"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°13 del 2014

Aggiornamento della settimana

- dal 22 al 28 marzo 2014 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 4 aprile 2014          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

    di P. Gregorio Battaglia
  di P. Aurelio Antista
    di P. Alberto Neglia


PREGHIERA DEI FEDELI

 
N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 








I NOSTRI TEMPI

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Sud Sudan: guerra, povertà, fame, malattie, morte. Una drammatica realtà che non può lasciarci indifferenti.



“Senza pace non può esserci sviluppo”: lo scrive a chiare lettere Papa Francesco nel suo messaggio all’arcivescovo di Juba, mons. Paulino Lukudu Loro. Un’affermazione quanto mai calzante per il Sud Sudan: nazione giovane, divenuta indipendente solo tre anni fa, nel dicembre del 2013 ha visto esplodere un conflitto etnico tra le forze governative del presidente Kiir, di etnia dinka, e quelle fedeli all'ex vicepresidente Machar, di etnia nuer. Una guerra che, sottolinea il Pontefice, è costata la vita a persone innocenti, provocando divisioni e causando “povertà, fame, malattie, morte”. “Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questa realtà”, sottolinea il Papa, che non dimentica “la drammatica situazione” di sfollati e rifugiati costretti all’esilio, in condizioni “abiette per la loro dignità”, in cui non sono considerati più persone, bensì “statistiche senza nome”. 
Di qui, “il pressante appello” del Pontefice affinché tutte le parti in causa, con il supporto della comunità internazionale, pongano fine alle violenze, assicurino “l’accesso agli aiuti umanitari per i bisognosi” e cerchino “senza sosta soluzioni pacifiche, per far prevalere il bene comune sugli interessi particolari”. Per questo, il messaggio pontificio richiama la necessità di “promuovere la cultura dell’incontro”, che implica innanzitutto il rifiuto dell’egoismo e la capacità di vedere nell’altro “non un nemico, ma un fratello da accettare e con cui lavorare insieme”. L’impegno a creare un clima sociale “costruttivo”, afferma il Papa, deve prevalere sulla “brama di potere” personale, con il “chiaro riconoscimento che gli esseri umani, con le loro legittime aspirazioni morali, etiche e sociali”, vengono sempre “prima dello Stato e dei diversi poteri che cercano di sottometterli”...

   Messaggio del Papa alla diocesi di Juba in Sud Sudan: basta violenze, senza pace non c'è sviluppo

Una guerra nella guerra, forse più feroce e spietata di quella che si combatte con le armi: la guerra contro la fame. “Non so cosa dare da mangiare ai miei sette figli, da tempo si nutrono soltanto con radici di ninfea”. Sono le parole di Rebecca Nyakang , che vive con i suoi bambini, il marito e qualche altra famiglia su un isolotto, ad un’ora di canoa dalla cittadina di Nyal, nella contea di Panyjar, nell’Unity State. Le radici di ninfea contengono poche calorie e sostanze nutritive appena sufficienti per sopravvivere.
La violenza e il dolore cono dappertutto e se la guerra civile che si sta combattendo miete giornalmente vittime, la fame uccide ugualmente. Gli sfollati sono quasi un milione e raggiungono i campi profughi sia all’interno del Sud-Sudan, sia nei Paesi limitrofi, esausti e denutriti. Quattrocentomila sfollati hanno meno di diciotto anni, seimila sono bambini al di sotto dei cinque.
La situazione è drammatica, perché le guerre da combattere, a questo punto, sono ben due. Una è quella civile, la seconda è quella della fame: procurarsi del cibo che non c’è, anche a causa delle terribili alluvioni che hanno colpito sette dei dieci Stati della nazione più giovane del mondo, è quasi impossibile. Inoltre i commercianti non sono disposti a mettere a rischio la loro vita per comprare e vendere derrate alimentari...

   Sud Sudan: la fame uccide come la guerra. Radici di ninfea unico cibo rimasto

Stefano Bolzonello è un cooperante italiano che ha vissuto gli ultimi due anni a Juba, capitale del Sud Sudan. Non si parla praticamente mai della situazione del più “giovane” Paese del mondo, nato con il referendum del 2011. Dopo il brevissimo periodo di euforia per l’indipendenza, il Sud Sudan ha dovuto fare i conti con la guerra e la povertà, mali endemici in Africa. Come per il vicino conflitto centrafricano le ragioni delle violenze vanno ricercate sicuramente in dissidi etnici, ma soprattutto negli appetiti economici delle grandi potenze globali. In questa intervista concessa a Unimondo, Bolzonello, non ignaro di questo scenario, cerca di raccontarci cosa succede tra la popolazione, con uno sguardo “dal basso” che ci fa capire la situazione molto meglio dei “lanci di agenzia” del circuito mediatico internazionale...

   Sud Sudan, un mondo dimenticato


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L'educazione viva - Fare in modo che le persone siano felici



L'educazione viva
di Anna Molinari

La scuola ha spesso fondato la sua struttura sull’idea che i bambini siano contenitori “vuoti” da educare “riempiendoli”, riformandone l’identità e modellando l’essere umano a venire. “Pensare che l’intervento esterno sia necessariamente volto a migliorare la resa è un approccio estremamente umano”, sostiene Cristòbal Gutierréz, della Fondazione CAI, ma prosegue: “il bambino però è come un bosco”: la crescita è un processo – cellulare, mentale, emotivo – innato… occorre solo fare in modo di rendere disponibile ciò che è necessario, in primo luogo affetto, rispetto e fiducia, che si situano alla base di ogni sviluppo e apprendimento. Perché allora, spesso, si educa attraverso la minaccia, il castigo, le tensioni, dimenticandosi dell’amore? Nel processo educativo, quando non riusciamo a ottenere quello che ci viene richiesto – e quindi non riceviamo amore perché, in qualche modo, non riusciamo a corrisponderne alle aspettative con il nostro modo di essere noi stessi – cominciamo ad agire in modo per noi artificiale, ma tale da raggiungere i risultati che ci permettono di sopravvivere. Come? Condizionati dalla paura.
Un’esagerazione della scuola di oggi? Forse in parte, ma una riflessione che ci permette di soffermarci su un punto ricorrente non solo in ambito scolastico ma in molte declinazioni della società attuale: porre limiti e costruire barriere rigide e certe è in realtà un modo di manifestarsi della paura, un meccanismo di controllo e di manipolazione (basti pensare al manifesto di Watson del 1913, che fornì le basi – non solo ai regimi totalitari, ma anche agli spot mediatici – per una manipolazione di massa attraverso la paura). È innegabile che molti nostri contatti quotidiani si basino sulla paura: di cambiare, di progredire, di essere noi stessi, di amare, di rivelare ciò che siamo in fronte al mondo. Un approccio che caratterizza profondamente la vita adulta, con persone che si impegnano per un lavoro che non le appassiona, ma che permette di raggiungere una determinata posizione sociale: la società dell’autoinganno.
I bambini, però, ci mostrano spontaneamente una voglia di vivere che noi, come adulti, abbiamo perso. La prima domanda che dovremmo quindi farci come educatori, suggerisce Gabriela Obregón Gutierrez, del Colegio Piccolino Montessori, dovrebbe essere: sto prendendomi cura della voglia di vivere di questo bambino?
...
Fare in modo che le persone siano felici è un’idea rivoluzionaria, e non è certo una novità. Vale però la pena ripeterlo, perché quando una persona sta bene con se stessa, è in pace col proprio passato e non ha nulla da difendere o dimostrare per poter esprimere e costruire la propria identità, allora è giunto il momento in cui può volgersi agli altri e accompagnarli verso una felicità propria. L’auspicio è che, assieme agli insegnanti, siano le madri e i padri a tornare a essere educatori nel senso più profondo, per accompagnare i bambini verso l’individuazione di ciò che desiderano o non desiderano, perché si sentano amati e imparino ad amare gli altri. Essi prenderanno così parte a un processo di apprendimento continuo e di interscambio tra l’individuo, i genitori, le persone che lo circondano e la comunità. Una educazione viva.

   L'educazione viva


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... A un anno dal colpo di Stato che ha destituito il presidente Francois Bozizé, il 24 marzo 2013, la situazione nel Paese è ancora molto difficile. È difficile avere dati certi, circa un milione di persone comunque ha cercato rifugio all’estero o in diverse regioni del Paese. Si tratta di un quinto della popolazione. Negli ultimi mesi, gli sfollati sono in gran parte musulmani, che temono gli attacchi delle milizie antibalaka, sempre più violente dopo la deposizione del presidente Djotodia, spinto al governo dalle milizie Seleka. Negli ultimi giorni a Bangui sono ripresi gli attacchi, causando quindici morti solo nel fine settimana. La missione militare francese, Sangaris, con 1600 uomini e neanche la Misca, la missione militare promossa dall’Unione africana, composta da seimila uomini, non sono sufficienti per garantire l’ordine in un Paese due volte più grande dell’Italia, dove i dipendenti pubblici sono senza stipendio da cinque mesi...

  Davide Demichelis:  I "tre santi del Centrafrica" da papa Francesco


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Lotta alla mafia



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I preti e i boss di Roberto Saviano


I preti e i boss
di Roberto Saviano

Le parole pronunciate dal Papa sono parole definitive. Tuonano forti non a San Pietro dove saranno risultate naturali, persino ovvie. Tuonano epocali a Locri, Casal di Principe, Natile di Careri, San Luca, Secondigliano, Gela.
E in quelle terre dove l'azione mafiosa si è sempre accompagnata ad atteggiamenti religiosi ostentati in pubblico. Chi non conosce i rapporti tra cosche e Chiesa potrà credere che sia evidente la contraddizione tra la parola di Cristo e il potere mafioso. Non è così. Per i capi delle organizzazioni criminali il loro comportamento è cristiano e cristiana è l'azione degli affiliati. In nome di Cristo e della Madonna si svolge la loro vita e la Santa Romana Chiesa è il riferimento dell'organizzazione. 
Per quanto assurdo possa apparire il boss - come mi è capitato di scrivere già diverse volte - considera la propria azione paragonabile al calvario di Cristo, perché assume sulla propria coscienza il dolore e la colpa del peccato per il benessere degli uomini su cui comanda. Il "bene" è ottenuto quando le decisioni del boss sono a vantaggio di tutti gli affiliati del territorio su cui comanda. Il potere è espressione di un ordine provvidenziale: anche uccidere diventa un atto giusto e necessario, che Dio perdonerà, se la vittima metteva a rischio la tranquillità, la pace, la sicurezza della "famiglia".
...
Anche Giovanni Paolo II aveva pronunciato - il 9 maggio del 1993 ad Agrigento - un attacco durissimo alla mafia: "convertitevi una volta verrà il giudizio di Dio". Due mesi dopo i corleonesi misero una bomba a San Giovanni in Laterano. Ma Francesco I non parla solo a chi spara: ha abbracciato i parenti delle vittime della mafia, ha abbracciato don Luigi Ciotti, un sacerdote che non era mai stato accolto da un pontefice in Vaticano e con Libera è diventato l'emblema di una chiesa di strada, che si impegna contro il potere criminale. La chiesa di don Diana, che fu lasciato solo a combattere la sua battaglia. Oggi Francesco invita a stare a fianco dei don Diana. Le sue parole rompono l'ambiguità in cui vivono quelle parti di chiesa che da sempre fanno finta di non vedere, che sono accondiscendenti verso le mafie, e che si giustificano in nome di una "vicinanza alle anime perdute". 
Gli affiliati non temono l'inferno promesso dal Papa: lo conoscono in vita. Temono invece una chiesa che diventa prassi antimafiosa. Le parole di Francesco potranno cambiare qualcosa davvero se la borghesia mafiosa sarà messa in crisi da questa presa di posizione, se l'opera pastorale della chiesa davvero inizierà a isolare il danaro criminale, il potere politico condizionato dai loro voti. Insomma se tutta la chiesa - e non solo pochi coraggiosi sacerdoti - sarà davvero parte attiva nella lotta ai capitali criminali. Dopo queste parole o sarà così o non sarà più Chiesa. 

   I preti e i boss


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21 Marzo Gior­nata nazio­nale della memo­ria e dell'impegno Veglia di preghiera con Papa Francesco / 1 (testi, foto e video)



21 Marzo Gior­nata nazio­nale della memo­ria e dell'impegno
Veglia di preghiera con Papa Francesco
  

Al suo arrivo lo hanno accolto il fondatore di Libera Don Luigi Ciotti e il parroco padre Paolo. 
Abbraccio fra don Luigi Ciotti e papa Francesco appena sceso dall'automobile per la visita alla parrocchia San Gregorio VII in occasione della veglia di Libera per le vittime delle mafie. 
Papa Francesco poi è entrato in chiesa mano nella mano con don Luigi Ciotti. 
All’interno del tempio lo hanno salutato il presidente del Senato Pietro Grasso, la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi e il sindaco di Roma Ignazio Marino.
Il Santo Padre ha stretto le mani dei famigliari delle vittime, una folla lo aspettava davanti alla chiesa.

   video


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21 Marzo Gior­nata nazio­nale della memo­ria e dell'impegno Veglia di preghiera con Papa Francesco / 2 (testi, foto e video)


21 Marzo Gior­nata nazio­nale della memo­ria e dell'impegno
Veglia di preghiera con Papa Francesco

Prima si sono presi per mano, lui e Papa Francesco. Poi il prete più amato dall'altra Italia gli ha detto: "Pensavo di trovare un padre e invece ho trovato anche un fratello". Ci confesserà pochi minuti dopo Luigi Ciotti: "È stato un momento storico, io al Pontefice gli avevo appena ricordato che non sempre la Chiesa è stata attenta alla mafia".

   Don Ciotti: "Quanti silenzi in passato dalla Chiesa ma da oggi con Francesco cambia tutto"

«Emanuele Notarbartolo, Emanuela Sansone, Luciano Nicoletti...», l’elenco comincia dal 1893 e sembra non finire più, ottocentoquarantadue nomi di vittime innocenti delle mafie che genitori e figli, sorelle e fratelli, mogli e mariti, le lacrime in gola, sillabano per una quarantina di minuti nella parrocchia romana di San Gregorio VII, mentre Francesco ascolta a capo chino, gli occhi socchiusi, come raccolto in preghiera. Da tutta Italia, radunati dall’associazione Libera di don Luigi Ciotti, sono arrivati ieri pomeriggio più di novecento familiari a rappresentare i quindicimila cui le mafie hanno ucciso le persone più amate. Finché il Papa, prima di recitare il Padre Nostro indossando e baciando la stola di don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe assassinato vent’anni fa dalla camorra, interviene e va oltre il testo scritto e mormora: 
   L’appello di papa Francesco ai mafiosi: «Convertitevi, smettete di fare il male» (pdf)

Le parole e i segni contano molto per i mafiosi. Soprattutto certe parole e certi segni. 
Per questo, come hanno sottolineato ieri in molti, le parole di Papa Francesco e i segni della veglia di preghiera coi familiari delle vittime innocenti di tutte le mafie, sono di quelli che contano davvero. Anche per i mafiosi. E che resteranno.
Quel “convertitevi ve lo chiedo in ginocchio” che ricorda l’appello di Paolo VI alle Brigate rosse. Quel cambiate vita, c’è ancora tempo per non finire all’inferno” che evoca il grido di Giovanni Paolo II nella valle dei templi. Quel rivolgersi “agli uomini e alle donne mafiose”.
Ma anche quel ringraziare i familiari “per la vostra testimonianza, perché non vi siete chiusi”. È il riconoscimento del lungo lavoro di Libera e del suo fondatore don Luigi Ciotti, quel cammino al fianco di tante persone, per trasformare il dolore in impegno, la memoria in cambiamento... 

   Per i mafiosi parole e segni che contano

   il testo integrale del discorso del Papa

   video

Prima della benedizione finale nella veglia con i familiari delle vittime di mafia, don Luigi Ciotti ha consegnato a papa Francesco la stola che era di don Giuseppe Diana, il prete assassinato dalla camorra a Casal di Principe, di cui due giorni fa è ricorso il ventesimo anniversario della morte. Francesco l'ha quindi indossata, impartendo poi la benedizione finale

   video integrale




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Le lacrime di don Ciotti a "Che tempo che fa" ci commuovono e ci coinvolgono...


Che tempo che fa 
22 Marzo 2014
Don Luigi Ciotti ospite di Fabio Fazio

Fabio Fazio intervista Don Luigi Ciotti, da sempre impegnato nella lotta alla mafia.

Il fondatore e presidente del Gruppo Abele e di Libera, testimonia l'incontro avvenuto, venerdì sera, nella Chiesa di San Gregorio VII, a Roma, tra Papa Francesco e 700 familiari di vittime della mafia e la Giornata della Memoria, svoltasi, a Latina.

   video

Guarda anche i nostri precedenti post:
  • 21 Marzo Gior­nata nazio­nale della memo­ria e dell'impegno Veglia di preghiera con Papa Francesco / 1 (testi, foto e video)
  • 21 Marzo Gior­nata nazio­nale della memo­ria e dell'impegno Veglia di preghiera con Papa Francesco / 2 (testi, foto e video)
  • I preti e i boss di Roberto Saviano



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"Il patto dei mafiosi nel nome di Dio" di Barbara Spinelli



"Il patto dei mafiosi nel nome di Dio"
 
di Barbara Spinelli

Così come esistono gli atei devoti, esistono anche i mafiosi devoti. Adorano sopra ogni cosa le processioni, e idolatrico è il loro culto di certe Sante, i riti di iniziazione a Cosa nostra.
E le immaginette votive che l’affiliando brucia nel fuoco dopo averci versato sopra il proprio sangue: Roberto Saviano l’ha raccontato sabato su queste colonne. Fuoco, sangue, sacrificio: sono i segni, per l’eletto, di rinascita battesimale a nuova vita.
Contro quest’idolatria è insorto Papa Francesco, il 21 marzo, con parole sommesse ma durissime. Come già Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, il 9 maggio ’93, ha chiamato alla conversione il malavitoso, prospettandogli l’inferno: «Il denaro insanguinato, il potere insanguinato: non potrai portarlo all’altra vita». Francesco sa il rapporto antico, intenso, mimetico, che Cosa nostra ha con la religione. La sua invocazione non è diversa da quella che la Chiesa, nell’ultimo decennio, ha rivolto ai terroristi che abusano dell’Islam. Non pronunciare invano il nome di Dio: è uno dei primi comandamenti del Decalogo, l’ingiunzione fa ritorno.
Ancora più rivelatori delle parole sono i gesti di Francesco: l’abbraccio delle vittime di mafia, la mano tesa a Don Ciotti, il fondatore diLibera vissuto per anni ai margini della Santa Sede e finalmente chiamato a parlare accanto al Pontefice, venerdì nella chiesa di San Gregorio VII a Roma. Il Papa ha ascoltato, assorto, rimproveri non leggeri: Ciotti ha incitato la Chiesa a non collaborare mai più con la mafia, a fare autocritica. Ha ricordato che, in passato, essa non ha curato un male di così enormi risvolti umani e sociali. Ha citato i momenti di luce (in particolare Don Pino Puglisi, Don Peppe Diana, Don Cesare Boschin, ammazzati nel ’93, ’94, ’95) e al tempo stesso i «silenzi, le sottovalutazioni, gli eccessi di prudenza, le parole di circostanza».
Ha anche nominato espressamente la Procura di Palermo, impegnata in uno dei più cruciali processiitaliani — quello sui patti fra Stato e mafia — esigendo a voce alta che i «magistrati onesti non siano lasciati soli». Ha fatto il nome del più minacciato fra di loro: Nino Di Matteo, condannato a morte da Totò Riina e tuttavia nome incandescente, che i rappresentanti dello Stato si guardano dal menzionare. È un j’accusepesante, quello di Luigi Ciotti. E l’ha lanciato nel cuore della Chiesa, sicuro d’avere a fianco la sua massima autorità. Forse è la più grande novità di questi giorni. L’Altra Chiesa, quella di Don Gallo e Don Puglisi, da periferia che era diventa centro.
...
Forse lo scatto invocato da Ciotti (la «pedata di Dio») deve avvenire anche nella curia, e fin dentro le parrocchie. Altrimenti l’anatema profetico che viene dall’alto sarà, come dice Caselli: «acqua che scivola sul marmo».

   Il patto dei mafiosi nel nome di Dio

Guarda anche i nostri precedenti post:
  • 21 Marzo Gior­nata nazio­nale della memo­ria e dell'impegno Veglia di preghiera con Papa Francesco / 1 (testi, foto e video)
  • 21 Marzo Gior­nata nazio­nale della memo­ria e dell'impegno Veglia di preghiera con Papa Francesco / 2 (testi, foto e video)
  • I preti e i boss di Roberto Saviano
  • Le lacrime di don Ciotti a "Che tempo che fa" ci commuovono e ci coinvolgono...


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Rassegna stampa quotidiani stranieri e nazionali - Gallerie fotografiche

  LIBERA:  VEGLIA CON PAPA FRANCESCO PER LE VITTIME INNOCENTI DELLE MAFIE


Il 22 marzo a Latina si è svolta la XIX giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Oltre centomila persone si sono strette in un lungo e forte abbraccio ai familiari delle vittime.

  LIBERA:  XIX Giornata della memoria e dell'impegno - 22 marzo 2014 Latina (video)


Oltre centomila persone sono scese in piazza a Latina per la Giornata della Memoria contro la criminalità organizzata. «Le sveglie delle nostre coscienze», ha detto il presidente di "Libera" don Luigi Ciotti, «sono coloro che sono caduti per la legalità e per la giustizia. Siamo qui per cercare la verità»

  Antonio Sanfrancesco:  «LE VITTIME DI MAFIA SVEGLINO LA NOSTRA COSCIENZA»



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«C’è stato un grande ritardo della ricerca storica su don Diana», spiega Tanzarella ad Adista. «Abbiamo assistito a tentativi di rimozione e addirittura ad una strategia della calunnia che ha gettato sospetti (v. Adista Notizie n. 7/13, ndr). Si trattò di un omicidio di camorra, il dato è ormai acquisito anche a livello processuale (esecutori materiali e mandante, Nunzio De Falco, sono stati condannati dai giudici, ndr). Tuttavia molti anni di silenzio su quei fatti hanno lasciato spazio a invenzioni oppure ad un’agiografia celebrativa e ai rituali dell’anticamorra che hanno promosso un eroismo di plastica».Chi era don Diana?

  Luca Kocci:   Don Peppino Diana Il parroco che, per amore del suo popolo, non tacque



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FEDE E
SPIRITUALITA'

 

NELLA SOBRIETÀ IL FUTURO DELLA TERRA 

HOREB n. 66 - 3/2013


TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI

I tifoni sempre più violenti che si ripetono in modo più frequente in varie parti di questo nostro mondo, provocando morte e distruzione di intere città ci lasciano sbigottiti e ci fanno dire che il clima è impazzito.
Sì il clima è impazzito, ma la responsabilità di questo stravolgimento è legata al delirio dell’uomo che, dimenticando la sua vocazione di essere custode del creato, pensa di esserne il padrone e, coltivando un atteggiamento feroce nei riguardi del pianeta terra, provoca, con le proprie scelte consumistiche,
inquinamento, desertificazione e morte.
 Scienziati accreditati ci ricordano che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è al limite di guardia. Le emissioni di gas serra continuano a crescere del 2-3% l’anno a causa della deforestazione e dei combustibili fossili: petrolio, carbone e metano. Ci attende una tragedia con conseguenze devastanti: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, tempeste.
L’inquinamento dell’acqua, dell’aria, della terra, quindi, è la conseguenza di un rapporto scorretto tra l’uomo e l’ambiente, un rapporto innaturale tra natura ed esistenza, un rapporto violento tra creature volute e pensate da Dio per vivere in pace. La natura è oggi, in più maniere, violentata. Il fenomeno è preoccupante per la sua ampiezza a scala mondiale, per la vastità a vari livelli, e perché è avanzante con l’avanzare della logica del profitto.
L’uomo di oggi, allora, consapevole di questo dato di fatto, è chiamato a svegliarsi dal torpore, e, rinunciando a un tenore di vita che si è dimostrato essere incompatibile con le leggi dell’equilibrio uomo-natura, è invitato a scegliere uno stile di vita sobrio. Questa presa di coscienza non è più rimandabile né da delegare ad altri, ma si impone come atto di responsabilità per rendere vivibile il nostro pianeta e per avviare, sul piano strutturale, la costruzione di un sistema che crei le condizioni per una piena umanizzazione di tutte le relazioni.
È questo l’orizzonte che anima la nostra riflessione.


   Editoriale (pdf)

   Sommario (pdf)


E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it



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I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2014 -
"L’UMANITÀ DI GESÙ PRESENZA RELAZIONALE DI DIO"



I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA – 2014
della FRATERNITÀ CARMELITANA 
DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO

L’UMANITÀ DI GESÙ
PRESENZA RELAZIONALE DI DIO


Dal 5 Febbraio al 2 Aprile
dalle h. 20.00 alle h. 21.00
presso la sala del convento



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  Dio ci giudica...
  Senza la misericordia...
  Gesù non si ferma mai...
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  Il primo servizio...
  Il perdono che ci dà il Signore...
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  Adriano Celentano:  La samaritana (video)

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Il 24 marzo ricorre l’anniversario dell’uccisione di monsignor Oscar Romero.
Fu ucciso nel 1980 mentre celebrava Messa in una piccola cappella
Nel Salvador la data è stata dichiarata “giornata della memoria” del grande vescovo latino-americano
Per la Chiesa dal 1992 questa data è dedicata alla preghiera e al digiuno in memoria dei missionari martiri.

  Se uno vive...
  Non vi è disgrazia...
  La religione non consiste...


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24 marzo giornata di preghiera e di digiuno in memoria dei Missionari Martiri in ricordo dell’uccisione di Monsignor Oscar Romero


MARTYRIA

XXII giornata di preghiera e di digiuno
in memoria dei Missionari Martiri




Il 24 marzo, in ricordo dell’uccisione di Monsignor Oscar Romero in El Salvador, si celebra la giornata di preghiera e di digiuno in memoria dei Missionari Martiri. Si tratta di una ricorrenza in cui il Santo Padre invita tutta la Chiesa in Italia, a fare memoria dei tanti missionari religiosi e laici che hanno donato la loro vita per portare il Vangelo in diverse parti del mondo... 

  Giornata missionari martiri

  Tutto il materiale per l’animazione della giornata è disponibile nel nostro sito www.missioitalia.it area download

Per il 2014 il tema Giornata dei Missionari Martiri è MARTYRIA, ovvero il richiamo alla dimensione essenziale dell’esperienza di fede: la testimonianza al Vangelo di tanti fratelli e sorelle che hanno dato la loro vita per il suo annuncio nel mondo...

  Giornata dei Missionari Martiri

  Per il materiale di animazione clicca qui


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Ricordando mons. Oscar Arnulfo Romero nell'anniversario del suo martirio


Servo di Dio Oscar Arnulfo Romero 
Vescovo e martire

15 agosto 1917 - 24 marzo 1980

Vescovo di San Salvador, capitale del Salvador, è stato ucciso il 24 marzo 1980 mentre celebrava la messa. Ha difeso i poveri, gli oppressi, denunciando in chiesa e con la radio emittente della diocesi le violenze subite dalla popolazione. Pochi giorni prima di morire aveva invitato i soldati e le guardie nazionali a disubbidire all’ordine ingiusto di uccidere. La sua figura di “borghese” convertito in schierato per gli oppressi fa appello a ciascuno di noi per invitarci a non stare “al di sopra delle parti” ma a prendere le parti di chi non ha nessuno dalla sua parte. (fonte Santi e Beati) 
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P. Alberto Neglia della Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto ha citato mons. Romero durante l'omelia del 23/3/2014 segue il video con lo stralcio del suo ricordo.

  video

Per approfondire la figura di mons. Romero riproponiamo alcuni dei nostri post precedenti:
  • ROMERO. VOCE DEI SENZA VOCE (VIDEO)
  • Il ricordo di Oscar Romero nelle parole di don Tonino Bello e di David Maria Turoldo
  • In memoria di monsignor Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador assassinato il 24 marzo del 1980
  • Il ricordo di Oscar Romero nel XXXII anniversario del suo martirio



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Ricordando il Servo di Dio e fu arcivescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 sull'altare mentre celebrava l'Eucaristia

 
ZENIT:  Mons. Oscar Arnulfo Romero, un predicatore "martire" (prima parte)

 
ZENIT:  Mons. Oscar Arnulfo Romero, un predicatore "martire" (seconda parte)


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  ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE  (video)


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"Un grembo per l’impossibile – Annunciazione del Signore" di don Antonio Savone


Un grembo per l’impossibile
Annunciazione del Signore
 di don Antonio Savone 

Is 7,10-14; 8,10
Sal 39
Eb 10,4-10
Lc 1,26-38

Celebrazione della speranza quella odierna.
Torna ogni anno questa festa a ricordarci che quando Dio ha a che fare con l’uomo non elabora teorie né consegna dottrine ma suscita eventi che interpellano la libertà degli interlocutori e coinvolge persone che siano segno del suo impenitente desiderio di ristabilire alleanza con l’umanità. Dio vuole legarsi all’uomo tanto da offrire un segno che pure non è richiesto: un bambino. È lui a prendere l’iniziativa anche se Acaz di turno dietro una mancanza di fede preferirà non legarsi a Dio, perseguendo la propria strada. Acaz sa che chiedere a Dio un segno significherebbe compromettersi.
E per tutta risposta Dio perde la pazienza: non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? E quando perde la pazienza Dio ritesse legami.Ecco il vangelo: anche di fronte all’ostinata incredulità dell’uomo Dio non cessa di suscitare vita. Dio non abbandona l’umanità all’esperienza della tenebra. Ad una umanità indebolita dal peccato e smarrita dal dubbio, Dio invia Gabriele, fortezza di Dio. Dà speranza sapere che anche le nostre fragilità stanno a cuore a Dio e sono costantemente sorrette dalla sua forza.
E oggi celebriamo appunto un evento: Dio sceglie di venire ad abitare in un cuore e in una casa, il cuore e la casa di Maria. Ma Maria non abita una terra ortodossa, abita, piuttosto una terra di confine qual era la Galilea. A Dio sta a cuore ogni nostra marginalità se è vero che i passi della salvezza hanno inizio in Galilea e termineranno in Galilea, là dove il Risorto darà appuntamento ai discepoli.
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Scopriamo così che si è credenti solo se accettiamo di tentare le cose impossibili. Non c’è altra strada se vogliamo che il Cristo entri ancora nella nostra storia personale e sociale come segno di una presenza divina che altrimenti rischia di rimanerci nascosta.
Maria non sa ancora come accadrà quello che l’angelo le ha annunciato; nondimeno, però, pur senza sapere come è possibile, sa che è possibile. Per questo si farà discepola della vita che diventerà per lei il luogo e il tramite mediante il quale il Signore le offrirà indicazioni. Prima ancora che il suo corpo è la sua obbedienza ad offrire un grembo a ciò che il Signore vorrà compiere in lei e attraverso di lei.

  Un grembo per l’impossibile – Annunciazione del Signore


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"La vera maternità è nell’ascolto che accoglie l’altro" di Silvano Fausti


La maternità della vergine Maria, dicevano gli antichi, sta nell'orecchio prima che nel ventre. Proponiamo il famoso brano evangelico dell’Annunciazione nella lettura del biblista gesuita Silvano Fausti, che si sforza di riscattarlo dallo scontato per farne emergere il significato profondo e attuale. «La sterilità, la non fecondità rappresenta il dramma dell’uomo che non ha futuro. Maria ha già capito: il futuro non riesco a farmelo io, il mio futuro è l’altro e l’altro non posso farlo, posso solo accoglierlo».

La vera maternità è ascoltare. È ascoltando che concepisci l’altro, ti entra e poi vivi di lui. È la vera concezione l’ascolto. La maternità della vergine Maria, dicevano gli antichi, sta nell'orecchio prima che nel ventre. 
Siamo abituati a considerare Maria come un caso strano, unico. Di lei si dice che è “Madre della Chiesa”: perché i figli hanno in comune con la madre il fatto di essere uguali alla madre, altrimenti non sono figli. Quindi, ciò che si dice di Maria è ciò che capita a ciascuno di noi.
Il brano evangelico dell’Annunciazione è molto noto, e in qualche modo bisogna riscattarlo dallo scontato, in modo da avere occhi e orecchi e cuore nuovo per lasciarsi sorprendere dal suo significato profondo e attuale. Il racconto di Maria ci dice anche come ci si accosta alla Parola: l’autore lo pone all'inizio del Vangelo per dire come la Parola si realizza in ognuno.

  La vera maternità è nell’ascolto che accoglie l’altro di Silvano Fausti 

Il testo è una sintesi redazionale della lectio divina tenuta nella Chiesa di San Fedele in Milano. 

  audio originale


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Guida alla lettura dell'icona

  Egidio Palumbo:  Icona dell'Annunciazione del Signore

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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO

"Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e peccatori"
(Matteo 11,19)


  Gianfranco Ravasi:  Un mangione e un beone, amico dei peccatori


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RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino

Vangelo: Gv 4,5-42

Nel Vangelo di questa domenica Gesù sembra indossare le vesti del moralista processando la vita della malcapitata samaritana. Questa è la prima ed unica volta che nei Vangeli, Gesù investiga sulla vita privata di una persona. Ma è una lezione di morale quella che l'evangelista vuole trasmetterci?
Crediamo di no. Il dialogo tra Gesù e la samaritana non si svolge a livello etico ma teologico, nell'episodio non si sta processando una donna inquieta, e quello che Gesù le dice non riguarda la sua vita privata ma il suo rapporto con Dio. Il brano va interpretato alla luce del libro del profeta Osea, samaritano anch'egli che, a partire dalla sua disastrosa situazione matrimoniale, per primo usò l'immagine nuziale per indicare la relazione tra Dio e il suo popolo (Os 2,2ss). Gesù, che l'evangelista ha già presentato come lo Sposo (Gv 3,29), si mette, come il profeta, alla ricerca della donna adultera per ricondurla a Dio offrendole se stesso, fonte d'acqua viva, la sola che spegnerà definitivamente la sua sete d'amore.
In Gesù è Dio che si offre a lei, l'adultera, donandole la sua stessa capacità d'amare.
...


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Riflessione di Enzo Bianchi sul Vangelo della domenica


Riflessione di Enzo Bianchi
sul Vangelo della domenica

III domenica di Quaresima anno A
Gv 4,5-42

Dopo averci presentato le tentazioni di Gesù e la sua trasfigurazione, nell’annata liturgica A la chiesa propone, attraverso brani del quarto vangelo, un percorso che ci aiuta ad approfondire le valenze del battesimo. Oggi meditiamo sull’incontro tra Gesù e la donna samaritana.
Dalla Giudea Gesù deve ritornare in Galilea, e potrebbe farlo risalendo la valle del Giordano. La strada era più piana, più sicura e permetteva di non dover attraversare la Samaria, regione montuosa ma soprattutto terra ostile ai giudei. Invece – precisa il testo – Gesù “doveva” passare in Samaria, particolare che esprime una “necessità divina”: in obbedienza a Dio, proprio perché la sua missione non è ristretta solo ai giudei, Gesù attraversa quella terra.
E così incontra dei nemici: i samaritani erano sì ebrei, ma da alcuni secoli si erano separati dagli altri, dai giudei, fino a rinnegare il tempio di Gerusalemme e a costruirne uno nuovo sul monte Garizim… Da allora regnava inimicizia tra giudei e samaritani, ritenuti impuri e idolatri, al punto che quando alcuni giudei vorranno rivolgere a Gesù l’insulto più infamante gli diranno: “Sei un samaritano, un indemoniato!” (Gv 8,48). Eppure Gesù accetta di incontrare anche questi nemici religiosi, si fa samaritano tra i samaritani.
Nell’ora più calda del giorno giunge in Samaria, “affaticato per il viaggio”, e va a sedersi vicino al pozzo di Sicar, il pozzo di Giacobbe (cf. Gen 33,18-20). È stanco e assetato ma non ha alcun mezzo per attingere acqua. Sopraggiunge anche una donna che, a causa del suo comportamento immorale pubblicamente riconosciuto, è costretta a uscire per strada a quell’ora, per non incontrare sguardi di disprezzo. 
Mentre la donna maneggia la corda e l’anfora, Gesù le chiede: “Dammi da bere”. Al sentire quelle parole nella lingua dei giudei essa si meraviglia: qualcuno che è nella sua stessa condizione di assetato le chiede da bere, le chiede ospitalità, ma è un nemico, uno che dovrebbe sentirsi superiore a lei. Una donna, una samaritana, un’immorale poteva aspettarsi da un giudeo solo disprezzo; egli invece le chiede qualcosa, si fa mendicante presso di lei. Ecco la vera autorità vissuta da Gesù: la sua capacità – come indica il termine latino auctoritas, da augere– di aumentare l’altro, di farlo crescere, di renderlo soggetto.
La donna, stupita, domanda a Gesù: “Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna e per di più samaritana?”. Quale abbassamento! È questo ciò che la colpisce… Allora Gesù, incurante di abbattere questa ennesima barriera sociale e religiosa, inizia a svelare se stesso: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘Dammi da bere!’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva!”.
La donna ha sete, Gesù ha sete: ma, in realtà, chi dà da bere all’altro? C’è una sete di acqua di Gesù e della donna, resa più impellente dal caldo, ma c’è pure un’altra sete che a poco a poco emerge tra le righe… Nella Bibbia il pozzo, fonte di acqua per la vita degli umani, è anche simbolo della sorgente della vita spirituale dei credenti. Per questo, secondo la tradizione ebraica, il pozzo con la sua acqua profonda, fresca, dissetante, rappresenta la Parola di Dio contenuta nelle sante Scritture, in particolare la Torah donata da Dio attraverso Mosè.
Gesù sa – e glielo dice apertamente – che questa donna, figura della Samaria adultera (cf. Os 2,7), ha cercato di placare la sua sete attraverso vie sbagliate: ha avuto diversi uomini, ha bevuto ogni sorta di acqua… E così le svela la sua condizione, ma senza rimproverarla o condannarla, bensì invitandola ad aderire alla realtà e, di conseguenza, a fare ritorno al Dio vivente. 
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“La fede nasce dall’ascolto” (Rm 10,17), dirà l’Apostolo: dall’ascolto di Gesù è nata la fede della samaritana, dall’ascolto della samaritana è nata la fede della sua gente. E dalla fede procede la conoscenza, dalla conoscenza l’amore: questo è l’evento cristiano, mirabilmente narrato nell’incontro di due persone assetate!

  III domenica di Quaresima


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Morire per mancanza di apprezzamento
Giovedì III settimana di Quaresima
di don Antonio Savone 

Ger 7,23-28
Sal 94
Lc 11,14-23

Aveva ridato la parola a un muto mentre operava con il dito di Dio. Di solito i demoni strepitano, in questo caso, invece, si tratta di un demonio muto che rende muti. Non sempre il male si esprime con una parola maldestra o offensiva. Talvolta assume anche il volto di un silenzio apparentemente inoffensivo ma terribilmente distruttivo. È un male una verità non ricordata, è un male una difesa omessa o rinviata, è un male un grazie non offerto, un incoraggiamento negato. A volte crediamo che sia meglio tacere per rispetto e per carità fraterna. Forse, non poche volte, dietro un certo silenzio c’è un infantilismo (in/fanti perché non sappiamo parlare) che avvilisce.
Venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto. Il prologo del vangelo di Gv racchiude in questa brevissima espressione il mistero del rifiuto del Cristo di Dio. Accostiamo la parola del Vangelo con l’atteggiamento di chi si chiede se per caso le cose non si ripetano nella nostra esistenza.
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La vita di ognuno di noi è divisa in se stessa quando a guidarci è lo spirito di superbia, di ribellione e di sufficienza di sé.
C’è una macchinazione del nemico – ci ricorda oggi la Parola di Dio – che ha come suo primo passo quello di rendere l’uomo sordo alla Parola di Dio, ma il vero intento è quello di rendere l’umanità muta davanti a Dio. Per questo Geremia, in maniera accorata, si fa portavoce del desiderio di Dio per noi: “Ascoltate la mia voce… camminate sempre sulla strada che vi prescriverò…”. L’ascolto si fa cammino.
È vero ciò che scriveva A. J. Heschel: «L’umanità non perirà per mancanza di informazione, ma per mancanza di apprezzamento. L’inizio della nostra felicità sta nel comprendere che una vita senza meraviglia non vale la pena di essere vissuta. Quello che ci manca non è la volontà di credere, ma la volontà di meravigliarci». Può accadere – e accade – di trovarsi di fronte al bene e non solo non riconoscerlo ma addirittura negarlo. Non è forse un bene che un uomo bloccato nella parola inizi a parlare? Eppure, per qualcuno non è così. C’è una invincibile indisponibilità a vedere perché c’è una invincibile indisponibilità ad ascoltare finendo per concludere che la vita coincida con quello che vedo io e con quello che sento io. È più facile rendersi complici del male che diventare facilitatori di bene.
Non poche volte si è convinti di stare dalla parte di Dio perché ci si fa sostenitori di determinate battaglie. Gesù, però, ci restituisce qual è il criterio del nostro essere dalla parte di Dio: quando si è dalla parte dell’uomo, soprattutto quando questi ha bisogno di essere restituito alla pienezza della vita. Quante discussioni infinite finiscono per bloccare l’anelito alla vita di tante persone! È più facile discettare sterilmente che aprirsi a una solidarietà feconda.

  Morire per mancanza di apprezzamento


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«Wojtyla, uomo di Dio con il coraggio della Verità»


«Wojtyla, uomo di Dio 
con il coraggio della Verità»

Pubblichiamo un ampio estratto dell’intervista di Wlodzimierz Redzioch a Benedetto XVI contenuta nel libro «Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici & i collaboratori raccontano», appena pubblicato dalle edizioni Ares.

Santità, i nomi di Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger sono legati, a vario titolo, al Concilio Vaticano II. Vi siete conosciuti già durante il Concilio? 

Il primo incontro consapevole tra me e il cardinal Wojtyla avvenne solamente nel Conclave in cui venne eletto Giovanni Paolo I. Durante il Concilio, avevamo collaborato entrambi alla «Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo», e tuttavia in sezioni diverse, cosicché non ci eravamo incontrati. Nel settembre del 1978, in occasione della visita dei vescovi polacchi in Germania, ero in Ecuador come rappresentante personale di Giovanni Paolo I. La Chiesa di Monaco e Frisinga è legata alla Chiesa ecuadoriana da un gemellaggio realizzato dall’arcivescovo Echevarría Ruiz (Guayaquil) e dal cardinal Döpfner. E così, con mio enorme dispiacere, perdetti l’occasione di conoscere personalmente l’arcivescovo di Cracovia. Naturalmente avevo sentito parlare della sua opera di filosofo e di pastore, e da tempo desideravo conoscerlo. Wojtyla, dal canto suo, aveva letto la mia Introduzione al Cristianesimo, che aveva anche citato agli esercizi spirituali da lui predicati per Paolo VI e la Curia nella Quaresima del 1976. Perciò è come se interiormente attendessimo entrambi di incontrarci. Ho provato sin dall’inizio una grande venerazione e una cordiale simpatia per il metropolita di Cracovia. Nel pre-Conclave del 1978 egli analizzò per noi in modo stupefacente la natura del marxismo. Ma soprattutto percepii subito con forza il fascino umano che egli emanava e, da come pregava, avvertii quanto fosse profondamente unito a Dio.
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  «Wojtyla, uomo di Dio con il coraggio della Verità»

  la scheda del libro "Accanto a Giovanni Paolo II - Gli amici & i collaboratori raccontano"


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Volto di Cristo, volto dell’uomo” il tema della Via Crucis al Colosseo affidato quest'anno a mons. Giancarlo Bregantini



Sarà il vescovo di Campobasso-Bojano a scrivere, su incarico di papa Francesco, i testi delle meditazioni sulle XIV stazioni della Via Crucis che si terrà al Colosseo il prossimo 18 aprile, Venerdì Santo sul tema “Volto di Cristo, volto dell’uomo”.
Mons. Giancarlo Bregantini, religioso stimmatino (la congregazione fondata da san Gaspare Bertone), 66 anni, originario della valle di Non in Trentino, è attualmente presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e lavoro, giustizia e pace (dopo un mandato precedente dal 2000 al 2005).
Prima della sede in Molise era stato vescovo di Locri-Gerace dal 1994 al 2007 e lì in terra di Calabria si era fatto conoscere principalmente per il suo impegno contro la mafia e l’andrangheta....

  Bregantini: la via Crucis 2014 con lo sguardo alla crisi

Sessantatré anni, nativo del Trentino, un passato in gioventù da operaio, per 13 anni vescovo di Locri in Calabria terra ad alta densità di criminalità organizzata, fece scalpore il suo libro di orazioni “La preghiera sfida la mafia”. Nominato da Benedetto XVI nel 2007 alla guida della diocesi di Campobasso-Boiano, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Mons. Bregantini, come ha accolto la notizia e quale è stato il suo primo pensiero di fronte a questa occasione: responsabilità, chiamata del Signore?

  Via Crucis, le meditazioni di mons. Bregantini: "Nel volto dell'uomo che soffre c'è il profilo di Gesù"


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"24 ore per il Signore" - FESTA DEL PERDONO - 28/29 marzo


"24 ore per il Signore", un'intera giornata dedicata al sacramento della riconciliazione. Venerdì 28 marzo. Sarà Papa Francesco ad aprire l'iniziativa quaresimale del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, il cui presidente monsignor Rino Fisichella, ha spiegato che la giornata vuole "consentire a quanti lo desiderano di accostarsi al sacramento della penitenza, meglio se in un contesto di adorazione eucaristica". Alla giornata hanno aderito anche le diocesi. 
Francesco presiederà, alle 17, nella basilica di San Pietro una celebrazione penitenziale, durante la quale confesserà alcuni fedeli. In serata, a partire dalle 20, in tre chiese del centro storico di Roma - Sant'Agnese in Agone, Santa Maria in Trastevere e Santissime Stimmate - saranno disponibili confessori per la celebrazione individuale del sacramento della penitenza, nel contesto dell'adorazione eucaristica, che si protrarrà fino a notte inoltrata.
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Sarà un giorno per ritrovare «la verità su stessi» e la luce della misericordia nelle tante notti che circondano l’uomo. Così l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, presenta24 ore per il Signore, l’iniziativa, promossa dallo stesso dicastero, in programma i prossimi 28 e 29 marzo a Roma. Un evento che verrà vissuto in concomitanza in numerose diocesi del mondo...

  «Ventiquattr’ore per il Signore»

Sono moltissime le diocesi che hanno a loro volta promosso una "24 ore per il Signore", ciascuna con proprie modalità. Diamo di seguito i programmi di cui abbiamo ricevuto notizia. 

  "24 ore per il Signore", la mappa delle diocesi


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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni

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OREUNDICI
IL QUADERNO DI MARZO 2014

LE COMUNITÀ

L'EDITORIALE 
di Mario De Maio

Sin da bambini abbiamo imparato a recitare la preghiera del Padre nostroinsegnata da Gesù ai suoi discepoli. Ne abbiamo parlato durante il convegno di gennaio “Padre nostro che sei in terra”. Come fare scendere Dio dal cielo e incontrarlo nella nostra quotidianità? L’orizzonte che ci avvolge, soprattutto in questo momento storico ed economico, è fatto di tanta sofferenza, di tanta ingiustizia e talvolta anche di disperazione. Come può occuparsi Dio del nostro pane, del nostro male, della nostra incapacità di perdonare e delle numerose tentazioni a prevaricare sul bene dei nostri fratelli? 
...
Tutti noi abbiamo nel nostro cuore una piccola fiammella che è la nostra fede. Spesso però ci dimentichiamo di lei o pensiamo non ci sia, perché crediamo che fede sia soltanto pensare o ammettere l’esistenza di Dio. Ma fede, come il termine stesso esprime, è fiducia e abbandono fiducioso al Bene che esiste, ci avvolge, ci accompagna e sostiene, qualunque sia il nostro credo o il nostro comportamento religioso. Questa fede ogni giorno va alimentata. Come ci occupiamo di nutrire il nostro corpo, di arricchire la nostra mente, così dovremmo riservare parte del nostro tempo per fare crescere e rinvigorire questa piccola fiammella, fino a farla diventare un grande fuoco che riscalda e illumina la nostra vita e quella dei nostri fratelli.

  L'EDITORIALE di Mario De Maio

LA MIA COMUNITÀ SONO I POVERI
da Charles de Foucauld a papa Francesco
di Arturo Paoli

Avendo oltrepassato di parecchi mesi la soglia del secolo, è normale che mi si facciano delle domande sul passato, anche se ormai questa soglia non è così insolita come un tempo. La crisi attuale è scesa particolarmente sulla comunità. La tecnica tende al modello fai da te che per me è una formula di vita assolutamente negativa. Dalla mia giovinezza lontana, potrei affermare che diversi tipi di comunità mi sono venute incontro e le ho accolte con vero entusiasmo. Evidentemente il vivere in comunità e assumere le finalità della stessa, può produrre anche degli inconvenienti; ma esiste una esistenza senza aspetti difficili e avve-nimenti che possono dispiacere? A questo riguardo mi si chiede di parlare di un avvenimento personale che è la fraternità di Charles de Foucauld. Mi è venuta incontro in un momento in cui il mio impegno nella chiesa di Roma scadeva per diversi motivi di cui ho parlato e scritto abbastanza. Mi si apriva davanti come un’offerta possibile la strana figura di Charles de Foucauld, prima ateo in cerca di godere la vita in maniera materialistica e poi improvvisamente divenuto religioso. La sua ricerca di vivere in comunità con gli appartenenti alla religione musulmana, come religioso cattolico, costituisce una stranezza. La sua è una scelta nuova perché non è il missionario che va a convertire, ma è l’amico che condivide la loro vita e muore nella loro terra ucciso per un equivoco. Proprio mentre scrivo mi è giunta una rivista con la foto del papa Francesco circondato da persone appartenenti alla religione ebraica: sono a tavola partecipando a un pranzo e parlando familiarmente da buoni amici. Penso che il seme gettato in terra da Carlo de Foucauld, che ha vissuto fino alla morte con i musulmani, abbia portato frutto...

  LA MIA COMUNITÀ SONO I POVERI da Charles de Foucauld a papa Francesco

La speranza viene dal legame,
dalla relazione con gli altri,
dall'attenzione che si presta
a coloro che ci circondano
Abbé Pierre


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"La terra, l’ascolto e il tocco di Dio" di Alessandro D'Avenia


Con i giovani nei Luoghi Santi

La terra, l’ascolto e il tocco di Dio
di Alessandro D'Avenia

«O Amor, divino Amore, perché m’hai assediato? / Da cinque parti vedo che tu m’hai assediato: / audito, viso, gusto, tatto e odorato». Così il mistico Iacopone da Todi si lamenta con un Dio opprimente. Assedia i suoi cinque sensi, che percepiscono in ogni luogo e momento il Dio geloso dell’Antico Testamento e lo Sposo del Nuovo. Se questo è spiritualmente vero ovunque, diventa materialmente vero in Terra Santa, che ho visitato per una settimana con un gruppo di studenti del mio liceo. Il viaggio delle Quinte della mia scuola si svolge ogni anno lì ed è un assedio dei sensi da parte di Dio, tanto che anche i ragazzi più lontani e distratti si sentono "oppressi". Uno di loro mi confidava: «Se le persone qui si comportano così ci deve essere qualcosa di non umano dietro». E un altro: «Mi rendo conto di quanto poco io conosca il Vangelo, mi è venuta voglia di leggerlo».
Un senso si è aggiunto alla mia fede: quello del tatto. Quando sono arrivato sul lago di Tiberiade e la natura, pur essendo febbraio, era già in fiore, i colori tenui e la luce impazzava, ho esclamato "io qui ci sono già stato", avevo consuetudine con colori, volti, pietre, piante, luce, acqua, cantilene, parabole, parole, del Vangelo letto e riletto. Tutto era incarnato e quindi carnale.
Le mie dita, sedotte, volevano toccare.
...
Toccando ho capito che non ero io che toccavo, ma ero io che venivo toccato e sedotto. Il tocco di un Dio che ti assedia, un tocco a volte dolce, a volte ruvido, un «carico leggero», come le mani degli amanti. 
Adesso quando ascolto una pagina del Vangelo mi pare di toccarla come accade nel bellissimo e recente libro che mi fa compagnia in questi giorni Sorpresi dall’amore di Andrea Mardegan (Paoline), capace di far vivere le pagine del Vangelo rendendole permeabili al quotidiano di ciascuno, in uno scambio che va da lì a qui e viceversa. Solo così la terra che calpestiamo tutti i giorni in qualunque luogo del mondo diventa santa, perché è la terra del Vangelo, la terra di un Dio che assedia i nostri sensi addormentati, fino a sedurci.

  La terra, l’ascolto e il tocco di Dio


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In data 25 marzo, il Santo Padre ha nominato segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana ad quinquennium mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all’Jonio.

  Il Papa mons. Galantino segretario generale della Cei ad quinquennium


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Il Papa toglie l'«interim» al numero due di Bagnasco e gli dà pieni poteri

  Andrea Tornielli:  Cei, Galantino confermato per cinque anni



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Se, con l’avvento di papa Francesco, il cambiamento di clima ecclesiale appare a tutti innegabile, il livello delle aspettative legate a una rifondazione della Chiesa varia invece notevolmente

  Claudia Fanti:  La musica è cambiata. E le parole? Un dibattito sulla riforma della Chiesa

Da quando Francesco è stato scelto come vescovo di Roma, è tornato a riaffacciarsi il tema della Teologia della Liberazione, in relazione al Vaticano e alle posizioni del papa. Nel settembre del 2013, il papa ha ricevuto Gustavo Gutiérrez e in Italia è uscito il libro scritto da quest’ultimo insieme al card. Müller, attuale presidente della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 
Marcelo Barros:  Il Papa e la Teologia della Liberazione

Molti sono (siamo) sorpresi per le cose che dice e che fa papa Francesco, in linea con il Vangelo. Ci pare che sia una cosa assai buona, ma riteniamo che la Chiesa abbia bisogno di qualcosa di più di un papa (per quanto un papa come Francesco sia necessario).
Molti siamo convinti che il Concilio Vaticano II (1962-1965) sia stato un dono per la Chiesa e che la sua visione generale e i suoi documenti debbano essere attualizzati e portati a compimento. Pensiamo, però, che non basti più un Concilio, perché forse l’era dei Concilii episcopali della Chiesa, iniziata nel palazzo imperiale di Nicea, è giunta al suo termine.
Abbiamo bisogno di qualcosa di più, più di un papa, più di un Concilio…

 
Xavier Pikaza:  Più di un papa, più di un Concilio

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Un lettore chiede ad Avvenire che i preti predichino anche nelle Messe feriali: un tema “risolto” dal Papa nell’”Evangelii Gaudium” e con l’esempio a Santa Marta.
... Adesso però il tempo è maturo, "molti sono i reclami in relazione a quest'importante ministero e non possiamo più chiudere le orecchie". A scrivere così è lo stesso Papa Francesco che ha voluto dedicare un intero capitolo - quindici paginette - della sua prima esortazione apostolica alla valorizzazione dell'omelia, dal momento che "i fedeli, come gli stessi ministri ordinati, molte volte soffrono, gli uni ad ascoltare gli altri a predicare"...

  Diego Andreatta:  Un'omelia al giorno

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 FRANCESCO
 




     Angelus/Regina Cæli - Angelus, 23 marzo 2014

    Udienza - 26 marzo 2014

    Omelia - 28 marzo 2014: Celebrazione penitenziale

    Discorso - Ai membri dell'Associazione "Corallo" (22 marzo 2014)

    Discorso - Ai Presuli della Conferenza Episcopale della Guinea, in Visita "ad Limina Apostolorum" (24 marzo 2014)

    Discorso - Ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute) (24 marzo 2014)

    Discorso - Ai partecipanti al Corso promosso dalla Penitenzieria Apostolica (28 marzo 2014)



    MESSAGGIO PER LA QUARESIMA 2014



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22/03/2014:

  Gesù è la nostra speranza...


24/03/2014:

  Gesù non è mai lontano...


25/03/2014:

  Non possiamo essere...


27/03/2014:

  La Quaresima è un tempo di grazia...


28/03/2014:

  Tutti abbiamo bisogno...


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Angelus del 23 marzo 2014 (testo e video)



 23/03/2014 

Cari fratelli e sorelle buongiorno!

Il Vangelo di oggi ci presenta l’incontro di Gesù con la donna samaritana, avvenuto a Sicar, presso un antico pozzo dove la donna si recava ogni giorno per attingere acqua. Quel giorno, vi trovò Gesù, seduto, «affaticato per il viaggio» (Gv 4,6). Egli subito le dice: «Dammi da bere» (v. 7). In questo modo supera le barriere di ostilità che esistevano tra giudei e samaritani e rompe gli schemi del pregiudizio nei confronti delle donne. La semplice richiesta di Gesù è l’inizio di un dialogo schietto, mediante il quale Lui, con grande delicatezza, entra nel mondo interiore di una persona alla quale, secondo gli schemi sociali, non avrebbe dovuto nemmeno rivolgere la parola. Ma Gesù lo fa! Gesù non ha paura. Gesù quando vede una persona va avanti, perché ama. Ci ama tutti.
...
... Siamo chiamati a riscoprire l’importanza e il senso della nostra vita cristiana, iniziata nel Battesimo e, come la Samaritana, a testimoniare ai nostri fratelli. Che cosa? La gioia! Testimoniare la gioia dell’incontro con Gesù, perché ho detto che ogni incontro con Gesù ci cambia la vita, e anche ogni incontro con Gesù ci riempie di gioia, quella gioia che viene da dentro. E così è il Signore. E raccontare quante cose meravigliose sa fare il Signore nel nostro cuore, quando noi abbiamo il coraggio di lasciare da parte la nostra anfora.

Dopo l'Angelus:
...

  testo integrale dell'Angelus

  video


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Papa Francesco UDIENZA GENERALE 26 marzo 2014 - testo e video



Piazza San Pietro
Mercoledì, 26 marzo 2014

Cari fratelli e sorelle,

abbiamo già avuto modo di rimarcare che i tre Sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia costituiscono insieme il mistero della «iniziazione cristiana», un unico grande evento di grazia che ci rigenera in Cristo. È questa la vocazione fondamentale che accomuna tutti nella Chiesa, come discepoli del Signore Gesù. Ci sono poi due Sacramenti che corrispondono a due vocazioni specifiche: si tratta dell’Ordine e del Matrimonio. Essi costituiscono due grandi vie attraverso le quali il cristiano può fare della propria vita un dono d’amore, sull’esempio e nel nome di Cristo, e così cooperare all’edificazione della Chiesa.
L’Ordine, scandito nei tre gradi di episcopato, presbiterato e diaconato, è il Sacramento che abilita all’esercizio del ministero, affidato dal Signore Gesù agli Apostoli, di pascere il suo gregge, nella potenza del suo Spirito e secondo il suo cuore. Pascere il gregge di Gesù non con la potenza della forza umana o con la propria potenza, ma quella dello Spirito e secondo il suo cuore, il cuore di Gesù che è un cuore di amore. Il sacerdote, il vescovo, il diacono deve pascere il gregge del Signore con amore. Se non lo fa con amore non serve. E in tal senso, i ministri che vengono scelti e consacrati per questo servizio prolungano nel tempo la presenza di Gesù, se lo fanno col potere dello Spirito Santo in nome di Dio e con amore.
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  video della catechesi

Saluti
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A tutti auguro che questo incontro susciti un rinnovato impegno in favore della pace e della solidarietà verso i più bisognosi.
Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Ieri abbiamo celebrato la Solennità dell’Annunciazione del Signore alla Vergine Maria. Cari giovani, particolarmente gli scouts presenti, sappiate mettervi in ascolto della volontà di Dio come Maria; cari malati, non scoraggiatevi nei momenti più difficili sapendo che il Signore non dà una croce superiore alle proprie forze; e voi, cari sposi novelli, edificate la vostra vita matrimoniale sulla salda roccia della Parola di Dio.

  testo integrale dell'udienza generale

  video integrale



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"La strada della umiltà e le due verità" - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano

24 marzo 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco:
"l'umiltà cristiana è dire la verità"

È sulla strada dell’emarginazione che Dio ci trova e ci salva. Lo ha ricordato Papa Francesco nella messa celebrata lunedì mattina, 24 marzo, nella cappella della Casa Santa Marta, incentrando la sua omelia su un forte richiamo all’umiltà.

Per spiegare cosa significa stare “ai margini” per essere salvati, il Pontefice si è riferito alla liturgia del giorno, che presenta due brani particolarmente eloquenti, tratti dal secondo Libro dei Re (5,1-15a) e dal Vangelo di Luca (4,24-30). Nel passo evangelico, ha notato il Santo Padre, Gesù afferma di non poter fare miracoli nella sua Nazareth «per mancanza di fede»: proprio lì, dove era cresciuto, «non avevano fede». Precisamente, ha aggiunto, Gesù dice: «Nessun profeta è bene accetto nella sua patria». E ricorda poi la storia di Naamàn il siro con il profeta Eliseo, narrata nella prima lettura, e quella della vedova di Sidone con il profeta Elia.
«I lebbrosi e le vedove in quel tempo erano emarginati» ha sottolineato il Papa. In particolare «le vedove vivevano della carità pubblica, non entravano nella normalità della società», mentre i lebbrosi dovevano vivere fuori, lontano dal popolo. 
Così nella sinagoga di Nazareth, racconta il Vangelo, «Gesù dice che qui non ci sarà miracolo: qui voi non accettate il profeta perché non avete bisogno, siete troppo sicuri». Le persone che Gesù aveva davanti infatti «erano tanto sicure nella loro “fede” fra virgolette, tanto sicure nella loro osservanza dei comandanti, che non avevano bisogno di un’altra salvezza». Un atteggiamento che rivela, ha spiegato il Pontefice, «il dramma dell’osservanza dei comandamenti senza fede: io mi salvo da solo perché vado alla sinagoga tutti i sabati, cerco di obbedire i comandamenti»; e «che non venga questo a dirmi che sono meglio di me quel lebbroso e quella vedova, quegli emarginati!».
... 
Proprio questo, ha sottolineato il Papa, è «il messaggio di oggi, in questa terza settimana di Quaresima: se noi vogliamo essere salvi, dobbiamo scegliere la strada della umiltà, dell’umiliazione». Valga come testimonianza Maria, che «nel suo cantico non dice di essere contenta perché Dio ha guardato la sua verginità, la sua bontà, la sua dolcezza, le tante virtù che lei aveva», ma esulta «perché il Signore ha guardato l’umiltà della sua serva, la sua piccolezza». È proprio «l’umiltà che guarda il Signore». 
Così anche noi, ha affermato il Pontefice, «dobbiamo imparare questa saggezza di emarginarci perché il Signore ci trovi». Infatti Dio «non ci troverà al centro delle nostre sicurezze. No, lì non va il Signore! Ci troverà nell’emarginazione, nei nostri peccati, nei nostri sbagli, nelle nostre necessità di essere guariti spiritualmente, di essere salvati. È lì che ci troverà il Signore». 
E questa, ha precisato ancora, «è la strada della umiltà. L’umiltà cristiana non è una virtù» che ci fa dire «io non servo per niente» e così ci fa «nascondere la superbia»; invece «l’umiltà cristiana è dire la verità: sono peccatore, sono peccatrice!». Si tratta, in sostanza, semplicemente di «dire la verità; e questa è la nostra verità». Ma, ha concluso il Papa, c’è anche «l’altra verità: Dio ci salva! Ma ci salva là, quando noi siamo emarginati. Non ci salva nella nostra sicurezza». Da qui la preghiera a Dio perché ci dia «la grazia di avere questa saggezza di emarginarci; la grazia dell’umiltà per ricevere la salvezza del Signore»

  Emarginati dunque salvi

  video


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"La salvezza è un regalo, totalmente gratuito" - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)




S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano

25 marzo 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
"la salvezza si riceve con cuore umile"

Il Signore è in cammino con noi per ammorbidire il nostro cuore. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Nell’odierna Solennità dell’Annunciazione, il Papa ha dunque sottolineato che solo con un cuore umile come quello di Maria possiamo avvicinarci a Dio. La salvezza, ha poi osservato, non si compra e non si vende: si regala.

Dove porta la superbia del cuore? Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi su Adamo ed Eva che, cedendo alla seduzione di Satana, hanno creduto di essere come Dio. Quella “superbia sufficiente” fa sì che siano allontanati dal Paradiso. Ma il Signore non li lascia camminare da soli, fa loro una promessa di redenzione e cammina con loro. “Il Signore – ha detto ancora il Papa – accompagnò l’umanità in questo lungo cammino. Ha fatto un popolo. Era con loro”. E quel “cammino che è incominciato con una disobbedienza”, “finisce con una obbedienza”, con il sì di Maria all’Annuncio dell’angelo. “Il nodo che ha fatto Eva con la sua disobbedienza – ha detto richiamando Sant’Ireneo di Lione – lo ha sciolto Maria con la sua obbedienza”. E’ un cammino, ha soggiunto, “nel quale le meraviglie di Dio si moltiplicano”:
“Il Signore è in cammino con il suo popolo. E perché camminava con il suo popolo, con tanta tenerezza? Per ammorbidire il nostro cuore. Esplicitamente lo dice, Lui: ‘Io farò del tuo cuore di pietra un cuore di carne’. Ammorbidire il nostro cuore per ricevere quella promessa che aveva fatto nel Paradiso. Per un uomo è entrato il peccato, per un altro uomo viene la salvezza. E questo cammino tanto lungo aiutò tutti noi ad avere un cuore più umano, più vicino a Dio, non tanto superbo, non tanto sufficiente”.
E oggi, ha proseguito, la liturgia ci parla “di questa tappa nel cammino di restaurazione”, “ci parla di obbedienza, di docilità alla Parola di Dio”:
“La salvezza non si compra, non si vende: si regala. E’ gratuita. Noi non possiamo salvarci da noi stessi: la salvezza è un regalo, totalmente gratuito.
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  Il Papa: la salvezza è un dono da ricevere con cuore umile, come ha fatto Maria

  video


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Il dolore di Dio - Papa Francesco - S. Messa con i parlamentari italiani - (video e testo)


S. Messa - Altare della Cattedra in San Pietro
27 marzo 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
"Apriamoci alla salvezza che viene da Dio, dalla fede"

Al tempo di Gesù c’era una classe dirigente che si era allontanata dal popolo, lo aveva “abbandonato”, incapace di altro se non di seguire la propria ideologia e di scivolare verso la corruzione. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa celebrata questa mattina presso l'Altare della Cattedra in San Pietro, alla presenza di 493 parlamentari italiani.

Interessi di partito, lotte interne. Le energie di chi comandava ai tempi di Gesù erano per queste cose al punto che quando il Messia si palesa ai loro occhi non lo riconoscono, anzi lo accusano di essere un guaritore della schiera di Satana. Ad ascoltare di primo mattino le parole di Papa Francesco nella Basilica Vaticana c’è gran parte del parlamento italiano, compresi nove ministri e i presidenti di Senato e Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini. La prima lettura, tratta dal Libro di Geremia, mostra il profeta dare voce al “lamento di Dio” verso una generazione che, osserva il Papa, non ha accolto i suoi messaggeri e che invece si giustifica per i suoi peccati. “Mi hanno voltato le spalle”, cita Papa Francesco, che commenta: “Questo è il dolore del Signore, il dolore di Dio”. E questa realtà, prosegue, è presente anche nel Vangelo del giorno, quella di una cecità nei riguardi di Dio soprattutto da parte dei leader del popolo:
“Il cuore di questa gente, di questo gruppetto con il tempo si era indurito tanto, tanto che era impossibile ascoltare la voce del Signore. E da peccatori, sono scivolati, sono diventati corrotti. E’ tanto difficile che un corrotto riesca a tornare indietro. Il peccatore sì, perché il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato nelle sue cose, e questi erano corrotti. E per questo si giustificano, perché Gesù, con la sua semplicità, ma con la sua forza di Dio, dava loro fastidio”.
...
Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini. Gesù li chiama, loro, ‘sepolcri imbiancati’”.
La Quaresima, conclude Papa Francesco, ricorda che “Dio ci ama tutti” e che dobbiamo “fare lo sforzo di aprirci” a Lui:
“In questa strada della Quaresima ci farà bene, a tutti noi, pensare a questo invito del Signore all’amore, a questa dialettica della libertà dove c’è l’amore, e domandarci, tutti: Ma io sono su questa strada? O ho il pericolo di giustificarmi e andare per un’altra strada?, una strada congiunturale, perché non porta a nessuna promessa. E preghiamo il Signore che ci dia la grazia di andare sempre per la strada della salvezza, di aprirci alla salvezza che viene soltanto da Dio, dalla fede, non da quello che proponevano questi ‘dottori del dovere’, che avevano perso la fede a reggevano il popolo con questa teologia pastorale del dovere”.

  Messa del Papa con i parlamentari italiani: no ai "dottori del dovere", apriamo il cuore a Dio

  Testo integrale del Santo Padre distribuito dalla Sala Stampa della Santa Sede.

  video

Alla fine in tanti sono rimasti in piedi nello spazio vicino all'Altare della Cattedra. D'altronde non poteva esser diversamente visto che questa mattina in Vaticano è arrivato in pratica mezzo Parlamento e una parte consistente del governo. Tra i ministri anche Marianna Madia che tra qualche giorno partorirà. Le parole del Pontefice hanno sollecitato i politici. ...

  La presidente Boldrini: Papa severo con i politici, li ha invitati ad ascoltare i bisogni di chi non ce la fa più


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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
28 marzo 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco:
"Dio è fedele, non si stanca di perdonare"

Dio ama, “non sa fare altra cosa”. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che il Signore sempre ci aspetta e ci perdona, è “il Dio della misericordia” che ci fa festa quando torniamo da Lui.

Dio ha nostalgia di noi, quando ci allontaniamo da Lui. Papa Francesco ha svolto la sua omelia muovendo dal Libro del Profeta Osea, nella prima Lettura. Il Signore, ha osservato, ci parla con tenerezza. Anche quando “ci invita alla conversione” e questa parola ci “suona un po’ forte”, ha evidenziato, dentro c’è “questa nostalgia amorevole di Dio”. C’è l’esortazione del Padre che dice al figlio: “Torna, è ora di tornare a casa”. Quindi, ha rilevato che già “soltanto con questa parola possiamo passare tante ore di preghiera”:
“E’ il cuore di nostro Padre, è così Dio: non si stanca, non si stanca! E per tanti secoli ha fatto questo, con tanta apostasia, tanta apostasia del popolo. E Lui sempre torna, perché il nostro Dio è un Dio che aspetta. Da quel pomeriggio nel Paradiso terrestre, Adamo è uscito dal Paradiso con una pena e anche una promessa. E Lui è fedele, il Signore è fedele alla sua promessa, perché non può rinnegare se stesso. E’ fedele. E così ha aspettato tutti noi, lungo la storia. E’ il Dio che ci aspetta, sempre”.
...
Dio che aspetta e anche Dio che perdona. E’ il Dio della misericordia: non si stanca di perdonare. Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere il perdono, ma Lui non si stanca. Settanta volte sette: sempre; avanti con il perdono. E dal punto di vista di un’azienda, il bilancio è negativo. Lui sempre perde: perde nel bilancio delle cose, ma vince nell’amore”.
E questo, ha proseguito, perché Lui “è il primo che compie il comandamento dell’amore”. “Lui ama – ha detto il Papa – non sa fare altra cosa”. 
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La vita di ogni persona, di ogni uomo, ogni donna, che ha il coraggio di avvicinarsi al Signore, troverà la gioia della festa di Dio. Così, che questa parola ci aiuti a pensare al nostro Padre, Padre che ci aspetta sempre, che ci perdona sempre e che fa festa quando noi torniamo”.

  Papa Francesco: il bilancio di Dio non è quello di un'azienda, l'attivo è l'amore

  video


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 SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"


“Benvenuto signor Presidente”. Con la consueta semplicità papa Francesco ha accolto in San Pietro il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. “It’s wonderful to meet you. Thank you so much”, ha replicato Obama (“E’ meraviglioso incontrarla, grazie”)

 
foto


Udienza del Papa con il Presidente degli Stati Uniti

  video integrale

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... «Sembra vivere gli insegnamenti di Cristo – dice Obama – con incredibile umiltà, senso di empatia per gli ultimi, per i poveri. È una persona che prima di tutto pensa a come abbracciare le altre persone, non a come respingerle. A come trovare quello che c’è di buono in loro e non a condannarle. È una qualità che ammiro». Sono molti i temi che il capo della Casa Bianca spera di avere l’opportunità di affrontare con papa Bergoglio. Ma prima di tutto, dice, vuole «ringraziarlo per i suoi richiami alla pace e al rispetto della dignità umana». «Papa Francesco – spiega il presidente – ha catturato l’attenzione del mondo con il suo impegno personale verso i poveri e gli emarginati, con l’enfasi sul valore di tutte le persone e gli inviti ai leader dei governi e della società ad agire per portare nuova speranza e opportunità a chi ne ha più bisogno». Obama, conclude l’email, vuole offrire a Francesco il proprio supporto nel continuare questa missione e nell’unire la sua voce a quella «cruciale del Papa, per guardare insieme alle aree di conflitto, di persecuzione religiosa e di povertà nel mondo»...

  AVVENIRE:  Obama da Papa Francesco: quell'email ad Avvenire

Al tempo di Gesù c’era una classe dirigente che si era allontanata dal popolo, lo aveva “abbandonato”, incapace di altro se non di seguire la propria ideologia e di scivolare verso la corruzione. Celebra la solita Messa della mattina il Papa, ma oggi lo fa nella Basilica di San Pietro all’altare della cattedra e non a Santa Marta. Partecipano 493 parlamentari italiani, ma il Papa non riserva nulla di speciale: messa del giorno feriale. Ma l’omelia è potente, parole severe che ognuno dovrà meditare.

  Alberto Bobbio:   «I POLITICI NON VOLTINO LE SPALLE ALLA GENTE»

La traccia che il 27 marzo 2014 le letture del giorno (Libro di Geremia 7, 23-28, Vangelo di Luca 11,14-23) hanno proposto alla riflessione del Papa, al cammino di uomini e donne "importanti" accorsi a San Pietro e all’ascolto di tutti i cattolici e di ogni persona di buona volontà è stata, insomma, misteriosamente e ruvidamente attuale. Una traccia profonda, in questo duro tempo di multiformi crisi e di vasta ingiustizia, come scavata da ciò che tanta della nostra gente (e non solo essa) dolorosamente vive e come segnata dalle angustie e dalle urgenze di bene che i nostri politici di coscienza provano (e non solo loro dovrebbero provare). 

 
Marco Tarquinio:  Con nuda forza

Il primo ad essere visibilmente sorpreso è stato il cerimoniere, monsignor Guido Marini. Aveva accompagnato il papa fin al confessionale a lui riservato. Tutto pronto: la fila di fedeli in attesa del proprio turno, il giusto clima di raccoglimento, i canti di sottofondo, altri 61 preti pronti ad amministrare il sacramento della Riconcliazione.Ma Jorge Mario Bergoglio ha deciso altrimenti. E ha puntato deciso un altro confessionale, inginocchiandosi faccia a faccia di fronte a un sacerdote. Il Papa ha dato l'esempio confessandosi lui per primo. 

  Alberto Chiara  La confessione di papa Francesco





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SPECIALE di TEMPO PERSO:
Benedetto XVI
  rinuncia al ministero
di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro







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            http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm