"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°18 del 2014

Aggiornamento della settimana

- dal 26 aprile al 2 maggio 2014 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 9 maggio 2014          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

  
  di P. Gregorio Battaglia

  di P. Aurelio Antista

    di P. Alberto Neglia


PREGHIERA DEI FEDELI

 
N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 




CANONIZZAZIONE
Giovanni XXIII e
Giovanni Paolo II


  (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)


La gioia di Papa Francesco per le canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II nei messaggi ai polacchi ed ai bergamaschi



Per Papa Francesco «è una gioia speciale che la canonizzazione di papa Giovanni XXIII avvenga insieme a quella del beato Giovanni Paolo II», perché il primo «ha aperto la strada» del «rinnovamento voluto dal Concilio» e il secondo lo ha «portato avanti nel suo lungo pontificato». A due giorni dal rito solenne in cui canonizzerà i due predecessori, papa Bergoglio ha voluto sottolineare il legame tra il Concilio Ecumenico Vaticano II e i due papi futuri santi.
Venerdì 25 aprile il Vaticano ha pubblicato due messaggi papali sui futuri santi. Il primo è un videomessaggio ai polacchi trasmesso ieri dalla tv e dalla radio in Polonia, il secondo un messaggio ai bergamaschi inviato da Bergoglio anche a L'Eco di Bergamo, di cui Roncalli da giovane fu apprezzato collaboratore.

«Cari amici bergamaschi,
avvicinandosi il giorno della canonizzazione del beato Giovanni XXIII, ho sentito il desiderio di inviare questo saluto al vostro Vescovo Francesco, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai fedeli laici della Diocesi di Bergamo, ma anche a coloro che non appartengono alla Chiesa e all’intera comunità civile bergamasca».
Inizia così la lettera che Papa Francesco ha scritto a tutti i bergamaschi a due giorni dalla cerimonia di canonizzazione di Giovanni XXIII: «Affido - prosegue il pontefice - questo mio messaggio a L’Eco di Bergamo, di cui il giovane sacerdote Don Angelo Roncalli fu apprezzato collaboratore».
«Vi invito a ringraziare il Signore - scrive Papa Bergoglio - per il grande dono che la sua santità è stata per la Chiesa universale, e vi incoraggio a custodire la memoria del terreno nel quale essa è germinata: un terreno fatto di profonda fede vissuta nel quotidiano, di famiglie povere ma unite dall’amore del Signore, di comunità capaci di condivisione nella semplicità»...

  MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI BERGAMASCHI IN OCCASIONE DELLA CANONIZZAZIONE DEL BEATO GIOVANNI XXIII

... E questa lettera di Papa Francesco al nostro quotidiano non può non sorprendere. Arriva alla vigilia del grande evento della canonizzazione, destinatari il vescovo. Francesco Beschi e «L’Eco». Arriva come viatico beneaugurante per coloro che si sono messi in cammino diretti a Roma per assistere alla canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
Le parole del pontefice sono pregne di sapere e conoscenza della vita di Papa Roncalli. Niente fronzoli, vanno dritte al cuore, penetrano nell’animo della gente. Francesco si rivolge al clero, ma il suo saluto va «anche a coloro che non appartengono alla Chiesa»: nessuna distinzione di credo, di fede. Il pontefice si mostra radioso nell’affermare che Bergamo e Sotto il Monte sono diventati «familiari in tutto il mondo». Usa la parola «familiari», non «famosi» e associa questa semplice notorietà al volto sorridente del Papa della bontà...

  Papa Francesco come Papa Roncalli E un saluto che sempre sa stupire

Cari connazionali del Beato Giovanni Paolo II!
E’ ormai vicina la canonizzazione di quel grande uomo e grande papa che è passato alla storia con il nome di Giovanni Paolo II. Sono felice di essere stato chiamato a proclamare la sua santità, nella prossima Domenica della Divina Misericordia, a conclusione dell’Ottava di Pasqua. Sono grato a Giovanni Paolo II, come tutti i membri del Popolo di Dio, per il suo instancabile servizio, la sua guida spirituale, per aver introdotto la Chiesa nel terzo millennio della fede e per la sua straordinaria testimonianza di santità.
Papa Benedetto XVI ha notato giustamente, tre anni fa, nel giorno della beatificazione del suo Predecessore, che quello che Giovanni Paolo II chiedeva a tutti, cioè di non avere paura e di spalancare le porte a Cristo, egli stesso lo ha fatto per primo: «Ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi politici ed economici, invertendo con la forza di un gigante – forza che gli veniva da Dio – una tendenza che poteva sembrare irreversibile. Con la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana, questo esemplare figlio della Nazione polacca ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia della libertà» (Omelia, 1 maggio 2011). Mi identifico pienamente con queste parole del Papa Benedetto XVI...

  VIDEOMESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI POLACCHI IN OCCASIONE DELLA CANONIZZAZIONE DEL BEATO GIOVANNI PAOLO II


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Radiomessaggio di Giovanni XXII per l’intesa e la concordia tra i popoli


Il Radiomessaggio per l’intesa e la concordia tra i popoli fu pronunciato in lingua francese da Papa Giovanni XXIII alle ore 12.00 di giovedì 25 ottobre 1962 dai microfoni della Radio vaticana, rivolgendosi ai governanti della terra e "a tutti gli uomini di buona volontà". Il messaggio era stato già consegnato - poche ore prima - agli ambasciatori degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica, presso la Santa Sede. 
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Il Santo Padre dirige ai popoli del mondo intero ed ai loro Governanti un fervido appello per instaurare e consolidare il supremo bene della pace. Il messaggio di Sua Santità è immediatamente diffuso in ogni Continente dalla stazione Radio Vaticana; quindi ritrasmesso da numerosi centri radio-fonici e televisivi. Esso suscita generali, vivi consensi: e da impulso decisivo a risolvere la gravissima situazione prodottasi per il conflitto fra Stati Uniti e Cuba.

“Signore, ascolta la supplica del tuo servo, la supplica dei tuoi servi, che temono il tuo nome” (Ne 1,11) Questa antica preghiera biblica sale oggi alle nostre labbra tremanti dal profondo del nostro cuore ammutolito e afflitto.
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Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra.
Che tutti i Nostri figli, che tutti coloro che sono segnati dal sigillo del battesimo e nutriti dalla speranza cristiana, infine che tutti coloro che sono uniti a Noi per la fede in Dio, uniscano le loro preghiere alla Nostra per ottenere dal cielo il dono della pace: di una pace che non sarà vera e duratura se non si baserà sulla giustizia e l’uguaglianza.
Che a tutti gli artigiani di questa pace, a tutti coloro che con cuore sincero lavorano per il vero bene degli uomini, vada la grande benedizione che Noi accordiamo loro con amore al nome di Colui che ha voluto essere chiamato “Principe della Pace” (Is 9,6).


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Papa Francesco e Giovanni XXIII - Quelle sintonie tra Roncalli e Bergoglio


Quelle sintonie tra Roncalli e Bergoglio
di ANDREA TORNIELLI


La misericordia e la bontà, la tenerezza, la costruzione di ponti verso i lontani: alcuni degli aspetti che accomunano Francesco al nuovo santo Giovanni XXIII

Karol Wojtyla era un «grande uomo, un grande Papa», e «sono felice di essere chiamato a proclamare la sua santità», ha detto Francesco in un videomessaggio inviato in Polonia alla vigilia della cerimonia di domani, durante la quale saranno canonizzati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Ma non c'è dubbio che il processo per l'aureola all'«atleta di Dio» polacco fosse già in fase avanzata quando si è tenuto l'ultimo conclave. La vera novità è dunque rappresentata dall'associazione con Roncalli, che Francesco ha voluto e deciso già nelle prime settimane dopo l'elezione.

Per Papa Bergoglio, Roncalli è un punto di riferimento. «Entrambi hanno destato un forte consenso popolare grazie alla loro naturale capacità di comunicare in modo concreto e immediato il senso dell’umanità e della bontà di Dio», osserva Stefania Falasca nel libro «Giovanni XXIII, in una carezza la rivoluzione» (Rizzoli). Fin dai primi passi del suo pontificato, Francesco ha detto e soprattutto mostrato con i gesti, che «non bisogna aver paura della tenerezza».

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Per approfondire leggi anche:
  • Papa Roncalli, un santo formidabile. Lo speciale di Formiche.net
  • DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE NEL 50° ANNIVERSARIO DELLA "PACEM IN TERRIS"
  • La gioia di Papa Francesco per le canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II nei messaggi ai polacchi ed ai bergamaschi



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Papa Francesco e Giovanni Paolo II - Bergoglio e Wojtyla a confronto


Intervista a George Weigel, biografo di Wojtyla, sulla canonizzazione del Papa polacco e su quanto il suo ministero influenzi oggi la Chiesa e il pontificato di Francesco

Quale secondo lei l’influenza spirituale di Giovanni Paolo II nel pontificato di Papa Francesco?
Weigel: Beh, il fatto che questa canonizzazione si svolge nella Domenica della Divina Misericordia, che era un’iniziativa di Giovanni Paolo II e che la misericordia di Dio è il tema centrale del pontificato di Papa Francesco, dimostra che vi è un legame chiaro e profondo tra questi due uomini. Ed è anche il senso che il mondo sta cercando oggi. Il mondo è spesso confuso su ciò che desidera, ci sono ferite profonde nel tessuto dell'umanità e la Divina Misericordia è la risposta più appropriata ed efficace che la Chiesa sta fornendo.

  Giovanni Paolo II: speranza vibrante per il futuro dell'umanità

Due cardinali parlano dei papi Bergoglio e Wojtyla e li mettono a confronto, concludendo che si somigliano per «molti aspetti» e che Bergoglio forse farà le riforme che l'altro non osò o non potè fare. Uno è il cardinale Stanislaw Dziwisz che fu segretario di Giovanni Paolo II e ne parla con Gianfranco Svidercoschi nel volume Ho vissuto con un santo ... l'altro è il cardinale Camillo Ruini che fu vicario di Giovanni Paolo II per la città di Roma... Per Ruini i due Papi sono «entrambi grandi evangelizzatori, dotati della capacità di entrare in comunicazione immediata con la gente ed entrambi sono mossi da una fede profonda che fa loro superare gli ostacoli». In particolare Ruini si dice colpito dalla somiglianza dei due «nel sentirsi anzitutto vescovi di Roma»...

  Somiglianze tra papa Francesco e Wojtyla

Il 2 aprile di 8 anni fa tornava alla Casa del Padre il Beato Giovanni Paolo II. Papa Wojtyla è sempre stato legato a Jorge Mario Bergoglio che nel 1992 aveva nominato vescovo e nel 2001 creato cardinale. Riproponiamo alcuni passaggi di due omelie pronunciate dall’allora arcivescovo di Buenos Aires su Giovanni Paolo II. 

  Bergoglio parla di Wojtyla.

Vedi anche il nostro precedente post:

  La gioia di Papa Francesco per le canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II nei messaggi ai polacchi ed ai bergamaschi


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Roncalli-Wojtyla, affinità elettive - I due volti del pontificato di Papa Francesco.


Dall'apertura al mondo ebraico, alla scelta di viaggiare; dalle visite a carceri e ospedali all'allargamento del collegio cardinalizio. I gesti e i simboli che hanno accomunato Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, fino alla canonizzazione del prossimo 27 aprile

Il primo Papa che andò spontaneamente incontro ad un gruppo di ebrei romani e che salvò, da nunzio apostolico in Bulgaria, centinaia di ebrei destinati ai campi di concentramento nazisti? Giovanni XXIII. Il papa che fece il primo viaggio in treno uscendo dai confini laziali per andare a Loreto e ad Assisi, dando di fatto il via ai viaggi apostolici dei pontefici moderni? Giovanni XXIII. Il primo papa che appena eletto visitò un ospedale e un carcere? Giovanni XXIII. Il primo papa che dette il via alle visite domenicali alle parrocchie romane e che nominò il primo cardinale africano? Ancora Giovanni XXIII. Piccoli e grandi gesti compiuti da Angelo Giuseppe Roncalli nel suo brevissimo pontificato (1958-1963) che, in gran parte, saranno rilanciati anche dalle scelte pastorali di Karol Wojtyla durante i suoi 27 anni al timone della Barca di Pietro. Come dire, affinità elettive tra i due papi prossimi santi, pur essendo stati eletti con 20 anni di differenza l'uno dall'altro (nel 1958 Roncalli, a 78 anni; nel 1978 Wojtyla, 58enne) e universalmente riconosciuti protagonisti del rinnovamento della Chiesa in epoche e contesti diversi. C'è, in sostanza, tra i due un filo di collegamento nei gesti e nelle scelte, ricco di aneddoti e di episodi pubblici e privati, di "fuori programma" e di iniziative pastorali che li avvicinarono alla gente comune più dei loro predecessori.
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Due neo santi - Roncalli e Wojtyla - uniti, dunque, da una lunga serie di aneddoti e scelte personali, da piccole e grandi intuizioni di governo della Chiesa, da sensibilità pastorali in totale sintonia pur avendo caratteri e formazioni culturali differenti, tanto da aver plasmato due pontificati in sostanziale continuità anche a tanti anni di distanza l'uno dall'altro. E, certamente anche per questo, papa Francesco ora li santifica insieme. 

  Roncalli-Wojtyla, affinità elettive

... Bergoglio aveva fin qui avuto come patroni sul suo cammino Ignazio di Loyola e Francesco d’Assisi: il primo di elezione, quando entrò nella Compagnia di Gesù, l’altro dall’elezione, quando è uscito dalla Cappella Sistina.
Ma un Pontefice ha bisogno anche di Papi protettori, che conoscano il mestiere dal di dentro e lo assistano con “professionalità”, oltre che santità.
San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II interfacciano l’attuale successore di Pietro e rappresentano i due volti del suo pontificato: la paternità rassicurante e la leadership travolgente, la rivoluzione tranquilla e la riconquista del mondo.
La misericordia costituisce il DNA che apparenta e orienta tre personalità diversissime, scaturite da storie e da geografie lontane fra loro, ma in grado di raggiungere i contemporanei con la tenerezza e la forza di un abbraccio universale...

  Roncalli e Wojtyla: i due volti del pontificato di Papa Francesco.



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«Chi siete venuti a cercare?» di Giorgio Bernardelli


Il 15 agosto 2000 non c'erano ancora le dirette televisive in 3D. E nessuno poteva immaginare che quattordici anni dopo saremmo stati qui a discutere su un Papa emerito che concelebra con il suo successore. Eppure - per tanti versi - il clima del 15 agosto 2000 era molto simile a questo 27 aprile 2014.
Centinaia di migliaia di pellegrini stavano arrivando da tutto il mondo a piazza San Pietro; con la stessa sbornia di grandi numeri e di immagini ad effetto; e la stessa mole di parole e di storie, intense oppure naive, profondissime ma allo stesso tempo anche banali. Era l'inizio della Giornata mondiale della gioventù, l'appuntamento più atteso del Giubileo del 2000. Quello anche più esaltante, più carico di orgoglio e di speranze per una Chiesa all'inizio di un nuovo millennio.
In quel clima di tripudio - tra bandiere e ovazioni - fu con una domanda molto asciutta che l'uomo che d'ora in poi chiameremo san Giovanni Paolo II accolse i giovani e i milioni di persone che seguivano l'evento in diretta alla tv: «Chi siete venuti a cercare?», disse scandendo le parole. 
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«Chi siete venuti a cercare?». Giovanni Paolo II chi cercava lui lo spiegava molto bene in quel discorso del 15 agosto 2000. E basta aprire una pagina qualsiasi del Giornale dell'anima per ritrovare la stessa ansia anche in Giovanni XXIII. I santi non indicano mai se stessi, ma l'unico Maestro. E nell'indicarlo parlano sempre di un cammino ancora da percorrere per seguirlo davvero.
Riempiamoci allora gli occhi in questa giornata dei due Papi, apriamo con gioia l'album dei ricordi. Ma non terminiamo questa giornata senza domandarci che cosa la santità di queste due figure dice alla nostra vita. Quale carezza devo ancora portare a chi incontro sulla mia strada. Quali paure nel mio cuore continuano a tenere chiusa la porta a Cristo.
Proviamo ad ascoltarli davvero questi due nuovi santi. Forse così - come è accaduto, lontano dai riflettori, nel cuore di parecchi giovani quel 15 agosto 2000 - anche il 27 aprile 2014 diventerà un giorno di miracoli.

  «Chi siete venuti a cercare?»


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Canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II - cronaca di una giornata storica (testi, foto e video) / 1


Sono circa 500 mila i presenti nella zona di Piazza San Pietro e via della Conciliazione per la messa di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. E sono 800 mila i pellegrini che a Roma - tra l'area di Piazza San Pietro-Via della Conciliazione (500 mila) e quelle in cui sono stati allestiti i maxi-schermi (300 mila) - stanno assistendo alla cerimonia di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Lo riferisce la sala stampa vaticana.
È iniziata con una leggera pioggerella la solenne cerimonia per la Canonizzazione dei due Papi Santi, Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, in questa domenica che proprio il Papa polacco volle intitolare alla Divina Misericordia.

In apertura Benedetto XVI, sedutosi poi accanto ai porporati, accolto dai fedeli con un vivo applauso al suo ingresso alle 9.30. 

  video

Il Papa emerito - con la mitria, sorretto da un bastone - ha ricevuto inoltre un’affettuosa stretta di mano da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alla Messa insieme alla moglie Clio. Presenti tra le autorità anche i presidenti di Camera e Senato Boldrini e Grasso, il premier Renzi con la moglie Agnese e il sindaco di Roma Ingazio Marino.

Un’ovazione ancora più fragorosa si è sentita poco dopo quando Papa Francesco si è recato a salutarlo e abbracciarlo dopo aver baciato l'altare.
 
Alla cerimonia di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II presieduta da Papa Francesco hanno preso parte 150 cardinali, 1.000 vescovi, 6.000 sacerdoti, 93 delegazioni ufficiali, 24 tra reali e presidenti della Repubblica, a partire da Giorgio Napolitano. Sono giunti 34 fra capi di Stato e di governo.

Cardinali e vescovi hanno preso posto, guardando la facciata della Basilica, nella zona sinistra di piazza San Pietro. A essere, invece, intorno all’altare insieme al pontefice sono 5 concelebranti: il decano card. Angelo Sodano, il Prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi, Giovanni Battista Re, l’arcivescovo di Cracovia ed ex segretario di papa Giovanni Paolo II card. Stanislao Dziwisz, il cardinale vicario a Roma, Agostino Vallini e il vescovo di Bergamo, mons. Francesco Berschi.

  libretto della SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DEI BEATI GIOVANNI XXIII E GIOVANNI PAOLO II


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Canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II - cronaca di una giornata storica (testi, foto e video) / 2


La celebrazione ha preso il via alle 10 in punto con il momento delle tre petizioni in latino con cui il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, il cardinale Angelo Amato, ha “chiesto” al Papa la canonizzazione dei due Pontefici. Francesco ha risposto leggendo, in latino, la solenne formula con cui ha elevato agli onori degli altari i due Papi.
"Ad onore della Santissima Trinità - recitava la formula pronunciata dal Pontefice alle 10.15 - per l'esaltazione della fede cattolica e l'incremento della vita cristiana, con l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto, invocato più volte l'aiuto divino e ascoltato il parere di molti Nostri Fratelli nell'Episcopato, dichiariamo e definiamo Santi i Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e li iscriviamo nell'Albo dei Santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa essi siano devotamente onorati tra i Santi. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo".
L’emozione, fino a quel momento trattenuta in un silenzio reverente, teso e commosso, è sfociata in un applauso gioioso che ha coinvolto l'intera piazza San Pietro e probabilmente tutto il mondo che sta seguendo la cerimonia attraverso i media.

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Ancora più emozionante poi la processione delle reliquie dei due nuovi Santi fino al palchetto al fianco dell’altare. Floribeth Mora Diaz trasportava in lacrime quella contenente il sangue di Wojtyla, sostenuta dal braccio dal marito Edwin; il sindaco di Bergamo, i nipoti, don Ezio Bolis, presidente della Fondazione Giovanni XXIII, il reliquiario di Roncalli contenente un frammento della pelle del Papa buono raccolto in occasione della riesumazione della salma per la beatificazione nel 2000.

La celebrazione è ripresa dal Canto del Gloria. Come in tutte le grandi feste, il Vangelo è stato proclamato in greco e latino.


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Canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II - cronaca di una giornata storica (testi, foto e video) / 3


Uno spruzzo di pioggia fa temere il peggio ma dura poco, migliaia di ombrelli si aprono e chiudono, nulla a confronto col senso di solennità che lo “Iubilate Deo” e il “Gloria” intonati dalla Schola fanno piovere nel cuore di chi guarda il sorriso di Angelo e Karol e segue la celebrazione. 
La celebrazione è ripresa dal Canto del Gloria. Come in tutte le grandi feste, il Vangelo è stato proclamato in greco e latino.
I maxischermi si riempiono dei primi e primissimi piani di Angelo e Karol – e la piazza di applausi scroscianti – ogni volta che l’omelia di Papa Francesco li chiama in causa.
"Al centro di questa domenica che conclude l’Ottava di Pasqua, e che san Giovanni Paolo II ha voluto intitolare alla Divina Misericordia, ci sono le piaghe gloriose di Gesù risorto.
...

Che entrambi questi nuovi santi Pastori del Popolo di Dio intercedano per la Chiesa affinché, durante questi due anni di cammino sinodale, sia docile allo Spirito Santo nel servizio pastorale alla famiglia. Che entrambi ci insegnino a non scandalizzarci delle piaghe di Cristo, ad addentrarci nel mistero della misericordia divina che sempre spera, sempre perdona, perché sempre ama."

  testo integrale dell'Omelia 

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Canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II - cronaca di una giornata storica (testi, foto e video) / 4


La cerimonia è proseguita con le preghiere nelle varie lingue del mondo, tra cui il cinese; una delle preghiere è stata letta da Suor Simon Pierre-Normand la religiosa miracolata da Wojtyla

Alla comunione una lunga fila di ombrelli bianco gialli ha accompagnato gli 870 sacerdoti che hanno distribuito le particole consacrate ai fedeli. 
Quindi il Regina Coeli, la preghiera mariana che nel periodo di Pasqua prende il posto dell'Angelus, ha segnato il momento conclusivo con i saluti e i ringraziamenti del Papa a tutti coloro che hanno contribuito all'organizzazione e ai pellegrini giunti da tutto il mondo. 

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Hanno partecipato 1.700 volontari, più di 1.000 tra medici, infermieri e autisti, 87 mezzi, 80 squadre di soccorritori, 16 tende come punti medici avanzati e 5 “punti mamma”. Un valore aggiunto per una memorabile giornata di festa e di fede.
 
Papa Francesco ha rivolto un saluto particolare al sindaco di Roma, Ignazio Marino e al cardinale vicario Agostino Vallini oltre che alle delegazioni presenti, salutate personalmente al termine della celebrazione.
Infine Papa Francesco, con un inedito fuori programma, a bordo della Papamobile, non si è limitato a fare il giro della piazza al termine della solenne cerimonia liturgica, ma ha voluto salutare personalmente i tantissimi fedeli che dall'alba hanno voluto gremire la zona di San Pietro, percorrendo per intero via della Conciliazione tra due ali di folla. Il pontefice é rientrato per una via laterale in Vaticano, costeggiando l'Ospedale di Santo Spirito, ed entrando dalla porta del Perugino.

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"La chiesa in cerca della sua santità" di Enzo Bianchi



Uomini e donne che sono stati riconosciuti fedeli al vangelo vengono canonizzati, proclamati santi dalla chiesa affinché siano di esempio per tutti: i cristiani hanno infatti la convinzione che tra di loro alcuni tentino di vivere con radicalità la fedeltà al vangelo e perciò meritano di essere autorevoli e affidabili. Quando questa conformità alla vita di Gesù si mostra evidente, allora coloro che ne sono stati testimoni attribuiscono la santità ai loro fratelli e sorelle.

Ma non si dimentichi che i santi non sono “impeccabili”, sono anche loro dei peccatori nei quali però l’amore e la misericordia di Dio hanno vinto. Costoro non si sono fatti santi bensì sono stati fatti santi da Dio, il solo Santo, perché hanno tutto predisposto affinché l’azione di Dio in loro non trovasse ostacoli.

Sappiamo inoltre che una cosa è la santità e altra cosa è il processo del suo riconoscimento in vista di una venerazione pubblica: molti santi non sono conosciuti a sufficienza per essere proclamati tali, altri non hanno avuto nessuno che avesse la forza di far avanzare questo riconoscimento, altri ancora sono stati canonizzati secoli dopo la loro morte, a volte sotto la spinta di politiche ecclesiastiche mutate.

Infine alcuni sono nel catalogo dei santi nonostante alcune loro azioni siano state in contraddizione profonda con lo spirito e il comandamento cristiano: i preti sapienti e liberi di un tempo dicevano che questi erano stati proclamati santi nonostante le loro infedeltà al vangelo perché lo erano diventati prima di morire, in un modo che solo Dio conosce... Così recentemente, sotto la pressione di realtà ecclesiali, alcuni testimoni hanno conosciuto corsie preferenziali verso il riconoscimento della santità, altri per prudenza ecclesiastica subiscono ritardi apparentemente inspiegabili.
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  "La chiesa in cerca della sua santità" di Enzo Bianchi


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  La notte prima della canonizzazione, pellegrini in preghiera (foto)

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Uno viaggiatore, grande comunicatore, che amava il contatto con la gente; l’altro, soprannominato il Papa buono, fu il Papa del Concilio e dell’apertura della Chiesa al mondo. Di sicuro le figure di Giovanni Paolo II e di Giovanni XXIII, seppure così, diverse sono entrambi il simbolo di due Papi conservatori.
Come spiega Bruno Bartoloni, vaticanista di lungo corso, parlando della doppia canonizzazione dei due Papi: “Questi due Papi, sul piano della fede, erano due papi conservatori. Forse ben più conservatori di Papa Francesco, che per certi aspetti è disposto a delle aperture”.

  Bruno Bartoloni: Santi Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII. Similitudini e differenze (video)

Anche chi non si è recato a Roma per vivere in prima persona la canonizzazione ha potuto immergersi completamente nel clima di preghiera e di solennità, di festa e di gioia, che ha pervaso la Capitale e si è esteso “urbi et orbi” in mondovisione. Nonostante la tendenza alle distorsioni spettacolari, la tv è riuscita a restituirci momenti di raccoglimento e commozione, anche se le reti che hanno coperto l’evento hanno scelto modalità diverse.

  Marco Deriu: I due Papi santi in mondovisione




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I NOSTRI TEMPI




1° MAGGIO

  (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)


Il pesante legno della crisi


Nel giorno del 1° maggio ritorniamo sulle parole dedicate alle sofferenze del mondo del lavoro nella Via Crucis di qualche giorno fa al Colosseo. E proviamo a farle davvero nostre

Uno dei grandi difetti del nostro tempo è la facilità con cui le parole scorrono via, come semplici emozioni. Ed è una tentazione particolarmente forte in questa stagione ecclesiale, in cui sembra che ogni giorno ci debba essere per forza qualcosa di nuovo da rincorrere. Per questo oggi 1° maggio - giornata dei lavoratori - vorremmo proporre di fare un salto indietro, di appena pochi giorni. Anziché aggiungere parole che rischierebbero di essere retoriche su un tema oggi per tanti così drammatico, riprendiamone alcune la cui bellezza sta nel trasformare davvero questa sofferenza in preghiera. Sono le parole che l'arcivescovo Giancarlo Bregantini ha proposto nella seconda stazione della Via Crucis presieduta dal Papa il 18 aprile scorso, Venerdì Santo, al Colosseo. Il lavoro che non c'è è diventata la croce di cui è caricato oggi Gesù. E a ciascuno - secondo le sue responsabilità - è suggerita una strada per farsene carico. (G.Ber.)

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«Gesù portò i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue ferite siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime» (1 Pt 2,24-25).

Pesa quel legno della croce, perché su di esso Gesù porta i peccati di tutti noi. Barcolla sotto quel peso, troppo grande per un uomo solo (Gv 19,17).

È anche il peso di tutte le ingiustizie che hanno prodotto la crisi economica, con le sue gravi conseguenze sociali: precarietà, disoccupazione, licenziamenti, un denaro che governa invece di servire, la speculazione finanziaria, i suicidi degli imprenditori, la corruzione e l'usura, con le aziende che lasciano il proprio paese.

Questa è la croce pesante del mondo del lavoro, l'ingiustizia posta sulle spalle dei lavoratori. Gesù la prende sulle sue e ci insegna a non vivere più nell'ingiustizia, ma capaci, con il suo aiuto, di creare ponti di solidarietà e di speranza, per non essere pecore erranti né smarrite in questa crisi.

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Vedi il nostro post precedente:

  VOLTO DI CRISTO, VOLTO DELL'UOMO - MEDITAZIONI di Giancarlo Maria BREGANTINI per la VIA CRUCIS AL COLOSSEO - VENERDI' SANTO 2014


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“Nella precarietà, la speranza” - Senza lavoro non c'è umanesimo - Veglie in tutta Italia per il lavoro


Messaggio della Commissione Episcopale 
per il primo maggio

Senza lavoro non c'è umanesimo
“Nella precarietà, la speranza”

“La giornata del primo maggio, quest’anno, capita nella vicinanza della Pasqua, appena celebrata. Si tinge perciò di speranza, questo nostro messaggio, già alla luce di quell’evento di grazia. Resta però una giornata di lotta, non contro, ma pro, tutti insieme, sempre necessaria, per la tragedia crescente di questa crisi”.
Così si apre il Messaggio che la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, rivolge al mondo del lavoro in occasione del primo maggio 2014. Come Vescovi della pastorale sociale, si legge nel testo, “chiediamo a tutti una particolare empatia, davanti ai tantissimi drammi sociali”.
“Non si tratta più - prosegue il testo - semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati”, ma rifiutati, “avanzi!”.
Ecco allora la proposta di cammino individuata dalla Chiesa Italiana, che si sta preparando al grande Convegno di metà decennio a Firenze, attorno alla figura di Cristo che dà senso e significato al nuovo umanesimo. Dal 24 al 26 ottobre 2014, intanto, a Salerno si rifletterà sul tema “Nella precarietà, la speranza!”.
Come icona biblica per questo cammino, è stato scelto il brano evangelico della pesca miracolosa (Lc 5,1-11). A fronte del dramma delle reti vuote i Vescovi richiamano tre condizioni essenziali per reagire: solida formazione, coraggiosa volontà d’impresa, fraterna cooperazione.
“Ci rendiamo conto degli errori commessi” - è la conclusione del Messaggio – ma vogliamo intraprendere “strade di solidarietà, che non portino allo scarto ma all’incontro solidale con i giovani e i fragili”. 

  testo integrale del Messaggio

«Le parole di Simone: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”, assomigliano a quelle di chi oggi racconta: “Ho spedito centinaia di curriculum vitae ma nessuno mi ha risposto”. È la dignità da ritrovare nel lavoro che non c’è a fare da fil rouge ai tradizionali appuntamenti di riflessione e preghiera, in occasione del 1° maggio, festa dei lavoratori e memoria liturgica di san Giuseppe lavoratore.
Da Nord a Sud: tante diocesi italiane hanno prestato particolare attenzione anche alla “geografia del lavoro”, organizzando le Veglie di preghiera in luoghi simbolici che richiamano subito al mondo del lavoro. 

  1° maggio, veglie in tutta Italia per il lavoro




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“Chi non salta mafioso è” e in 4000 saltano insieme a mons. Montenegro al "Giovaninfesta 2014 Don’t pass over!��?"


Il primo maggio, raduno dei giovani della Diocesi di Agrigento a San Giovanni Gemini per celebrare il Giovaninfesta, giunto alla sua trentesima edizione.
Il tema del Giovaninfesta di quest’anno, Don’t pass over!��?, sposa le indicazioni date dal Vescovo mons. Montenegro nel Piano Pastorale Diocesano, ovvero riflettere sulla figura del Buon Samaritano.
Sotto la dimensione della responsabilità i giovani hanno riflettuto su un’accoglienza che detta le leggi di una società più giusta, per tutti, nella consapevolezza che questo percorso prende il via dall’impegno quotidiano e concreto di ciascuno… come il Samaritano che sa fermarsi anche se ha fretta; che sa andare oltre i confini sicuri di ciò che conosce per fare esperienza di un amore senza limiti; Don’t pass over!��?, un invito a percorrere le strade del mondo per costruire legami positivi e solidali con tutti, ma soprattutto con gli ultimi. Saper passare perciò dalla competizione alla dedizione all’altro, dall’esclusione al confronto, dalla contrapposizione al dialogo.
Si sono vissuti momenti di confronto, dibattiti e testimonianze.
Presente, per tutta la manifestazione, anche l’arcivescovo di Agrigento, mons. Franco Montenegro.
Particolarmente toccante la testimonianza di un muratore lampedusano, tra i primi ad intervenire il 3 ottobre scorso in occasione del naufragio che costò la vita a 366 migranti. Emozionante anche il racconto di Helix, un giovane scampato ad un altro naufragio, quello avvenuto sulle coste di Pachino nell’agosto 2013. Presente anche l’imprenditrice Elena Ferraro, che dicendo “no” ai suoi estorsori, ha permesso di catturare Mario Messina Denaro, cugino della primula rossa della mafia siciliana, Matteo. Al termine della testimonianza della Ferraro il vescovo ha preso la parola per spronare i giovani a salvaguardare la loro onestà, e il loro territorio. 
Non è la prima volta che lo fa, monsignor Montenegro. Altre volte ha detto "no" con coraggio, due anni fa ad esempio vietò i funerali solenni ad un boss mafioso, e ieri ha chiesto ai giovani di dimostrare loro da che parte stanno. 
«Alzi la mano chi non è per la mafia». E ancora: "Siete liberi o prigionieri?». Fino a quella provocazione da stadio, schietta e vincente. Don Franco, come lo chiamano i fedeli della diocesi siciliana ha scatenato l'entusiasmo della platea al grido di «Ragazzi, chi non salta mafioso è» e con quel gesto, immediato e irresistibile: un vescovo che inizia a saltare, un tutt'uno con i suoi giovani.

  video

Un po' per lo slogan da sana tifoseria, un po' perché lui è personaggio amato e ascoltato, un po' perché - senza indugio - si è messo a saltare lui per primo, il vescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, ha fatto centro. Tutti a saltare, migliaia di giovani divenuti una cosa sola, e una voce sola, contro la mafia.



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La Chiesa celebra oggi la Festa di San Giuseppe Lavoratore. La ricorrenza, istituita da Pio XII nel 1955 per dare un senso cristiano al primo maggio, Giornata internazionale del lavoro, cade in una fase ormai prolungata di crisi, che vede oltre 202 milioni di disoccupati nel mondo: un dato destinato a crescere nei prossimi anni. Papa Francesco, in questo primo anno di Pontificato, ha avuto parole molto forti su questo tema.

 
Sergio Centofanti: Il Vangelo del lavoro secondo Papa Francesco


Per il primo maggio i movimenti che si rifanno all'associazione fondata da Cardijn hanno diffuso un documento che chiede all'Europa di ripartire dalle idee dell'Evangelii Gaudium

  Giorgio Bernardelli: La Gioventù operaia di Papa Francesco


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Chibok, una località dello Stato del Borno, nel nord-est del colosso dell’Africa, la Nigeria, cittadina sconosciuta ai più fino al 15 aprile 2014, ora nota nel mondo intero per  l’assalto ad una scuola, durante il quale sono state rapite oltre duecento ragazze. Una terribile vicenda ancora avvolta nel buio più totale. Non si sa nemmeno con certezza il numero esatto delle giovani ancora in mano ai loro rapitori e quante siano riuscite a scappare.  I più accusano militanti del gruppo terrorista-jihadista Boho Haram, anche se il loro capo, Abubakar Shekau, non ha mai rivendicato il sequestro di massa.

  Cornelia I. Toelgyes:  Le duecento ragazze rapite in Nigeria portate in Ciad e in Camerun




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FEDE E
SPIRITUALITA'




DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO
HOREB n. 67 - 1/2014




DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO

HOREB n. 67 - 1/2014 

TRACCE DI SPIRITUALITÀ
A CURA DEI CARMELITANI

«Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito… » (Mt 25,35-36), così Gesù si rivolge ai giusti, costituendo i piccoli e i poveri come i suoi “vicari” sulla terra. 
Il Dio che incontriamo, nell’ascolto della Parola e nelle vicende della vita, in Gesù è un Dio “nudo”, Crocifisso Risorto, più nudo di tutti i defraudati della nostra storia, e non nasconde questa nudità d’amore. Egli nella sua nudità sposa l’umanità nuda. 
Se vogliamo restare fedeli a questo Dio, che, nel Figlio Gesù, accoglie e condivide, che è paziente, che vive la paradossale solitudine della croce, dobbiamo, assieme a Lui, restare fedeli alla terra, ad un popolo che Lui ama e dobbiamo restarci nella solitudine e nel silenzio. 
La vita cristiana è fedeltà a queste nozze di Dio con l'umanità, e cresce nell'inquieta pace di chi lascia che la sua fede si incarni, che il Verbo si riveli carne della sua carne e sangue del suo sangue e di quello di tutti coloro che camminano in questa terra, in particolare degli impoveriti e degli oppressi. 
La vita cristiana è coinvolgimento a condividere la passione d’amore che Dio ha per l'umanità e la creazione. E questa passione comporta il condividere lo stile povero di Gesù. 
In quest’ottica, il regno di Dio non tiene i cristiani lontano dalla realtà storica e dalla terra che li accoglie e li ospita. La logica del regno non consente di coltivare stili di vita separati, anzi attiva una nostalgia profonda di recuperare la storia e immergersi in essa. Il regno è invito ad entrare dentro a questa realtà assecondandone l’opera dello Spirito in una creazione che geme e soffre (Rm 8,19ss). 
Il regno di Dio, quindi, si costruisce a partire da un’umanità sfigurata, che ha nomi e lineamenti ben precisi. Oggi, questa umanità sfigurata, con una parola la potremmo chiamare Sud, se per i Sud del mondo non indichiamo solamente una posizione geografica – oggi i Sud sono nelle nostre città, nella porta accanto alla nostra –, quanto piuttosto una logica, una coordinata storica, è il basso, la profondità, la periferia, contrariamente a quello che noi reputiamo più importante: l’alto e il centro. 
È questa la prospettiva che orienta le riflessioni della monografia. 
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  Editoriale (PDF)

  Sommario  (PDF)

E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)



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  SANTA CATERINA DA SIENA  (video)

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Il 29 aprile del 2000 nella cattedrale di Messina mons. Francesco Montenegro (attualmente arcivescovo di Agrigento) veniva consacrato vescovo da mons. Giovanni Marra e nominato Ausiliare di Messina-Lipari e Santa Lucia del Mela. In quella celebrazione la chiesa era stracolma e i posti riservati erano solo per disabili, barboni e assistiti dalla Caritas!!!

  Auguri...

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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO

"Guai a voi, scribi e farisei ipocriti...!
Serpenti, razza di vipere, come potrete
sfuggire alla condanna della Geenna?"
(Matteo 23, 13.33)


  Gianfranco Ravasi:  Le invettive di Gesù: «serpenti, razza di vipere!»



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"Un cuore che ascolta - lev shomea' " - n. 22/2013-2014 (A) di Santino Coppolino



RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino

Vangelo: Gv 20,19-31

E' il primo giorno della settimana, "il giorno uno" della nuova creazione, giorno in cui la vita ha vinto la morte per sempre, "quello che non conosce tramonto". E' il giorno dei doni del Risorto, quello del suo Spirito e quello dello Shalom, della Pace, ma "non come quella che dà il mondo"(Gv 14,27). La Pace che viene da Dio è pienezza, perfezione e integrità di vita, è felicità e benessere per ogni figlio dell'uomo.
Dice il Talmud che  "su tre cose poggia il  mondo: LA VERITÀ (FEDELTÀ), LA GIUSTIZIA E LA PACE, che in realtà sono una sola cosa. Se la Verità (Fedeltà) viene difesa (con l'esempio della vita), la Giustizia si attua e allora la Pace regna" (Rabbi Shimon ben Gamliel, Ta'anit). Ma è una pace monca, che non può scendere in pienezza su di loro perché monca è la comunità, mancante di uno: Tommaso, il gemello di Gesù, quello che gli assomiglia nel dono della vita (Gv 11,16) non è con gli altri discepoli. Lui non sta rintanato nel cenacolo, non ha paura di morire con e come il suo Signore e la sua risposta alla gioia dei condiscepoli che già hanno fatto esperienza del Risorto non è una negazione dell'evento, quanto piuttosto il grido disperato di colui che ama il suo Signore ed ha bisogno di certezze per credere. Ma Gesù non gli concede apparizioni particolari, il Signore si rende presente solo all'interno della comunità, durante la celebrazione Eucaristica, "otto giorni dopo"
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Omelia di don Angelo Casati - II Domenica di Pasqua (A)


Omelia di don Angelo Casati 
II Domenica di Pasqua 
Anno A - 27 aprile 2014

At 2,42-47 
Sal 117
1 Pt 1,3-9 
Gv 20, 19-31

C'è un modo di raccontare la Risurrezione in qualche misura fantastico, miracoloso: un rovesciamento improvviso -quasi automatico delle situazioni- un cammino trionfante, dirompente. Così si racconta a volte la Risurrezione, e così si racconta a volte la Pentecoste: un rombo come di vento ed ecco le porte si aprono. Non dico che non ci sia del vero in questo modo di raccontare. E' il modo di raccontare di chi corre in avanti e anticipa il futuro.
In realtà -se stiamo al vangelo che oggi abbiamo ascoltato- il cammino della risurrezione ci appare meno dirompente: conosce avvicinamenti, resistenze, pause, gradualità. C'è un po' di enfasi in una certa predicazione che va sostenendo che come si fa presente Gesù, il Risorto, come viene lo Spirito, ecco le porte si aprono, si spalancano.

L'evangelista Giovanni dice che otto giorni dopo, otto giorni dopo la Risurrezione, le porte erano ancora chiuse! Eppure avevano visto il Signore fermarsi in mezzo a loro, avevano ricevuto lo Spirito: "Ricevete lo Spirito Santo" aveva detto, alitando su di loro. Ebbene le porte erano ancora chiuse! Le porte -le porte chiuse- sono come un simbolo: simbolo della durezza di una situazione, che ancora permane. Noi oggi ci lamentiamo degli insuccessi della fede. Pensate ai discepoli, agli apostoli che non riescono a convincere uno di loro. Eppure erano stati testimoni oculari del Risorto, l'avevano sentito dire: "Pace a voi". Aveva mostrato loro le ferite. E avevano gioito al vedere il Signore.

Non erano riusciti. E le porte erano ancora chiuse: la povertà delle nostre parole a dire, a testimoniare, e la resistenza del cuore a credere. Le porte chiuse! E questo Gesù, il Risorto, che viene a porte chiuse -non si vuol certo dire che viene alla maniera dei fantasmi-. Si vuol dire che nonostante i nostri ostacoli, nonostante le nostre resistenze, viene! Nonostante le nostre porte chiuse! E questo ci consola: tu, Signore, non ti fermi davanti alle nostre porte chiuse. E ci porti una parola di pace: "Pace a voi". E ci mostri le mani e il costato. E c'è bisogno di pace. Voi mi capite, certo di una pace anche dalla guerra e non possiamo non guardare con preoccupazione il riaccendersi di focolai di guerra in questi giorni.

Ma c'è bisogno di pace dentro di noi, una pace che liberi anche noi -come un giorno gli apostoli- dalle paure, dalle paure che ci bloccano dentro. A volte mi capita di pensare che i discepoli erano barricati sì anche per la paura dei Giudei, ma forse erano anche barricati dentro da un'altra paura, ancora più devastante, che era la paura per come avevano reagito, per come si erano comportati nei giorni della cattura e della crocifissione del loro maestro. Bloccati, come a noi succede, dalla delusione verso se stessi, una delusione che genera inquietudine, genera frustrazione, genera paura.

E Gesù che, come prima parola, dice una parola di pace. E anche la Chiesa dovrebbe dire come prima parola sempre questa: non una parola di condanna, ma di pace: "Non temere, va in pace".
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  Omelia di don Angelo Casati II Domenica di Pasqua


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"Un grido nel silenzio" di don Giovanni Berti


Un grido nel silenzio
di don Giovanni Berti
Commento al Vangelo
27 aprile 2014
DOMENICA in ALBIS

Gv 20,19-31

“Pace a voi!”, è questa la prima cosa che Gesù risorto dice ogni volta che appare ai discepoli, sia la sera di quel primo giorno dopo il sabato che otto giorni dopo. E da allora i discepoli ogni otto giorni si ritrovano insieme nel giorno che loro chiamano domenica, cioè “giorno del Signore”. Ed è così che anche noi la chiamiamo e la viviamo.
E’ un saluto e un dono allo stesso tempo. Gesù si presenta alla comunità di coloro che portano il suo nome nella pace che solo da Dio proviene, la pace vera. E’ la pace che porta felicità profonda nell’uomo, è la pace che cambia la storia umana da divisione a unità, da egoismo a solidarietà con tutti.
Ieri, 25 aprile, giorno che per la nostra nazione italiana ricorda la fine della seconda guerra mondiale e la liberazione dalla violenza nazifascista, nell’Arena di Verona c’è stata una grande manifestazione di tantissimi movimenti per la pace. Si sono intrecciati moltissimi slogan e inviti a costruire al pace, con i più disparati appelli che avevano in comune il desiderio che è di ogni essere umano che è vivere nella pace, nella concordia, senza più guerre, ingiustizie e povertà.
L’anfiteatro era pieno gente, circa 13mila persone, di tutti i colori, provenienze ed età, tante come sono tanti i colori della pace.
Forse molti pensano che manifestazioni come queste sono inutili, e le notizie dell’attualità sembrano confermare l’utopia della pace. Basti pensare l’escalation che sta avendo la crisi in Ucraina e il dramma crescente dei profughi dai paesi in guerra, come la Siria, che affollano le barche della speranza nel mar Mediterraneo.
“Pace a voi”, sembra una bella frasettina da celebrazione in chiesa che inizia e finisce nel momento in cui si pronuncia, e sembra che anche noi cristiani ci crediamo sempre meno. Ma Gesù risorto non la pronuncia in modo superficiale, e se il Vangelo lo ricorda così insistentemente, significa che questa pace del Risorto è davvero il progetto di Dio per l’umanità. Dalla pace di Cristo nasciamo come cristiani, e come cristiani questa pace siamo chiamati a farla scendere nel cuore nostro e nella vita attorno a noi.
La pace non è mai a basso prezzo, e si costruisce con il sacrificio della vita. Gesù infatti pronuncia queste parole mostrando nello stesso tempo i segni della passione, che nonostante sia un corpo risorto, sono rimasti impressi in modo indelebile nella sua carne. Gesù è il risorto e il vivente, ma non cancella le tracce del prezzo di questo amore senza limiti. I segni della passione sono anche essi un messaggio concreto ai suoi amici, chiamati a portare la pace sapendo di dover spesso pagare per la sua realizzazione.
E’ difficile credere e accettare questo, e Tommaso con la sua iniziale incredulità ci tranquillizza, perché anche noi come lui non troviamo la strada della fede così immediata e facile da accogliere.
Ma lo stesso Tommaso finirà con il pronunciare la più alta professione di fede nel Vangelo, quando alla fine riconosce Gesù come Signore e Dio. E’ difficile costruire la pace come ci insegna Gesù, ma è possibile, non è una illusoria utopia.
Ieri in Arena il momento per me più emozionante è stato quando a tutti i presenti hanno chiesto un minuto di silenzio per la pace nel mondo.
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  La pace richiede silenzio (video)

  Un grido nel silenzio


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"Cari giovani, sentinelle del futuro" di Bruno Forte Arcivescovo di Chieti-Vasto



"Cari giovani, sentinelle del futuro" 
di Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto

Lettera pubblicata su "Il Centro", 
Domenica 20 Marzo 2014,
 - Pasqua -

“Scrivo a voi, giovani, perché... siete forti e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno. Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui… E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!” (1 Gv 2, 13ss). 
Queste parole della prima lettera di Giovanni mi hanno aiutato a scegliere come destinatari di questa riflessione i giovani, in una Pasqua, ancora segnata dalla crisi che riguarda particolarmente loro, dato l’altissimo tasso di disoccupazione che caratterizza oggi il nostro Paese.
Provo a dire come immagino i giovani creatori del mondo che verrà, partendo da una immagine biblica, che si trova nel libro dei Numeri (cap. 13), dove si narra degli esploratori mandati da Mosè a visitare la terra promessa. Ritornando, essi portano il grappolo d’uva, il melograno e il fico, e raccontano quello che hanno visto, trasmettendo una tale emozione, che tutto il popolo decide di affrontare il rischio e di entrare in quel Paese dove abitano i giganti. È l’immagine di quanto dovrebbero fare i giovani di fronte alla crisi in cui ci troviamo. Come gli esploratori, i giovani non sono i capi del popolo, non sono né Mosè, né Aronne; essi non sono neanche i sacerdoti o i leviti, e neppure la grande massa costituita dalle famiglie, dagli anziani, dai bambini. I giovani sono per loro natura gli esploratori, mandati a scoprire il futuro di tutti.
Chi entrerà nella terra promessa, chi la vedrà e la farà sua? Chi ne intuisce già i tratti, ne avverte il sapore e il profumo? Siete Voi, giovani! Voi siete le sentinelle del mattino, che annunciano con i loro sogni e le loro attese il giorno che verrà. Voi siete i primi destinatari del sì che Dio non si stanca di dire al mondo. Voi anticipate il futuro, ce lo fate assaggiare. Chi sta a contatto con voi e sa ascoltarvi, riceve una carica stupefacente di giovinezza e di speranza. Mi chiedo, allora, quali caratteristiche dovrete avere per essere veri esploratori della terra promessa. Come agli inviati del libro dei Numeri, è chiesto a voi di raccontare un mondo ai più sconosciuto: dovete essere dei narratori! Narrare non significa aver capito tutto o voler spiegare tutto. Narrare vuol dire comunicare un’esperienza vissuta in maniera così intensa, da risultare contagiosa di futuro. È questo che è giusto aspettarsi da voi: che ci aiutiate a conoscere, attraverso i vostri racconti, che sono i vostri sogni, le vostre attese, le vostre speranze, un mondo che per tanti aspetti non conosciamo, quello che condividete ogni giorno nelle scuole, negli ambienti di vita, con i vostri amici, con quanti sanno dialogare con voi. Da questo mondo gli adulti spesso sono distanti, incapaci di capirlo. È
evidente, peraltro, che non si può imparare la lingua degli altri senza conoscerli. Chi conosce la lingua dei giovani, chi esplora il mondo che deve venire, siete anzitutto voi. Perciò, noi adulti abbiamo bisogno di voi, perché senza di voi non potremo parlare al futuro; è grazie a voi, se accettate di coinvolgervi nell’avventura di sognare insieme e di organizzare la speranza, che anche noi potremo parlare al domani e costruirlo con voi.
Oltre a essere i narratori della speranza, i giovani, ..." (Bruno Forte)

  Cari giovani, sentinelle del futuro di Bruno Forte (PDF)


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Per iniziare il mese dedicato alla Madre di Dio: Con Maria… Come Maria… di don Antonio Savone


Con Maria… Come Maria…
Per iniziare il mese dedicato alla Madre di Dio

di don Antonio Savone

Introduzione
La presentazione che il vangelo ci consegna di Maria ha qualcosa di simile a un dipinto con queste caratteristiche: poche pennellate, molto spazio bianco, colori tenui, contorni non totalmente definiti, soggetti semplici e senza pretesa, atmosfera di sacro silenzio. Le poche pennellate cadono armoniosamente in posti appropriati; grazie ad esse anche lo spazio bianco diventa denso di significato. Il tutto invita a spiare il mistero e riconoscerlo operante nella trama dei giorni di Maria.


Dal «quomodo fiet» al «fiat»
Il primo momento: l’annuncio dell’angelo.

Il turbamento
La sua prima reazione è quella del turbamento, tipico di chi è consapevole di trovarsi di fronte a qualcosa che lo trascende infinitamente, ad una novità insospettata di cui non riesce a cogliere subito il senso. Non si tratta di un dubbio scaturito dall’incredulità, bensì del senso di stupore di fronte alla sproporzione tra la grandezza della proposta e la limitatezza effettiva della capacità di realizzazione. È l’atteggiamento dell’umile e del riflessivo, di chi cioè è cosciente della propria piccolezza e si avvicina al mistero con timidezza e discrezione, attento a penetrarne il senso. È il sentimento del povero che sa meravigliarsi di fronte ai doni gratuiti. Come mi pongo di fronte agli annunci a me consegnati dalla Parola di Dio, dall’azione dello Spirito Santo in me, da ciò con cui la vita mi chiede di misurarmi? Come mi pongo rispetto alla mia chiamata, a quella che in qualche modo è per me una sorta di annunciazione? Quale consapevolezza mi attraversa?

Il chiarimento
La seconda reazione di Maria è una richiesta di chiarimento. Maria invoca luce: Quomodo fiet istud? («Come avverrà questo?») e manifesta il dilemma del suo voler acconsentire, ma non saper come. Ella domanda a Dio che cosa dovrà fare per essere in grado di obbedire. Lo spirito di Maria è come quello del salmista quando prega Dio dicendo: «Fammi conoscere la via dei tuoi precetti e mediterò i tuoi prodigi… Dammi intelligenza perché osservi la tua legge e la custodisca con tutto il cuore» (Sal 119,27.34).
Dopo che l’angelo le ha manifestato in che modo è resa protagonista, luogo e testimone di «grandi cose», Maria accetta con piena disponibilità, passando così dal quomodo fiet, «come avverrà», al fiat, «avvenga». Il fiat di Maria, come quello insegnatoci da Gesù nel Padre nostro (Mt 6,10), è un abbandono fiducioso e un desiderio gioioso di realizzare la volontà di Dio. Con il suo fiat ella ricapitola tutta la schiera degli obbedienti nella fede nell’Antico Testamento e inaugura il nuovo popolo pronto ad ascoltare la voce di Dio che ora parla per mezzo del suo Figlio.
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«Camminare in fretta» e «conservare tutto nel cuore»
La premura del cammino verso Ain Karim, come poi la sollecitudine alle nozze di Cana, mostrano lo stile attivo, intraprendente, creativo, risoluto di Maria.
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«Vedere un segno» e «essere segno»
Maria parte da Nazaret e si mette in cammino dietro un «segno» datole dall’angelo: «Vedi, anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio» (Lc 1,36). Questo fatto deve essere per Maria una prova della potenza di Dio a cui «nulla è impossibile» (Lc 1,37).
Maria cammina verso la montagna animata dalla fiducia in Dio. Ma tale fiducia è rafforzata dal «segno» offertole da Dio; in realtà, ella stessa è un segno di Dio dato all’umanità, «un segno di speranza e di consolazione». Infatti Maria segna l’aurora che precede il sorgere del sole, segna l’irrompere della salvezza nella storia, segna «la pienezza del tempo» (Gal 4,4). 
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Dal fiat al magnificat
Mentre Maria percorre in fretta le vie tortuose della montagna, dentro di lei si snoda un itinerario interiore di fede che va dall’adesione docile del fiat all’esplosione gioiosa del Magnificat, dall’essere visitata da Dio all’essere visita di Dio per altri.
Salendo sulla montagna Maria sente di non essere sola. Il Figlio di Dio è presente, nascosto in lei.
Con il suo camminare per vie scomode per raggiungere l’altro a casa sua, Maria inaugura lo stile di Dio, lo stile di servizio, di abbassamento, di solidarietà verso chi ha bisogno.
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«Avvolgerlo in fasce» e «cercarlo con ansia»
Nel racconto della nascita di Gesù Luca riporta il gesto delicato di Maria: «Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia» (Lc 2,7). È un gesto semplice che esprime tutto l’affetto materno, tenero e rispettoso di Maria verso questo bambino che è Figlio di Dio e figlio suo.
Ci sono i giorni in cui più chiaramente avvertiamo la presenza del Signore nella nostra vita, quelli in cui non ci è difficile manifestargli attenzione e premura. Ma vengono anche quelli in cui sembra farsi assente, i giorni in cui sembra non confermare quanto pure abbiamo già vissuto con lui.
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Dal fiat al facite
Maria è diventata Madre di Dio perché ha «creduto nell’adempimento delle parole del Signore» (Lc 1,45): così Elisabetta rilegge il fiat di Maria. Alla pienezza di grazia da parte di Dio corrisponde la pienezza di fede da parte di Maria.
Abbandonata a Dio completamente, impegnata nell’avanzare costantemente nella «peregrinazione della fede», Maria si è sintonizzata lentamente e profondamente con Dio. Per la sua viva fede ella arriva a una forte intesa con lui, a un acclimatamento di tutto il suo essere con il progetto di Dio, ad avere un’intuizione del pensiero di Dio, a saper discernere spontaneamente la sua volontà, a sentir palpitare dentro di sé il cuore di Dio. 
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Da «Ecco concepirai un figlio» a «Ecco tuo figlio»
Maria è Madre di Dio. È l’unica in tutto l’universo e in tutta la storia umana a poter dire, rivolta a Gesù, ciò che gli dice il Padre celeste: «Tu sei mio Figlio; io ti ho generato!» (Sal 2,7; Eb 1,5). Maria, la Madre di Dio, è l’epifania di uno dei misteri, dei paradossi più alti del cristianesimo, delle sorprese d’amore più sconcertanti di Dio fatte all’umanità.
Ma l’essere madre per Maria non è una realtà statica che si acquista una volta per sempre. Lungo la sua«peregrinazione della fede» ella ha fatto un cammino di crescita e di maturazione nella sua maternità vivendo tutta una gamma di sentimenti materni
...
L’avanzare nella peregrinazione della fede è per Maria contemporaneamente un avanzare nello sviluppo della sua maternità. Come la peregrinazione della fede culmina nell’evento pasquale del Figlio, così anche il cammino di maternità.
A Nazaret Maria iniziava il suo cammino di maternità accettando il progetto misterioso di Dio: «Ecco concepirai un Figlio»; ora è questo Figlio che le propone una nuova maternità universale.
A Cana, Maria si poneva in mezzo facendo la mediatrice tra il suo Figlio e gli uomini; ora è il suo Figlio che fa da mediatore tra lei e gli uomini dicendole: «Donna, ecco il tuo figlio!». Il racconto di Giovanni termina con: «E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Gv 19,27). Da quel momento, mentre l’umanità redenta accoglie la Madre, Maria accoglie ogni figlio che le è affidato personalmente dal suo Figlio e lo introduce nel suo cuore materno, per sempre.

È così anche per noi: tutto parte dall’accoglienza di un progetto di Dio su di noi per scoprire, alla fine, che tale progetto ha a che fare con il prenderci cura di fratelli e sorelle a noi affidati dal Signore Gesù.

  Con Maria… Come Maria… – Per iniziare il mese dedicato alla Madre di Dio


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A Pasqua i cristiani sono nella gioia: celebrano la risurrezione del loro Signore, la vittoria della vita sulla morte. Ma questa gioia è destinata solo a loro? La vicenda di Gesù di Nazareth non ha nulla da dire a chi non lo riconosce come figlio di Dio, a chi non crede che un uomo possa essere richiamato dalle tenebre della morte alla luce di una vita senza fine?A chi appartiene dunque questa gioia pasquale?

 
Enzo Bianchi:  Pasqua: una gioia per tutti



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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni


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OREUNDICI - IL QUADERNO DI APRILE 2014: ESSERE FAMIGLIA OGGI - L'EDITORIALE di Mario De Maio - FAMIGLIA: UNA, NESSUNA, CENTOMILA di Chiara Saraceno



OREUNDICI
IL QUADERNO DI APRILE 2014

ESSERE FAMIGLIA OGGI

L'EDITORIALE 
di Mario De Maio

Qual è il vero problema di ogni famiglia? Famiglia è un termine che evoca in ciascuno di noi tanti sentimenti e tante emozioni. Oggi tutta la Chiesa è impegnata a ricercare nuove indicazioni ai numerosi e complessi problemi che questa istituzione pone. Non sto a ripetere l'elenco delle questioni aperte, che tutti conosciamo direttamente. Vorrei piuttosto parlare di un’area a cui è dedicata poca attenzione, quella che riguarda i modi in cui i giovani si preparano a vivere la dimensione dell'amore e a formare una famiglia. Non a caso ho fatto una distinzione fra amore e famiglia. L'amore infatti è l'esperienza fondamentale di ogni essere umano, ha inizio ancora prima di essere concepiti, sin dal momento in cui si comincia ad avere uno spazio speciale nella mente dei genitori. 
Essendo un’esperienza estremamente personale, e fondamentale, sono preziosi i luoghi in cui i giovani, e non solo loro, possono riflettere ed elaborare questa dimensione molto complessa, che abbraccia la mente, i sentimenti ma soprattutto la parte più profonda e spesso inconscia dell'uomo. Come riconoscere il vero amore, come coniugarlo con la sessualità, come viverne le diverse fasi ed evoluzioni, come imparare le finezze delle sue numerose espressioni, come, per chi crede, sentire che li si incontra e si rende presente l'amore di Dio? Sono questi i temi cruciali da affrontare prima degli aspetti giuridici. 
Questo è il primo passo a cui può seguire la decisione di formare uno spazio speciale, basato sull'amore, che chiamiamo "famiglia"...

  L'EDITORIALE di Mario De Maio

FAMIGLIA: UNA, NESSUNA, CENTOMILA
di
Chiara Saraceno

Nell’abitato in cui vivo, siamo sette nuclei familiari: due sono formati da coniugi senza figli (una coppia è sposata civilmente, l’altra in chiesa), uno da una madre separata con due figli minori, uno da una donna divorziata, che vive sola dopo avere cresciuto il proprio figlio; uno è una coppia di fatto, formatasi dopo precedenti matrimoni conclusisi, uno sono io (ho un gatto, conta anche lui?), e uno è una famiglia “tradizionale”, formata da mamma, papà e due figli. “La” famiglia effettivamente esiste, ma è una minoranza... Paolo, quattro anni, dice “è casa mia” quando indica quella dei nonni materni seppure lui viva in un’altra città con i suoi genitori, non altrettanto quando si riferisce alla casa degli altri nonni... Quand’ero bambina, nell’esigenza di fare chiarezza dentro di me di fronte a quanto osservavo fuori di me, un giorno chiesi alla sorellina di mia mamma, di appena un anno maggiore di me, orfana di madre: “devi decidere se questa è la tua famiglia oppure no”. Lei mi rispose di no, ma non bastò a chiarirmi il confine tra “dentro” e “fuori” della famiglia, né a restituirmi l’attenzione e l’affetto che le veniva elargito dalla “mia famiglia” con maggiore generosità di quanto venisse dato a me che ero, formalmente, più fortunata di lei... è sufficiente una minima osservazione sulla realtà che viviamo e che abbiamo intorno per renderci conto del variegato mondo compreso in quella parola fondamentale nella vita di ognuno: famiglia. 
Tutti noi abbiamo un’esperienza intima di che cosa sia una famiglia. Questa esperienza, e le relazioni che la strutturano nel bene e nel male fanno par te di noi, del modo in cui stiamo al mondo e pensiamo a noi stessi. Incide anche sul modo in cui pensiamo e viviamo i rapporti uomo-donna, adulti-bambini, giovani-vecchi, sul modo in cui sviluppiamo la nostra capacità di relazioni affettive e di generatività...

  FAMIGLIA: UNA, NESSUNA, CENTOMILA di Chiara Saraceno

La famiglia è vita, tessuto quotidiano,
è cammino di generazioni che si trasmettono la fede
insieme con l'amore e con i valori fondamentali,
è solidarietà concreta, fatica, pazienza,
e anche progetto, speranza, futuro.

Papa Francesco



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Ci uniamo all'appello che i familiari del gesuita padre Paolo Dall'Oglio, rapito in Siria il 29 luglio 2013, rivolgono in coincidenza con l'anniversario dei nove mesi dal suo sequestro in Siria.

 
 
"Chiediamo a chi lo detiene di dare a Paolo la possibilità di tornare alla sua libertà e ai suoi cari, e a tutte le istituzioni di continuare ad adoperarsi in tal senso".


Vogliamo riproporre le parole diffuse dai famigliari di p. Paolo Dall’Oglio a nove mesi dal suo sequestro in Siria, parole generate dall’affetto perché riconosciamo in Paolo un operatore di pace disposto a pagare di persona nel difficile compito della mediazione e della riconciliazione... Sin dal 1982 Paolo ha iniziato quell’esperienza dando alla comunità un nome impegnativo: al-Khalīl (l'amico di Dio). Oggi è proprio in Paolo che riconosciamo un autentico al-Khalīl.

 
L'appello per Padre Paolo


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 FRANCESCO
 




    Angelus/Regina Cæli - Regina Cæli, 27 aprile 2014

    Udienza - I doni dello Spirito Santo - 2. L'intelletto (30 aprile 2014)

    Omelia  - 24 aprile 2014: Celebrazione di ringraziamento per la Canonizzazione di San José de Anchieta

    Omelia - 27 aprile 2014: Santa Messa e Canonizzazione dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II

    Discorso - Alle Squadre di Calcio della Fiorentina e del Napoli, alla Delegazione della Federcalcio e della Lega Serie A (2 maggio 2014)

    Discorso - Al Consiglio per l'Economia (2 maggio 2014)

    Discorso - Ai membri della Papal Foundation (2 maggio 2014)



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26/04/2014:

  Nessuno può sentirsi esonerato...

28/04/2014:

  L'inequità è la radice...


29/04/2014:

  Chi di noi può presumere...


01/05/2014:

  Chiedo a quanti hanno responsabilità...


02/05/2014:

  Nessuno è più paziente di Dio Padre...


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Papa Francesco UDIENZA GENERALE 30 aprile 2014 - testo e video



Piazza San Pietro
Mercoledì 30 aprile 2014

Papa Francesco come di consueto fa un lungo giro per salutare i fedeli prima della catechesi

  video

Cari fratelli e sorelle, buongiorno.

Dopo aver preso in esame la sapienza, come primo dei sette doni dello Spirito Santo, oggi vorrei puntare l’attenzione sul secondo dono, cioè l’intelletto. Non si tratta qui dell’intelligenza umana, della capacità intellettuale di cui possiamo essere più o meno dotati. È invece una grazia che solo lo Spirito Santo può infondere e che suscita nel cristiano la capacità di andare al di là dell’aspetto esterno della realtà e scrutare le profondità del pensiero di Dio e del suo disegno di salvezza.

L’apostolo Paolo, rivolgendosi alla comunità di Corinto, descrive bene gli effetti di questo dono - cioè che cosa fa il dono dell’intelletto in noi -,e Paolo dice questo: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito» (1 Cor 2,9-10). Questo ovviamente non significa che un cristiano possa comprendere ogni cosa e avere una conoscenza piena dei disegni di Dio: tutto ciò rimane in attesa di manifestarsi in tutta la sua limpidezza quando ci troveremo al cospetto di Dio e saremo davvero una cosa sola con Lui. Però, come suggerisce la parola stessa, l’intelletto permette di “intus legere”, cioè di “leggere dentro”
...
Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Ieri abbiamo celebrato la festa liturgica di Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e d’Europa. Cari giovani, imparate da lei a vivere con la coscienza retta di chi non cede ai compromessi umani. Cari malati, ispiratevi al suo esempio di fortezza nei momenti di maggiore dolore. E voi, cari sposi novelli, imitate la solidità della fede di chi si fida di Dio.

  video della catechesi

  il testo integrale dell'udienza generale

  video integrale



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Una comunità in pace - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano

29 aprile 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
La comunità cristiana in tre pennellate

Armonia, testimonianza, cura dei bisognosi: sono le «tre pennellate» dell’icona che raffigura una comunità cristiana, opera dello Spirito Santo sul modello di quel «popolo nato dall’alto» formato da persone «che ancora non si chiamavano cristiani» ma sapevano dare testimonianza di Gesù Cristo. L’immagine è di Papa Francesco, il quale questa mattina, martedì 29 aprile, durante la messa a Santa Marta, si è riferito a un passo degli Atti degli apostoli (4, 32) per sottolineare come la Chiesa, dopo aver ricordato per tutta la settimana scorsa il senso del «rinascere dall’alto», oggi mostri l’icona di quella che «era la comunità dei nuovi cristiani»: un «popolo neonato», formato da persone che «ancora non si chiamavano cristiani» .

Il Pontefice si è soffermato su quelle che ha definito le «tre pennellate» attraverso le quali la liturgia ci mostra questa icona. «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti — ha notato — aveva un solo cuore e un’anima sola: e questo è il primo tratto». Il secondo è costituto dal fatto che si trattava di una moltitudine che «con grande forza dava testimonianza del Signore Gesù». Il terzo è che «nessuno tra loro era bisognoso».

Sono le «tre peculiarità — ha spiegato il Santo Padre — di questo popolo rinato: l’armonia fra loro, la pace; la testimonianza forte della risurrezione di Gesù Cristo e i poveri». Tuttavia «non è andata sempre così», ha aggiunto. Infatti con il passare del tempo «sono arrivate le lotte interne, le lotte dottrinali, le lotte di potere fra loro. Anche nel rapporto con i poveri sono sorti problemi; le vedove si lamentavano che non erano assistite bene»: insomma non mancavano le difficoltà.

Eppure questa icona mostra come deve essere realmente «il modo di vivere di una comunità cristiana», di quelli che credono in Gesù. Innanzitutto, ha notato Papa Francesco, è necessario costruire un clima in cui regni «la pace e l’armonia. “Aveva un solo cuore e un’anima sola...”. La pace, una comunità in pace. Questo significa — ha aggiunto — che in quella comunità non c’è posto per le chiacchiere, per le invidie, per le calunnie, per le diffamazioni», ma solo per la pace. Perché «il perdono, l’amore, copriva tutto».
...


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Le tre icone - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
2 maggio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
“è letizia venire perseguitati nel nome di Gesù”

Anche oggi ci sono tanti "padroni delle coscienze": in alcuni Paesi c'è chi uccide in nome di Dio o si va in carcere solo se si porta un Vangelo o una croce. Lo ha affermato Papa Francesco stamani durante la Messa presieduta a Santa Marta. Il Papa ha confessato di aver pianto alla notizia che alcuni cristiani sono stati crocifissi.

Al centro dell’omelia del Papa il Vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e la lettura tratta dagli Atti degli Apostoli, in cui i discepoli di Gesù vengono fatti flagellare dal Sinedrio. Papa Francesco propone tre icone: la prima è l’amore di Gesù per la gente, la sua attenzione ai problemi delle persone. Il Signore - osserva il Pontefice – non si preoccupa di quanti lo seguono, non gli “passa per la testa, per esempio, di fare un censimento” per vedere se “è cresciuta la Chiesa … no! Lui parla, predica, ama, accompagna, fa la strada con la gente, mite e umile”. E parla con autorità, cioè con “la forza dell’amore”.
La seconda icona è la “gelosia” delle autorità religiose del tempo: “Non tolleravano – afferma il Papa - che la gente andasse dietro a Gesù! Non tolleravano! Avevano gelosia. E’ un brutto atteggiamento, questo.
...
Io – ha detto il Papa - "ho pianto quando ho visto sui media” la notizia di “cristiani crocifissi in un certo Paese non cristiano. Anche oggi – ha sottolineato - c’è questa gente che, in nome di Dio, uccide, perseguita. E anche oggi" vediamo tanti che, "come gli apostoli”, sono “lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù”. Questa – ha detto – “è la terza icona di oggi. La gioia della testimonianza”:
“Prima icona: Gesù con la gente, l’amore, la strada che Lui ci ha insegnato, sulla quale dobbiamo andare. Seconda icona: l’ipocrisia di questi dirigenti religiosi del popolo, che avevano imprigionato il popolo con questi tanti comandamenti, con questa legalità fredda, dura, e che hanno anche pagato per nascondere la verità. Terza icona: la gioia dei martiri cristiani, la gioia di tanti fratelli e sorelle nostre che nella storia hanno sentito questa gioia, questa letizia di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. E oggi ce ne sono tanti! Pensate che in alcuni Paesi, soltanto per portare il Vangelo, vai in carcere. Tu non puoi portare una croce: ti faranno pagare la multa. Ma il cuore è lieto. Le tre icone: guardiamole, oggi. E’ parte della nostra storia del salvezza”.

  Il Papa: piango per i cristiani crocifissi, anche oggi c'è chi uccide in nome di Dio

  video


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Quei bigliettini del Papa sotto la statua di san Giuseppe



«Il Santo Padre fa lavorare tanto san Giuseppe. Quella per il padre putativo di Gesù è diventata una devozione per tutti quelli che ruotano attorno alla residenza di Francesco, comprese le guardie svizzere...». Bergoglio ha una grande devozione per san Giuseppe e appena fuori della porta della stanza 201 della Casa Santa Marta, in uno dei due cassettoni di legno scuro con il ripiano di marmo, c'è una statua del santo sotto la quale il Papa infila dei biglietti con le richieste di grazie scritte da lui stesso. Quando i biglietti sotto il piedistallo diventano numerosi perché «il Santo Padre fa lavorare tanto san Giuseppe», la statua poco a poco si alza.
Oggi, 1° maggio, festa di san Giuseppe lavoratore, è il giorno giusto per raccontare questa devozione che accompagna il Papa fin da quando era giovane. A San José è dedicata la parrocchia di Flores, il quartiere dove Jorge Mario è nato e cresciuto. È in questa chiesa dedicata al padre putativo di Gesù che frequenta la messa e fa le prime esperienze di vita cristiana. Ed è ancora in questa parrocchia, sotto la protezione del santo, che il 21 settembre 1953 a quasi diciassette anni Bergoglio incontra padre Carlos B. Duarte Ibarra e dopo essersi confessato da lui scopre la sua vocazione sacerdotale. Anche il pontificato di Francesco è stato messo sotto la protezione di san Giuseppe, avendo avuto inizio solennemente il 19 marzo 2013.
...
Sotto il piedistallo infila dei biglietti, con le sue richieste di grazie al santo. «Sai - aveva detto a uno dei suoi collaboratori nei primi mesi dopo l'elezione - con questi falegnami bisogna avere pazienza: dicono che ti faranno un mobile in due settimane, poi magari ci mettono un mese. Ma te lo fanno, e lavorano bene! Solo bisogna avere pazienza...».
La tenerezza, il silenzio e il nascondimento, la mancanza di protagonismo, la vocazione a custodire: sono questi alcuni degli elementi del santo protettore dei lavoratori che apprezza Francesco. Per questo, anche se l'immagine ritrae il carpentiere di Nazaret mentre dorme, il Papa lo «fa lavorare tanto», chiedendogli spesso un aiuto.

  Quei bigliettini del Papa sotto la statua di san Giuseppe



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Quattro papi d'un sol colpo sotto gli occhi del mondo sono uno spettacolo unico. È andato in scena domenica 27 aprile. Due in cielo, l'italiano Angelo Giuseppe Roncalli e il polacco Karol Wojtyla. E due in terra, il tedesco Joseph Ratzinger e l'argentino Jorge Mario Bergoglio. Così vicini, così diversi. Il pastore, il combattente, il teologo... E l'ultimo? Un enigma. A più di un anno dalla sua elezione, è ancora tutto da decifrare.

  Sandro Magister:  Francesco, il papa della "Humanae vitae"

Il Papa al Consiglio per l'Economia della Santa Sede: «La Chiesa gestisca i propri beni con premura verso i bisognosi, con trasparenza ed efficienza. La riforma della Curia non sarà semplice»

 
Andrea Tornielli:  «Serve una nuova mentalità nelle amministrazioni vaticane»

Il rabbino Skorka e l’islamico Abboud accompagneranno il loro connazionale in Terra Santa
 
 
Alver Metalli: Il buon senso del Papa può cambiare la storia d’Israele




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