"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
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NEWSLETTER n°18 del 2014
Aggiornamento della settimana -
dal 26 aprile al 2 maggio 2014 -
Prossima NEWSLETTER prevista per il 9 maggio 2014 |
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N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)Per Papa Francesco «è una gioia speciale che la canonizzazione di papa Giovanni XXIII avvenga insieme a quella del beato Giovanni Paolo II», perché il primo «ha aperto la strada» del «rinnovamento voluto dal Concilio» e il secondo lo ha «portato avanti nel suo lungo pontificato». A due giorni dal rito solenne in cui canonizzerà i due predecessori, papa Bergoglio ha voluto sottolineare il legame tra il Concilio Ecumenico Vaticano II e i due papi futuri santi. Venerdì
25 aprile il Vaticano ha pubblicato due messaggi papali sui futuri
santi. Il primo è un videomessaggio ai polacchi trasmesso ieri dalla tv
e dalla radio in Polonia, il secondo un messaggio ai bergamaschi
inviato da Bergoglio anche a L'Eco di Bergamo, di cui Roncalli da
giovane fu apprezzato collaboratore.
«Cari amici bergamaschi,
avvicinandosi
il giorno della canonizzazione del beato Giovanni XXIII, ho sentito il
desiderio di inviare questo saluto al vostro Vescovo Francesco, ai
sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai fedeli laici della Diocesi
di Bergamo, ma anche a coloro che non appartengono alla Chiesa e
all’intera comunità civile bergamasca».
Inizia
così la lettera che Papa Francesco ha scritto a tutti i bergamaschi a
due giorni dalla cerimonia di canonizzazione di Giovanni XXIII: «Affido
- prosegue il pontefice - questo mio messaggio a L’Eco di Bergamo, di
cui il giovane sacerdote Don Angelo Roncalli fu apprezzato
collaboratore».
«Vi
invito a ringraziare il Signore - scrive Papa Bergoglio - per il grande
dono che la sua santità è stata per la Chiesa universale, e vi
incoraggio a custodire la memoria del terreno nel quale essa è
germinata: un terreno fatto di profonda fede vissuta nel quotidiano, di
famiglie povere ma unite dall’amore del Signore, di comunità capaci di
condivisione nella semplicità»...
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI BERGAMASCHI IN OCCASIONE DELLA CANONIZZAZIONE DEL BEATO GIOVANNI XXIII ...
E questa lettera di Papa Francesco al nostro quotidiano non può non
sorprendere. Arriva alla vigilia del grande evento della
canonizzazione, destinatari il vescovo. Francesco Beschi e «L’Eco».
Arriva come viatico beneaugurante per coloro che si sono messi in
cammino diretti a Roma per assistere alla canonizzazione di Giovanni
XXIII e Giovanni Paolo II.
Le
parole del pontefice sono pregne di sapere e conoscenza della vita di
Papa Roncalli. Niente fronzoli, vanno dritte al cuore, penetrano
nell’animo della gente. Francesco si rivolge al clero, ma il suo saluto
va «anche a coloro che non appartengono alla Chiesa»: nessuna
distinzione di credo, di fede. Il pontefice si mostra radioso
nell’affermare che Bergamo e Sotto il Monte sono diventati «familiari
in tutto il mondo». Usa la parola «familiari», non «famosi» e associa
questa semplice notorietà al volto sorridente del Papa della bontà...
Papa Francesco come Papa Roncalli E un saluto che sempre sa stupire Cari connazionali del Beato Giovanni Paolo II!
E’
ormai vicina la canonizzazione di quel grande uomo e grande papa che è
passato alla storia con il nome di Giovanni Paolo II. Sono felice di
essere stato chiamato a proclamare la sua santità, nella prossima
Domenica della Divina Misericordia, a conclusione dell’Ottava di
Pasqua. Sono grato a Giovanni Paolo II, come tutti i membri del Popolo
di Dio, per il suo instancabile servizio, la sua guida spirituale, per
aver introdotto la Chiesa nel terzo millennio della fede e per la sua
straordinaria testimonianza di santità.
Papa
Benedetto XVI ha notato giustamente, tre anni fa, nel giorno della
beatificazione del suo Predecessore, che quello che Giovanni Paolo
II chiedeva a tutti, cioè di non avere paura e di spalancare le porte a
Cristo, egli stesso lo ha fatto per primo: «Ha aperto a Cristo la
società, la cultura, i sistemi politici ed economici, invertendo con la
forza di un gigante – forza che gli veniva da Dio – una tendenza che
poteva sembrare irreversibile. Con la sua testimonianza di fede, di
amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica
umana, questo esemplare figlio della Nazione polacca ha aiutato i
cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di
appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha
aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia
della libertà» (Omelia, 1 maggio 2011). Mi identifico pienamente con
queste parole del Papa Benedetto XVI...
VIDEOMESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI POLACCHI IN OCCASIONE DELLA CANONIZZAZIONE DEL BEATO GIOVANNI PAOLO II --------------------------------------- Il Radiomessaggio per l’intesa e la concordia tra i popoli fu pronunciato in lingua francese da Papa Giovanni XXIII alle ore 12.00 di giovedì 25 ottobre 1962 dai microfoni della Radio vaticana, rivolgendosi ai governanti della terra e "a tutti gli uomini di buona volontà". Il messaggio era stato già consegnato - poche ore prima - agli ambasciatori degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica, presso la Santa Sede. ...
Il
Santo Padre dirige ai popoli del mondo intero ed ai loro Governanti un
fervido appello per instaurare e consolidare il supremo bene della
pace. Il messaggio di Sua Santità è immediatamente diffuso in ogni
Continente dalla stazione Radio Vaticana; quindi ritrasmesso da
numerosi centri radio-fonici e televisivi. Esso suscita generali, vivi
consensi: e da impulso decisivo a risolvere la gravissima situazione
prodottasi per il conflitto fra Stati Uniti e Cuba.
“Signore,
ascolta la supplica del tuo servo, la supplica dei tuoi servi, che
temono il tuo nome” (Ne 1,11) Questa antica preghiera biblica sale oggi
alle nostre labbra tremanti dal profondo del nostro cuore ammutolito e
afflitto.
... Promuovere,
favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è
una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del
cielo e della terra.
Che
tutti i Nostri figli, che tutti coloro che sono segnati dal sigillo del
battesimo e nutriti dalla speranza cristiana, infine che tutti coloro
che sono uniti a Noi per la fede in Dio, uniscano le loro preghiere
alla Nostra per ottenere dal cielo il dono della pace: di una pace che
non sarà vera e duratura se non si baserà sulla giustizia e
l’uguaglianza.
Che
a tutti gli artigiani di questa pace, a tutti coloro che con cuore
sincero lavorano per il vero bene degli uomini, vada la grande
benedizione che Noi accordiamo loro con amore al nome di Colui che ha
voluto essere chiamato “Principe della Pace” (Is 9,6).
--------------------------------------- Quelle sintonie tra Roncalli e Bergoglio di ANDREA TORNIELLI
La
misericordia e la bontà, la tenerezza, la costruzione di ponti verso i
lontani: alcuni degli aspetti che accomunano Francesco al nuovo santo
Giovanni XXIII
Karol
Wojtyla era un «grande uomo, un grande Papa», e «sono felice di essere
chiamato a proclamare la sua santità», ha detto Francesco in un
videomessaggio inviato in Polonia alla vigilia della cerimonia di
domani, durante la quale saranno canonizzati Giovanni XXIII e Giovanni
Paolo II. Ma non c'è dubbio che il processo per l'aureola all'«atleta
di Dio» polacco fosse già in fase avanzata quando si è tenuto l'ultimo
conclave. La vera novità è dunque rappresentata dall'associazione con
Roncalli, che Francesco ha voluto e deciso già nelle prime settimane
dopo l'elezione.
Per
Papa Bergoglio, Roncalli è un punto di riferimento. «Entrambi hanno
destato un forte consenso popolare grazie alla loro naturale capacità
di comunicare in modo concreto e immediato il senso dell’umanità e
della bontà di Dio», osserva Stefania Falasca nel libro «Giovanni
XXIII, in una carezza la rivoluzione» (Rizzoli). Fin dai primi passi
del suo pontificato, Francesco ha detto e soprattutto mostrato con i
gesti, che «non bisogna aver paura della tenerezza».
...
Per approfondire leggi anche:
--------------------------------------- Intervista a George Weigel, biografo di Wojtyla, sulla canonizzazione del Papa polacco e su quanto il suo ministero influenzi oggi la Chiesa e il pontificato di Francesco Quale secondo lei l’influenza spirituale di Giovanni Paolo II nel pontificato di Papa Francesco?
Weigel:
Beh, il fatto che questa canonizzazione si svolge nella Domenica della
Divina Misericordia, che era un’iniziativa di Giovanni Paolo II e che
la misericordia di Dio è il tema centrale del pontificato di Papa
Francesco, dimostra che vi è un legame chiaro e profondo tra questi due
uomini. Ed è anche il senso che il mondo sta cercando oggi. Il mondo è
spesso confuso su ciò che desidera, ci sono ferite profonde nel tessuto
dell'umanità e la Divina Misericordia è la risposta più appropriata ed
efficace che la Chiesa sta fornendo.
Giovanni Paolo II: speranza vibrante per il futuro dell'umanità Due
cardinali parlano dei papi Bergoglio e Wojtyla e li mettono a
confronto, concludendo che si somigliano per «molti aspetti» e che
Bergoglio forse farà le riforme che l'altro non osò o non potè fare.
Uno è il cardinale Stanislaw Dziwisz che fu segretario di Giovanni
Paolo II e ne parla con Gianfranco Svidercoschi nel volume Ho vissuto con un santo ...
l'altro è il cardinale Camillo Ruini che fu vicario di Giovanni Paolo
II per la città di Roma... Per Ruini i due Papi sono «entrambi grandi
evangelizzatori, dotati della capacità di entrare in comunicazione
immediata con la gente ed entrambi sono mossi da una fede profonda che
fa loro superare gli ostacoli». In particolare Ruini si dice colpito
dalla somiglianza dei due «nel sentirsi anzitutto vescovi di Roma»...
Somiglianze tra papa Francesco e Wojtyla Il
2 aprile di 8 anni fa tornava alla Casa del Padre il Beato Giovanni
Paolo II. Papa Wojtyla è sempre stato legato a Jorge Mario Bergoglio
che nel 1992 aveva nominato vescovo e nel 2001 creato cardinale.
Riproponiamo alcuni passaggi di due omelie pronunciate dall’allora
arcivescovo di Buenos Aires su Giovanni Paolo II.
Bergoglio parla di Wojtyla. Vedi anche il nostro precedente post:
La gioia di Papa Francesco per le canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II nei messaggi ai polacchi ed ai bergamaschi --------------------------------------- Dall'apertura al mondo ebraico, alla scelta di viaggiare; dalle visite a carceri e ospedali all'allargamento del collegio cardinalizio. I gesti e i simboli che hanno accomunato Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, fino alla canonizzazione del prossimo 27 aprile Il
primo Papa che andò spontaneamente incontro ad un gruppo di ebrei
romani e che salvò, da nunzio apostolico in Bulgaria, centinaia di
ebrei destinati ai campi di concentramento nazisti? Giovanni XXIII. Il
papa che fece il primo viaggio in treno uscendo dai confini laziali per
andare a Loreto e ad Assisi, dando di fatto il via ai viaggi apostolici
dei pontefici moderni? Giovanni XXIII. Il primo papa che appena eletto
visitò un ospedale e un carcere? Giovanni XXIII. Il primo papa che
dette il via alle visite domenicali alle parrocchie romane e che nominò
il primo cardinale africano? Ancora Giovanni XXIII. Piccoli e grandi
gesti compiuti da Angelo Giuseppe Roncalli nel suo brevissimo
pontificato (1958-1963) che, in gran parte, saranno rilanciati anche
dalle scelte pastorali di Karol Wojtyla durante i suoi 27 anni al
timone della Barca di Pietro. Come dire, affinità elettive tra i due
papi prossimi santi, pur essendo stati eletti con 20 anni di differenza
l'uno dall'altro (nel 1958 Roncalli, a 78 anni; nel 1978 Wojtyla,
58enne) e universalmente riconosciuti protagonisti del rinnovamento
della Chiesa in epoche e contesti diversi. C'è, in sostanza, tra i due
un filo di collegamento nei gesti e nelle scelte, ricco di aneddoti e
di episodi pubblici e privati, di "fuori programma" e di iniziative
pastorali che li avvicinarono alla gente comune più dei loro
predecessori.
...
Due
neo santi - Roncalli e Wojtyla - uniti, dunque, da una lunga serie di
aneddoti e scelte personali, da piccole e grandi intuizioni di governo
della Chiesa, da sensibilità pastorali in totale sintonia pur avendo
caratteri e formazioni culturali differenti, tanto da aver plasmato due
pontificati in sostanziale continuità anche a tanti anni di distanza
l'uno dall'altro. E, certamente anche per questo, papa Francesco ora li
santifica insieme.
Roncalli-Wojtyla, affinità elettive ...
Bergoglio aveva fin qui avuto come patroni sul suo cammino Ignazio di
Loyola e Francesco d’Assisi: il primo di elezione, quando entrò nella
Compagnia di Gesù, l’altro dall’elezione, quando è uscito dalla
Cappella Sistina.
Ma
un Pontefice ha bisogno anche di Papi protettori, che conoscano il
mestiere dal di dentro e lo assistano con “professionalità”, oltre che
santità.
San
Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II interfacciano l’attuale
successore di Pietro e rappresentano i due volti del suo pontificato:
la paternità rassicurante e la leadership travolgente, la rivoluzione
tranquilla e la riconquista del mondo.
La
misericordia costituisce il DNA che apparenta e orienta tre personalità
diversissime, scaturite da storie e da geografie lontane fra loro, ma
in grado di raggiungere i contemporanei con la tenerezza e la forza di
un abbraccio universale...
Roncalli e Wojtyla: i due volti del pontificato di Papa Francesco. --------------------------------------- Il 15 agosto 2000 non c'erano ancora le dirette televisive in 3D. E nessuno poteva immaginare che quattordici anni dopo saremmo stati qui a discutere su un Papa emerito che concelebra con il suo successore. Eppure - per tanti versi - il clima del 15 agosto 2000 era molto simile a questo 27 aprile 2014. Centinaia
di migliaia di pellegrini stavano arrivando da tutto il mondo a piazza
San Pietro; con la stessa sbornia di grandi numeri e di immagini ad
effetto; e la stessa mole di parole e di storie, intense oppure naive,
profondissime ma allo stesso tempo anche banali. Era l'inizio della
Giornata mondiale della gioventù, l'appuntamento più atteso del
Giubileo del 2000. Quello anche più esaltante, più carico di orgoglio e
di speranze per una Chiesa all'inizio di un nuovo millennio.
In
quel clima di tripudio - tra bandiere e ovazioni - fu con una domanda
molto asciutta che l'uomo che d'ora in poi chiameremo san Giovanni
Paolo II accolse i giovani e i milioni di persone che seguivano
l'evento in diretta alla tv: «Chi siete venuti a cercare?», disse
scandendo le parole.
...
«Chi
siete venuti a cercare?». Giovanni Paolo II chi cercava lui lo spiegava
molto bene in quel discorso del 15 agosto 2000. E basta aprire una
pagina qualsiasi del Giornale dell'anima per ritrovare la stessa ansia
anche in Giovanni XXIII. I santi non indicano mai se stessi, ma l'unico
Maestro. E nell'indicarlo parlano sempre di un cammino ancora da
percorrere per seguirlo davvero.
Riempiamoci
allora gli occhi in questa giornata dei due Papi, apriamo con gioia
l'album dei ricordi. Ma non terminiamo questa giornata senza domandarci
che cosa la santità di queste due figure dice alla nostra vita. Quale
carezza devo ancora portare a chi incontro sulla mia strada. Quali
paure nel mio cuore continuano a tenere chiusa la porta a Cristo.
Proviamo
ad ascoltarli davvero questi due nuovi santi. Forse così - come è
accaduto, lontano dai riflettori, nel cuore di parecchi giovani quel 15
agosto 2000 - anche il 27 aprile 2014 diventerà un giorno di miracoli.
«Chi siete venuti a cercare?»
--------------------------------------- Sono circa 500 mila i presenti nella zona di Piazza San Pietro e via della Conciliazione per la messa di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. E sono 800 mila i pellegrini che a Roma - tra l'area di Piazza San Pietro-Via della Conciliazione (500 mila) e quelle in cui sono stati allestiti i maxi-schermi (300 mila) - stanno assistendo alla cerimonia di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Lo riferisce la sala stampa vaticana. È
iniziata con una leggera pioggerella la solenne cerimonia per la
Canonizzazione dei due Papi Santi, Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII,
in questa domenica che proprio il Papa polacco volle intitolare alla
Divina Misericordia.
In
apertura Benedetto XVI, sedutosi poi accanto ai porporati, accolto dai
fedeli con un vivo applauso al suo ingresso alle 9.30.
video
Il
Papa emerito - con la mitria, sorretto da un bastone - ha ricevuto
inoltre un’affettuosa stretta di mano da parte del presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano, alla Messa insieme alla moglie Clio.
Presenti tra le autorità anche i presidenti di Camera e Senato Boldrini
e Grasso, il premier Renzi con la moglie Agnese e il sindaco di Roma
Ingazio Marino.
Un’ovazione
ancora più fragorosa si è sentita poco dopo quando Papa Francesco si è
recato a salutarlo e abbracciarlo dopo aver baciato l'altare.
Alla
cerimonia di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II
presieduta da Papa Francesco hanno preso parte 150 cardinali, 1.000
vescovi, 6.000 sacerdoti, 93 delegazioni ufficiali, 24 tra reali e
presidenti della Repubblica, a partire da Giorgio Napolitano. Sono
giunti 34 fra capi di Stato e di governo.
Cardinali
e vescovi hanno preso posto, guardando la facciata della Basilica,
nella zona sinistra di piazza San Pietro. A essere, invece, intorno
all’altare insieme al pontefice sono 5 concelebranti: il decano card.
Angelo Sodano, il Prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi,
Giovanni Battista Re, l’arcivescovo di Cracovia ed ex segretario di
papa Giovanni Paolo II card. Stanislao Dziwisz, il cardinale vicario a
Roma, Agostino Vallini e il vescovo di Bergamo, mons. Francesco Berschi.
libretto della SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DEI BEATI GIOVANNI XXIII E GIOVANNI PAOLO II
--------------------------------------- La celebrazione ha preso il via alle 10 in punto con il momento delle tre petizioni in latino con cui il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, il cardinale Angelo Amato, ha “chiesto” al Papa la canonizzazione dei due Pontefici. Francesco ha risposto leggendo, in latino, la solenne formula con cui ha elevato agli onori degli altari i due Papi. "Ad
onore della Santissima Trinità - recitava la formula pronunciata dal
Pontefice alle 10.15 - per l'esaltazione della fede cattolica e
l'incremento della vita cristiana, con l'autorità di nostro Signore
Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver
lungamente riflettuto, invocato più volte l'aiuto divino e ascoltato il
parere di molti Nostri Fratelli nell'Episcopato, dichiariamo e
definiamo Santi i Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e li
iscriviamo nell'Albo dei Santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa essi
siano devotamente onorati tra i Santi. Nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo".
L’emozione,
fino a quel momento trattenuta in un silenzio reverente, teso e
commosso, è sfociata in un applauso gioioso che ha coinvolto l'intera
piazza San Pietro e probabilmente tutto il mondo che sta seguendo la
cerimonia attraverso i media.
video Ancora più emozionante poi la processione delle reliquie dei due nuovi Santi fino al palchetto al fianco dell’altare. Floribeth Mora Diaz trasportava in lacrime quella contenente il sangue di Wojtyla, sostenuta dal braccio dal marito Edwin; il sindaco di Bergamo, i nipoti, don Ezio Bolis, presidente della Fondazione Giovanni XXIII, il reliquiario di Roncalli contenente un frammento della pelle del Papa buono raccolto in occasione della riesumazione della salma per la beatificazione nel 2000. La celebrazione è ripresa dal Canto del Gloria. Come in tutte le grandi feste, il Vangelo è stato proclamato in greco e latino. --------------------------------------- Uno spruzzo di pioggia fa temere il peggio ma dura poco, migliaia di ombrelli si aprono e chiudono, nulla a confronto col senso di solennità che lo “Iubilate Deo” e il “Gloria” intonati dalla Schola fanno piovere nel cuore di chi guarda il sorriso di Angelo e Karol e segue la celebrazione. La celebrazione è ripresa dal Canto del Gloria. Come in tutte le grandi feste, il Vangelo è stato proclamato in greco e latino.
I
maxischermi si riempiono dei primi e primissimi piani di Angelo e Karol
– e la piazza di applausi scroscianti – ogni volta che l’omelia di Papa
Francesco li chiama in causa.
"Al centro di questa domenica che
conclude l’Ottava di Pasqua, e che san Giovanni Paolo II ha voluto
intitolare alla Divina Misericordia, ci sono le piaghe gloriose di Gesù
risorto. ... Che entrambi questi nuovi santi
Pastori del Popolo di Dio intercedano per la Chiesa affinché, durante
questi due anni di cammino sinodale, sia docile allo Spirito Santo nel
servizio pastorale alla famiglia. Che entrambi ci insegnino a non
scandalizzarci delle piaghe di Cristo, ad addentrarci nel mistero della
misericordia divina che sempre spera, sempre perdona, perché sempre
ama."
testo integrale dell'Omelia
video --------------------------------------- La cerimonia è proseguita con le preghiere nelle varie lingue del mondo, tra cui il cinese; una delle preghiere è stata letta da Suor Simon Pierre-Normand la religiosa miracolata da Wojtyla Alla
comunione una lunga fila di ombrelli bianco gialli ha accompagnato gli
870 sacerdoti che hanno distribuito le particole consacrate ai
fedeli.
Quindi
il Regina Coeli, la preghiera mariana che nel periodo di Pasqua prende
il posto dell'Angelus, ha segnato il momento conclusivo con i saluti e
i ringraziamenti del Papa a tutti coloro che hanno contribuito
all'organizzazione e ai pellegrini giunti da tutto il mondo.
video
Hanno
partecipato 1.700 volontari, più di 1.000 tra medici, infermieri e
autisti, 87 mezzi, 80 squadre di soccorritori, 16 tende come punti
medici avanzati e 5 “punti mamma”. Un valore aggiunto per una
memorabile giornata di festa e di fede.
Papa Francesco ha rivolto un
saluto particolare al sindaco di Roma, Ignazio Marino e al cardinale
vicario Agostino Vallini oltre che alle delegazioni presenti, salutate
personalmente al termine della celebrazione.
Infine Papa
Francesco, con un inedito fuori programma, a bordo della Papamobile,
non si è limitato a fare il giro della piazza al termine
della solenne cerimonia liturgica, ma ha voluto salutare personalmente
i tantissimi fedeli che dall'alba hanno voluto gremire la zona di San
Pietro, percorrendo per intero via della Conciliazione tra due ali di
folla. Il pontefice é rientrato per una via laterale in Vaticano,
costeggiando l'Ospedale di Santo Spirito, ed entrando dalla porta del
Perugino.
video
--------------------------------------- Uomini e donne che sono stati riconosciuti fedeli al vangelo vengono canonizzati, proclamati santi dalla chiesa affinché siano di esempio per tutti: i cristiani hanno infatti la convinzione che tra di loro alcuni tentino di vivere con radicalità la fedeltà al vangelo e perciò meritano di essere autorevoli e affidabili. Quando questa conformità alla vita di Gesù si mostra evidente, allora coloro che ne sono stati testimoni attribuiscono la santità ai loro fratelli e sorelle. Ma
non si dimentichi che i santi non sono “impeccabili”, sono anche loro
dei peccatori nei quali però l’amore e la misericordia di Dio hanno
vinto. Costoro non si sono fatti santi bensì sono stati fatti santi da
Dio, il solo Santo, perché hanno tutto predisposto affinché l’azione di
Dio in loro non trovasse ostacoli.
Sappiamo
inoltre che una cosa è la santità e altra cosa è il processo del suo
riconoscimento in vista di una venerazione pubblica: molti santi non
sono conosciuti a sufficienza per essere proclamati tali, altri non
hanno avuto nessuno che avesse la forza di far avanzare questo
riconoscimento, altri ancora sono stati canonizzati secoli dopo la loro
morte, a volte sotto la spinta di politiche ecclesiastiche mutate.
Infine
alcuni sono nel catalogo dei santi nonostante alcune loro azioni siano
state in contraddizione profonda con lo spirito e il comandamento
cristiano: i preti sapienti e liberi di un tempo dicevano che questi
erano stati proclamati santi nonostante le loro infedeltà al vangelo
perché lo erano diventati prima di morire, in un modo che solo Dio
conosce... Così recentemente, sotto la pressione di realtà ecclesiali,
alcuni testimoni hanno conosciuto corsie preferenziali verso il
riconoscimento della santità, altri per prudenza ecclesiastica
subiscono ritardi apparentemente inspiegabili.
...
"La chiesa in cerca della sua santità" di Enzo Bianchi
--------------------------------------- SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"La notte prima della canonizzazione, pellegrini in preghiera (foto)--------------------------------------------------------------- Uno viaggiatore, grande
comunicatore, che amava il contatto con la gente; l’altro,
soprannominato il Papa buono, fu il Papa del Concilio e dell’apertura
della Chiesa al mondo. Di sicuro le figure di Giovanni Paolo II e di
Giovanni XXIII, seppure così, diverse sono entrambi il simbolo di due
Papi conservatori.
Come spiega Bruno Bartoloni, vaticanista di lungo corso, parlando della doppia canonizzazione dei due Papi: “Questi due Papi, sul piano della fede, erano due papi conservatori. Forse ben più conservatori di Papa Francesco, che per certi aspetti è disposto a delle aperture”. Bruno Bartoloni: Santi Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII. Similitudini e differenze (video) Anche chi non si è recato a
Roma per vivere in prima persona la canonizzazione ha potuto immergersi
completamente nel clima di preghiera e di solennità, di festa e di
gioia, che ha pervaso la Capitale e si è esteso “urbi et orbi”
in mondovisione. Nonostante la tendenza alle distorsioni
spettacolari, la tv è riuscita a restituirci momenti di raccoglimento e
commozione, anche se le reti che hanno coperto l’evento hanno
scelto modalità diverse.
Marco Deriu: I due Papi santi in mondovisione ---------------------------------------------------------------
1° MAGGIO (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)Nel giorno del 1° maggio
ritorniamo sulle parole dedicate alle sofferenze del mondo del lavoro
nella Via Crucis di qualche giorno fa al Colosseo. E proviamo a farle
davvero nostre
Uno dei grandi difetti del
nostro tempo è la facilità con cui le parole scorrono via, come
semplici emozioni. Ed è una tentazione particolarmente forte in questa
stagione ecclesiale, in cui sembra che ogni giorno ci debba essere per
forza qualcosa di nuovo da rincorrere. Per questo oggi 1° maggio -
giornata dei lavoratori - vorremmo proporre di fare un salto indietro,
di appena pochi giorni. Anziché aggiungere parole che rischierebbero di
essere retoriche su un tema oggi per tanti così drammatico,
riprendiamone alcune la cui bellezza sta nel trasformare davvero questa
sofferenza in preghiera. Sono le parole che l'arcivescovo Giancarlo
Bregantini ha proposto nella seconda stazione della Via Crucis
presieduta dal Papa il 18 aprile scorso, Venerdì Santo, al Colosseo. Il
lavoro che non c'è è diventata la croce di cui è caricato oggi Gesù. E
a ciascuno - secondo le sue responsabilità - è suggerita una strada per
farsene carico. (G.Ber.)
-------------------------
«Gesù portò i nostri peccati
nel suo corpo, sul legno della croce, perché non vivendo più per il
peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue ferite siete stati
guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al
pastore e custode delle vostre anime» (1 Pt 2,24-25).
Pesa quel legno della croce,
perché su di esso Gesù porta i peccati di tutti noi. Barcolla sotto
quel peso, troppo grande per un uomo solo (Gv 19,17).
È anche il peso di tutte le
ingiustizie che hanno prodotto la crisi economica, con le sue gravi
conseguenze sociali: precarietà, disoccupazione, licenziamenti, un
denaro che governa invece di servire, la speculazione finanziaria, i
suicidi degli imprenditori, la corruzione e l'usura, con le aziende che
lasciano il proprio paese.
Questa è la croce pesante
del mondo del lavoro, l'ingiustizia posta sulle spalle dei lavoratori.
Gesù la prende sulle sue e ci insegna a non vivere più
nell'ingiustizia, ma capaci, con il suo aiuto, di creare ponti di
solidarietà e di speranza, per non essere pecore erranti né smarrite in
questa crisi.
...
Vedi il nostro post precedente:
VOLTO DI CRISTO, VOLTO DELL'UOMO - MEDITAZIONI di Giancarlo Maria BREGANTINI per la VIA CRUCIS AL COLOSSEO - VENERDI' SANTO 2014 --------------------------------------- Messaggio della Commissione Episcopale
per il primo maggio
Senza lavoro non c'è umanesimo “Nella precarietà, la speranza”
“La
giornata del primo maggio, quest’anno, capita nella vicinanza della
Pasqua, appena celebrata. Si tinge perciò di speranza, questo nostro
messaggio, già alla luce di quell’evento di grazia. Resta però una
giornata di lotta, non contro, ma pro, tutti insieme, sempre
necessaria, per la tragedia crescente di questa crisi”.
Così
si apre il Messaggio che la Commissione episcopale per i problemi
sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, rivolge al mondo del
lavoro in occasione del primo maggio 2014. Come Vescovi della pastorale
sociale, si legge nel testo, “chiediamo a tutti una particolare
empatia, davanti ai tantissimi drammi sociali”.
“Non
si tratta più - prosegue il testo - semplicemente del fenomeno dello
sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con
l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza
alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei
bassifondi, nella periferia o senza potere, bensì si sta fuori. Gli
esclusi non sono “sfruttati”, ma rifiutati, “avanzi!”.
Ecco
allora la proposta di cammino individuata dalla Chiesa Italiana, che si
sta preparando al grande Convegno di metà decennio a Firenze, attorno
alla figura di Cristo che dà senso e significato al nuovo umanesimo.
Dal 24 al 26 ottobre 2014, intanto, a Salerno si rifletterà sul tema
“Nella precarietà, la speranza!”.
Come
icona biblica per questo cammino, è stato scelto il brano evangelico
della pesca miracolosa (Lc 5,1-11). A fronte del dramma delle reti
vuote i Vescovi richiamano tre condizioni essenziali per reagire:
solida formazione, coraggiosa volontà d’impresa, fraterna cooperazione.
“Ci
rendiamo conto degli errori commessi” - è la conclusione del Messaggio
– ma vogliamo intraprendere “strade di solidarietà, che non portino
allo scarto ma all’incontro solidale con i giovani e i fragili”.
testo integrale del Messaggio «Le
parole di Simone: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non
abbiamo preso nulla”, assomigliano a quelle di chi oggi racconta: “Ho
spedito centinaia di curriculum vitae ma nessuno mi ha risposto”. È la
dignità da ritrovare nel lavoro che non c’è a fare da fil rouge ai
tradizionali appuntamenti di riflessione e preghiera, in occasione del
1° maggio, festa dei lavoratori e memoria liturgica di san Giuseppe
lavoratore.
Da
Nord a Sud: tante diocesi italiane hanno prestato particolare
attenzione anche alla “geografia del lavoro”, organizzando le Veglie di
preghiera in luoghi simbolici che richiamano subito al mondo del lavoro.
1° maggio, veglie in tutta Italia per il lavoro --------------------------------------- Il primo maggio, raduno dei giovani della Diocesi di Agrigento a San Giovanni Gemini per celebrare il Giovaninfesta, giunto alla sua trentesima edizione. Il tema del Giovaninfesta di quest’anno, Don’t pass over!��?,
sposa le indicazioni date dal Vescovo mons. Montenegro nel Piano
Pastorale Diocesano, ovvero riflettere sulla figura del Buon Samaritano.
Sotto
la dimensione della responsabilità i giovani hanno riflettuto su
un’accoglienza che detta le leggi di una società più giusta, per tutti,
nella consapevolezza che questo percorso prende il via dall’impegno
quotidiano e concreto di ciascuno… come il Samaritano che sa fermarsi
anche se ha fretta; che sa andare oltre i confini sicuri di ciò che
conosce per fare esperienza di un amore senza limiti; Don’t pass over!��?,
un invito a percorrere le strade del mondo per costruire legami
positivi e solidali con tutti, ma soprattutto con gli ultimi. Saper
passare perciò dalla competizione alla dedizione all’altro,
dall’esclusione al confronto, dalla contrapposizione al dialogo.
Si sono vissuti momenti di confronto, dibattiti e testimonianze.
Presente, per tutta la manifestazione, anche l’arcivescovo di Agrigento, mons. Franco Montenegro.
Particolarmente
toccante la testimonianza di un muratore lampedusano, tra i primi ad
intervenire il 3 ottobre scorso in occasione del naufragio che costò la
vita a 366 migranti. Emozionante anche il racconto di
Helix, un giovane scampato ad un altro naufragio, quello avvenuto sulle
coste di Pachino nell’agosto 2013. Presente anche
l’imprenditrice Elena Ferraro, che dicendo “no” ai suoi estorsori, ha
permesso di catturare Mario Messina Denaro, cugino della primula rossa
della mafia siciliana, Matteo. Al termine della
testimonianza della Ferraro il vescovo ha preso la parola per spronare
i giovani a salvaguardare la loro onestà, e il loro territorio.
Non
è la prima volta che lo fa, monsignor Montenegro. Altre volte ha detto
"no" con coraggio, due anni fa ad esempio vietò i funerali solenni ad
un boss mafioso, e ieri ha chiesto ai giovani di dimostrare loro da che
parte stanno.
«Alzi la mano chi non è per la mafia». E ancora: "Siete liberi o prigionieri?». Fino a quella provocazione da stadio, schietta e vincente. Don Franco, come lo chiamano i fedeli della diocesi siciliana ha scatenato l'entusiasmo della platea al grido di «Ragazzi, chi non salta mafioso è» e con quel gesto, immediato e irresistibile: un vescovo che inizia a saltare, un tutt'uno con i suoi giovani. video Un po' per lo slogan da sana tifoseria, un po' perché lui è personaggio amato e ascoltato, un po' perché - senza indugio - si è messo a saltare lui per primo, il vescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, ha fatto centro. Tutti a saltare, migliaia di giovani divenuti una cosa sola, e una voce sola, contro la mafia. --------------------------------------- La Chiesa celebra oggi la Festa
di San Giuseppe Lavoratore. La ricorrenza, istituita da Pio XII nel
1955 per dare un senso cristiano al primo maggio, Giornata
internazionale del lavoro, cade in una fase ormai prolungata di crisi,
che vede oltre 202 milioni di disoccupati nel mondo: un dato destinato
a crescere nei prossimi anni. Papa Francesco, in questo primo anno di
Pontificato, ha avuto parole molto forti su questo tema.
Sergio Centofanti: Il Vangelo del lavoro secondo Papa Francesco Per il primo maggio i movimenti
che si rifanno all'associazione fondata da Cardijn hanno diffuso un
documento che chiede all'Europa di ripartire dalle idee dell'Evangelii
Gaudium
Giorgio Bernardelli: La Gioventù operaia di Papa Francesco --------------------------------------------------------------- Chibok,
una località dello Stato del Borno, nel nord-est del colosso
dell’Africa, la Nigeria, cittadina sconosciuta ai più fino al 15 aprile
2014, ora nota nel mondo intero per l’assalto ad una scuola,
durante il quale sono state rapite oltre duecento ragazze. Una
terribile vicenda ancora avvolta nel buio più totale. Non si sa nemmeno
con certezza il numero esatto delle giovani ancora in mano ai loro
rapitori e quante siano riuscite a scappare. I più accusano
militanti del gruppo terrorista-jihadista Boho Haram, anche se il loro
capo, Abubakar Shekau, non ha mai rivendicato il sequestro di massa.
Cornelia I. Toelgyes: Le duecento ragazze rapite in Nigeria portate in Ciad e in Camerun ---------------------------------------------------------------
DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO
HOREB n. 67 - 1/2014 DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO HOREB n. 67 - 1/2014
TRACCE DI SPIRITUALITÀ
A CURA DEI CARMELITANI
«Ho
avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato
da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito… » (Mt 25,35-36), così Gesù si rivolge ai giusti, costituendo i piccoli e i poveri come i suoi “vicari” sulla terra.
Il Dio che incontriamo, nell’ascolto della Parola e nelle vicende della vita, in Gesù è un Dio “nudo”, Crocifisso
Risorto, più nudo di tutti i defraudati della nostra storia, e non
nasconde questa nudità d’amore. Egli nella sua nudità sposa l’umanità
nuda.
Se vogliamo restare fedeli a questo Dio, che, nel Figlio Gesù, accoglie e condivide, che è paziente, che vive la paradossale solitudine della croce, dobbiamo, assieme a Lui, restare fedeli alla terra, ad un popolo che Lui ama e dobbiamo restarci nella solitudine e nel silenzio.
La
vita cristiana è fedeltà a queste nozze di Dio con l'umanità, e cresce
nell'inquieta pace di chi lascia che la sua fede si incarni, che il
Verbo si riveli carne della sua carne e sangue del suo sangue e di
quello di tutti coloro che camminano in questa terra, in particolare
degli impoveriti e degli oppressi.
La
vita cristiana è coinvolgimento a condividere la passione d’amore che
Dio ha per l'umanità e la creazione. E questa passione comporta il
condividere lo stile povero di Gesù.
In
quest’ottica, il regno di Dio non tiene i cristiani lontano dalla
realtà storica e dalla terra che li accoglie e li ospita. La logica del
regno non consente di coltivare stili di vita separati, anzi attiva una
nostalgia profonda di recuperare la storia e immergersi in essa. Il
regno è invito ad entrare dentro a questa realtà assecondandone l’opera
dello Spirito in una creazione che geme e soffre (Rm 8,19ss).
Il
regno di Dio, quindi, si costruisce a partire da un’umanità sfigurata,
che ha nomi e lineamenti ben precisi. Oggi, questa umanità sfigurata,
con una parola la potremmo chiamare Sud, se per i Sud del mondo non
indichiamo solamente una posizione geografica – oggi i Sud sono nelle
nostre città, nella porta accanto alla nostra –, quanto piuttosto una
logica, una coordinata storica, è il basso, la profondità, la
periferia, contrariamente a quello che noi reputiamo più importante:
l’alto e il centro.
È questa la prospettiva che orienta le riflessioni della monografia.
...
Editoriale (PDF)
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SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"L'annuncio del Vangelo... Un po' di misericordia... Le piaghe di Gesù... San Giovanni XXIII e Sal Giovanni Paolo II... Nella convocazione del Concilio... San Giovanni Paolo II è stato... Beati quelli che sanno ascoltare... Ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito... I bambini hanno molto da insegnare... Dio ci giudica... Chi sono io... ... questo dono ci fa capire... Io penso, Giuseppe... Oltre la logica... Il calcio è... --------------------------------------------------------------- SANTA CATERINA DA SIENA (video) --------------------------------------------------------------- Il 29 aprile del 2000 nella
cattedrale di Messina mons. Francesco Montenegro (attualmente
arcivescovo di Agrigento) veniva consacrato vescovo da mons. Giovanni
Marra e nominato Ausiliare di Messina-Lipari e Santa Lucia del Mela. In
quella celebrazione la chiesa era stracolma e i posti riservati erano
solo per disabili, barboni e assistiti dalla Caritas!!!
Auguri... --------------------------------------------------------------- LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti...!
Serpenti, razza di vipere, come potrete sfuggire alla condanna della Geenna?" (Matteo 23, 13.33) Gianfranco Ravasi: Le invettive di Gesù: «serpenti, razza di vipere!» -------------------------------------------------------------- (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)"Un cuore che ascolta - lev shomea' " - n. 22/2013-2014 (A) di Santino Coppolino RUBRICA Un cuore che ascolta - lev shomea' "Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9) Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino Vangelo: Gv 20,19-31 E'
il primo giorno della settimana, "il giorno uno" della nuova creazione,
giorno in cui la vita ha vinto la morte per sempre, "quello che non
conosce tramonto". E' il giorno dei doni del Risorto, quello del suo
Spirito e quello dello Shalom, della Pace, ma "non come quella che dà
il mondo"(Gv 14,27). La Pace che viene da Dio è pienezza, perfezione e
integrità di vita, è felicità e benessere per ogni figlio dell'uomo.
Dice il Talmud che "su tre cose poggia il mondo: LA VERITÀ (FEDELTÀ), LA GIUSTIZIA E LA PACE, che in realtà sono una sola cosa. Se la Verità (Fedeltà) viene difesa (con l'esempio della vita), la Giustizia si attua e allora la Pace regna" (Rabbi Shimon ben Gamliel, Ta'anit). Ma è una pace monca, che non può scendere in pienezza su di loro perché monca è la comunità, mancante di uno: Tommaso, il gemello di Gesù, quello che gli assomiglia nel dono della vita (Gv 11,16) non è con gli altri discepoli. Lui non sta rintanato nel cenacolo, non ha paura di morire con e come il suo Signore e la sua risposta alla gioia dei condiscepoli che già hanno fatto esperienza del Risorto non è una negazione dell'evento, quanto piuttosto il grido disperato di colui che ama il suo Signore ed ha bisogno di certezze per credere. Ma Gesù non gli concede apparizioni particolari, il Signore si rende presente solo all'interno della comunità, durante la celebrazione Eucaristica, "otto giorni dopo" ... --------------------------------------- Omelia di don Angelo Casati
II Domenica di Pasqua
Anno A - 27 aprile 2014
At 2,42-47
Sal 117 1 Pt 1,3-9 Gv 20, 19-31 C'è
un modo di raccontare la Risurrezione in qualche misura
fantastico, miracoloso: un rovesciamento improvviso -quasi automatico
delle situazioni- un cammino trionfante, dirompente. Così si racconta a
volte la Risurrezione, e così si racconta a volte la Pentecoste: un
rombo come di vento ed ecco le porte si aprono. Non dico che non ci sia
del vero in questo modo di raccontare. E' il modo di raccontare di chi
corre in avanti e anticipa il futuro. In
realtà -se stiamo al vangelo che oggi abbiamo ascoltato- il cammino
della risurrezione ci appare meno dirompente: conosce avvicinamenti,
resistenze, pause, gradualità. C'è un po' di enfasi in una certa
predicazione che va sostenendo che come si fa presente Gesù, il
Risorto, come viene lo Spirito, ecco le porte si aprono, si spalancano.
L'evangelista
Giovanni dice che otto giorni dopo, otto giorni dopo la Risurrezione,
le porte erano ancora chiuse! Eppure avevano visto il Signore fermarsi
in mezzo a loro, avevano ricevuto lo Spirito: "Ricevete lo Spirito
Santo" aveva detto, alitando su di loro. Ebbene le porte erano ancora
chiuse! Le porte -le porte chiuse- sono come un simbolo: simbolo della
durezza di una situazione, che ancora permane. Noi oggi ci lamentiamo
degli insuccessi della fede. Pensate ai discepoli, agli apostoli che
non riescono a convincere uno di loro. Eppure erano stati testimoni
oculari del Risorto, l'avevano sentito dire: "Pace a voi". Aveva
mostrato loro le ferite. E avevano gioito al vedere il Signore.
Non
erano riusciti. E le porte erano ancora chiuse: la povertà delle nostre
parole a dire, a testimoniare, e la resistenza del cuore a credere. Le
porte chiuse! E questo Gesù, il Risorto, che viene a porte chiuse -non
si vuol certo dire che viene alla maniera dei fantasmi-. Si vuol dire
che nonostante i nostri ostacoli, nonostante le nostre resistenze,
viene! Nonostante le nostre porte chiuse! E questo ci consola: tu,
Signore, non ti fermi davanti alle nostre porte chiuse. E ci porti una
parola di pace: "Pace a voi". E ci mostri le mani e il costato. E c'è
bisogno di pace. Voi mi capite, certo di una pace anche dalla guerra e
non possiamo non guardare con preoccupazione il riaccendersi di focolai
di guerra in questi giorni.
Ma
c'è bisogno di pace dentro di noi, una pace che liberi anche noi -come
un giorno gli apostoli- dalle paure, dalle paure che ci bloccano
dentro. A volte mi capita di pensare che i discepoli erano barricati sì
anche per la paura dei Giudei, ma forse erano anche barricati dentro da
un'altra paura, ancora più devastante, che era la paura per come
avevano reagito, per come si erano comportati nei giorni della cattura
e della crocifissione del loro maestro. Bloccati, come a noi succede,
dalla delusione verso se stessi, una delusione che genera inquietudine,
genera frustrazione, genera paura.
E
Gesù che, come prima parola, dice una parola di pace. E anche la Chiesa
dovrebbe dire come prima parola sempre questa: non una parola di
condanna, ma di pace: "Non temere, va in pace".
...
Omelia di don Angelo Casati II Domenica di Pasqua
--------------------------------------- Un grido nel silenzio
di don Giovanni Berti Commento al Vangelo 27 aprile 2014
DOMENICA in ALBIS
Gv 20,19-31
“Pace
a voi!”, è questa la prima cosa che Gesù risorto dice ogni volta che
appare ai discepoli, sia la sera di quel primo giorno dopo il sabato
che otto giorni dopo. E da allora i discepoli ogni otto giorni si
ritrovano insieme nel giorno che loro chiamano domenica, cioè “giorno
del Signore”. Ed è così che anche noi la chiamiamo e la viviamo.
E’
un saluto e un dono allo stesso tempo. Gesù si presenta alla comunità
di coloro che portano il suo nome nella pace che solo da Dio proviene,
la pace vera. E’ la pace che porta felicità profonda nell’uomo, è la
pace che cambia la storia umana da divisione a unità, da egoismo a
solidarietà con tutti.
Ieri,
25 aprile, giorno che per la nostra nazione italiana ricorda la fine
della seconda guerra mondiale e la liberazione dalla violenza
nazifascista, nell’Arena di Verona c’è stata una grande manifestazione
di tantissimi movimenti per la pace. Si sono intrecciati moltissimi
slogan e inviti a costruire al pace, con i più disparati appelli che
avevano in comune il desiderio che è di ogni essere umano che è vivere
nella pace, nella concordia, senza più guerre, ingiustizie e povertà.
L’anfiteatro
era pieno gente, circa 13mila persone, di tutti i colori, provenienze
ed età, tante come sono tanti i colori della pace.
Forse
molti pensano che manifestazioni come queste sono inutili, e le notizie
dell’attualità sembrano confermare l’utopia della pace. Basti pensare
l’escalation che sta avendo la crisi in Ucraina e il dramma crescente
dei profughi dai paesi in guerra, come la Siria, che affollano le
barche della speranza nel mar Mediterraneo.
“Pace
a voi”, sembra una bella frasettina da celebrazione in chiesa che
inizia e finisce nel momento in cui si pronuncia, e sembra che anche
noi cristiani ci crediamo sempre meno. Ma Gesù risorto non la pronuncia
in modo superficiale, e se il Vangelo lo ricorda così insistentemente,
significa che questa pace del Risorto è davvero il progetto di Dio per
l’umanità. Dalla pace di Cristo nasciamo come cristiani, e come
cristiani questa pace siamo chiamati a farla scendere nel cuore nostro
e nella vita attorno a noi.
La
pace non è mai a basso prezzo, e si costruisce con il sacrificio della
vita. Gesù infatti pronuncia queste parole mostrando nello stesso tempo
i segni della passione, che nonostante sia un corpo risorto, sono
rimasti impressi in modo indelebile nella sua carne. Gesù è il risorto
e il vivente, ma non cancella le tracce del prezzo di questo amore
senza limiti. I segni della passione sono anche essi un messaggio
concreto ai suoi amici, chiamati a portare la pace sapendo di dover
spesso pagare per la sua realizzazione.
E’
difficile credere e accettare questo, e Tommaso con la sua iniziale
incredulità ci tranquillizza, perché anche noi come lui non troviamo la
strada della fede così immediata e facile da accogliere.
Ma
lo stesso Tommaso finirà con il pronunciare la più alta professione di
fede nel Vangelo, quando alla fine riconosce Gesù come Signore e Dio.
E’ difficile costruire la pace come ci insegna Gesù, ma è possibile,
non è una illusoria utopia.
Ieri
in Arena il momento per me più emozionante è stato quando a tutti i
presenti hanno chiesto un minuto di silenzio per la pace nel mondo.
...
La pace richiede silenzio (video)
Un grido nel silenzio
--------------------------------------- "Cari giovani, sentinelle del futuro"
di Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto
Lettera pubblicata su "Il Centro",
Domenica 20 Marzo 2014,
- Pasqua -
“Scrivo
a voi, giovani, perché... siete forti e la parola di Dio rimane in voi
e avete vinto il Maligno. Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se
uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui… E il mondo passa con
la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!” (1
Gv 2, 13ss). Queste
parole della prima lettera di Giovanni mi hanno aiutato a scegliere
come destinatari di questa riflessione i giovani, in una Pasqua, ancora
segnata dalla crisi che riguarda particolarmente loro, dato l’altissimo
tasso di disoccupazione che caratterizza oggi il nostro Paese. Provo
a dire come immagino i giovani creatori del mondo che verrà, partendo
da una immagine biblica, che si trova nel libro dei Numeri (cap. 13),
dove si narra degli esploratori mandati da Mosè a visitare la terra
promessa. Ritornando, essi portano il grappolo d’uva, il melograno e il
fico, e raccontano quello che hanno visto, trasmettendo una tale
emozione, che tutto il popolo decide di affrontare il rischio e di
entrare in quel Paese dove abitano i giganti. È l’immagine di quanto
dovrebbero fare i giovani di fronte alla crisi in cui ci troviamo. Come
gli esploratori, i giovani non sono i capi del popolo, non sono né
Mosè, né Aronne; essi non sono neanche i sacerdoti o i leviti, e
neppure la grande massa costituita dalle famiglie, dagli anziani, dai
bambini. I giovani sono per loro natura gli esploratori, mandati a
scoprire il futuro di tutti. Chi
entrerà nella terra promessa, chi la vedrà e la farà sua? Chi ne
intuisce già i tratti, ne avverte il sapore e il profumo? Siete Voi,
giovani! Voi siete le sentinelle del mattino, che annunciano con i loro
sogni e le loro attese il giorno che verrà. Voi siete i primi
destinatari del sì che Dio non si stanca di dire al mondo. Voi
anticipate il futuro, ce lo fate assaggiare. Chi sta a contatto con voi
e sa ascoltarvi, riceve una carica stupefacente di giovinezza e di
speranza. Mi chiedo, allora, quali caratteristiche dovrete avere per
essere veri esploratori della terra promessa. Come agli inviati del
libro dei Numeri, è chiesto a voi di raccontare un mondo ai più
sconosciuto: dovete essere dei narratori! Narrare non significa aver
capito tutto o voler spiegare tutto. Narrare vuol dire comunicare
un’esperienza vissuta in maniera così intensa, da risultare contagiosa
di futuro. È questo che è giusto aspettarsi da voi: che ci aiutiate a
conoscere, attraverso i vostri racconti, che sono i vostri sogni, le
vostre attese, le vostre speranze, un mondo che per tanti aspetti non
conosciamo, quello che condividete ogni giorno nelle scuole, negli
ambienti di vita, con i vostri amici, con quanti sanno dialogare con
voi. Da questo mondo gli adulti spesso sono distanti, incapaci di
capirlo. È evidente,
peraltro, che non si può imparare la lingua degli altri senza
conoscerli. Chi conosce la lingua dei giovani, chi esplora il mondo che
deve venire, siete anzitutto voi. Perciò, noi adulti abbiamo bisogno di
voi, perché senza di voi non potremo parlare al futuro; è grazie a voi,
se accettate di coinvolgervi nell’avventura di sognare insieme e di
organizzare la speranza, che anche noi potremo parlare al domani e
costruirlo con voi. Oltre a essere i narratori della speranza, i giovani, ..." (Bruno Forte)
Cari giovani, sentinelle del futuro di Bruno Forte (PDF) --------------------------------------- Con Maria… Come Maria…
Per iniziare il mese dedicato alla Madre di Dio di don Antonio Savone Introduzione La
presentazione che il vangelo ci consegna di Maria ha qualcosa di simile
a un dipinto con queste caratteristiche: poche pennellate, molto spazio
bianco, colori tenui, contorni non totalmente definiti, soggetti
semplici e senza pretesa, atmosfera di sacro silenzio. Le poche
pennellate cadono armoniosamente in posti appropriati; grazie ad esse
anche lo spazio bianco diventa denso di significato. Il tutto invita a
spiare il mistero e riconoscerlo operante nella trama dei giorni di
Maria. Dal «quomodo fiet» al «fiat» Il primo momento: l’annuncio dell’angelo. Il turbamento La
sua prima reazione è quella del turbamento, tipico di chi è consapevole
di trovarsi di fronte a qualcosa che lo trascende infinitamente, ad una
novità insospettata di cui non riesce a cogliere subito il senso. Non
si tratta di un dubbio scaturito dall’incredulità, bensì del senso di
stupore di fronte alla sproporzione tra la grandezza della proposta e
la limitatezza effettiva della capacità di realizzazione. È
l’atteggiamento dell’umile e del riflessivo, di chi cioè è cosciente
della propria piccolezza e si avvicina al mistero con timidezza e
discrezione, attento a penetrarne il senso. È il sentimento del povero
che sa meravigliarsi di fronte ai doni gratuiti. Come mi pongo di
fronte agli annunci a me consegnati dalla Parola di Dio, dall’azione
dello Spirito Santo in me, da ciò con cui la vita mi chiede di
misurarmi? Come mi pongo rispetto alla mia chiamata, a quella che in
qualche modo è per me una sorta di annunciazione? Quale consapevolezza
mi attraversa? La
seconda reazione di Maria è una richiesta di chiarimento. Maria invoca
luce: Quomodo fiet istud? («Come avverrà questo?») e manifesta il
dilemma del suo voler acconsentire, ma non saper come. Ella domanda a
Dio che cosa dovrà fare per essere in grado di obbedire. Lo spirito di
Maria è come quello del salmista quando prega Dio dicendo: «Fammi
conoscere la via dei tuoi precetti e mediterò i tuoi prodigi… Dammi
intelligenza perché osservi la tua legge e la custodisca con tutto il
cuore» (Sal 119,27.34). Dopo
che l’angelo le ha manifestato in che modo è resa protagonista, luogo e
testimone di «grandi cose», Maria accetta con piena disponibilità,
passando così dal quomodo fiet, «come avverrà», al fiat, «avvenga». Il
fiat di Maria, come quello insegnatoci da Gesù nel Padre nostro (Mt
6,10), è un abbandono fiducioso e un desiderio gioioso di realizzare la
volontà di Dio. Con il suo fiat ella ricapitola tutta la schiera degli
obbedienti nella fede nell’Antico Testamento e inaugura il nuovo popolo
pronto ad ascoltare la voce di Dio che ora parla per mezzo del suo
Figlio. ...«Camminare in fretta» e «conservare tutto nel cuore» La
premura del cammino verso Ain Karim, come poi la sollecitudine alle
nozze di Cana, mostrano lo stile attivo, intraprendente, creativo,
risoluto di Maria. ...«Vedere un segno» e «essere segno» Maria
parte da Nazaret e si mette in cammino dietro un «segno» datole
dall’angelo: «Vedi, anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia,
ha concepito un figlio» (Lc 1,36). Questo fatto deve essere per Maria
una prova della potenza di Dio a cui «nulla è impossibile» (Lc 1,37). Maria
cammina verso la montagna animata dalla fiducia in Dio. Ma tale fiducia
è rafforzata dal «segno» offertole da Dio; in realtà, ella stessa è un
segno di Dio dato all’umanità, «un segno di speranza e di
consolazione». Infatti Maria segna l’aurora che precede il sorgere del
sole, segna l’irrompere della salvezza nella storia, segna «la pienezza
del tempo» (Gal 4,4). ... Mentre
Maria percorre in fretta le vie tortuose della montagna, dentro di lei
si snoda un itinerario interiore di fede che va dall’adesione docile
del fiat all’esplosione gioiosa del Magnificat, dall’essere visitata da
Dio all’essere visita di Dio per altri. Salendo sulla montagna Maria sente di non essere sola. Il Figlio di Dio è presente, nascosto in lei. Con
il suo camminare per vie scomode per raggiungere l’altro a casa sua,
Maria inaugura lo stile di Dio, lo stile di servizio, di abbassamento,
di solidarietà verso chi ha bisogno. ... «Avvolgerlo in fasce» e «cercarlo con ansia» Nel
racconto della nascita di Gesù Luca riporta il gesto delicato di Maria:
«Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo
depose in una mangiatoia» (Lc 2,7). È un gesto semplice che esprime
tutto l’affetto materno, tenero e rispettoso di Maria verso questo
bambino che è Figlio di Dio e figlio suo. Ci
sono i giorni in cui più chiaramente avvertiamo la presenza del Signore
nella nostra vita, quelli in cui non ci è difficile manifestargli
attenzione e premura. Ma vengono anche quelli in cui sembra farsi
assente, i giorni in cui sembra non confermare quanto pure abbiamo già
vissuto con lui. ...Dal fiat al facite Maria
è diventata Madre di Dio perché ha «creduto nell’adempimento delle
parole del Signore» (Lc 1,45): così Elisabetta rilegge il fiat di
Maria. Alla pienezza di grazia da parte di Dio corrisponde la pienezza
di fede da parte di Maria. Abbandonata
a Dio completamente, impegnata nell’avanzare costantemente nella
«peregrinazione della fede», Maria si è sintonizzata lentamente e
profondamente con Dio. Per la sua viva fede ella arriva a una forte
intesa con lui, a un acclimatamento di tutto il suo essere con il
progetto di Dio, ad avere un’intuizione del pensiero di Dio, a saper
discernere spontaneamente la sua volontà, a sentir palpitare dentro di
sé il cuore di Dio. ... Maria
è Madre di Dio. È l’unica in tutto l’universo e in tutta la storia
umana a poter dire, rivolta a Gesù, ciò che gli dice il Padre celeste:
«Tu sei mio Figlio; io ti ho generato!» (Sal 2,7; Eb 1,5). Maria, la
Madre di Dio, è l’epifania di uno dei misteri, dei paradossi più alti
del cristianesimo, delle sorprese d’amore più sconcertanti di Dio fatte
all’umanità. Ma l’essere
madre per Maria non è una realtà statica che si acquista una volta per
sempre. Lungo la sua«peregrinazione della fede» ella ha fatto un
cammino di crescita e di maturazione nella sua maternità vivendo tutta
una gamma di sentimenti materni ...L’avanzare
nella peregrinazione della fede è per Maria contemporaneamente un
avanzare nello sviluppo della sua maternità. Come la peregrinazione
della fede culmina nell’evento pasquale del Figlio, così anche il
cammino di maternità. A
Nazaret Maria iniziava il suo cammino di maternità accettando il
progetto misterioso di Dio: «Ecco concepirai un Figlio»; ora è questo
Figlio che le propone una nuova maternità universale. A
Cana, Maria si poneva in mezzo facendo la mediatrice tra il suo Figlio
e gli uomini; ora è il suo Figlio che fa da mediatore tra lei e gli
uomini dicendole: «Donna, ecco il tuo figlio!». Il racconto di Giovanni
termina con: «E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa»
(Gv 19,27). Da quel momento, mentre l’umanità redenta accoglie la
Madre, Maria accoglie ogni figlio che le è affidato personalmente dal
suo Figlio e lo introduce nel suo cuore materno, per sempre. È
così anche per noi: tutto parte dall’accoglienza di un progetto di Dio
su di noi per scoprire, alla fine, che tale progetto ha a che fare con
il prenderci cura di fratelli e sorelle a noi affidati dal Signore Gesù. Con Maria… Come Maria… – Per iniziare il mese dedicato alla Madre di Dio --------------------------------------- A Pasqua i cristiani sono nella
gioia: celebrano la risurrezione del loro Signore, la vittoria della
vita sulla morte. Ma questa gioia è destinata solo a loro? La vicenda
di Gesù di Nazareth non ha nulla da dire a chi non lo riconosce come
figlio di Dio, a chi non crede che un uomo possa essere richiamato
dalle tenebre della morte alla luce di una vita senza fine?A chi appartiene dunque questa gioia pasquale?
Enzo Bianchi: Pasqua: una gioia per tutti ---------------------------------------------------------------
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)OREUNDICI IL QUADERNO DI APRILE 2014 ESSERE FAMIGLIA OGGI L'EDITORIALE di Mario De Maio Qual
è il vero problema di ogni famiglia? Famiglia è un termine che evoca in
ciascuno di noi tanti sentimenti e tante emozioni. Oggi tutta la Chiesa
è impegnata a ricercare nuove indicazioni ai numerosi e complessi
problemi che questa istituzione pone. Non sto a ripetere l'elenco delle
questioni aperte, che tutti conosciamo direttamente. Vorrei piuttosto
parlare di un’area a cui è dedicata poca attenzione, quella che
riguarda i modi in cui i giovani si preparano a vivere la dimensione
dell'amore e a formare una famiglia. Non a caso ho fatto una
distinzione fra amore e famiglia. L'amore infatti è l'esperienza
fondamentale di ogni essere umano, ha inizio ancora prima di essere
concepiti, sin dal momento in cui si comincia ad avere uno spazio
speciale nella mente dei genitori. Essendo
un’esperienza estremamente personale, e fondamentale, sono preziosi i
luoghi in cui i giovani, e non solo loro, possono riflettere ed
elaborare questa dimensione molto complessa, che abbraccia la mente, i
sentimenti ma soprattutto la parte più profonda e spesso inconscia
dell'uomo. Come riconoscere il vero amore, come coniugarlo con la
sessualità, come viverne le diverse fasi ed evoluzioni, come imparare
le finezze delle sue numerose espressioni, come, per chi crede, sentire
che li si incontra e si rende presente l'amore di Dio? Sono questi i
temi cruciali da affrontare prima degli aspetti giuridici. Questo
è il primo passo a cui può seguire la decisione di formare uno spazio
speciale, basato sull'amore, che chiamiamo "famiglia"... L'EDITORIALE di Mario De Maio FAMIGLIA: UNA, NESSUNA, CENTOMILA di
Chiara Saraceno
Nell’abitato
in cui vivo, siamo sette nuclei familiari: due sono formati da coniugi
senza figli (una coppia è sposata civilmente, l’altra in chiesa), uno
da una madre separata con due figli minori, uno da una donna
divorziata, che vive sola dopo avere cresciuto il proprio figlio; uno è
una coppia di fatto, formatasi dopo precedenti matrimoni conclusisi,
uno sono io (ho un gatto, conta anche lui?), e uno è una famiglia
“tradizionale”, formata da mamma, papà e due figli. “La” famiglia
effettivamente esiste, ma è una minoranza... Paolo, quattro anni, dice
“è casa mia” quando indica quella dei nonni materni seppure lui viva in
un’altra città con i suoi genitori, non altrettanto quando si riferisce
alla casa degli altri nonni... Quand’ero bambina, nell’esigenza di fare
chiarezza dentro di me di fronte a quanto osservavo fuori di me, un
giorno chiesi alla sorellina di mia mamma, di appena un anno maggiore
di me, orfana di madre: “devi decidere se questa è la tua famiglia
oppure no”. Lei mi rispose di no, ma non bastò a chiarirmi il confine
tra “dentro” e “fuori” della famiglia, né a restituirmi l’attenzione e
l’affetto che le veniva elargito dalla “mia famiglia” con maggiore
generosità di quanto venisse dato a me che ero, formalmente, più
fortunata di lei... è sufficiente una minima osservazione sulla realtà
che viviamo e che abbiamo intorno per renderci conto del variegato
mondo compreso in quella parola fondamentale nella vita di ognuno:
famiglia.
Tutti
noi abbiamo un’esperienza intima di che cosa sia una famiglia. Questa
esperienza, e le relazioni che la strutturano nel bene e nel male fanno
par te di noi, del modo in cui stiamo al mondo e pensiamo a noi stessi.
Incide anche sul modo in cui pensiamo e viviamo i rapporti uomo-donna,
adulti-bambini, giovani-vecchi, sul modo in cui sviluppiamo la nostra
capacità di relazioni affettive e di generatività...
FAMIGLIA: UNA, NESSUNA, CENTOMILA di Chiara Saraceno La famiglia è vita, tessuto quotidiano, è cammino di generazioni che si trasmettono la fede insieme con l'amore e con i valori fondamentali, è solidarietà concreta, fatica, pazienza, e anche progetto, speranza, futuro. Papa Francesco --------------------------------------- SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"Ci
uniamo all'appello che i familiari del gesuita padre Paolo Dall'Oglio,
rapito in Siria il 29 luglio 2013, rivolgono in coincidenza con
l'anniversario dei nove mesi dal suo sequestro in Siria.
"Chiediamo a chi lo detiene di dare a Paolo la possibilità di tornare alla sua libertà e ai suoi cari, e a tutte le istituzioni di continuare ad adoperarsi in tal senso". |
FRANCESCO |
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