"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°3 del 2014

Aggiornamento della settimana

- dall'11 al 17 gennaio 2014 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 24 gennaio 2014          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

    di P. Gregorio Battaglia
  di P. Aurelio Antista
    di P. Alberto Neglia

 
N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 







I NOSTRI TEMPI

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Effetti collaterali o strumenti parlanti, poco cambia! di Renato Sacco



Effetti collaterali 
strumenti parlanti, 
poco cambia!
di Renato Sacco

Nella notte tra il 16 e il 17 gennaio 1991 iniziavano i bombardamenti su Baghdad, la Prima guerra del Golfo: ‘Desert Storm’. Sembra preistoria, 23 anni fa! I giovani non erano ancora nati e i più grandi rischiano di dimenticare.
Giovanni Paolo II parlava di “Guerra avventura senza ritorno”.
E chi se lo ricorda? Chi parla ancora dell’Iraq?
Ormai non fa più notizia, eppure era stata ‘LA’ notizia per tanto tempo, quando anche l’Italia aveva partecipato alla guerra. Dirette Tv, inviati, giornalisti. Poi, da un po’ di tempo il silenzio assoluto.
Non fanno notizia i circa mille morti uccisi al mese nell’ultima parte del 2013, né quanto sta succedendo in questi giorni. Non per niente fu inventata una definizione originale per parlare dei morti: ‘effetti collaterali’. Suona meglio alle nostre orecchie.E non solo non si parla dell’Iraq, ma non si parla di quasi nessuna guerra: Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Palestina. E Siria e Afghanistan? Poco di più.
...
In questo anniversario ricordiamo tutti i morti delle guerre, ma difendiamo anche le persone ancora vive, vittime di razzismo.
(fonte: Mosaico di Pace)

Leggi anche l'articolo citato:
   "L’ACCOGLIENZA E LA CONVENIENZA - Troppe ipocrisie sugli immigrati" di Angelo Panebianco


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... «La ricchezza di un paese e parlo non solo di economia, ma di cultura, innovazione e complessivamente di vitalità è data proprio dalla capacità di fare sintesi delle peculiarità di altre culture: questa è stata la nostra storia di cui, peraltro, andiamo orgogliosi. Così faccio davvero fatica a immaginare che si possa pensare di favorire una componente religiosa rispetto a un’altra, tradendo di fatto i nostri valori costituzionali, mentre considero effettivamente realistico regolare i flussi di ingresso della migrazione economica sulla base dell’effettiva disponibilità del mercato del lavoro»...

  Guido Moltedo:  Panebianco aggredito, così non si discute. Eppure si dovrebbe

Razzismo alle porte, cioè in Europa, razzismo in casa? La crisi ci regala anche questo? Aldo Bonomi, sociologo, direttore dell’Istituto di ricerca Aaster, cerca un termine che attenui la sensazione e che ci aiuti a misurare la storia nostra politica e «territoriale», in una stagione in cui ci sentiamo (cito una definizione da uno degli ultimi libri di Bonomi, «Elogio della depressione», scritto per Einaudi insieme con lo psichiatra Eugenio Borgna): «vulnerabili e impoveriti». La paroladi Bonomi è: «rancore». Con questo ci rimanda al cammino della Lega: le origini conflittuali, la fase del governo e della istituzionalizzazione, il ritorno all’opposizione, le rotture interne e ilricambio in un periodo di profonda crisi del paese.

  Oreste Pivetta:  «Non sono affatto battute, il pericolo del razzismo esiste» (pdf)

UNA duplice, speciale vigliaccheria contraddistingue la campagna orchestrata dalla Lega contro Cécile Kyenge.
Vigliaccheria numero uno: prima ancora che la linea politica, viene presa di mira la persona in quanto tale, accusata perfino di «favorire la negritudine». Così ieri a Montecitorio il deputato Gianluca Buonanno è giunto a tingersi il volto per insinuare che per ottenere vantaggi in Italia bisognerebbe farsi «un po' più scuri». Vigliaccheria numero due: i leghisti agiscono surrettiziamente, pubblicando l'agenda della Kyenge sul giornale di partito senza neanche avere il coraggio di scrivere a che scopo lo fanno. Dico e non dico, lancio il sasso e ritiro la mano. Vigliacchi, appunto.

  Gad Lerner:  Il razzismo in Parlamento

Forse la Lega di Matteo Salvini che va a braccetto con Marine Le Pen ha passato il segno. La ministra per l'Integrazione Cécile Kyenge, non fosse altro che per una questione di toni, questa volta sembra decisa a pretendere un'azione più decisa contro il razzismo. Non per una questione personale, «non sono solo io il bersaglio di certi attacchi razzisti, è la democrazia stessa ad essere in pericolo».

  Luca Fazio:  E' in pericolo la democrazia

... I bambini, nati in Italia da genitori dello Sri Lanka, del Camerun, del Kosovo o dell’Albania, sono emozionati, alcuni anche commossi, anche se quasi tutti sono troppo piccoli per aver visto giocare Thuram. Per loro il campione francese è soprattutto uno che dice le cose che vogliono sentirsi dire, per vivere meglio la loro carriera di nuovi italiani. «Allora dimmi ti sembro una scimmia io?». «No, ma mio fratello quando gli dicono negro di m... in campo combina sempre dei casini. Non riesce ad essere tranquillo come dici tu!». «Spiegagli quello che ti ho detto io, il problema è dei razzisti da stadio e non suo. E, se non capisce, allora tiragli un pugno...».
Scherza, il professor Thuram, ma fino a un certo punto

  Paolo Tamaselli:   La sfida di Thuram «Non siamo scimmie I razzisti fanno pena» (pdf)


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Lotta alle mafie

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L'ANTIMAFIA SIAMO...TUTTI - Ciotti e Bindi a confronto



Il fondatore di "Libera" a confronto con l'esponente politico che guida l'organismo di inchiesta parlamentare: le mafie al nord, il sostegno ai testimoni, i beni confiscati, i compiti della politica.

Il potere dei boss e quello dello Stato 
Ciotti: La Camorra esiste da 400 anni, da oltre 150 Cosa Nostra, la ’ndrangheta è solo poco più giovane. Non dimentico certo l’impegno dei magistrati, delle forze di polizia, di segmenti delle istituzioni e di parte della società responsabile, ma bisogna riconoscere che le mafie sono ancora forti e radicate in tutta Italia. Mi stupisco di chi si stupisce della loro presenza al Nord. Già nel 1983 un delitto di mafia uccide a Torino il magistrato Bruno Caccia… Le mafie hanno radici al Sud, ma i frutti, da tempo, li producono al Nord. Oggi però hanno cambiato pelle. Uccidono di meno, riciclano di più. Con la loro capacità di anticipazione e adattamento, hanno saputo inserirsi nei meccanismi dell’economia “immateriale”, aumentando i profitti e diminuendo l’allarme sociale. Tutto questo è avvenuto senza un’adeguata presa di coscienza sociale e politica. Come te lo spieghi? 

Bindi: Sulle molte facce delle mafie occorre riflettere e indagare ancora a fondo. Al Sud, dove i diritti fondamentali delle persone sono tuttora compromessi, dove non c’è lavoro, il sistema sanitario non funziona, la scuola di qualità non è garantita a tutti, e – come in Calabria in maniera particolare – si vive un isolamento dal resto del Paese, ci si convince che il potere della mafia assicura ciò che il potere dello Stato nega. L’arresto di un mafioso non dà i risultati che ci aspetteremmo perché le ragioni per le quali era potente e aveva consenso sociale non vengono meno. Al Nord la rimozione del fenomeno ha accompagnato un’infiltrazione profonda e pervasiva. Ci si è ostinati a dire che il problema riguardava le regioni meridionali senza capire che il vero guadagno le mafie lo realizzano al Nord. Sono state capaci di approfittare dell’economia malata di questi anni, mentre noi non ci siamo dati strumenti adatti per contrastarle. Ci ostiniamo a non capire che al pizzo o all’estorsione corrispondono i silenzi delle banche, la mancanza di una legislazione adeguata sulla trasparenza e di contrasto dei paradisi fiscali, del riciclaggio e dell’autoriciclaggio. La verità, come dici tu don Ciotti, è che loro sanno anticipare il cambiamento più di noi. Tanto sanno restare legati alle tradizioni anche arcaiche tanto sanno stare nella modernità. Noi abbiamo smarrito il senso della famiglia, della terra, delle radici e non abbiamo gli strumenti – o non vogliamo averli – per stare dentro questa modernità.

Le altre tematiche affrontate:
E' LA CULTURA CHE DÀ LA SVEGLIA ALLE COSCIENZE...
AGGIORNARE LE MISURE SUI BENI CONFISCATI...
ANCHE LA CHIESA DEVE DIRE COME STANNO LE COSE...
LA LOTTA ALLA CORRUZIONE E MAFIA È LA VERA POVERTÀ...

   L'ANTIMAFIA SIAMO...TUTTI


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FEDE E
SPIRITUALITA'

 

NELLA SOBRIETÀ IL FUTURO DELLA TERRA 

HOREB n. 66 - 3/2013


TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI

I tifoni sempre più violenti che si ripetono in modo più frequente in varie parti di questo nostro mondo, provocando morte e distruzione di intere città ci lasciano sbigottiti e ci fanno dire che il clima è impazzito.
Sì il clima è impazzito, ma la responsabilità di questo stravolgimento è legata al delirio dell’uomo che, dimenticando la sua vocazione di essere custode del creato, pensa di esserne il padrone e, coltivando un atteggiamento feroce nei riguardi del pianeta terra, provoca, con le proprie scelte consumistiche,
inquinamento, desertificazione e morte.
 Scienziati accreditati ci ricordano che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è al limite di guardia. Le emissioni di gas serra continuano a crescere del 2-3% l’anno a causa della deforestazione e dei combustibili fossili: petrolio, carbone e metano. Ci attende una tragedia con conseguenze devastanti: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, tempeste.
L’inquinamento dell’acqua, dell’aria, della terra, quindi, è la conseguenza di un rapporto scorretto tra l’uomo e l’ambiente, un rapporto innaturale tra natura ed esistenza, un rapporto violento tra creature volute e pensate da Dio per vivere in pace. La natura è oggi, in più maniere, violentata. Il fenomeno è preoccupante per la sua ampiezza a scala mondiale, per la vastità a vari livelli, e perché è avanzante con l’avanzare della logica del profitto.
L’uomo di oggi, allora, consapevole di questo dato di fatto, è chiamato a svegliarsi dal torpore, e, rinunciando a un tenore di vita che si è dimostrato essere incompatibile con le leggi dell’equilibrio uomo-natura, è invitato a scegliere uno stile di vita sobrio. Questa presa di coscienza non è più rimandabile né da delegare ad altri, ma si impone come atto di responsabilità per rendere vivibile il nostro pianeta e per avviare, sul piano strutturale, la costruzione di un sistema che crei le condizioni per una piena umanizzazione di tutte le relazioni.
È questo l’orizzonte che anima la nostra riflessione.


   Editoriale (pdf)

   Sommario (pdf)


E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it



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 SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"


  Rendetevi conto che è bene...
  Al nostro Battesimo...
  Per ascoltare la voce di Gesù...
  Essere liberi non significa...
  Maria, ci sono 3 tizi...
  La misericordia di Dio...
  La nuova evangelizzazione...
  Ogni vita muore se non è toccata...
  E' il perdono...
  L'occhio vede le creature sensibili...
  Per incontrare Gesù è necessario...


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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO

"Simon Pietro salì nella barca
e trasse a terra la rete
piena di 153 grossi pesci".
(Giovanni 21,11)


  Gianfranco Ravasi:  Quei 153 grossi pesci e la loro interpretazione


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Ricordo di Etty Hillesum nel centenario della nascita



 
15 gennaio del 1914 / 15 gennaio del 2014

Ricordo di Etty Hillesum
nel centenario della nascita

Il 15 gennaio del 1914 nasceva Etty Hillesum, la scrittrice olandese di origini ebraiche morta ad Auschwitz il 30 novembre del 1943. La pubblicazione, da parte di Adelphi, dell'edizione integrale prima del Diario e ora delle Lettere ci permette di conoscere da vicino la vita e il pensiero di questa straordinaria donna, che, quanto più la realtà intorno a lei si faceva orribile e insostenibile, tanto più seppe immergersi nella sua interiorità, scoprendone le profondità e le ricchezze ineusaribili e traendone la forza per amare chiunque incontrava...
Non esiste modo migliore di ricordarla, nel centenario della nascita, che leggere e meditare la sua storia, ben tramandata nei due volumi citati. È quello che vogliamo fare in questo spazio, lasciandole la parola. Ascoltiamo la sua voce, tratta dalle Lettere (Adelphi), immaginandola mentre si aggira per il campo di Westerbork a consolare e incoraggiare, senza che il sorriso si spegnesse mai sulle sue labbra...

  ETTY HILLESUM, LA DONNA CHE PERDONÒ DIO

Riproponiamo:
  • il video di un estratto della relazione di P. Alberto Neglia (ocarm) del 16 ottobre 2013
  Etty Hillesum e la preghiera (video)

  • il video della relazione di P. Aurelio Antista del 30 ottobre 2013

  "Etty Hillesum. (1914-1943) martire del nazismo. Diventare più umani" (prima parte) (video)

  • il video della relazione di P. Aurelio Antista del 6 novembre 2013

  "Etty Hillesum. (1914-1943) martire del nazismo. Diventare più umani" (secoda parte) (video)

Guarda anche i nostri precedenti post:
  • Ricordando Etty Hillesum
  • Etty Hillesum - UN ARDORE ELEMENTARE Tra le baracche e il fango (video)


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 SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"


Oggi ricorre il centenario della nascita di Esther Hillesum, detta Etty, vittima della Shoah; Etty infatti è nata a Middelburg il 15 gennaio 1914 ed è morta ad Auschwitz il 30 novembre 1943

 
Una volta che si comincia...

 
A ogni nuovo crimine...

  Si diventa più forti se...


  SANT'ANTONIO ABATE (video)

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"Un cuore che ascolta - lev shomea' " - n. 8/2013-2014 (A) di Santino Coppolino



RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino

BATTESIMO DEL SIGNORE

Vangelo:  Mt 3,13-17

Se il battesimo, come scrive Marco, era in funzione del perdono dei peccati o, come in Matteo, funzionale alla conversione come cambiamento di mentalità/vita, perché mai Gesù va a farsi battezzare? Che bisogno aveva Lui di essere perdonato o di cambiare vita? Il battesimo in se stesso è un simbolo che richiama la morte, morte - nell'immersione - all'uomo vecchio con la sua realtà di peccato, per riemergere dall'acqua a vita nuova. Anche per Gesù il battesimo è un richiamo alla morte ma nel senso di accettazione di questo mistero come fedeltà al progetto d'amore del Padre, portato fino alle estreme conseguenze, fino al dono totale di sé per la salvezza dei fratelli.
...


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Omelia di don Angelo Casati nella Solennità del Battesimo del Signore


Omelia di don Angelo Casati 
nella Solennità del Battesimo del Signore
Anno A - 12 gennaio 2014

Is 42, 1-4.6-7 
Sal 28
At 10, 34-38 
Mt 3, 13-17


Lo svelamento di Dio -e qui, nel Battesimo di Gesù, siamo a un'ulteriore svelamento, a un'ulteriore epifania- lo svelamento di Dio è sempre sorprendente, sconcertante. Il modo più semplice, più facile, ma anche il più rozzo di togliere la sorpresa, lo sconcerto, è quello di banalizzare l'episodio del Battesimo. Crea sorpresa, sconcerto il vedere Gesù immerso con i peccatori a farsi battezzare? Commentiamo dicendo che insomma lui faceva finta, era una finta per dare a noi un esempio. Vedete come si può banalizzare tutto: un metodo ampiamente usato in passato.
Invece il Vangelo -particolarmente quello di Matteo- registra lo sconcerto, la sorpresa, tant'è che Giovanni il Battista voleva impedire questo battesimo: "Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me". Ma Gesù gli disse: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". E anche su questo, sulla categoria della giustizia -che cosa è giusto e che cosa non è giusto- ci troviamo sconcertati. Perché per noi è giusto che nella fila con i peccatori vadano i peccatori e che a farsi battezzare vadano coloro che hanno peccati da confessare e non chi di peccati da farsi perdonare non ne ha. "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". Ma cos'è giustizia. Giustizia nella Bibbia è la conformità alla volontà di Dio, l'adesione al suo sapiente disegno su di noi.
È come se Gesù dicesse: guarda che c'è un disegno su di me, e non è quello che forse hai in mente tu: quello di un Messia fustigatore, trionfante, giudice severo. È' altro il disegno su di me: il mio trionfo sarà la croce, la condivisione della sorte degli abbandonati, non il distacco, ma l'immersione, il mescolarsi. E questa mia prima scelta dice la direzione della mia vita: dalle prime luci dell'alba potete capire quale sarà la giornata. Queste del mio Battesimo sono le prime luci dell'alba. E così con questa domenica del Battesimo del Signore si completa il discorso, il discorso sul Natale.
C'è stato raccontato da chi è nato il Messia, quando è nato, dove è nato, come è nato. Ma per che cosa è nato? Per che cosa è nato lo puoi arguire da questo Battesimo. Qui è scritto il suo programma, la giustizia, il progetto di Dio sulla sua vita.
È la sua investizione ; viene detto figlio, "il figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto" proprio quando si mescola con tutti, porta il peso di tutti.
Trasparente l'allusione al cap. 42 di Isaia; anche là: "Ecco il mio servo, che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio".
Ci sono tre "no" nel programma del servo di Yahvè. Vediamoli brevemente.
...

  omelia di don Angelo nella Solennità del Battesimo del Signore


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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni

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La nuova «banalità del male» 
di Bruno Forte
arcivescovo di Chieti-Vasto

"Esattamente cinquant'anni fa (il 5 gennaio 2014) Hannah Arendt, la filosofa ebrea tedesca allieva di Martin Heidegger e di Karl Jaspers, pubblicava l'edizione definitiva del suo libro "La banalità del male", frutto del lavoro svolto a Gerusalemme come inviata del "New Yorker" per seguire lo storico processo ad Adolf Eichmann. Il criminale nazista responsabile dello sterminio di milioni di Ebrei era stato catturato l'anno prima a Buenos Aires dove aveva vissuto indisturbato per anni. Il "reportage" della Arendt si sviluppava in una serie preziosa di considerazioni morali, che furono poi raccolte e ampliate nel libro. La tesi che emerge dalle straordinarie pagine di questo testo è per molti aspetti sconcertante: «Il guaio del caso Eichmann era che di uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali. Dal punto di vista delle nostre istituzioni giuridiche e dei nostri canoni etici, questa normalità è più spaventosa di tutte le atrocità messe insieme» (282). Il messaggio che scaturiva dal caso Eichmann, quello «che il suo lungo viaggio nella malvagità umana ci aveva insegnato», era per la Arendt «la lezione della spaventosa, indicibile e inimmaginabile banalità del male» (259). Su questa lezione mi sembra importante ritornare perché, fatte salve le ovvie differenze fra quello che fu "il male assoluto" e quelli che sono i mali del nostro presente, non c'è dubbio che molti di essi derivino dalla mentalità del "così fan tutti", giustificata dai cattivi maestri della scena pubblica, in particolare di quella politica. Provo ad articolare questa riflessione sull'insinuante presenza della "banalità del male" su tre fronti, che convergono nel male endemico e distruttivo della corruzione: la perdita diffusa del senso del dovere; il rimando alle altrui responsabilità per scaricare le proprie; la disaffezione nei confronti del bene comune, a favore di quello personale o della propria "lobby". ... (Bruno Forte)

  La nuova «banalità del male»  di Bruno Forte


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Uccisi per Fede - rapporto Fides 2013



Uccisi per Fede

Potrebbe sembrare un triste elenco di morte, ma in realtà è il resoconto di una Chiesa viva, che in tutto il mondo spesso è voce scomoda del Vangelo e quindi oggetto di violenza e repressione. Va letto in questa luce l’elenco degli operatori pastorali (sacerdoti, religiosi, religiose e laici) uccisi nel 2013. Il «rapporto» redatto da Fides, l’agenzia delle Pontificie Opere Missionarie, infatti, non solo riporta una triste lista di nomi – ben 22 per l’anno appena chiuso, rispetto alle 13 del 2012 – di persone uccise mentre erano impegnate nella pastorale, ma offre l’occasione per riflettere sulla «fecondità» e la necessità di un annuncio del Vangelo sempre più incisivo proprio là dove la dignità umana è messa più a rischio...

  Quegli «eroi» della fede nel quotidiano

Dal rapporto Fides emergono gli identikit di 22 persone barbaramente uccise mentre svolgevano attività pastorale in proiezione missionaria. Papa Francesco, con il suo linguaggio fulmineo, ci ricorda che chi uccide non ha coscienza, non ha forza, non ha talento, non sa che cosa significa partecipare alla vita di donne, uomini, bambini. Chi uccide ha già perso, e per sempre.

  Quelle vite donate da attori del bene

  video

  Scarica il rapporto Fides: Missionari uccisi nel 2013


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Migranti e rifugiati. Andare oltre la politica della paura e dell’emergenza, superare il clima di odio che si sta diffondendo, per mettere in piedi un vero sistema di accoglienza in grado di incidere anche sul cambiamento della mentalità dei cittadini.



Cento anni fa, nel 1914, subito dopo lo scoppio della Grande Guerra, Benedetto XV istituiva la Giornata per i migranti e i rifugiati, pensando ai profughi, alle famiglie espulse, che il conflitto avrebbe creato. Oggi, le guerre sono 23, generano milioni di nuovi rifugiati e profughi e decine di migliaia di loro giungono sulle coste italiane. Lo ha ricordato il direttore della Fondazione Migrantes della Cei, mons. Giancarlo Perego, che ha presentato l’evento assieme a mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente di Migrantes, alla presenza del ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge. “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore” è il tema scelto da Papa Francesco perché ogni persona, spiegò lui stesso il 5 agosto scorso, “appartiene all’umanità e condivide la speranza di un futuro migliore con l’intera famiglia dei popoli”. La ricorrenza di domenica, ancora una volta, ci mette di fronte al fenomeno delle migrazioni e al stesso tempo all’incapacità di affrontarlo. Dunque, come accompagnare queste persone proprio "verso un mondo migliore"?

  Le iniziative Cei per la Giornata dei migranti e dei rifugiati del 19 gennaio

“Purtroppo spesso alla solidarietà e alla fraternità” si “sostituisce la diffidenza, la chiusura, il rifiuto, la discriminazione, l’esclusione, lo sfruttamento, la schiavitù. S’invoca la salvaguardia di una cultura, di un’identità, la precedenza sul lavoro o la sicurezza per lasciare fuori dalle porte dei nostri Paesi persone e famiglie in fuga”. Lo ha detto monsignor Francesco Montenegro, Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, nel corso della conferenza stampa di presentazione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si celebra domenica prossima 19 gennaio.
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Nelle comunità cristiane – ha spiegato mons. Montenegro – è “importante, anche grazie alla celebrazione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, giunta al suo centesimo anno, s’imparino e s’insegnino le parole per un mondo migliore:incontro, accoglienza, ospitalità, tutela, condivisione, dialogo, rispetto delle differenze. Sono sette parole – ha concluso - che danno qualità alla nostra nuova evangelizzazione, soprattutto se accompagnate da una testimonianza di vita personale e di comunità, da una responsabilità condivisa verso un mondo in cammino. Sono parole che possono dare anche qualità alla nostra democrazia, se non vuole dimenticare i suoi principi fondamentali”.

  Mons. Montenegro: le parole per un mondo migliore

Andare oltre la politica della paura e dell’emergenza, superare il clima di odio che si sta diffondendo, per mettere in piedi un vero sistema di accoglienza in grado di incidere anche sul cambiamento della mentalità dei cittadini. E’ questo l’appello lanciato dalla Cei in occasione della presentazione, a Roma, della 100esima Giornata del migrante e del rifugiato, che si svolgerà domenica 19 gennaio. Un evento che cade in un clima politico particolarmente delicato, dopo la decisione del quotidiano La Padania di rendere pubblica l’agenda della ministra Cècile Kyenge. Un gesto da molti considerato una vera e propria “intimidazione” e che ha scatenato durissime polemiche.
Attesa alla presentazione della Giornata del migrante, la ministra Kyenge ha ribadito ai cronisti che azioni come quelle della Lega Nord non sono da sottovalutare, perché mettono a rischio l’intera democrazia...
Un sostegno implicito all’azione della ministra è arrivato da monsignor Montenegro, vescovo di Agrigento e presidente della Fondazione Migrantes, che ha chiesto all’Italia di cambiare atteggiamento nei confronti dell’immigrazione, un fenomeno “inarrestabile come il vento”. “Bisogna andare oltre l’emergenza – ha detto - e guardare all'immigrazione come un fatto ordinario. Questo è un problema che non può essere affrontato più solo come una questione di muscoli e lavoro ma bisogna partire dall’integrazione”...

  Kyenge, la Lega fa solo campagna elettorale. Il sostegno della Cei

“Noi cristiani dobbiamo cavalcare la profezia e avere il coraggio di andare controcorrente. Dobbiamo ricordarci che i migranti sono uomini e anche per loro Cristo è morto. La profezia è sempre scomoda. Dobbiamo renderci conto che il Vangelo ci chiede di schierarci sempre dalla parte degli ultimi”. Questo l’appello di monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e della Fondazione Migrantes, in vista della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che la Chiesa celebra in tutto il mondo il 19 gennaio...

  "Il sesto continente bussa alle porte: dobbiamo cooperare"

  il testo integrale del MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2014 “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore”


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“In Italia occorre non dimenticare le tragedie di Rosarno, Firenze, Lampedusa, Prato e lavorare perché sempre al centro della politica migratoria, aldilà delle necessarie e auspicate revisioni, sia salvaguardata la dignità dei migranti e delle loro famiglie”. Lo ha detto questa mattina mons. Giancarlo Perego, Direttore generale della Fondazione Migrantes, nel corso della conferenza stampa di presentazione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si celebra domenica 19 gennaio.

 
Raffaele Iaria:  Migrantes: una nuova cultura e tutela del lavoro dei migranti

Occorre cam­biare subito la Bossi-Fini: non si può andare avanti così». Mon­si­gnor Fran­ce­sco Mon­te­ne­gro, arci­ve­scovo di Agri­gento e pre­si­dente della fon­da­zione Migran­tes – orga­ni­smo della Con­fe­renza epi­sco­pale ita­liana che si occupa di immi­gra­zione –, è peren­to­rio: la legge non fun­ziona, va modi­fi­cata. E non solo la Bossi-Fini, ma secondo il vescovo è l’intera nor­ma­tiva euro­pea in tema di immi­gra­zione ad essere ina­de­guata: «Lam­pe­dusa – isola che fa parte della “sua” dio­cesi – è il con­fine dell’Europa, oltre che dell’Italia, e a Lam­pe­dusa si vive la con­trad­di­zione di per­sone e fami­glie aperte alla soli­da­rietà e all’accoglienza in uno Stato e in un’Europa che invece chiu­dono le porte».

 
Luca Kocci:  Migrantes (Cei) "Via la Bossi-Fini" E anche l'Europa riveda le sue leggi

La Kyenge ringrazia l'impegno della Chiesa e mette in guardia dai rischi che corre la nostra democrazia intervenendo alla onferenza stampa di presentazione della Giornata per i migranti

 
Annachiara Valle:  Per i migranti integrazione e interazione

Papa Francesco, dopo averci sollecitato nelle prime sue due visite in Italia, a Lampedusa e al Centro Astalli di Roma, a guardare al cammino drammatico dei migranti e dei rifugiati, nel suo messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato c'invita a leggere le migrazioni come una risorsa per costruire un mondo migliore

 
Giancarlo Perego:  Domenica 19 gennaio come cento anni fa la preghiera della Chiesa

Domenica prossima in tutte le chiese cattoliche del mondo sarà celebrata la centesima giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Centesima. Segno che non può essere emergenziale l'attenzione per coloro che sono costretti ad abbandonare la propria terra. Che a buon ragione quello dei migranti deve essere considerato ormai il sesto continente. E che lo sguardo va oltre Lampedusa e si sposta ai mille confini del mondo in cui tanta povera gente gioca a dadi col proprio destino. Per cercare una vita dignitosa per sė e per la propria famiglia.

  Tonio Dell'Olio:  Il sesto continente

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Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei


In Italia e in alcune altre Chiese in Europa, il 17 gennaio è dedicato alla conoscenza e all’approfondimento del dialogo con la religione ebraica. La Chiesa cattolica infatti, scrutando il suo mistero, scopre il suo particolare legame con la religione di Israele. Vivere questa realtà è indispensabile per la Chiesa che ha tutte le sue radici nell’antico popolo di Dio e nelle sue Scritture.

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  GIORNATA PER L’APPROFONDIMENTO E LO SVILUPPO DEL DIALOGO TRA CATTOLICI ED EBREI 2014

La Giornata per l'’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei del 2014 sarebbe venuta a cadere di venerdì, cioè nel giorno in cui, nel pomeriggio/sera, gli ebrei avrebbero accolto il Sabato. Questo avrebbe pregiudicato la loro partecipazione alle eventuali iniziative comuni organizzate per la Giornata. Pertanto - di comune accordo con le autorità religiose del mondo ebraico italiano - la data è stata spostata a giovedì 16 gennaio 2014...

  Cattolici ed Ebrei: il 16 gennaio 2014 la giornata per approfondire e sviluppare il dialogo

La chiesa e il popolo ebraico si sono messi in cammino, fianco a fianco, senza presunzione, reciprocamente consapevoli che il dono di una ritrovata fraternità è e resterà sempre grazia da implorare e compito da svolgere. Da parte della chiesa, questo cammino si accompagna a un’onesta considerazione del passato, gravato da radici di antigiudaismo e antisemitismo, da purificare con un continuo processo di conversione oteshuvà.
Se continueremo il cammino insieme nella preghiera e nell’umiltà, unendo i nostri sforzi per un servizio sulla via della giustizia e della pace, lo shalom messianico annunciato dai profeti potrà avvicinarsi, non solo per le nostre comunità di fede, ma per il mondo intero, lacerato da conflitti di empietà irreligiosa e da guerre di inciviltà.
Tornerà così a brillare quella speranza biblica, che i padri conciliari posero come fiaccola al centro della dichiarazione Nostra aetate, e che otto secoli prima già il sommo filosofo medico di Cordoba, Mosè Maimonide, additava a conclusione della sua meditazione sulle vie del Messia: “Allora io darò ai popoli un labbro puro, perché invochino tutti il nome del Signore, e lo servano spalla a spalla” (Sofonia 3,9).
(Tratto da: FRATELLI PREDILETTI. Chiesa e popolo ebraico. Documenti e fatti: 1965 – 2005, Milano 2005, pp. 12,13 – a cura di P.F. Fumagalli, prefazione di W. Kasper).

  Sussidio 2014 (pdf)


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Lo "stile" di Papa Francesco arricchisce anche il dialogo ebreo-cattolico portandolo sulla via dell’amicizia, del confronto sereno e della gioia dello stare insieme.


I rabbini e il Papa
Foto di "famiglia"

A diffondere la foto non è stato il Vaticano ma il World Jewish Congress: ritrae Papa Francesco e un gruppo di rabbini argentini seduti attorno a un tavolo nella sala da pranzo della Casa Santa Marta. Sul tavolo ci sono ancora bicchieri e bottiglie, segno di un pranzo consumato da poco. I rabbini si stringono tra loro per poter partecipare alla conversazione. La foto è stata scattata mentre sono ancora tutti intenti a parlare. L’atmosfera è rilassata. L’incontro dura ben due ore.

Le cronache del “giorno dopo” raccontano che con Papa Bergoglio i rabbini hanno parlato e discusso di molte cose. Hanno anche potuto esprimere le loro “aspettative” rispetto al prossimo viaggio di Francesco in Terra Santa a maggio. Ma alla fine del pranzo hanno anche scherzato, chiacchierato, addirittura cantato per il Papa un canto tradizionale ebraico, che mette in musica un versetto dei Salmi, “ecco quanto è bello e quanto è soave, che i fratelli abitino insieme!”. È stato il rabbino Skorka a raccontarlo ma questa foto smonta tutte le più abili cronache giornalistiche. È la forza e, al tempo stesso, la semplicità dell’immagine che denuda le parole e apre la finestra sulla realtà. Sembra di stare lì, di sentir tintinnare piatti e bicchieri, ridere e parlare.

Un semplice invito a pranzo: facendo così, il Papa ha strappato il dialogo dagli standard degli incontri, dall’ufficialità dei tavoli bilaterali, dalle consuetudini di protocollo per portarlo delicatamente sulla via dell’amicizia, del confronto sereno, della gioia dello stare insieme. Non si tratta di diminuirne la portata ma di renderlo capace di grandi traguardi perché i passi si compiono e sono destinati a durare nel tempo, se c’è fiducia nell’altro e amicizia sincera. (fonte: Sir)

Lavorare insieme onorando Dio e l’uomo, questo è il messaggio comune dell’udienza privata che si è svolta ieri mattina, tra papa Francesco e il Rabbino Abraham Skorka Rettore del Seminario Rabbinico Latinoamericano di Buenos Aires, in questi giorni a Roma. 
Il rabbino e il pontefice hanno collaborato a lungo insieme durante gli anni in cui Francesco era arcivescovo a Buenos Aires. 
Sull’incontro ascoltiamo Abraham Skorka al microfono di Marina Tomarro per Radio Vaticana

  Papa Francesco e il rabbino Skorka e il sogno di pregare insieme davanti al Muro del Pianto (mp3)

Ospite della Pontificia Università Gregoriana, il rabbino di Buenos Aires, Abram Skorka, ha parlato a lungo della sua amicizia con papa Francesco, delle relazioni ebreo-cristiane e delle prospettive della visita pastorale del Santo Padre in Terra Santa...
Il dialogo interreligioso, ha osservato ancora Skorka, si articola su tre livelli: i primi due sono, per l’appunto, quello della conoscenza e quell’amore; c’è poi un livello teologico che, in particolare nelle relazioni ebreo-cristiane, può essere piuttosto fruttuoso...

  Ebrei e cristiani, anche teologicamente, sono "parenti"

  Rabbini argentini in Vaticano (video)



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Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani 18 - 25 gennaio 2014 - Aspettative


Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani
18 - 25 gennaio 2014

Come è tradizione della Società Biblica in Italia, anche quest‘anno 2014 sono offerti alla meditazione dei Cristiani alcuni testi biblici appositamente scelti da un gruppo internazionale ecumenico composto da rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell‘Unità dei Cristiani.

  Settimana Unita' 2014.pdf

Quest’anno, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio) è sotto una stella ecumenica particolarmente buona. Il tema della Settimana è tratto dal primo capitolo della prima lettera ai Corinzi, in cui Paolo lancia un veemente appello all’unità e pone una domanda che interpella la nostra coscienza: «Cristo è stato forse diviso?» (1 Corinzi, 1, 13).
Di fronte a questa domanda, viene subito da pensare alla tragica situazione della cristianità divisa, poiché la frattura della Chiesa tuttora esistente va intesa come divisione di ciò che per sua natura è indivisibile, ovvero l’unità del Corpo di Cristo.
È proprio questo doloroso problema che ha animato la stesura del decreto del concilio Vaticano II sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio, della cui promulgazione ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario.
Fin dal suo primo articolo, il decreto enuncia la convinzione di fede fondamentale secondo cui da Cristo «la Chiesa è stata fondata una ed unica» e la contrappone alla costatazione empirica che esiste un gran numero di Chiese e Comunità ecclesiali che propongono se stesse agli uomini «come la vera eredità di Gesù Cristo». Poiché ciò potrebbe suscitare una fatale impressione, «come se Cristo stesso fosse diviso», il concilio afferma che tale separazione «si oppone apertamente alla volontà di Cristo», è «di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura».
Davanti all’importanza della posta in gioco dell’ecumenismo, il decreto annuncia già nella sua prima frase che uno dei principali intenti del concilio Vaticano II è «promuovere il ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani» (Unitatis redintegratio, 1).
Con questa chiara affermazione, il decreto sull’ecumenismo esprime la convinzione conciliare che l’impegno ecumenico della Chiesa cattolica non è un’opzione, ma una responsabilità vincolante...

  Ecumenismo - Aspettative della Settimana di preghiera per l’unità


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All'Ottava Parola del Decalogo ("non rubare") è dedicata la XVIII Giornata per l'approfondimento del dialogo tra cattolici ed ebrei. In un messaggio congiunto dedicato al tema della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, affrontato il tema del multiculturalismo e formulato l'invito a "riconoscere i doni degli uni e degli altri"

  Maria Chiara Biagioni:  Le porte sono aperte tra ebrei e cattolici E nelle chiese cristiane

Si celebra oggi la 18.ma Giornata nazionale per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, sul comandamento “Non rubare”. Per l’occasione, la Pontificia Università Lateranense, alle 17.30, ospita un incontro promosso dall’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della diocesi di Roma. Interverranno il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, e l’economista Stefano Zamagni. Mons. Marco Gnavi, incaricato dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo, racconta il significato di questo appuntamento al microfono di Antonella Pilia

  RADIO VATICANA:  Oggi la Giornata del dialogo tra cattolici e ebrei. Al centro il comandamento "Non rubare"

In occasione del 17 gennaio, giorno in cui la Chiesa in Italia, Polonia, Austria e Paesi Bassi celebra la Giornata dell’Ebraismo (in Svizzera questa giornata ha luogo la seconda domenica di quaresima) pare particolarmente opportuno riflettere sull’impegno di Papa Francesco a favore del dialogo ebraico-cattolico e sui suoi sviluppi negli ultimi tempi. Noteremo allora che l’interesse per questo dialogo dimostrato dal cardinale Jorge Mario Bergoglio nella sua città, Buenos Aires, prosegue linearmente a livello internazionale anche in Vaticano.

 
Norbert Hofmann:  Religione con amicizia di Papa Francesco

Troppe volte le differenze ingigantite dai nostri orgogli fanno dimenticare che il popolo di Dio vuole l’unità.

 
Iuvenalie Ionascu:  La vera sfida dei nostri tempi

Il documento della Commissione Teologica Internazionale su monoteismo cristiano e violenza presentato da Pierangelo Sequeri, membro della Commissione e preside della Facoltà teologica dell'Italia Settentrionale.

  Christian Albini:  L'antidoto alla violenza del monoteismo cristiano

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SE LA CHIESA RISPONDE di Raniero La Valle


SE LA CHIESA RISPONDE
di Raniero La Valle

Era stato mons. Lorenzo Baldisseri, di fresco nominato segretario del Sinodo dei vescovi, a rompere gli indugi e gli autismi curiali e a dire urbi et orbi che tutti potevano liberamente mandare testi di riflessioni e suggerimenti al Sinodo straordinario sulla famiglia, anche senza passare attraverso il canale canonico dei vescovi. Ora quel monsignore è stato fatto cardinale, segno che non ha preso una cantonata, che il papa è d’accordo con lui e che a dare la parola alla Chiesa non si è redarguiti ma si è promossi. 
Del resto c’è una coerenza: che senso avrebbe l’insistenza di papa Francesco sulle periferie, se il rapporto della Chiesa con le periferie fosse un rapporto discendente, paternalistico, di una Chiesa che scende dalle pedane e dai pulpiti per andare a ispezionare le periferie, e non invece un rapporto per cui la Chiesa riconosce tutta se stessa come periferia, e ascolta, e perciò dà la parola, alle periferie?

Il riconoscimento delle Comunità di base
Negli stessi giorni in cui le periferie erano chiamate a dire la loro sulla pastorale (ma anche sulla teologia) delle famiglie, il papa mandava un messaggio alle Comunità di base del Brasile riunite per il loro XIII incontro interecclesiale nello Stato del Cearà, richiamando la legittimazione data a tali Comunità dall’assemblea episcopale di Aparecida e riproponendo loro il dovere della evangelizzazione; e siccome questo è il “dovere di tutta la Chiesa e di tutto il popolo di Dio”, per il papa ciò equivaleva a dire che le Comunità di base, a differenza di ciò che si è ritenuto altrove, sono parte integrante e legittima della Chiesa.
Dunque questa è una Chiesa in movimento, cui la riforma in corso del papato sta dando nuova vita; farà pure degli errori, ma questo è il prezzo di ogni riforma, tanto che il papa ha detto ai giovani in Brasile di fare confusione, chiasso, “casino”, e nella “Evangelii Gaudium” ha scritto di preferire “una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per le chiusure e le comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”.
Così incoraggiate, molte Comunità di base, associazioni ecclesiale, scuole di ricerca, aggregazioni spontanee hanno preso carta e penna e hanno scritto a Roma per rispondere a tutte o ad alcune delle 38 domande di cui consisteva il questionario messo in rete dalla segreteria del Sinodo. Molte risposte sono state severe, perché hanno criticato le domande stesse, che spesso della domanda avevano solo la veste retorica, ed in realtà erano tradizionalissimi enunciati sul matrimonio e la famiglia. Altre risposte sono state costruttive; ma in ogni caso della natura e della quantità dei documenti venuti direttamente dalla base si potrà sapere solo in seguito, quando qualcuno ne farà la ricognizione.

Molto cammino ancora da fare
Quello che invece si può rilevare fin da ora è che la Chiesa italiana, nelle sue strutture diocesane, ha accusato una difficoltà nel dare riscontro all’iniziativa del Sinodo. Non sembra che essa si sia messa in movimento, che abbia sollecitato interventi, veicolato proposte, si sia fatta eco di sofferenze e preghiere dei fedeli; si sconta ora il fatto che da cinquant’anni ormai, uscita in stato confusionale dal Concilio, la Chiesa italiana abbia imposto il silenzio ai fedeli e si sia fatta silenzio essa stessa, fino ai livelli di vertice della conferenza episcopale, priva com’è stata di ogni altra parola che non fosse quella del suo presidente.
Così la Chiesa italiana è giunta a questo appuntamento in stato di torpore, non si è fatta scuotere dalla novità di un organismo sinodale che prima di impartire direttive e insegnamenti chiedeva informazioni, pareri e proposte; essa non sembra essere uscita, almeno questa volta, dalle “abitudini – come dice il papa - in cui ci sentiamo tranquilli”.
Ma è solo la Chiesa italiana?
...
Per molto tempo nella Chiesa, e per lo meno fino al Concilio, ai discepoli, ai fedeli, nessuno ha chiesto niente; è stata chiesta obbedienza, è stato chiesto di ascoltare, è stato chiesto di partecipare ai sacramenti, alle novene, ai catechismi e di dare l’8 per mille. Ma nessuno finora aveva chiesto che cosa pensano di Dio, del Cristo, dell’uomo, della Chiesa, dell’amore, del matrimonio, nessuno aveva chiesto come pensassero di poter rispondere oggi della speranza che è in loro.
Perciò è una così grande novità che ora queste domande siano state poste. E se la Chiesa non è ancora pronta, l’importante è cominciare; l’importante è far crescere questo ministero del chiedere e del rispondere, perché maturi un nuovo modo di essere Chiesa, e anche un nuovo modo di essere mondo, perché finché si domanda e si risponde c’è dialogo, c’è comunicazione, c’è insegnamento e c’è apprendimento, ci può essere comunione, non c’è il fragore della guerra e il silenzio dei cimiteri.

  SE LA CHIESA RISPONDE


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 FRANCESCO
 



     Angelus/Regina Cæli - Angelus, 12 gennaio 2014, Festa del Battesimo del Signore

    Udienza - 15 gennaio 2014

    Omelia - 12 gennaio 2014: Festa del Battesimo del Signore

    Discorso - Ai Gentiluomini di Sua Santità, con i Familiari (10 gennaio 2014)

    Discorso - Ai Sediari Pontifici, con i Familiari (10 gennaio 2014)

    Discorso - Ai Membri del Comitato Cattolico per la collaborazione culturale con le Chiese Ortodosse e le Chiese Ortodosse Orientali (11 gennaio 2014)

    Discorso - Ai membri dell'Eccellentissimo Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede (13 gennaio 2014)

    Discorso - Agli Addetti di Anticamera, con i Familiari (16 gennaio 2014)

    Discorso - Alla delegazione ecumenica dalla Finlandia, in occasione della festa di Sant’Enrico (17 gennaio 2014)

    Discorso - Al personale della Floreria Apostolica, con i Familiari (17 gennaio 2014)


    Lettera - ai Cardinali che saranno creati nel Concistoro del prossimo 22 febbraio (12 gennaio 2014)


   
Messaggio - per la 100ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014




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11/01/2014:

  Nessun anziano dovrebbe...


13/01/2014:

  Il Signore bussa alla porta del nostro cuore...


14/01/2014:

  Diciamo sempre grazie a Dio...


16/01/2014:

  Preghiamo per la pace...


17/01/2014:

  Quanto è potente la preghiera!...



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" Lasciamoci invadere dall’amore di Dio! Questo è il grande tempo della misericordia!" (Papa Francesco - Angelus 12 gennaio 2014)



FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE
PAPA FRANCESCO
ANGELUS - Domenica, 12 gennaio 2014
Piazza San Pietro

" Lasciamoci invadere dall’amore di Dio! 
Questo è il grande tempo della misericordia!"

".. Da quando il Verbo si è fatto carne è dunque possibile vedere i cieli aperti. È stato possibile per i pastori di Betlemme, per i Magi d’Oriente, per il Battista, per gli Apostoli di Gesù, per santo Stefano, il primo martire, che esclamò: «Contemplo i cieli aperti!» (At 7,56). Ed è possibile anche per ognuno di noi, se ci lasciamo invadere dall’amore di Dio, che ci viene donato la prima volta nel Battesimo per mezzo dello Spirito Santo. Lasciamoci invadere dall’amore di Dio! Questo è il grande tempo della misericordia! Non dimenticatelo: questo è il grande tempo della misericordia!

Quando Gesù ricevette il battesimo di penitenza da Giovanni il Batti­sta, solidarizzando con il popolo penitente - Lui senza peccato e non bisognoso di con­versione -, Dio Padre fece udire la sua voce dal cielo: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento» (v.17). Gesù riceve l’approvazione del Padre celeste, che l’ha inviato proprio perché accetti di condividere la nostra condizione, la nostra povertà. Condividere è il vero modo di amare. Gesù non si dissocia da noi, ci considera fratelli e condivide con noi. E così ci rende figli, insieme con Lui, di Dio Padre. Questa è la rivelazione e la fonte del vero amore. E questo è il grande tempo della misericordia! ..." (Papa Franesco - 12.01.2014)

  testo integrale dell'Angelus

  video


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Papa Francesco UDIENZA GENERALE 15 gennaio 2014 - testo e video



Piazza San Pietro
Mercoledì, 15 gennaio 2014


Cari fratelli e sorelle, buongiorno.

Mercoledì scorso abbiamo iniziato un breve ciclo di catechesi sui Sacramenti, incominciando dal Battesimo. E sul Battesimo vorrei soffermarmi anche oggi, per sottolineare un frutto molto importante di questo Sacramento: esso ci fa diventare membri del Corpo di Cristo e del Popolo di Dio. San Tommaso d’Aquino afferma che chi riceve il Battesimo viene incorporato a Cristo quasi come suo stesso membro e viene aggregato alla comunità dei fedeli (cfr Summa Theologiae, III, q. 69, art. 5; q. 70, art. 1), cioè al Popolo di Dio. Alla scuola del Concilio Vaticano II, noi diciamo oggi che il Battesimo ci fa entrare nel Popolo di Dio, ci fa diventare membri di un Popolo in cammino, un Popolo peregrinante nella storia.
In effetti, come di generazione in generazione si trasmette la vita, così anche di generazione in generazione, attraverso la rinascita dal fonte battesimale, si trasmette la grazia, e con questa grazia il Popolo cristiano cammina nel tempo, come un fiume che irriga la terra e diffonde nel mondo la benedizione di Dio. Dal momento che Gesù disse quanto abbiamo sentito dal Vangelo, i discepoli sono andati a battezzare; e da quel tempo a oggi c'è una catena nella trasmissione della fede mediante il Battesimo. E ognuno di noi è un anello di quella catena: un passo avanti, sempre; come un fiume che irriga. Così è la grazia di Dio e così è la nostra fede, che dobbiamo trasmettere ai nostri figli, trasmettere ai bambini, perché essi, una volta adulti, possano trasmetterla ai loro figli. Così è il battesimo. Perché? Perché il battesimo ci fa entrare in questo Popolo di Dio che trasmette la fede. Questo è molto importante. Un Popolo di Dio che cammina e trasmette la fede.
In virtù del Battesimo noi diventiamo discepoli missionari, chiamati a portare il Vangelo nel mondo (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 120).
...

    il testo integrale dell'Udienza Generale

  video della catechesi

    il video integrale



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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - Sacerdoti unti dallo Spirito non preti untuosi - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
11 gennaio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
sacerdoti siano attenti a linguaggio e comportamenti

Il vero sacerdote, unto da Dio per il suo popolo, ha un rapporto stretto con Gesù: quando questo manca, il prete diventa “untuoso”, un idolatra, devoto del ‘dio Narciso’: è quanto ha affermato Papa Francesco nella Messa presieduta stamani a Santa Marta. 
Hanno concelebrato il cardinale Angelo Bagnasco e un gruppo di sacerdoti dell’arcidiocesi di Genova.

L’omelia di Papa Francesco è tutta dedicata ai sacerdoti. Commentando la prima lettera di San Giovanni, laddove dice che abbiamo la vita eterna perché crediamo nel nome di Gesù, il Papa si chiede come sia il rapporto dei sacerdoti con Gesù, perché “la forza di un sacerdote è in questo rapporto”. “Gesù, quando cresceva in popolarità – osserva - andava dal Padre”, si ritirava “in luoghi deserti a pregare”. “Questa è un po’ la pietra di paragone di noi preti – ha affermato - se andiamo o non andiamo a trovare Gesù; qual è il posto di Gesù Cristo nella mia vita sacerdotale? Un rapporto vivo, da discepolo a Maestro, da fratello a fratello, da pover’uomo a Dio, o è un rapporto un po’ artificiale … che non viene dal cuore?”:
Noi siamo unti dallo Spirito e quando un sacerdote si allontana da Gesù Cristo può perdere l’unzione. Nella sua vita, no: essenzialmente ce l’ha … ma la perde. E invece di essere unto finisce per essere untuoso. E quanto male fanno alla Chiesa i preti untuosi! Quelli che mettono la loro forza nelle cose artificiali, nelle vanità, in un atteggiamento … in un linguaggio lezioso … Ma, quante volte si sente dire con dolore: ‘Ma, questo è un prete-farfalla!’, perché sempre è nelle vanità … Questo non ha il rapporto con Gesù Cristo! Ha perso l’unzione: è un untuoso”.
Il Papa ha quindi aggiunto:
“Noi sacerdoti abbiamo tanti limiti: siamo peccatori, tutti. Ma se andiamo da Gesù Cristo, se cerchiamo il Signore nella preghiera – la preghiera di intercessione, la preghiera di adorazione – siamo buoni sacerdoti, benché siamo peccatori. Ma se ci allontaniamo da Gesù Cristo, dobbiamo compensare questo con altri atteggiamenti … mondani. E così, tutte queste figure … anche il prete-affarista, il prete-imprenditore … Ma il prete che adora Gesù Cristo, il prete che parla con Gesù Cristo, il prete che cerca Gesù Cristo e che si lascia cercare da Gesù Cristo: questo è il centro della nostra vita. Se non c’è questo, perdiamo tutto. E cosa daremo alla gente?”.
“Il nostro rapporto con Gesù Cristo, rapporto di unti per il suo popolo – ha esortato il Papa - cresca in noi” sacerdoti “ogni giorno di più”...

  Il Papa: il rapporto con Gesù salva i sacerdoti da mondanità e idolatria del 'dio Narciso'

  video


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"Il Signore pensa ad ognuno di noi. Chiediamo la grazia di capire con il cuore il suo grande amore per noi" Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - 13 gennaio 2014 (Testo e video)


"Il Signore pensa ad ognuno di noi" 
Chiediamo la grazia di capire con il cuore 
il suo grande amore per noi" 
Papa Francesco 
- S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - 
13 gennaio 2014

Dio prepara la strada per ciascun uomo. Lo fa con amore: un "amore artigianale", perché la prepara personalmente per ognuno. E è pronto a intervenire ogni qualvolta il cammino è da correggere, proprio come fanno una mamma e un papà. È la riflessione proposta da Papa Francesco lunedì mattina, 13 gennaio, durante la celebrazione della messa nella cappella di Santa Marta. 
Il Pontefice ha preso spunto dall'episodio del Vangelo di Marco (1, 14-20) dove si narra che Gesù, dopo l' arrestato di Giovanni, andò in Galilea, dando l'impressione di voler iniziare un'altra tappa del cammino. "E proclama il Vangelo - ha notato il Papa - con le stesse parole di Giovanni: il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino, convertitevi. La stessa cosa che diceva Giovanni, la dice Gesù. Giovanni aveva preparato la strada a Gesù. E Gesù la segue".
"Preparare le strade, anche preparare le nostre vite, è proprio di Dio, dell'amore di Dio per ognuno di noi" ha spiegato il vescovo di Roma. "Lui - ha proseguito - non ci fa cristiani per generazione spontanea. Lui prepara la nostra strada, prepara la nostra vita, da tempo". E riferendosi ancora alla pagina evangelica, ha aggiunto: "Sembra che Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni sono stati qui definitivamente eletti"; ma questo non significa che da questo momento siano anche stati "definitivamente fedeli". In realtà proprio loro commettono degli sbagli: fanno proposte "non cristiane al Signore", di fatto lo rinnegano. E Pietro più degli altri. Si sono spaventati, ha spiegato il Pontefice, e sono "andati via, hanno abbandonato il Signore". 
Si tratta di un'opera di preparazione, ha detto ancora il Santo Padre, che Gesù porta avanti da tante generazioni. E a conferma di ciò il Pontefice si è riferito ad Anna, la seconda moglie di Elkanà, citata nella prima lettura della liturgia (cfr 1 Samuele 1, 1-8). La donna, "sterile, piangeva" quando l'altra moglie, Penninà, che aveva figli, la derideva. Ma nel pianto di Anna c'era la preparazione alla nascita del grande Samuele. "Così il Signore - ha puntualizzato il Papa - ci prepara da tante generazioni. E quando le cose non vanno bene, lui si immischia nella storia" e le sistema. Nella stessa genealogia di Gesù, ha ricordato, ci sono "peccatori e peccatrici. Ma come ha fatto il Signore? Si è immischiato; ha corretto la strada; ha regolato le cose. Pensiamo al grande Davide, grande peccatore e poi grande santo. Il Signore sa. Quando il Signore ci dice: con amore eterno io ti ho amato, si riferisce a questo. Da tante generazioni il Signore ha pensato "in noi"". E così ci accompagna provando i nostri stessi sentimenti quando ci si accosta al matrimonio, quando si è in attesa di un figlio: in ogni momento della nostra storia "ci attende e ci accompagna".
"Questo - ha ribadito il Pontefice - è l'amore eterno del Signore. Eterno ma concreto. Un amore anche artigianale, perché lui va facendo la storia e va preparando la strada per ognuno di noi. E questo è l'amore di Dio". 
Quindi il Papa si è rivolto a un gruppo di sacerdoti che hanno concelebrato in occasione del loro sessantesimo di ordinazione e ha detto: "Voi pensate ai vostri sessant'anni di messa. Quante cose sono accadute. Quante cose. Il Signore era lì a preparare la strada anche per altri che non conosciamo, ma lui conosce". Egli è "il Signore della preparazione, che ci ama da sempre e mai ci abbandona". Forse - ha ammesso - "è un atto di fede non facile da credere questo, è vero. Perché il nostro razionalismo ci fa dire: ma perché il Signore, con le tante persone con le quali ha a che fare va a pensare a me?". Eppure egli "ha preparato la strada a me, con le nostre mamme, le nostre nonne, i nostri padri, i nostri nonni, e i bisnonni, tutti: il Signore fa così. E questo è il suo amore: concreto, eterno e anche artigianale".
"Preghiamo - è stata l'esortazione conclusiva - chiedendo questa grazia di capire l'amore di Dio. Ma non si capisce mai, eh! Si sente, si piange, ma capirlo non si capisce. Anche questo ci dice quanto grande è questo amore".

  Papa Francesco: l'amore di Dio aggiusta le nostre storie storte

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"Dalla chiusura solo distruzione, aprirsi alla cultura dell’incontro. No alla "cultura dello scarto" Papa Francesco al corpo Diplomatico - 13.01.2014



"Dalla chiusura solo distruzione, aprirsi alla cultura dell’incontro.
 No alla "cultura dello scarto"
 Papa Francesco al corpo Diplomatico - 13.01.2014

​13.01.2014.  Incontro di Papa Francesco con il corpo diplomatico presso la Santa sede per i tradizionali auguri di inizio anno. Tra gli argomenti, la guerra in Siria, i cristiani in Medio Oriente, la tragedia dell'aborto, il dramma dei migranti costretti a fuggire dalla carestia o dalle violenze e dai soprusi, ... Parole anche per l'Italia.

"... Conservo viva nella mia mente l’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro. Quanti ragazzi contenti ho potuto incontrare! Quanta speranza e attesa nei loro occhi e nelle loro preghiere! Quanta sete di vita e desiderio di aprirsi agli altri! La chiusura e l’isolamento creano sempre un’atmosfera asfittica e pesante, che prima o poi finisce per intristire e soffocare. Serve, invece, un impegno comune di tutti per favorire una cultura dell’incontro, perché solo chi è in grado di andare verso gli altri è capace di portare frutto, di creare vincoli, di creare comunione, di irradiare gioia, di edificare la pace.
... La pace è inoltre ferita da qualunque negazione della dignità umana, prima fra tutte dalla impossibilità di nutrirsi in modo sufficiente. Non possono lasciarci indifferenti i volti di quanti soffrono la fame, soprattutto dei bambini, se pensiamo a quanto cibo viene sprecato ogni giorno in molte parti del mondo, immerse in quella che ho più volte definito la “cultura dello scarto”. Purtroppo, oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani, che vengono “scartati” come fossero “cose non necessarie”. Ad esempio, desta orrore il solo pensiero che vi siano bambini che non potranno mai vedere la luce, vittime dell’aborto, o quelli che vengono utilizzati come soldati, violentati o uccisi nei conflitti armati, o fatti oggetti di mercato in quella tremenda forma di schiavitù moderna che è la tratta degli esseri umani, la quale è un delitto contro l’umanità.
Non può trovarci insensibili il dramma delle moltitudini costrette a fuggire dalla carestia o dalle violenze e dai soprusi, particolarmente nel Corno d’Africa e nella Regione dei Grandi Laghi. Molti di essi vivono come profughi o rifugiati in campi dove non sono più considerate persone ma cifre anonime. Altri, con la speranza di una vita migliore, intraprendono viaggi di fortuna, che non di rado terminano tragicamente. Penso in modo particolare ai numerosi migranti che dall’America Latina sono diretti negli Stati Uniti, ma soprattutto a quanti dall’Africa o dal Medio Oriente cercano rifugio in Europa.
È ancora viva nella mia memoria la breve visita che ho compiuto a Lampedusa nel luglio scorso per pregare per i numerosi naufraghi nel Mediterraneo. Purtroppo vi è una generale indifferenza davanti a simili tragedie, che è un segnale drammatico della perdita di quel «senso della responsabilità fraterna» (Omelia nella S. Messa a Lampedusa, 8 luglio 2013), su cui si basa ogni società civile. In tale circostanza ho però potuto constatare anche l’accoglienza e la dedizione di tante persone. Auguro al popolo italiano, al quale guardo con affetto, anche per le comuni radici che ci legano, di rinnovare il proprio encomiabile impegno di solidarietà verso i più deboli e gli indifesi e, con lo sforzo sincero e corale di cittadini e istituzioni, di superare le attuali difficoltà, ritrovando il clima di costruttiva creatività sociale che lo ha lungamente caratterizzato. ...

  DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI MEMBRI DELL'ECCELLENTISSIMO CORPO DIPLOMATICOACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE  


  IL VIDEO INTEGRALE


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"Non dobbiamo essere legalisti, ipocriti, corrotti, tiepidi. La fede non è peso sulle spalle della gente" (Omelia di Papa Francesco S. Messa Cappella della Casa Santa Marta -14 gennaio 2014)


"Non dobbiamo essere legalisti,
 ipocriti, corrotti, tiepidi.
La fede non è peso
 sulle spalle della gente"
Omelia di Papa Francesco 
S. Messa Cappella della Casa Santa Marta
14 gennaio 2014

Papa Francesco si è soffermato, nella sua omelia, su quattro modelli di credenti, prendendo spunto dalle Letture del giorno: Gesù, gli scribi, il sacerdote Eli e i suoi due figli, anch’essi sacerdoti. Il Vangelo, ha osservato, ci dice qual era “l’atteggiamento di Gesù nella sua catechesi”, “insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi”. Questi ultimi, ha affermato, “insegnavano, predicavano ma legavano la gente con tante cose pesanti sulle spalle, e la povera gente non poteva andare avanti”:
“E Gesù stesso dice che loro non muovevano queste cose nemmeno con un dito, no? E poi, dirà alla gente: ‘Fate quello che dicono ma non quello che fanno!’. Gente incoerente… Ma sempre questi scribi, questi farisei, è come se bastonassero la gente, no? ‘Dovete fare questo, questo e questo’, alla povera gente… E Gesù disse: ‘Ma, così voi chiudete – lo dice a loro! – la porta del Regno dei Cieli. Non lasciate entrare, e neppure voi entrate!’. E’ una maniera, un modo di predicare, di insegnare, di dare testimonianza della propria fede… E così, quanti ci sono che pensano che la fede sia cosa così…”.

Nella Prima Lettura, tratta dal Libro di Samuele, ha quindi affermato, troviamo la figura di Eli, “un povero prete, debole, tiepido” che “lasciava fare tante cose brutte ai suoi figli”. Eli era seduto davanti a uno stipite del Tempio del Signore e guarda Anna, una signora, “che pregava a suo modo, chiedendo un figlio”. Questa donna, ha affermato il Papa, “pregava come prega la gente umile: semplicemente, ma dal suo cuore, con angoscia”. Anna “muoveva le labbra”, come fanno “tante donne buone” “nelle nostre chiese, nei nostri santuari”. Pregava così “e chiedeva un miracolo”. E l’anziano Eli la guardava e diceva: “Ma, questa è una ubriaca!” e “la disprezzò”. Lui, ha ammonito il Papa, “era il rappresentante della fede, il dirigente della fede, ma il suo cuore non sentiva bene e disprezzò questa signora”: 
“Quante volte il popolo di Dio si sente non benvoluto da quelli che devono dare testimonianza: dai cristiani, dai laici cristiani, dai preti, dai vescovi… ‘Ma, povera gente, non capisce niente... Deve fare un corso di teologia per capire bene’. Ma, perché ho certa simpatia per quest’uomo? Perché nel cuore ancora aveva l’unzione, perché quando la donna gli spiega la sua situazione, Eli le dice: ‘Vai in pace, e il Dio di Israele ti conceda quello che gli hai chiesto’. Viene fuori l’unzione sacerdotale: pover’uomo, l’aveva nascosta dentro e la sua pigrizia… è un tiepido. E poi finisce male, poveretto”.

I suoi figli, ha proseguito, non si vedono nel passo della Prima Lettura, ma erano quelli che gestivano il Tempio, “erano briganti”. “Erano sacerdoti, ma briganti”. “Andavano dietro al potere, dietro ai soldi – ha detto il Papa – sfruttavano la gente, approfittavano delle elemosine, dei doni” e “il Signore li punisce forte”. Questa, ha poi osservato, “è la figura del cristiano corrotto”, “del laico corrotto, del prete corrotto, del vescovo corrotto, che profitta della sua situazione, del suo privilegio della fede, di essere cristiano” e “il suo cuore finisce corrotto”, come succede a Giuda. Da un cuore corrotto, ha proseguito, esce “il tradimento”. Giuda “tradisce Gesù”. I figli di Eli sono dunque il terzo modello di credente. E poi c’è il quarto, Gesù. E di Lui la gente dice: “Questo insegna come uno che ha autorità: questo è un insegnamento nuovo!” Ma dov’è la novità, si chiede Papa Francesco? E’ “il potere della santità”, “la novità di Gesù è che con sé porta la Parola di Dio, il messaggio di Dio, cioè l’amore di Dio a ognuno di noi”. Gesù, ha ribadito, “avvicina Dio alla gente e per farlo si avvicina Lui: è vicino ai peccatori”. Gesù, ha ricordato il Papa, perdona l’adultera, “parla di teologia con la Samaritana, che non era un angiolino”. Gesù, ha spiegato ancora, “cerca il cuore delle persone, Gesù si avvicina al cuore ferito delle persone. A Gesù soltanto interessa la persona, e Dio”. Gesù, ha evidenziato, “vuole che la gente si avvicini, che lo cerchi e si sente commosso quando la vede come pecora senza pastore”. E tutto questo atteggiamento, ha rilevato, “è quello per cui la gente dice: ‘Ma, questo è un insegnamento nuovo!’”. No, ha osservato il Papa, “non è nuovo l’insegnamento: è il modo di farlo, nuovo. E’ la trasparenza evangelica”.

  I cristiani non siano legalisti, la fede non è peso sulle spalle della gente

  video


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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - come è il nostro rapporto con Dio? - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
16 gennaio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
La croce non è una medaglia

Gli scandali nella Chiesa avvengono perché non c'è un rapporto vivo con Dio e con la sua Parola: lo ha affermato Papa Francesco nella sua omelia mattutina, durante la Messa presieduta a Santa Marta.

Commentando la lettura del giorno e il salmo responsoriale, che raccontano una dura sconfitta degli israeliti ad opera dei filistei, il Papa osserva che il popolo di Dio in quell’epoca aveva abbandonato il Signore. Si diceva che la Parola di Dio era “rara” in quel tempo. Il vecchio sacerdote Eli era un “tiepido” e i suoi figli “corrotti, spaventavano il popolo e lo bastonavano”. Gli israeliti per combattere contro i filistei utilizzano l’arca dell’alleanza, ma come una cosa “magica”, “una cosa esterna”. E vengono sconfitti: l’arca è presa dai nemici. Non c’è fede vera in Dio, nella sua presenza reale nella vita:
“Questo brano della Scrittura ci fa pensare come è il nostro rapporto con Dio, con la Parola di Dio: è un rapporto formale? È un rapporto lontano? La Parola di Dio entra nel nostro cuore, cambia il nostro cuore, ha questo potere o no, è un rapporto formale, tutto bene? Ma il cuore è chiuso a quella Parola! E ci porta a pensare a tante sconfitte della Chiesa, a tante sconfitte del popolo di Dio semplicemente perché non sente il Signore, non cerca il Signore, non si lascia cercare dal Signore! E poi dopo la tragedia, la preghiera, questa: ‘Ma, Signore, che è successo? Hai fatto di noi il disprezzo dei nostri vicini. Lo scherno e la derisione di chi ci sta intorno. Ci hai reso la favola delle genti! Su di noi i popoli scuotono il capo’”.
Il Papa pensa agli scandali della Chiesa:
“Ma ci vergogniamo? Tanti scandali che io non voglio menzionare singolarmente, ma tutti ne sappiamo… Sappiamo dove sono! Scandali, alcuni che hanno fatto pagare tanti soldi: sta bene! Si deve fare così…. La vergogna della Chiesa! Ma ci siamo vergognati di quegli scandali, di quelle sconfitte di preti, di vescovi, di laici? ...

  Il Papa: diamo al santo popolo di Dio pane di vita, non pasto avvelenato

  video


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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - La tentazione di voler essere “normali” e la grazia di un cuore aperto - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
17 gennaio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
“Il nostro cuore deve essere aperto alla Parola di Dio”

Il dono di essere figli di Dio non si può “vendere” per un malinteso senso di “normalità”, che induce a dimenticare la sua Parola e a vivere come se Dio non esistesse. È la riflessione di fondo che Papa Francesco ha proposto questa mattina, durante l’omelia della Messa presieduta in Casa Santa Marta. 

La tentazione di voler essere “normali”, quando invece si è figli di Dio. Che in sostanza vuol dire ignorare la Parola del Padre e inseguirne una solo umana, la “parola della propria voglia”, scegliendo in certo modo di “vendere” il dono di una predilezione per immergersi in una “uniformità mondana”. Questa tentazione il popolo ebreo dell’Antico Testamento l’ha avuta più di una volta, ricorda Papa Francesco, che si sofferma sull’episodio proposto dal brano della liturgia tratto dal primo Libro di Samuele. In esso, i capi del popolo chiedono allo stesso Samuele, ormai invecchiato, di stabilire per loro un nuovo re, di fatto pretendendo di autogovernarsi. In quel momento, osserva il Papa, “il popolo rigetta Dio: non solo non sente la Parola di Dio, ma la rigetta”. E la frase rivelatrice di questo distacco, sottolinea il Papa, è quella proferita dagli anziani d’Israele: vogliamo un “re giudice”, perché così “saremo anche noi come tutti i popoli”. Cioè, osserva il Papa, “rigettano il Signore dell’amore, rigettano l’elezione e cercano la strada della mondanità”, in modo analogo a tanti cristiani di oggi:
“La normalità della vita esige dal cristiano fedeltà alla sua elezione e non venderla per andare verso una uniformità mondana. Questa è la tentazione del popolo, e anche la nostra. Tante volte, dimentichiamo la Parola di Dio, quello che ci dice il Signore, e prendiamo la parola di moda, no?, anche quella della telenovela è di moda, prendiamo quella, è più divertente! L’apostasia è proprio il peccato della rottura con il Signore, ma è chiara: l’apostasia si vede chiaramente. Questo è più pericoloso, la mondanità, perché è più sottile”.
...
Chiediamo, allora – conclude Papa Francesco – “la grazia di superare i nostri egoismi: l’egoismo di voler fare la mia, come io voglio”:
“Chiediamo la grazia di superarli e chiediamo la grazia della docilità spirituale, cioè di aprire il cuore alla Parola di Dio e non fare come hanno fatto questi nostri fratelli, che hanno chiuso il cuore perché si erano allontanati da Dio e da tempo non sentivano e non capivano la Parola di Dio. Il Signore ci dia la grazia di un cuore aperto per ricevere la Parola di Dio e per meditarla sempre. E da lì prendere la vera strada”.

   Il Papa: un cristiano non tralascia la Parola di Dio per seguire quella più alla moda

  video



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