"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°26 del 2014

Aggiornamento della settimana

- dal 21 al 27 giugno 2014 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 4 luglio 2014          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

  
   di P. Gregorio Battaglia

  di P. Aurelio Antista

    di P. Alberto Neglia


PREGHIERA DEI FEDELI

 
N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 








I NOSTRI TEMPI

  (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)

"La coscienza morale in gioco" di Bruno Forte


"La coscienza morale in gioco" 
di mons. Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto

Tre avvenimenti recenti, di natura molto diversa, mi inducono a proporre una riflessione che si muove fra cronaca e storia, volta ad evidenziare gli aspetti della coscienza morale che sono in gioco in essi e che riguardano ognuno di noi. 
Il primo è la terribile vicenda del giovane uomo di Motta Visconti che ha ucciso la moglie e i due figlioletti, confessando poi di averlo fatto perché li sentiva come una gabbia imposta alla sua libertà. Lo stesso assassino sembra abbia invocato il massimo della pena per sé, mostrando di avere almeno un barlume di consapevolezza della gravità del male compiuto. Molti hanno parlato di un "raptus" di follia omicida, anche se lo stesso autore del delitto ha riconosciuto la premeditazione. L'atrocità del fatto suscita immensa pietà verso le vittime, ponendo al contempo la domanda su come sia stato possibile che nella coscienza di una persona all'apparenza normale abbia potuto maturarsi un simile proposito. Interrogativi come questo non trovano facili risposte: soprattutto non devono far spazio a giudizi sommari, tanto in senso colpevolista, quanto in direzione della pietà che lo stesso carnefice suscita per aver distrutto con le proprie mani i beni più preziosi della propria esistenza. Un aspetto emerge da questa vicenda, e cioè l'immane potenzialità del male che ogni essere umano è capace di compiere, e con essa quella linea d'ombra fra luce e tenebra in cui si muovono le scelte del libero arbitrio.
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Sia pur in termini più temperati, la lotta fra male e bene si affaccia in altri tristissimi fatti di cronaca degli ultimi tempi: mi riferisco alla corruzione e al latrocinio che sono emersi dalle inchieste sulla realizzazione di opere che avrebbero dovuto essere fiore all'occhiello dell'iniziativa pubblica e dell'imprenditoria del nostro Paese. Si tratta da una parte degli scandali connessi a Expo 2015, dall'altra delle tangenti pagate ai corrotti nelle opere relative al Modulo Sperimentale Elettromeccanico, progettato per la difesa di Venezia e della laguna dalle acque alte. È perfino incredibile che personaggi potenti, cui non mancava nulla, abbiano mostrato un'avidità speculare all'estendersi del loro potere. Anche qui viene da chiedersi come sia stato possibile che l'ostentazione di pubbliche virtù e la dichiarata volontà di servizio al bene comune potessero collegarsi così sfrontatamente con la voracità di guadagni facili e smisurati. È il tarlo della corruzione, male dagli effetti devastanti: la corruzione «uccide», ha affermato Papa Francesco in diverse occasioni. 
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Un terzo evento accaduto nelle ultime settimane, precisamente l'8 giugno, può aiutarci a riconoscere alcune prospettive di luce e di speranza riguardo alla vittoria del male, che sembra devastare le coscienze e dominare la scena della storia: è l'incontro di preghiera promosso in Vaticano da Papa Francesco con la partecipazione dei Presidenti di Israele e della Palestina, Shimon Peres e Abu Mazen. Il valore unico di quest'avvenimento sta nel cambiamento di prospettiva che esso introduce rispetto a ogni precedente ricerca "ufficiale" della pace in Medio Oriente: il Vescovo di Roma non ha deresponsabilizzato nessuno rispetto al dovere di lavorare per la pace e di combattere e vincere il male dell'odio che avvelena tutti, ricordando che «per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all'incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza». Il Il fatto, poi, che l'incontro sia stato proposto e realizzato come momento di preghiera all'unico Dio di tutti i credenti, introduce quel cambio di piano di cui c'era e c'è immenso bisogno: mettersi insieme al cospetto dell'Eterno vuol dire riconoscere i propri limiti e la propria debolezza, misurare il bene della pace da cercare non solo sul proprio interesse, ma su quello di tutti, e specialmente dei poveri, e impegnarsi nella profondità della propria coscienza davanti al giudizio ultimo, cui nulla sfugge, a essere costruttori di un mondo più giusto per tutti.
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  La coscienza morale in gioco

Vedi anche i nostri post precedenti:
  • Sgomento nello scoprire l'orrore nell'apparente "normalità"
  • «Chi paga la corruzione? la corruzione la paga il povero!» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)
  • "Invocazione per la pace" - Giardini Vaticani, 8 giugno 2014 - cronaca, testi, foto e video (Prima parte)
  • "Invocazione per la pace" - Giardini Vaticani, 8 giugno 2014 - cronaca, testi, foto e video (Seconda parte)
  • "Invocazione per la pace" - Giardini Vaticani, 8 giugno 2014 - commenti e riflessioni



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Pax Christi: Liberateli (tutti!)


Liberateli (tutti!)

Pax Christi Italia condanna duramente il rapimento dei tre giovani cittadini Israeliani, abitanti di una delle colonie illegali presenti nella città di Hebron in Palestina, avvenuto la scorsa settimana nei dintorni della città stessa.
Condanniamo altresì le reazioni del governo israeliano a questo drammatico evento, reazioni che poco hanno a che fare con la legittima richiesta di liberazione dei ragazzi rapiti.
Pax Christi Italia segue ormai da 10 anni, con la Campagna Ponti e non Muri, la difficile situazione israelo-palestinese. Conosciamo bene la situazione di assoluta illegalità della occupazione israeliana nella terra di Palestina, e osserviamo con forte preoccupazione e sdegno gli eventi di questi ultimi giorni.
Il governo israeliano ha dato istruzioni al proprio esercito di occupazione della Cisgiordania di arrestare centinaia di cittadini palestinesi colpevoli soltanto di appartenere alla popolazione che legittimamente da secoli vive in questa area. Queste persone si aggiungono alle migliaia già detenute nelle carceri israeliane, compresi numerosi bambini. “Detenzioni amministrative”, come vengono chiamate in gergo giuridico, da considerarsi in tutto e per tutto rapimenti illegittimi sotto qualsiasi forma di diritto.
Abbiamo appreso inoltre di uccisioni arbitrarie, di perquisizioni notturne, di danni a centri medici e commerciali, di minacce di taglio dell’elettricità e delle linee telefoniche. Il vero scopo di tutto ciò non è certamente localizzare i ragazzi rapiti ma colpire indiscriminatamente la popolazione sotto occupazione e renderne impossibile la vita quotidiana, al fine di continuare impunemente l’opera di pulizia etnica del territorio palestinese. Di fronte a tutto questo:
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«Non ha ogni ragazzo il diritto di tornare a casa da scuola sano e salvo?» - all'ONU le mamme dei tre ragazzi rapiti in Cisgiordania

«Credo che molto di più possa essere fatto e dovrebbe essere fatto da molti. Per questo siamo venute noi tre madri qui: per essere sicure che il mondo stia facendo di tutto per portare a casa i nostri figli». Lo ha detto Rachel Fraenkel, madre di Naftali - rapito lo scorso 12 giugno in Cisgiordania insieme a Eyal Yifrach e Gilad Shaar - parlando a Ginevra al Consiglio generale dei Diritti umani dell'Onu. «Non ha ogni ragazzo il diritto - ha aggiunto - di tornare a casa da scuola sano e salvo?».
Rachel Fraenkel - che aveva accanto nel suo intervento le mamme degli altri due ragazzi - ha parlato del peggiore «incubo» che una madre possa vivere: «Aspettare e aspettare senza fine che il proprio figlio torni a casa». Poi ha raccontato la vita privata di ognuno dei tre ragazzi ed ha ringraziato i rappresentanti della comunità internazionale che si sono espressi a favore della liberazione...

  Medio Oriente, la madre del rapito all’Onu: bisogna fare molto di più

  video

  video dell'intervento delle madri dei ragazzi a Ginevra


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26 giugno Giornata Internazionale a Sostegno delle Vittime di Tortura: un crimine contro i diritti umani, un peccato mortale


26 giugno
Giornata Internazionale a Sostegno delle Vittime di Tortura

Oggi, 26 giugno, si celebra la Giornata Internazionale a Sostegno delle Vittime di Tortura, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1997 per celebrare due date fondamentali: il 26 giugno 1948, giorno in cui fu siglata la Carta delle Nazioni Unite, primo strumento internazionale contenente l’obbligo per gli Stati di promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti umani e il 26 giugno 1984, data di entrata in vigore della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, che ha sancito il divieto all’utilizzo della tortura quale diritto inderogabile; accordo ad oggi firmato da 146 paesi membri dell’ONU.
Nonostante la Convenzione, ancora metà della popolazione mondiale vive sotto Governi che praticano la tortura contro oppositori politici, omosessuali, appartenenti a determinati gruppi etnici o per strappare confessioni e testimonianze, ma, anche senza andar troppo lontano, il caso italiano è indicativo di quanta strada ci sia ancora da fare in materia.
Nel 1987 è entrata in vigore la Convenzione europea per la prevenzione della tortura, ratificata da 47 Stati europei. L’Italia l’ha sottoscritta, ma nonostante ripetuti solleciti anche a livello internazionale, il Parlamento italiano non ha ancora approvato la legge di ratifica così che la Convenzione non è ancora operante in Italia, che ha anche sinora disatteso all’obbligo assunto di introdurre il reato di tortura nel Codice Penale. “L’Italia è in ritardo di ben venticinque anni rispetto agli obblighi che ha assunto con le Nazioni Unite – ha dichiarato Patrizio Gonnella, Presidente dell’associazione Antigone – Quasi tutte le democrazie si sono adeguate, l’Italia no. L’Italia non ha ancora il delitto di tortura nel codice penale. Tutto ciò ci pone ai margini della comunità internazionale. In autunno saremo giudicati dal Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu e questo sarà un tema decisivo”.
Prevenire ed eliminare ogni forma di tortura è un obiettivo importante della politica UE. I maltrattamenti infrangono i principi di libertà, democrazia e i diritti umani fondamentali: non sono tollerabili in nessuno Stato membro. Per questo, nell’aprile 2014 è stata lanciata l’ennesima petizione a sostegno della legge che proibisca la tortura: l’appello è stato firmato da scrittori (Camilleri, De Luca, Carlotto, …) ed intellettuali (Eligio Resta, Luigi Ferrajoli, …), e all’appello si è unito anche papa Francesco, che proprio pochi giorni fa, all’Angelus recitato in Piazza San Pietro nella giornata del Corpus Domini ha dichiarato: “…ribadisco la ferma condanna di ogni forma di tortura e invito i cristiani ad impegnarsi per collaborare alla sua abolizione e sostenere le vittime e i loro familiari. Torturare le persone è un peccato mortale! Un peccato molto grave!”.
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  Giornata per le Vittime di Tortura 2014: un crimine contro i diritti umani, un peccato mortale


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26 giugno Giornata Internazionale a Sostegno delle Vittime di Tortura: un dramma senza fine?

Nei giorni scorsi siamo stati enormemente colpiti dal messaggio e dalle parole vibranti di Papa Francesco pronunciate contro chi pratica torture in ogni parte del mondo. Il 26 ottobre, si celebra la giornata mondiale promossa dall’ONU contro la tortura. A volte dimentichiamo che nel mondo di oggi, a oltre 30 anni dalla ratifica della convenzione delle Nazioni Unite, esistono ancora, come ci ricorda il Consiglio italiano dei rifugiati, 141 Paesi nei quali questa pratica disumana viene perpetrata e dobbiamo anche ricordare che purtroppo un rifugiato su tre, tra quelli che arrivano in Italia, ha personalmente subito esperienze di tortura. Se ne parla, ma non a sufficienza in quei resoconti giornalistici che spesso si limitano ad elencare dati statistici sugli sbarchi. Può essere importante sapere che fino a questo momento sono sbarcate persone, in numero superiore al 2013, ma è ancora più importante sapere che grazie all’operazione italiana Mare nostrum si sono salvate migliaia e migliaia di vite umane e che esistono nel nostro paese strutture che concretamente operano per ridare una vita ed una dignità a queste persone.
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  Giornata mondiale contro la tortura: un dramma senza fine ad oltre 30 anni dalla Convenzione ONU

... In un momento politico in cui il dibattito sull'immigrazione è concentrato quasi totalmente sulla cittadinanza, riteniamo doveroso ricordare al governo italiano, al Parlamento, e soprattutto ai cittadini di questo Paese che l'esistenza dei 13 CIE sul nostro territorio nazionale continua a rappresentare una degenerazione dello stato di diritto in una sorta di zona franca in cui il rispetto della dignità umana è subordinato alla volontà dei singoli ed è lasciato completamente al caso. In quanto strutture prodotte da una vera e propria anomalia giuridica e gestite nella quasi totale arbitrarietà e assenza di trasparenza, riteniamo che i CIE non rappresentino un'emergenza solo per i migranti che si trovano nel nostro Paese ma anche per tutti i cittadini che vorrebbero riconoscersi in uno Stato che si definisce democratico.
Non voler tacere oggi significa ricordare che l'articolo 3 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo (Cedu) recita “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. Ricordare che i CIE rappresentano una palese violazione di questo articolo è un dovere non solo della cittadinanza e della società civile, ma soprattutto della politica e oggi, come domani e come sempre, non possiamo e non vogliamo stare zitti...

  26 GIUGNO, GIORNATA MONDIALE CONTRO LA TORTURA Rights Tent” di Staranzano (Go) lancia “Mai più zitti” AL VIA LA CAMPAGNA INFORMATIVA SUI CIE

In occasione del 26 giugno, Giornata internazionale per le vittime di tortura, Amnesty International Italia, Antigone e Cittadinanzattiva rivolgono un appello ai presidenti delle commissioni Giustizia della Camera e del Senato perché sia finalmente introdotto il reato di tortura nel codice penale italiano.

  "Tortura: punto e a capo?"


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“Un simbolo di pace, un luogo di alleanza tra gli uomini contro ogni diffidenza ed estraneità”. È questo il mare nostrum che il cardinale Antonio Maria Vegliò si augura di vedere nel futuro: un luogo dove si possa udire “l’eco di espressioni di saluto, di incontro e di pace come:Shālôm, salâm alaykum, la pace sia su di voi. Pax vobiscum, la pace sia con voi”.

 
Salvatore Cernuzio:    Per le migliaia di croci di innocenti sotterrati negli abissi del Mediterraneo



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Proponiamo una bella notizia dai mondiali che forse avrebbe potuto avere maggiore risonanza nei media e diventare... un seme di generosità ed emulazione, contro l'indifferenza!!!

  Muntari e "il permesso generoso"


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FEDE E
SPIRITUALITA'




DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO
HOREB n. 67 - 1/2014




DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO

HOREB n. 67 - 1/2014 

TRACCE DI SPIRITUALITÀ
A CURA DEI CARMELITANI

«Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito… » (Mt 25,35-36), così Gesù si rivolge ai giusti, costituendo i piccoli e i poveri come i suoi “vicari” sulla terra. 
Il Dio che incontriamo, nell’ascolto della Parola e nelle vicende della vita, in Gesù è un Dio “nudo”, Crocifisso Risorto, più nudo di tutti i defraudati della nostra storia, e non nasconde questa nudità d’amore. Egli nella sua nudità sposa l’umanità nuda. 
Se vogliamo restare fedeli a questo Dio, che, nel Figlio Gesù, accoglie e condivide, che è paziente, che vive la paradossale solitudine della croce, dobbiamo, assieme a Lui, restare fedeli alla terra, ad un popolo che Lui ama e dobbiamo restarci nella solitudine e nel silenzio. 
La vita cristiana è fedeltà a queste nozze di Dio con l'umanità, e cresce nell'inquieta pace di chi lascia che la sua fede si incarni, che il Verbo si riveli carne della sua carne e sangue del suo sangue e di quello di tutti coloro che camminano in questa terra, in particolare degli impoveriti e degli oppressi. 
La vita cristiana è coinvolgimento a condividere la passione d’amore che Dio ha per l'umanità e la creazione. E questa passione comporta il condividere lo stile povero di Gesù. 
In quest’ottica, il regno di Dio non tiene i cristiani lontano dalla realtà storica e dalla terra che li accoglie e li ospita. La logica del regno non consente di coltivare stili di vita separati, anzi attiva una nostalgia profonda di recuperare la storia e immergersi in essa. Il regno è invito ad entrare dentro a questa realtà assecondandone l’opera dello Spirito in una creazione che geme e soffre (Rm 8,19ss). 
Il regno di Dio, quindi, si costruisce a partire da un’umanità sfigurata, che ha nomi e lineamenti ben precisi. Oggi, questa umanità sfigurata, con una parola la potremmo chiamare Sud, se per i Sud del mondo non indichiamo solamente una posizione geografica – oggi i Sud sono nelle nostre città, nella porta accanto alla nostra –, quanto piuttosto una logica, una coordinata storica, è il basso, la profondità, la periferia, contrariamente a quello che noi reputiamo più importante: l’alto e il centro. 
È questa la prospettiva che orienta le riflessioni della monografia. 
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  Editoriale (PDF)

  Sommario  (PDF)

E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)



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FRATERNITÀ CARMELITANA DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME) - INCONTRI PER L’ESTATE 2014



FRATERNITÀ CARMELITANA 
DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME)

INCONTRI PER L’ESTATE 2014

  • LECTIO DIVINA 17-22 LUGLIO

IL PROFETA EZECHIELE
con p. Pino Stancari sj

• Per i fuori sede: portare le lenzuola e la Bibbia; prenotarsi per telefono (090.9762800) solo se si è sicuri di venire

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  • SETTIMANA DI SPIRITUALITÀ 4-9 AGOSTO

GESÙ VOLTO UMANO DI DIO

♦ Gesù nel suo ambiente e tra la sua gente (Egidio Palumbo)
♦ Gesù a contatto con una umanità fragile e sofferente (Maurilio Assenza)
♦ Nell’umanità di Gesù il volto di Dio (Alberto Neglia)
♦ I sentimenti di Gesù (M. Aliotta)
♦ Gesù e la donna (Gabriella Del Signore)
♦ Gesù liberatore nella riflessione teologico-spirituale dell’America Latina (Rosario Giuè)
♦ «Cristo è sceso e mi ha presa». L’esperienza di Simon Weil (Giuseppe Schillaci)
♦ Gesù e il potere politico (Gregorio Battaglia)
♦ Momento di contemplazione: Gesù, l’uomo nuovo. Contemplazione dell’icona della Trasfigurazione.

• Per i fuori sede: portare le lenzuola e la Bibbia; prenotarsi per telefono (090.9762800) solo se si è sicuri di venire

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Quanto bene ci fa vedere Gesù vicino a tutti! Se parlava con qualcuno, guardava i suoi occhi con una profonda attenzione piena d’amore: «Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò» (Mc 10, 21). Lo vediamo aperto all’incontro quando si avvicina al cieco lungo la strada (cfr Mc 10,46-52) e quando mangia e beve con i peccatori (cfr Mc 2,16), senza curarsi che lo trattino da mangione e beone (cfr Mt 11,19). Lo vediamo disponibile quando lascia che una prostituta unga i suoi piedi (cfr Lc 7,36-50) o quando riceve di notte Nicodemo (cfr Gv 3,1-15). Il donarsi di Gesù sulla croce non è altro che il culmine di questo stile che ha contrassegnato tutta la sua esistenza. Affascinati da tale modello, vogliamo inserirci a fondo nella società, condividiamo la vita con tutti, ascoltiamo le loro preoccupazioni, collaboriamo materialmente e spiritualmente nelle loro necessità, ci rallegriamo con coloro che sono nella gioia, piangiamo con quelli che piangono e ci impegniamo nella costruzione di un mondo nuovo, gomito a gomito con gli altri. Ma non come un obbligo, non come un peso che ci esaurisce, ma come una scelta personale che ci riempie di gioia e ci conferisce identità (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 269).

 
la locandina degli incontri per l'estate 2014 (pdf)




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  A ciascun giorno basta...
  Mai più violenze...
  L'Eucarestia è la più grande...
  Non è che noi mangiamo...
  Non dimenticate queste due cose...
  Se non sai riconoscere Cristo nei poveri...
  Tu vuoi onorare il corpo del Salvatore?...
  Il pane sull'altare non è solo pane per me...
  Credo che la festa del Corpo e Sangue...
  Disprezzare un singolo essere umano...
  Giovanni, ovvero: Dio fa grazia!...
  La fede, anche retta, non basta...
  E' sulla sabbia che costruisce...
26 GIUGNO – GIORNATA MONDIALE CONTRO LA TORTURA
  Ribadisco la ferma condanna...
Il 26 giugno si celebra la Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga.
  No ad ogni tipo di droga!
  Per te ci hai fatti...


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SAN LUIGI GONZAGA
Patrono della gioventù, in particolare di quella studiosa...

 
SAN LUIGI GONZAGA (video)

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NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

 
Natività di San Giovanni Battista (video)

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Don Lorenzo Milani moriva il 26 Giugno 1967

  Se si perde loro (i ragazzi più difficili)...

  Quando avete buttato nel mondo di oggi...

  Se voi avete il diritto di dividere il mondo...

Nell'anniversario del ritorno alla casa del Padre di Don Milani riproponiamo il nostro precedente post:

  Don Tonino Bello ricorda... don Lorenzo Milani



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  Don Gaetano Corvasce spiega la devozione al Sacro Cuore di Gesù (video)


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"Le ragioni del cuore" di Antonio Savone



Le ragioni del cuore 
Sacro Cuore di Gesù
di Antonio Savone

Dio ha un cuore… È di questo che ci parla l’odierna solennità. 
Certo, si tratta di una festa recente, istituita in seguito alle rivelazioni del Sacro Cuore a Santa Margherita Alacoque. Eppure è una festa che ha le sue radici nella Trinità stessa.

Dio ha un cuore… e lo manifesta come? Proprio come faremmo noi: individuando qualcuno a cui legarsi per sempre. Dio, infatti, sceglie un popolo a cui appartenere in maniera unica perché tutti gli altri popoli possano conoscere ciò che Egli vorrebbe compiere con ogni uomo. Israele diventa il segno di come Dio voglia stabilire con ciascuno di noi un legame forte e personale, un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzare.

Il Signore si è legato a te perché ti ama…

Un amore che ha la sua linfa nella gratuità: Israele non avrebbe caratteristiche di importanza, di forza o di numero. È addirittura il più piccolo fra tutti i popoli. La sua grandezza sta nel fatto che il Signore ha posato su di lui il suo sguardo e a lui ha consegnato il suo cuore. Il segno più vero di questo amore è la liberazione dalla condizione di schiavitù. Quale rivelazione per le nostre relazioni! È amore quando all’altro è riconosciuta la sua dignità ed è posto in condizione di vivere fuori da un regime di oppressione.

Quando Israele non conosceva se non un’esperienza di schiavitù, quel cuore trasforma la condizione del popolo in un grido accorato che lo porta ad intervenire per liberarlo. E Israele si scopre così chiamato a fare suo il cuore stesso di Dio, a far sì che il suo cuore sia sempre trasformato in un cuore di carne.

Dio ha un cuore e questa festa vorrebbe essere un invito a varcarne la soglia e prendervi dimora perché il nostro venga dilatato sulla misura del cuore di Dio. Anzi, il cuore è il punto prospettico da cui guardare il mistero di Dio. Vorremmo fare nostro il gesto del discepolo amato che prova a sostare sul petto di Gesù quasi per cogliere le ragioni di quel cuore. In tal senso è vero il detto di Pascal: Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce (Pensieri, 146)

Un cuore appassionato, anzitutto.
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Imparate da me… è l’invito rivoltoci dal Signore Gesù. Imparare dal cuore di Dio. Cosa dobbiamo imparare? L’umiltà e la mitezza: il giusto sentire di sé e il lasciare che l’altro sia. Scuola difficile da frequentare ma quanto feconda se non vogliamo che le relazioni si trasformino in prevaricazioni reciproche!


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"Cuore di carne" di Gianfranco Ravasi

Cuore di carne
di
Gianfranco Ravasi
(biblista e teologo)

Il termine che noi traduciamo con "cuore" è uno dei più usati nella Bibbia. Ma esso ha un significato molto più denso di quello che gli hanno attribuito il devozionalismo misticheggiante o quella sorta di sentimentalismo laico da "posta del cuore".
La solennità del Cuore di Cristo, che si celebra il 27 Giugno, è una devozione che fu divulgata soprattutto in seguito alle rivelazioni avute tra il 1673 e il 1689 da una mistica francese dell' Ordine della Visitazione (fondato da san Francesco di Sales), santa Margherita Maria Alacoque, nata nel 1647 e morta nel 1690 nel monastero di Paray-le-Monial (Saona e Loira).
Il cuore di Gesù è certamente un tema ormai classico della fede e della devozione cristiana e, in particolare, cattolica, ma esso affonda le sue radici nelle pagine bibliche che meritano di essere sfogliate al riguardo, proprio per togliere quella patina di pietismo popolare e di sacralismo liquoroso che sembra essergli attaccato dopo qualche secolo di devozionalismo.
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Vorremmo ora, sia pure in modo molto semplificato, illustrare i significati vari del "cuore" biblicoche, pur nella sua dominante simbolica, non perde il suo ancoraggio fisiologico.
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Ma il cuore è soprattutto un segno di interiorità.
Così il libro dei Proverbi è lapidario: «Il cuore intelligente cerca la conoscenza» (15, 14) e «il cuore saggio rende prudenti le labbra» (16, 23). Per questo il salmista prega Dio così: «Insegnaci a contare i nostri giorni e conquisteremo un cuore sapiente » (90, 12).
Curiosa è la locuzione «pensare in cuor suo/ loro», che sta semplicemente per un «pensarci», oppure «parlare al cuore» o «dire in cuor proprio», da intendere come il nostro «riflettere».«Rubare il cuore» di un altro significa «fargli perdere la testa, ingannarlo», Come la «mancanza di cuore» non è la crudeltà ma la stupidità.
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E' facile, allora, comprendere come il cuore divenga anche la sede della volontà, delle decisioni e dell'etica.
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Il cuore è, dunque, espressione anche della cosciente determinazione e dedizione della volontà, ed è grazia divina avere un cuore aperto al bene e non "impietrito" nella decisione perversa. Suggestive le parole divine proclamate dal profeta Ezechiele: «Io darò loro un altro cuore ... : toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne» (11, 19).
Avere una religione del cuore allora, non significa entrare in una spiritualità sentimentale ed effervescente quanto piuttosto pensare, decidere e operare secondo verità e giustizia.
Questo, però, non esclude che il cuore biblico celi al suo interno anche la dimensione affettiva e passionale.
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Vorremmo concludere questo nostro essenziale itinerario nel piccolo mondo del cuore, secondo la Bibbia, con un profilo più strettamente " teologico".
Sì, per la Bibbia anche Dio ha un cuore che, più o meno, ricalca al positivo le esperienze del cuore umano.
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Cristo entra in scena con questi sentimenti di amore e vicinanza nei confronti di chi lo cerca e di tutti coloro che lo circondano.
Ma è solo una volta che si fa esplicitamente menzione del suo cuore (anche nel celebre episodio del costato trafitto dalla lancia del soldato, l'evangelista Giovanni non usa il termine "cuore").
E' in un mirabile appello riferito solo da Matteo: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio carico leggero» (11,28-30). Dio - si dice negli Atti degli Apostoli (1, 24 e 15, 8) - è kardiognóstes, cioè "conoscitore dei cuori", delle coscienze, dell' intimo più segreto dell' uomo. Cristo, invece, svela il suo stesso intimo all'umanità e lo rivela segnato dalla mitezza e umiltà, cioè dalla bontà e dalla tenerezza, dalla comprensione e dalla condivisione.

  "Cuore di carne" di Gianfranco Ravasi


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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO

"Quando vedrete l'abominio 
della devastazione presente 
là dove non è lecito - chi legge,
comprenda..."
(Marco 13,14)
 

  Gianfranco Ravasi:   Che cos’è «l’abominio della devastazione»?




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"Un cuore che ascolta - lev shomea' " - n. 30/2013-2014 (A) di Santino Coppolino



RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino

Vangelo: Gv 6,51-58

L'evangelista ci presenta la conclusione del lungo discorso tenuto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao, tutto incentrato sull'Eucaristia. Pur non essendo presente nel suo Vangelo il racconto della Cena Eucaristica, tuttavia Giovanni è l'evangelista che più ne indaga il senso autentico, che preferisce far comprendere a fondo il suo mistero, esplicitando meglio ciò che i sinottici lasciano implicito. "Masticare la carne e bere sangue" è "Parola dura"; mangiare e bere del Figlio dell'uomo significa assimilarlo fino a vivere di lui, aderire a lui, alle sue esigenze d'amore e amarlo come lui, l'Amato e l'Amante del Padre, ama noi.
Significa accogliere la rivelazione di Dio nella presenza, fragile e debole, della "carne del Figlio dell'uomo", perché la vita di Dio non si dà al di fuori della realtà umana concreta.
...


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Onorare Cristo nei poveri di San Giovanni Crisostomo


«Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: "Questo è il mio corpo", confermando il fatto con la parola, ha detto anche: Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare(cfr. Mt 25, 42), e: Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l'avete fatto neppure a me (cfr. Mt 25, 45). Il corpo di Cristo che sta sull'altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura.

Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l'onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi. Anche Pietro credeva di onorarlo impedendo a lui di lavargli i piedi. Questo non era onore, ma vera scortesia. Così anche tu rendigli quell'onore che egli ha comandato, fa' che i poveri beneficino delle tue ricchezze. Dio non ha bisogno di vasi d'oro, ma di anime d'oro.

Con questo non intendo certo proibirvi di fare doni alla chiesa. No. Ma vi scongiuro di elargire, con questi e prima di questi, l'elemosina. Dio infatti accetta i doni alla sua casa terrena, ma gradisce molto di più il soccorso dato ai poveri.
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"Sono credibili le nostre Eucaristie? Cristo è nel pane. Ma lo si riconosce nello spezzare il pane" di don Tonino Bello


Sono credibili le nostre Eucaristie?

Cristo è nel pane. Ma lo si riconosce nello spezzare il pane.

Non riesco a liberarmi dal fascino di una splendida riflessione di Garaudy a proposito dell'Eucaristia: "Cristo è nel pane. Ma lo si riconosce nello spezzare il pane".
Sicché oggi, festa del Corpo e del Sangue del Signore, mi dibatto in una incertezza paralizzante.
Parlerò dell'Eucaristia come vertice dell'amore di Dio che si è fatto nostro cibo? Dirò della presenza di Cristo che ci ha amati a tal punto da mettere la sua tenda in mezzo a noi? Spiegherò alla gente che partecipare al pane consacrato significa anticipare la gioia del banchetto eterno del cielo? Mi sforzerò di far comprendere che l'Eucaristia è il memoriale (che parola difficile, ma pure importante!) della morte e della risurrezione del Signore? Illustrerò il rapporto di reciproca causalità tra Chiesa ed Eucaristia, spiegando con dotte parole che se è vero che la Chiesa costruisce l'Eucaristia è anche vero che l'Eucaristia costruisce la Chiesa?
Non c'è che dire: sarebbero suggestioni bellissime, e istruttive anche, e capaci forse di accrescere le nostre tenerezze per il Santissimo Sacramento, verso il quale la disaffezione di tanti cristiani si manifesta oggi in modo preoccupante.

Ma ecco che mi sovrasta un'altra ondata di interrogativi. 

Perché non dire chiaro e tondo che non ci può essere festa del "Corpus Domini ", finché un uomo dorme nel porto sotto il "tabernacolo" di una barca rovesciata, o un altro passa la notte con i figli in un vagone ferroviario?

Perché aver paura di violentare il perbenismo borghese di tanti cristiani, magari disposti a gettare fiori sulla processione eucaristica dalle loro case sfitte, ma non pronti a capire il dramma degli sfrattati?

Perché preoccuparsi di banalizzare il mistero eucaristico se si dice che non può onorare il Sacramento chi presta il denaro a tassi da strozzino; chi esige quattro milioni a fondo perduto prima di affittare una casa a un povero Cristo; chi insidia con i ricatti subdoli l'onestà di una famiglia?

Perché non gridare ai quattro venti che la nostra credibilità di cristiani non ce la giochiamo in base alle genuflessioni davanti all'ostensorio, ma in base all'attenzione che sapremo porre al "corpo e al sangue" dei giovani drogati che, qui da noi, non trovano un luogo di accoglienza e di riscatto?

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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni


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PERDONARE di Mario De Maio


OREUNDICI
IL QUADERNO DI GIUGNO 2014
PERDONARE

L'EDITORIALE 
di Mario De Maio

Il verbo perdonare è uno dei più difficili da coniugare nella nostra vita, se vogliamo esprimere il senso profondo del concetto di misericordia come ci viene trasmesso dalle sacre scritture. L’idea del perdono implica molto di più ed è legata con la compassione. “In confronto al perdono la misericordia è qualche cosa di più radicale. C’è in essa uno spostamento dello sguardo, del cuore e della sua sensibilità dall’io all’altro: mentre nel perdono mi ricordo del male che ho subito, nella misericordia sento soprattutto il dolore per il male che l’altro infligge a se stesso facendo del male. Oltre a generare la disponibilità a perdonare, la misericordia oltrepassa dunque la memoria del male ricevuto e si da come sentimento di vicinanza totale nei confronti dell’altro e di premura per la sua sorte. Questo sentimento evoca universalmente l’idea dell’amore materno... Non una sorta di pietismo patetico e inconsistente. Entra in gioco semmai una capacità di sentire gli altri, di sentire come loro, anzi, di sentire sé stessi insieme a loro”. (Roberto Mancini, Dalla disperazione alla misericordia)Èquesto il sentimento che traspare in modo sorprendente e illuminante nella parabola del Padre buono e della pecorella smarrita...

  L'EDITORIALE di Mario De Maio

IL RACCONTO DEI POVERI
l’impegno di amare l’uomo come Cristo
di Arturo Paoli

Questo articolo di fratel Arturo Paoli prosegue il cammino con lui intrapreso lungo le strade latinoamericane. Fu pubblicato sul mensile dei missionari comboniani Nigrizia nel mese di luglio del 1982, quando l’Italia era inebriata dalla vittoria del campionato mondiale di calcio in Spagna. Così come il mondo dello sport si accinge a celebrare nuovamente il campionato, questa volta in Brasile, così il “racconto dei poveri” che fratel Arturo faceva allora trova oggi infelici corrispondenze. 

Il tempo minaccia di far rientrare nella monotonia del quotidiano le aggressioni selvagge all’uomo che si compiono in tutta l’America Latina, il cui epicentro è ora nell’America centrale. Tutti coloro che occupano dei posti di potere partecipano della comune insensibilità per la persona nonostante tutte le declamazioni sulla grandezza, l’inviolabilità della stessa. Nell’imminenza di un naufragio si gettano a mare anche le cose più preziose pur di salvare la vita, e in questo momento le cose preziose sono le persone. Quelli che hanno un impegno di fede si rifugiano nell’astratto, nell’anonimo, e li soccorre una lunga tradizione cristiana: nell’area cristiana è possibile parlare di uomo, di giustizia, di libertà, di uguaglianza come di idee platoniche verissime in cielo, irriconoscibili in terra, nascoste nel polverio che solleva la storia.
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Hitler e Stalin hanno certamente superato i limiti raggiunti dai governi sudamericani, ma Hitler e Stalin non credevano in Cristo, irridevano la pietà, pensavano che il vangelo era la grande alienazione umana. Ma chi dichiara di credere al vangelo deve accettare le tremende conseguenze che sorgono sull’impegno di amare l’uomo come Cristo, perché “tutto quello che avete fatto all’ultimo dei miei fratelli lo avete fatto a me”. Nonostante tutte le affermazioni pietistiche, le sacralizzazioni delle imprese politiche e militari di un governo che afferma di credere nella protezione divina, Dio non può dimenticare queste persone che sono “ossa e carne” del suo Figlio, il Cristo Gesù, non può essere sordo al gemito rinchiuso in migliaia di focolari e in migliaia di cuori. Dio non sarebbe più Dio. Il mondo cattolico e credente pare essersi piegato, coscientemente o incoscientemente, al piano dei detentori del potere di formare una cappa religiosa per ricoprire, con il fragore di canti e di manifestazioni imponenti di fede, l’ingiustizia di cui si è macchiato il governo militare. Le ore dure e difficili che sta vivendo ora l’Argentina indurranno certamente il popolo a svegliarsi e ad esigere più chiarezza, più lealtà e a partecipare con più responsabilità all’elaborazione di progetti che lo chiamano ad assumere conseguenze che possono anche essere dolorosissime. Così per l’amore immenso che porto a questo paese, chiedo a dio che in mezzo al miserabile conformismo cattolico si levino voci profetiche che esigano, da quelli che si proclamano cristiani, di cominciare ad essere cristiani. È urgente che nel silenzio e nella povertà dell’orazione “a porte chiuse e nella propria camera”, dei veri cristiani riscoprano il vero Volto del vero Dio vivente, protettore dei poveri.
Caracas (Venezuela) Luglio 1982
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NAPOLI, RIONE SANITÀ
di padre Alex Zanotelli 

Nei pressi della chiesa e del campanile dove abito incontro tanta gente. Sono importanti le conversazioni con queste persone e sono importanti i loro volti. E proprio entrando e uscendo dai locali in cui vivo trovo sempre qualcuno seduto sul gradino d’ingresso, e spesso devo chiedere permesso per poter passare. Così scambiamo qualche parola, ci conosciamo. E questo è bello. Poi sono tanti quelli che bussano alla porta, che peraltro è sempre aperta, o che chiamano dalla strada. Ci sono i giorni i cui c’è una sorta di processione di gente dei quartiere.
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E va ricordato che a dare una mano concreta c’è tutta una rete di aiuto nel rione Sanità. Tutta un’umanità che bisogna ascoltare, confortare, accompagnare. Credo che missione sia camminare con le persone, portare i loro pesi. Mi sento profondamente in missione in questo quartiere. 
da Nigrizia, maggio 2014

  IL RACCONTO DEI POVERI l’impegno di amare l’uomo come Cristo - NAPOLI, RIONE SANITÀ

Vinci il male con il bene:
non vuol dire eliminare il male,
ma riprendere sempre il cammino
in modo che prevalga il bene.
don Carlo Molari



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Una buona notizia tanto attesa... 
L'avvocato di Meriam: «È già libera»
Libera, finalmente. Il tribunale sudanese ha ordinato il rilascio di Meriam Yahya Ibrahim. Lo riferisce l'agenzia di stampa di Stato sudanese Suna... Secondo uno degli avvocati della donna, Meriam sarebbe già "fuori dal carcere" e domani, martedì, i giudici sudanesi comunicheranno le motivazioni della scarcerazione.

  Il tribunale ordina: liberate Meriam

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MERIAM È LIBERA!



Finalmente libera. «L’hanno rilasciata e ora sta tornando a casa», conferma Elshareef Ali, l’avvocato di Meriam Yahia Ibrahim Ishag, la giovane mamma cristiana condannata a morte in Sudan per apostasia e adulterio. La pena capitale è stata annullata lunedì dalla Corte d’appello, ha riferito l’agenzia di stampa di Stato sudanese Suna. «Siamo molto felici e ora stiamo andando da lei», ha aggiunto il legale. La storia di Meriam aveva commosso e indignato il mondo. 
La donna, 27 anni, a febbraio era stata messa in prigione nonostante fosse incinta e avesse con sé un bimbo di 20 mesi. Il 15 maggio la Corte di Karthoum poi la condanna a morte per apostasia da parte di una corte locale. Il 27 maggio la giovane donna aveva partorito in cella la figlia Maya. 
Qualche giorno fa, infine, la Commissione nazionale per i Diritti umani del Sudan aveva definito la condanna a morte di Meriam una sentenza in contrasto con la Costituzione, che prevede la libertà di culto. In precedenza Meriam era stata liberata dalle catene per ordine dei medici. 
Im questi mesi, comunque, il mondo intero si è mobilitato per Meriam. 
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  MERIAM È LIBERA

Leggi i nostri post precedenti:
  • Meriam Yehya Ibrahim: "Ciò che sappiamo" di Marco Tarquinio - "Meriam, martire cristiana" di Enzo Bianchi
  • Meriam deve vivere: l'Italia si mobilita - Al Colosseo, ebrei cristiani e musulmani insieme per dare speranza a chi soffre per la sua fede.


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Meriam sarà rilasciata a breve, era stata fermata per dei controlli sui documenti... almeno questo è quello che ci auguriamo!!!
Meriam Yahia Ibrahim Ishag, la giovane cristiana sudanese condannata per apostasia e liberata ieri, insieme al marito Daniel, ai figli e allo stesso legale sono stati fermati all'aeroporto di Khartoum dai servizi segreti sudanesi...

Purtroppo si susseguono notizie contrastanti...

  Giallo su Meriam, di nuovo fermata

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Sembra essere al sicuro, almeno al momento, Meriam Ibrahim, la 27enne cristiana prima condannata a morte a Khartum per apostasia e adulterio, poi assolta da una Corte d’appello e quindi di nuovo fermata. La ragazza si è rifugiata nell’ambasciata Usa di Khartum. Lo ha fatto sapere, nella tarda serata di ieri, l’avvocato Muhanad Mustafa, uno dei legali della donna: «Meriam si trova all’ambasciata Usa in questo momento», ha detto l’avvocato, poco dopo la seconda scarcerazione della donna.

  Paolo M. Alfieri:   Meriam è libera, il video del rilascio (testo+video)

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Anche a Messina chiese aperte ai profughi...

  MESSINA APRE LE CHIESE AI PROFUGHI: ACCOGLIENZA NON SECURITARIA, IL VESCOVO LA PIANA DICE SI’ AD ACCORINTI



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Come dare fiato e gambe alle indicazioni suggerite da papa Francesco? Come tradurre nel concreto delle nostre parrocchie la pastorale «dell'ospedale da campo» proposta dal Pontefice.

  Lorenzo Montanaro:   COSÌ LA CHIESA DIVENTA "OSPEDALE DA CAMPO"


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LE SFIDE PASTORALI  SULLA FAMIGLIA NEL CONTESTO  DELL’EVANGELIZZAZIONE  INSTRUMENTUM LABORIS


Presentato l’«Instrumentum laboris» dell’assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia - Una realtà universalmente riconosciuta


Il Vangelo della famiglia; le situazioni familiari difficili; l’educazione alla fede e alla vita dell’intero nucleo familiare. Sono questi i tre ambiti nei quali si sviluppa l’Instrumentum laboris per l’assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, che si riunirà dal 5 al 19 ottobre di quest’anno per riflettere sul tema «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto generale dell’evangelizzazione». Il contenuto del documento è stato presentato giovedì 26 giugno, nella Sala Stampa della Santa Sede.


La prima parte del testo tratta del disegno di Dio, della conoscenza biblica e magisteriale e della loro ricezione, della legge naturale e della vocazione della persona in Cristo. Il riscontro della scarsa conoscenza dell’insegnamento della Chiesa domanda agli operatori pastorali una maggiore preparazione e l’impegno a favorirne la comprensione da parte dei fedeli, che vivono in contesti culturali e sociali diversi.


La seconda parte, che affronta le sfide pastorali inerenti alla famiglia, considera in maniera particolare le situazioni pastorali difficili, che riguardano le convivenze e le unioni di fatto, i separati, i divorziati, i divorziati risposati e i loro eventuali figli, le ragazze madri, coloro che si trovano in condizione di irregolarità canonica e quelli che richiedono il matrimonio senza essere credenti o praticanti. Nel documento si sottolinea l’urgenza di permettere alle persone ferite di guarire e di riconciliarsi, ritrovando nuova fiducia e serenità. Di conseguenza, è invocata una pastorale capace di offrire la misericordia che Dio concede a tutti senza misura. Si tratta dunque di «proporre, non imporre; accompagnare, non spingere; invitare, non espellere; inquietare, mai disilludere».


La terza parte presenta dapprima le tematiche relative all’apertura alla vita, quali la conoscenza e le difficoltà nella ricezione del magistero, i suggerimenti pastorali, la prassi sacramentale e la promozione di una mentalità accogliente.


Nel documento si denuncia poi la scarsa conoscenza dell’enciclica Humanae vitae. Nella stragrande maggioranza delle risposte vengono messe in risalto le difficoltà che si incontrano sul tema degli affetti, della generazione della vita, della reciprocità tra l’uomo e la donna, della paternità e maternità responsabili. Quanto alla responsabilità educativa dei genitori, dal documento emerge la difficoltà nel trasmettere la fede ai figli e nel dar loro un’educazione cristiana soprattutto in situazioni familiari difficili, i cui riflessi sui figli si estendono anche alla sfera della fede.


Il documento sarà ora oggetto di studio e di valutazione da parte delle conferenze episcopali e confrontato con le diverse realtà locali in modo da evidenziare i punti focali sui quali avanzare proposte pastorali da discutere e approfondire durante i lavori dell’assemblea straordinaria e poi in quella ordinaria che si svolgerà dal 4 al 25 ottobre del 2015 e che avrà come tema «Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione della famiglia».

(fonte: L'Osservatore Romano)

  il testo integrale dell'Lnstrumentum laboris


Presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la conferenza stampa di presentazione dell'Instrumentum laboris della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi (5-19 ottobre 2014), sul tema: "Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell'evangelizzazione". Alla conferenza stampa sono intervenuti il Cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi; il Cardinale Péter Erdö, Arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria), Relatore Generale della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi; il Cardinale André Vingt-Trois, Arcivescovo di Paris (Francia), Presidente Delegato; l'Arcivescovo Bruno Forte, di Chieti-Vasto (Italia), Segretario Speciale e i coniugi Professor Francesco Miano e Professoressa Pina De Simone, con una loro testimonianza.

  Conferenza Stampa di presentazione dell’Instrumentum laboris della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi

  • Intervento del Cardinale Lorenzo Baldisseri
  • Intervento del Cardinale Péter Erdő
  • Intervento di S.E. Mons. Bruno Forte

  video


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L’impianto complessivo, pur privo dei toni definitivi di altri documenti vaticani emanati durante i pontificati di Wojtyla e Ratzinger, ribadisce la visione tradizionale della famiglia cattolica: fondata sul matrimonio fra uomo e donna e aperta alla procreazione. Ma all’interno di questo quadro che ovviamente non poteva essere smentito, si notano aperture e sforzi di comprensione delle nuove situazioni. Insomma è la fotografia di una società che cambia a causa della secolarizzazione ma anche, con connotazioni fortemente negative, del trionfo del pensiero unico individualista e della «teoria del gender», più volte richiamata nel documento.

  Luca Kocci:   I vescovi: «Siamo lontani dalla gente»

Pubblicato l’Instrumentum laboris per il doppio sinodo sulla famiglia 2014-2015. “No moralismo”. Ipotesi comunione ai risposati. La denuncia di femminicidio e pedofilia

  Iacopo Scaramuzzi:   Sinodo dei vescovi: misericordia con divorziati, gay, ragazze madri

«La prima impressione? Un respiro ampio. Si avverte con chiarezza l’attenzione di tutte le Chiesa locali e dell’intera famiglia umana sul tema della famiglia». Tommaso Cioncolini con la moglie Giulia, della diocesi di Jesi, è un collaboratore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia.

  Umberto Folena:   Tommaso e Giulia Cioncolini: un testo attento alle sfide del tempo


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 FRANCESCO
 


    Angelus/Regina Cæli - Angelus, 22 giugno 2014

    Udienza - La Chiesa - 2. L'appartenenza al popolo di Dio (25 giugno 2014)

    Omelia - Santa Messa nella Piana di Sibari (21 giugno 2014)

    Omelia - preparata da Papa Francesco per la visita al Policlinico Gemelli e letta dal Cardinale Angelo Scola nella Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù (27 giugno 2014)

    Discorso - Incontro con i sacerdoti diocesani nella Cattedrale (Cassano all'Jonio, 21 giugno 2014)

    Discorso - Visita alla Casa Circondariale di Castrovillari (Cosenza, 21 giugno 2014)

    Discorso - Ai partecipanti all'Assemblea della "Riunione delle Opere per l'Aiuto alle Chiese Orientali" (R.O.A.C.O.) (26 giugno 2014)

   
Discorso - Ai giovani Astronomi che partecipano alla Scuola della Specola Vaticana (26 giugno 2014)


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23 /06/2014:

Preghiamo per le comunità cristiane del Medio Oriente...

24/06/2014:

  Quanto vorrei vedere tutti...


26/06/2014:

  La famiglia è un elemento...


27/06/2014:

  Davanti alle difficoltà della vita...


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Visita del Papa a Cassano all’Jonio, ancora una periferia che assomma in sé luci e ombre


Dalle periferie alla prima fila. I poveri, gli ammalati, gli ultimi in generale. Saranno loro i principali protagonisti della visita del Papa a Cassano all’Jonio, la quarta in Italia dopo Lampedusa, Cagliari e Assisi. Una visita che il vescovo della diocesi ospitante e segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, definisce «non un modello, ma una modalità»...

  Galantino: con il Papa gli ultimi «in prima fila»

Arriva il Papa nel cuore dell’inferno. Nella Calabria del coraggio e dell’ignavia, dove la Chiesa si mostra con due facce: quella oscura e ambigua della collusione mafiosa e quella aperta e sorridente della carità e dell’impegno quotidiano, faticoso e rischioso contro la ‘ndrangheta. Papa Francesco non ha scelto Reggio con la sua Cattedrale, né le Chiese maestose di altri centri della regione, ma Cassano allo Ionio, la diocesi più piccola del territorio, 47 parrocchie e 60 sacerdoti. Ha scelto di affondare le mani nel terrore e nella bestialità che qui si manifestarono la mattina del 20 gennaio. Una Fiat Punto bruciata e tre corpi carbonizzati, un uomo, la sua donna e Cocò, un bambino di tre anni. Vittima innocente di un regolamento di conti, di una faida, di una lotta di potere per il controllo del territorio. Cocò sarà il simbolo, il punto dal quale il Papa “raccoglitore di lacrime”, come lo definisce il gesuita Giovanni Ladiana, vuole ripartire insieme alla Chiesa calabrese...

  video

  ‘Ndrangheta, Papa Francesco nell’inferno dei boss dove fu ucciso il piccolo Cocò

Il Papa viene a trovarci in un territorio che non è estraneo a un certo tipo di violenza, ma la malavita “non è un appannaggio calabrese”, perché esiste una “globalizzazione del male”. Lo afferma il vescovo di Cassano all’Jonio, mons. Nunzio Galantino, che presenta i motivi della visita di Papa Francesco in Calabria...

  Mons. Galantino: Calabria non è uguale 'ndrangheta, ci sono forze sane



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VISITA PASTORALE A CASSANO ALL'JONIO (21 giugno 2014) - cronaca, testi, foto e video - prima parte


L'elicottero con Papa Francesco è atterrato alle 9 nell'area antistante il carcere di Castrovillari, centro in provincia di Cosenza, prima tappa della sua visita in Calabria. 
Imponente il servizio d’ordine, con decine di poliziotti, carabinieri e finanzieri schierati.
Il pontefice è stato accolto con un lungo applauso da centinaia di persone in attesa già dalle prime ore del mattino ed ha subito scherzato con i due bambini che gli hanno offerto dei fiori di benvenuto. 
"Sono emozionato e felice", ha detto mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio e segretario Cei. 
Successivamente ha attraversato due ali di folla ed a piedi ha raggiunto il carcere dove lo attendeva un gruppo di disabili.
Il Pontefice ha salutato singolarmente i componenti del gruppo e poi è entrato nell’istituto, accolto dal direttore Fedele Rizzo. 
Papa Francesco ha incontrato prima i dipendenti del penitenziario ed i loro familiari, e subito dopo i detenuti.
Nel carcere di Castrovillari è detenuto anche Nicola Campolongo, il padre di Cocò, il bambino di tre anni ucciso e bruciato a Cassano allo Jonio insieme al nonno ed alla sua compagna. E Papa Francesco li ha incontrati il padre e le due nonne di Cocò Campolongo. Francesco, riferisce il vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Ciro Benedettini, ha espresso vicinanza alla mamma del bimbo ucciso sperando che episodi del genere non si ripetano più. «Mai più vittime della ‘ndrangheta». Francesco ha aggiunto che «non deve mai succedere una cosa del genere nella società» e che ha «pregato molto e sta pregando per Cocò e per tutti i bambini vittima di questa sofferenza».
"I familiari del bambino - ha detto mons. Nunzio Galantino - hanno pianto incontrando il Papa. E' stato un momento davvero commovente".
"Pregate per me perché anch'io faccio i miei sbagli e devo fare penitenza". E' quanto ha detto Papa Francesco ai detenuti del carcere di Castrovillari. "Dio non ci condanna, mai fa questo con noi, Dio quando ci perdona ci accompagna e ci aiuta nella strada, sempre", ha detto ancora al Papa ai reclusi nella Casa Circondariale di Castrovillari.

  il testo integrale del discorso ai detenuti, al personale penitenziario ed alle loro famiglie nella casa circondariale di Castrovillari

  video

Dopo Castrovillari il Pontefice si è spostato a Cassano allo Jonio, dove è arrivato intorno alle 10.45 (con 40 minuti di anticipo), giunto in elicottero al campo sportivo, viene accolto dal sindaco Gianni Papasso. Ha salutato migliaia di bambini che lo aspettavano sugli spalti. ‘Papa Francesco uno di noi’, è stato il coro festante con cui i più piccoli hanno accolto il Pontefice. 
Dagli spalti, accanto alle bandiere bianche e gialle, è stata sventolata una bandiera dell’Argentina. Il Papa l’ha vista e l’ha indicata in segno di approvazione. Quindi è salito sulla Papa mobile e si è diretto verso l’hospice ‘San Giuseppe Moscati’, dove si trovano i malati terminali.
Francesco si è intrattenuto più di 40 minuti nell’hospice di Cassano allo Jonio, che ospita un centro di cure palliative e di terapia del dolore. All’interno della struttura sanitaria, dopo avere salutato il responsabile, Francesco Nigro Imperiale, è entrato in ogni stanza, dove si è intrattenuto con i malati ed i loro familiari dicendosi vicino alla loro sofferenza. 
"Il Santo Padre - racconta la signora Maria Rosaria, 49 anni, visibilmente emozionata - mi ha preso con entrambe le mani la testa. Non sono riuscita a trattenere le lacrime. E' stato un momento indimenticabile. Mi sento una privilegiata".
."Nelle stanze è stato veramente commovente. Il Papa si avvicinava agli ammalati stringendo loro la mano e dando carezze. E' stata veramente un'atmosfera toccante, emozionante. Non nego di essermi commosso", ha detto il responsabile della struttura, che insieme al vescovo Galantino ha accompagnato il Pontefice nella visita. "In una stanza - ha aggiunto Nigro Imperiale - un degente ha consegnato uno zucchetto al Papa e Francesco, dopo essersi reso conto che lo zucchetto datogli era della sua misura, ci ha consegnato lo zucchetto che in quel momento aveva in testa, sostituendolo con quello ricevuto in dono. Poi, una volta finita la visita nelle stanze degli ammalati, si è intrattenuto con tutto il personale della struttura sanitaria, medici, paramedici e amministrativi".
L'hospice ha fatto dono al Papa di un quadro raffigurante la struttura sanitaria, l'immagine di san Giuseppe Moscati, a cui è dedicata, e ai quattro angoli del quadro ci sono quattro mani che cercano aiuto. Il quadro portava questa dedica: "A sua Santità papa Francesco, per la sua instancabile preghiera per i sofferenti, gli umili e gli indifesi". "Il Papa - evidenzia Nigro Imperiale - è stato favorevolmente colpito sia dalla struttura dell'hospice e sia soprattutto per l'accoglienza umana che viene riservata ai malati e ai loro familiari, cosa peraltro confermata da sua mons. Nunzio Galantino, che ha sottolineato come nell'hospice cassanese si dà molta importanza anche all'accoglienza dei familiari dei degenti".
Piccolo imprevisto per Papa Francesco durante la visita all'hospice. Il primario del centro di cure palliative, Francesco Nigro Imperiale, su espressa richiesta del Santo Padre gli ha rimosso con una pinzetta un piccolo frammento di legno che gli si era conficcato nel dito medio della mano sinistra. "Un'emozione forte avere tra le mie mani la mano sinistra del Papa", ha detto il medico. "Non era niente di preoccupante - ha aggiunto - ed alla fine abbiamo messo un cerotto".
Subito dopo, nella cattedrale di Cassano Jonio Francesco ha incontrato i sacerdoti e ha parlato come un fratello. Il "lavoro con le famiglie e per la famiglia" è ciò a cui il Papa incoraggia i parroci. E’ "un lavoro che il Signore ci chiede di fare in particolare in questo tempo, che è un tempo difficile sia per la famiglia come istituzione, sia per le famiglie, a causa della crisi".
Nel discorso in Cattedrale il Pontefice ha richiamato "la gioia di essere preti e la bellezza della fraternità". 
Poi ha chiesto: "Stiamo lavorando come buoni operai o siamo diventati un po' degli impiegati? Siamo dei canali aperti, generosi, attraverso cui scorre abbondante l'amore di Dio o invece mettiamo al centro noi stessi, e così al posto di essere canali diventiamo schermi che non aiutano l'incontro con il Signore, con la luce e la forza del Vangelo?".
Il Papa ha risposto anche ad alcune domande dei sacerdoti.

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  il testo del discorso preparato dal Santo Padre e consegnato durante l'incontro con il clero

Dopo l'incontro in cattedrale, il Papa ha pranzato in seminario con alcuni ospiti della Caritas e della comunità terapeutica Saman, fondata da Mauro Rostagno. «Forte è colui che una volta caduto riesce a rialzarsi», ha detto loro Bergoglio. Il Pontefice si è avvicinato ai tavoli e ha salutato e scambiato una parola con tutti. I commensali si sono detti «emozionati e particolarmente toccati dall'esperienza vissuta». 
Prima di pranzare il Pontefice ha salutato, davanti al seminario, il bagno di folla festante che da ore lo attendeva. Due gli striscioni più significativi inneggianti: “Papa Francesco sei la nostra speranza, ti vogliamo bene” e “Papa Francesco sei un esempio per tutti noi”.
Appena giunto nel refettorio del seminario Papa Bergoglio ha stretto la mano a tutti i presenti.
“Paragono la gioia di questa giornata a quella provata quando è nata mia figlia”, ci ha detto Fiammetta De Salvo, una dei responsabili della comunità “Saman”.
“Il Papa sembrava uno di noi. Un uomo semplice, umile. Dopo averci dato la benedizione, abbiamo iniziato a mangiare e Sua Santità è stato molto gioviale”, continua Fiammetta.
E’ stato un pranzo semplice, ricco di tipicità calabresi: salumi e formaggi come antipasto, maccheroncini con sugo di salsiccia, un arrosto, polpettone di vitello con contorno di verdure, patate al forno e per finire una macedonia di frutta fresca.
Dopo il pranzo il Papa ha riposato un po' prima di raggiungere Sibari per la Messa.

  video


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VISITA PASTORALE A CASSANO ALL'JONIO (21 giugno 2014) - cronaca, testi, foto e video - seconda parte


Grandissima emozione per una famiglia calabrese che ieri ha avuto in casa un ospite davvero eccezionale: Papa Francesco. Ne dà notizia su Facebook Ivan Vania che ha tappezzato l'esterno della sua abitazione con striscioni e scritte: "Francesco Fermati! Qui c'è un angelo che ti aspetta!".
Ad avere l'idea è stata Pamela Mauro, sorella di Roberta, una ragazza 21enne disabile dalla nascita che vive a Sibari, proprio sulla strada che il corteo papale doveva percorrere per raggiungere l'area dell'incontro del Santo Pontefice con la comunità calabrese.
«Ho cercato di attirare l'attenzione del Papa con questi carteloni - racconta Pamela - ma ero quasi sicura che non potesse fermarsi. Poi però, visto com'è il nostro Papa, ho voluto provarci lo stesso... e ancora non ci crediamo. Siamo emozionatissimi».
Papa Francesco, che viaggiava a bordo di una normalissima auto, una Ford Focus, ha fatto cenno all'autista di accostare ed è sceso dall'auto: «Appena ha visto i cartelli si è fermato - racconta ancora Pamela - è sceso, ci ha sorriso, ha baciato e benedetto mia sorella Roberta poi è risalito in auto. Un'emozione grande, grandissima. Grazie Francesco».
  video

Papa Francesco raggiunge quindi la spianata di Sibari, dove ad attenderlo per la celebrazione della Santa Messa ci sono oltre duecentocinquantamila persone. 
 
Papa Francesco, però, durante il tragitto verso Marina di Sibari – secondo quanto riportato dalle agenzie – si ferma prima in preghiera davanti alla parrocchia dove il 3 marzo scorso è stato assassinato padre Lazzaro Longobardi. 
Una vera marea umana di persone ha aspettato sotto al sole cocente papa Francesco a Sibari, dove c'è l'ultimo atto dell'intensa giornata calabrese. 
Concelebrano con il Papa i Vescovi della Calabria e 270 sacerdoti.
Nel corso della Messa, mons. Nunzio Galantino, Vescovo di Cassano e Segretario Generale della Cei, saluta il Pontefice ringraziandolo per aver guardato con attenzione a questa piccola ma bella parte di Chiesa.
Grazie per il dono della sua presenza, – prosegue mons. Galantino – in un territorio che ha visto tanti uomini e donne spendersi per rendere credibile la Chiesa e vivibile il territorio. Grande è, però, anche la fatica che molti fanno in questa parte di Chiesa; in questo – dichiara con vibrante schiettezza Galantino – ci si mette la malavita organizzata, che rallenta i processi di crescita. “La‘ndrangheta non si nutre solo di soldi e di malaffare ma anche di coscienze addormentate e conniventi. Lei qui, Santo Padre, trova la Chiesa calabrese disposta a risvegliare queste coscienze, ma trova anche una Chiesa che a volte rallenta il suo passo. La Sua presenza ci aiuterà a recuperare l’uno e l’altro aspetto”.
Papa Francesco celebra la Messa prefestiva della solennità del Corpus Domini, ed è a partire da questa festa – in cui la Chiesa loda il Signore per il dono dell’Eucaristia – che il Pontefice offre alcuni spunti di riflessione.
Non era mai accaduto che un Papa dicesse pubblicamente, senza giri di parole, che «i mafiosi sono scomunicati». Papa Francesco l'ha fatto dal pulpito, in una terra di mafia. 

  video dell'omelia

  il testo integrale dell'omelia

  video integrale della Celebrazione nella Piana di Sibari

Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre raggiunge l’eliporto di Marina di Sibari da cui parte per rientrare a Roma.


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Angelus del 22 giugno 2014 - Testo e video



 22 giugno 2014 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In Italia e in molti altri Paesi si celebra in questa domenica la festa del Corpo e Sangue di Cristo – si usa spesso il nome latino: Corpus Domini o Corpus Christi. La Comunità ecclesiale si raccoglie attorno all’Eucaristia per adorare il tesoro più prezioso che Gesù le ha lasciato.

Il Vangelo di Giovanni presenta il discorso sul “pane di vita”, tenuto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao, nel quale afferma: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51). Gesù sottolinea che non è venuto in questo mondo per dare qualcosa, ma per dare se stesso, la sua vita, come nutrimento per quanti hanno fede in Lui. Questa nostra comunione con il Signore impegna noi, suoi discepoli, ad imitarlo, facendo della nostra esistenza, con i nostri atteggiamenti, un pane spezzato per gli altri, come il Maestro ha spezzato il pane che è realmente la sua carne. Per noi, invece, sono i comportamenti generosi verso il prossimo che dimostrano l’atteggiamento di spezzare la vita per gli altri.
...
Gesù, Pane di vita eterna, è disceso dal cielo e si è fatto carne grazie alla fede di Maria Santissima. Dopo averlo portato in sé con ineffabile amore, Ella lo ha seguito fedelmente fino alla croce e alla risurrezione. Chiediamo alla Madonna di aiutarci a riscoprire la bellezza dell’Eucaristia, a farne il centro della nostra vita, specialmente nella Messa domenicale e nell’adorazione.

Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,
il 26 giugno prossimo ricorrerà la Giornata delle Nazioni Unite per le vittime della tortura. In questa circostanza ribadisco la ferma condanna di ogni forma di tortura e invito i cristiani ad impegnarsi per collaborare alla sua abolizione e sostenere le vittime e i loro familiari. Torturare le persone è un peccato mortale! Un peccato molto grave!

Rivolgo il mio saluto a tutti voi, romani e pellegrini!
...
Auguro a tutti una buona domenica e un buon pranzo. Pregate per me! Pregate per me e arrivederci!

  il testo integrale dell'Angelus

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Papa Francesco: No ad ogni tipo di droga, ma sì alla vita, sì all'amore, sì agli altri, sì all'educazione, sì allo sport, sì al lavoro, sì a più opportunità di lavoro


20 giugno 2014
Papa Francesco: no alle droghe, sì a far fruttare i talenti di ognuno

  video

Discorso di Papa Francesco ai partecipanti alla 31ma edizione dell'International Drug Enforcement Conference

Illustri Signori,
sono lieto di incontrarvi al termine della International Drug Enforcement Conference. Vi ringrazio della vostra visita e vi esprimo il mio apprezzamento per l’opera che svolgete affrontando un problema tanto grave e complesso del nostro tempo. Vi auguro che queste giornate romane segnino una tappa proficua nel vostro impegno. In particolare, auspico che possiate raggiungere gli obiettivi che vi siete posti: coordinare le politiche antidroga, condividere le relative informazioni e sviluppare una strategia operativa tesa al contrasto del narcotraffico. Forse nel narcotraffico le azioni sono quelle che rendono più soldi nel mercato. E questo è tragico.
Il flagello della droga continua ad imperversare in forme e dimensioni impressionanti, alimentato da un mercato turpe, che scavalca confini nazionali e continentali. In tal modo continua a crescere il pericolo per i giovani e gli adolescenti. Di fronte a tale fenomeno, sento il bisogno di manifestare il mio dolore e la mia preoccupazione.
Vorrei dire con molta chiarezza: la droga non si vince con la droga! La droga è un male, e con il male non ci possono essere cedimenti o compromessi. Pensare di poter ridurre il danno, consentendo l’uso di psicofarmaci a quelle persone che continuano ad usare droga, non risolve affatto il problema. Le legalizzazioni delle cosiddette “droghe leggere”, anche parziali, oltre ad essere quanto meno discutibili sul piano legislativo, non producono gli effetti che si erano prefisse. Le droghe sostitutive, poi, non sono una terapia sufficiente, ma un modo velato di arrendersi al fenomeno. Intendo ribadire quanto già detto in altra occasione: no ad ogni tipo di droga. Semplicemente. 
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(cfr Udienza generale, 7 maggio 2014). Ma per dire questo no, bisogna dire sì alla vita, sì all’amore, sì agli altri, sì all’educazione, sì allo sport, sì al lavoro, sì a più opportunità di lavoro. Un giovane che non ha lavoro, pensiamoci. Credo che la cifra sia 75 milioni, in Europa. Credo, non sono sicuro, non voglio dire una cosa che non c’è. Ma pensiamo ad un giovane: né, né. Né studia né lavora. Entra in questa mancanza di orizzonte, di speranza, e la prima offerta sono le dipendenze, tra le quali la droga. Questo... Le opportunità di lavoro, l’educazione, lo sport, la vita sana: questa è la strada della prevenzione della droga. Se si realizzano questi “sì”, non c’è posto per la droga, non c’è posto per l’abuso di alcol e per le altre dipendenze.
La Chiesa, fedele al mandato di Gesù di andare dovunque c’è un essere umano sofferente, assetato, affamato, in carcere (cfr Mt25,31-46), non ha abbandonato quanti sono caduti nella spirale della droga, ma con il suo amore creativo è andata loro incontro. Li ha presi per mano, attraverso l’opera di tanti operatori e volontari, perché potessero riscoprire la propria dignità, aiutandoli a far resuscitare quelle risorse, quei talenti personali che la droga aveva sepolto, ma che non poteva cancellare, dal momento che ogni uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1,26). Ma questo lavoro di recupero è molto limitato, non è sufficiente. Bisogna lavorare sulla prevenzione. Questo farà molto bene.
L’esempio di tanti giovani che, desiderosi di sottrarsi alla dipendenza dalla droga, si impegnano a ricostruire la loro vita, è uno stimolo a guardare in avanti con fiducia.
Illustri Signori, vi incoraggio a proseguire il vostro lavoro con sempre grande speranza. Vi auguro il meglio e di cuore vi benedico. Grazie.

"No ad ogni tipo di droga"

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 Al termine dell'udienza ai partecipanti alla International Drug Enforcement Conference, ieri (20/06/2014) in Vaticano, Michele M. Leonhart, a capo della Drug Enforcement Administration (Dea), l'agenzia federale antidroga statunitense, ha consegnato al Papa una targa, un distintivo e un attestato con la qualifica di "agente speciale onorario" conferita a Papa Francesco. Lo si legge sull'Osservatore Romano. A presentare l'evento al Papa è stato il direttore centrale per i servizi antidroga del ministero dell'Interno italiano, Andrea De Gennaro, generale della Guardia di Finanza.


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Papa Francesco UDIENZA GENERALE 25 giugno 2014 - foto, testo e video



 Piazza San Pietro 
 25 giugno 2014 

L’udienza generale di stamattina in Piazza S. Pietro, davanti a oltre 30 mila fedeli, è l'ultima prima della pausa estiva del mese di luglio. 
Il Papa l’ha iniziata salutando, come di consueto da qualche settimana, le persone ammalate o disabili radunate in Aula Paolo VI al riparo dal caldo e, oggi in particolare, dalla pioggia che bagna Roma.
Un incontro, come sempre partecipato, nel corso del quale Francesco si è intrattenuto a lungo con le persone malate, molte delle quali in carrozzella, salutandole personalmente e intrattenendosi con ciascuno, tante foto, abbracci e non è mancato nemmeno lo scambio dello zucchetto...

  video

Uscendo dall'aula Paolo VI  il Santo Padre ha continuato a salutare i fedeli radunati in attesa sulla piazza con la consueta affabilità che ormai lo contraddistingue. 
Particolare attenzione come sempre rivolge ai numerosi bambini che gli vengono porti per toccarli, benedirli, accarezzarli.
Un vero piacere vedere l'entusiasmo di tutti giovani, anziani, uomini, donne ragazzi...

  video

La Chiesa: 2. L'appartenenza al popolo di Dio

Cari fratelli e sorelle, buongiorno.

Oggi c’è un altro gruppo di pellegrini collegati con noi nell’Aula Paolo VI, sono i pellegrini ammalati. Perché con questo tempo, fra il caldo e la possibilità di pioggia, era più prudente che loro rimanessero là. Ma loro sono collegati con noi tramite il maxischermo. E così siamo uniti nella stessa udienza. E tutti noi oggi pregheremo specialmente per loro, per le loro malattie. Grazie.
Nella prima catechesi sulla Chiesa, mercoledì scorso, siamo partiti dall’iniziativa di Dio che vuole formare un popolo che porti la sua benedizione a tutti i popoli della terra. Incomincia con Abramo e poi, con tanta pazienza - e Dio ne ha, ne ha tanta! -, prepara questo popolo nell’Antica Alleanza finché, in Gesù Cristo, lo costituisce come segno e strumento dell’unione degli uomini con Dio e tra di loro. Oggi vogliamo soffermarci sull’importanza, per il cristiano, di appartenerea questo popolo. Parleremo sulla appartenenza alla Chiesa.
...

  video della catechesi

  il testo integrale dell'udienza generale

  video integrale



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«Gesù, davanti al Padre, mai accusa! difende! » - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
23 giugno 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
Gesù sempre difende, non dobbiamo mai accusare gli altri

Chi giudica un fratello sbaglia e finirà per essere giudicato allo stesso modo. Dio è “l’unico giudice” e chi è giudicato potrà contare sempre sulla difesa di Gesù, il suo primo difensore, e sullo Spirito Santo. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa del mattino, celebrata in Casa S. Marta

Usurpatore di un posto e di un ruolo che non gli compete e, insieme, anche uno sconfitto, perché finirà vittima della sua stessa mancanza di misericordia. È questo ciò che accade a chi giudica un fratello. Papa Francesco ha appena letto la pagina del Vangelo sulla pagliuzza e la trave nell’occhio ed è subito chiaro nel distinguere: “La persona che giudica – dice – sbaglia, si confonde e diventa sconfitta”, perché “prende il posto di Dio, che è l’unico giudice”. Quell’appellativo, “ipocriti”, che Gesù lancia più volte all’indirizzo dei dottori della legge è in realtà rivolto a chiunque. Anche perché, osserva il Papa, chi giudica lo fa “subito”, mentre “Dio per giudicare si prende tempo”:
“Per questo chi giudica sbaglia, semplicemente perché prende un posto che non è per lui. Ma non solo sbaglia, anche si confonde.
...
“L’unico che giudica è Dio e quelli ai quali Dio dà la potestà di farlo”, soggiunge Papa Francesco, che indica nell’atteggiamento di Gesù l’esempio da imitare, rispetto a chi non si fa scrupoli nel trinciare giudizi sugli altri:
Gesù, davanti al Padre, mai accusa! E’ il contrario: difende! E’ il primo Paraclito. Poi ci invia il secondo, che è lo Spirito. Lui è il difensore: è davanti al Padre per difenderci dalle accuse. E chi è l’accusatore? Nella Bibbia, si chiama “accusatore” il demonio, satana. Gesù giudicherà, sì: alla fine del mondo, ma nel frattempo intercede, difende..
In definitiva, chi giudica – afferma Papa Francesco, “è un imitatore del principe di questo mondo, che va sempre dietro le persone per accusarle davanti al Padre”. Che il Signore, conclude, “ci dia la grazia di imitare Gesù intercessore, difensore, avvocato, nostro e degli altri”. E di “non imitare l’altro, che alla fine ci distruggerà”:
“Se noi vogliamo andare sulla strada di Gesù, più che accusatori dobbiamo essere difensori degli altri davanti al Padre. Io vedo una cosa brutta a un altro, vado a difenderlo? No! Ma stai zitto! Vai a pregare e difendilo davanti al Padre, come fa Gesù. Prega per lui, ma non giudicare! Perché se lo fai, quando tu farai una cosa brutta, sarai giudicato. Ricordiamo questo bene, ci farà bene nella vita di tutti i giorni, quando ci viene la voglia di giudicare gli altri, di sparlare degli altri, che è una forma di giudicare”

Leggi tutto: 

  Il Papa: chi giudica gli altri è un ipocrita, si mette al posto di Dio

  video


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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
24 giugno 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
Preparare, discernere, diminuire: la vocazione del cristiano

Un cristiano non annuncia se stesso, ma il Signore. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, nella solennità della Natività di San Giovanni Battista. Il Papa si è soffermato sulle vocazioni del “più grande tra i profeti”: preparare, discernere, diminuire. 

Preparare la venuta del Signore, discernere chi sia il Signore, diminuire perché il Signore cresca. Papa Francesco ha indicato in questi tre verbi le vocazioni di Giovanni il Battista, modello sempre attuale per un cristiano. Giovanni, ha detto il Papa, preparava la strada a Gesù “senza prendere niente per sé. Era un uomo importante: “la gente lo cercava, lo seguiva perché le parole di Giovanni erano forti”. Le sue parole, ha proseguito, arrivavano “al cuore”.
...
“Tre vocazioni in un uomo: preparare, discernere, lasciare crescere il Signore e diminuire se stesso. Anche è bello pensare la vocazione del cristiano così. Un cristiano non annunzia se stesso, annunzia un altro, prepara il cammino a un altro: al Signore. Un cristiano deve sapere discernere, deve conoscere come discernere la verità da quello che sembra verità e non c’è: uomo di discernimento. E un cristiano dev’essere un uomo che sappia abbassarsi perché il Signore cresca, nel cuore e nell’anima degli altri”. 

  Il Papa: il cristiano sa abbassarsi per annunciare il Signore

 
video


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«Il messaggio che arriva al cuore» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
26 giugno 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
“A me chi piace seguire?”

La gente ha bisogno del «buon pastore» che sa capire e arrivare al cuore. Proprio come Gesù. Ed è lui che dobbiamo seguire da vicino, senza farci influenzare da coloro che «parlano di cose astratte o casistiche morali», da quanti «senza la fede negoziano tutto con i poteri politici ed economici», dai «rivoluzionari» che vogliono intraprendere «guerre cosiddette di liberazione» politica o dai «contemplativi lontani dal popolo».

È proprio da questi quattro atteggiamenti che Papa Francesco ha messo in guardia durante la messa celebrata giovedì 26 giugno, nella cappella della Casa Santa Marta. Anzitutto il Pontefice ha posto in risalto come fosse davvero tanta la gente che seguiva Gesù: «Pensiamo al giorno della moltiplicazione dei pani, ce ne erano più di cinquemila». Era gente che seguiva Gesù da vicino, «per le strade». E lo seguivano, spiega il Vangelo, «perché le parole di Gesù davano stupore al loro cuore: lo stupore di trovare qualcosa di buono, grande». Gesù «infatti insegnava loro come uno che ha autorità, non come i loro scribi». Uno stupore raccontato dal passo evangelico di Matteo proposto dalla liturgia (7, 21-29).
«Il popolo — ha affermato il Pontefice — aveva bisogno di insegnanti, di predicatori, di dottori con autorità». E coloro che «non avevano autorità» parlavano, ma le loro parole non raggiungevano il popolo, «erano lontani dal popolo». Invece la novità era che «Gesù parlava un linguaggio che arrivava al cuore del popolo, era una risposta alle loro domande».
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Dunque, ha riepilogato il Pontefice, «queste erano le voci che arrivavano al popolo». Eppure «nessuna di queste voci aveva la forza di riscaldare il cuore del popolo». Gesù, invece, ci riusciva. E per questo «le folle erano stupite: sentivano Gesù e il cuore era caldo», perché il suo messaggio «arrivava al cuore» ed egli «insegnava come uno che ha autorità». Infatti, ha proseguito, «Gesù si avvicinava al popolo; Gesù guariva il cuore del popolo; Gesù capiva le difficoltà del popolo; Gesù non aveva vergogna di parlare con i peccatori, andava a trovarli; Gesù sentiva gioia, gli faceva piacere andare con il suo popolo». Ed è lui stesso a spiegare «perché», ha precisato il Papa citando le parole del Vangelo di Giovanni: «Io sono il buon pastore. Le pecorelle sentono la mia voce e mi seguono».
È esattamente «per questo che il popolo seguiva Gesù: perché era il buon pastore». Certamente, ha rilevato il vescovo di Roma, «non era né un fariseo casistico moralista; né un sadduceo che faceva gli affari politici con i potenti; né un guerrigliero che cercava la liberazione politica del suo popolo; né un contemplativo del monastero. Era un pastore». Egli, ha aggiunto il Pontefice, «parlava la lingua del suo popolo, si faceva capire, diceva la verità, le cose di Dio: non negoziava mai le cose di Dio. Ma le diceva in tal modo che il popolo amava le cose di Dio. Per questo lo seguiva».
Un altro punto centrale messo in risalto dal Papa è che «Gesù mai si allontana dal popolo e mai si allontana da suo Padre: era uno con il Padre». È così che «aveva questa autorità e per questo il popolo lo seguiva».
Proprio «contemplando Gesù buon pastore» è opportuno, ha proseguito il Pontefice, fare un esame di coscienza: «A me chi piace seguire? Quelli che mi parlano di cose astratte o di casistiche morali? Quelli che si dicono del popolo di Dio, ma non hanno fede e negoziano tutto con i poteri politici ed economici? Quelli che vogliono sempre fare cose strane, cose distruttive, guerre cosiddette di liberazione, ma che alla fine non sono le strade del Signore? O un contemplativo lontano?».
Ecco allora la domanda chiave da porre a stessi: «A me chi piace seguire? Chi m’influenza?». Una domanda, ha concluso Francesco, che deve spingerci a chiedere «a Dio, il Padre, che ci faccia arrivare vicino a Gesù, per seguire Gesù, per essere stupiti di quello che Gesù ci dice».

  Messa a Santa Marta-Quelli che parlano senza autorità

  video



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«La ninna nanna del Signore» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
27 giugno 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
“Per capire l'amore di Dio dobbiamo farci piccoli”

Abbiamo un Dio «innamorato di noi», che ci accarezza teneramente e ci canta la ninna nanna proprio come fa un papà con il suo bambino. Non solo: lui ci cerca per primo, ci aspetta e ci insegna a essere «piccoli», perché «l’amore è più nel dare che nel ricevere» ed è «più nelle opere che nelle parole». È quanto ha ricordato Papa Francesco durante la messa celebrata nella mattina di venerdì 27 giugno — giorno in cui ricorre la festa del Sacro Cuore di Gesù — nella cappella della Casa Santa Marta.

La meditazione del Papa ha preso spunto dalla preghiera colletta recitata durante la liturgia, nella quale, ha detto, «abbiamo ringraziato il Signore perché ci dà la grazia, la gioia di celebrare nel cuore del suo Figlio le grandi opere del suo amore».

E «amore», appunto, è la parola chiave scelta dal vescovo di Roma per esprimere il significato profondo della ricorrenza del Sacro Cuore. Perché, ha fatto notare, «oggi è la festa dell’amore di Dio, di Gesù Cristo: è l’amore di Dio per noi e amore di Dio in noi». Una festa, ha aggiunto, che «noi celebriamo con gioia».

Due, in particolare, sono «i tratti dell’amore» secondo il Pontefice. Il primo è racchiuso nell’affermazione che «l’amore è più nel dare che nel ricevere»; il secondo in quella che «l’amore è più nelle opere che nelle parole».

«Quando diciamo che è più nel dare che nel ricevere — ha spiegato Papa Francesco — è perché l’amore sempre si comunica, sempre comunica, e viene ricevuto dall’amato». E «quando diciamo che è più nelle opere che nelle parole», ha aggiunto, è perché «l’amore sempre dà vita, fa crescere».

Il Pontefice ha quindi tratteggiato le caratteristiche fondamentali dell’amore di Dio verso gli uomini. E ha riproposto così alcuni passi delle letture della liturgia del giorno, che, ha fatto notare, «due volte ci parla dei piccoli». Infatti, nella prima lettura, tratta dal libro del Deuteronomio (7, 6-11), «Mosè spiega perché il popolo è stato eletto e dice: perché siete il più piccolo di tutti i popoli». Poi, nel Vangelo di Matteo (11, 25-30), «Gesù loda il Padre perché ha nascosto le cose divine ai dotti e le ha rivelate ai piccoli».

Dunque, ha affermato il Papa, «per capire l’amore di Dio è necessaria questa piccolezza di cuore». Del resto Gesù lo dice chiaramente: se non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli. Ecco allora la strada giusta: «farsi bambini, farsi piccoli», perché «soltanto in quella piccolezza, in quell’abbassarsi si può ricevere» l’amore di Dio.

Non a caso, ha osservato il vescovo di Roma, è «lo stesso Signore» che, «quando spiega il suo rapporto di amore, cerca di parlare come se parlasse a un bambino». E difatti Dio «lo ricorda al popolo: “Ricordati, io ti ho insegnato a camminare come un papà fa con il suo bambino”». Si tratta proprio di «quel rapporto da papà a bambino». Ma, ha avvertito il Pontefice, «se tu non sei piccolo» quel rapporto non riesce a stabilirsi.

Ed è un rapporto tale che porta «il Signore, innamorato di noi», a usare «pure parole che sembrano una ninna nanna». Nella Scrittura il Signore dice infatti: «Non temere, vermiciattolo di Israele, non temere!». E ci accarezza, appunto, dicendoci: «Io sono con te, io ti prendo la mano».
...
Il Pontefice ha concluso invitando i presenti a pregare il Signore perché dia a ogni cristiano la grazia «di capire, di sentire, di entrare in questo mondo così misterioso, di stupirci e di avere pace con questo amore che si comunica, ci dà la gioia e ci porta nella strada della vita come un bambino» tenuto «per mano».
(fonte: L'Osservatore Romano)

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Assicuriamo a Papa Francesco la nostra preghiera!!!
Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede
Per una improvvisa indisposizione il Santo Padre non si reca oggi pomeriggio al Gemelli per la visita annunciata. Il Cardinale Scola celebrerà la Messa e pronuncerà l’omelia preparata dal Santo Padre.

 
Pregate per me

Il dispiacere per il mancato incontro con il Papa si trasforma in un momento di comunione per la famiglia del Policlinico Gemelli. Nel pomeriggio caldo, in tanti affollano il piazzale degli Istituti Biologici per partecipare alla messa celebrata dal cardinale Angelo Scola. L’arcivescovo di Milano legge l’omelia che Francesco aveva preparato in occasione della visita. E’ l’amore di Dio il cuore del discorso del Papa, un amore declinato in tanti aspetti...

 
Il Papa annulla la visita al Gemelli. L'omelia letta dal card. Scola

"Un affaticamento dovuto alla sua vita intensa e carica di impegni, già altre volte è stata rinviata una visita". In Vaticano spiegano così il forfait di Francesco (invano atteso oggi pomeriggio al Policlinico Gemelli da una folla di fedeli) e stoppano sul nascere le speculazioni sulla salute del Pontefice.

  Santa Sede: "Con la vita che fa il Papa è normale un affaticamento"



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Dalle periferie alla prima fila. I poveri, gli ammalati, gli ultimi in generale. Saranno loro i principali protagonisti della visita del Papa a Cassano all’Jonio, la quarta in Italia dopo Lampedusa, Cagliari e Assisi. Una visita che, a 48 ore dall’arrivo di Francesco in terra calabrese, il vescovo della diocesi ospitante e segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, definisce «non un modello, ma una modalità». 

  Mimmo Muolo:   Galantino: con il Papa gli ultimi «in prima fila»

Il Papa ci regala ogni giorno una parola sulla quale meditare. Per noi preti è un maestro non solo nella dottrina e nella fede, ma anche nella non facile arte della comunicazione. Francesco, come i suoi predecessori, non inventa niente, ma attinge a piene mani al deposito del cristianesimo: scrigno da indagare e da studiare, non da svendere o barattare. 

  Maurizio Patriciello:   Chiesa sempre più unita argine contro le cosche

Non era mai accaduto che un Papa dicesse pubblicamente, senza giri di parole, che «i mafiosi sono scomunicati». Papa Francesco l'ha fatto dal pulpito, in una terra di mafia. Dopo quello alla frontiera di Lampedusa, terra d'approdo di rifugiati e immigrati, dopo quello tra i disoccupati della Sardegna, un nuovo viaggio italiano di Francesco nelle periferie del Paese, in Calabria. È la «geografia» di un Papa che predilige gli ultimi 

  Andrea Tornielli:   Il coraggio di definire i mafiosi «adoratori del male»




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            http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm