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N.
B. La Lectio è temporaneamente sospesa
NOTA
Articoli,
riflessioni e commenti proposti vogliono
solo essere
un contributo
alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.
Le posizioni espresse non sempre
rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione.
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La giornata della memoria
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(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
La Giornata della memoria è
un momento privilegiato di etica condivisa, un’occasione che l’umanità
si è data per esercitarsi nel discernimento tra ciò che è bene e ciò
che è male, per riconoscere che anche belle buie stagioni di barbarie
la responsabilità delle proprie azioni – e dei pensieri che le muovono
– è personale. Una giornata, allora, in cui fa bene a tutti ricordare:
a chi vorrebbe dimenticare perché il dolore subito è troppo grande e a
chi vorrebbe farsi dimenticare perché di quel dolore è stato complice.
E ricordare fa bene anche e soprattutto a chi l’inferno della shoah non
l’ha vissuto, né direttamente né attraverso persone care.
Ma cosa significa in
particolare questa Giornata di etica universale per ebrei e cristiani –
per i credenti nel Dio biblico – e per le loro relazioni? Ebraismo e
cristianesimo non solo hanno dimestichezza con la memoria, ma trovano
in questa categoria del “memoriale”, del ricordo attualizzante, il
cuore delle celebrazioni della loro fede. Fare memoria dell’esodo
dall’Egitto, della liberazione dalla condizione di schiavitù è
l’essenza stessa della festa della Pasqua ebraica. Il Dio di Israele è
il Dio che ha liberato e libera il suo popolo da ogni condizione di
estraneità: ogni comandamento donato dal Signore al Sinai prende le
mosse da quel “Ricordati che eri straniero nel paese d’Egitto!”. Se
questa memoria accompagnerà ogni tuo istante di vita, non potrai che
comportarti come il tuo Dio misericordioso e compassionevole ti chiede
di comportarti.
Ma anche per i cristiani la
Pasqua è memoriale di un esodo decisivo nella storia della salvezza: il
passaggio di Gesù di Nazareth dalla morte alla vita, il dono fatto dal
Messia, Figlio di Dio, del suo corpo e del suo sangue, da celebrare
osservando la sua parola: “Fate questo in memoria di me”. Per questo
parlare di “memoria” per ebrei e cristiani significa andare al cuore
della loro fede e non solo rievocare eventi tragici perché non si
ripetano più o gesti di profonda umanità perché servano da esempio.
In questo senso la Giornata
della memoria è anche l’occasione perché ebrei e cristiani si chiedano
“quanta est nobis via?”, quanto cammino ancora ci resta da compiere
sulla strada del dialogo, della conoscenza reciproca, dell’obbedienza
all’unico Signore?
...
Ciascuno di noi è e sarà
responsabile in prima persona di una conferma o di una contraddizione
alla svolta nel dialogo tra ebrei e cristiani. Anche questo ci ricorda
la Giornata della memoria.
Credenti di buona memoriaVedi anche i nostri precedenti post:- Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei
- Lo
"stile" di Papa Francesco arricchisce anche il dialogo ebreo-cattolico
portandolo sulla via dell’amicizia, del confronto sereno e della gioia
dello stare insieme.
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Se questo è un uomo...
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
...
Considerate se questa è una donna,
...
Meditate che questo è stato:
...
Ripetetele ai vostri figli.
...
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"Il
dovere di ricordare. Riflessioni sulla Shoah” è il DVD ideato e narrato
da Moni Ovadia e curato da Elisa Savi, con la partecipazione di
numerose personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, tra
cui Antonio Albanese, Nicoletta Braschi, Lorenzo Cherubini, Luciano
Ligabue, Luciana Littizzetto, Shel Shapiro, per affrontare il tema
della Shoah, ricostruendo, in chiave narrativa e documentaristica, il
clima culturale e sociale da cui si è sviluppato lo sterminio,
alimentato da atteggiamenti collettivi, come il razzismo e le
discriminazioni che esistono e si rafforzano ancora nelle società
attuali.
IL DOVERE DI RICORDARE La Didattica dell’Olocausto di Laura Tussi
La più grande tragedia della storia (video)
Quando vennero (video)
"Se questo è un uomo" di Primo Levi (video)
"Il canto del popolo ebraico massacrato" di Yitzhak Katzenelson (video)
La deportazione gli ebrei italiani (video)
Shel Shapiro legge da "La notte di Eli Wiesel" (video)
La banalità del male (video)
La testimonianza dei sopravvissuti (video)
E' avvenuto, quindi può avvenire di nuovo (video)
Guarda anche i nostri precedenti post
- 27 gennaio: la Giornata della memoria per non dimenticare... MAI...
- 27 gennaio 2012: la Giornata della memoria per non dimenticare... Porrajmos: l'olocausto degli zingari
- 27 gennaio: la Giornata della memoria per non dimenticare... riflessioni
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Nè discorsi ufficiali, nè messaggi particolari, ma una lettera
personale all'amico di sempre: il rabbino di Buenos Aires, Abraham
Skorka. Così Papa Francesco ha voluto esprimere la sua vicinanza al
popolo ebraico oggi nella Giornata della Memoria. Il testo, scritto di
suo pugno in spagnolo, verrà letto questa sera, al Parco della Musica
di Roma, in occasione del Concerto “I violini della speranza”.
Nelle
righe della missiva, Bergoglio confida all'amico il suo orrore per la
tragedia della Shoah, che stigmatizza come una "vergogna dell'umanità".
Auspica quindi che tutti coloro che parteciperanno all'evento musicale
di stasera, organizzato per ricordare le vittime dell'Olocausto,
possano "immedesimarsi in quelle lacrime storiche, che oggi giungono a
noi attraverso i violini", e possano sentire "il forte desiderio di
impegnarsi perché mai più si ripetano tali orrori, che costituiscono
una vergogna per l’umanità”.
Al
di là delle melodie di Vivaldi, Beethoven e degli altri grandi
compositori, ciò che importa al Santo Padre è quindi che "il cuore di
ciascuno dei presenti sentirà che dietro il suono della musica vive il
suono silenzioso delle lacrime storiche, lacrime di quelle che lasciano
traccia nell'anima e nel corpo dei popoli”. (fonte: Zenit)
video
Se non parlano di certo possono ancora “suonare” le loro storie. Dodici
violini e un violoncello recuperati e restaurati dal liutaio israeliano
Amnon Weinstein il 27 gennaio torneranno a suonare, per la prima volta
in Italia, all'Auditorium Parco della Musica di Roma. Ci sarà il
violino che faceva parte di una delle orchestrine di Auschwitz che
accompagnavano i deportati nelle camere a gas, quello che fu gettato da
un treno in viaggio verso i lager, e venne raccolto e conservato da un
contadino polacco; ci sono i violini dei musicisti ebrei che nel ’36
lasciarono la Germania per andare a formare l’Orchestra Filarmonica
della Palestina (poi di Israele) voluta fortemente da Toscanini e
Huberman per salvarli dalla deportazione; i violini decorati con la
Magen David (la Stella di David) che accompagnavano i suonatori
ambulanti di musica klezmer; quelli che viaggiarono con i rifugiati
alla volta degli Stati Uniti e furono nascosti nelle soffitte per
dimenticare l’orrore.
Le voci dei violini della Shoah
A
farli vibrare la JuniOrchestra dell' Accademia Nazionale di Santa
Cecilia (con musicisti dai 14 ai 21 anni), diretta da Yoel Levi. A
ridare voce ai violini della Shoah artisti di origini e religioni
diverse, per trasmettere un unico messaggio di vitalità e speranza nel
linguaggio universale della musica, in un momento ideale di
fratellanza.
I violini della speranza (testo+video)
...
Per ricordare le vittime delle persecuzioni, nella Sala Sinopoli
dell’Auditorium Parco della Musica di Roma il Maestro Yoel Levi,
Direttore della Symphony Orchestra di Seoul, dirigerà la JuniOrchestra
dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, (Praemium Imperiale 2013)
composta da strumentisti dai 14 ai 21 anni. La scelta è chiaramente
simbolica: per non dimenticare, la testimonianza del ricordo deve
passare attraverso le nuove generazioni...
I violini della speranza
La diretta sul sito http://www.iviolinidellasperanza.it/#diretta e a questo link http://j.mp/RAI-5 sul sito di rai5 (o sul canale 23 del digitale terrestre)
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...
Basterebbe l’orribile episodio di ieri per confermare l’importanza di
un buon uso della memoria storica come insegnamento per il presente,
oltre che come omaggio alle vittime. Sicché la miglior risposta alla
barbarie culturale della testa di maiale spedita in sinagoga, saranno
le migliaia di manifestazioni già organizzate nelle scuole italiane per
la Giornata di domani.
Resta però la speciale offesa di cui è stata fatta oggetto la Comunità romana, la più antica della diaspora ebraica...
Gli ebrei italiani, per fortuna, non sono soli contro tutti. Purché la
coscienza democratica non abbassi la guardia, ora che si affacciano di
nuovo tempi bui. E’ un sinistro avvertimento questo ricorso a un
animale che si pretende impuro. Contro gli ebrei, così come prima
contro i musulmani. Ma in realtà contro la nostra democrazia. Viene
davvero da dire: poveri maiali innocenti, vittime dei macellai delle
coscienze.
"Il maiale, la Shoah negata, il Ghetto: un’offesa per tutti" di Gad Lerner
La storia dell'uomo...
GIORNO DELLA MEMORIA.... il giorno (e tutti gli altri) dopo.... (don Giovanni Berti)
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Vittime della
persecuzione e dello sterminio nazisti furono sia gli uomini che le
donne di etnia ebraica. Tuttavia, le donne - sia ebree che non-ebree -
furono spesso soggette ad una persecuzione eccezionalmente brutale da
parte del regime. L'ideologia nazista prese di mira anche le donne Rom
(Zingare), quelle di nazionalità polacca e quelle che avevano difetti
fisici o mentali e che vivevano negli istituti.
USHMM: Le donne durante l'olocausto
«Il
27 gennaio sta diventando il giorno della falsa coscienza della
retorica. Il limite principale, e il grande equivoco è di non aver
capito, prima di tutto, che questa giornata non è stata istituita solo
per gli ebrei. Il Giorno della Memoria doveva essere importante per una
riflessione comune sull’Europa, sulle ragioni dello sterminio. Per
rispondere alla domanda se tutto questo si è determinato per un
incidente di percorso o se la degenerazione fosse iscritta nei geni
dell’Europa. Parliamo della Germania ma magari ci dimentichiamo dei
genocidi commessi dai fascisti italiani in Africa o della pulizia
etnica nei paesi dell’ex Jugoslavia. La memoria ebraica non serve agli
ebrei che lo sanno già ma dovrebbe essere un paradigma, un immenso
edificio della memoria che possa servire anche agli altri».
L'Olocausto è il
nostro olocausto, non dovremmo mai dimenticarlo. E invece abbiamo
permesso il risorgere di un razzismo prima strisciante e poi sempre più
conclamato
FAMIGLIA CRISTIANA: Razzismo: la vergogna che abbiamo coltivato
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(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Orrori dei nostri giorni...
... Marciscono qui all’infinito, alcuni sono arrivati
sei anni fa, otto di loro con mogli e figli che non vedono dal giorno
in cui hanno messo piede a Gibuti. Loro si trovano ad Ali Adi, un campo
per sole donne e bambini, situato a 120 km dalla capitale di questa
piccola ex colonia francese. Uno dei detenuti ha
raccontato ad Africa ExPress che nel centro dormono tutti praticamente
in tende. Il campo è privo di acqua corrente ed elettricità, i bambini
non hanno la possibilità di andare a scuola. Pochi contatti con i
familiari, non c’è copertura di rete internet, ovviamente. Il
campo di detenzione Negad si trova nel bel mezzo di un centro di
addestramento della polizia, che lo gestisce e lo amministra. I
rifugiati lamentano che il cibo è cattivo e scarso. Nessuno ti aiuta a
proteggerti da malattie come la malaria e la tubercolosi, che qui sono
endemiche...
Nei campi d’accoglienza profughi di Gibuti, dove si muore senza che nessuno se ne accorga
Considerate se questa è una bambina...
Era
una bambina, si chiamava Israa al Masri. È stata filmata, secondo
quello che se ne sa, lo scorso sabato, pochi minuti prima di morire di
fame.
...
Ci sono alcuni di noi che, quasi per professione, o per averlo fatto
altre volte, o per chissà quale altra combinazione, si trovano a
commentare immagini come questa, e a interrogarsi sulla sincerità
propria e di chiunque guardi con loro. Se la si fosse studiata, questa
rappresentazione dell'infanzia tradita e violata, non avrebbe saputo
essere più eloquente. Uso a posta questo termine, eloquenza, che è una
perversione del dolore, della commozione e della rivolta. Gli occhi
della bambina, la bocca riarsa e la lingua gonfia, il doppio cerchio
del copricapo e della maglia che la avvolgono preparandosi a restarne
vuoti: è un manifesto formidabile. Lo stiamo guardando così? E non è
vero che i manifesti formidabili del male, del dolore e
dell'ingiustizia sono ormai destinati a restare tali, per noi
spettatori, a inumidire forse i nostri occhi, ma a tenere ferme le
nostre mani? E la bambina Israa, per giunta, non ci sta chiedendo
aiuto, non ci sta chiedendo niente. E poi è morta. Guardiamo lei, non
la prossima. Lei, anche in questa foto, anche quando è ancora viva,
dagli occhi spalancati e le ciglia diventate troppo lunghe, come se non
fossero state avvertite della fine, non guarda noi. E caso mai ci
guarda da molto lontano, sapendo una cosa che noi non sappiamo del
tutto, e che comunque non ci sembra tutto. Ci sembra un'esagerazione,
se davvero si pretenda che ne diamo un giudizio. Quella cosa è che il
mondo ha raccolto tutte le sue forze, il suo passato e il suo presente,
per raggiungere e colpire la piccola Israa al Masri, nel campo di
Yarmuk, il 14 gennaio del 2014. Questa esagerazione è la verità...
L'orrore della Siria negli occhi di una bimba
“Non ci sono più persone a Yarmuk, solo scheletri dalla pelle gialla”
...
I bambini, gli anziani e le altre persone sfollate dalla guerra civile
siriana stanno morendo di fame in un campo assediato dove, a pochi
minuti dalla relativa prosperità di Damasco, le donne affrontano il
fuoco dei cecchini per andare in cerca di cibo.
Le
condizioni disastrose del campo di Yarmuk sono un esempio lampante
della catastrofe che sta avendo luogo nelle aree controllate dai
ribelli e assediate dal governo siriano. Lunedì, i
diplomatici statunitensi e russi hanno detto che le parti in guerra
stanno considerando l’ipotesi di aprire corridoi umanitari, per far
entrare gli aiuti e instaurare sicurezza in vista di una conferenza
internazionale di pace sulla Siria.
Interviste
con i residenti e con i funzionari Onu, così come foto e video forniti
all’Associated Press, rivelano la tragedia che sta avvenendo in questo
campo che si espande senza controllo, dove decine di migliaia di
rifugiati palestinesi e profughi siriani sono intrappolati sotto un
assedio lungo anni e sempre più intenso...
Cecchini siriani appendono il pane vicino al campo profughi, sparando a chiunque tenti di mangiare
«Chiedono
di poter avere una risposta per mettere fine alla loro disperazione,
per raggiungere i loro familiari in paesi del mondo dove governi più
democratici garantiscano i loro diritti...». Una lettera firmata da due
immigrati del Cie di Ponte Galeria, i marocchini Adil e Lassad - da
recapitare alla Commissione Europea - è stata consegnata giovedì alla
delegazione di parlamentari durante la visita al Centro promossa dai
volontari di «LasciateCie entrare». Sesto giorno di bocche cucite al
Cie di Ponte Galeria, continua anche lo sciopero della fame, sono in 12
a portare avanti la dura protesta e in questo gruppo sono sette gli
immigrati che si sono cuciti la bocca per la seconda volta dopo la
prima protesta di dicembre...
Sono poveri. Sbarcati a Lampedusa pensavano che il peggio fosse finito ma il peggio stava solo per cominciare...
Sesto giorno di bocche cucite, 4 deputati Sel visitano il Cie di Roma : «Intervenga Letta»
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Il
volto e gli occhi scavati dalla denutrizione, la bocca riarsa, il
maglioncino diventato troppo grande per un piccolo corpo ormai
disidratato e senza forze. Poi, Israa al-Masri non è più riuscita ad
aggrapparsi alla vita. La sete e la fame, se la sono presa, a quattro
anni, sotto una tenda di un campo profughi, quello di Yarmouk, vicino a
Damasco, diventato da non più di un anno, - deliberatamente - un campo
di concentramento.
Tgcom24: Israa al-Masri, la bimba morta di fame in un campo profughi vicino Damasco (testo+video)
Gli operatori umanitari denunciano:
Vendute per sposarsi, trafficate e sfruttate da uomini predatori.
"Abbiamo avuto molte segnalazioni che la tratta sta diventando un
problema, questo accade di solito dove c'è la guerra e ci sono persone
vulnerabili"
REDATTORE SOCIALE: Giordania, donne siriane a rischio sfruttamento sessuale nei campi profughi
... Spesso, infatti, ci si scorda che la
scelta di emigrare di queste donne è indicativa della volontà di essere
artefici del proprio futuro e di garantire una vita dignitosa per sé e
per la propria famiglia. Una scelta connaturata all’essere umano, che
nessun muro o flotta di respingimento potrà mai arrestare. E non si
pensa agli effetti positivi e all’arricchimento per la società tutta
portati da queste donne e madri che, se felicemente integrate, fungono
da “collante sociale, facilitando l’integrazione delle comunità
immigrate con quelle di accoglienza, rinsaldando, allo stesso tempo,
l’identità culturale di provenienza”. Così, spesso vengono abbandonate
al loro destino, in una terra straniera e spesso ostile...
Anna Toro: Donne migranti: il coraggio invisibile
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In questi tre anni, da
quando è scoppiata la rivolta siriana diventata una guerra civile con
oltre centomila morti, non ha mai voluto abbandonare Homs. Frans van
der Lugt, gesuita missionario olandese che vive in Siria dal 1966, è
rimasto accanto alla gente del quartiere di Bustan al-Diwan, nella
fatica di un assedio che dura dal giugno 2012 e che oggi rappresenta
una vera emergenza umanitaria per molti civili nella terza città del
Paese.
Ieri su Youtube è
apparso un suo videomessaggio. Padre Frans lo registrato nei giorni
scorsi, seduto davanti a un altare. Lancia un appello disperato perché
le persone che vivono vicino a lui non possono più sopportare
l’assedio, la mancanza di viveri e di cure mediche. «Musulmani e
cristiani, stiamo vivendo in condizioni difficili e dolorose - dichiara
in arabo -, e soffriamo soprattutto la fame».
POPOLI: "A Homs moriamo di fame": l'appello di un gesuita in Siria
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Italia. Chiacchiere da bar attorno a
un mazzo di carte, lungo i corridoi bianchi di una sala d’attesa di un
medico o, perché no, nel talk show politico nella fascia di
colazione/post-pranzo/post-cena/spuntino di mezzanotte. A un “non è che
possiamo accoglierli tutti noi” fa eco un “già non c’è lavoro per noi,
cosa verranno mai a fare questi” o ancora un “va bene l’accoglienza
degli immigrati ma va limitata entro certi numeri, che da tempo
l’Italia ha superato”, e infine il proverbiale ma sempre attuale “ma
proprio tutti qui devono venire?” (a cui talvolta si aggiunge la
tripletta: ci usurpano il lavoro, vengono per rubare o spacciare droga
o anche peggio, pesano sui nostri servizi sanitari aumentando le liste
d’attesa dei cittadini che pagano le tasse). I toni e le argomentazioni
non cambiano di molto quando l’oggetto della discussione è il numero
degli immigrati in Italia, un flusso spesso ritenuto inarrestabile,
eccessivo, tale da mettere in difficoltà le capacità di accoglienza del
nostro Paese, se non dell’Europa intera...
Miriam Rossi: "Uno tsunami di migranti alla conquista dell'Europa": niente di più FALSO
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La
crisi alimenta l’insicurezza e i pregiudizi. A farne le spese è il
processo di integrazione, con contraccolpi sulla coesione sociale.
Serve un cambio di rotta, visti gli scarsi risultati, che rimetta al
centro i diritti fondamentali. Caritas e Migrantes chiedono una seria
revisione della normativa sull’immigrazione, che passi per l’abolizione
del reato di clandestinità, la chiusura dei Cie, la cittadinanza per i
figli degli stranieri.
Luca Liverani: Nuova cittadinanza per gli immigrati (pdf)
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(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Domenica 19 gennaio la trasmissione televisiva Che tempo che fa (Rai Tre), condotta da Fabio Fazio, ha dedicato, in segno di solidarietà, parte della puntata ai magistrati della Procura di Palermo oggetto di nuove intimidazioni. Il 19 gennaio è anche l’anniversario della nascita di Rocco Chinnici e Paolo Borsellino e, attraverso interviste e testimonianze, è stata anche un'occasione per ricordare le vittime della mafia e mantenerne viva la memoria. Per tale occasione il Teatro Biondo Stabile di Palermo e la Tramp ltd hanno organizzato uno spettacolo dal titolo “AL BIONDO PER NON DIMENTICARE”, il cui incasso viene devoluto interamente in beneficenza alla ONLUS MAREDOLCE. In collegamento da Palermo Ficarra & Picone e Rita Borsellino. I due comici siciliani eseguono un pezzo dedicato a Zio Pino. Alla fine del pezzo, si scopre che Zio Pino è padre Pino Puglisi. Con
Ficarra e Picone, c’è anche Rita Borsellino: “Tra Rocco Chinnici e
Paolo Borsellino, c’è stato quasi un rapporto filiale e paterno. C’era
sintonia sul lavoro e una sintonia dei valori”. Rita Borsellino
racconta gli ultimi giorni del fratello: “Aveva la consapevolezza che
sarebbe stato ucciso. Viveva le sue giornate in modo frenetico perché
sapeva di non avere più tempo”.
Palermo non dimentica...
VIDEO
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NELLA SOBRIETÀ IL FUTURO DELLA TERRA
HOREB n. 66 - 3/2013
TRACCE
DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI
I
tifoni sempre più violenti che si ripetono in modo più frequente in
varie parti di questo nostro mondo, provocando morte e distruzione di
intere città ci lasciano sbigottiti e ci fanno dire che il clima è
impazzito.
Sì il clima è impazzito, ma la responsabilità di questo stravolgimento
è legata al delirio dell’uomo che, dimenticando la sua vocazione di
essere custode del creato, pensa di esserne il padrone e, coltivando un
atteggiamento feroce nei riguardi del pianeta terra, provoca, con le
proprie scelte consumistiche,
inquinamento, desertificazione e morte.
Scienziati accreditati ci ricordano che la concentrazione di
anidride carbonica nell’atmosfera è al limite di guardia. Le emissioni
di gas serra continuano a crescere del 2-3% l’anno a causa della
deforestazione e dei combustibili fossili: petrolio, carbone e metano.
Ci attende una tragedia con conseguenze devastanti: scioglimento dei
ghiacciai, innalzamento dei mari, tempeste.
L’inquinamento dell’acqua, dell’aria, della terra, quindi, è la
conseguenza di un rapporto scorretto tra l’uomo e l’ambiente, un
rapporto innaturale tra natura ed esistenza, un rapporto violento tra
creature volute e pensate da Dio per vivere in pace. La natura è oggi,
in più maniere, violentata. Il fenomeno è preoccupante per la sua
ampiezza a scala mondiale, per la vastità a vari livelli, e perché è
avanzante con l’avanzare della logica del profitto.
L’uomo di oggi, allora, consapevole di questo dato di fatto, è chiamato
a svegliarsi dal torpore, e, rinunciando a un tenore di vita che si è
dimostrato essere incompatibile con le leggi dell’equilibrio
uomo-natura, è invitato a scegliere uno stile di vita sobrio. Questa
presa di coscienza non è più rimandabile né da delegare ad altri, ma si
impone come atto di responsabilità per rendere vivibile il nostro
pianeta e per avviare, sul piano strutturale, la costruzione di un
sistema che crei le condizioni per una piena umanizzazione di tutte le
relazioni.
È questo l’orizzonte che anima la nostra riflessione.
Editoriale (pdf)
Sommario (pdf)
E' possibile richiedere
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CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it
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I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2014 -
"L’UMANITÀ DI GESÙ PRESENZA RELAZIONALE DI DIO"
I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA – 2014
della FRATERNITÀ CARMELITANA
DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO
L’UMANITÀ DI GESÙ
PRESENZA RELAZIONALE DI DIO
Dal 5 Febbraio al 2 Aprile
dalle h. 20.00 alle h. 21.00
presso la sala del convento
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Ogni "sì" a Dio...
Dovete formare un solo coro...
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Quando accogliamo lo Spirito Santo...
E' più facile per la luce essere tenebra...
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"Se voglio che rimanga finché io venga, a te che importa?". (Giovanni 21,22)
Gianfranco Ravasi: La morte del discepolo amato e la seconda venuta di Cristo
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"Sulla via di Damasco"
di Antonio Savone
Paolo è colui che per primo ha provato a dare un assetto alla teologia cristiana.
Uomo
moderno, Paolo, la cui forza risiede proprio nella capacità di tenere
insieme da una parte la sua integrità (uomo integro, non rigido)
dall’altra l’insicurezza della sua posizione.
Uomo complesso, che ben riflette il nostro tempo.
Molto diverso da Pietro: segno che il modo di esprimere la fede non è unico ma personale, proprio di ciascuno di noi.
Un
uomo che si può incontrare solo nella misura in cui ci si apre
all’universalità. Egli appartiene a tre mondi e a tre culture: ebraica,
greca e romana. Cresciuto in un ambiente familiare, intellettuale e
religioso in cui si incrociavano il mondo semitico, quello greco e
quello latino, si trovò senz’altro favorito nell’assumere un
atteggiamento di apertura ad altri mondi culturali. Forse proprio per
questa sua molteplice appartenenza Paolo viene chiamato dal Signore ad
essere segno di una salvezza offerta a tutti, giudei o greci. E per
fare questo ha accettato il rischio di porsi su una barca instabile pur
di raggiungere tutti, gettando una rete nell’oceano abitato da
qualunque tipo di pesce, in nome di quell’agàpe che nessuno
esclude.
Un
ministero, quello di Paolo, eterogeneo e accogliente. Fu lui il massimo
artefice dell’apertura della prima comunità cristiana a quelli di
fuori. Fu lui a intraprendere un coraggioso tentativo di dialogo
culturale con il mondo greco come attesta il suo discorso nell’Areopago
(At 17,22-31). Senz’altro uomo di più grandi visioni e dal respiro
immenso.
SAULO SI RACCONTA: DA PERSECUTORE A CONFESSORE
Chi è Saulo? È
lui stesso a fornirci qualche indicazione qua e là nelle sue lettere:
“Circonciso l’ottavo giorno… ebreo figlio di ebrei; riguardo alla
legge, fariseo” (Fil 3,5); “Io sono nato a Tarso in Cilicia, ma
allevato in questa città (Gerusalemme) e istruito ai piedi di Gamaliele
per oltre cinque anni nell’esatta conoscenza della legge dei nostri
padri, pieno di zelo per Dio” (At 22,3); “Per zelo, persecutore della
Chiesa di Dio, e in quanto alla giustizia della legge, irreprensibile”
(Fil 3,6). Ma tutte queste cose che per me erano un guadagno, io le ho
stimate invece una perdita per amore di Cristo…” (Fil 3,7-8).
Un
forte elemento di rottura fa da spartiacque nella vicenda di Paolo:
l’incontro con Gesù di Nazaret sulla via di Damasco segna l’abbandono
di tutto il suo passato e l’apertura a nuove prospettive religiose per
sé ma anche per gli altri.
La
sua esistenza nettamente divisa in due da un incontro che lo ha
trasformato. Non ha conosciuto come accade alla maggior parte di noi un
percorso graduale che è andato perfezionandosi nel tempo. Per lui la
prospettiva è mutata radicalmente e per sempre. O il sistema religioso
che si rifaceva a Mosè e alla legge o Cristo. Prima era legato anima e
corpo al primo campo, dopo Damasco ha sostenuto il secondo contro il
primo.
Cosa accadde a Damasco? E
chi era il Paolo in cammino verso Damasco? Uno che, sulle basi di una
forte ortodossia religiosa, acquisita a Gerusalemme, intravedeva nel
movimento che faceva capo a Gesù di Nazaret un grande rischio per
l’identità giudaica. Come era possibile sostenere che per essere giusti
davanti a Dio bisognava credere in Gesù Messia crocifisso, che si
doveva ritenere solo scandalo e maledizione?
A Damasco accade un riconoscimento:
prima ancora che essere Paolo a riconoscere il Signore è il Signore
stesso che riconosce Paolo. “Saulo, Saulo…”: Paolo si sente riconoscere
come persona al di là di quello che egli stava facendo, che sia stato
buono o cattivo. Lì, in quell’essere chiamato per nome, c’è tutta la
fiducia di Dio per lui, nonostante andasse a perseguitare i cristiani.
Resterà cieco per tre giorni: un’esperienza di buio per ripensare la
sua storia. Egli scopre di non sapere chi è Dio, nonostante gli studi e
tutto il suo impegno nella religione. Altro è Dio. Avrà bisogno di un
fratello, Anania, per farsi aiutare a trovare Dio che lo chiama. Anania
è il segno che il cambiamento non è solo interiore, in termini solo
individualistici, ma all’interno di una comunità dove gli altri non
sono accidentali ma fondamentali per aprirsi al Dio rivelato da Gesù.
Forse possiamo comprendere da qui l’insistenza di Paolo nell’invitare
le comunità a ricercare la comunione fraterna e l’unità...
"Sulla via di Damasco"
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CONVERSIONE DI SAN PAOLO (video)
San Tommaso d'Aquino è patrono dei teologi, degli accademici, dei librai e degli studenti.
La sua memoria viene celebrata il 28 gennaio commemorando la
deposizione delle sue reliquie avvenuta a Tolosa nel 1369 nella chiesa
a lui dedicata.
SAN TOMMASO D'AQUINO (video)
Tu non possiedi la verità...
Pange
lingua fu composto da San Tommaso d'Aquino, per incarico di papa Urbano
IV, per la liturgia della solennità del Corpus Domini, istituita ad
Orvieto nel 1264 in seguito agli eventi miracolosi accaduti a Bolsena
l'anno precedente. L'inno, che si rifà al precedente omonimo Pange
Lingua composto circa sette secoli prima da Venanzio Fortunato,
ripercorre l'Ultima cena di Cristo; come preghiera di adorazione
dell'Eucaristia, viene cantato al termine della Messa in Cena Domini il
Giovedì Santo, quando il Santissimo Sacramento viene portato in
processione all'altare della reposizione, e il giorno del Corpus
Domini. È anche l'inno dei primi e secondi Vespri di questa solennità.
In qualsiasi liturgia dedicata, o che si concluda con la Benedizione
eucaristica è uso cantare le ultime due strofe di questo inno,
estrapolate come Tantum Ergo Sacramentum.
(nel commento al post il testo in latino e in italiano)
Pange Lingua (video)
Che io cammini verso di te...
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Papa Francesco dopo l'Angelus:
"Si celebra oggi la Giornata mondiale dei malati di lebbra. Questa
malattia, pur essendo in regresso, purtroppo colpisce ancora molte
persone in condizione di grave miseria. E’ importante mantenere viva la
solidarietà con questi fratelli e sorelle. Ad essi assicuriamo la
nostra preghiera; e preghiamo anche per tutti coloro che li assistono
e, in diversi modi, si impegnano a sconfiggere questo morbo."
La Giornata mondiale dei malati di lebbra fu istituita nel 1954 da
Raoul Follereau, scrittore, poeta e giornalista francese che per il suo
impegno nella lotta alla lebbra fu definito “apostolo dei malati di
lebbra”; alla sua dedizione alla lotta contro la lebbra e al suo lavoro
per eliminare i pregiudizi che l'accompagnano si ispirano le
innumerevoli associazioni di volontariato impegnato in questo campo.
Vivere è...
E' tempo di porre fine...
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SAN GIOVANNI BOSCO (video)
Voi siete la delizia...
Dobbiamo essere lux mundi...
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Uniti nella preghiera per Padre Paolo Dall'Oglio, scomparso da 6 mesi
Oggi raduni in varie citta' del mondo
Siria: padre Paolo Dall'Oglio, scomparso da 6 mesi
Si intrecciano i
canti arabi e quelli italiani. Si alternano le testimonianze, amici,
compagni di scuola, cristiani, musulmani. La messa celebrata il 29
gennaio scorso a sei mesi dal rapimento di padre Paolo Dall’Oglio è
stato un momento di grande comunione spirituale, oltre le frontiere
religiose e culturali. Per la liberazione di un uomo libero si è
pregato in varie città italiane
In preghiera per padre Paolo
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
La Chiesa deve vivere la tenerezza di Dio
fr. Egidio Palumbo, carmelitano
Estratto dell'incontro "QUANDO L'EVANGELIZZAZIONE DIVENTA CREDIBILE, OGGI? Conversazione sulla Evangelii Gaudium di Papa Francesco" 19 Dicembre 2013 Barcellona Pozzo di Gotto (ME)
Amare con tenerezza... amare senza possedere l'altro
Video
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RUBRICA Un cuore che ascolta - lev shomea' "Concedi
al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo
popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino
Vangelo: Mt 4,12-23
Le
parole dell'annuncio di Gesù sono le stesse di quelle del Battista
(3,2) ma, mentre in Giovanni l'accento è posto sulla prima parte:
<<Convertitevi>>, Gesù sposta l'attenzione sulla seconda parte, sulla prossimità del regno dei cieli. Il rifiuto dei "regni del mondo con la loro gloria"(4,8) abilita Gesù a proclamare nella sua stessa persona l'avvento del "Regno dei Cieli",
e se "del pinnacolo (del tempio) ha fatto sua dimora stabile il
tentatore"(Turoldo), in Gesù dimora stabilmente lo Spirito di Dio (Gv
1,32),"in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità"(Col
2,9) come afferma l'apostolo Paolo, per questo il Regno dei Cieli si
incarna in Gesù di Nazareth. Sappiamo bene che la locuzione "Regno dei Cieli" è
un semitismo tipico del Vangelo di Matteo, è una metafora per indicare
Dio, evitando di pronunziare il suo Nome, ma anche in quanto il Signore
esercita un dominio che si contrappone ai "regni del mondo", nel senso che esso è "totalmente altro" (K.
Barth), diametralmente opposto ai regni degli uomini fondati sul
terrore e sulla violenza (Mc 10,43). Di questo Gesù ci ha mostrato la
via, il Regno dei Cieliche
egli è venuto a inaugurare è un regno di pace e di amore per
tutti, esso viene esercitato nel mondo e nella storia, non sulle
nubi o nell'aldilà, come una lettura spiritualistica della locuzione ha
spesso incentivato nei cristiani, causando pericolose fughe
intimistiche dalla realtà. Esso si fa carne nella vita di ogni uomo a
partire dalle realtà più marginali, dalle storie apparentemente inutili
e senza speranza, a partire dalla immonda Galilea, la regione senza
nome cioè senza una storia, senza un futuro.
...
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III domenica Tempo Ordinario anno A
Omelia
di
don Antonio Savone
Is 8,23-9,3;
1Cor 1,10-13.17;
Mt 4,12-23
Frequentare i luoghi di Dio…
Nazaret e Cafarnao: ecco la geografia di Dio, i luoghi di Dio.
Nazaret
e Cafarnao non sono soltanto due luoghi geografici, sono anzitutto due
modi di concepire la vita, due stili di comunità cristiana.
A
Nazaret Gesù vi resta per un tempo molto lungo. È il tempo in cui Gesù
semina il profumo di Dio ma è anche il tempo in cui assimila gli umori
dell’uomo: assimila cioè come vive, come muore, come gioisce, come
soffre, come si dispera per il pane, come si entusiasma per i figli,
come piange di risentimento per le ferite di coloro che gli sono cari e
come si scopre improvvisamente capace di compassione e di cura per
l’estraneo che non ha mai conosciuto.
Il
tempo di Nazaret non va cancellato perché finiremmo per parlare un
gergo religioso pure altissimo ma incapace di parlare al cuore
dell’uomo. Nazaret dice la contemporaneità di Dio alle avventure e alle
fatiche del vivere dell’umanità. Nazaret, tuttavia, rappresenta pure un
rischio: Nazaret vorrebbe inglobare il profeta Gesù nelle sue
aspettative, nei suoi schemi. Nazaret è la tentazione dell’esclusiva,
luogo del compiacimento, dove l’identità è affermata e riconosciuta,
una realtà chiusa, talvolta sulla difensiva. Nazaret è il tempo della
nostalgia, luogo incapace di riconoscere il nuovo di Dio tanto è vero
che non tarderà a scacciare Gesù quando questi avrà la pretesa di
scardinare equilibri consolidati.
Cafarnao,
dove Gesù discende, dice, invece, la disponibilità a misurarsi con una
realtà altra rispetto a quella di un tempo, il riconoscere che qualcosa
è mutato e perciò la preoccupazione non può essere quella di ri-editare
un passato che non è più ma quella di lasciarsi interpellare dal nuovo
che incalza. Discendere a Cafarnao significa accogliere la sfida della
complessità, misurarsi con l’alternativa, accettare il confronto. Stare
là dove la gente vive, non dove vorremmo che viva.
Non
sfugge a nessuno, credo, come non sia facile e per nulla scontato
vivere a Cafarnao. Molto più rassicurante ricreare una Nazaret
permanente. Di fronte alla complessità, infatti, il rischio è quello di
essere disorientati. Con una duplice conseguenza:
- o la rigidità che spesso sfocia in fondamentalismo
- o la non consapevolezza di quello che siamo (perdita dell’identità).
Si
può scegliere di abitare a Cafarnao solo nella misura in cui si è più
che consapevoli che solo il mondo reale è il luogo della fede.
Non c'è chi non comprenda quali provocazioni portino con sé questi due luoghi:
una
Chiesa compiaciuta quando è riconosciuta perché corrisponde alle attese
comuni o una Chiesa capace di sintonizzarsi sullo stile di Dio?
Una Chiesa per cristiani o, piuttosto, una Chiesa di cristiani a servizio di ogni uomo?
...
Frequentare i luoghi di Dio…
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Pubblichiamo volentieri il
commento di P. Balducci segnalatoci per l'attualità dei contenuti da
Aldo Pintor, caro amico e assiduo e costante lettore di questa pagina.
Ernesto Balducci, commento alle letture della 3ª domenica del Tempo Ordinario anno A
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Settimana di preghiera
per l'unità dei cristiani |
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani
18 - 25 gennaio 2014
LETTURE BIBLICHE E COMMENTO
PER OGNI GIORNO DELLA SETTIMANA
OTTAVO GIORNO: Insieme… proclamiamo il vangelo
Isaia 61, 1-4 Dio, il Signore, [...] mi ha scelto per portare il lieto messaggio
....
Salmo 145 (144), 1-7 Di padre in figlio si tramanda quello che tu hai fatto per noi
...
1 Corinzi 15, 1-8 Vi ho trasmesso l‟insegnamento che anch‟io ho ricevuto
...
Luca 4, 14-21 Oggi per voi che mi ascoltate si realizza questa profezia
...
Tre spunti di riflessione
...
Domande per la riflessione personale
...
Preghiera
O
Dio ricco di grazia, Tu hai inviato il tuo Figlio Gesù Cristo nella
potenza del tuo Spirito a redimere il tuo popolo. Rendici uniti nella
nostra diversità, affinché noi possiamo affermare e proclamare insieme
il lieto annunzio della vita, morte e resurrezione di Cristo ad un
mondo che ha bisogno del suo vangelo. Amen.
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Cristo non può essere diviso!
Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani
(18-25.01.2014)
In
occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25
gennaio 2014), la Presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali
d’Europa (CCEE), riunita a Genova (Italia), lancia un appello ai
cristiani europei ad operare per una comune testimonianza nei vari
ambiti della società.
“Cristo non può essere diviso”,
è il tema scelto quest’anno dal comitato interconfessionale
organizzatore della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
(18-25 gennaio 2014).
Cristo non può essere diviso è un invito...
Cristo non può essere diviso è una provocazione ...
Cristo non può essere diviso è uno stimolo ...
Cristo non può essere diviso è un appello...
Cristo non può essere diviso è infine una certezza ...
La
Presidenza del CCEE guarda con attenzione alla situazione in Siria, in
particolare quella delle comunità cristiane, e si unisce al Santo Padre
nella preghiera per la pace.
Fonte: Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE)
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... l'unità viene nel cammino...
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Si
conclude la Settimana di preghiera per l'unità, un'iniziativa ecumenica
internazionale che si celebra ogni anno sul finire di gennaio. Il punto
su quanto fatto. E su quanto rimane da fare.
Alberto Bobbio: Ecumenismo: la strategia di Francesco
L’elezione
di Papa Bergoglio ha dato, infatti, un rinnovato impulso alle relazioni
tra le diverse confessioni, perché Francesco ha profuso in questo campo
quella particolare sensibilità che aveva già dimostrato da arcivescovo
di Buenos Aires. Non è un caso che fin dal primo giorno si sia definito
«Vescovo di Roma», attirandosi così le simpatie del mondo ortodosso (e
forse ancor più di quello protestante), e aprendo la strada a un altro
storico avvenimento: la partecipazione per la prima volta di un
Patriarca di Costantinopoli alla Messa di inizio di un pontificato.
Mimmo Muolo: Il vento di Francesco nelle vele dell'ecumenismo
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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni |
(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Il
Papa vuole limitare il potere dei prelati italiani che per anni hanno
fatto il bello e il cattivo tempo. Per questo si è mosso subito con
decisione. Creando non poche tensioni.
Venerdì
13 settembre 2013: il presidente della Cei Angelo Bagnasco è a Torino
per la Settimana sociale dei cattolici italiani. Seduto in prima fila
al Teatro Regio ascolta l’intervento del premier,Enrico Letta. A prima
vista è una giornata memorabile: una rinnovata alleanza fra trono e
altare, tra i vertici della Chiesa italiana e il capo del governo, il
postdemocristiano Letta. Le lancette dell’orologio sembrano tornate
indietro di vent’anni. Ma è solo un’illusione ottica. E Bagnasco lo sa
bene. Sei mesi prima è salito sul soglio di Pietro Jorge Mario
Bergoglio. Sconfitto l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, candidato
della Cei, di Camillo Ruini e di una parte dei curiali italiani.
Per
Papa Francesco la Cei è accomunata in quel giudizio negativo
sull’italianità che, a detta dell’intero conclave, ha guastato la Curia
con scandali e veleni. A 150 anni dalla fine dello Stato pontificio, il
Papa argentino vuole seppellire definitivamente il potere temporale
della Chiesa. Lontani dalla politica e vicini alla gente, soprattutto
ai poveri, questo chiede Bergoglio ai vescovi italiani. Bagnasco si
sente mancare la terra sotto i piedi. In pochi mesi ha visto
sgretolarsi tutta la filiera genovese che durante il pontificato di
Benedetto XVI ha tenuto in pugno i vertici della Chiesa: l’arcivescovo
di Genova alla presidenza della Cei, il suo predecessore, Tarcisio
Bertone, segretario di Stato, il conterraneoMauro Piacenza alla
Congregazione per il clero, l’ex vescovo di Savona, Domenico Calcagno,
presidente dell’Amministrazione del patrimonio. Perciò mentre Letta
parla dal palco, Bagnasco in platea medita un colpo di scena. Poco
dopo, a sorpresa, riunisce la presidenza della Cei: ci sono il
segretario generale, Mariano Crociata, e i tre vicepresidenti Gualtiero
Bassetti, Cesare Nosigliae Agostino Superbo. Bagnasco propone di
inviare al Papa una lettera di dimissioni dell’intera presidenza. Un
modo per ricompattare i vertici della Chiesa, sperando di vedersi
riconfermati in blocco. I vicepresidenti sono perplessi: mentre
Bagnasco e Crociata sono stati scelti da Benedetto XVI, gli altri sono
stati eletti dall’assemblea e non vorrebbero fare un passo indietro.
Alla fine il cardinale convince anche i suoi vice. Però sottovaluta il
filo diretto che uno di loro, Bassetti, ha con il Papa. Quando Bagnasco
arriva al palazzo apostolico, il Papa già sa tutto e respinge le
dimissioni, ma pone due condizioni: immediata riforma dello Statuto
della Cei e proroga a tempo del segretario Crociata.
...
Anche
la fila degli onorevoli nello studio del cardinale Camillo Ruini (83
anni a febbraio) si è molto ridotta. Al potere temporale, il Papa vuole
sostituire un potere morale, libero dalla politica e dal denaro. Anche
sull’uso dell’otto per mille ha in serbo qualcosa: meno soldi
all’istituzione, più ai poveri. Di fronte agli oltre 20 milioni di buco
della diocesi di Terni, sulla quale indaga la magistratura, Papa
Francesco vuole dare una lezione: 10 milioni saranno coperti dallo Ior
ma gli altri 10 dovrà versarli la Cei. Un avvertimento per il futuro a
tener d’occhio come sono amministrate le diocesi. Dopo il ventennio
ruiniano, la Chiesa italiana ha faticato a trovare una leadership. Il
Papa punta a far emergere nuove figure, possibilmente fuori dai giochi,
come i curiali del nostro Paese che ha nominato cardinali: Pietro
Parolin, Beniamino Stella, Lorenzo Baldisseri. Segno che la penisola
avrà ancora un ruolo nella Chiesa di domani purché trovi il coraggio di
cambiare passo.
Spazzati via i vecchi potenti della Curia di Ignazio Ingrao
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"Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe." Mt 10,16-18
Corvi e gabbiani in vaticano (vignetta)
... “Progressisti” e
“conservatori” fanno sempre lo stesso errore: vedere continuità e
discontinuità, analizzare con categorie vuote e spesso tendenziose.
Ecco, questa è mondanità spirituale: ridurre l’originalità, il
kairos, il "momento" di Dio al gioco della continuità/discontinuità.
E invece servirebbe solamente capire, aprire gli occhi sulla storia
plasmata dalla Grazia. E il popolo di Dio capisce, grazie a Dio.
L’originalità vera, del resto, non è propria degli uomini ma di Dio...
Giochetto conservatore e giochetto progressista
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Sembra quasi che non si possa parlare
bene di papa Francesco senza attaccare Benedetto XVI e viceversa. Ma
questo schema non fa altro che alimentare contrapposizioni ormai
superate e soprattutto autorizza ognuno, a seconda della propria
sensibilità, a crearsi un Papa e un magistero ad hoc. Dove però di
reale non c'è quasi nulla.
FAMIGLIA CRISTIANA: Quel confronto tra i Papi che non aiuta a capire
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A lezione di scioltezza
Dal Papa e dai Vescovi,
quando non hanno paura
di mostrarsi nella loro umanità
e anzi ne sono felici.
di Gian Carlo Olcuire
Un'amica
mi ha segnalato i due video della scorsa GMG di Rio, che contengono un
flashmob (letteralmente folla lampo), cioè una convocazione rapida di
molte persone in un luogo, per qualcosa da fare insieme (per lo più una
danza). Il flashmob è dunque un evento improvvisato, preparato in un
attimo, che richiede solo voglia di mettersi in gioco e un minimo di
agilità.
La prova del flashmob per Papa Francesco la sera della veglia
video
La realizzazione del flashmob la mattina prima della Messa
video
La
cosa più bella da vedere sono i vescovi che giocano, ricordando
d'essere un corpo. Non restano distanti, ingessati, ieratici come
Cardinalidi Manzù, paludati in paramenti che al massimo facevano
intravedere una mano. E stanno allo scherzo, scanzonati, con la
leggerezza delle Lezioni americane di Italo Calvino: non quella della
piuma in balia del vento ma la scioltezza dell'atleta. Mostrando, tra
l'altro, d'aver fatto proprio l'invito - rivolto da Papa Francesco ai
giovani - a non balconear, cioè a non "stare sul balcone a guardare la
vita scorrere", a non assistere senza partecipare, a buttarsi nella
mischia.
Non
ha paura, il Vescovo di Roma, di una perdita di portamento. Nel fare
cose umane - come andare in metropolitana, raccogliere uno zucchetto,
pagare il conto, portare una borsa - e nel riconoscersi peccatore.
La
sua scioltezza - oltre che sul fisico - si ripercuote sul linguaggio.
Come quando sa inventare metafore ardite. Anche qui, senza temere il
ridicolo.
...
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Don Luigi Ciotti, nei giorni scorsi un incontro importante, quello con Papa Francesco a Santa Marta. Cosa ha provato?
"Ho
sentito il Papa come Padre e l'ho scoperto fratello. E io, uomo piccolo
piccolo, segnato da limiti e fragilità, ho avvertito con forza la
grandezza di questo Papa schietto, fraterno, semplice, capace di
accorciare le distanze e di rendere normale lo straordinario. Mi ha
colpito la sua capacità di ascoltare, la profondità del suo sguardo, la
sua attenzione e dedizione al rapporto umano come strumento di amore,
di generosità e di gratuità. E la sua felicità. È un uomo felice perché
disinteressato a se stesso, totalmente immerso nella vita e
nell'attenzione agli altri".
È un Papa anche capace di forti denunce.
"Questo
disinteresse a sé, alle forme e ai simboli del potere, è inversamente
proporzionale alla sensibilità di fronte alle ingiustizie. Su questo
non fa sconti. Chiama il male per nome, e chi lo commette ha le sue
responsabilità. Questa capacità di denuncia contagia. Nella Chiesa sta
promuovendo un processo di purificazione dal potere, un ritorno alle
radici, all'intransigenza etica del Vangelo. Ma spero che il
rinnovamento morale tocchi le coscienze di tutti, laici e cristiani, e
faccia capire che il più grande peccato oggi è quello di omissione, del
volgere la testa dall'altra parte, del guardare il male e restare con
le mani in mano".
Cosa la colpisce di più del Papa?
"La
sobrietà, l'essenzialità. Non è ostentata, è vissuta. Francesco ti fa
toccare con mano come ciò che conta nella vita è l'essere, non l'avere.
Gli averi siamo tutti destinati a perderli, e non c'è niente di
piùsaggio che metterli in comune. Ma anche l'essere va condiviso. E il
Papa fa capire che la vita piena è quella che accoglie e non trattiene".
Di cosa avete parlato?
...
Don Ciotti "Io prete di strada con Bergoglio, così Francesco cambierà la Chiesa"
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Don Luigi Ciotti, uno dei più
amati e rispettati sacerdoti italiani, fino a lunedì 21 gennaio scorso
non aveva mai incontrato un papa, se si eccettua un contatto con Paolo
VI in gioventù, mezzo secolo fa. Scherzando, ma non troppo, don Luigi
amava ripetere: “Non posso essere ricevuto dal papa perché non ho una
giacca da mettermi”. Un modo di spiegare attraverso una metafora la sua
distanza di prete di strada rispetto al potere della Chiesa ufficiale.
Gad Lerner: Con o senza giacca, don Ciotti ha incontrato Francesco: come lo vedreste uno come lui alla guida di una nuova Cei?
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L'importanza dello stile di vita
nell'annuncio del Vangelo -
fr. Egidio Palumbo, ocarm (VIDEO)
Estratto dell'incontro del 19 dicembre 2013 "QUANDO L'EVANGELIZZAZIONE DIVENTA CREDIBILE, OGGI? Conversazione sulla Evangelii Gaudium di Papa Francesco" Barcellona P.G. (ME) - Basilica di S. Sebastiano Tutto
il documento è traversato da questa preoccupazione, perché a nulla vale
comunicare la "pura dottrina", la "pura ortodossia", se poi lo stile di
vita contraddice la dottrina, il Vangelo. Nei
Vangeli è molto evidente che Gesù dedica meno tempo ad insegnare i
contenuti, la "dottrina", e invece dedica molto più tempo ad educare i
discepoli ad uno stile di vita che sia adeguato all'annuncio del
Vangelo. Gesù insiste
molto non su che cosa bisogna dire, ma su come dirlo: da che parte stai
quando annunci, che stile di vita vivi quando predichi, quando parli di
Dio, di Gesù, quando fai catechesi, quando insegni teologia.... Perché
questo e solo questo rende credibile l'evangelizzazione. Lo stile di
vita è importantissimo, perché il cristiano prima di proporre una
"dottrina" (un pensiero articolato e sistematico), propone una persona
vivente: Gesù Cristo. Il
cristiano crede, si affida a Gesù, una persona vivente, non si affida
ad un pensiero, ad una idea, ad una dottrina. il cristiano è testimone
di una persona vivente - Gesù - che gli ha cambiato la vita. Non è
testimone, il cristiano, di una idea o di una ideologia. Annunciare
l'evangelo con uno stile di vita che lo contraddice, significa far
passare il messaggio - il non-detto - di un cristianesimo senza
conversione, di un cristianesimo come religione senza fede in Cristo
Gesù, di un cristianesimo ridotto a principi morali ed etici, di un
cristianesimo cioè fatto per "atei devoti ". Attenzione:
questo tipo di cristianesimo non evangelizza oggi, in un mondo
multireligioso e multietnico, in un modo "adulto" dal punto di vista
della scienza e della tecnica e del pensiero filosofico, che non se ne
fa niente se noi gli proponiamo un "dio tappabuchi". Il
mondo oggi - lo diceva già Paolo VI - ascolta i testimoni, e se ascolta
i maestri, li ascolta nella misura in cui si presentano e sono
testimoni, cioè mostrano attraverso il loro stile di vita che in Dio
hanno scoperto con gioia il Senso vero della vita. I
parolai/intellettuali da salotto asettici... non annunciano con gioia
il Vangelo. L'importanza dello stile di vita: questo è pastorale! .... Una Chiesa che sa stare dalla parte di Gesù, che sa assimilare il suo stile di vita povero ...
video
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“Se non entrerà in gioco
il concetto di famiglia, non so a cosa possa servire il Sinodo. La
questione di fondo è proprio questa, l’ha detto anche Maradiaga nella
recente intervista concessa al quotidiano tedesco Kölner
Stadt-Anzeiger”. Il teologo Vito Mancuso è rimasto impressionato dalle
parole del porporato honduregno, “mi ha colpito la libertà della mente
che il suo incedere aveva, e di questo c’è molto bisogno, soprattutto
nella chiesa”
Matteo Matzuzzi: Mutare la dottrina, si può e si deve
L’attenzione ai poveri, da papa Giovanni alla Evangelii Gaudium di papa Francesco
Alessandro Monti: La "Pacem in Terris" oggi
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Angelus/Regina Cæli - Angelus, 26 gennaio 2014
Udienza - 29 gennaio 2014
Omelia - 25 gennaio 2014: Solennità della Conversione di San Paolo Apostolo - Celebrazione dei Vespri
Discorso - Ai partecipanti al Congresso Nazionale promosso dal Centro Italiano Femminile (25 gennaio 2014)
Discorso - Alla delegazione della "University of Notre Dame" (Indiana, U.S.A.) (30 gennaio 2014)
Discorso - Ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede (31 gennaio 2014)
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25/01/2014:
27/01/2014:
28/01/2014:
30/01/2014:
31/01/2014:
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Piazza San Pietro
26/01/2014
Cari fratelli e sorelle buongiorno,
il
Vangelo di questa domenica racconta gli inizi della vita pubblica di
Gesù nelle città e nei villaggi della Galilea. La sua missione non
parte da Gerusalemme, cioè dal centro religioso, centro anche sociale e
politico, ma parte da una zona periferica, una zona disprezzata dai
giudei più osservanti, a motivo della presenza in quella regione di
diverse popolazioni straniere; per questo il profeta Isaia la indica
come «Galilea delle genti» (Is 8,23).
E’
una terra di frontiera, una zona di transito dove si incontrano persone
diverse per razza, cultura e religione. La Galilea diventa così il
luogo simbolico per l’apertura del Vangelo a tutti i popoli. Da questo
punto di vista, la Galilea assomiglia al mondo di oggi: compresenza di
diverse culture, necessità di confronto e necessità di incontro. Anche
noi siamo immersi ogni giorno in una “Galilea delle genti”, e in questo
tipo di contesto possiamo spaventarci e cedere alla tentazione di
costruire recinti per essere più sicuri, più protetti. Ma Gesù ci
insegna che la Buona Novella, che Lui porta, non è riservata a una
parte dell’umanità, è da comunicare a tutti. È un lieto annuncio
destinato a quanti lo aspettano, ma anche a quanti forse non attendono
più nulla e non hanno nemmeno la forza di cercare e di chiedere.
Partendo
dalla Galilea, Gesù ci insegna che nessuno è escluso dalla salvezza di
Dio, anzi, che Dio preferisce partire dalla periferia, dagli ultimi,
per raggiungere tutti. Ci insegna un metodo, il suo metodo, che però
esprime il contenuto, cioè la misericordia del Padre.
...
Lasciamoci
raggiungere dal suo sguardo, dalla sua voce, e seguiamolo! «Perché la
gioia del Vangelo giunga sino ai confini della terra e nessuna
periferia sia priva della sua luce»
Dopo l'Angelus:
Adesso voi vedete che non sono solo: sono in compagnia di due di voi, che sono saliti qui. Sono bravi questi due!
Si celebra oggi la Giornata mondiale dei malati di lebbra...
Sono vicino con la preghiera all’Ucraina...
Oggi
ci sono tanti bambini in piazza! Tanti! Anche con loro vorrei rivolgere
un pensiero a Cocò Campolongo, che a tre anni è stato bruciato in
macchina a Cassano allo Jonio. ...
Nei
prossimi giorni, milioni di persone, che vivono nell’Estremo Oriente o
sparse in varie parti del mondo, tra cui cinesi, coreani e vietnamiti,
celebrano il capodanno lunare. A tutti loro auguro ...
Ieri,
a Napoli, è stata proclamata Beata Maria Cristina di Savoia... Il suo
straordinario esempio di carità testimonia che la vita buona del
Vangelo è possibile in ogni ambiente e condizione sociale.
Saluto
con affetto tutti voi, cari pellegrini venuti da diverse parrocchie
d’Italia e di altri Paesi, come pure le associazioni, i gruppi
scolastici e altri...
Vorrei anche esprimere la mia vicinanza alle popolazioni alluvionate in Emilia.
Mi
rivolgo adesso ai ragazzi e ragazze dell’Azione Cattolica della Diocesi
di Roma! Cari ragazzi, anche quest’anno, accompagnati dal Cardinale
Vicario, siete venuti numerosi al termine della vostra “Carovana della
Pace”. Vi ringrazio! Vi ringrazio tanto! Ascoltiamo ora il messaggio
che i vostri amici, qui accanto a me, ci leggeranno.
[lettura del messaggio]
Ed ora questi due bravi ragazzi lanceranno le colombe, simbolo di pace.
A tutti auguro buona domenica e buon pranzo. Arrivederci!
testo integrale dell'Angelus
video
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Piazza San Pietro
Mercoledì, 22 gennaio 2014
Cari fratelli e sorelle, buongiorno,
in
questa terza catechesi sui Sacramenti, ci soffermiamo sulla
Confermazione o Cresima, che va intesa in continuità con il Battesimo,
al quale è legata in modo inseparabile. Questi due Sacramenti, insieme
con l’Eucaristia, formano un unico evento salvifico, che si chiama —
l’“iniziazione cristiana” —, nel quale veniamo inseriti in Gesù Cristo
morto e risorto e diventiamo nuove creature e membra della Chiesa. Ecco
perché in origine questi tre Sacramenti si celebravano in un unico
momento, al termine del cammino catecumenale, normalmente nella Veglia
Pasquale. Così veniva suggellato il percorso di formazione e di
graduale inserimento nella comunità cristiana che poteva durare anche
alcuni anni. Si faceva passo a passo per arrivare al Battesimo, poi
alla Cresima e all'Eucaristia.
Comunemente
si parla di sacramento della “Cresima”, parola che significa “unzione”.
E, in effetti, attraverso l’olio detto “sacro Crisma” veniamo
conformati, nella potenza dello Spirito, a Gesù Cristo, il quale è
l’unico vero “unto”, il “Messia”, il Santo di Dio. Il termine
“Confermazione” ci ricorda poi che questo Sacramento apporta una
crescita della grazia battesimale: ci unisce più saldamente a Cristo;
porta a compimento il nostro legame con la Chiesa; ci accorda una
speciale forza dello Spirito Santo per diffondere e difendere la fede,
per confessare il nome di Cristo e per non vergognarci mai della sua
croce (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1303).
Per questo è importante avere cura che i nostri bambini, i nostri ragazzi, ricevano questo Sacramento.
...
Pensate
quanto è importante questo: per mezzo dello Spirito Santo, Cristo
stesso viene a fare tutto questo in mezzo a noi e per noi. Per questo è
importante che i bambini e i ragazzi ricevano il Sacramento della
Cresima.
Cari
fratelli e sorelle, ricordiamoci che abbiamo ricevuto la Confermazione!
Tutti noi! Ricordiamolo prima di tutto per ringraziare il Signore di
questo dono, e poi per chiedergli che ci aiuti a vivere da veri
cristiani, a camminare sempre con gioia secondo lo Spirito Santo che ci
è stato donato.
video della catechesi
Saluti:
...
Rivolgo
un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana. In particolare,
saluto i partecipanti al Forum della Pontificia Facoltà di Teologia; i
Silenziosi Operai della Croce; e i rappresentanti dello Spettacolo
Viaggiante di Bergantino, esortandoli ad essere testimoni gioiosi dei
valori cristiani della solidarietà e dell’ospitalità. Saluto inoltre il
gruppo dei Cuochi fiorentini e toscani, come pure le Associazioni
“Carta di Roma” e “Casa Alessia”, incoraggiando ciascuno a proseguire
l’impegno verso i bisognosi e i rifugiati. Saluto le famiglie degli
operai della Shellbox di Castelfiorentino con il Cardinale Giuseppe
Betori e, mentre esprimo la mia vicinanza, formulo voti che si faccia
ogni sforzo possibile da parte delle competenti istanze, perché il
lavoro, che è sorgente di dignità, sia preoccupazione centrale di
tutti. Che non manchi il lavoro. E' sorgente di dignità! Saluto le
Fondazioni Associate alla Consulta Nazionale Antiusura con
l’Arcivescovo di Bari, Mons. Francesco Cacucci, ed auspico che le
Istituzioni possano intensificare il loro impegno al fianco delle
vittime dell’usura, drammatica piaga sociale.
il testo integrale dell'Udienza Generale
il video integrale
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
27 gennaio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
la santità dei vescovi, dei preti, dei laici guida la Chiesa
Non
fanno notizia sui giornali ma danno forza e speranza agli uomini: sono
tutti i vescovi e i preti “anonimi” che continuano a offrire la loro
vita in nome di Cristo nel servizio alle diocesi e alle parrocchie. Per
questi sacerdoti «coraggiosi, santi, buoni, fedeli» Papa Francesco ha
invitato a pregare nella messa celebrata lunedì mattina, 27 gennaio,
nella cappella della Casa Santa Marta.
La
riflessione del Pontefice ha preso spunto dalla prima lettura, tratta
dal secondo libro di Samuele (5,1-7.10), che racconta l’unzione del re
Davide. «Abbiamo ascoltato — ha detto — la storia di quella riunione» a
Ebron, quando «tutte le tribù di Israele vennero da Davide e gli
proposero di farlo re». Infatti, ha spiegato, «Davide era re di Giuda
ma il regno era diviso». Tutti gli anziani del popolo «hanno visto che
l’unico che poteva» essere re «era Davide». Così «sono andati da lui
per fare un’alleanza». Insieme, ha proseguito il Papa, «sicuramente
hanno parlato, hanno discusso come fare l’alleanza. E alla fine hanno
deciso di farlo re». Ma «questa decisione non era una decisione,
diciamo, democratica»; piuttosto, una decisione unanime: «tu sei re!». E
«questo — ha spiegato il Pontefice — è il primo passo. Poi viene il
secondo: re Davide concluse con loro un’alleanza» e gli anziani del
popolo «unsero Davide re di Israele». Ecco, dunque, l’importanza
dell’unzione. «Senza questa unzione — ha detto — Davide sarebbe stato
soltanto il capo, l’organizzatore di un’azienda che portava avanti
questa società politica che è il regno di Israele». Invece «l’unzione è
un’altra cosa»; e proprio «l’unzione consacra Davide re». «Qual
è la differenza — si è domandato il Papa — tra essere un organizzatore
politico del paese e essere re unto?». Quando Davide, ha spiegato, «è
stato unto re di Giuda da Samuele, era piccolo, era un ragazzino. Dice
la Bibbia che dopo l’unzione lo Spirito del Signore scese su Davide». E
così «l’unzione fa che lo Spirito del Signore scenda sulla persona e
sia con lui».Anche il brano proposto dalla liturgia, ha notato il Papa,
«dice lo stesso: Davide andava sempre più crescendo in potenza e il
Signore, Dio degli eserciti, era con lui». E «questa è proprio la
specificità dell’unzione».Il vescovo di Roma ha ricordato, in
proposito, l’atteggiamento di Davide nei confronti del re Saul, «che
voleva ucciderlo per gelosia, per invidia». Davide «ha avuto
l’opportunità di uccidere il re Saul ma non ha voluto farlo: io mai
toccherò l’unto del Signore, è una persona scelta per il Signore, unta
dal Signore!». Nelle sue parole c’è il «senso della sacralità di un re».
«Nella
Chiesa — ha affermato il Pontefice — noi abbiamo ereditato questo nella
persona dei vescovi e dei preti». I vescovi infatti «non sono eletti
soltanto per portare avanti un’organizzazione che si chiama Chiesa
particolare. Sono unti. Hanno l’unzione e lo spirito del Signore è con
loro». ... Qualcuno,
ha notato il Papa, potrebbe obiettare: «Ma, padre, io ho letto su un
giornale che un vescovo ha fatto tal cosa o che un prete ha fatto tal
cosa!». Obiezione alla quale il Pontefice ha risposto: «Sì, anch’io
l’ho letto! Ma dimmi: sui giornali vengono le notizie di quello che
fanno tanti sacerdoti, tanti preti in tante parrocchie di città e e di
campagna? La tanta carità che fanno? Il tanto lavoro che fanno per
portare avanti il loro popolo?» E ha aggiunto: «No, questa non è
notizia!». Vale sempre, ha spiegato, il noto proverbio secondo cui «fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce». Papa
Francesco ha concluso la sua riflessione invitando a pensare «a questa
unzione di Davide» e, di conseguenza, «ai nostri vescovi e ai nostri
preti coraggiosi, santi, buoni, fedeli». E ha chiesto di pregare «per
loro: grazie a loro oggi noi siamo qui, sono stati loro che ci hanno
battezzato»
Quando i sacerdoti non fanno notizia
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
28 gennaio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
impariamo a lodare sempre Dio!
La
preghiera di lode ci fa fecondi. E’ quanto affermato da Papa Francesco
nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa, commentando la
danza gioiosa di Davide per il Signore di cui parla la Prima Lettura,
ha sottolineato che, se ci chiudiamo nella formalità, la nostra
preghiera diventa fredda e sterile.
“Davide
danzava con tutte le forze davanti al Signore”. Papa Francesco ha
svolto la sua omelia muovendo da questa immagine gioiosa, raccontata
nel Secondo Libro di Samuele. Tutto il Popolo di Dio, ha rammentato,
era in festa perché l’Arca dell’Alleanza tornava a casa. La preghiera
di lode di Davide, ha proseguito, “lo portò a uscire da ogni
compostezza e a danzare davanti al Signore” con “tutte le forze”.
Questa, ha commentato, “era proprio la preghiera di lode!” E ha
confidato che, leggendo questo passo, ha “pensato subito” a Sara, dopo
aver partorito Isacco: “Il Signore mi ha fatto ballare di gioia!”.
Questa anziana, come il giovane Davide – ha evidenziato – “ha ballato
di gioia” davanti al Signore. “A noi – ha poi osservato – è facile
capire la preghiera per chiedere una cosa al Signore, anche per
ringraziare il Signore”. Anche capire la “preghiera di adorazione”, ha
detto, “non è tanto difficile”. Ma la preghiera di lode “la lasciamo da
parte, non ci viene così spontanea”:
“‘Ma,
Padre, questo è per quelli del Rinnovamento nello Spirito, non per
tutti i cristiani!’. No, la preghiera di lode è una preghiera cristiana
per tutti noi! Nella Messa, tutti i giorni, quando cantiamo il Santo…
Questa è una preghiera di lode: lodiamo Dio per la sua grandezza,
perché è grande! E gli diciamo cose belle, perché a noi piace che sia
così. ‘Ma, Padre, io non sono capace… Io devo…’. Ma sei capace di
gridare quando la tua squadra segna un goal e non sei capace di cantare
le lodi al Signore? Di uscire un po’ dal tuo contegno per cantare
questo? Lodare Dio è totalmente gratuito! Non chiediamo, non
ringraziamo: lodiamo!”
Dobbiamo
pregare “con tutto il cuore”, ha proseguito: “E’ un atto anche di
giustizia, perché Lui è grande! E’ il nostro Dio!”. Davide, ha poi
rammentato, “era tanto felice, perché tornava l’arca, tornava il
Signore: anche il suo corpo pregava con quella danza”:
“Una
bella domanda che noi possiamo farci oggi: ‘Ma come va la mia preghiera
di lode? Io so lodare il Signore? So lodare il Signore o quando prego
il Gloria o prego il Sanctus lo faccio soltanto con la bocca e non con
tutto il cuore?’. Cosa mi dice Davide, danzando qui? E Sara, ballando
di gioia? Quando Davide entra in città incomincia un’altra cosa: una
festa!”
“La gioia della lode – ha ribadito – ci porta alla gioia della festa. La festa della famiglia”
Il Papa: esultiamo per un goal ma spesso lodiamo il Signore con freddezza
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
30 gennaio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
vero cristiano trasmette la fede
“Non
si capisce un cristiano senza Chiesa”: lo ha affermato stamani Papa
Francesco durante la Messa presieduta a Santa Marta. Il Pontefice ha
indicato tre pilastri del senso di appartenenza ecclesiale: l’umiltà, la fedeltà e la preghiera per la Chiesa.
L’omelia
del Papa è partita dalla figura del re Davide, come viene presentata
dalle letture del giorno: un uomo che parla col Signore come un figlio
parla con il padre e anche se riceve un “no” alle sue richieste, lo
accetta con gioia. Davide – osserva Papa Francesco – aveva “un
sentimento forte di appartenenza al popolo di Dio”. E questo – ha
proseguito – ci fa chiedere su quale sia il nostro senso di
appartenenza alla Chiesa, il nostro sentire con la Chiesa e nella
Chiesa:
“Il
cristiano non è un battezzato che riceve il Battesimo e poi va avanti
per la sua strada. Il primo frutto del Battesimo è farti appartenere
alla Chiesa, al popolo di Dio. Non si capisce un cristiano senza
Chiesa. E per questo il grande Paolo VI diceva che è una dicotomia
assurda amare Cristo senza la Chiesa; ascoltare Cristo ma non la
Chiesa; stare con Cristo al margine della Chiesa. Non si può. E’ una
dicotomia assurda. Il messaggio evangelico noi lo riceviamo nella
Chiesa e la nostra santità la facciamo nella Chiesa, la nostra strada
nella Chiesa. L’altro è una fantasia o, come lui diceva, una dicotomia
assurda”.
Il
“sensus ecclesiae” – ha affermato - è “proprio il sentire, pensare,
volere, dentro la Chiesa”. Ci sono “tre pilastri di questa
appartenenza, di questo sentire con la Chiesa. Il primo è l’umiltà”
...
“Che
il Signore –ha concluso il Papa - ci aiuti ad andare su questa strada
per approfondire la nostra appartenenza alla Chiesa e il nostro sentire
con la Chiesa”.
Papa Francesco: dicotomia assurda amare Cristo senza la Chiesa
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
31 gennaio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
non perdiamo il senso del peccato
Quando
viene meno la presenza di Dio tra gli uomini, “si perde il senso del
peccato” e così può accadere di far pagare ad altri il prezzo della
nostra “mediocrità cristiana”. Lo ha affermato oggi Papa Francesco
all’omelia della Messa mattutina in Casa Santa Marta. Chiediamo a Dio,
ha esortato il Papa, la grazia che in noi non diminuisca mai la
presenza “del suo Regno”.
Un
peccato grave, come ad esempio l’adulterio, derubricato a “problema da
risolvere”. La scelta che compie il re Davide, narrata nella prima
Lettura di oggi, diventa lo specchio davanti al quale Papa Francesco
pone la coscienza di ogni cristiano. Davide si invaghisce di Betsabea,
moglie di Uria, un suo generale, gliela prende e spedisce il marito in
prima linea in battaglia, causandone la morte e di fatto perpetrando un
assassinio. Eppure, adulterio e omicidio non lo scuotono più di tanto.
“Davide si trova davanti a un grosso peccato, ma lui non lo sente
peccato”, osserva il Papa. “Non gli viene in mente di chiedere perdono.
Quello che gli viene in mente è: ‘Come risolvo questo?’”: “A
tutti noi può accadere questa cosa. Tutti siamo peccatori e tutti siamo
tentati e la tentazione è il pane nostro di ogni giorno. Se qualcuno di
noi dicesse: ‘Ma io mai ho avuto tentazioni’, o sei un cherubino o sei
un po’ scemo, no? Si capisce… E’ normale nella vita la lotta e il
diavolo non sta tranquillo, lui vuole la sua vittoria. Ma il problema –
il problema più grave in questo brano – non è tanto la tentazione e il
peccato contro il nono comandamento, ma è come agisce Davide. E Davide
qui non parla di peccato, parla di un problema che deve risolvere.
Questo è un segno! Quando il Regno di Dio viene meno, quando il Regno
di Dio diminuisce, uno dei segni è che si perde il senso del peccato”. ... “Io
vi confesso, quando vedo queste ingiustizie, questa superbia umana,
anche quando vedo il pericolo che a me stesso avvenga questo, il
pericolo di perdere il senso del peccato, mi fa bene pensare ai tanti
Uria della storia, ai tanti Uria che anche oggi soffrono la nostra
mediocrità cristiana, quando noi perdiamo il senso del peccato, quando
noi lasciamo che il Regno di Dio cada… Questi sono i martiri dei nostri peccati non riconosciuti.
Ci farà bene oggi pregare per noi, perché il Signore ci dia sempre la
grazia di non perdere il senso del peccato, perché il Regno non cali in
noi. Anche portare un fiore spirituale alla tomba di questi Uria
contemporanei, che pagano il conto del banchetto dei sicuri, di quei
cristiani che si sentono sicuri”.
Papa Francesco: se perdiamo il senso di Dio, il peggiore dei peccati ci appare una piccolezza
video
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SEGNALATO IN FACEBOOK NELLA
NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"
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«Ci ho messo più tempo a trovare il
muro giusto sul quale appenderlo che a disegnarlo - racconta Mauro -.
Sulla zona non ho mai avuto dubbi: a Borgo Pio, il quartiere papalino
per eccellenza, sono nato e cresciuto, e qui oggi tutti adorano
Francesco. Proprio per l’empatia che riesce a creare intorno a sé, il
Papa è molto pop, e pop come un fumetto l’ho voluto disegnare. I
superpoteri di cui l’ho dotato rappresentano l’enorme potere di cui
dispone, che lui usa, unico leader al mondo, per fare del bene. È
l’unico che fa quel che dice e dice quel che fa.
Piero Negri: «Così ho inventato il graffito del SuperPapa»
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Prossimità,
incontro, dialogo. Sono alcune delle parole chiavi del Messaggio di
Papa Francesco per la prossima Giornata delle Comunicazioni Sociali. Il
documento ruota intorno alla figura del Buon Samaritano indicato dal
Pontefice come modello per i comunicatori. Per un commento sul
Messaggio, Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore di
“Civiltà Cattolica”, padre Antonio Spadaro
Antonio Sèadaro: Per Papa Francesco comunicare non è routine, è una sfida appassionante
Vittime
dell’usura e operai che stanno perdendo il lavoro sono venuti stamani a
incontrare il Papa «per fare il pieno di speranza e solidarietà», per
sentirsi «meno soli, farsi coraggio e trovare anche la forza di
combattere per una vita migliore». I rappresentanti della Consulta
italiana antiusura e gli operai della Shelbox di Castelfiorentino hanno
presentato al Pontefice, gli uni accanto agli altri, le loro
«drammatiche storie, vissute alla periferia di una società che
considera le persone in difficoltà come scarti da emarginare».
L'OSSERVATORE ROMANO: Con gli operai e le vittime degli strozzini
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servizio di "Lectio" a cura di fr. Egidio Palumbo alla pagina:
http://digilander.libero.it/tempo_perso_2/la_lectio_del_Vangelo_della_domenica.htm
3)
Il servizio omelia di P.
Gregorio on-line (mp3) alla pagina
http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm
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