).
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Riflessione di Enzo Bianchi sul Vangelo della domenica


Riflessione di Enzo Bianchi
sul Vangelo della domenica

II domenica di Quaresima anno A
Mt 17,1-9


Ogni anno nella seconda domenica di quaresima la buona notizia è la trasfigurazione, narrata dai tre vangeli sinottici, evento che noi celebriamo come mistero grande per poterlo vivere nella nostra sequela. Nella fatica di ogni giorno per seguire Gesù portando la nostra propria croce (cf. Mt 16,24) abbiamo bisogno di momenti in cui poter dire: “È bello per noi stare qui accanto a te, Gesù, nostro Signore!”; momenti in cui la luce del “Dio-con-noi” (Mt 1,23) si fa evidente, in cui la nostra fede è confermata dalla voce di Dio che ascoltiamo nel cuore: “È lui il mio Figlio amato, ascoltatelo!”. Sono momenti rari, di presenza elusiva, ma ci sono necessari…
Siamo infatti come Pietro e i discepoli che stavano con Gesù, ma che poco capivano della sua vera gloria, del suo vero potere, della sua vera fame. Non è un caso che il diavolo – l’abbiamo meditato domenica scorsa – abbia tentato Gesù dicendogli: “Se tu sei Figlio di Dio… domina il mondo!” (cf. Mt 4,3.6), e che Pietro poco prima della trasfigurazione, udito da Gesù l’annuncio della sua necessaria passione, gli abbia risposto: “Se tu sei Figlio di Dio, questo non ti potrà mai accadere!” (cf. Mt 16,22). Proprio Pietro che aveva, e lui solo, confessato la vera fede in Gesù – “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16) –, in realtà non sa accettare precisamente questo: che Gesù, in quanto Figlio di un Dio che è amore, non poteva finire per dominare, ma poteva solo dare la sua vita, senza difendersi, e morire come una vittima dei potenti di questo mondo.
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  II domenica di Quaresima


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Omelia di don Angelo Casati nella II Domenica di Quaresima



Omelia di don Angelo Casati 

II Domenica di Quaresima

Gn 12,1-4a 
Sal 32
2Tm 1,8b-10 
Mt 17,1-9

La liturgia di questa domenica di Quaresima dischiude ai nostri occhi il mistero della Trasfigurazione, mistero caro alla Chiesa cristiana d'oriente, e molto caro ai monaci, questi scrutatori del volto di Dio.
Sul monte ci porta la testimonianza di coloro che hanno visto e ascoltato: "Siamo stati testimoni oculari della Sua grandezza" scrive l'apostolo Pietro.
E ancora: "Questa voce noi 1'abbiamo udita scendere dal cielo quando eravamo con Lui sul santo monte".
Per Pietro quel monte - forse il Tabor - diventa santo, per ciò che vi è accaduto. Che cosa?
"Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello " - scrive Matteo - "e li condusse in disparte su un alto monte ".
Un alto monte. É il monte il luogo della trasfigurazione.
Sembra quasi di leggere una simpatia - nella Bibbia - per i monti. Sì, anche per il lago - Gesù amava il suo lago -, ma in modo particolare per i monti. Forse perché il monte è là dove il cielo sembra toccare la terra.
E Dio sembra un Dio dei monti.
Pensate che gli Aramei progettano di affrontare gli ebrei in pianura, perché - dicono - "il loro Dio è un Dio dei monti". (1 Re 20,23)
E anche Mosè, anche Elia - accanto a Gesù nella Trasfigurazione - sono uomini del monte: pur di veder Dio, scalano il monte, quasi il monte fosse un luogo di avvicinamento.
Poco importa come Dio si manifesterà, se con tuoni e lampi come a Mosè sul Sinai o se "con il mormorio di un silenzio che svanisce" come a Elia, sull'Oreb, sul Sinai.
La scalata del monte... come tentativo di uscire da tutto ciò che ti soffoca, da tutto ciò che restringe la visione... da tutto ciò che tarpa le ali.
Matteo aggiunge "li condusse in disparte su un alto monte".  
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  Omelia di don Angelo Casati  II Domenica di Quaresima


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Oltre le barriere
Omelia di don Antonio Savone 

Sabato I settimana di Quaresima


Dt 26,16-19
Sal 118
Mt 5,43-48


La vita di ognuno di noi resta sempre un dono di cui benedire il Signore. Attraverso di essa ci è stata fatta la grazia di intessere relazioni, concepire progetti, generare altra vita.

La liturgia di questo sabato mentre ci ricorda una identità ci svela il modo in cui esprimerla. La nostra non è una identità qualsiasi: “siamo figli del Padre celeste”. San Giovanni, nella sua Prima Lettera ricorderà: “quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!”. Ciascuno di noi è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Ora, se è vero che l’immagine non la perderemo per nessun motivo al mondo (restiamo sempre figli), la somiglianza possiamo perderla. Questo accade quando, attaccati come siamo a noi stessi, finiamo per perseguire delle logiche che nulla hanno a che spartire con quelle dei figli di Dio. La vita, se così possiamo dire, è un continuo esercizio alla ricerca della somiglianza perduta. La somiglianza si riacquista solo se non distogliamo mai lo sguardo da Gesù che è l’incarnazione dello stile dei figli di Dio. La nostra non è una navigazione a vista. Una rotta non vale l’altra: riacquistiamo la nostra identità più vera solo quando possiamo arrivare a dire che anche in noi dimorano gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù.
Il primo passo da compiere perché questo accada è quello di rimettere in discussione le barriere che via via erigiamo fino a distinguere chi è dei nostri e chi non lo è.
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  Oltre le barriere


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"Apparire o essere?" di don Antonio Savone



Apparire o essere?
Omelia di don Antonio Savone 

Martedì II settimana di Quaresima

Is 1,10.16-20
Sal 49
Mt 23,1-12
 
Il percorso a noi proposto dalla liturgia è un vero e proprio processo di integrazione tra ruolo e identità.
Quando il ruolo ha nulla a che spartire con la propria esistenza e il personaggio ha la meglio sulla persona, si finisce per diventare mercanti di parole, uomini e donne che inalberano orgogliosamente insegne e titoli, gente che dimena di contentezza quando si sente osservata.
È il rischio dal quale ci mette in guardia questa pagina di vangelo troppo poco frequentata e che ci invita a prendere in considerazione i fatti non le apparenze, le scelte non i discorsi, i gesti non i proclami. Si diventa grotteschi – sembra ripetere Gesù – quando, per un piccolo ritaglio di potere, si crede di poter spadroneggiare su tutto e su tutti. Purtroppo, nessuna forma di potere – neanche quello religioso – è esente da questo rischio.
...
Non fate come loro...
Se almeno riuscissimo a cogliere l’affetto che parole come queste lasciano trasparire. Non fare così, ripete chi ha a cuore la vicenda delle persone a cui si sente legato.
Dire e non fare tradisce un comportamento ipocrita.
...
Trapela dalle parole evangeliche un invito ad essere umili che equivale, poi, ad essere veri.
Mi piace concludere con le parole di un pastore cristiano che è stato in mezzo ai fratelli fino alla fine, proprio come il Signore Gesù:
“La comunità cristiana non ha bisogno di personalità brillanti, ma di fedeli servitori di Gesù e dei fratelli. Non le mancano elementi del primo tipo, ma del secondo. Si può riconoscere autorità nella cura pastorale solo al servitore di Gesù Cristo, che non cerca autorità per sé, ma che si inchina all’autorità della Parola, come un fratello tra i fratelli” (D. Bonhoeffer).

  "Apparire o essere?"


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"L’estasi di Pietro e una Chiesa aperta" di Silvano Fausti


"L’estasi di Pietro 
e una Chiesa aperta" 

di Silvano Fausti

Gesuita, biblista e scrittore

«Alzati, Pietro, immola e mangia» (leggi Atti 10,9-23)

Nelle sue visite apostoliche, tardive e rare, Pietro alloggia dove capita. Ora è a Giaffa, presso Simone il conciatore, con casa su mare aperto. È facilmente reperibile. Il suo «profumo», per Dio più adorabile di ogni incenso, è odorabile da ogni naso pagano e cristiano. 
La triplice visione di Pietro, che segue l’annuncio a Cornelio, è necessaria. Diversamente il capo degli apostoli mai sarebbe andato da un pagano. Né mai avrebbe capito il cristianesimo! Dio è all’azione dove non sospettiamo. Amore di madre/padre verso i suoi figli, egli è presente dove c’è maggior bisogno. Attraverso i lontani chiama noi vicini a capire chi è lui e chi siamo noi. Gesù, il Figlio che conosce l’amore del Padre, è venuto a salvare tutti, cominciando dagli esclusi.
La Chiesa non è autocentrata: non chiama gli uomini a entrare, ma è chiamata a uscire verso tutti. Non sono gli altri ad adattarsi a noi, ma noi a loro. La Chiesa non è un ovile, dove si chiudono le pecore per mungerle, tosarle e destinarle al «sacro macello». Gesù le tira fuori da tutti i recinti religiosi. E sono tanti! Ne fa un gregge che conduce ai pascoli della vita. E la vita dell’uomo è la libertà dei figli di Dio. Lui è pastore perché Agnello che espone, dispone e depone la propria vita per le pecore (cfr Gv 10,1ss). Anche Pietro imparerà a pascere il gregge con lo stesso amore che il suo Signore ha avuto per lui (Gv21,15ss).
Pietro, affamato, va in estasi. È «fuori di sé» come Adamo quando da lui nasce Eva, come Abramo quando si allea con Dio (Gen 2,21; 15,12). Vede un vaso, come una tovaglia, che contiene ogni creatura. È l’utero materno di Dio: da lì tutto nasce e lì tutto si alimenta e vive. Scende dal cielo ed è assunto in cielo, come Gesù. L’universo è creato per mezzo del Figlio, in vista di lui e in lui (Col 1,15ss), vita di tutto ciò che esiste (Gv 1,3b-4a).
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  "L’estasi di Pietro e una Chiesa aperta" di Silvano Fausti


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"La più bella storia mai raccontata" di Enzo Bianchi



La più bella storia mai raccontata
 
di Enzo Bianchi

Perché da duemila anni cristiani e non cristiani sentono il bisogno di raccontare o di riascoltare la storia di Gesù di Nazaret? Perché questa singolarità di Gesù tra i grandi maestri iniziatori delle vie religiose? La risposta potrebbe essere semplice: la sua singolarità di uomo-Dio attira certamente i credenti che diventano suoi discepoli, e la sua umanità così autentica ed esemplare intriga anche uomini e donne che non sono attratti da vie religiose. Mi sento di poter dire che quanti sono impegnati a cercare Dio (quaerere Deum) e quanti cercano l’uomo (quaerere hominem) si sentono attirati da Gesù Cristo.
Gesù non ha scritto nulla, ma altri hanno scritto di lui, hanno tentato dei ritratti, lo hanno narrato, e così ne hanno tramandato la storia: una narrazione plurale, che ha colto aspetti e accenti diversi nelle sue parole, che ha dato diverse interpretazioni delle sue azioni.
Si pensi ai quattro vangeli, agli scritti del Nuovo Testamento, ma poi a tanti altri tentativi, non ritenuti autentici dalla chiesa ma che rappresentano comunque narrazioni “altre” di Gesù. Anche perché Gesù di fatto ha chiesto a chi voleva seguirlo di diventare lui stesso, con la propria vita, un suo narratore, capace di portare la buona notizia del Vangelo tra gli uomini: con la sua parola e la sua vita Gesù ha voluto narrare Dio agli uomini (exeghésato: Gv 1,18), e ogni suo discepolo cerca lui pure di narrare agli altri la vita di Gesù. Narrazioni senza fine!
...
Secondo i vangeli Gesù un giorno ha chiesto ai suoi discepoli: “Chi dite che io sia?”. A quella domanda gli uomini e le donne di oggi tentano e ritentano di rispondere con passione, mai con indifferenza. Oggi Dio interessa poco le nuove generazioni, la chiesa può anche sembrare un ostacolo alla fede: ma Gesù Cristo continua a intrigare e ad affascinare.

  La più bella storia mai raccontata


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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni

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"Che ne sarebbe della Chiesa se fallisse Francesco" 
di Vito Mancuso



E se papa Francesco fallisse? Non ci sono dubbi che dietro le aperture riformiste del cardinal Kasper e di altri cardinali ci sia proprio il Papa, ma che cosa avverrebbe se le riforme auspicate non andassero in porto e le attese di una nuova primavera si rivelassero solo illusioni?
Nella relazione al Concistoro straordinario sulla famiglia Kasper ha affermato che "dobbiamo essere onesti e ammettere che tra la dottrina della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia e le convinzioni vissute di molti cristiani si è creato un abisso". Quanto affermato per la famiglia vale a mio avviso per molti altri ambiti della dottrina cattolica, anzi io penso che valga per il concetto stesso di dottrina, intesa come sistema di verità stabilite che il credente è tenuto a professare
...
Ma se papa Francesco non ce la farà? Se non riuscirà a sanare lo Ior, a rendere il governo della Chiesa cattolica più conforme al volere del Vaticano II, a incidere sul rapporto con la politica italiana facendo cessare per sempre la compravendita di favori tra cardinali e ministri troppo sensibili agli interessi della Chiesa, a mettere ordine tra i vescovi e i superiori degli ordini religiosi richiamando tutti a uno stile di vita sobrio e conforme ai valori evangelici, a dare il giusto spazio alle donne a livello di condivisione del potere aprendo al diaconato e al cardinalato femmini-li, a riformare la morale sessuale, a impostare su basi nuove il reclutamento e la formazione del clero, a dare finalmente più libertà alla ricerca teologica? Se papa Francesco fallisse in tutto ciò?
Ha scritto qualche giorno fa un non credente come Eugenio Scalfari che grazie a Francesco "Roma è ridiventata la capitale del mondo... Roma, la città di papa Francesco, è il centro del mondo". Scalfari parlava ovviamente della leadership spirituale, di cui l'occidente ha un immenso bisogno per continuare a credere nei grandi ideali dell'umanità, tradizionalmente definiti come bene, giustizia, uguaglianza, solidarietà, fratellanza. In un mondo dove tutto è potere e calcolo, la figura genuina di questo papa ci fa comprendere che non tutto in noi è potere e calcolo, che c'è ancora spazio per la gratuità, l'amore sincero, la volontà di bene per il bene. Il suo fallimento sarebbe la fine della luce che si è accesa nell'esistenza di tutti gli esseri umani non ancora rassegnati al cinismo e alla crudeltà della lotta per l'esistenza, e con Roma che tornerebbe a essere periferia del mondo sarebbe la fine per gli ideali della spiritualità in occidente. Se lo ricordino i cardinali, i monsignori e i teologi che stanno facendo di tutto per bloccare e far fallire l'azione riformatrice di papa Francesco.

  Che ne sarebbe della Chiesa se fallisse Francesco


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Educati dalle periferie - tavola rotonda (VIDEO)


"Nelle periferie dell'umanità
... 
con lo spirito delle beatitudini" 
- Settimana Teologica  - Messina - 11 marzo 2014
 (VIDEO)
Educati dalle periferie - tavola rotonda

Dibattito tra Padre Saverio Calabrese, cappellano della Casa Circondariale di Taranto, Don Pippo Insana, cappellano dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona, e lo psicoterapeuta e pedagogista Carmelo Impera che vive presso la Comunità di Accoglienza per minori a rischio “Oasi Don Bosco” da lui stesso fondata.
Tutti e tre vivono una realtà che quotidianamente li pone di fronte ad esempi concreti di periferie.

L'URGENZA DEL MONDO GIOVANILE DEL POPOLO DELLA NOTTE.
"...Tessiamo reti di adulti, perché a parer mio è un problema di noi adulti che dobbiamo svecchiare il nostro linguaggio, dire cose credibili. Jacques Lacan, psichiatria,  distingueva tra "parola piena" e "parola vuota", ma attenzione la parola vuota è anche una parola che parla di Dio, ma arriva vuota all'altro, arriva formale, per esempio certe parole che diciamo ai ragazzi, non li raggiungono nel cuore.
Le parole piene arrivano al cuore ... (Carmelo Impera)  

  VIDEO INTEGRALE

Saverio Calabrese
Cappellano della Casa Circondariale di Taranto; già parroco della parrocchia Madonna della Neve in Crispiano (TA);  già docente di Filosofia sistematica presso l’Istituto di Scienze religiose “Romano Guardini” di Taranto.

Pippo Insana
Presbitero dell’Arcidiocesi di Messina Lipari S. Lucia del Mela, da anni impegnato nella struttura dell’Ospedale Psichiatrico di Barcellona P.G. (ME)

Carmelo Impera
Psicologo Psicoterapeuta Pedagogista. Nominato dal Consiglio Superiore della Magistratura Giudice Onorario presso la Corte di appello del Tribunale di Catania. Fondatore e Direttore del centro di Psicologia e Psicoterapia “Carl Rogers”. Fondatore della Comunità di Accoglienza per minori a rischio “Oasi Don Bosco”. Direttore del Centro di Osservazione Permanente sulla Gioventù “Icaro”. Specializzato in Psicologia dell’educazione presso l’UPS Università Pontificia Salesiana di Roma. Specializzato in Psicoterapia della Gestalt Psicosociale presso la Società italiana Gestalt di Roma. Direttore della collana di testi di Psicopedagogia e Prevenzione del Disagio “L’Arte di Educare” per la quale ha già pubblicato nel 2000 “Promuovere l’agio, prevenire il disagio”, nel 2004 “L’arte di ascoltarsi”, nel 2007 “Educarsi per educare”, nel 2011 “Educare il cuore”.


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 FRANCESCO
 




     Angelus/Regina Cæli - Angelus, 16 marzo 2014

    Udienza - 19 marzo 2014, San Giuseppe educatore

    Omelia - 16 marzo 2014: Visita pastorale alla parrocchia romana "Santa Maria dell'Orazione"

    Discorso - Conclusione degli Esercizi Spirituali del Santo Padre e della Curia Romana (14 marzo 2014)

    Discorso - Ai Presuli della Conferenza Episcopale di Timor Est, in Visita "ad Limina Apostolorum" (17 marzo 2014)

    Discorso - Ai dirigenti e agli operai delle Acciaierie di Terni e ai fedeli della Diocesi di Terni-Narni-Amelia (20 marzo 2014)

    Discorso - Ai partecipanti all'incontro promosso dalla Associazione "Libera" (21 marzo 2014)



    MESSAGGIO PER LA QUARESIMA 2014



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17/03/2014:

  Grazie per tutte le espressioni...


18/03/2014:

  L'amore cristiano è...


20/03/2014:

  Impariamo a dire "grazie"...


21/03/2014:

  La malattia e la morte...


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Angelus del 16 marzo 2014 (testo e video)



Piazza San Pietro
16/03/2014

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi il Vangelo ci presenta l’evento della Trasfigurazione. E’ la seconda tappa del cammino quaresimale: la prima, le tentazioni nel deserto, domenica scorsa; la seconda: la Trasfigurazione. Gesù «prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse in disparte, su un alto monte» (Mt 17,1). La montagna nella Bibbia rappresenta il luogo della vicinanza con Dio e dell’incontro intimo con Lui; il luogo della preghiera, dove stare alla presenza del Signore. Lassù sul monte, Gesù si mostra ai tre discepoli trasfigurato, luminoso, bellissimo; e poi appaiono Mosè ed Elia, che conversano con Lui. Il suo volto è così splendente e le sue vesti così candide, che Pietro ne rimane folgorato, tanto che vorrebbe rimanere lì, quasi fermare quel momento. Subito risuona dall’alto la voce del Padre che proclama Gesù suo Figlio prediletto, dicendo: «Ascoltatelo» (v. 5). Questa parola è importante! Il nostro Padre che ha detto a questi apostoli, e dice anche a noi: “Ascoltate Gesù, perché è il mio Figlio prediletto”. Teniamo, questa settimana, questa parola nella testa e nel cuore: “Ascoltate Gesù!”. E questo non lo dice il Papa, lo dice Dio Padre, a tutti: a me, a voi, a tutti, tutti! E’ come un aiuto per andare avanti nella strada della Quaresima. “Ascoltate Gesù!”. Non dimenticare.

È molto importante questo invito del Padre. Noi, discepoli di Gesù, siamo chiamati ad essere persone che ascoltano la sua voce e prendono sul serio le sue parole. Per ascoltare Gesù, bisogna essere vicino a Lui, seguirlo, come facevano le folle del Vangelo che lo rincorrevano per le strade della Palestina. Gesù non aveva una cattedra o un pulpito fissi, ma era un maestro itinerante, che proponeva i suoi insegnamenti, che erano gli insegnamenti che gli aveva dato il Padre, lungo le strade, percorrendo tragitti non sempre prevedibili e a volte poco agevoli. Seguire Gesù per ascoltarlo. Ma anche ascoltiamo Gesù nella sua Parola scritta, nel Vangelo. Vi faccio una domanda: voi leggete tutti i giorni un passo del Vangelo? Sì, no…sì, no… Metà e metà… Alcuni sì e alcuni no. Ma è importante! Voi leggete il Vangelo? E’ cosa buona; è una cosa buona avere un piccolo Vangelo, piccolo, e portarlo con noi, in tasca, nella borsa, e leggerne un piccolo passo in qualsiasi momento della giornata. In qualsiasi momento della giornata io prendo dalla tasca il Vangelo e leggo qualcosina, un piccolo passo. Lì è Gesù che ci parla, nel Vangelo! Pensate questo. Non è difficile, neppure necessario che siano i quattro: uno dei Vangeli, piccolino, con noi. Sempre il Vangelo con noi, perché è la Parola di Gesù per poterlo ascoltare.

Da questo episodio della Trasfigurazione vorrei cogliere due elementi significativi, che sintetizzo in due parole: salita e discesa. Noi abbiamo bisogno di andare in disparte, di salire sulla montagna in uno spazio di silenzio, per trovare noi stessi e percepire meglio la voce del Signore. Questo facciamo nella preghiera. Ma non possiamo rimanere lì! L’incontro con Dio nella preghiera ci spinge nuovamente a “scendere dalla montagna” e ritornare in basso, nella pianura, dove incontriamo tanti fratelli appesantiti da fatiche, malattie, ingiustizie, ignoranze, povertà materiale e spirituale. A questi nostri fratelli che sono in difficoltà, siamo chiamati a portare i frutti dell’esperienza che abbiamo fatto con Dio, condividendo la grazia ricevuta. E questo è curioso. Quando noi sentiamo la Parola di Gesù, ascoltiamo la Parola di Gesù e l’abbiamo nel cuore, quella Parola cresce. E sapete come cresce? Dandola all’altro! La Parola di Cristo in noi cresce quando noi la proclamiamo, quando noi la diamo agli altri! E questa è la vita cristiana. E’ una missione per tutta la Chiesa, per tutti i battezzati, per tutti noi: ascoltare Gesù e offrirlo agli altri. Non dimenticare: questa settimana, ascoltate Gesù! E pensate a questa cosa del Vangelo: lo farete? Farete questo? Poi domenica prossima mi direte se avete fatto questo: avere un piccolo Vangelo in tasca o nella borsa per leggere un piccolo passo nella giornata.

E adesso rivolgiamoci alla nostra Madre Maria, e affidiamoci alla sua guida per proseguire con fede e generosità questo itinerario della Quaresima, imparando un po’ di più a “salire” con la preghiera e ascoltare Gesù e a “scendere” con la carità fraterna, annunciando Gesù.
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Dopo l'Angelus:
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Una parola va alla Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi, che venerdì prossimo, alla sera, guiderà per le strade del centro di Roma una speciale “Via Crucis” per le donne vittime della tratta. Sono bravi questi! 

Vi invito a ricordare nella preghiera i passeggeri e l’equipaggio dell’aereo della Malaysia e i loro familiari. Siamo vicini a loro in questo difficile momento.
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A tutti auguro una buona domenica e buon pranzo. Arrivederci!

  testo integrale dell'Angelus

  video


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Papa Francesco UDIENZA GENERALE 19 marzo 2014 - testo e video


Piazza San Pietro
Mercoledì, 19 marzo 2014

Oltre 60mila persone sono presenti in Piazza San Pietro per l'udienza generale del mercoledì nella solennità di San Giuseppe e nel giorno in cui ricorre il primo anniversario dell'inizio del ministero petrino di Papa Francesco. Il Papa ha fatto il giro della piazza con la jeep scoperta tra gli applausi dei fedeli, fermandosi a baciare i bambini e parlando brevemente con dei connazionali. 
Il Papa ha dedicato la sua catechesi proprio a san Giuseppe, Sposo di Maria e Patrono della Chiesa universale

San Giuseppe educatore
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi, 19 marzo, celebriamo la festa solenne di san Giuseppe, Sposo di Maria e Patrono della Chiesa universale. Dedichiamo dunque questa catechesi a lui, che merita tutta la nostra riconoscenza e la nostra devozione per come ha saputo custodire la Vergine Santa e il Figlio Gesù. L’essere custode è la caratteristica di Giuseppe: è la sua grande missione, essere custode.
Oggi vorrei riprendere il tema della custodia secondo una prospettiva particolare: la prospettiva educativa. Guardiamo a Giuseppe come il modello dell’educatore, che custodisce e accompagna Gesù nel suo cammino di crescita «in sapienza, età e grazia», come dice il Vangelo. Lui non era il padre di Gesù: il padre di Gesù era Dio, ma lui faceva da papà a Gesù, faceva da padre a Gesù per farlo crescere. E come lo ha fatto crescere? In sapienza, età e grazia.
...
Cari fratelli e sorelle, la missione di san Giuseppe è certamente unica e irripetibile, perché assolutamente unico è Gesù. E tuttavia, nel suo custodire Gesù, educandolo a crescere in età, sapienza e grazia, egli è modello per ogni educatore, in particolare per ogni padre. San Giuseppe è il modello dell’educatore e del papà, del padre. Affido dunque alla sua protezione tutti i genitori, i sacerdoti – che sono padri –, e coloro che hanno un compito educativo nella Chiesa e nella società. In modo speciale, vorrei salutare oggi, giorno del papà, tutti i genitori, tutti i papà: vi saluto di cuore! 
E tanti auguri ai papà!

  video della catechesi

Saluti
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Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la Solennità di San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale. Cari giovani, guardate a lui come esempio di vita umile e discreta; cari malati... imparate a portare la croce con l’atteggiamento del silenzio e dell’orazione del padre putativo di Gesù; e voi, cari sposi novelli, costruite la vostra famiglia sull’amore che legò Maria al suo sposo Giuseppe. Grazie.

  testo integrale dell'udienza generale

Provenivano da tutto il mondo e da ogni parte d’Italia le tante persone che stamani affollavano Piazza San Pietro: anziani, coppie e bambini hanno voluto essere vicini a Papa Francesco per ricordare l’inizio, un anno fa, del suo ministero petrino. Debora Donnini ha raccolto la loro gioia e le loro emozioni:

  L'affetto della gente a Piazza San Pietro per Papa Francesco: "Gli vogliamo bene, è come un papà!"

  video integrale



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"Allargare il cuore" - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano

17 marzo 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco:
"Chi sono io per giudicare?"

Chi sono io per giudicare gli altri? È la domanda da fare a se stessi per dare spazio alla misericordia, l’atteggiamento giusto per costruire la pace tra le persone, le nazioni e dentro di noi. E per essere donne e uomini misericordiosi bisogna anzitutto riconoscersi peccatori e poi allargare il cuore fino a dimenticare le offese ricevute.

È proprio sulla misericordia che il Papa ha centrato l'omelia nella messa celebrata lunedì mattina, 17 marzo, nella cappella della Casa Santa Marta. Richiamandosi ai passi del libro del profeta Daniele (9,4-10) e del Vangelo di Luca (6, 36-38), il Santo Padre ha spiegato che «l’invito di Gesù alla misericordia è per avvicinarci, per imitare meglio il nostro Dio Padre: siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso». Ma, ha riconosciuto subito il Pontefice, «non è facile capire questo atteggiamento della misericordia, perché noi siamo abituati a passare il conto agli altri: tu hai fatto questo, adesso devi fare questo». In poche parole, «noi giudichiamo, abbiamo questa abitudine, e non siamo persone» che lasciano «un po’ di spazio alla comprensione e anche alla misericordia».
«Per essere misericordioso sono necessari due atteggiamenti» ha affermato il Papa. Il primo è «la conoscenza di se stesso». 
...
Il secondo atteggiamento per essere misericordiosi «è allargare il cuore». Proprio «la vergogna, il pentimento, allarga il cuore piccolino, egoista, perché dà spazio a Dio misericordioso per perdonarci». Ma cosa significa allargare il cuore?
...
Per essere misericordiosi bisogna dunque invocare al Signore — «perché è una grazia» — e «avere questi due atteggiamenti: riconoscere i propri peccati vergognandosi» e dimenticare i peccati e le offese degli altri. Ecco che così «l’uomo e la donna misericordiosi hanno un cuore largo largo: sempre scusano gli altri e pensano ai propri peccati». E se qualcuno dice loro: «ma hai visto cosa ha fatto quello?», hanno la misericordia per rispondere: «ma io ne ho abbastanza di ciò che ho fatto io».
È questo, ha suggerito il Papa, «il cammino della misericordia che dobbiamo chiedere». Se «tutti noi, i popoli, le persone, le famiglie, i quartieri, avessimo questo atteggiamento — ha esclamato — quanta pace ci sarebbe nel mondo, quanta pace nei nostri cuori, perché la misericordia ci porta la pace!». E ha concluso: «Ricordatevi sempre: chi sono io per giudicare? Vergognarsi e allargare il cuore, il Signore ci dia questa grazia!».

  Nessuno ti può giudicare

  video


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"Luce e coraggio" - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)




S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano

18 marzo 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
"prendersi cura, segno del vero credente"

Il cristiano che pensa di potersi salvare da solo «è un ipocrita», un «cristiano truccato». La quaresima è il tempo opportuno per cambiare vita e per avvicinarsi a Gesù chiedendo perdono, pentiti e pronti a testimoniare la sua luce prendendosi cura dei bisognosi. Una nuova riflessione quaresimale è stata proposta questa mattina, martedì 18 marzo, da Papa Francesco nella messa celebrata a Santa Marta.

«Questo della quaresima — ha infatti introdotto l’omelia — è un tempo per avvicinarci di più al Signore». Del resto, ha spiegato, lo dice la parola stessa, poichè quaresima significa conversione. E proprio con un invito alla conversione, ha notato riferendosi al brano di Isaia (1,10.16-20), «comincia la prima lettura di oggi. Il Signore infatti chiama alla conversione; e curiosamente chiama due città peccatrici», Sodoma e Gomorra, alle quali rivolge l’invito: «Convertitevi, cambiate vita, avvicinatevi al Signore». Questo, ha spiegato, «è l’invito della quaresima: sono quaranta giorni per avvicinarsi al Signore, per essere più vicini a lui. Perchè tutti noi abbiamo bisogno di cambiare la vita». Ed è inutile dire: «Ma padre, io non sono tanto peccatore...», perchè «tutti abbiamo dentro qualche cosa e se guardiamo nella nostra anima troveremo qualche cosa che non va bene, tutti».
La quaresima dunque «ci invita ad aggiustare, a sistemare la nostra vita» ha precisato il Pontefice. Ed è proprio questo che ci consente di avvicinarci al Signore. Ed è pronto a perdonare.
...
Dunque la quaresima serve per «cambiare la nostra vita, per aggiustare la vita, per avvicinarsi al Signore». Mentre l’ipocrisia è «il segno che noi siamo lontani dal Signore». L’ipocrita «si salva da se stesso, almeno così pensa» ha proseguito il Santo Padre; mentre il segno che ci siamo avvicinati al Signore con spirito di penitenza we di perdono «è che noi ci prendiamo cura dei fratelli bisognosi». Da qui la conclusione: «Il Signore ci dia a tutti luce e coraggio: luce per conoscere cosa succede dentro di noi e coraggio per convertirci, per avvicinarci al Signore. È bello essere vicini al Signore».

  Cristiani senza trucco

  video


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"Dove è la mia fiducia?" - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
20 marzo 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
"chi non confida in Dio perde tutto"

L'uomo che confida in se stesso, nelle proprie ricchezze o nelle ideologie è destinato all'infelicità. Chi confida nel Signore, invece, dà frutti anche nel tempo della siccità: è quanto ha detto il Papa stamani, durante la Messa a Santa Marta.

“Maledetto l’uomo che confida nell’uomo”, “l’uomo che confida in se stesso”: sarà come “un tamerisco nella steppa”, condannato dalla siccità a rimanere senza frutti e a morire. Il Papa parte dalla prima lettura del giorno che definisce, invece, “benedetto l’uomo che confida nel Signore”: “è come un albero piantato lungo un corso d’acqua” che nel tempo della siccità “non smette di produrre frutti”. “Soltanto nel Signore – afferma Papa Francesco - è la nostra sicura fiducia. Altre fiducie non servono, non ci salvano, non ci danno vita, non ci danno gioia”. E anche se lo sappiamo, “ci piace confidare in noi stessi, confidare in quell’amico o confidare in quella situazione buona che ho o in quell’ideologia" e "il Signore resta un po’ da parte”. L’uomo, così, si chiude in se stesso, “senza orizzonti, senza porte aperte, senza finestre” e “non avrà salvezza, non può salvare se stesso”. Ed è quello che succede al ricco del Vangelo – spiega il Papa – “aveva tutto: indossava vestiti di porpora, mangiava tutti i giorni, grandi banchetti”. "Era tanto contento", ma "non si accorgeva che alla porta della sua casa, coperto di piaghe”, c’era un povero. Il Papa sottolinea che il Vangelo dice il nome del povero: si chiamava Lazzaro. Mentre il ricco “non ha nome”:
“E questa è la maledizione più forte di quello che confida in se stesso o nelle forze, nelle possibilità degli uomini e non in Dio: perdere il nome. Come ti chiami? Conto numero tale, nella banca tale. Come ti chiami? Tante proprietà, tante ville, tanti... Come ti chiami? Le cose che abbiamo, gli idoli. E tu confidi in quello, e quest’uomo è maledetto”.
“Tutti noi abbiamo questa debolezza, questa fragilità – afferma il Papa - di mettere le nostre speranze in noi stessi o negli amici o nelle possibilità umane soltanto e ci dimentichiamo del Signore. E questo ci porta sulla strada … della infelicità”:
“Oggi, in questa giornata di Quaresima, ci farà bene domandarci: dove è la mia fiducia?...

  Papa Francesco: chi confida in se stesso e non nel Signore perde il nome, cioè tutto

  video


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"Il cuore aperto alla Parola di Dio" - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
21 marzo 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco:
"umiltà e preghiera per non uccidere"

Per non “uccidere” nel cuore la Parola di Dio, bisogna essere umili e capaci di pregare. Due atteggiamenti che Papa Francesco ha indicato questa mattina nel commentare il Vangelo durante la Messa presieduta in Casa Santa Marta.

Ci si può impadronire della Parola di Dio e disporne a proprio piacimento, se un cristiano non è umile e non prega. Lo spunto per mettere in risalto e in guardia da questa insidia Papa Francesco lo prende dal Vangelo del giorno, in cui Gesù racconta la parabola dei vignaioli omicidi, che dapprima uccidono i servi e da ultimo il figlio del padrone della vigna con l’intenzione di impadronirsi dell’eredità. Ad ascoltare questa parabola ci sono farisei, anziani, sacerdoti ai quali – spiega il Papa – Gesù si rivolge per far capire loro “dove sono caduti” per non avere “il cuore aperto alla Parola di Dio”:
“Questo è il dramma di questa gente, e anche il dramma nostro! Si sono impadroniti della Parola di Dio. E la Parola di Dio diventa parola loro, una parola secondo il loro interesse, le loro ideologie, le loro teologie… ma al loro servizio. E ognuno la interpreta secondo la propria volontà, secondo il proprio interesse. Questo è il dramma di questo popolo. E per conservare questo, uccidono. Questo è successo a Gesù”.
...
“Ma, c’è una frase che ci dà speranza. La Parola di Dio è morta nel cuore di questa gente; anche, può morire nel nostro cuore! Ma non finisce, perché è viva nel cuore dei semplici, degli umili, del popolo di Dio. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla del popolo di Dio, perché lo considerava un profeta. Quella folla semplice – che andava dietro a Gesù, perché quello che Gesù diceva faceva loro bene al cuore, riscaldava loro il cuore – questa gente non aveva sbagliato: non usava la Parola di Dio per il proprio interesse, sentiva e cercava di essere un po’ più buona”.
E noi, si chiede in conclusione Papa Francesco, “cosa possiamo fare per non uccidere la parola di Dio”, per “essere docili, “per non ingabbiare lo Spirito Santo”? “Due cose semplici”, è la sua risposta:
“Questo è l’atteggiamento di quello che vuole ascoltare la Parola di Dio: primo, umiltà; secondo, preghiera. ...”.

  Il Papa: necessarie umiltà e preghiera per non "impadronirsi" della Parola di Dio

  video


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La simpatia della gente per il Papa non si attenua dopo un anno. Francesco guida i cristiani alla riscoperta del Vangelo (domenica scorsa ha chiesto a tutti di leggerlo). Vuole che si esca dagli spazi abituali, dalle chiese, dai luoghi comuni, per comunicare la fede, incontrare la gente, soprattutto i poveri. Parla a tutti: vescovi, preti, comunità cristiane, laici, credenti in difficoltà, religiosi, suore... Nessuno escluso, anche se le storie e le responsabilità sono diverse....

  Andrea Riccardi:  Chi resiste a Papa Francesco?

Discorso tenuto alla DOZZA, Bologna, il 16 marzo 2014

  Raniero La Valle:  Questo Papa piace troppo?

Udienza a 7500 pellegrini: no al denaro “idolo” del sistema economico e la solidarietà non è una parolaccia. Vecchi cita il nonno: “Diceva che Cristo è socialista”

  Iacopo Scaramuzzi:  Il Papa riceve gli operai delle acciaierie di Terni: "Il lavoro è dignità"

Fedele alla tra­di­zione inter­clas­si­sta della Dot­trina sociale della Chiesa dallaRerum Nova­rum di Leone XIII in poi — la con­ci­lia­zione e la col­la­bo­ra­zione fra le classi invece della lotta di classe -, Ber­go­glio ha incon­trato insieme diri­genti e ope­rai delle accia­ie­rie. E non ha man­cato, come peral­tro aveva già fatto a set­tem­bre durante la sua visita pasto­rale a Cagliari dove pure incon­trò insieme impren­di­tori e ope­rai, di sot­to­li­neare alcuni aspetti pro­ble­ma­tici della que­stione lavoro, a comin­ciare dalla disoc­cu­pa­zione.

 
Luca Kocci:  Il Papa: «Lavoro è dignità»




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SPECIALE di TEMPO PERSO:
Benedetto XVI
  rinuncia al ministero
di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro







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            http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm