"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°20 del 2014

Aggiornamento della settimana

- dal 10 al 16 maggio 2014 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 23 maggio 2014          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

  
   di P. Gregorio Battaglia

  di P. Aurelio Antista

    di P. Alberto Neglia


PREGHIERA DEI FEDELI

 
N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 







I NOSTRI TEMPI




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E' questo che vogliamo?


Guardiamoci allo specchio e facciamoci una piccola, semplice domanda: è questo che vogliamo? I morti che galleggiano nel Mediterraneo? I superstiti terrorizzati? La conta di vivi e morti, ne abbiamo salvati duecento, meno male?

Non facciamo ingannare dall'ultima tragedia al largo di Lampedusa, qui la strage è quotidiana, che arrivi sui Tg oppure no. Come scrive Fortress Europe, il sito che segue la mattanza: "Dal 1988 sono morte lungo le frontiere dell'Europa almeno 19.603 persone. Di cui 2.352 soltanto nel corso del 2011, almeno 590 nel 2012 e 801 nel 2013. Il dato è aggiornato all'11 maggio 2014 e si basa sulle notizie censite negli archivi della stampa internazionale degli ultimi 26 anni. Il dato reale potrebbe essere molto più grande".

Quindi, facciamoci quella domanda: è questo che vogliamo? ...

  E' QUESTO CHE VOGLIAMO?

Duecento migranti li hanno salvati le navi italiane e i mercantili dirottati in zona, 14 li hanno recuperati già cadaveri, molti altri, probabilmente altri 200, sono già in fondo al mare se è vero che sul barcone erano in quattrocento: l'ennesima strage di migranti si compie a 40 miglia dalle coste della Libia, a pochi giorni di distanza da un altro naufragio costato la vita a una quarantina di persone partite dalle coste orientali del paese nordafricano. Segno che, probabilmente, non bastano più gli sforzi che l'Italia sta facendo con Mare Nostrum ed occorre, invece, mettere in piedi una missione internazionale per tentare di bloccare i trafficanti di morte e consentire alle migliaia di richiedenti asilo che si trovano in Libia di poter presentare le domande in quel paese...

  Nuovo naufragio, almeno 14 morti. Choc Ue, chiede nuovo confronto 28


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Anifa e gli altri, il lungo viaggio


Anifa e gli altri,
il lungo viaggio

Dalla Libia all'Italia,
il racconto della traversata

Kibron è partito solo e senza aver mai visto il mare: ci ha messo quattro anni dall'Eritrea alla Sicilia. Nibal e il marito sono scappati dalla Siria nel 2012 ma lui si è ammalato di tumore in Libia e così è rimasto lì, quando lei è salita sul barcone una settimana fa. Ad Adan, i terroristi somali di Al Shabaab hanno ucciso la madre, la sorella e la moglie. Ed ora lui lava macchine gratis davanti al Cara di Mineo, dove da un anno attende il riconoscimento dello status di rifugiato.

Sono già 20.500 i migranti salvati nel canale di Sicilia dall'inizio dell'anno, un numero otto volte superiore a quello dell'anno scorso. Migliaia di uomini donne e bambini ognuno con la sua storia, i suoi ricordi, i suoi drammi. E le sue speranze.

Dalle violenze subite dai trafficanti di uomini alla partenza dalle coste libiche, dal salvataggio in mezzo al Mediterraneo all’arrivo nei Centri d’accoglienza, questo è il racconto del loro viaggio. E degli uomini che in silenzio cercano di salvare le loro vite.

Magazine ANSA - Emergenza immigrazione: 
Photostory - Yassir, Anifa e quelli che ce l’hanno fatta - Dentro Mare Nostrum - 'Così diamo la caccia agli scafisti' - Nel limbo di Mineo -

Leggi e guarda testi, foto e video:

  Anifa e gli altri, il lungo viaggio



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"Persone, non clandestini" don Renato Sacco


Persone, non clandestini
13 maggio 2014 - Renato Sacco


A Catania. Atterraggio programmato verso le 13. Alla stessa ora, nella stessa città siciliana, è previsto l’arrivo della nave con centinaia di profughi che, nella tragica traversata, hanno visto morire decine (centinaia?) di loro fratelli e sorelle, compagni di un viaggio verso la vita. Il mio viaggio a Catania è veloce, sicuro e anche a poco prezzo. Il loro no! E ti chiedi perché io? Ho forse meriti particolari? Forse sono solo tremendamente più fortunato. E ti ricordi le parole di Francesco a Lampedusa “Chi ha pianto?”. Vorresti stare in silenzio, forse anche piangere. Ma nella confusione dell’aeroporto come si fa? Sei in mezzo a un mare di gente che parte e che sa anche di arrivare. Loro no. 
E sono un pugno nello stomaco le parole di un capopartito del Nord che non trova di meglio che ringhiare la sua rabbia, e invocare, di nuovo, il reato di clandestinità. Almeno oggi, tacere no? Un po’ di pietà.

Beh, sono contento di andare a Catania.

A respirare un’aria diversa dal Nord. È vero, sia detto: al nord non ragioniamo tutti così! E lo testimonia l’accoglienza di profughi anche nella mia zona, al Nord, in provincia di Verbania. Così come in Sicilia non sono tutti mafiosi, come invece molti al Nord pensano. Ma è doveroso smascherare e denunciare un razzismo strisciante, più diffuso di quello che sembra. Non gridato, ma condiviso sotto sotto. E magari anche da persone ‘per bene’ o addirittura... religiose. La mafia e il razzismo si nutrono della connivenza, del silenzio, della compiacenza. Come “il pesce che per nuotare ha bisogno dell’acqua intorno”, per dirla con don Ciotti.

E allora li chiamiamo profughi, non clandestini.

Persone, non problemi.
...


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Per le ragazze rapite non basta indignarsi


Per le ragazze rapite
non basta indignarsi

Sono almeno un centinaio, tutte sedute a gambe incrociate sulla terra arida e polverosa di una zona desertica non meglio identificabile. Sono in quella stagione della vita – la più bella, nel ricordo grato di ciascuna di noi – in cui si dovrebbe fiorire. E invece il verbo che qualcun altro sta declinando per loro, e a cui non hanno alcun modo per opporsi, è mortificare. Ragazze violentate nella loro dignità di donne, solo in quanto donne, rapite perché giudicate colpevoli dell’aggravante più pericolosa, per chi vuole introdurre la “sharìa” nel Paese: studiare, darsi un’istruzione per poter poi prendere in mano il proprio futuro. 
Avvolte in un lungo abito grigio con il velo, rese forzatamente anonime dalla immane tragedia, dal loro sguardo trapela lo sgomento e il terrore. Hanno le mani incrociate mentre eseguono il copione di una preghiera cantata, e il loro sguardo non riesce a guardare un punto fisso, a sostenere lo sguardo dell’operatore che le riprende. Diciassette minuti: tanto dura l’ultimo video – il secondo, dopo quello dove il loro leader minacciava di volerle “vendere al mercato, come vuole la legge di Allah” – in cui Abubakar Shekau propone uno scambio di prigionieri per il loro rilascio. “Sono state convertite all’Islam”, assicura commentando unilateralmente le immagini che scorrono. 
Orrore. Ripugnanza. Indignazione. Sono questi i sentimenti di cui ognuno di noi dovrebbe farsi portavoce, ciascuno per la sua parte, vedendo le immagini e le foto delle ragazze rapite un mese fa in un collegio femminile nel Nord della Nigeria. Erano circa 300, una cinquantina di loro sono riuscite a fuggire: “Avremmo preferito morire che andare con loro”, hanno raccontato dopo essere sopravvissute alla cattura. Anche la loro vita è cambiata per sempre: non passa giorno già oggi in cui non si chiedano che cosa potrà accadere alle loro “sorelle”, non passerà giorno in cui non dovranno fare i conti con il pensiero di cosa sarebbe accaduto se le parti fossero state invertite. 
Orrore. Ripugnanza. Indignazione.
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  Libere, liberi

Ultime notizie:
  Boko Haram propone: libere le 300 ragazze se rilasciate i nostri militanti in carcere

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"... Pace. Questa parola riassume tutti i beni a cui aspirano ogni persona e tutte le società umane... Tutti parlano di pace, tutti dichiarano di volerla, ma purtroppo il proliferare di armamenti di ogni genere conduce in senso contrario. Il commercio delle armi ha l’effetto di complicare e allontanare la soluzione dei conflitti, tanto più perché esso si sviluppa e si attua in larga parte al di fuori della legalità... 
Un’altra sfida alla pace che è sotto i nostri occhi, e che purtroppo assume in certe regioni e in certi momenti il carattere di vera e propria tragedia umana, è quello delle migrazioni forzate... i rendiamo conto che non ci si può limitare a rincorrere le emergenze. Ormai il fenomeno si è manifestato in tutta la sua ampiezza e nel suo carattere, per così dire, epocale. E’ giunto il momento di affrontarlo con uno sguardo politico serio e responsabile, che coinvolga tutti i livelli: globale, continentale, di macro-regioni, di rapporti tra Nazioni, fino al livello nazionale e locale.
Noi possiamo osservare in questo campo esperienze tra loro opposte. Da una parte, storie stupende di umanità, di incontro, di accoglienza; persone e famiglie che sono riuscite ad uscire da realtà disumane e hanno ritrovato la dignità, la libertà, la sicurezza. Dall’altra parte, purtroppo, ci sono storie che ci fanno piangere e vergognare: esseri umani, nostri fratelli e sorelle, figli di Dio che, spinti anch’essi dalla volontà di vivere e lavorare in pace, affrontano viaggi massacranti e subiscono ricatti, torture, soprusi di ogni genere, per finire a volte a morire nel deserto o in fondo al mare.
Il fenomeno delle migrazioni forzate è strettamente legato ai conflitti e alle guerre, e dunque anche al problema della proliferazione delle armi, di cui parlavo prima. Sono ferite di un mondo che è il nostro mondo, nel quale Dio ci ha posto a vivere oggi e ci chiama ad essere responsabili dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perché nessun essere umano sia violato nella sua dignità. Sarebbe un’assurda contraddizione parlare di pace, negoziare la pace e, al tempo stesso, promuovere o permettere il commercio di armi. Potremmo anche pensare che sarebbe un atteggiamento in un certo senso cinico proclamare i diritti umani e, contemporaneamente, ignorare o non farsi carico di uomini e donne che, costretti a lasciare la loro terra, muoiono nel tentativo o non sono accolti dalla solidarietà internazionale..." (Papa Francesco 15-5-2014)

  Papa Francesco: pace è rinnovato impegno contro migrazioni e commercio armi (video)

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Lo strumento per affrontare l'emergenza sbarchi c'è ed è la direttiva per la protezione internazionale dei rifugiati del 2001. Per "attivarla" occorre il voto della Commissione Europea ma per il commissario svedese Cecilia Malmstrom non c'è nessuna emergenza. E gli Stati del Nord, che non vogliono rogne facendosi carico dei profughi, ringraziano

 
FAMIGLIA CRISTIANA: Profughi, L'Europa che se ne frega


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  E per favore... per favore non lasciamoci rubare...

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«Un incontro per e non contro, una festa non una lamentazione». Il Papa plaude agli oltre 300 mila presenti in piazza San Pietro per l'incontro tra scuola e Chiesa e ricorda che la scuola deve educare al vero, al bene, al bello.
 
FAMIGLIA CRISTIANA: «NON LASCIATEVI RUBARE L'AMORE PER LA SCUOLA»

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Il sacerdote in classe nell'era del "touch"...



... Papa Francesco ci chiede di non rimanere “pettinatori di pecore”, ma di essere sempre più “pescatori”, di non aver paura d’essere anche Chiesa “incidentata”, perché osa frequentare strade diverse. I pochi sacerdoti impegnati oggi nella scuola statale o nella scuola in genere possono a buona ragione essere annoverati tra i pescatori inviati a tessere reti non scontate e non sempre così evidenti. 
Dai corridoi alle aule scolastiche, dagli spazi di ricreazione ai collegi docenti, dalle lezioni ai dialoghi in chat con alunni e colleghi docenti, il mare nel quale un sacerdote docente di religione si trova a navigare è assai vasto e popolato. La maggioranza dei giovani che incontra nelle classi della scuola secondaria di secondo grado non frequenta più abitualmente i luoghi del sacro, siano essi la chiesa o l’oratorio. Qualcuno ancora per un po’ si ripresenta al Grest, ma sono i protagonisti di un inesorabile congedo dai noti spazi religiosi, quelli che un docente di religione, sacerdote o laico, si trova nell’ora settimanale di Irc (insegnamento della religione cattolica). 
È certamente una sfida dagli sviluppi mai prevedibili, quella di far ritrovare le coordinate culturali e sociali della dimensione spirituale dell’uomo alla fascia giovanile della popolazione presente a scuola. Non si tratta di fare catechesi, ma di una ricerca di senso, di un pellegrinaggio attraverso le domande e le testimonianze, l’eredità e le provocazioni di comunità cristiane oggi in seria difficoltà nel custodire e nell’accompagnare le giovani generazioni a vivere in modo personale la propria libera vicenda religiosa...

  Nell'era del "touch" il sacerdote in classe è narrazione pura


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C'è un'altra Italia: il dono delle ferie alla collega malata. ...



C'è un'altra Italia: 
il dono delle ferie alla collega malata

Ferie esaurite. Come anche tutti i permessi consentiti per legge che aveva utilizzato per far fronte a quel lungo calvario di interventi, dolore e sofferenza del suo male. Ma Rossella Cionini, autista della Ctt Nord, l’azienda di trasporto pubblico delle province di Pisa, Livorno e Lucca, aveva bisogno di altri giorni, mesi, per curarsi: ecco che in soccorso arriva il cuore di oltre 250 colleghi che decidono di donarle un giorno a testa tra i loro di ferie e permessi.

"Per me sono stati degli angeli custodi, sapevo che si stavano muovendo ma quando ho ricevuto la telefonata di una collega che mi informava del gesto ho cominciato a piangere", racconta lei che vive a Peccioli e che finalmente è tornata in servizio, alla guida dei “suoi” bus, lo scorso 8 gennaio ...

  GUARDA IL VIDEO



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Il Senato francese ha approvato definitivamente la proposta di legge che permetterà di donare i propri giorni di riposo a colleghi con figli gravemente malati. Un testo che era stato depositato presso l'Assemblea Nazionale il 13 luglio 2011.

 
SUPERABILE:  Donare ferie al collega con un figlio malato, in Francia si può

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E' una di quelle storie che aiuta a star meglio e che dimostra che in tempi duri tra crisi e violenze in giro per il mondo, c'è ancora chi lascia aperto uno spazio tra cuore e testa per un po' d'amore anche se fraterno. 

  Chloe e Claire, la corsa delle gemelle commuove l'America


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FEDE E
SPIRITUALITA'




DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO
HOREB n. 67 - 1/2014




DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO

HOREB n. 67 - 1/2014 

TRACCE DI SPIRITUALITÀ
A CURA DEI CARMELITANI

«Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito… » (Mt 25,35-36), così Gesù si rivolge ai giusti, costituendo i piccoli e i poveri come i suoi “vicari” sulla terra. 
Il Dio che incontriamo, nell’ascolto della Parola e nelle vicende della vita, in Gesù è un Dio “nudo”, Crocifisso Risorto, più nudo di tutti i defraudati della nostra storia, e non nasconde questa nudità d’amore. Egli nella sua nudità sposa l’umanità nuda. 
Se vogliamo restare fedeli a questo Dio, che, nel Figlio Gesù, accoglie e condivide, che è paziente, che vive la paradossale solitudine della croce, dobbiamo, assieme a Lui, restare fedeli alla terra, ad un popolo che Lui ama e dobbiamo restarci nella solitudine e nel silenzio. 
La vita cristiana è fedeltà a queste nozze di Dio con l'umanità, e cresce nell'inquieta pace di chi lascia che la sua fede si incarni, che il Verbo si riveli carne della sua carne e sangue del suo sangue e di quello di tutti coloro che camminano in questa terra, in particolare degli impoveriti e degli oppressi. 
La vita cristiana è coinvolgimento a condividere la passione d’amore che Dio ha per l'umanità e la creazione. E questa passione comporta il condividere lo stile povero di Gesù. 
In quest’ottica, il regno di Dio non tiene i cristiani lontano dalla realtà storica e dalla terra che li accoglie e li ospita. La logica del regno non consente di coltivare stili di vita separati, anzi attiva una nostalgia profonda di recuperare la storia e immergersi in essa. Il regno è invito ad entrare dentro a questa realtà assecondandone l’opera dello Spirito in una creazione che geme e soffre (Rm 8,19ss). 
Il regno di Dio, quindi, si costruisce a partire da un’umanità sfigurata, che ha nomi e lineamenti ben precisi. Oggi, questa umanità sfigurata, con una parola la potremmo chiamare Sud, se per i Sud del mondo non indichiamo solamente una posizione geografica – oggi i Sud sono nelle nostre città, nella porta accanto alla nostra –, quanto piuttosto una logica, una coordinata storica, è il basso, la profondità, la periferia, contrariamente a quello che noi reputiamo più importante: l’alto e il centro. 
È questa la prospettiva che orienta le riflessioni della monografia. 
...

  Editoriale (PDF)

  Sommario  (PDF)

E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)



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  Io sono il pane vivo...
  La porta che è Gesù...
Auguri a tutte le mamme!!!
  Oggi invito a dedicare un bel ricordo e una preghiera a tutte le mamme...
  ... Con il sacramento della Penitenza...
  Consapevoli di essere stati scelti fra gli uomini...
  Semplicemente questo ha detto Gesù...
  Come la sinfonia ha bisogno...
  Il primo consiglio...
  Una volta che la Parola di Dio...
Accogliamo l'invito di Papa Francesco e ci uniamo in preghiera a tutti coloro che sono stati coinvolti da questa immane tragedia in Turchia
  Cari fratelli vi invito a pregare...
Con Papa Francesco: "Preghiamo anche per le persone che in questi giorni hanno perso la vita nel Mare Mediterraneo. Si mettano al primo posto i diritti umani, preghiamo per questo, si mettano al primo posto i diritti umani e si uniscano le forze per prevenire queste stragi vergognose" !!!
  Preghiamo anche per le persone...
  Non bisogna pensare che il dono...
  Cari amici, a volte possiamo...
Questa mattina, dopo l'udienza generale, in piazza San Pietro una persona con la sindrome di Down si è avvicinata a Papa Francesco e lo ha accarezzato con dolcezza...
  tenere carezze per Papa Francesco...
  Il credente non ha nessun padrone...
  Se il Signore Dio tuo...



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  BEATA MARIA VERGINE DI FATIMA  (video)

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  SAN MATTIA APOSTOLO  (video)


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Atto di Affidamento alla Beata Vergine Maria di Fatima pronunciato da Papa Francesco (testo e video)



Atto di Affidamento 
alla Beata Vergine Maria di Fatima 
pronunciato da Papa Francesco

Beata Maria Vergine di Fatima,
con rinnovata gratitudine per la tua presenza materna
uniamo la nostra voce a quella di tutte le generazioni
che ti dicono beata.

Celebriamo in te le grandi opere di Dio,
che mai si stanca di chinarsi con misericordia sull’umanità,
afflitta dal male e ferita dal peccato,
per guarirla e per salvarla.

...

  video


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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO

"Quando videro Gesù si prostrarono.
Essi però dubitavano"
(Matteo 28, 17)


  Gianfranco Ravasi:  Gli apostoli si prostrarono e dubitarono


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"Un cuore che ascolta - lev shomea' " - n. 24/2013-2014 (A) di Santino Coppolino



RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino

Vangelo:  Gv 10,1-10

Il capitolo 9 del Vangelo di Giovanni è totalmente occupato dall'episodio della guarigione del cieco nato. Gesù, che di sabato compie un'azione atta a restituire dignità e vita all'uomo, diviene motivo di scandalo ed è accusato di peccato dai responsabili della religione, di essere un nemico di Dio. E' a loro che Gesù, indignato, rivolge le sue invettive. Loro, che hanno la pretesa di essere i pastori di Israele, sono definiti da Gesù come ladri e assassini. Ladri perché si sono impadroniti del popolo, che non appartiene a loro ma a Dio; assassini perché non si fanno scrupolo alcuno di usare la violenza per sottometterlo ed affermare il loro potere. Gesù proclama con forza che solo lui è "il Pastore, quello bello", il pastore legittimo che ha ricevuto dal Padre l'autorità per "entrare, uscire e condurre al pascolo"il gregge a lui affidato, il pastore sulla cui bocca è la Parola del Signore, Parola che è la risposta al bisogno d'amore e di vita piena che ogni uomo si porta dentro. Egli è il pastore che ama i suoi ad uno ad uno, li conosce personalmente e instaura con loro un rapporto unico, personale, "li chiama per nome", li pasce teneramente come fa una madre con i figlioletti, dà la sua vita per la salvezza di ognuno di loro.
...


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"Cristo è la porta" Lectio di Fr. Egidio Palumbo



"LECTIO" DEL VANGELO 
di fr. Egidio Palumbo
della Fraternità Carmelitana Pozzo di Gotto (ME)

IV DOMENICA DI PASQUA anno A

At 2,14.36-41 
Sal 22 
1Pt 2,20b-25
Gv 10,1-10

Cristo è la Porta

1. Con il vangelo di questa domenica (Gv 10,1-10), l’itinerario mistagogico del tempo pasquale si sofferma sulla figura diCristo Buon Pastore, o il Pastore quello Bello, perché è riflesso perfetto della Bellezza di Dio, cioè del suo modo bello e unico di accompagnare, custodire, sostenere e guidare il suo popolo, senza arroganza, ma con attenzione e premura, fino al dono di sé (salmo responsoriale: Sal 23; seconda lettura: 1Pt 2,20b-25).
Per questo il Cristo Pastore è indicato come il modello supremo (1Pt 5,4) per ogni pastore, ovvero per tutti coloro che, a vari livelli e secondo la propria vocazione, hanno ricevuto un servizio di responsabilità nella comunità ecclesiale; e questo vale anche all’interno della famiglia “piccola chiesa” per quanto riguarda il compito dei genitori.
2. Ma della pagina del vangelo di questa domenica vogliamo evidenziare una particolarità: il Cristo non è solo il Pastore ma anche la Porta (Gv 10,7.9). Mentre la qualifica di pastore, sul modello di Cristo, viene attribuita anche ai cristiani che hanno una responsabilità ecclesiale e pure ai cristiani in quanto tali, poiché nel battesimo e nella confermazione resi conformi a Cristo Re/Pastore, oltre che Profeta e Sacerdote, invece per quanto riguarda la Porta a nessuno viene attribuito questa qualifica, masoltanto a Cristo («Io sono la Porta»). Con riferimento alla Porta si dice che qualcuno dei cristiani assume l’incarico di «guardiano» (Gv 10,3) che apre la Porta per far entrare il Cristo Pastore, ma non si dice che assume l’incarico di essere la Porta. Questo compito è solo di Cristo.
Ha un significato questa particolarità?
...
Sapranno i pastori delle Chiese essere veri e autentici “guardiani”, sapranno essere vigilanti e aprire quando viene Cristo? Preghiamo per loro: perché non siano tentati di chiudere le porte a Cristo e di aprirle a qualcun altro… per ottenere più potere, favori e privilegi.
Sapremo noi cristiani essere un “gregge” di cristiani adulti e responsabili, capaci di distinguere la voce di Cristo Pastore da quella di un “estraneo”, di un ladro e di un brigante? Sapremo “attraversare Cristo” per crescere giorno dopo giorno come suoi discepoli? Preghiamo per noi: perché non ci conformiamo all’andazzo del nostro tempo, diventando un gregge di pecoroni…

  "Cristo è la porta" Lectio di Fr. Egidio Palumbo


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«Dono e perdono. Per un’etica della compassione» - Lectio magistralis di Enzo Bianchi e intervista a "Uomini e profeti"


Lectio magistralis di Enzo Bianchi in occasione della pubblicazione del suo nuovo libro «Dono e perdono. Per un’etica della compassione» -(Sabato 10 maggio, ore 17, Auditorium Giovanni Agnelli Salone del libro Torino)

La danza del dono per cambiare il mondo
Nella gratuità c’è il riconoscimento dell’altro, lo si celebra indipendentemente dai suoi meriti

Una domanda attraversa la riflessione contemporanea sul dono: c’è ancora posto per questa realtà nell’economia del mercato globale? Il dono riesce a essere eloquente per i cittadini, oggi tutti prostrati di fronte all’idolo del libero mercato, oppure è circoscritto alla sfera privata e può essere praticato solo dall’individuo come gratuità, generosità personale? Oggi viviamo in una società che crede di essere un mercato, soltanto un mercato, nel quale non c’è posto per l’arte del donare, perché regna il primato assoluto della libertà dello scambio. La fiducia va tutta al mercato, e di fronte a situazioni di ingiustizia e di grave disuguaglianza si ricorre alla filantropia, alle azioni che tendono a una giustizia distributiva. 
Perché invece non mettere fiducia nel donare? Il dono possiede infatti un’efficacia profetica, essendo capace di innestare una dinamica nella quale il donare può causare nell’altro la capacità di dare a sua volta agli altri. Siamo tutti testimoni di come a volte si operi un sorprendente ribaltamento: quello che a prima vista sembrerebbe il pensiero dominante – il cinismo del mercato, la ricerca del proprio interesse, il pensare a cavarsela a dispetto degli altri, il monetizzare ogni attività, il pesare gli altri in base alla ricchezza posseduta... – lascia talvolta spazio alla gratuità, al prevalere del bene comune sul vantaggio personale, con un effetto di salutare contagio. 
Il dono deve trovare posto e pratica anche nell’economia e nella politica, ma a patto che si riconosca come fondamento della società la fraternità, che ha sempre il bene comune quale obiettivo a cui tendere per essere realizzata...

  La danza del dono per cambiare il mondo

Dono, perdono, compassione: tre parole che possono apparire svuotare, se non addirittura false, prive di spessore e di incidenza sulla vita reale delle persone se non vengono rianimate, ricontestualizzandole nel solco delle tradizioni in cui nascono, e ponendole in tensione con il contesto del mondo contemporaneo. Questo il lavoro compiuto da Enzo Bianchi, in un suo lavoro recente, e che ripropone oggi a Uomini e Profeti, partendo dalle “perversioni” che ciascuna di queste parole può contribuire a mascherare, e cercando invece di riscoprirne l’autentico vigore. Si scoprirà allora che il “dono” implica una dinamica di libertà e di desiderio che può innescare comportamenti positivi anche nel tessuto sociale. Che il “perdono” non significa dimenticare il male subito, ma avviarlo a guarigione. Che la “compassione” non è un sentimento pietoso, ma un modo di condividere la comune debolezza degli esseri umani. Da strumenti della relazione individuale possono così diventare vie percorribili anche nel tessuto malato della nostra società.

  Dono, perdono, compassione: solo utopie o strade per l’umanità? con Enzo Bianchi (audio)

Donare è spontaneità e gratuità. La danza del dono non prevede contraccambio. «Io do perché tu dia agli altri». E il perdono è la via difficile di chi, senza dimenticare, nel dolore e nella discrezione, cambia se stesso. Perdonare è donare totalmente.

  la scheda del libro «Dono e perdono»


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Il monachesimo è davvero attraente? Esperienze di vita e programmi televisivi come quelli di cui parla p. Christopher, film come Il grande silenzio, Uomini di Dio o L’isola sembrerebbero indicare di sì, forse e soprattutto per quanto riguarda i giovani. È indubbio che il monachesimo, con la carica di “controcultura” di cui è portatore almeno nel suo nascere e nei momenti di riforma, esercita un fascino verso quanti, giovani e non giovani, cristiani e non cristiani, ricercano un senso alla propria vita e faticano a trovarlo in un quotidiano che sentono di non riuscire più a padroneggiare.

 
Enzo Bianchi:  Ma il chiostro è attraente?


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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni


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“Popolo di Dio e sinodalità” - Introduzione del Prof. d. Giovanni Mazzillo



Convegno di Facoltà e della rivista Vivarium dal titolo:
 Popolo di Dio e sinodalità dopo il Concilio Vaticano II:
 principi, problemi, prospettive. 

Lunedì 31 marzo  presso l'Auditorium del Seminario 
"S. Pio X" di Catanzaro

"... Il tema del convegno: Popolo di Dio e sinodalità. Solo apparentemente i concetti in gioco sono da accostare l’uno all’altro. In realtà sono già l’uno nell’altro. Dire popolo di Dio, o meglio dire “Chiesa come popolo di Dio” è lo stesso che dire “popolo di Dio in cammino”, ma appunto proprio “essere insieme in cammino” è il concetto fondamentale del syn-odos. E tuttavia sebbene non solo l’etimologia, ma la teologia sia incontrovertibili, proprio il cammino storico di tale realtà sinodale è stato e resta particolarmente faticoso
...
Di Papa Francesco è nota oltre all’insistenza sulla Chiesa come popolo di Dio anche la volontà di favorire forme di sinodalità reali ed efficaci: Tutto ciò muove ovviamente sia dai testi sia dalla prassi effettiva del Vaticano II. In Papa Francesco il sensus fidei, ripreso dalla tradizione, diventa punto di partenza per invocare una prassi sinodale che ne tenga conto come di autentica “voce della Chiesa” e non già come rivendicazione di libertà contro l’autorità, essendo piuttosto essa stessa fonte autorevole non in conflitto, ma in armonia con il magistero. 
Del resto si tratta di una prassi che risale all’«andare insieme» (syn-odos) dei discepoli direttamente con Gesù, colui che era la via (odos) e che, anche da Signore risorto, camminò insieme con loro, sebbene non riconosciuto, come nel caso dei discepoli di Emmaus. E tuttavia il fatto che anche a questi due discepoli in cammino si accompagni Gesù, rimanda alla sua assicurazione: «dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). 
Se i primi cristiani, oltre ad essere chiamati tali, erano anche conosciuti come i «seguaci della via», ciò è da ricondurre all’idea che il Risorto continuasse, anche se non visto, a camminare con loro. 
La prassi sinodale è basata su questi fondamenti cristologici, ma che diventano ecclesiologici, appena si consideri il fatto che Gesù vuole che la sua ekklēsía sia costruita sulla roccia dell’apostolicità, quella che ha in Pietro il suo rappresentante più autorevole, (Cf. Mt 16,17-19.), ma sempre in funzione dei suoi fratelli, la cui fede egli dovrà confermare, una volta ravvedutosi. 
L’ekklēsía vive la sinodalità nei momenti nei quali occorre esercitare la correzione fraterna, attraverso il ministero della riconciliazione. La vive anche nei momenti di decisioni importanti per il presente e per il futuro della Chiesa, come nel consesso di Gerusalemme sul problema degli obblighi dei pagani convertiti verso la legge mosaica, quando «gli apostoli e gli anziani si riunirono (sunèchthesan) per esaminare la questione» 
(At 15,6). «Si riunirono», ritenendo il risultato dell’incontro come volontà dello Spirito Santo, perché decisione presa in sintonia con lui (to pnèumati to agio kai emin). 
..."

  “Popolo di Dio e sinodalità”  - Introduzione del Prof. d. Giovanni Mazzillo (PDF)


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LIBERATELO!


Il 27 aprile 2013 le assenze erano ridotte al minimo. Un successo per una famiglia numerosa come la loro: due genitori, otto figli, generi, nuore, 22 nipoti e 13 pronipoti. L’appuntamento era a Roma per festeggiare i 90 anni di papà Cesare e i 63 anni di matrimonio tra lui e Donatella. Si sono ritrovati in tanti. Soprattutto c’era padre Paolo, sorridente come sempre. Aveva celebrato lui Messa, ovviamente. Poi aveva fatto ritorno in Siria, il suo amore, la sua vita,dove – tempo tre mesi – le sue tracce si sono perse nell'insanguinato dedalo della guerra civile. Rapito, si dice, da un gruppo di fondamentalisti islamici.

IL DUBBIO SE TACERE O PARLARE. 
In realtà, del gesuita padre Paolo Dall’Oglio, 59 anni, oggi si sa poco o nulla. «Davanti alla tragedia di una terra che ogni giorno registra sofferenza e lutti, davanti al dramma di chi scappa dagli orrori del conflitto ci siamo chiesti se non era meglio tacere, per rispetto del calvario altrui, o se parlare, una volta almeno, per condividere quello che proviamo», confida Cecilia Dall’Oglio, 46 anni, la sorella più giovane. «Ci siamo risposti che sì, era giusto condividere il dono ricevuto, quello della fede, esattamente come hanno fatto all’imbrunire di Pasqua i discepoli di Emmaus, una pagina della Scrittura non a caso scelta un anno fa da Paolo e i miei per il nostro speciale incontro di famiglia».

Disorientamento e dolore graffiano l’animo. Sarebbe disumano il contrario. Un fratello, Pietro Dall’Oglio, ha cercato risposte componendo un rap, Abuna Paolo, Padre Paolo, e postandolo, come si dice nel gergo digitale, in Internet su You Tube. «Poesia, cultura e impegno a volte son le chiavi giuste», canta: «Forse hai paura lì da solo, chissà che cosa pensi, i tuoi silenzi sono per noi misteri,i tuoi ricordi vanno e vengono profondi tra i pensieri».«Io posso parlare di nostro padre e nostra madre», riprende Cecilia. «Papà tiene una fotografia di Paolo sul comodino e spesso anche sulle gambe. Sopra,appoggia una corona del rosario. Una volta, era un venerdì di Quaresima, gli ho passato soltanto la foto. “No, no,dammi anche il rosario per favore”, mi ha detto, “è parte integrante, non vanno mai disgiunti”».

  video

  LIBERATELO!


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Meriam deve vivere: l'Italia si mobilita - Al Colosseo, ebrei cristiani e musulmani insieme per dare speranza a chi soffre per la sua fede.


Nei giorni in cui il mondo intero celebra la Festa della mamma, un giudice sudanese ha condannato a morte una giovane madre cristiana, ritenendola colpevole di apostasia. La sentenza è stata emessa il 5 maggio, ma se ne è avuta notizia solo adesso. La donna, tra l'altro, ha già passato diverso tempo in carcere. È stata arrestata nell'agosto dello scorso anno e incriminata per apostasia rispetto all'Islam lo scorso febbraio. Dopo la sentenza, l'11 maggio, il giudice le aveva offerto la salvezza in cambio della conversione all'Islam. Tre giorni per pensarci. Ma il 14 maggio, di nuovo davanti al magistrato, Meriam ha rifiutato di rinnegare la fede in Cristo. 
Meriam Yeilah Ibrahim, 27 anni, laureata in medicina, è incinta all'ottavo mese e ha con sé in carcere il figlio di 20 mesi. Il giudice del tribunale di Khartum la ritiene musulmana di nascita, come tutti i sudanesi, e secondo Amnesty International l'ha condannata anche per adulterio perché il suo matrimonio con un uomo cristiano non è considerato valido dalla 'sharia'. Il giudice le aveva chiesto di rinunciare alla fede per evitare la pena di morte: "Ti abbiamo dato tre giorni di tempo per rinunciare, ma insisti nel non voler ritornare all'islam. Ti condanno a morte per impiccagione", ha detto il giudice Abbas Mohammed Al-Khalifa rivolgendosi alla donna con il suo nome musulmano, Adraf Al-Hadi Mohammed Abdullah...

  Meriam deve vivere: l'Italia si mobilita

  Violenza sui cristiani al Colosseo per dire no


Fiaccole e bandiere con i segni della pace hanno riempito ieri lo spazio che separa il Colosseo - luogo della persecuzione dei cristiani - e l'Arco di Tito, che custodisce la memoria dell'umiliazione del popolo ebraico.
In tanti infatti hanno risposto all'appello della Comunità di Sant'Egidio e della Comunità ebraica romana per una mobilitazione pacifica che rompa il silenzio sul dolore dei cristiani perseguitati nel mondo a motivo della loro fede. La presenza di tanti nuovi italiani, molti dei quali di fede musulmana, è stata un ulteriore motivo di speranza.
I nomi dei vescovi Mar Gregorios Ibrahim e Paul Yazigi e di padre Paolo dall'Oglio, sequestrati da mesi in Siria, hanno risuonato nella testimonianza viva di un giovane di Aleppo. Alganesh Fessaha ha dato voce alle donne e ai bambini che vengono rapiti nel Sinai...

  Ieri, al Colosseo, ebrei cristiani e musulmani insieme per dare speranza a chi soffre per la sua fede.

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“Ma che ce l’aveva con me, monsignor Nunzio Galantino?”. Trovo un buon esercizio di verifica sentire come rivolta a se stessi la recente provocazione su una comunicazione “meno bigotta” fatta dal segretario generale della Cei a tutto il mondo cattolico...
Fuori di parabola, per chiudere, un contesto particolarmente sfidante in cui essere giornalisti e comunicatori, cattolici ma non bigotti, è senz’altro la Rete. Dove, tra l’altro, il profilo di fruitore e quello di produttore/mediatore di informazioni sono talvolta molto confinanti. 
Come ha avvertito più volte, per esempio, il direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, la presenza missionaria di un cristiano nei media vecchi e nuovi richiede la riscoperta della pratica del discernimento e la rieducazione a una vera e profonda vita spirituale; insieme o addirittura prima ancora della preparazione tecnica e teologico-culturale. Un giornalista che vive nel mondo ma con uno spirito allenato, solido nella fede ma libero, difficilmente cade nel bigottismo.

  Simone Sereni:  Il giornalista samaritano


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Don Di Piazza: «Senza paura, verso il futuro»
Luca Kocci intervista don Pierluigi Di Piazza
Quella che sogna don Pierluigi Di Piazza – prete “di frontiera”, fondatore del Centro di accoglienza “Ernesto Balducci” di Zugliano (Ud) – è una Chiesa povera e senza potere, libera e liberatrice, non clericale, femminile, democratica e pluralista.
Per delinearla, nel suo libro appena pubblicato da Laterza (Compagni di strada. In cammino nella Chiesa della speranza, pp. 152, euro 12), ha scelto lo stile narrativo, del racconto di viaggio, insieme ad alcuni compagni di strada, credenti, non credenti e credenti in altre fedi – Margherita Hack, don Tonino Bello, don Puglisi, mons. Romero, il Dalai Lama, don Gallo, Eluana e Beppino Englaro e altri ancora –, che sono profeti e testimoni. Ciascuno “incarna” un valore, evangelico e laico allo stesso tempo

 
Luca Kocci:  La Chiesa che vorrei


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L'assemblea generale della Conferenza episcopale italiana che si apre alle 17 di lunedì 19 maggio inizia certamente all'insegna della novità: per la  prima volta negli ultimi decenni l'appuntamento non ha in calendario il tradizionale discorso del Papa nell'ultimo o penultimo giorno (solitamente il giovedì), ma lo prevede come apertura, cioè come «prolusione», al posto di quella tenuta dal presidente della Cei. Il cardinale Angelo Bagnasco parlerà, farà un suo discorso il giorno dopo il Papa. Ma l'apertura dei lavori e le indicazioni programmatiche questa volta spetteranno al vescovo di Roma.

  Andrea Tornielli:  La Cei e la novità della prolusione del Papa


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 FRANCESCO
 




    Angelus/Regina Cæli - Regina Cæli, 11 maggio 2014

    Udienza - I doni dello Spirito Santo - 4. La fortezza (14 maggio 2014)

    Omelia  Ordinazioni presbiterali nella Basilica Vaticana - Giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni (11 maggio 2014)

    Discorso - Ai partecipanti all'Incontro promosso dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice (10 maggio 2014)

    Discorso - Parole del Santo Padre ai partecipanti all'Incontro promosso dalla Conferenza Italiana degli Istituti Secolari (10 maggio 2014)

    Discorso - Al mondo della scuola taliana (10 maggio 2014)

    Discorso - Ai Rettori e agli Alunni dei Pontifici Collegi e Convitti di Roma (12 maggio 2014)

    Discorso - Presentazione delle Lettere Credenziali degli Ecc.mi Ambasciatori di Svizzera, Liberia, Etiopia, Sudan, Giamaica, Sud Africa, India (15 maggio 2014)



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10/05/2014:

Una famiglia illuminata dal Vangelo...

10/05/2014:

  Uniamoci tutti nella preghiera...


12/05/2014:

  La nostra vita è stata salvata...


13/05/2014:

  Leggiamo il Vangelo...


14/05/2014:

  Preghiamo per i minatori...


15/05/2014:

  Chiediamo allo Spirito Santo...


16/05/2014:

  Il nostro obiettivo...


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Papa Francesco 11 maggio 2014: Messa con ordinazioni sacerdotali e Regina Coeli (testi e video)


Basilica Vaticana

Per l’Omelia, il Santo Padre ha pronunciato le parole suggerite dal Rito di Ordinazione dei Presbiteri, soffermandosi a sottolinearne alcuni passaggi.

Fratelli carissimi, questi nostri figli e fratelli sono stati chiamati all’ordine del presbiterato. Come voi ben sapete, il Signore Gesù è il solo sommo sacerdote del Nuovo Testamento; ma in lui anche tutto il popolo santo di Dio è stato costituito popolo sacerdotale. Nondimeno, tra tutti i suoi discepoli, il Signore Gesù vuole sceglierne alcuni in particolare, perché esercitando pubblicamente nella Chiesa in suo nome l’ufficio sacerdotale a favore di tutti gli uomini, continuassero la sua personale missione di maestro, sacerdote e pastore...
Quanto a voi, fratelli e figli dilettissimi, che state per essere promossi all’ordine del presbiterato, considerate che esercitando il ministero della sacra dottrina sarete partecipi della missione di Cristo, unico maestro. Dispensate a tutti quella Parola, che voi stessi avete ricevuto con gioia, dalle vostre mamme, dalle vostre catechiste. Leggete e meditate assiduamente la parola del Signore per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato. Sia dunque nutrimento al popolo di Dio la vostra dottrina, che non è vostra: voi non siete padroni della dottrina! E’ la dottrina del Signore, e voi dovete essere fedeli alla dottrina del Signore! Sia dunque nutrimento al popolo di Dio la vostra dottrina, gioia e sostegno ai fedeli di Cristo il profumo della vostra vita, perché con la parola e l’esempio edifichiate la casa di Dio, che è la Chiesa...
Con il Battesimo aggregherete nuovi fedeli al popolo di Dio...
...

  il testo integrale dell'omelia

  video

Piazza San Pietro

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

L’evangelista Giovanni ci presenta, in questa IV domenica del tempo pasquale, l’immagine di Gesù Buon Pastore. Contemplando questa pagina del Vangelo, possiamo comprendere il tipo di rapporto che Gesù aveva con i suoi discepoli: un rapporto basato sulla tenerezza, sull’amore, sulla reciproca conoscenza e sulla promessa di un dono incommensurabile: «Io sono venuto – dice Gesù – perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Tale rapporto è il modello delle relazioni tra i cristiani e delle relazioni umane.

Molti anche oggi, come ai tempi di Gesù, si propongono come “pastori” delle nostre esistenze; ma solo il Risorto è il vero Pastore, che ci dà la vita in abbondanza. Invito tutti ad avere fiducia nel Signore che ci guida. Ma non solo ci guida: egli ci accompagna, cammina con noi. Ascoltiamo con mente e cuore aperti la sua Parola, per alimentare la nostra fede, illuminare la nostra coscienza e seguire gli insegnamenti del Vangelo.

In questa domenica preghiamo per i Pastori della Chiesa, per tutti i Vescovi, compreso il Vescovo di Roma, per tutti i sacerdoti, per tutti! In particolare preghiamo per i nuovi sacerdoti della Diocesi di Roma, che ho ordinato poco fa, nella Basilica di San Pietro. Un saluto a questi 13 sacerdoti! Il Signore aiuti noi pastori ad essere sempre fedeli al Maestro e guide sagge e illuminate del popolo di Dio a noi affidato. Anche a voi, per favore, chiedo di aiutarci: aiutarci ad essere buoni pastori. Una volta ho letto una cosa bellissima di come il popolo di Dio aiuta i vescovi e i sacerdoti ad essere buoni pastori. E’ uno scritto di San Cesario di Arles, un padre dei primi secoli della Chiesa. Lui spiegava come il popolo di Dio deve aiutare il pastore, e faceva questo esempio: quando il vitellino ha fame va dalla mucca, dalla madre, a prendere il latte. La mucca, però, non lo dà subito: sembra che se lo trattenga per sé. E cosa fa il vitellino? Bussa col suo naso alla mammella della mucca, perché venga il latte. E’ bella l’immagine! “Così voi – dice questo santo – dovete essere con i pastori: bussare sempre alla loro porta, al loro cuore, perché vi diano il latte della dottrina, il latte della grazia e il latte della guida”. E vi chiedo, per favore, di importunare i pastori, di disturbare i pastori, tutti noi pastori, perché possiamo dare a voi il latte della grazia, della dottrina e della guida. Importunare! Pensate a quella bella immagine del vitellino, come importuna la mamma perché gli dia da mangiare.
...
In questa domenica ricorre la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Nel Messaggio di quest’anno ho ricordato che «ogni vocazione richiede in ogni caso un esodo da se stessi per centrare la propria esistenza su Cristo e sul suo Vangelo» (n. 2). ...

Dopo il Regina Coeli:

Cari fratelli e sorelle,
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Buona domenica a tutti! Buon pranzo e arrivederci!

  testo integrale

  video


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Papa Francesco UDIENZA GENERALE 14 maggio 2014 - foto, testo e video



 Piazza San Pietro 
 Mercoledì 14 maggio 2014 

Una folata di vento ha tolto lo zucchetto al Pontefice che, a bordo della jeep bianca scoperta, ha fatto il consueto giro tra la folla prima di iniziare l'udienza generale in piazza San Pietro. Bergoglio è rimasto a capo scoperto, tranne per un breve attimo in cui ha calzato uno zucchetto portogli da un fedele, e subito restituito. 
Il vento gli ha scompigliato anche la mantellina. 
Circa 60 mila i fedeli presenti per ascoltare il Papa che ha proseguito la catechesi sui sette doni dello Spirito Santo e ha parlato della fortezza

  video

I doni dello Spirito Santo: 4. La Fortezza

Cari fratelli e sorelle, buongiorno !
Abbiamo riflettuto nelle scorse catechesi sui primi tre doni dello Spirito Santo: lasapienza, l’intelletto e il consiglio. Oggi pensiamo a quello che fa il Signore: Lui viene sempre a sostenerci nella nostra debolezza e questo lo fa con un dono speciale: il dono della fortezza.
...

 
video della catechesi

Saluti:
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Rivolgo un caro saluto ai fratelli e alle sorelle di lingua araba, in particolare a tutti coloro che provengono dalla Siria e dall’Iraq. La fortezza assicura la fermezza nelle difficoltà e la costanza nella ricerca del bene. È la virtù di coloro che ripongono la loro fiducia in Dio e non temono la tribolazione, la persecuzione, la fame, il pericolo o la spada; di coloro che sconfiggono la pigrizia con l’entusiasmo, il male con il bene, l’odio con l’amore. Il Signore vi doni la fortezza per offrire, attraverso le vostre azioni e la vostra vita quotidiana, un testimonianza vera e autentica di Cristo e del Suo Vangelo! Grazie.
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Appello

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Il mio pensiero va con affetto ai fedeli della Sardegna, accompagnati dai loro Pastori e dalle Autorità, per ricambiare la visita che ho avuto la gioia di compiere l’anno scorso in quella terra... Io vi assicuro che non mi sono dimenticato di voi e prego. Ricordo tanto quelle parole che voi mi avete detto sui gravi problemi della Sardegna. Vi assicuro di esservi vicino.

Saluto la delegazione degli abitanti della cosiddetta “terra dei fuochi e dei veleni”, in Campania e, nell’esprimere loro la mia vicinanza spirituale, auspico che la dignità della persona umana e i diritti alla salute vengano sempre anteposti ad ogni altro interesse.

Saluto i giovani, i malati e gli sposi novelli. La Vergine Maria, che veneriamo in questo mese di maggio, sia maestra di tenerezza e di amore per voi, cari giovani, specialmente voi studenti dell’Istituto Settembrini di Roma; sostenga voi, cari ammalati, nei momenti più duri della solitudine e della sofferenza; sia di esempio a voi, cari sposi novelli, per vivere nell’unità e nell’armonia familiare.


  il testo integrale dell'udienza generale

  video integrale

Di solito è il Pontefice a baciare e abbracciare bimbi e ammalati. Ma dopo l'udienza generale di mercoledì in piazza San Pietro una persona con la sindrome di Down si è avvicinata a Francesco e lo ha accarezzato con dolcezza



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Chi siamo noi per chiudere porte? - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano

12 maggio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
“Chi siamo noi per chiudere porte?”

Nella Chiesa tutti, indistintamente, siamo incaricati di praticare l’antico ministero dell’ostiario, cioè di «colui che apre le porte» e «accoglie la gente». E del resto nella storia della Chiesa non è mai esistito il ministero di «colui che chiude le porte» in faccia alle persone.

È dunque un invito a non “ingabbiare” lo Spirito Santo quello che il Pontefice ha rivolto nella messa celebrata lunedì mattina, 12 maggio, nella cappella della Casa Santa Marta. Nell’omelia il vescovo di Roma ha subito riproposto una pagina degli Atti degli apostoli (11, 1-18), che, ha confidato, considera «uno dei brani più belli» e che «insegna tanto a noi vescovi». Già l’incipit, ha spiegato, è molto forte: «Gli apostoli e i fratelli che stavano in Giudea vennero a sapere che anche i pagani avevano accolto la parola di Dio. E, quando Pietro salì a Gerusalemme, i fedeli circoncisi lo rimproveravano dicendo: “Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!”».
Ai loro occhi «questo era proprio uno scandalo», una cosa che non avrebbero «mai pensato» potesse accadere. Per loro infatti non era neppure immaginabile entrare in casa e addirittura sedersi a tavola con persone non circoncise, per una questione di impurità. 
...
Proprio lo Spirito «ha spinto Pietro ad andare» avanti, lo ha incoraggiato, perché «non ci sono cose impure». E Pietro ha obbedito. Poi, ha ricordato il Pontefice, «succede quello che sappiamo: il battesimo di Cornelio e di tutta la sua famiglia». Ma ai rimproveri dei «fratelli della Chiesa di Gerusalemme» Pietro replica «con questa frase: se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato a noi, per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?».
Una domanda che oggi, ha affermato il Papa, raggiunge ciascuno di noi, perché «quando il Signore ci fa vedere la strada, chi siamo noi per dire: no, Signore non è prudente, no, facciamo così?». È Pietro a «prendere questa decisione» e a dire: «Chi sono io per porre impedimenti?». Si tratta davvero di «una bella parola — ha spiegato il Pontefice — per i vescovi, per i sacerdoti e anche per i cristiani: chi siamo noi per chiudere le porte?». Non a caso nella Chiesa c’è sempre stato il «ministero dell’ostiario», che è colui che apre la porta, riceve la gente e la fa passare, ma «mai c’è stato il ministero di quello che chiude la porta, mai!».
...
Il Pontefice ha quindi invitato i cristiani «a chiedere al Signore la grazia della docilità allo Spirito Santo, la docilità a questo Spirito che ci parla nel cuore, ci parla nelle circostanze della vita, ci parla nelle vita ecclesiale, nella comunità cristiana, ci parla sempre: vai avanti, prendi decisioni, fai questo...». E ha suggerito anche di ricordare sempre la domanda di Pietro: «Chi sono io per porre impedimenti allo Spirito Santo? Chi sono io per cambiare il ministero dell’ostiario nella Chiesa che, invece di aprire, chiude le porte? Chi sono io per dire fino a qui e non di più? Chi sono io per ingabbiare lo Spirito Santo?».
Nel rispondere a queste domande, ha auspicato il vescovo di Roma, «il Signore ci dia quella calma che hanno avuto i cristiani della Giudea» dopo aver ascoltato Pietro, «e ci dia anche la grazia di glorificare Dio». Quei cristiani ebbero a dire: «Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita». E noi oggi, ha concluso Papa Francesco, diciamo che anche a questa gente tanto lontana dalla Chiesa e che forse ne ha un'opinione negativa «Dio ha concesso che si convertano, perché abbiano la vita, perché lo Spirito Santo è sovrano».

  Messa a Santa Marta: siamo tutti ostiari

  video


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La grazia della docilità allo Spirito Santo - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
13 maggio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
“Lasciamoci portare dallo Spirito Santo”

Le cose di Dio non si possono capire solo con la testa, bisogna aprire il cuore allo Spirito Santo. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha quindi sottolineato che la fede è un dono di Dio, ma non si può ricevere se si vive “staccati” dal suo popolo, dalla Chiesa. 

Le Letture del giorno, ha osservato Papa Francesco, ci mostrano “due gruppi di persone”. Nella Prima Lettura “ci sono quelli che sono stati dispersi a causa della persecuzione scoppiata” dopo l’uccisione di Stefano. “Sono stati dispersi con il seme del Vangelo – ha detto il Papa – e lo portano dappertutto”. All’inizio, parlano soltanto ai giudei. Poi, “in modo naturale, alcuni di loro”, giunti ad Antiochia, “cominciarono a parlare anche ai greci”. E così, lentamente, è stata la riflessione del Papa, “hanno aperto le porte ai greci, ai pagani”. Arrivata la notizia a Gerusalemme, ha rammentato, Barnaba fu mandato ad Antiochia “per fare una visita di ispezione”. E tutti, ha constatato, “sono rimasti contenti”, perché “una folla considerevole fu aggiunta al Signore”.
Questa gente, ha sottolineato Francesco, “non ha detto andiamo prima dai giudei, poi dai greci, ai pagani, a tutti. No! Si è lasciata portare dallo Spirito Santo! E’ stata docile allo Spirito Santo”. E poi, ha proseguito, “una cosa viene dall’altra” e “finiscono aprendo le porte a tutti: ai pagani, che per la mentalità loro erano impuri”, “aprivano le porte, a tutti”. Questo, ha ribadito, “è il primo gruppo di persone, quelle che sono docili allo Spirito Santo”. “Alcune volte – ha soggiunto – lo Spirito Santo ci spinge a fare cose forti: come ha spinto Filippo ad andare a battezzare” il ministro etiope, “come ha spinto Pietro ad andare a battezzare Cornelio”:
“Altre volte, lo Spirito Santo soavemente ci porta e la virtù è lasciarsi portare dallo Spirito Santo, non fare resistenza allo Spirito Santo, essere docili allo Spirito Santo. E lo Spirito Santo agisce oggi nella Chiesa, agisce oggi nella nostra vita. Qualcuno di voi potrà dirmi: ‘Mai lo ho visto!’. ‘Ma, fa’ attenzione a cosa succede, cosa ti viene in mente, cosa ti viene nel cuore. Cose buone? E’ lo Spirito che ti invita ad andare per quella strada. Ci vuole docilità! Docilità allo Spirito Santo”.
Il secondo gruppo che ci presentano le Letture è quello degli “intellettuali, che si avvicinano a Gesù nel tempio: sono i dottori della legge”. Gesù, ha annotato il Papa, ha sempre avuto problemi con questi, “perché non finivano di capire: giravano sulle stesse cose, perché credevano che la religione era cosa soltanto di testa, di leggi”. Per loro, bisognava “compiere i comandamenti e niente di più. Non si immaginava che esistesse lo Spirito Santo”. Interrogavano Gesù, “volevano discutere. Tutto era nella testa, tutto è intelletto”. “In questa gente – ha soggiunto - non c’è il cuore, non c’è l’amore e la bellezza, non c’è l’armonia”, è gente “che soltanto vuole spiegazioni”
...
“Due gruppi di gente”, ha ripreso il Papa, quelli “della dolcezza, della gente dolce, umile, aperta allo Spirito Santo”, e quell’altra “orgogliosa, sufficiente, superba, staccata dal popolo, aristocratica dell’intelletto, che ha chiuso le porte e resiste allo Spirito Santo”. “E non è testardaggine questa”, ha detto, “di più: è avere il cuore duro! E questo è più pericoloso”. Guardando questi due gruppi di persone, è stata la sua invocazione, “chiediamo al Signore la grazia della docilità allo Spirito Santo per andare avanti nella vita, essere creativi, essere gioiosi, perché l’altra gente non era gioiosa”. E quando “c’è tanta serietà – ha affermato – non c’è lo Spirito di Dio”. Chiediamo, dunque, “la grazia della docilità e che lo Spirito Santo ci aiuti a difenderci da quest’altro spirito cattivo della sufficienza, dell’orgoglio, della superbia, della chiusura del cuore allo Spirito Santo”.

  Il Papa: chi crede di sapere tutto non può capire Dio

  video


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Le tre grazie necessarie per l’identità cristiana - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
15 maggio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
"La nostra identità cristiana è l'appartenenza alla Chiesa"

Non esiste un cristiano senza Chiesa, un cristiano che cammina da solo, perché Gesù stesso si è inserito nel cammino del suo popolo: è quanto ha detto Papa Francesco nella Messa presieduta stamani a Santa Marta.

Partendo dalla prima lettura del giorno, Papa Francesco spiega che gli apostoli quando annunciano Gesù non incominciano da Lui, ma dalla storia del popolo. Infatti – osserva - "Gesù non si capisce senza questa storia" perché Lui “è proprio il fine di questa storia, verso il quale questa storia va, cammina”. Così – ha proseguito - “non si può capire un cristiano fuori dal popolo di Dio. Il cristiano non è una monade”, ma “appartiene ad un popolo: la Chiesa. Un cristiano senza Chiesa è una cosa puramente ideale, non è reale”:
“Ma, non si può capire un cristiano solo, come non si può capire Gesù Cristo solo. Gesù Cristo non è caduto dal cielo come un eroe che viene a salvarci, e viene. No. Gesù Cristo ha storia. E possiamo dire, ed è vero, questo: Dio ha storia, perché ha voluto camminare con noi. E non si può capire Gesù Cristo senza storia. Così un cristiano senza storia, un cristiano senza popolo, un cristiano senza Chiesa non si può capire. E’ una cosa di laboratorio, una cosa artificiale, una cosa che non può dar vita”.
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Questa la preghiera finale del Papa:
“Pensiamo – ci farà bene pensare questo, oggi – come è la nostra identità cristiana. La nostra identità cristiana è appartenenza ad un popolo: la Chiesa. Senza questo, noi non siamo cristiani. Siamo entrati nella Chiesa con il battesimo: lì siamo cristiani. E per questo, avere l’abitudine di chiedere la grazia della memoria, e la memoria del cammino che ha fatto il popolo di Dio; anche della memoria personale: cosa ha fatto Dio con me, nella mia vita, come mi ha fatto camminare … Chiedere la grazia della speranza, che non è ottimismo: no, no! E’ un’altra cosa. E chiedere la grazia di rinnovare tutti i giorni l’Alleanza con il Signore che ci ha chiamato. Che il Signore ci dia queste tre grazie, che sono necessarie per l’identità cristiana”.

  Papa Francesco: non esiste un cristiano senza Chiesa

  video



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Le tre porte per entrare nel mistero di Gesù - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
16 maggio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco:
"pregare, celebrare, imitare Gesù"

Per conoscere Gesù non basta lo studio, non bastano le idee, ma bisogna pregarlo con il cuore, celebrarlo e imitarlo: così il Papa nella Messa presieduta a Santa Marta. Papa Francesco ha invitato di nuovo a leggere il Vangelo, che a volte – ha detto - è pieno di polvere perché non viene mai aperto.

Commentando l’affermazione di Gesù “Io sono la via, la verità e la vita”, il Papa osserva che “la conoscenza di Gesù è il lavoro più importante della nostra vita”. Ma si chiede: “come possiamo conoscere Gesù? 
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Per conoscere Gesù – afferma il Papa - occorre aprire tre porte:
“Prima porta: pregare Gesù. Sappiate che lo studio senza preghiera non serve. Pregare Gesù per meglio conoscerlo. I grandi teologi fanno teologia in ginocchio. Pregare Gesù! E con lo studio, con la preghiera ci avviciniamo un po’… Ma senza preghiera mai conosceremo Gesù. Mai! Mai! Seconda porta: celebrare Gesù. Non basta la preghiera, è necessaria la gioia della celebrazione. Celebrare Gesù nei suoi Sacramenti, perché lì ci dà la vita, ci dà la forza, ci dà il pasto, ci dà il conforto, ci dà l’alleanza, ci dà la missione. Senza la celebrazione dei Sacramenti, non arriviamo a conoscere Gesù. Questo è proprio della Chiesa: la celebrazione. Terza porta: imitare Gesù. Prendere il Vangelo: cosa ha fatto Lui, come era la sua vita, cosa ci ha detto, cosa ci ha insegnato e cercare di imitarlo”.

Entrare per queste tre porte” – ha detto il Papa - significa “entrare nel mistero di Gesù”. Solo “se siamo capaci di entrare nel suo mistero” possiamo conoscere Gesù”. Ma non bisogna “avere paura” di “entrare nel mistero di Gesù. Questo significa pregare, celebrare e imitare. E così troveremo la via per andare alla verità e alla vita”:
“Possiamo oggi, durante la giornata, pensare a come va la porta della preghiera nella mia vita: ma la preghiera dal cuore, non è quella del pappagallo! Quella del cuore, come va? Come va la celebrazione cristiana nella mia vita? E come va l’imitazione di Gesù nella mia vita? Come deve imitarlo? Davvero non ti ricordi perché il Libro del Vangelo è pieno di polvere, perché mai si apre! Prendi il Libro del Vangelo, aprilo e troverai come imitare Gesù! Pensiamo a queste tre porte come stanno nella nostra vita e ci farà bene a tutti”.

  Il Papa: per conoscere Gesù bisogna pregarlo, celebrarlo e imitarlo, non bastano studio e idee

  video


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"La verità è un incontro. Omelie da Santa Marta"



Un anno di parole tra le più lette e ascoltate al mondo, diventate un appuntamento giornaliero per milioni di persone. Nel volume edito dalla Rizzoli “La verità è un incontro. Omelie da Santa Marta”, in libreria dal 24 aprile, vengono raccolte e proposte le sintesi prodotte dalla Radio Vaticana delle prime 186 omelie del mattino di Papa Francesco. Il libro è aperto dalla prefazione del direttore generale dell’emittente, padre Federico Lombardi, e da un saggio introduttivo di padre Antonio Spadaro, direttore di “Civiltà Cattolica”, curatore dell’opera. 

  Le Messe mattutine del Papa nel volume Rizzoli "La verità è un incontro. Omelie da Santa Marta"


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 SEGNALATO IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"

Quello del prossimo 24-26 maggio sarà un pellegrinaggio di importanza epocale. Non solo perché celebra il cinquantenario del primo viaggio internazionale di un papa - quando Paolo VI incontrò il patriarca Atenagora - ma in particolare per i risvolti ecumenici dell’evento.

  25 maggio 2014: Francesco e Bartolomeo in preghiera al Santo Sepolcro



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Sono reduce da una vivace discussione con un prete delle nostre parti. L’oggetto del confronto serrato  è il valore del pontificato di Papa Francesco, nei riguardi del quale il mio interlocutore ha espresso perplessità di varia natura. «Troppo attento a voler piacere a  tutti» e «relativista» sono le due obiezioni maggiormente riprese. Una litania di critiche che – a dire del prete in questione – è ripresa, per lo più a sottovoce, da molti suoi confratelli, spiazzati dalla confusione generata dal Papa nel popolo cristiano che, soprattutto in campo morale, fatica a riconoscere ciò che è giusto da ciò che non lo è. A scanso di equivoci, direbbe un mio amico, è evidente che non tutti i preti la pensano cosi. Però è altrettanto evidente che alcuni di loro assistono con una certa preoccupazione ad un pontificato per certi versi sorprendente. Da una parte dunque il popolo cristiano, e anche una larga fetta di non credenti o diversamente credenti, guarda con attenzione e simpatia questo Papa venuto «dalla fine del mondo», dall’altra le resistenze all’interno della chiesa nei suoi riguardi cominciano a farsi sentire. In particolare, fanno discutere i gesti che papa Francesco continua compiere, gesti che vogliono richiamare «il potere dei segni, non i segni del potere», come amava dire don Tonino Bello.
 IL VANGELO, INNANZI TUTTO
Sono salito a Bose in una magnifica giornata di primavera per parlare di tutto questo con Luciano Manicardi, vice priore della comunità, biblista di valore e acuto osservatore della realtà ecclesiale.
Quali sono le novità a tuo avviso più rilevanti di Papa Francesco?


  Daniele Rocchetti:  Su Papa Francesco e chi non lo ama. Intervista con Luciano Manicardi




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            http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm