"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
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NEWSLETTER n°13 del 2014
Aggiornamento della settimana -
dal 22 al 28 marzo 2014 -
Prossima NEWSLETTER prevista per il 4 aprile 2014 |
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N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)“Senza
pace non può esserci sviluppo”: lo scrive a chiare lettere Papa
Francesco nel suo messaggio all’arcivescovo di Juba, mons. Paulino
Lukudu Loro. Un’affermazione quanto mai calzante per il Sud Sudan:
nazione giovane, divenuta indipendente solo tre anni fa, nel dicembre
del 2013 ha visto esplodere un conflitto etnico tra le forze
governative del presidente Kiir, di etnia dinka, e quelle fedeli all'ex
vicepresidente Machar, di etnia nuer. Una guerra che, sottolinea il
Pontefice, è costata la vita a persone innocenti, provocando divisioni
e causando “povertà, fame, malattie, morte”. “Non possiamo rimanere
indifferenti di fronte a questa realtà”, sottolinea il Papa, che non
dimentica “la drammatica situazione” di sfollati e rifugiati costretti
all’esilio, in condizioni “abiette per la loro dignità”, in cui non
sono considerati più persone, bensì “statistiche senza nome”.
Di
qui, “il pressante appello” del Pontefice affinché tutte le parti in
causa, con il supporto della comunità internazionale, pongano fine alle
violenze, assicurino “l’accesso agli aiuti umanitari per i bisognosi” e
cerchino “senza sosta soluzioni pacifiche, per far prevalere il bene
comune sugli interessi particolari”. Per questo, il messaggio
pontificio richiama la necessità di “promuovere la cultura
dell’incontro”, che implica innanzitutto il rifiuto dell’egoismo e la
capacità di vedere nell’altro “non un nemico, ma un fratello da
accettare e con cui lavorare insieme”. L’impegno a creare un clima
sociale “costruttivo”, afferma il Papa, deve prevalere sulla “brama di
potere” personale, con il “chiaro riconoscimento che gli esseri umani,
con le loro legittime aspirazioni morali, etiche e sociali”, vengono
sempre “prima dello Stato e dei diversi poteri che cercano di
sottometterli”...
Messaggio del Papa alla diocesi di Juba in Sud Sudan: basta violenze, senza pace non c'è sviluppo Una
guerra nella guerra, forse più feroce e spietata di quella che si
combatte con le armi: la guerra contro la fame. “Non so cosa dare da
mangiare ai miei sette figli, da tempo si nutrono soltanto con radici
di ninfea”. Sono le parole di Rebecca Nyakang , che vive con i suoi
bambini, il marito e qualche altra famiglia su un isolotto, ad un’ora
di canoa dalla cittadina di Nyal, nella contea di Panyjar, nell’Unity
State. Le radici di ninfea contengono poche calorie e sostanze
nutritive appena sufficienti per sopravvivere.
La
violenza e il dolore cono dappertutto e se la guerra civile che si sta
combattendo miete giornalmente vittime, la fame uccide ugualmente. Gli
sfollati sono quasi un milione e raggiungono i campi profughi sia
all’interno del Sud-Sudan, sia nei Paesi limitrofi, esausti e
denutriti. Quattrocentomila sfollati hanno meno di diciotto anni,
seimila sono bambini al di sotto dei cinque.
La
situazione è drammatica, perché le guerre da combattere, a questo
punto, sono ben due. Una è quella civile, la seconda è quella della
fame: procurarsi del cibo che non c’è, anche a causa delle terribili
alluvioni che hanno colpito sette dei dieci Stati della nazione più
giovane del mondo, è quasi impossibile. Inoltre i commercianti non sono
disposti a mettere a rischio la loro vita per comprare e vendere
derrate alimentari...
Sud Sudan: la fame uccide come la guerra. Radici di ninfea unico cibo rimasto Stefano
Bolzonello è un cooperante italiano che ha vissuto gli ultimi due anni
a Juba, capitale del Sud Sudan. Non si parla praticamente mai della
situazione del più “giovane” Paese del mondo, nato con il referendum
del 2011. Dopo il brevissimo periodo di euforia per l’indipendenza, il
Sud Sudan ha dovuto fare i conti con la guerra e la povertà, mali
endemici in Africa. Come per il vicino conflitto centrafricano le
ragioni delle violenze vanno ricercate sicuramente in dissidi etnici,
ma soprattutto negli appetiti economici delle grandi potenze globali.
In questa intervista concessa a Unimondo, Bolzonello, non ignaro di
questo scenario, cerca di raccontarci cosa succede tra la popolazione,
con uno sguardo “dal basso” che ci fa capire la situazione molto meglio
dei “lanci di agenzia” del circuito mediatico internazionale...
Sud Sudan, un mondo dimenticato -------------------------------------------- L'educazione viva di Anna Molinari
La
scuola ha spesso fondato la sua struttura sull’idea che i bambini siano
contenitori “vuoti” da educare “riempiendoli”, riformandone l’identità
e modellando l’essere umano a venire. “Pensare che l’intervento esterno
sia necessariamente volto a migliorare la resa è un approccio
estremamente umano”, sostiene Cristòbal Gutierréz,
della Fondazione CAI, ma prosegue: “il bambino però è come un
bosco”: la crescita è un processo – cellulare, mentale, emotivo –
innato… occorre solo fare in modo di rendere disponibile ciò che è
necessario, in primo luogo affetto, rispetto e fiducia, che si situano
alla base di ogni sviluppo e apprendimento. Perché allora, spesso, si
educa attraverso la minaccia, il castigo, le tensioni, dimenticandosi
dell’amore? Nel processo educativo, quando non riusciamo a ottenere
quello che ci viene richiesto – e quindi non riceviamo amore perché, in
qualche modo, non riusciamo a corrisponderne alle aspettative con il
nostro modo di essere noi stessi – cominciamo ad agire in modo per noi
artificiale, ma tale da raggiungere i risultati che ci permettono di
sopravvivere. Come? Condizionati dalla paura.
Un’esagerazione
della scuola di oggi? Forse in parte, ma una riflessione che ci
permette di soffermarci su un punto ricorrente non solo in ambito
scolastico ma in molte declinazioni della società attuale: porre limiti
e costruire barriere rigide e certe è in realtà un modo di manifestarsi
della paura, un meccanismo di controllo e di manipolazione (basti
pensare al manifesto di Watson del 1913, che fornì le basi – non solo
ai regimi totalitari, ma anche agli spot mediatici – per una
manipolazione di massa attraverso la paura). È innegabile che molti
nostri contatti quotidiani si basino sulla paura: di cambiare, di
progredire, di essere noi stessi, di amare, di rivelare ciò che siamo
in fronte al mondo. Un approccio che caratterizza profondamente la vita
adulta, con persone che si impegnano per un lavoro che non le
appassiona, ma che permette di raggiungere una determinata posizione
sociale: la società dell’autoinganno.
I
bambini, però, ci mostrano spontaneamente una voglia di vivere che noi,
come adulti, abbiamo perso. La prima domanda che dovremmo quindi farci
come educatori, suggerisce Gabriela Obregón Gutierrez, del Colegio
Piccolino Montessori, dovrebbe essere: sto prendendomi cura della
voglia di vivere di questo bambino?
...
Fare
in modo che le persone siano felici è un’idea rivoluzionaria, e non è
certo una novità. Vale però la pena ripeterlo, perché quando una
persona sta bene con se stessa, è in pace col proprio passato e non ha
nulla da difendere o dimostrare per poter esprimere e costruire la
propria identità, allora è giunto il momento in cui può volgersi agli
altri e accompagnarli verso una felicità propria. L’auspicio è che,
assieme agli insegnanti, siano le madri e i padri a tornare a essere
educatori nel senso più profondo, per accompagnare i bambini verso
l’individuazione di ciò che desiderano o non desiderano, perché si
sentano amati e imparino ad amare gli altri. Essi prenderanno così
parte a un processo di apprendimento continuo e di interscambio tra
l’individuo, i genitori, le persone che lo circondano e la comunità.
Una educazione viva.
L'educazione viva
-------------------------------------------- ...
A un anno dal colpo di Stato che ha destituito il presidente Francois
Bozizé, il 24 marzo 2013, la situazione nel Paese è ancora molto
difficile. È difficile avere dati certi, circa un milione di persone
comunque ha cercato rifugio all’estero o in diverse regioni del Paese.
Si tratta di un quinto della popolazione. Negli ultimi mesi, gli
sfollati sono in gran parte musulmani, che temono gli attacchi delle
milizie antibalaka, sempre più violente dopo la deposizione del
presidente Djotodia, spinto al governo dalle milizie Seleka. Negli
ultimi giorni a Bangui sono ripresi gli attacchi, causando quindici
morti solo nel fine settimana. La missione militare francese, Sangaris,
con 1600 uomini e neanche la Misca, la missione militare promossa
dall’Unione africana, composta da seimila uomini, non sono sufficienti
per garantire l’ordine in un Paese due volte più grande dell’Italia,
dove i dipendenti pubblici sono senza stipendio da cinque mesi...
Davide Demichelis: I "tre santi del Centrafrica" da papa Francesco ---------------------------------------------------------------
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)I preti e i boss
di Roberto Saviano
Le
parole pronunciate dal Papa sono parole definitive. Tuonano forti non a
San Pietro dove saranno risultate naturali, persino ovvie. Tuonano
epocali a Locri, Casal di Principe, Natile di Careri, San Luca,
Secondigliano, Gela.
E
in quelle terre dove l'azione mafiosa si è sempre accompagnata ad
atteggiamenti religiosi ostentati in pubblico. Chi non conosce i
rapporti tra cosche e Chiesa potrà credere che sia evidente la
contraddizione tra la parola di Cristo e il potere mafioso. Non è così.
Per i capi delle organizzazioni criminali il loro comportamento è
cristiano e cristiana è l'azione degli affiliati. In nome di Cristo e
della Madonna si svolge la loro vita e la Santa Romana Chiesa è il
riferimento dell'organizzazione.
Per
quanto assurdo possa apparire il boss - come mi è capitato di scrivere
già diverse volte - considera la propria azione paragonabile al
calvario di Cristo, perché assume sulla propria coscienza il dolore e
la colpa del peccato per il benessere degli uomini su cui comanda. Il
"bene" è ottenuto quando le decisioni del boss sono a vantaggio di
tutti gli affiliati del territorio su cui comanda. Il potere è
espressione di un ordine provvidenziale: anche uccidere diventa un atto
giusto e necessario, che Dio perdonerà, se la vittima metteva a rischio
la tranquillità, la pace, la sicurezza della "famiglia".
...
Anche
Giovanni Paolo II aveva pronunciato - il 9 maggio del 1993 ad Agrigento
- un attacco durissimo alla mafia: "convertitevi una volta verrà il
giudizio di Dio". Due mesi dopo i corleonesi misero una bomba a San
Giovanni in Laterano. Ma Francesco I non parla solo a chi spara: ha
abbracciato i parenti delle vittime della mafia, ha abbracciato don
Luigi Ciotti, un sacerdote che non era mai stato accolto da un
pontefice in Vaticano e con Libera è diventato l'emblema di una chiesa
di strada, che si impegna contro il potere criminale. La chiesa di don
Diana, che fu lasciato solo a combattere la sua battaglia. Oggi
Francesco invita a stare a fianco dei don Diana. Le sue parole rompono
l'ambiguità in cui vivono quelle parti di chiesa che da sempre fanno
finta di non vedere, che sono accondiscendenti verso le mafie, e che si
giustificano in nome di una "vicinanza alle anime perdute".
Gli
affiliati non temono l'inferno promesso dal Papa: lo conoscono in vita.
Temono invece una chiesa che diventa prassi antimafiosa. Le parole di
Francesco potranno cambiare qualcosa davvero se la borghesia mafiosa
sarà messa in crisi da questa presa di posizione, se l'opera pastorale
della chiesa davvero inizierà a isolare il danaro criminale, il potere
politico condizionato dai loro voti. Insomma se tutta la chiesa - e non
solo pochi coraggiosi sacerdoti - sarà davvero parte attiva nella lotta
ai capitali criminali. Dopo queste parole o sarà così o non sarà più
Chiesa.
I preti e i boss
-------------------------------------------- 21 Marzo Giornata nazionale della memoria e dell'impegno Veglia di preghiera con Papa Francesco / 1 (testi, foto e video) 21 Marzo Giornata nazionale della memoria e dell'impegno Veglia di preghiera con Papa Francesco
Al suo arrivo lo hanno accolto il fondatore di Libera Don Luigi Ciotti e il parroco padre Paolo. Abbraccio
fra don Luigi Ciotti e papa Francesco appena sceso dall'automobile per
la visita alla parrocchia San Gregorio VII in occasione della veglia di
Libera per le vittime delle mafie. Papa Francesco poi è entrato in chiesa mano nella mano con don Luigi Ciotti. All’interno
del tempio lo hanno salutato il presidente del Senato Pietro Grasso, la
presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi e il sindaco di Roma
Ignazio Marino. Il Santo Padre ha stretto le mani dei famigliari delle vittime, una folla lo aspettava davanti alla chiesa.
video
-------------------------------------------- 21 Marzo Giornata nazionale della memoria e dell'impegno Veglia di preghiera con Papa Francesco
Prima
si sono presi per mano, lui e Papa Francesco. Poi il prete più amato
dall'altra Italia gli ha detto: "Pensavo di trovare un padre e invece
ho trovato anche un fratello". Ci confesserà pochi minuti dopo Luigi
Ciotti: "È stato un momento storico, io al Pontefice gli avevo appena
ricordato che non sempre la Chiesa è stata attenta alla mafia".
Don Ciotti: "Quanti silenzi in passato dalla Chiesa ma da oggi con Francesco cambia tutto" «Emanuele Notarbartolo, Emanuela Sansone, Luciano Nicoletti...», l’elenco comincia dal 1893 e sembra non finire più, ottocentoquarantadue nomi di vittime innocenti delle mafie che genitori e figli, sorelle e fratelli, mogli e mariti, le lacrime in gola, sillabano per una quarantina di minuti nella parrocchia romana di San Gregorio VII, mentre Francesco ascolta a capo chino, gli occhi socchiusi, come raccolto in preghiera. Da tutta Italia, radunati dall’associazione Libera di don Luigi Ciotti, sono arrivati ieri pomeriggio più di novecento familiari a rappresentare i quindicimila cui le mafie hanno ucciso le persone più amate. Finché il Papa, prima di recitare il Padre Nostro indossando e baciando la stola di don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe assassinato vent’anni fa dalla camorra, interviene e va oltre il testo scritto e mormora:
L’appello di papa Francesco ai mafiosi: «Convertitevi, smettete di fare il male» (pdf)
Le parole e i segni contano molto per i mafiosi. Soprattutto certe parole e certi segni.
Per
questo, come hanno sottolineato ieri in molti, le parole di Papa
Francesco e i segni della veglia di preghiera coi familiari delle
vittime innocenti di tutte le mafie, sono di quelli che contano
davvero. Anche per i mafiosi. E che resteranno.
Quel
“convertitevi ve lo chiedo in ginocchio” che ricorda l’appello di Paolo
VI alle Brigate rosse. Quel cambiate vita, c’è ancora tempo per non
finire all’inferno” che evoca il grido di Giovanni Paolo II nella valle
dei templi. Quel rivolgersi “agli uomini e alle donne mafiose”.
Ma
anche quel ringraziare i familiari “per la vostra testimonianza, perché
non vi siete chiusi”. È il riconoscimento del lungo lavoro di Libera e
del suo fondatore don Luigi Ciotti, quel cammino al fianco di tante
persone, per trasformare il dolore in impegno, la memoria in
cambiamento...
Per i mafiosi parole e segni che contano
il testo integrale del discorso del Papa
video
Prima
della benedizione finale nella veglia con i familiari delle vittime di
mafia, don Luigi Ciotti ha consegnato a papa Francesco la stola che era
di don Giuseppe Diana, il prete assassinato dalla camorra a Casal di
Principe, di cui due giorni fa è ricorso il ventesimo anniversario
della morte. Francesco l'ha quindi indossata, impartendo poi la
benedizione finale
video integrale
-------------------------------------------- Che tempo che fa 22 Marzo 2014 Don Luigi Ciotti ospite di Fabio Fazio Fabio Fazio intervista Don Luigi Ciotti, da sempre impegnato nella lotta alla mafia. Il
fondatore e presidente del Gruppo Abele e di Libera, testimonia
l'incontro avvenuto, venerdì sera, nella Chiesa di San Gregorio VII, a
Roma, tra Papa Francesco e 700 familiari di vittime della mafia e la
Giornata della Memoria, svoltasi, a Latina.
video
Guarda anche i nostri precedenti post:
-------------------------------------------- "Il patto dei mafiosi nel nome di Dio" di Barbara Spinelli Così come esistono gli atei devoti, esistono anche i mafiosi devoti. Adorano sopra ogni cosa le processioni, e idolatrico è il loro culto di certe Sante, i riti di iniziazione a Cosa nostra. E
le immaginette votive che l’affiliando brucia nel fuoco dopo averci
versato sopra il proprio sangue: Roberto Saviano l’ha raccontato sabato
su queste colonne. Fuoco, sangue, sacrificio: sono i segni, per
l’eletto, di rinascita battesimale a nuova vita. Contro
quest’idolatria è insorto Papa Francesco, il 21 marzo, con parole
sommesse ma durissime. Come già Giovanni Paolo II nella Valle dei
Templi, il 9 maggio ’93, ha chiamato alla conversione il malavitoso,
prospettandogli l’inferno: «Il denaro insanguinato, il potere
insanguinato: non potrai portarlo all’altra vita». Francesco sa il
rapporto antico, intenso, mimetico, che Cosa nostra ha con la
religione. La sua invocazione non è diversa da quella che la Chiesa,
nell’ultimo decennio, ha rivolto ai terroristi che abusano dell’Islam.
Non pronunciare invano il nome di Dio: è uno dei primi comandamenti del
Decalogo, l’ingiunzione fa ritorno. Ancora
più rivelatori delle parole sono i gesti di Francesco: l’abbraccio
delle vittime di mafia, la mano tesa a Don Ciotti, il fondatore
diLibera vissuto per anni ai margini della Santa Sede e finalmente
chiamato a parlare accanto al Pontefice, venerdì nella chiesa di San
Gregorio VII a Roma. Il Papa ha ascoltato, assorto, rimproveri non
leggeri: Ciotti ha incitato la Chiesa a non collaborare mai più con la
mafia, a fare autocritica. Ha ricordato che, in passato, essa non ha
curato un male di così enormi risvolti umani e sociali. Ha citato i
momenti di luce (in particolare Don Pino Puglisi, Don Peppe Diana, Don
Cesare Boschin, ammazzati nel ’93, ’94, ’95) e al tempo stesso i
«silenzi, le sottovalutazioni, gli eccessi di prudenza, le parole di
circostanza». Ha
anche nominato espressamente la Procura di Palermo, impegnata in uno
dei più cruciali processiitaliani — quello sui patti fra Stato e mafia
— esigendo a voce alta che i «magistrati onesti non siano lasciati
soli». Ha fatto il nome del più minacciato fra di loro: Nino Di Matteo,
condannato a morte da Totò Riina e tuttavia nome incandescente, che i
rappresentanti dello Stato si guardano dal menzionare. È un
j’accusepesante, quello di Luigi Ciotti. E l’ha lanciato nel cuore
della Chiesa, sicuro d’avere a fianco la sua massima autorità. Forse è
la più grande novità di questi giorni. L’Altra Chiesa, quella di Don
Gallo e Don Puglisi, da periferia che era diventa centro. ... Forse
lo scatto invocato da Ciotti (la «pedata di Dio») deve avvenire anche
nella curia, e fin dentro le parrocchie. Altrimenti l’anatema profetico
che viene dall’alto sarà, come dice Caselli: «acqua che scivola sul
marmo».
Il patto dei mafiosi nel nome di Dio Guarda anche i nostri precedenti post:
-------------------------------------------- Rassegna stampa quotidiani stranieri e nazionali - Gallerie fotografiche
LIBERA: VEGLIA CON PAPA FRANCESCO PER LE VITTIME INNOCENTI DELLE MAFIE Il
22 marzo a Latina si è svolta la XIX giornata della memoria e
dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Oltre
centomila persone si sono strette in un lungo e forte abbraccio ai
familiari delle vittime.
LIBERA: XIX Giornata della memoria e dell'impegno - 22 marzo 2014 Latina (video) Oltre centomila persone sono
scese in piazza a Latina per la Giornata della Memoria contro la
criminalità organizzata. «Le sveglie delle nostre coscienze», ha detto
il presidente di "Libera" don Luigi Ciotti, «sono coloro che sono
caduti per la legalità e per la giustizia. Siamo qui per cercare la
verità»
Antonio Sanfrancesco: «LE VITTIME DI MAFIA SVEGLINO LA NOSTRA COSCIENZA» --------------------------------------------------------------- «C’è
stato un grande ritardo della ricerca storica su don Diana», spiega
Tanzarella ad Adista. «Abbiamo assistito a tentativi di rimozione e
addirittura ad una strategia della calunnia che ha gettato sospetti (v.
Adista Notizie n. 7/13, ndr). Si trattò di un omicidio di camorra, il
dato è ormai acquisito anche a livello processuale (esecutori materiali
e mandante, Nunzio De Falco, sono stati condannati dai giudici, ndr).
Tuttavia molti anni di silenzio su quei fatti hanno lasciato spazio a
invenzioni oppure ad un’agiografia celebrativa e ai rituali
dell’anticamorra che hanno promosso un eroismo di plastica».Chi era don Diana?
Luca Kocci: Don Peppino Diana Il parroco che, per amore del suo popolo, non tacque ---------------------------------------------------------------
NELLA SOBRIETÀ IL FUTURO DELLA TERRA
HOREB n. 66 - 3/2013TRACCE
DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI
I
tifoni sempre più violenti che si ripetono in modo più frequente in
varie parti di questo nostro mondo, provocando morte e distruzione di
intere città ci lasciano sbigottiti e ci fanno dire che il clima è
impazzito.
Sì il clima è impazzito, ma la responsabilità di questo stravolgimento è legata al delirio dell’uomo che, dimenticando la sua vocazione di essere custode del creato, pensa di esserne il padrone e, coltivando un atteggiamento feroce nei riguardi del pianeta terra, provoca, con le proprie scelte consumistiche, inquinamento, desertificazione e morte. Scienziati accreditati ci ricordano che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è al limite di guardia. Le emissioni di gas serra continuano a crescere del 2-3% l’anno a causa della deforestazione e dei combustibili fossili: petrolio, carbone e metano. Ci attende una tragedia con conseguenze devastanti: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, tempeste. L’inquinamento dell’acqua, dell’aria, della terra, quindi, è la conseguenza di un rapporto scorretto tra l’uomo e l’ambiente, un rapporto innaturale tra natura ed esistenza, un rapporto violento tra creature volute e pensate da Dio per vivere in pace. La natura è oggi, in più maniere, violentata. Il fenomeno è preoccupante per la sua ampiezza a scala mondiale, per la vastità a vari livelli, e perché è avanzante con l’avanzare della logica del profitto. L’uomo di oggi, allora, consapevole di questo dato di fatto, è chiamato a svegliarsi dal torpore, e, rinunciando a un tenore di vita che si è dimostrato essere incompatibile con le leggi dell’equilibrio uomo-natura, è invitato a scegliere uno stile di vita sobrio. Questa presa di coscienza non è più rimandabile né da delegare ad altri, ma si impone come atto di responsabilità per rendere vivibile il nostro pianeta e per avviare, sul piano strutturale, la costruzione di un sistema che crei le condizioni per una piena umanizzazione di tutte le relazioni. È questo l’orizzonte che anima la nostra riflessione.
Editoriale (pdf)
Sommario (pdf) E' possibile richiedere
copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it
I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2014 -
"L’UMANITÀ DI GESÙ PRESENZA RELAZIONALE DI DIO" I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA – 2014 della FRATERNITÀ CARMELITANA
DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO
L’UMANITÀ DI GESÙ
PRESENZA RELAZIONALE DI DIO Dal 5 Febbraio al 2 Aprile dalle h. 20.00 alle h. 21.00 presso la sala del convento --------------------------------------- SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"Dio ci giudica... Senza la misericordia... Gesù non si ferma mai... Ogni incontro con Gesù... Ci presentano la Santissima Vergine... Il sì di Maria... La legge consiste... Beati quelli che sanno ascoltare... Il primo servizio... Il perdono che ci dà il Signore... Chi sperimenta... --------------------------------------------------------------- Adriano Celentano: La samaritana (video) --------------------------------------------------------------- Il 24 marzo ricorre l’anniversario dell’uccisione di monsignor Oscar Romero.
Fu ucciso nel 1980 mentre celebrava Messa in una piccola cappella Nel Salvador la data è stata dichiarata “giornata della memoria” del grande vescovo latino-americano Per la Chiesa dal 1992 questa data è dedicata alla preghiera e al digiuno in memoria dei missionari martiri. Se uno vive... Non vi è disgrazia... La religione non consiste... --------------------------------------------------------------- (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)MARTYRIA
XXII giornata di preghiera e di digiuno
in memoria dei Missionari Martiri
Il
24 marzo, in ricordo dell’uccisione di Monsignor Oscar Romero in El
Salvador, si celebra la giornata di preghiera e di digiuno in memoria
dei Missionari Martiri. Si tratta di una ricorrenza in cui il Santo
Padre invita tutta la Chiesa in Italia, a fare memoria dei tanti
missionari religiosi e laici che hanno donato la loro vita per portare
il Vangelo in diverse parti del mondo... Giornata missionari martiri Tutto il materiale per l’animazione della giornata è disponibile nel nostro sito www.missioitalia.it area download Per
il 2014 il tema Giornata dei Missionari Martiri è MARTYRIA, ovvero il
richiamo alla dimensione essenziale dell’esperienza di fede: la
testimonianza al Vangelo di tanti fratelli e sorelle che hanno dato la
loro vita per il suo annuncio nel mondo... Giornata dei Missionari Martiri Per il materiale di animazione clicca qui --------------------------------------- Servo di Dio Oscar Arnulfo Romero
Vescovo e martire
15 agosto 1917 - 24 marzo 1980
Vescovo di San Salvador, capitale del Salvador, è stato ucciso il 24 marzo 1980 mentre celebrava la messa. Ha difeso i poveri, gli oppressi, denunciando in chiesa e con la radio emittente della diocesi le violenze subite dalla popolazione. Pochi giorni prima di morire aveva invitato i soldati e le guardie nazionali a disubbidire all’ordine ingiusto di uccidere. La sua figura di “borghese” convertito in schierato per gli oppressi fa appello a ciascuno di noi per invitarci a non stare “al di sopra delle parti” ma a prendere le parti di chi non ha nessuno dalla sua parte. (fonte Santi e Beati) ***** P.
Alberto Neglia della Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto ha citato
mons. Romero durante l'omelia del 23/3/2014 segue il video con lo
stralcio del suo ricordo.
video
Per approfondire la figura di mons. Romero riproponiamo alcuni dei nostri post precedenti:
--------------------------------------- Ricordando il Servo di Dio e fu arcivescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 sull'altare mentre celebrava l'Eucaristia
ZENIT: Mons. Oscar Arnulfo Romero, un predicatore "martire" (prima parte) ZENIT: Mons. Oscar Arnulfo Romero, un predicatore "martire" (seconda parte) --------------------------------------------------------------- SEGNALATO IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE (video) --------------------------------------------------------------- (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)Un grembo per l’impossibile Annunciazione del Signore
di don Antonio Savone Is 7,10-14; 8,10 Sal 39 Eb 10,4-10 Lc 1,26-38 Celebrazione della speranza quella odierna.
Torna
ogni anno questa festa a ricordarci che quando Dio ha a che fare con
l’uomo non elabora teorie né consegna dottrine ma suscita eventi che
interpellano la libertà degli interlocutori e coinvolge persone che
siano segno del suo impenitente desiderio di ristabilire alleanza con
l’umanità. Dio vuole legarsi all’uomo tanto da offrire un segno che
pure non è richiesto: un bambino. È lui a prendere l’iniziativa anche
se Acaz di turno dietro una mancanza di fede preferirà non legarsi a
Dio, perseguendo la propria strada. Acaz sa che chiedere a Dio un segno
significherebbe compromettersi.
E
per tutta risposta Dio perde la pazienza: non vi basta di stancare la
pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del
mio Dio? E quando perde la pazienza Dio ritesse legami.Ecco il vangelo:
anche di fronte all’ostinata incredulità dell’uomo Dio non cessa di
suscitare vita. Dio non abbandona l’umanità all’esperienza della
tenebra. Ad una umanità indebolita dal peccato e smarrita dal dubbio,
Dio invia Gabriele, fortezza di Dio. Dà speranza sapere che anche le
nostre fragilità stanno a cuore a Dio e sono costantemente sorrette
dalla sua forza.
E
oggi celebriamo appunto un evento: Dio sceglie di venire ad abitare in
un cuore e in una casa, il cuore e la casa di Maria. Ma Maria non abita
una terra ortodossa, abita, piuttosto una terra di confine qual era la
Galilea. A Dio sta a cuore ogni nostra marginalità se è vero che i
passi della salvezza hanno inizio in Galilea e termineranno in Galilea,
là dove il Risorto darà appuntamento ai discepoli.
...
Scopriamo
così che si è credenti solo se accettiamo di tentare le cose
impossibili. Non c’è altra strada se vogliamo che il Cristo entri
ancora nella nostra storia personale e sociale come segno di una
presenza divina che altrimenti rischia di rimanerci nascosta.
Maria
non sa ancora come accadrà quello che l’angelo le ha annunciato;
nondimeno, però, pur senza sapere come è possibile, sa che è possibile.
Per questo si farà discepola della vita che diventerà per lei il luogo
e il tramite mediante il quale il Signore le offrirà indicazioni. Prima
ancora che il suo corpo è la sua obbedienza ad offrire un grembo a ciò
che il Signore vorrà compiere in lei e attraverso di lei.
Un grembo per l’impossibile – Annunciazione del Signore
--------------------------------------- La maternità della vergine Maria,
dicevano gli antichi, sta nell'orecchio prima che nel ventre.
Proponiamo il famoso brano evangelico dell’Annunciazione nella lettura
del biblista gesuita Silvano Fausti, che si sforza di riscattarlo dallo
scontato per farne emergere il significato profondo e attuale. «La
sterilità, la non fecondità rappresenta il dramma dell’uomo che non ha
futuro. Maria ha già capito: il futuro non riesco a farmelo io, il mio
futuro è l’altro e l’altro non posso farlo, posso solo accoglierlo».
La vera maternità è ascoltare. È
ascoltando che concepisci l’altro, ti entra e poi vivi di lui. È la
vera concezione l’ascolto. La maternità della vergine Maria, dicevano
gli antichi, sta nell'orecchio prima che nel ventre.
Siamo abituati a considerare Maria
come un caso strano, unico. Di lei si dice che è “Madre della Chiesa”:
perché i figli hanno in comune con la madre il fatto di essere uguali
alla madre, altrimenti non sono figli. Quindi, ciò che si dice di Maria
è ciò che capita a ciascuno di noi.
Il brano evangelico
dell’Annunciazione è molto noto, e in qualche modo bisogna riscattarlo
dallo scontato, in modo da avere occhi e orecchi e cuore nuovo per
lasciarsi sorprendere dal suo significato profondo e attuale. Il
racconto di Maria ci dice anche come ci si accosta alla Parola:
l’autore lo pone all'inizio del Vangelo per dire come la Parola si
realizza in ognuno.
La vera maternità è nell’ascolto che accoglie l’altro di Silvano Fausti Il testo è una sintesi redazionale della lectio divina tenuta nella Chiesa di San Fedele in Milano. audio originale --------------------------------------- Guida alla lettura dell'icona
Egidio Palumbo: Icona dell'Annunciazione del Signore --------------------------------------------------------------- LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO "Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e peccatori"
(Matteo 11,19) Gianfranco Ravasi: Un mangione e un beone, amico dei peccatori --------------------------------------------------------------- (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)RUBRICA
Un cuore che ascolta - lev shomea' "Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9) Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino Vangelo: Gv 4,5-42 Nel
Vangelo di questa domenica Gesù sembra indossare le vesti del moralista
processando la vita della malcapitata samaritana. Questa è la prima ed
unica volta che nei Vangeli, Gesù investiga sulla vita privata di una
persona. Ma è una lezione di morale quella che l'evangelista vuole
trasmetterci?
Crediamo
di no. Il dialogo tra Gesù e la samaritana non si svolge a livello
etico ma teologico, nell'episodio non si sta processando una donna
inquieta, e quello che Gesù le dice non riguarda la sua vita privata ma
il suo rapporto con Dio. Il brano va interpretato alla luce del libro
del profeta Osea, samaritano anch'egli che, a partire dalla sua
disastrosa situazione matrimoniale, per primo usò l'immagine nuziale
per indicare la relazione tra Dio e il suo popolo (Os 2,2ss). Gesù, che l'evangelista ha già presentato come lo Sposo (Gv 3,29),
si mette, come il profeta, alla ricerca della donna adultera per
ricondurla a Dio offrendole se stesso, fonte d'acqua viva, la sola che
spegnerà definitivamente la sua sete d'amore.
In Gesù è Dio che si offre a lei, l'adultera, donandole la sua stessa capacità d'amare.
...--------------------------------------- Riflessione di Enzo Bianchi
sul Vangelo della domenica Gv 4,5-42
Dopo
averci presentato le tentazioni di Gesù e la sua trasfigurazione,
nell’annata liturgica A la chiesa propone, attraverso brani del quarto
vangelo, un percorso che ci aiuta ad approfondire le valenze del
battesimo. Oggi meditiamo sull’incontro tra Gesù e la donna samaritana.
Dalla
Giudea Gesù deve ritornare in Galilea, e potrebbe farlo risalendo la
valle del Giordano. La strada era più piana, più sicura e permetteva di
non dover attraversare la Samaria, regione montuosa ma soprattutto
terra ostile ai giudei. Invece – precisa il testo – Gesù “doveva”
passare in Samaria, particolare che esprime una “necessità divina”: in
obbedienza a Dio, proprio perché la sua missione non è ristretta solo
ai giudei, Gesù attraversa quella terra.
E
così incontra dei nemici: i samaritani erano sì ebrei, ma da alcuni
secoli si erano separati dagli altri, dai giudei, fino a rinnegare il
tempio di Gerusalemme e a costruirne uno nuovo sul monte Garizim… Da
allora regnava inimicizia tra giudei e samaritani, ritenuti impuri e
idolatri, al punto che quando alcuni giudei vorranno rivolgere a Gesù
l’insulto più infamante gli diranno: “Sei un samaritano, un
indemoniato!” (Gv 8,48). Eppure Gesù accetta di incontrare anche questi
nemici religiosi, si fa samaritano tra i samaritani.
Nell’ora
più calda del giorno giunge in Samaria, “affaticato per il viaggio”, e
va a sedersi vicino al pozzo di Sicar, il pozzo di Giacobbe (cf. Gen
33,18-20). È stanco e assetato ma non ha alcun mezzo per attingere
acqua. Sopraggiunge anche una donna che, a causa del suo comportamento
immorale pubblicamente riconosciuto, è costretta a uscire per strada a
quell’ora, per non incontrare sguardi di disprezzo.
Mentre
la donna maneggia la corda e l’anfora, Gesù le chiede: “Dammi da bere”.
Al sentire quelle parole nella lingua dei giudei essa si meraviglia:
qualcuno che è nella sua stessa condizione di assetato le chiede da
bere, le chiede ospitalità, ma è un nemico, uno che dovrebbe sentirsi
superiore a lei. Una donna, una samaritana, un’immorale poteva
aspettarsi da un giudeo solo disprezzo; egli invece le chiede qualcosa,
si fa mendicante presso di lei. Ecco la vera autorità vissuta da Gesù:
la sua capacità – come indica il termine latino auctoritas, da augere–
di aumentare l’altro, di farlo crescere, di renderlo soggetto.
La
donna, stupita, domanda a Gesù: “Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da
bere a me che sono una donna e per di più samaritana?”. Quale
abbassamento! È questo ciò che la colpisce… Allora Gesù, incurante di
abbattere questa ennesima barriera sociale e religiosa, inizia a
svelare se stesso: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che
ti dice: ‘Dammi da bere!’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe
dato acqua viva!”.
La
donna ha sete, Gesù ha sete: ma, in realtà, chi dà da bere all’altro?
C’è una sete di acqua di Gesù e della donna, resa più impellente dal
caldo, ma c’è pure un’altra sete che a poco a poco emerge tra le righe…
Nella Bibbia il pozzo, fonte di acqua per la vita degli umani, è anche
simbolo della sorgente della vita spirituale dei credenti. Per questo,
secondo la tradizione ebraica, il pozzo con la sua acqua profonda,
fresca, dissetante, rappresenta la Parola di Dio contenuta nelle sante
Scritture, in particolare la Torah donata da Dio attraverso Mosè.
Gesù
sa – e glielo dice apertamente – che questa donna, figura della Samaria
adultera (cf. Os 2,7), ha cercato di placare la sua sete attraverso vie
sbagliate: ha avuto diversi uomini, ha bevuto ogni sorta di acqua… E
così le svela la sua condizione, ma senza rimproverarla o condannarla,
bensì invitandola ad aderire alla realtà e, di conseguenza, a fare
ritorno al Dio vivente.
...
“La
fede nasce dall’ascolto” (Rm 10,17), dirà l’Apostolo: dall’ascolto di
Gesù è nata la fede della samaritana, dall’ascolto della samaritana è
nata la fede della sua gente. E dalla fede procede la conoscenza, dalla
conoscenza l’amore: questo è l’evento cristiano, mirabilmente narrato
nell’incontro di due persone assetate!
III domenica di Quaresima --------------------------------------- Morire per mancanza di apprezzamento
Giovedì III settimana di Quaresima
di don Antonio Savone
Ger 7,23-28
Sal 94 Lc 11,14-23 Aveva
ridato la parola a un muto mentre operava con il dito di Dio. Di solito
i demoni strepitano, in questo caso, invece, si tratta di un demonio
muto che rende muti. Non sempre il male si esprime con una parola
maldestra o offensiva. Talvolta assume anche il volto di un silenzio
apparentemente inoffensivo ma terribilmente distruttivo. È un male una
verità non ricordata, è un male una difesa omessa o rinviata, è un male
un grazie non offerto, un incoraggiamento negato. A volte crediamo che
sia meglio tacere per rispetto e per carità fraterna. Forse, non poche
volte, dietro un certo silenzio c’è un infantilismo (in/fanti perché
non sappiamo parlare) che avvilisce.
Venne
fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto. Il prologo del vangelo
di Gv racchiude in questa brevissima espressione il mistero del rifiuto
del Cristo di Dio. Accostiamo la parola del Vangelo con l’atteggiamento
di chi si chiede se per caso le cose non si ripetano nella nostra
esistenza.
...
La vita di ognuno di noi è divisa in se stessa quando a guidarci è lo spirito di superbia, di ribellione e di sufficienza di sé.
C’è
una macchinazione del nemico – ci ricorda oggi la Parola di Dio – che
ha come suo primo passo quello di rendere l’uomo sordo alla Parola di
Dio, ma il vero intento è quello di rendere l’umanità muta davanti a
Dio. Per questo Geremia, in maniera accorata, si fa portavoce del
desiderio di Dio per noi: “Ascoltate la mia voce… camminate sempre
sulla strada che vi prescriverò…”. L’ascolto si fa cammino.
È
vero ciò che scriveva A. J. Heschel: «L’umanità non perirà per mancanza
di informazione, ma per mancanza di apprezzamento. L’inizio della
nostra felicità sta nel comprendere che una vita senza meraviglia non
vale la pena di essere vissuta. Quello che ci manca non è la volontà di
credere, ma la volontà di meravigliarci». Può accadere – e accade – di
trovarsi di fronte al bene e non solo non riconoscerlo ma addirittura
negarlo. Non è forse un bene che un uomo bloccato nella parola inizi a
parlare? Eppure, per qualcuno non è così. C’è una invincibile
indisponibilità a vedere perché c’è una invincibile indisponibilità ad
ascoltare finendo per concludere che la vita coincida con quello che
vedo io e con quello che sento io. È più facile rendersi complici del
male che diventare facilitatori di bene.
Non
poche volte si è convinti di stare dalla parte di Dio perché ci si fa
sostenitori di determinate battaglie. Gesù, però, ci restituisce qual è
il criterio del nostro essere dalla parte di Dio: quando si è dalla
parte dell’uomo, soprattutto quando questi ha bisogno di essere
restituito alla pienezza della vita. Quante discussioni infinite
finiscono per bloccare l’anelito alla vita di tante persone! È più
facile discettare sterilmente che aprirsi a una solidarietà feconda.
Morire per mancanza di apprezzamento
--------------------------------------- «Wojtyla, uomo di Dio
con il coraggio della Verità»
Pubblichiamo un ampio estratto dell’intervista di Wlodzimierz Redzioch a Benedetto XVI contenuta nel libro «Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici & i collaboratori raccontano», appena pubblicato dalle edizioni Ares.
Santità,
i nomi di Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger sono legati, a vario titolo,
al Concilio Vaticano II. Vi siete conosciuti già durante il
Concilio?
Il
primo incontro consapevole tra me e il cardinal Wojtyla avvenne
solamente nel Conclave in cui venne eletto Giovanni Paolo I. Durante il
Concilio, avevamo collaborato entrambi alla «Costituzione sulla Chiesa
nel mondo contemporaneo», e tuttavia in sezioni diverse, cosicché non
ci eravamo incontrati. Nel settembre del 1978, in occasione della
visita dei vescovi polacchi in Germania, ero in Ecuador come
rappresentante personale di Giovanni Paolo I. La Chiesa di Monaco e
Frisinga è legata alla Chiesa ecuadoriana da un gemellaggio realizzato
dall’arcivescovo Echevarría Ruiz (Guayaquil) e dal cardinal Döpfner. E
così, con mio enorme dispiacere, perdetti l’occasione di conoscere
personalmente l’arcivescovo di Cracovia. Naturalmente avevo sentito
parlare della sua opera di filosofo e di pastore, e da tempo desideravo
conoscerlo. Wojtyla, dal canto suo, aveva letto la mia Introduzione al
Cristianesimo, che aveva anche citato agli esercizi spirituali da lui
predicati per Paolo VI e la Curia nella Quaresima del 1976. Perciò è
come se interiormente attendessimo entrambi di incontrarci. Ho provato
sin dall’inizio una grande venerazione e una cordiale simpatia per il
metropolita di Cracovia. Nel pre-Conclave del 1978 egli analizzò per
noi in modo stupefacente la natura del marxismo. Ma soprattutto
percepii subito con forza il fascino umano che egli emanava e, da come
pregava, avvertii quanto fosse profondamente unito a Dio.
...
«Wojtyla, uomo di Dio con il coraggio della Verità»
la scheda del libro "Accanto a Giovanni Paolo II - Gli amici & i collaboratori raccontano"
--------------------------------------- Sarà
il vescovo di Campobasso-Bojano a scrivere, su incarico di papa
Francesco, i testi delle meditazioni sulle XIV stazioni della Via
Crucis che si terrà al Colosseo il prossimo 18 aprile, Venerdì Santo
sul tema “Volto di Cristo, volto dell’uomo”.
Mons.
Giancarlo Bregantini, religioso stimmatino (la congregazione fondata da
san Gaspare Bertone), 66 anni, originario della valle di Non in
Trentino, è attualmente presidente della Commissione episcopale per i
problemi sociali e lavoro, giustizia e pace (dopo un mandato precedente
dal 2000 al 2005).
Prima
della sede in Molise era stato vescovo di Locri-Gerace dal 1994 al 2007
e lì in terra di Calabria si era fatto conoscere principalmente per il
suo impegno contro la mafia e l’andrangheta....
Bregantini: la via Crucis 2014 con lo sguardo alla crisi Sessantatré
anni, nativo del Trentino, un passato in gioventù da operaio, per 13
anni vescovo di Locri in Calabria terra ad alta densità di criminalità
organizzata, fece scalpore il suo libro di orazioni “La preghiera sfida
la mafia”. Nominato da Benedetto XVI nel 2007 alla guida della diocesi
di Campobasso-Boiano, presidente della Commissione Cei per i problemi
sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Mons. Bregantini, come ha
accolto la notizia e quale è stato il suo primo pensiero di fronte a
questa occasione: responsabilità, chiamata del Signore?
Via Crucis, le meditazioni di mons. Bregantini: "Nel volto dell'uomo che soffre c'è il profilo di Gesù" --------------------------------------- "24 ore per il Signore", un'intera giornata dedicata al sacramento della riconciliazione. Venerdì 28 marzo. Sarà Papa Francesco ad aprire l'iniziativa quaresimale del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, il cui presidente monsignor Rino Fisichella, ha spiegato che la giornata vuole "consentire a quanti lo desiderano di accostarsi al sacramento della penitenza, meglio se in un contesto di adorazione eucaristica". Alla giornata hanno aderito anche le diocesi. Francesco
presiederà, alle 17, nella basilica di San Pietro una celebrazione
penitenziale, durante la quale confesserà alcuni fedeli. In serata, a
partire dalle 20, in tre chiese del centro storico di Roma -
Sant'Agnese in Agone, Santa Maria in Trastevere e Santissime Stimmate -
saranno disponibili confessori per la celebrazione individuale del
sacramento della penitenza, nel contesto dell'adorazione eucaristica,
che si protrarrà fino a notte inoltrata.
...
*****
Sarà
un giorno per ritrovare «la verità su stessi» e la luce della
misericordia nelle tante notti che circondano l’uomo. Così
l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per
la promozione della nuova evangelizzazione, presenta24 ore per il
Signore, l’iniziativa, promossa dallo stesso dicastero, in programma i
prossimi 28 e 29 marzo a Roma. Un evento che verrà vissuto in
concomitanza in numerose diocesi del mondo...
«Ventiquattr’ore per il Signore» Sono
moltissime le diocesi che hanno a loro volta promosso una "24 ore per
il Signore", ciascuna con proprie modalità. Diamo di seguito i
programmi di cui abbiamo ricevuto notizia.
"24 ore per il Signore", la mappa delle diocesi ---------------------------------------
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)OREUNDICI
IL QUADERNO DI MARZO 2014
LE COMUNITÀ
L'EDITORIALE
di Mario De Maio
Sin
da bambini abbiamo imparato a recitare la preghiera del Padre
nostroinsegnata da Gesù ai suoi discepoli. Ne abbiamo parlato durante
il convegno di gennaio “Padre nostro che sei in terra”. Come fare
scendere Dio dal cielo e incontrarlo nella nostra quotidianità?
L’orizzonte che ci avvolge, soprattutto in questo momento storico ed
economico, è fatto di tanta sofferenza, di tanta ingiustizia e talvolta
anche di disperazione. Come può occuparsi Dio del nostro pane, del
nostro male, della nostra incapacità di perdonare e delle numerose
tentazioni a prevaricare sul bene dei nostri fratelli?
...
Tutti
noi abbiamo nel nostro cuore una piccola fiammella che è la nostra
fede. Spesso però ci dimentichiamo di lei o pensiamo non ci sia, perché
crediamo che fede sia soltanto pensare o ammettere l’esistenza di Dio.
Ma fede, come il termine stesso esprime, è fiducia e abbandono
fiducioso al Bene che esiste, ci avvolge, ci accompagna e sostiene,
qualunque sia il nostro credo o il nostro comportamento religioso.
Questa fede ogni giorno va alimentata. Come ci occupiamo di nutrire il
nostro corpo, di arricchire la nostra mente, così dovremmo riservare
parte del nostro tempo per fare crescere e rinvigorire questa piccola
fiammella, fino a farla diventare un grande fuoco che riscalda e
illumina la nostra vita e quella dei nostri fratelli.
L'EDITORIALE di Mario De Maio LA MIA COMUNITÀ SONO I POVERI
da Charles de Foucauld a papa Francesco
di Arturo Paoli
Avendo
oltrepassato di parecchi mesi la soglia del secolo, è normale che mi si
facciano delle domande sul passato, anche se ormai questa soglia non è
così insolita come un tempo. La crisi attuale è scesa particolarmente
sulla comunità. La tecnica tende al modello fai da te che per me è una
formula di vita assolutamente negativa. Dalla mia giovinezza lontana,
potrei affermare che diversi tipi di comunità mi sono venute incontro e
le ho accolte con vero entusiasmo. Evidentemente il vivere in comunità
e assumere le finalità della stessa, può produrre anche degli
inconvenienti; ma esiste una esistenza senza aspetti difficili e
avve-nimenti che possono dispiacere? A questo riguardo mi si chiede di
parlare di un avvenimento personale che è la fraternità di Charles de
Foucauld. Mi è venuta incontro in un momento in cui il mio impegno
nella chiesa di Roma scadeva per diversi motivi di cui ho parlato e
scritto abbastanza. Mi si apriva davanti come un’offerta possibile la
strana figura di Charles de Foucauld, prima ateo in cerca di godere la
vita in maniera materialistica e poi improvvisamente divenuto
religioso. La sua ricerca di vivere in comunità con gli appartenenti
alla religione musulmana, come religioso cattolico, costituisce una
stranezza. La sua è una scelta nuova perché non è il missionario che va
a convertire, ma è l’amico che condivide la loro vita e muore nella
loro terra ucciso per un equivoco. Proprio mentre scrivo mi è giunta
una rivista con la foto del papa Francesco circondato da persone
appartenenti alla religione ebraica: sono a tavola partecipando a un
pranzo e parlando familiarmente da buoni amici. Penso che il seme
gettato in terra da Carlo de Foucauld, che ha vissuto fino alla morte
con i musulmani, abbia portato frutto...
LA MIA COMUNITÀ SONO I POVERI da Charles de Foucauld a papa Francesco La speranza viene dal legame,
dalla relazione con gli altri, dall'attenzione che si presta a coloro che ci circondano Abbé Pierre --------------------------------------- Con i giovani nei Luoghi Santi
La terra, l’ascolto e il tocco di Dio
di Alessandro D'Avenia
«O
Amor, divino Amore, perché m’hai assediato? / Da cinque parti vedo che
tu m’hai assediato: / audito, viso, gusto, tatto e odorato». Così il
mistico Iacopone da Todi si lamenta con un Dio opprimente. Assedia i
suoi cinque sensi, che percepiscono in ogni luogo e momento il Dio
geloso dell’Antico Testamento e lo Sposo del Nuovo. Se questo è
spiritualmente vero ovunque, diventa materialmente vero in Terra Santa,
che ho visitato per una settimana con un gruppo di studenti del mio
liceo. Il viaggio delle Quinte della mia scuola si svolge ogni anno lì
ed è un assedio dei sensi da parte di Dio, tanto che anche i ragazzi
più lontani e distratti si sentono "oppressi". Uno di loro mi
confidava: «Se le persone qui si comportano così ci deve essere
qualcosa di non umano dietro». E un altro: «Mi rendo conto di quanto
poco io conosca il Vangelo, mi è venuta voglia di leggerlo».
Un senso si è aggiunto alla mia fede: quello del tatto. Quando sono arrivato sul lago di Tiberiade e la natura, pur essendo febbraio, era già in fiore, i colori tenui e la luce impazzava, ho esclamato "io qui ci sono già stato", avevo consuetudine con colori, volti, pietre, piante, luce, acqua, cantilene, parabole, parole, del Vangelo letto e riletto. Tutto era incarnato e quindi carnale. Le mie dita, sedotte, volevano toccare. ...
Toccando
ho capito che non ero io che toccavo, ma ero io che venivo toccato e
sedotto. Il tocco di un Dio che ti assedia, un tocco a volte dolce, a
volte ruvido, un «carico leggero», come le mani degli amanti.
Adesso quando ascolto una pagina del Vangelo mi pare di toccarla come accade nel bellissimo e recente libro che mi fa compagnia in questi giorni Sorpresi dall’amore di Andrea Mardegan (Paoline), capace di far vivere le pagine del Vangelo rendendole permeabili al quotidiano di ciascuno, in uno scambio che va da lì a qui e viceversa. Solo così la terra che calpestiamo tutti i giorni in qualunque luogo del mondo diventa santa, perché è la terra del Vangelo, la terra di un Dio che assedia i nostri sensi addormentati, fino a sedurci.
La terra, l’ascolto e il tocco di Dio
-------------------------------------------- SEGNALATO IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"In data 25 marzo, il Santo Padre ha nominato segretario generale della
Conferenza Episcopale Italiana ad quinquennium mons. Nunzio Galantino,
vescovo di Cassano all’Jonio.
--------------------------------------------------------------- Il Papa toglie l'«interim» al numero due di Bagnasco e gli dà pieni poteri
Andrea Tornielli: Cei, Galantino confermato per cinque anni --------------------------------------------------------------- Se, con l’avvento di papa
Francesco, il cambiamento di clima ecclesiale appare a tutti
innegabile, il livello delle aspettative legate a una rifondazione
della Chiesa varia invece notevolmente
Claudia Fanti: La musica è cambiata. E le parole? Un dibattito sulla riforma della Chiesa Da quando Francesco è stato
scelto come vescovo di Roma, è tornato a riaffacciarsi il tema della
Teologia della Liberazione, in relazione al Vaticano e alle posizioni
del papa. Nel settembre del 2013, il papa ha ricevuto Gustavo Gutiérrez
e in Italia è uscito il libro scritto da quest’ultimo insieme al card.
Müller, attuale presidente della Congregazione per la Dottrina della
Fede.
Marcelo Barros: Il Papa e la Teologia della Liberazione Molti
sono (siamo) sorpresi per le cose che dice e che fa papa Francesco, in
linea con il Vangelo. Ci pare che sia una cosa assai buona, ma
riteniamo che la Chiesa abbia bisogno di qualcosa di più di un papa
(per quanto un papa come Francesco sia necessario).
Molti siamo convinti che il Concilio Vaticano II (1962-1965) sia stato un dono per la Chiesa e che la sua visione generale e i suoi documenti debbano essere attualizzati e portati a compimento. Pensiamo, però, che non basti più un Concilio, perché forse l’era dei Concilii episcopali della Chiesa, iniziata nel palazzo imperiale di Nicea, è giunta al suo termine. Abbiamo bisogno di qualcosa di più, più di un papa, più di un Concilio… Xavier Pikaza: Più di un papa, più di un Concilio --------------------------------------------------------------- Un lettore chiede ad Avvenire
che i preti predichino anche nelle Messe feriali: un tema “risolto” dal
Papa nell’”Evangelii Gaudium” e con l’esempio a Santa Marta.
... Adesso però il tempo è maturo, "molti sono i reclami in relazione a quest'importante ministero e non possiamo più chiudere le orecchie". A scrivere così è lo stesso Papa Francesco che ha voluto dedicare un intero capitolo - quindici paginette - della sua prima esortazione apostolica alla valorizzazione dell'omelia, dal momento che "i fedeli, come gli stessi ministri ordinati, molte volte soffrono, gli uni ad ascoltare gli altri a predicare"... Diego Andreatta: Un'omelia al giorno ---------------------------------------------------------------
Angelus/Regina Cæli - Angelus, 23 marzo 2014 Udienza - 26 marzo 2014 Omelia - 28 marzo 2014: Celebrazione penitenziale Discorso - Ai membri dell'Associazione "Corallo" (22 marzo 2014) Discorso - Ai Presuli della Conferenza Episcopale della Guinea, in Visita "ad Limina Apostolorum" (24 marzo 2014) Discorso - Ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute) (24 marzo 2014) Discorso - Ai partecipanti al Corso promosso dalla Penitenzieria Apostolica (28 marzo 2014) MESSAGGIO - PER LA QUARESIMA 2014 --------------------------------------------------------------- SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"Tweet 22/03/2014:
Gesù è la nostra speranza...
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SPECIALE di TEMPO PERSO: Benedetto XVI rinuncia al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro |
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1) La newsletter è settimanale;
2) Il servizio di "Lectio" a cura di fr. Egidio Palumbo alla pagina:
http://digilander.libero.it/tempo_perso_2/la_lectio_del_Vangelo_della_domenica.htm
3) Il servizio omelia di P. Gregorio on-line (mp3) alla pagina
http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm