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N.
B. La Lectio è temporaneamente sospesa
NOTA
Articoli,
riflessioni e commenti proposti vogliono
solo essere
un contributo
alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.
Le posizioni espresse non sempre
rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione.
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Invocazione per la pace
(8 giugno 2014)
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Un papa che fa pregare re e presidenti
di Massimo Faggioli
Il
fatto che papa Francesco abbia invitato in Vaticano Shimon Peres e Abu
Mazen a pregare per la pace rientra nelle tante novità di questo
pontificato, ma anche nella storia della romanità. Roma ha da sempre un
ruolo nelle aspirazioni alla pace, nell'area euro-mediterranea prima e
globale poi: dalla pax romana fino alle guerre mondiali del novecento.
In questa autocoscienza della romanità come punto di sintesi e di
possibile soluzione delle tensioni internazionali la chiesa cattolica
ha giocato un ruolo particolare, paradossalmente proprio dalla fine del
potere temporale del papa nel 1870 in poi. Dall'appello di Benedetto XV
nel 1917 contro "l'inutile strage" della Grande guerra, fino al
Giubileo del 1950 che era inteso anche a sanare il bagno di sangue tra
cristiani nell'Europa cristiana, i papi hanno inteso come parte del
proprio ministero una specie di "alta sovranità": la pace sotto tutela
cattolica prima durante la Guerra fredda con una chiara funzione
anticomunista, e poi progressivamente, dalconcilio Vaticano II in poi,
alla luce di un'accettazione dell'idea dei diritti umani e del dovere
della chiesa di farsi avvocata di essi.
...
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Che Papa Francesco credesse nella potenza della preghiera si era capito
dal settembre 2013, quando organizzò un momento spirituale universale
per impedire che la situazione in Siria precipitasse fino allo scoppio
di una guerra mondiale.
Ora
il Vescovo di Roma ci riprova, e quella pace tra Israele e Palestina
che strategie diplomatico-politiche non sono riuscite a raggiungere in
tanti anni, il Papa la chiede direttamente al “Principe della Pace”. In
questa invocazione, il Pontefice coinvolge anche i presidenti Mahmoud
Abbas e Shimon Peres, invitati, due domeniche fa - durante la sua
visita in Terra Santa - nella sua “casa” in Vaticano per un incontro di
preghiera. L’iniziativa, ribattezzata “Invocazione per la Pace” si
terrà quindi nel tardo pomeriggio di domenica 8 giugno, Solennità di
Pentecoste...
“Il
Santo Padre – ha rimarcato il Custode di Terra Santa - non vuole
entrare in questioni politiche del conflitto israelo-palestinese che
tutti ormai conosciamo nei minimi dettagli…”. Vuole, però, “riaprire
una strada chiusa da tempo”, “far sognare” e risvegliare nell’animo di
ognuno il “desiderio di pace”. “Nessuno ha la presunzione di credere
che dopo questo incontro scoppi la pace in Terra Santa”, ha precisato
il francescano; tuttavia, “l’attesa è alta: in tutti c’è la speranza
che qualcosa cambi perché tutti sono stanchi” dei tormenti causati
dalla mancanza di pace tra i due Stati...
Un
momento storico senza precedenti, dunque. Attenzione però a definirlo
una “preghiera interreligiosa” tra ebrei, cristiani, musulmani.
L’evento – ha specificato padre Pizzaballa – sarà una “invocazione di
pace che palestinesi e israeliani fanno a Dio”. Naturalmente non sarà
“un momento liturgico”, data l’impossibilità di un atto comune tra le
diverse religioni. La definizione più esatta è quella data dal Custode
di Terra Santa: “Sarà un’invocazione comune, in cui non si prega
insieme ma si sta insieme per pregare”.
All’incontro
saranno presenti anche il rabbino Abraham Skorka e l’esponente islamico
Omar Abboud, entrambi argentini, entrambi amici di lunga data di
Bergoglio, che li ha voluti con sé nel suo pellegrinaggio nella Terra
di Gesù. Non ci sarà invece Benedetto XVI, che – ha spiegato Lombardi -
accompagnerà l’incontro con una sentita preghiera, “come tutti coloro
che si rendono conto dell’importanza di questo evento”.
Peres-Abbas in Vaticano: "Non una preghiera interreligiosa, ma una comune invocazione della pace"
*****
Alla
vigilia della Solennità di Pentecoste e dell'invocazione di pace, ci
guida l'esortazione di Papa Francesco che ci sprona a: - essere docili allo Spirito Santo, che ci rende capaci di diventare "artigiani della pace",
e... - "pregare forte" perché venga la pace!!!.
*****
“Non è da considerare solo un momento di richiesta del dono della pace. E’ una convocazione spirituale e morale per tutti”.
Sergio Paronetto, vice presidente nazionale di Pax Christi, commenta ai
nostri microfoni l’invito di Papa Francesco ai Presidenti di Israele e
Palestina a pregare in Vaticano per la pace in Terra Santa il prossimo
8 giugno.
“Spero
sarà una occasione capace di suscitare l’ascolto reciproco, in modo da
realizzare una forma di disarmo mentale ed emozionale. Un disarmo dalle
paure, della ossessioni, dai pregiudizi, dalle arroganze, dai
fanatismi. Bisogna risvegliare le energie della famiglia umana,
riscoprendo la nostra carta di identità relazionale. Come scrive David
Grossman - ricorda Paronetto - bisogna risuscitare la persona dentro le
armature”.
Indicativa
la data scelta per l’incontro, che cade nel giorno della Solennità di
Pentecoste: “La pace è una persona, - ripete spesso Francesco – è lo
Spirito Santo”.
Paronetto
invita a riprendere in mano, nei giorni di preparazione, il libro del
cardinal Martini Verso Gerusalemme, in cui si ricorda che “la preghiera
per la pace è una preghiera di intercessione, nel senso biblico di
‘fare un passo in mezzo', mettersi in mezzo alle parti in conflitto,
senza maldicenza, abbandonati al soffio dello Spirito”.
La preghiera per la pace in Terra Santa sia una convocazione spirituale per tutti
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"Invocazione per la pace"
Giardini Vaticani, 8 giugno 2014
In
un momento in cui i negoziati israelo-palestinesi ristagnano,
l'iniziativa di Papa Francesco ha puntato sulla forza della preghiera
come capacità di affratellare le fedi e rilanciare il processo di
pace.
Lo
storico incontro del Papa con il presidente israeliano Shimon Peres,
quello palestinese Abu Mazen e il patriarca di Costantinopoli
Bartolomeo, per una comune invocazione per la pace in Medio Oriente si è svolto nei Giardini vaticani, all'aperto, in un lungo in un certo senso neutro.
Organizzato
n tre tempi, ognuno dedicato alla preghiera di una delle comunità
religiose, in ordine cronologico: Ebraica, Cristiana, Musulmana.
A
conclusione dell'invocazione di pace, papa Francesco, il presidente
israeliano, quello palestinese e il patriarca Bartolomeo insieme hanno
piantato un ulivo nei Giardini Vaticani.
Il primo ad arrivare in Vaticano è Shimon Peres, ad accoglierlo il Santo Padre, alle 18.30 Abbas, entrando dal Perugino, arriva a Santa Marta.
Il
Papa riceve distintamente l’uno e poi l’altro all’ingresso di Santa
Marta, poi ha un breve colloquio, prima con l’uno e poi con l’altro
all’interno di Santa Marta.
Verso le 18.45 circa, i tre si incontrano nella hall di Santa Marta ed è presente anche il Patriarca Bartolomeo
all'uscita dalla sala di Santa Marta Abu Mazen e Shimon Peres si sono scambiati un abbraccio
A bordo di un pulmino da Casa Santa Marta raggiungono i Giardini Vaticani dove si svolge l'invocazione di pace per il Medio Oriente e dove attendevano le delegazioni.
...
video
il libretto con tutti i testi della celebrazione: "Invocazione per la pace"
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"Invocazione per la pace"
Giardini Vaticani, 8 giugno 2014
Qualcuno l'ha già definito il nuovo "quartetto" per la pace in Medio Oriente.
Papa
Francesco, il presidente israeliano Shimon Peres, quello palestinese
Abu Mazen (Mahmoud Abbas), insieme al patriarca di Costantinopoli
Bartolomeo, riuniti nei Giardini Vaticani per iniziativa del Pontefice
per una storica invocazione comune di pace delle tre religioni
monoteistiche e dei più alti rappresentanti dei due popoli in
conflitto, hanno mostrato al mondo come sia possibile aprire una nuova
via, a partire da una rafforzata vicinanza delle rispettive fedi,
basata sul rispetto e la fiducia, laddove la politica resta
attanagliata dai reciproci veti, dalle annose ostilità e diffidenze.
Mai come in questo caso non è sprecato l'aggettivo "storico" per la
preghiera che, nella quasi fiabesca cornice di un prato triangolare nei
Giardini Vaticani, delimitato da due siepi tra la Casina Pio IV e i
Musei, con sullo sfondo la mole della cupola di San Pietro, ha messo
insieme i leader di due popoli in guerra da decenni, e il cui negoziato
arranca in uno stallo senza fine. Dove mesi fa aveva fallito il governo
degli Stati Uniti è riuscito invece papa Francesco, il cui invito
lanciato nel suo recente viaggio in Terra Santa è stato immediatamente
accolto da Peres e Abu Mazen, uniti con i rappresentanti delle
religioni ebraica, cristiana e musulmana per invocare il dono della
pace per i rispettivi popoli e per la regione. La politica per un
giorno ha lasciato il campo alle religioni: l'ebreo Peres e il
musulmano Abu Mazen sono intervenuti da credenti. (Ansa)
Anche
con un tweet Papa Francesco ha invitato ad unirsi in preghiera per
arrivare alla pace in Medio Oriente, e questa forza si è elevata da un
piccolo angolo dei Giardini Vaticani, dove Francesco, Shimon Peres e
Mahmoud Abbas hanno pregato l’uno accanto all’altro.
Tre
diversi momenti di grande emozione per ringraziare Dio della Creazione,
per chiedere perdono, per invocare la pace, preceduti dagli abbracci
tra il Papa e i due leader e tra gli stessi Peres e Abbas, alla
presenza del Patriarca Bartolomeo I. Pace fra i popoli, hanno ripetuto
ebrei, cristiani e musulmani, nelle loro preghiere, pace in Terra Santa
hanno detto nei loro discorsi il Papa e i due presidenti.
...
il testo integrale del discorso di Papa Francesco
video
In
ebraico le parole “pace” e “Gerusalemme” hanno la medesima radice. Lo
ha sottolineato il presidente israeliano Shimon Peres, aprendo il suo
intervento durante l’Invocazione per la Pace ai Giardini Vaticani, alla
presenza di papa Francesco e del presidente palestinese Mahmoud Abbas.
“La
Città Santa di Gerusalemme è il cuore pulsante del popolo ebraico”, ha
detto il presidente israeliano, rievocando la visita in Terra Santa,
avvenuta due settimane fa, durante la quale il Pontefice “ci ha toccato
con il calore del Suo cuore, la sincerità delle Sue intenzioni, la Sua
modestia, la Sua gentilezza”.Presentandosi come “un costruttore di
ponti di fratellanza e di pace”, Francesco ha “toccato i cuori della
gente, “indipendentemente dalla sua fede e nazionalità”, ha proseguito
Peres...
il testo integrale del discorso del presidente israeliano Shimon Peres
Secondo il presidente
palestinese Abbas, la visita in Terra Santa è stata una “espressione
sincera” della fede di papa Francesco nella pace e “un tentativo
credibile per raggiungere la pace fra i palestinesi e gli
israeliani”. Il presidente palestinese ha citato il Corano
ma anche il Vangelo di Luca ("Se tu avessi conosciuto oggi la via della
pace!" Lc 19,42) e le seguenti parole di San Giovanni Paolo II: “Se la
pace si realizza a Gerusalemme, la pace sarà testimoniata nel mondo
intero”. Nella
sua preghiera, Abbas ha chiesto a Dio di “rendere la Palestina e
Gerusalemme in particolare una terra sicura per tutti i credenti, e un
luogo di preghiera e di culto per i seguaci delle tre religioni
monoteistiche - Ebraismo, Cristianesimo, Islam - e per tutti coloro che
desiderano visitarla come è stabilito nel sacro Corano”.
il testo integrale del discorso del Presidente Mahmoud Abbas
Al
termine degli interventi tutti, imbracciate le pale, si sono spostati
su una parte del prato predisposta per piantare un ulivo, in
un'immagine carica di simbolismo.
video
Un
ulivo, piantato insieme, sancisce il comune desiderio di pace di
israeliani e palestinesi. È il momento delle strette di mano cui
seguono abbracci e baci tra Peres e Abbas, Francesco e Bartolomeo I.
Gesti di pace immortalati dai flash e dalle telecamere di tutto il
mondo.
I
quattro lasciano il giardino ed entrano nella Casina Pio IV per un
ultimo momento privato, durato poco più di venti minuti. Risuonano
forti le parole del Papa nella sua preghiera per la pace: “Ora Signore
aiutaci tu! Donaci tu la pace! Guidaci tu verso la pace!”. Sperare nel
processo di pace, da oggi è un po’ più facile.
video integrale
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A due giorni dallo storico incontro di preghiera nei Giardini Vaticani
si susseguono, a livello internazionale, le analisi e i commenti sul
significato e il valore dell’iniziativa di Papa Francesco per la pace
in Medio Oriente.
Le riflessioni di tre personalità di fedi diverse impegnate nel dialogo: Shahrzad Houshmand, teologa musulmana iraniana; Renzo Gattegna, presidente dell’Ucei, l’Unione delle Comunità ebraiche italiane, Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio.
Semi di pace: riflessione di Gattegna, Houshmand, Impagliazzo
...
"È stato senz'altro un avvenimento fuori dal comune, che dà un minimo
di speranza che il processo di pace possa in qualche modo riprendere.
In un periodo in cui gli europei e gli americani, dopo il fallimento
del segretario di Stato Usa John Kerry, hanno deciso di tirare i remi
in barca e di aspettare che siano gli israeliani ed i palestinesi a
rivolgersi a loro dopo che avranno trovato un accordo, l'iniziativa del
Papa, per quanto non più che dichiarativa, è consolante. Francesco è
una persona molto intelligente, ha influenza ed è riuscito a ricavarsi
uno spazio in cui poter agire. Ma in Israele questo evento non ha avuto
molta risonanza: Haaretz , il giornale politicamente più rilevante, vi
ha dedicato appena quattro righe..."...
Grossman: "La preghiera, un lampo di luce, ma noi israeliani siamo ormai sfiduciati"
Spes contra spem, avrebbe detto Giorgio La Pira.
Quel passo della Lettera ai Romani di Paolo di Tarso era diventato per
lui il motto della profezia che genera politica, della fede religiosa
che si incarna nelle contraddizioni del presente, della storia che Dio
ha deciso di condividere con la libertà degli uomini. La speranza
contro la speranza. Ovvero, la forza di osare ciò che appare
impossibile. C’era questo azzardo, questo sguardo oltre l’orizzonte,
questo desiderio rivoluzionario e in apparenza irragionevole,
nell’incontro di preghiera per la pace che Papa Francesco ha voluto
organizzare con Simon Peres e Abu Mazen nella «sua casa», ieri
all’imbrunire. ...
Ieri
Roma ha vissuto un giorno di profezia. E di speranza. In mattinata Papa
Francesco, commentando il vangelo della Pentecoste, aveva detto che la
Chiesa deve sorprendere e scompigliare, altrimenti va «ricoverata nel
reparto di rianimazione». Quando promosse una giornata mondiale di
preghiera – a cui pure aderirono comunità di diverse fedi religiose –
per scongiurare l’escalation di guerra in Siria, quella preghiera venne
ascoltata. Molti erano gli scettici anche allora. Papa Francesco
ottenne però da Stati Uniti e Francia la rinuncia a un intervento
militare che avrebbe fatto esplodere la polveriera. Certo, non si può
dire che la pace ha prevalso. Ma le preghiere a volte possono entrare
nella storia e lasciare un segno.,,
Speranza contro realpolitik: la guerra dei figli di Abramo di Claudio Sardo
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Si
svolge questa sera nei Giardini Vaticani l’incontro promosso da Papa
Francesco con il presidente israeliano Peres e il presidente
palestinese Abbas, inteso come una invocazione di preghiera per la
Pace. All’evento, che si svolgerà dalle 19.00 alle 20.00 circa,
partecipa anche il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I.
Sull’iniziativa il priore di Bose, Enzo Bianchi...
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... La
preghiera è una componente essenziale della storia perché il grido dei
poveri e delle vittime che sale a Dio chiedendo giustizia e pace non va
perduto, come ha detto Gesù: “Dio non farà forse giustizia ai suoi
eletti che gridano a lui giorno e notte?” (Luca 18,7). Chi pensa che la
preghiera sia un’evasione dalla storia, un’esenzione a basso prezzo,
mostra di non conoscere l’attesa, la speranza e vive il succedersi
degli eventi come un eternocontinuum in cui regna il fatalismo e la lettura cinica della realtà.
Quando il successore di Pietro chiede alla chiesa di pregare, le chiede
di essere conseguente più che mai con la propria fede, di stare nella
storia con le armi che le sono proprie, le armi salvifiche
dell’intercessione, le chiede di stare nel mondo senza essere mondana,
di assumere un comportamento ispirato dall’ascolto della parola di Dio.
E quando il vescovo di Roma osa chiedere a uomini politici di altre
fedi di unirsi a lui e agli altri cristiani per innalzare preghiere
all’unico Dio e per invocarne il perdono, non compie un passo
diplomatico, ma si pone come fratello accanto a loro, per essere
assieme a loro intercessori presso Dio e, da quella posizione così
ardua, insieme offrire ai contendenti e alle vittime un segno di
speranza, di coraggio e di fiducia nella capacità umane di rifuggire il
male e scegliere il bene comune...
Enzo Bianchi: Prego dunque sono
... In ogni caso, questa prima
volta di una preghiera congiunta di cristiani, ebrei e musulmani nel
giardino romano del successore di Pietro ha mostrato al mondo – come ha
detto papa Francesco – che “la spirale dell’odio e della violenza può
essere spezzata con una sola parola: ‘fratello’. Ma per dire questa
parola dobbiamo alzare tutti lo sguardo al Cielo, e riconoscerci figli
di un unico Padre”.
Sandro Magister: Nel giardino di pace, lacrime su Gerusalemme
... Non che il quadro negoziale
cambi con l'evento di ieri, però la decisione torna ai due attori
mediorientali e ai grandi. Gli attori politici s'inchineranno davanti
al gesto del Papa argentino per continuare come prima? Obama, Putin,
l'Europa (così divisi), sapranno intervenire con garanzie che
rispondano alla mancanza di mutua fiducia e con opportune pressioni?
Una svolta internazionale è avvenuta sorprendentemente dopo la
preghiera per la Siria. È possibile per la Terra Santa? Ogni giorno la
pace si allontana, perché la situazione diventa più intricata. C'è
bisogno di fissare un limite di tempo al processo di pace, altrimenti
diverrà impossibile. La preghiera di Roma è un'occasione per voltar
pagina e rilanciare il negoziato. Del resto i due leader sono venuti in
Vaticano per esprimere «il desiderio che i loro rispettivi popoli
affidino a Dio la comune e ardente aspirazione alla pace». C'è una
grande domanda di pace tra israeliani e palestinesi, a cui
l'invocazione vaticana dà voce, anche se non si trova ancora come
realizzarla.
Andrea Riccardi: Il sogno di Francesco
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
La
metro paralizzata. Grattacieli occupati in pieno centro, davanti ai
palazzi scelti dalla Fifa. Favelas che spuntano in una settimana, a
pochi chilometri dallo stadio dove giovedì si aprirà la festa del
pallone, mentre i ricchi ogni giorno vanno al lavoro in elicottero.
Viaggio nella metropoli che ha più abitanti dell’Olanda e che racchiude
tutte le contraddizioni di un paese passato in pochi anni
dall’illusione alla rabbia.
...
Oggi la presidenta arriva da Brasilia ad aprire i lavori del congresso
Fifa. A poche centinaia di metri di distanza ci sarà il sit in del
movimento Copa pra quem, Mondiale per chi?, che riunisce i movimenti
popolari (per la casa, per la terra, contro la militarizzazione della
polizia) che Rousseff ha sempre difeso e sostenuto. Un paradosso. Fra
pochi mesi si vota di nuovo e la stessa sinistra teme che la
contestazione del mondiale possa rivelarsi alla fine un boomerang, un
asso nella manica della destra. Il leader socialdemocratico
Josè Serra, già governatore e sindaco di San Paolo, ex ministro della
Salute e storico antagonista di Dilma, da lei sconfitto nella corsa
alla presidenza alle ultime elezioni, dice, in gran relax a una festa
di compleanno, che «Dilma ha sovrapposto la sua immagine a quella del
mondiale dopo aver sbagliato le principali scelte di politica
economica, nessun investimento reale, ha solo planato su una fortuna
effimera, il paese oggi ristagna. Se il Brasile, inteso come squadra,
andrà bene lei potrà ancora cavarsela, forse. Se la squadra affonda
Dilma perde il mondiale e la sua corsa».
I
lavori, allo stadio Itaquerao, sono ancora in corso. Gli operai dormono
in mezzo alla strada nella pausa pranzo, esausti. Sulla collina che
domina lo stadio è comparsa nel giro di una settimana una favela
enorme, si chiama Copa du povo, la Coppa del popolo. I bambini giocano
al pallone in mezzo alla plastica nera delle loro capanne guardando in
basso le bandiere Fifa issate sullo stadio nuovo. Ci sono cinquemila
famiglie, dona Elena è la leader del Movimento lavoratori senza tetto,
accoglie chi arriva. ...
Nell’inferno di San Paolo tra i senza terra del Mundial di Concita De Gregorio
La
partita inaugurale dei Mondiali di calcio in Brasile, quella tra la
Seleçao e la Croazia, sarà giocata tra meno di due settimane: il 12
giugno. Sarà allora, in un’atmosfera festosa, che celebreremo il
rapidissimo progresso economico e sociale del Brasile. Quando nel 2007
il Brasile fu scelto come il Paese che avrebbe ospitato la Coppa del
Mondo FIFA 2014 l’allora presidente Luis Inácio “Lula” da Silva godeva
di un radicato consenso popolare e l’economia era in fase di
espansione. Il Brasile era pronto a diventare una grande Potenza
globale e i Mondiali di calcio del 2014 sembravano l’occasione ideale
per la consacrazione finale.
Tuttavia,
anche se il tripudio della competizione nasconderà quello che è venuto
prima, non dovremmo dimenticare il percorso tormentato e a tratti
disastroso che ha accompagnato il Brasile fino al calcio di inizio di
questi Mondiali.
...
Tra
pochi giorni staremo festeggiando l’inizio dei Mondiali di calcio,
celebrando un altro grande successo per una manifestazione planetaria.
Proviamo, allora, a ricordarci anche del percorso catastrofico che ha
permesso al Brasile di presentarsi a questo appuntamento.
Mondiali in Brasile: dove è la festa? di Lorenzo Piccoli
''Non
ho bisogno di una coppa, ma di un tetto''. E' questo il messaggio
scritto dagli occupanti della favela sorta in pochi giorni sulla
collina che domina lo stadio Itaquerao, a San Paolo. Si chiama ''Copa
du povo'' (Coppa del popolo) e ci vivono 5mila famiglie. Concita De
Gregorio, inviata in Brasile, ha incontrato la gente che vive in queste
capanne improvvisate e, attraverso queste immagini, racconta le
condizioni della nuova favela
le foto di Concita De Gregorio: Brasile 2014, stadio e favelas: le due facce di San Paolo
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"Stiamo
sulla strada giusta, ma i progressi sono ancora troppo lenti. Se
vogliamo veramente debellare il flagello del lavoro minorile nel
prossimo futuro, allora dobbiamo intensificare i nostri sforzi a tutti
i livelli. Abbiamo 168 milioni di buone ragioni per farlo"
Guy Ryder, Direttore Generale dell’ILO
La
protezione sociale è un diritto umano ma è anche un elemento
costitutivo di ogni politica economica e sociale solida. La sicurezza
sociale apre l’accesso all’istruzione, alle cure mediche e
all’alimentazione, e il suo ruolo è fondamentale nella lotta contro il
lavoro minorile. Quest’anno, la Giornata mondiale contro il lavoro
minorile mette in risalto il ruolo della protezione sociale per
allontanare in modo permanente i minori dal lavoro...
Estendiamo la protezione sociale: combattiamo il lavoro minorile! Giornata mondiale contro il lavoro minorile, 12 giugno 2014
Nella
Giornata mondiale contro il lavoro minorile che oggi coinvolge 168
milioni di bambini, c’è di che riflettere tanto sulle cause di estrema
povertà che ne originano il fenomeno quanto sui mezzi per garantire per
lo meno dignità e condizioni di salubrità e sicurezza sul lavoro. Wilmer lavorava
per meno di due dollari all’ora nella sua casa-fabbrica a San
Raymundo inGuatemala per costruire fuochi d’artificio quando
un’esplosione improvvisa gli ha bruciato il volto, polverizzandogli le
palpebre. Wilmer aveva sette anni. Liu aveva
fatto letteralmente “carte false”, che ne attestavano la maggiore età,
per poter lavorare alla Yinchuan Electronic Company, azienda cinese che
produce le schede madri per i computer della Asus a Dongguan;
lo hanno trovato morto “per stanchezza” nel dormitorio
dell’azienda, nel suo letto. Liu aveva 14 anni.
Shaukat Ali
si spacca la schiena dall’alba al tramonto per costruire mattoni nel
quartiere Waycantt di Taxila, in Pakistan. Scherza dinanzi alla
richiesta di una possibile alternativa a livello educativo o
lavorativo: “Questo non è un lavoro part-time,” dice con un sorriso
ironico. “Se mi piace, posso venire al lavoro la sera e lavorare fino
al mattino. Se vengo al mattino, posso lavorare fino alla notte. Tutto
dipende da me”. Shaukat Ali ha 10 anni.
Ibrahim lavora
in una piccola miniera d’oro della Tanzania. Uno dei suoi compiti
principali è quello di estrarre il prezioso utilizzando il mercurio, un
metallo tossico: mescola a mani nude il mercurio alla terra per creare
un amalgama di mercurio-oro, poi brucia la colonnina di mercurio fuori
per recuperare l’oro grezzo. Ibrahim ha 12 anni.
video
Joseph, Emelyne e Jean-Claude sono
impiegati come domestici nelle case di famiglie benestanti a Bujumbura,
la capitale del Burundi; pagati poco o nulla, e trattati come schiavi,
subiscono minacce e, in alcuni casi, abusi. Joseph ha 7 anni, Emelyne 8
e Jean-Claude 9.
Aly lavora
nelle piantagioni di cacao di Daloa, in Costa d’Avorio. Il compenso
stipulato verbalmente al momento del reclutamento consiste in una
bicicletta e 150 dollari l’anno da poter inviare alla sua famiglia in
Mali. Quello ricevuto realmente è fatto di vessazioni quotidiane con la
catena di una bicicletta o coi rami di un albero di cacao secondo la
più bieca legge del contrappasso. Aly ha 12 anni.
Grace lavora
nelle piantagioni di tabacco del North Carolina, negli Stati Uniti. Al
pari di altri suoi colleghi impiegati nello stesso settore in Kentucky,
Tennessee e Virginia (dove si raccoglie il 90% della produzione
nazionale), è esposta alla nicotina, ai pesticidi e al caldo estremo
per 10, anche 16 ore al giorno. Paradossale che non abbia però i
requisiti per acquistare il tabacco raffinato: le sigarette non sono
vendute ai minorenni. Grace ha 15 anni. Claudia lavora
per una parrucchiera a Bari, in Italia: mescola tutto il giorno le
tinture chimiche, raccoglie i capelli e pulisce il negozio per appena
15 euro a settimana. Claudia ha 14 anni.
Le infanzie di Wilmer, Liu,
Shaukat Ali, Ibrahim, Joseph, Emelyne, Jean-Claude, Aly, Grace e
Claudia avremmo voluto immaginarle in un contesto diverso, di
istruzione, di gioco, di crescita sana e graduale in nome della
salvaguardia del loro diritto di vivere a pieno la fanciullezza prima di affacciarsi all’età adulta. Un’utopia per i 168 milioni di minori lavoratori nel
mondo, circa il 10% dei bambini tra i 5 e i 17 anni. Un sistema che
peraltro genera un circolo vizioso, in quanto i bambini che entrano
prematuramente nel mercato del lavoro non potranno ricevere
l’istruzione o la formazione necessarie a tirarsi fuori dalla sacca di povertà nella quale si trovano.
Per questo il 12 giugno di ogni anno ricorre la Giornata mondiale contro il lavoro minorile promossa dall’Organizzazione Internazionale per il Lavoro (ILO), che mira nell’edizione 2014 a creare un evento “social” con l’adesione alla campagna #redcard contro il lavoro minorile. Alla soddisfazione di partecipare a un movimento globale “per una giusta causa” si aggiunge la possibilità di fare il download della canzone “‘Til Everyone Can See”,
scritta e suonata ad hoc dal chitarrista e dalla violinista degli
Incubus, Mike Einziger e Ann Marie Simpson, con altri artisti del
panorama musicale statunitense, Pharrell Williams, Hans Zimmer, Dominic
Lewis, Travis Barker, LIZ, e Minh Dang.
La povertà non lascia però
molto spazio all’infanzia, quando il lavoro rappresenta un’esigenza
vitale perché in ballo c’è la sopravvivenza del fanciullo o della
propria famiglia. Nelle storie accennate poc’anzi sono anche e
soprattutto le condizioni in cui si svolge lo stesso impiego a
suscitare indignazione. La sicurezza e la salubrità di determinati
impieghi, fondamentali per ciascun lavoratore, dovrebbero esserlo ancor
di più nel caso dei bambini, al pari di quanto avvenne a fine
Ottocento, all’indomani della Rivoluzione industriale, con le prime
norme di salvaguardia dei bambini e delle donne che lavoravano. Non è
dunque solo il lavoro dei minori in sé ad essere condannato ma lo
sfruttamento e la violenza che lo accompagnano...
168 milioni di ragioni per lottare e riflettere sul lavoro minorile
Il
giornale “L’Osservatore Romano” rialza il nuovo appello di Papa
Francesco alla comunità internazionale contro le diverse forme di
sfruttamento e di maltrattamento dei bambini. Nel salutare i gruppi di
fedeli presenti all’udienza generale di ieri, alla vigilia della
Giornata mondiale contro la piaga del lavoro minorile, il Pontefice ha
chiesto di assicurare ai bambini una fanciullezza serena.
Giornata mondiale contro il lavoro minorile 2014
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DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO
HOREB n. 67 - 1/2014
DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO
HOREB n. 67 - 1/2014
TRACCE DI SPIRITUALITÀ
A CURA DEI CARMELITANI
«Ho
avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato
da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito… » (Mt 25,35-36), così Gesù si rivolge ai giusti, costituendo i piccoli e i poveri come i suoi “vicari” sulla terra.
Il Dio che incontriamo, nell’ascolto della Parola e nelle vicende della vita, in Gesù è un Dio “nudo”, Crocifisso
Risorto, più nudo di tutti i defraudati della nostra storia, e non
nasconde questa nudità d’amore. Egli nella sua nudità sposa l’umanità
nuda.
Se vogliamo restare fedeli a questo Dio, che, nel Figlio Gesù, accoglie e condivide, che è paziente, che vive la paradossale solitudine della croce, dobbiamo, assieme a Lui, restare fedeli alla terra, ad un popolo che Lui ama e dobbiamo restarci nella solitudine e nel silenzio.
La
vita cristiana è fedeltà a queste nozze di Dio con l'umanità, e cresce
nell'inquieta pace di chi lascia che la sua fede si incarni, che il
Verbo si riveli carne della sua carne e sangue del suo sangue e di
quello di tutti coloro che camminano in questa terra, in particolare
degli impoveriti e degli oppressi.
La
vita cristiana è coinvolgimento a condividere la passione d’amore che
Dio ha per l'umanità e la creazione. E questa passione comporta il
condividere lo stile povero di Gesù.
In
quest’ottica, il regno di Dio non tiene i cristiani lontano dalla
realtà storica e dalla terra che li accoglie e li ospita. La logica del
regno non consente di coltivare stili di vita separati, anzi attiva una
nostalgia profonda di recuperare la storia e immergersi in essa. Il
regno è invito ad entrare dentro a questa realtà assecondandone l’opera
dello Spirito in una creazione che geme e soffre (Rm 8,19ss).
Il
regno di Dio, quindi, si costruisce a partire da un’umanità sfigurata,
che ha nomi e lineamenti ben precisi. Oggi, questa umanità sfigurata,
con una parola la potremmo chiamare Sud, se per i Sud del mondo non
indichiamo solamente una posizione geografica – oggi i Sud sono nelle
nostre città, nella porta accanto alla nostra –, quanto piuttosto una
logica, una coordinata storica, è il basso, la profondità, la
periferia, contrariamente a quello che noi reputiamo più importante:
l’alto e il centro.
È questa la prospettiva che orienta le riflessioni della monografia.
...
Editoriale (PDF)
Sommario
(PDF)
E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
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FRATERNITÀ CARMELITANA DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME) - INCONTRI PER L’ESTATE 2014
FRATERNITÀ CARMELITANA
DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME)
INCONTRI PER L’ESTATE 2014
- LECTIO DIVINA 17-22 LUGLIO
IL PROFETA EZECHIELE
con p. Pino Stancari sj
• Per i fuori sede: portare le lenzuola e la Bibbia; prenotarsi per telefono (090.9762800) solo se si è sicuri di venire
***
- SETTIMANA DI SPIRITUALITÀ 4-9 AGOSTO
GESÙ VOLTO UMANO DI DIO
♦ Gesù nel suo ambiente e tra la sua gente (Egidio Palumbo)
♦ Gesù a contatto con una umanità fragile e sofferente (Maurilio Assenza)
♦ Nell’umanità di Gesù il volto di Dio (Alberto Neglia)
♦ I sentimenti di Gesù (M. Aliotta)
♦ Gesù e la donna (Gabriella Del Signore)
♦ Gesù liberatore nella riflessione teologico-spirituale dell’America Latina (Rosario Giuè)
♦ «Cristo è sceso e mi ha presa». L’esperienza di Simon Weil (Giuseppe Schillaci)
♦ Gesù e il potere politico (Gregorio Battaglia)
♦ Momento di contemplazione: Gesù, l’uomo nuovo. Contemplazione dell’icona della Trasfigurazione.
• Per i fuori sede: portare le lenzuola e la Bibbia; prenotarsi per telefono (090.9762800) solo se si è sicuri di venire
***
Quanto
bene ci fa vedere Gesù vicino a tutti! Se parlava con qualcuno,
guardava i suoi occhi con una profonda attenzione piena d’amore: «Gesù
fissò lo sguardo su di lui, lo amò» (Mc 10, 21). Lo vediamo aperto
all’incontro quando si avvicina al cieco lungo la strada (cfr Mc
10,46-52) e quando mangia e beve con i peccatori (cfr Mc 2,16), senza
curarsi che lo trattino da mangione e beone (cfr Mt 11,19). Lo vediamo
disponibile quando lascia che una prostituta unga i suoi piedi (cfr Lc
7,36-50) o quando riceve di notte Nicodemo (cfr Gv 3,1-15). Il donarsi
di Gesù sulla croce non è altro che il culmine di questo stile che ha
contrassegnato tutta la sua esistenza. Affascinati da tale modello,
vogliamo inserirci a fondo nella società, condividiamo la vita con
tutti, ascoltiamo le loro preoccupazioni, collaboriamo materialmente e
spiritualmente nelle loro necessità, ci rallegriamo con coloro che sono
nella gioia, piangiamo con quelli che piangono e ci impegniamo nella
costruzione di un mondo nuovo, gomito a gomito con gli altri. Ma non
come un obbligo, non come un peso che ci esaurisce, ma come una scelta
personale che ci riempie di gioia e ci conferisce identità (Papa
Francesco, Evangelii Gaudium, n. 269).
la locandina degli incontri per l'estate 2014 (pdf)
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Impara a conoscere il cuore di Dio...
Tu seguimi...
La Pentecoste...
Attenzione: se la Chiesa è viva...
Noi cristtiani siamo liberi...
Per fare la pace ci vuole coraggio...
Il cristiano dovrebbe essere una persona luminosa... Strada facendo...
... non significa avere paura di Dio...
La giustizia indica almeno tre atteggiamenti...
Il 12 giugno 1929 nasceva a Francoforte sul Meno, Anne Frank. Il suo
diario rimane una delle più toccanti testimonianze delle persecuzioni
subite dagli ebrei durante la II guerra mondiale
Pensa a tutta la bellezza...
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SANT'ANTONIO DI PADOVA (video)
Credere in Dio...
Il Santo più venerato al mondo,
di cui esistono migliaia di immagini e di icone, ha oggi un volto
inedito e sorprendente: quello della scienza. È, infatti, in
esposizione a Padova, dal 12 al 22 giugno, presso il Museo della
Devozione della Basilica del Santo, la prima ricostruzione forense
del volto di Antonio realizzata dal Museo di Antropologia
dell’Università di Padova.
Il volto di Antonio
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(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Un santo nostro – Sant’Antonio di Padova
di Antonio Savone
Perché
a te, Antonio? Così si chiedeva p. David M. Turoldo immaginando un
dialogo confidenziale sol Santo mentre riprendeva la domanda che per
tre volte frate Masseo aveva rivolto a Francesco: perché a te, frate
Francesco? Uomo non bello, non letterato, addirittura semplice e idiota
come egli stesso si definiva, non nobile, eppure tanta gente ti viene
dietro. Perché? Antonio
di Padova, invece, aveva tutti questi presupposti. Proveniva da una
nobile famiglia, si era formato in luoghi di grande cultura, era di
bell’aspetto, godeva di una voce forte e suadente. Tutti motivi per
essere un valido trascinatore. Eppure non sono queste le ragioni
dell’accorrere di tanta gente a questa figura di uomo. C’è
qualcos’altro che lo fa sentire nostro. Nel
processo di canonizzazione i miracoli riportati come prova della sua
santità sono tutti a favore di poveri, donne e bambini. La
vulnerabilità al centro: categorie marginali per quell’epoca trovavano
in Antonio una particolare attenzione. I poveri lo sentono uomo di Dio,
rifugio presso cui trovare riparo, amico sicuro nei momenti di
sventura. Gli ultimi lo sentono loro perché lo riconoscono uomo capace
di comprendere e di accogliere le lacrime della sofferenza, le domande
e le fatiche dell’uomo, la gioia di un grazie, lo stupore di sapere che
non si è mai soli. I poveri sanno – e chissà quando noi lo
comprenderemo – che all’acqua della rivelazione di Dio ciascuno può
andare con la propria tazza: la tazza di una povertà che invoca, di una
fiducia che si affida, di una ammirazione che loda, di una
disponibilità ad accogliere quel commento di Gesù che è la figura del
santo. Questo lo sanno solo i poveri. Nella
vicenda di Antonio, poi, c’è un altro elemento che attrae la nostra
attenzione: la sua lingua, miracolosamente incorrotta. Il tema della
lingua è spesso evocato al negativo per l’uso cattivo che vien fatto di
questa facoltà umana. Che mondo sarebbe quello in cui si potesse
benedire l’uno la lingua dell’altro, l’uno il parlare dell’altro: il
corpo umano sarebbe finalmente consacrato a ciò per cui è stato
pensato: servire il bene. Ora la lingua di Antonio è una lingua a
servizio del bene. Egli uomo della Parola fu uomo di parola. ... Lo
sentiamo nostro, Antonio, perché ci parla di un Dio a portata di mano,
accessibile. Non a caso è raffigurato con il bambino Gesù tra le
braccia. Ha talmente coltivato la sua relazione con il Signore da
arrivare ad averlo tra le braccia. Ma questo è ciò che Dio vuole
consentire a ciascuno di noi: tenerlo tra le braccia. Ecco la lieta
notizia, la meraviglia di un vangelo, di una speranza, affidata alle
nostre deboli mani, mani di chiunque. La stessa meraviglia che ci
prende quando riceviamo l’Eucaristia e pensiamo: che coraggio, Signore!
Nelle mie mani. Lo si
tiene tra le braccia, si arriva cioè ad essere custodi di Dio e delle
sue cose, quando abbiamo acconsentito a tenere il suo vangelo nel
nostro cuore, nei nostri gesti. Ma
da Antonio vogliamo apprendere ancora un’ultima cosa: il valore della
nostra dignità. Cristo, che è la tua vita, sta appeso davanti a te,
perché tu guardi nella croce come in uno specchio… Cosa puoi
riconoscere in quello specchio? Continua Antonio: Se guarderai bene,
potrai renderti conto di quanto grande siano la tua dignità e il tuo
valore. Dio ti rende così importante da essere, per Lui, degno della
sua stessa sofferenza. È di questo che ci narra Antonio. Per questo lo sentiamo così nostro.
Un santo nostro – Sant’Antonio di Padova
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Un
viaggio alla scoperta di un segno divino, tra storia, devozione e
spiritualità. Potremmo definirlo così il dossier, intitolato «Un
mistero lungo 750 anni», che il «Messaggero di sant’Antonio» di
febbraio (rivista diffusa nei cinque continenti con nove edizioni in
sette lingue per un totale di circa un milione di copie) dedica
alla solenne ricorrenza dei 750 anni del ritrovamento della lingua
incorrotta di sant’Antonio.
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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO
Gesù domandava loro:
« Ma voi chi dite che io sia?».
Pietro gli risposte:
«
Tu sei il Cristo
Gianfranco Ravasi: Risposte diverse alla domanda: «Chi dite che io sia?»
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Ancora
una volta, fino alla fine, non c’è altro invito da parte del Signore se
non quello di provare a mettere i nostri passi sulle sue orme. Il tempo
pasquale si chiude con questa consegna: prova a scrivere la tua vita
con l’alfabeto del vangelo. È interessante notare che al termine di
questi cinquanta giorni dopo la Pasqua, nessun colpo di scena se non
l’umile testimonianza di chi, secondo la forza ricevuta da Dio, non si
stanca di modellare la sua all’esistenza del Cristo.
Tu seguimi…
La
tua vita non è altro se non una pagina bianca sulla quale sei chiamato
a scrivere: sta a te, però, scegliere il tipo di inchiostro e la lingua
secondo la quale vuoi che quella pagina sia vergata. Un’inchiostro non
vale l’altro, lo sappiamo. Ce n’è uno indelebile, capace di incidere
fino in fondo e di non subire il logorio del tempo che passa: è
l’inchiostro della fedeltà che scrive i caratteri della lingua
dell’amore. Già. La lingua dell’amore si declina anzitutto come
capacità di non tirarsi indietro: tu seguimi.
...
Tu seguimi di Antonio Savone
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RUBRICA Un cuore che ascolta - lev shomea' "Concedi
al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo
popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino
Gesù è "il Pastore, quello Bello",
quello che ha consegnato la vita per le sue pecore e che adesso le
cerca e le raduna attorno a sé perché si sono disperse a causa del suo
arresto e della sua morte infamante. Egli si rende presente ai suoi
discepoli impauriti "stando in mezzo" a
loro, nel cuore della sua comunità, perché è il punto di riferimento e
il fattore di unità della sua Chiesa. Egli, dopo aver mostrato loro le
mani e il costato feriti, segni del suo amore per noi e sorgenti della
nostra salvezza, mantenendo la sua promessa ci fa dono del suo Spirito,
che ci rende capaci di diventare in lui figli del Padre celeste vivendo
come fratelli.
E' la Pentecoste della nuova ed eterna alleanza già anticipata sulla croce (Gv 19,30), è il Soffio creatore di Dio che dà vita alla Chiesa
...
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Vieni, Spirito del Risorto
Vento del Suo Spirito
che ti portasti via nella Pentecoste
i pregiudizi, gli interessi e la paura degli Apostoli
e spalancasti le porte del Cenacolo
perché la comunità di chi segue Gesù,
fosse sempre aperta al mondo,
libera nella sua parola,
fedele nella testimonianza,
insistente nella sua speranza.
Vieni!
...
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PENTECOSTE, FESTA DIFFICILE
La
Pentecoste è una festa difficile. Ma non perché lo Spirito Santo anche
per molti battezzati e cresimati è un illustre sconosciuto.
È difficile, perché provoca l'uomo a liberarsi dai suoi complessi.
Tre soprattutto, che a me sembra di poter individuare così:
...
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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni |
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
È
emergenza! Una situazione insostenibile, programmata male e destinata a
finire peggio. È questo il bollettino di un sistema – quello dei Centri
di accoglienza – destinato al collasso. Con tutta la buona volontà
profusa per dare ai migranti le cure di primo soccorso e garantire il
rispetto della loro dignità, non si possono fare miracoli. Ecco che
allora si mobilitano le strutture religiose, in particolare le
parrocchie locali, tra cui quella di San Gaetano nel difficile
quartiere di Brancaccio, dove operò il mai dimenticato Padre Pino
Puglisi. Anche la Caritas diocesana si è prontamente attivata mettendo
dei locali a disposizione dei numerosi immigrati giunti nel Porto di
Palermo con l’imbarcazione “City of Sidon”. Tra i profughi, 120 donne,
tra le quali alcune in stato di gravidanza, 19 minorenni e purtroppo,
anche dei decessi. Durante la traversata del canale di Sicilia, stando
ai fatti dei testimoni, la tragedia ha coinvolto tre immigrati deceduti
durante le manovre di primo soccorso. Interviene anche l’Onu tramite il
portavoce del Palazzo di Vetro, che precisa: “La questione degli
immigrati nel Mediterraneo non è un problema che il Paese può
affrontare da sola.
L’Italia
sopporta un peso molto grosso, ma è solo un punto di entrata dal Nord
Africa e dal Medio Oriente. Per questo non può esserci solo una
risposta nazionale, ma serve una risposta internazionale”. Nel
frattempo, ai migranti soccorsi in Sicilia si sommano i 1.300 sbarcati
a Taranto e salvati dalle acque del Mediterraneo, all’interno
dell’operazione “Mare Nostrum”. Siria, Marocco, Somalia, Gambia, sono
questi i luoghi di provenienza dei numerosi migranti coinvolti. Guerre,
carestie, fame, dittature e soprusi sono tra le cause principali che
incentivano gli extracomunitari a lasciare la terra d’origine per una
via di salvezza. La comunità europea tutta è chiamata all’arduo compito
di regolarizzare un apparato che ha crepe da tutti i lati. È un dovere
che come uomini è necessario portare a compimento. Ledere ulteriormente
i diritti di chi è continuamente vessato dalla vita è un crimine contro
la dignità. (fonte: GLOBUS Magazine)
video
In Sicilia è ripresa l'emergenza sbarchi. Soccorsi in soli due giorni 8000 immigrati.
"Come
Chiesa di Palermo abbiamo spalancato le porte accogliendo in alcuni
locali della Caritas e nelle parrocchie della Diocesi, i migranti
appena sbarcati. Inoltre, con la Prefettura, alcuni centri di
accoglienza e la Protezione Civile, abbiamo fornito cibo e vestiario".
Nel racconto di don Sergio Mattaliano, direttore della Caritas di
Palermo, tutta la forza e la determinazione degli uomini di buona
volontà capaci di incarnare e vivere lo spirito di accoglienza di cui
Papa Francesco si fa portavoce. Ma la Sicilia e la sua Chiesa non
possono essere lasciate sole.
Immigrazione, padre La Manna: "L'assenza dell'Ue è vergognosa"
Chiese aperte a Palermo
video
I
59 migranti, quasi tutti eritrei, sbarcati ieri al porto di Palermo,
hanno trascorso la notte ospitati al «Centro Santa Rosalia» della
Caritas diocesana e in alcune brandine, allestite in regime di
emergenza, all’interno della chiesa San Carlo. Dopo questa prima fase
di urgenza, i migranti già stamattina sono stati trasferiti tutti
all’interno dei locali del centro di accoglienza straordinaria«Santa
Rosalia», liberando di fatto i locali della chiesa.
Ai
59 migranti, quasi tutti eritrei, fatta eccezione per quattro siriani,
si aggiungono le 16 donne migranti già presenti in struttura: per un
totale di 75 persone.
Considerata
l’emergenza il direttore don Sergio Mattaliano ha così espresso alla
prefettura la disponibilità ad allargare i posti per l’accoglienza
straordinaria nel centro, che da 40 potrebbero di fatto diventare 80.
Oltre al riparo notturno, a tutti loro sono stati offerti
servizi e beni di prima necessità: la prima colazione, docce e servizi
igienici, pasti, vestiti puliti e scarpe comode.
Sono
ore frenetiche quelle in cui sono impegnati i volontari e gli operatori
del centro Santa Rosalia per cercare di rispondere ai bisogni di queste
persone.
Un
lavoro faticoso che vede in campo assistenti sociali, psicologi,
volontari e operatori addetti alla cucina e alla pulizia. Solo ieri,
per esempio, al Porto sono stati distribuiti 800 panini a migranti e
operatori e cucinati 350 pasti a pranzo e 400 a cena...
Migranti sbarcati a Palermo, in 59 trasferiti al centro Santa Rosalia della Caritas
Accogliere
e donarsi , queste sono le parole chiave con cui don Sergio Mattaliano
si è attivato in queste ore per rispondere all’emergenza dovuta
all’arrivo dei migranti di sabato scorso e ieri.
Naturalmente,
però, si appella a tutta la cittadinanza perché, per rispondere nel
modo migliore, occorre potenziare il numero di volontari considerato
che gli operatori stabili sono pochi.
APPELLO DEL DIRETTORE DELLA CARITAS DI PALERMO “L’ACCOGLIENZA VA ULTERIORMENTE POTENZIATA CON NUOVI VOLONTARI”
Palermo, la Curia apre le porte delle chiese ai migranti
video
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Il 3 giugno sono stati sgomberati da un palazzo che occupavano
abusivamente nella periferia romana. Erano saliti sul tetto per
protesta ma le forze dell'ordine non potevano permettere che tornassero
nell'edificio, nonostante si trattasse di famiglie con bambini senza
alternativa.
E
così, il 4 giugno questi 120 sfrattati sono entrati nella Basilica di
Santa Maria Maggiore, a pochi passi dalla stazione Termini, per
chiedere ospitalità. Tra loro 15 bambini che giocano tra le navate
della chiesa. Il responsabile della sagrestia afferma che è la prima
volta che questa basilica ha dovuto aprire le porte ai poveri per lungo
tempo.
Un reportage del quotidiano La Repubblica racconta le condizioni dei senzatetto:
"Ormai
anche loro si sono abituati agli orari da convento", scherza padre
Angelo, responsabile della sagrestia di una delle quattro basiliche
papali di Roma insieme a San Pietro, San Giovanni in Laterano e San
Paolo fuori le mura. Si svegliano tutti alle 5.30: ci sono da liberare
gli altari usati come giacigli, da rimettere a posto banchi e panchine,
da ripiegare i sacchi a pelo e le coperte, da ripulire un po' in giro
prima dell'inizio della messa delle 7. Durante il giorno, nel via vai
di turisti e fedeli, se ne restano nella navata a sinistra, in fondo, a
lato dell'altare: qualcuno si rimette a dormire protetto alla vista di
un confessionale, qualcun altro resta seduto su tre file di sedie
rosse, legge un giornale, ascolta musica dalle cuffie".
Roma, 120 sfrattati ospiti nella basilica di Santa Maria Maggiore da una settimana (FOTO)
il reportage del quotidiano La Repubblica "I senzatetto che vivono nella chiesa del Papa"
video (registrato il 5 giugno)
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’’La cautela è d’obbligo, i contatti sono in corso’’ ma noi speriamo con tutto il cuore che sia vero!!!
Padre Dall’Oglio “è ancora vivo”, lo ha incontrato una delegazione italiana
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La lettera drammatica di un
religioso domenicano dalla seconda città irachena, conquistata ieri dai
jihadisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante. «Migliaia di
profughi in fuga. Pregate per noi»
«Noi cristiani di Mosul, circondati e minacciati di morte»
Mons. Nona chiede aiuti perché
a breve finiranno le scorte di cibo e acqua. Gli islamisti hanno
assunto il controllo della città; polizia e militari hanno abbandonato
le armi. Fedeli, suore e sacerdoti hanno lasciato la zona, le chiese
sono state chiuse. Per il prelato serve uno “Stato forte” che sia
garante di pace e unità. Il premier Al-Maliki dichiara lo stato di
emergenza.
Arcivescovo caldeo: cristiani e musulmani in fuga da Mosul, occupata dalle milizie islamiche
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Angelus/Regina Cæli - Regina Coeli nella Solennità di Pentecoste, 8 giugno 2014 (Video)
Udienza - I doni dello Spirito Santo - 7. Il Timore di Dio (11 giugno 2014)
Discorso - Ai partecipanti all'Incontro promosso dal Centro Sportivo Italiano (7 giugno 2014)
Discorso - Telefonata del Santo Padre Francesco ai partecipanti al 36° Pellegrinaggio a piedi Macerata - Loreto (7 giugno 2014)
Discorso - Invocazione per la pace (8 giugno 2014)
Messaggio - IN OCCASIONE DELLA 103ª SESSIONE DELLA CONFERENZA DELL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO (ILO)
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07/06/2014:
08/06/2014:
09/06/2014:
10/06/2014:
12/06/2014:
13/06/2014:
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI PENTECOSTE
Basilica Vaticana
«Tutti furono colmati di Spirito Santo» (At 2,4).
Parlando
agli Apostoli nell’Ultima Cena, Gesù disse che, dopo la sua partenza da
questo mondo, avrebbe inviato loro il dono del Padre, cioè lo Spirito
Santo (cfr Gv 15,26). Questa promessa si realizza con potenza nel
giorno di Pentecoste, quando lo Spirito Santo discende sui discepoli
riuniti nel Cenacolo. Quella effusione, benché straordinaria, non è
rimasta unica e limitata a quel momento, ma è un evento che si è
rinnovato e si rinnova ancora. Cristo glorificato alla destra del Padre
continua a realizzare la sua promessa, inviando sulla Chiesa lo Spirito
vivificante, che ci insegna e ci ricorda e ci fa parlare...
il testo integrale dell'omelia
il video dell'omelia
il video integrale della celebrazione
REGINA COELI
Piazza San Pietro
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
La
festa di Pentecoste commemora l’effusione dello Spirito Santo sugli
Apostoli riuniti nel Cenacolo. Come la Pasqua, è un evento accaduto
durante la preesistente festa ebraica, e che porta un compimento
sorprendente. Il libro degli Atti degli Apostoli descrive i segni e i
frutti di quella straordinaria effusione: il vento forte e le fiammelle
di fuoco; la paura scompare e lascia il posto al coraggio; le lingue si
sciolgono e tutti capiscono l’annuncio. Dove arriva lo Spirito di Dio,
tutto rinasce e si trasfigura. L’evento della Pentecoste segna la
nascita della Chiesa e la sua manifestazione pubblica; e ci colpiscono
due tratti: è una Chiesa che sorprende e scompiglia. Un elemento fondamentale della Pentecoste è la sorpresa. Il nostro Dio è il Dio delle sorprese, lo sappiamo...
Dopo il Regina Coeli:
Cari fratelli e sorelle,
vi saluto tutti, romani e pellegrini...
Come
sapete, questa sera in Vaticano i Presidenti di Israele e Palestina si
uniranno a me e al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, mio fratello
Bartolomeo, per invocare da Dio il dono della pace nella Terra Santa,
in Medio Oriente e nel mondo intero. Desidero ringraziare tutti coloro
che, personalmente e in comunità, hanno pregato e stanno pregando per
questo incontro, e si uniranno spiritualmente alla nostra supplica.
Grazie! Grazie tante!
A tutti auguro una buona domenica. Pregate per me. Buon pranzo e arrivederci!
il testo integrale del Regina Coeli
video
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Piazza San Pietro
11/06/2014
Papa
Francesco ha fatto il suo ingresso in una piazza san Pietro affollata e
gremita ancora prima del solito, oggi, alle 9.25. L’udienza generale ha
avuto un prologo, subito prima, in Aula Paolo VI, dove Francesco ha
salutato i malati e i disabili, accompagnati dai volontari. “Abbiamo
pensato che era meglio che voi foste qui, tranquilli. Un po’ più
fresco, eh? E non sotto quel sole che cucina”. Con queste parole,
pronunciate a braccio, il Papa ha salutato gli ammalati. “Potete vedere
l’udienza nel maxischermo”, ha proseguito: “Lì potete vedere tutto,
seguire tutto e senza soffrire questo sole: dicono che oggi sarà la
giornata più calda questa! Grazie”.
Al
termine del consueto percorso lungo la piazza, durante il quale ha
salutato e accarezzato i bambini, il Papa ha fatto fermare la jeep
bianca scoperta, è sceso e ha salutato una delegazione di lavoratori
della Fiat di Pomigliano d’Arco, in rappresentanza dei 250 dipendenti
di Pomigliano, che ha consegnato al Santo Padre una Panda blu prodotta
nello stabilimento Giambattista Vico. In questo modo gli operai hanno
potuto coronare un desiderio espresso in una lettera indirizzata al
Papa nell’ottobre 2013, all’indomani della sua visita in Assisi,
durante la quale utilizzò per gli spostamenti un’altra Panda prodotta
in quella fabbrica. (Sir)
video
I doni dello Spirito Santo: 7. Il Timore di Dio
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Il dono del timore di Dio, di cui parliamo oggi, conclude la serie dei sette doni dello Spirito Santo.
Questo è il timore di Dio: l’abbandono nella bontà del nostro Padre che ci vuole tanto bene.
1.
Quando lo Spirito Santo prende dimora nel nostro cuore, ci infonde
consolazione e pace, e ci porta a sentirci così come siamo, cioè
piccoli, con quell’atteggiamento - tanto raccomandato da Gesù nel
Vangelo - di chi ripone tutte le sue preoccupazioni e le sue attese in
Dio e si sente avvolto e sostenuto dal suo calore e dalla sua
protezione, proprio come un bambino con il suo papà!
...
video della catechesi
Saluti:
...
* * *
APPELLO
Domani,
12 giugno, si celebra la Giornata mondiale contro lo sfruttamento del
lavoro minorile. Decine di milioni di bambini, avete sentite bene?
Decine di milioni sono costretti a lavorare in condizioni degradanti,
esposti a forme di schiavitù e di sfruttamento, come anche ad abusi,
maltrattamenti e discriminazioni.
Auspico
vivamente che la Comunità internazionale possa estendere la protezione
sociale dei minori per debellare questa piaga dello sfruttamento dei
bambini. Rinnoviamo tutti il nostro impegno, in particolare le
famiglie, per garantire ad ogni bambino e bambina la salvaguardia della
sua dignità e la possibilità di una crescita sana. Una fanciullezza
serena permette ai bambini di guardare con fiducia alla vita e al
futuro. Vi invito tutti a pregare la Madonna, che ha avuto il Bambino
Gesù in braccio, per questi bambini e bambine che sono sfruttati con il
lavoro e anche con gli abusi. Ave Maria... * * * ...
Un
pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi
novelli. Nel mese di giugno la liturgia ci invita a pregare il Sacro
Cuore di Gesù. Tale devozione insegni a voi, cari giovani, specialmente
i fidanzati della Diocesi di Oria, accompagnati dal Vescovo Mons.
Vincenzo Pisanello, ad amare con la stessa intensità; renda forti voi,
cari ammalati, nel portare con pazienza la croce della sofferenza; e
sia di sostegno a voi, cari sposi novelli, nell’edificare la vostra
famiglia sulla fedeltà e il timore di Dio.
il testo integrale dell'udienza generale
video integrale
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
09 giugno 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“il cristianesimo va praticato”
Le
Beatitudini sono il programma di vita del cristiano. E’ quanto
affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta.
Il Pontefice ha incentrato proprio sulle Beatitudini la sua omelia,
rimarcando – all’indomani dello storico incontro di pace in Vaticano –
che bisogna avere il coraggio della mitezza per sconfiggere l’odio.
Le
Beatitudini sono il “programma”, “la carta d’identità del cristiano”.
Papa Francesco ha offerto, nella sua omelia, una intensa meditazione
sulle Beatitudini, di cui parla il Vangelo odierno. “Se qualcuno di noi
– ha affermato – fa la domanda: ‘Come si fa per diventare un buon cristiano?’”,
qui troviamo la risposta di Gesù che ci indica cose “tanto
controcorrente” rispetto a quello che abitualmente “si fa nel mondo”.
Beati i poveri in spirito. “Le ricchezze – ha avvertito il Papa – non
ti assicurano niente. Di più: quando il cuore è ricco, è tanto
soddisfatto di se stesso, che non ha posto per la Parola di Dio”. Beati
quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati:
“Ma
il mondo ci dice: la gioia, la felicità, il divertimento, quello è il
bello della vita. E ignora, guarda da un’altra parte, quando ci sono
problemi di malattia, problemi di dolore nella famiglia. Il mondo non
vuole piangere, preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle.
Soltanto la persona che vede le cose come sono, e piange nel suo cuore,
è felice e sarà consolata. La consolazione di Gesù, non quella del
mondo. Beati i miti in questo mondo che dall’inizio è un mondo di
guerre, un mondo dove dappertutto si litiga, dove dappertutto c’è
l’odio. E Gesù dice: niente guerre, niente odio, pace, mitezza”.
Se
io sono “mite nella vita”, ha proseguito, “penseranno che io sono uno
stolto”. Pensino pure quello, ha detto il Papa, “ma tu sei mite, perché
con questa mitezza avrai in eredità la Terra”. Beati quelli che hanno
fame e sete della giustizia, beati – ha soggiunto – quelli “che lottano
per la giustizia, perché ci sia giustizia nel mondo”. “E’ tanto facile
– ha ammonito – entrare nelle cricche della corruzione”, “quella
politica quotidiana del do ut des.Tutto è affari”. E “quante
ingiustizie. Quanta gente che soffre per queste ingiustizie”. E Gesù
dice: “Sono beati quelli che lottano contro queste ingiustizie”. Beati
i misericordiosi, perché troveranno misericordia. I misericordiosi, ha
affermato, “quelli che perdonano, che capiscono gli errori degli
altri”. Gesù, ha evidenziato il Papa, non dice “beati quelli che fanno
la vendetta, che si vendicano”...
Il Papa: le Beatitudini, programma pratico di santità
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
12 giugno 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“Gesù ci chiede di essere in pace tra fratelli”
Per
praticare la giustizia fino in fondo, vivendo il comandamento
dell’amore, bisogna essere realisti, coerenti e riconoscersi figli
dello stesso Padre, quindi fratelli. Sono i tre criteri pratici
suggeriti da Papa Francesco nella messa celebrata giovedì mattina, 12
giugno, nella cappella della Casa Santa Marta.
Nel
passo evangelico di Matteo (5, 20-26) proposto dalla liturgia Gesù — ha
spiegato il Pontefice — ci parla di «come dev’essere l’amore fra noi».
Egli comincia il suo discorso «dicendo una cosa per capire bene come
noi dobbiamo andare sulla strada dell’amore fraterno». Ecco le sue
parole: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli
scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli».
Dunque,
afferma Gesù, «dobbiamo essere giusti, dobbiamo amare il prossimo, che
è il problema di oggi; ma non come questi dottori della legge che
avevano una filosofia speciale», cioè dire bene «tutto quello che si
deve fare» — ritenendosi «intelligenti» e «bravi» — ma «poi non farlo».
Ed è per questo che, riguardo a loro, «Gesù dice: fate quello che
dicono ma non quello che fanno». E lo dice «perché non erano coerenti».
Erano
infatti persone che «sapevano che il primo comandamento era amare Dio;
sapevano che il secondo è amare il prossimo». Però «avevano tante
sfumature di idee, perché erano ideologi». E operavano tutta una serie
di distinguo su ciò che significa «amare il prossimo». Finendo, quindi,
per assumere «un atteggiamento che non era amore», ma piuttosto
«indifferenza verso il prossimo». Ecco allora che Gesù raccomanda di
superare questo modo di fare, che «non è giustizia ma è equilibrio
sociale».
E per farlo, ha affermato il Papa, Gesù ci suggerisce «tre criteri».
...
Ecco,
ha riepilogato il Papa, «i tre criteri: un criterio di realismo; un
criterio di coerenza, cioè non ammazzare ma non insultare pure perché
chi insulta ammazza, uccide; e un criterio di filiazione: non si può
parlare col padre se non posso parlare col mio fratello». Sono i tre criteri per «superare la giustizia degli scribi e dei farisei».
Un
«programma non facile», ha riconosciuto il vescovo di Roma, «ma è la
via che Gesù ci indica per andare avanti». E in conclusione Papa
Francesco ha chiesto al Signore proprio «la grazia di poter andare
avanti in pace fra noi», magari anche «con gli accordi ma sempre con
coerenza e con spirito di filiazione».
Messa a Santa Marta - Quando l'odio uccide
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
13 giugno 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“come il profeta Elia, prepariamoci a seguire Dio”
Prima
di affidarci una missione il Signore ci prepara, mettendoci alla prova
con un processo di purificazione e di discernimento. È la storia del
profeta Elia ad aver suggerito al Papa, durante la messa celebrata
venerdì mattina 13 giugno nella cappella della Casa Santa Marta, la
riflessione su questa regola fondamentale della vita cristiana.
«Nella
prima lettura — ha detto il Pontefice riferendosi al passo tratto dal
primo libro dei Re (19, 9.11-16) — abbiamo sentito la storia di Elia:
come il Signore prepara un profeta, come lavora nel suo cuore perché
quest’uomo sia fedele alla sua parola e faccia quello che lui vuole».
...
Si
legge nell’Antico testamento: «Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un
vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce
davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento». Elia, ha
commentato il Papa, si «accorse che il Signore non era lì». Prosegue la
Scrittura: «Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel
terremoto». Dunque, ha continuato il Pontefice, Elia «ha saputo
discernere che il Signore non era nel terremoto e non era nel vento». E
ancora, racconta il primo Libro dei Re: «Dopo il terremoto, un fuoco,
ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una
brezza leggera». Ed ecco che «come l’udì, Elia si è accorto» che «era
il Signore che passava, si coprì il volto con il mantello e adorò il
Signore».
Infatti,
ha affermato il vescovo di Roma, «il Signore non era nel vento, nel
terremoto o nel fuoco, ma era in quel sussurro di una brezza leggera:
nella pace». O «come dice proprio l’originale, un’espressione
bellissima: il Signore era in un filo di silenzio sonoro».
Elia,
dunque, «sa discernere dov’è il Signore e il Signore lo prepara con il
dono del discernimento». Poi gli affida la sua missione: «Hai fatto la
prova, ti sei messo alla prova della depressione», dello stare giù,
«della fame; sei stato messo alla prova del discernimento» ma adesso —
si legge nella Scrittura — «ritorna sui tuoi passi verso il deserto di
Damasco, finché giunto là, ungerai Cazaèl come re su Aram. Poi ungerai
Ieu, figlio di Nimsì, come re su Israele e ungerai Elisèo».
Proprio
questa è la missione che attende Elia, ha spiegato il Papa. E il
Signore gli ha ha fatto fare quel lungo percorso per prepararlo alla
missione. Forse, si potrebbe obiettare, sarebbe stato «molto più facile
dire: tu sei stato tanto coraggioso da uccidere quei quattrocento,
adesso vai e ungi questo!». Invece «il
Signore prepara l’anima, prepara il cuore e lo prepara nella prova, lo
prepara nell’obbedienza, lo prepara nella perseveranza».
E
«così è la vita cristiana», ha puntualizzato il Pontefice. Infatti
«quando il Signore vuole darci una missione, vuole darci un lavoro, ci
prepara per farlo bene», proprio «come ha preparato Elia»....
Messa a Santa Marta - In una brezza leggera
video
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Oggi iniziano in Brasile i Mondiali di Calcio.
Questo è il tweet lanciato questa mattina da Papa Francesco:
...
Papa Francesco ha anche inviato un videomessaggio trasmesso dalla Tv brasiliana “Rete Globo”.
“Possa
questa Coppa del Mondo - augura il Pontefice - svolgersi con tutta la
serenità e la tranquillità, sempre nel reciproco rispetto, nella
solidarietà e nella fraternità tra uomini e donne che si riconoscono
membri di un’unica famiglia”. Il Papa si augura che “oltre ad una festa
di sport, questa Coppa del mondo di calcio possa trasformarsi in una
festa di solidarietà tra i popoli”. “Lo sport infatti è uno strumento
per comunicare i valori che promuovono il bene della persona umana e
aiutano a costruire una società più pacifica e fraterna. Pensiamo alla
lealtà, alla perseveranza, all’amicizia, alla condivisione e alla
solidarietà”. Quindi Papa
Francesco indica tre lezioni della pratica sportiva, tre atteggiamenti
essenziali in favore della pace: la necessità di “allenarsi”, il “fair
play” e il rispetto degli avversari. Se per vincere è necessario
allenarsi, “possiamo vedere, in questa pratica sportiva, una metafora
della nostra vita”. “Nella vita è necessario lottare, ‘allenarsi’,
impegnarsi per ottenere risultati importanti. Lo spirito sportivo ci
rimanda in tal modo, un’immagine dei sacrifici necessari per crescere
nelle virtù che costruiscono il carattere di una persona. Se per
migliorare una persona è necessario un ‘allenamento’ intenso e continuo
- afferma il Papa - ancora più impegno dovrà essere investito per
arrivare all’incontro e alla pace tra individui e tra popoli
‘migliorati’!”. Importante anche il “fair play” perché “il calcio può e
deve essere una scuola per la formazione di una cultura dell’incontro,
che porti armonia e pace tra i popoli”. “Per vincere - dice il
Pontefice - bisogna superare l’individualismo, l’egoismo, tutte le
forme di razzismo, d’intolleranza e di strumentalizzazione della
persona umana. Quindi, essere ‘individualisti’ nel calcio rappresenta
un ostacolo al successo della squadra; ma se siamo ‘individualisti’
nella vita, ignorando le persone che ci circondano, ne riceve un
pregiudizio l’intera società”. Infine il Papa sottolinea che “il
segreto della vittoria sul campo, ma anche nella vita, risiede nel
saper rispettare il mio compagno di squadra, come pure il mio
avversario. Nessuno vince da solo, né in campo, né nella vita! Che
nessuno si isoli e si senta escluso! E, se è vero che al termine di
questi Mondiali, solamente una squadra nazionale potrà alzare la coppa
come vincitore, imparando le lezioni che lo sport c’insegna, tutti
saremo vincitori, rafforzando i legami che ci uniscono”.
il videomessaggio
il testo integrale
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«Era un bravo ragazzo, ha
fatto ciò che poteva, non era poi così male». Così Papa Francesco
risponde all'ultima domanda (come vorrebbe essere ricordato?) di una
lunga intervista pubblicata dal quotidiano spagnolo La Vanguardia.
L’articolo inizia così. "I
cristiani perseguitati sono un problema che mi tocca da vicino come
pastore". Il Papa dice che non gli sembra "saggio contarli per non
offendere nessuno". Ma dice di essere convinto che "la persecuzione dei
cristiani oggi è più forte che nei primi secoli della Chiesa". Non è
una "fantasia, lo dicono i numeri"...
Papa: vorrei essere ricordato così
Lunedì scorso, nel giorno in
cui, a causa di una lieve indisposizione (frutto della stanchezza
accumulata nell'impegnativa giornata precedente con lo storico incontro
di preghiera nei giardini vaticani) aveva dovuto annullare alcuni
appuntamenti, Papa Francesco ha concesso una lunga intervista al
quotidiano spagnolo «La Vanguardia».
A intervistare il Papa è
stato il giornalista di origini portoghesi Henrique Cymerman,
corrispondente dal Medio Oriente per «La Vanguardia», «Antena 3» e la
TV israeliana «Channel 2». Incontrandolo sul volo di andata Amman, il
Papa, che aveva visto il giornalista israeliano seduto accanto a un
collega palestinese, gli aveva chiesto di proteggerlo durante il
viaggio in Terra Santa. Cymerman è stato coinvolto nell'organizzazione
della preghiera per la pace che si è tenuta in Vaticano e
nell'intervista Francesco ha riconosciuto: «A lei si deve una buona
parte del fatto che sia avvenuta».
il testo originale dell'intervista esclusiva pubblicata oggi su «La Vanguardia»: Entrevista al papa Francisco: "La secesión de una nación hay que tomarla con pinzas"
la traduzione integrale del testo in italiano a cura della nostra redazione
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1)
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newsletter è settimanale;
2) Il
servizio di "Lectio" a cura di fr. Egidio Palumbo alla pagina:
http://digilander.libero.it/tempo_perso_2/la_lectio_del_Vangelo_della_domenica.htm
3)
Il servizio omelia di P.
Gregorio on-line (mp3) alla pagina
http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm
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