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N.
B. La Lectio è temporaneamente sospesa
NOTA
Articoli,
riflessioni e commenti proposti vogliono
solo essere
un contributo
alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.
Le posizioni espresse non sempre
rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione.
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
"La coscienza morale in gioco"
di mons. Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto
Tre
avvenimenti recenti, di natura molto diversa, mi inducono a proporre
una riflessione che si muove fra cronaca e storia, volta ad evidenziare
gli aspetti della coscienza morale che sono in gioco in essi e che
riguardano ognuno di noi.
Il
primo è la terribile vicenda del giovane uomo di Motta Visconti che ha
ucciso la moglie e i due figlioletti, confessando poi di averlo fatto
perché li sentiva come una gabbia imposta alla sua libertà. Lo stesso
assassino sembra abbia invocato il massimo della pena per sé, mostrando
di avere almeno un barlume di consapevolezza della gravità del male
compiuto. Molti hanno parlato di un "raptus" di follia omicida, anche
se lo stesso autore del delitto ha riconosciuto la premeditazione.
L'atrocità del fatto suscita immensa pietà verso le vittime, ponendo al
contempo la domanda su come sia stato possibile che nella coscienza di
una persona all'apparenza normale abbia potuto maturarsi un simile
proposito. Interrogativi come questo non trovano facili risposte:
soprattutto non devono far spazio a giudizi sommari, tanto in senso
colpevolista, quanto in direzione della pietà che lo stesso carnefice
suscita per aver distrutto con le proprie mani i beni più preziosi
della propria esistenza. Un aspetto emerge da questa vicenda, e cioè
l'immane potenzialità del male che ogni essere umano è capace di
compiere, e con essa quella linea d'ombra fra luce e tenebra in cui si
muovono le scelte del libero arbitrio.
...
Sia
pur in termini più temperati, la lotta fra male e bene si affaccia in
altri tristissimi fatti di cronaca degli ultimi tempi: mi riferisco
alla corruzione e al latrocinio che sono emersi dalle inchieste sulla
realizzazione di opere che avrebbero dovuto essere fiore all'occhiello
dell'iniziativa pubblica e dell'imprenditoria del nostro Paese. Si
tratta da una parte degli scandali connessi a Expo 2015, dall'altra
delle tangenti pagate ai corrotti nelle opere relative al Modulo
Sperimentale Elettromeccanico, progettato per la difesa di Venezia e
della laguna dalle acque alte. È perfino incredibile che personaggi
potenti, cui non mancava nulla, abbiano mostrato un'avidità speculare
all'estendersi del loro potere. Anche qui viene da chiedersi come sia
stato possibile che l'ostentazione di pubbliche virtù e la dichiarata
volontà di servizio al bene comune potessero collegarsi così
sfrontatamente con la voracità di guadagni facili e smisurati. È il
tarlo della corruzione, male dagli effetti devastanti: la corruzione
«uccide», ha affermato Papa Francesco in diverse occasioni.
...
Un
terzo evento accaduto nelle ultime settimane, precisamente l'8 giugno,
può aiutarci a riconoscere alcune prospettive di luce e di speranza
riguardo alla vittoria del male, che sembra devastare le coscienze e
dominare la scena della storia: è l'incontro di preghiera promosso in
Vaticano da Papa Francesco con la partecipazione dei Presidenti di
Israele e della Palestina, Shimon Peres e Abu Mazen. Il valore unico di
quest'avvenimento sta nel cambiamento di prospettiva che esso introduce
rispetto a ogni precedente ricerca "ufficiale" della pace in Medio
Oriente: il Vescovo di Roma non ha deresponsabilizzato nessuno rispetto
al dovere di lavorare per la pace e di combattere e vincere il male
dell'odio che avvelena tutti, ricordando che «per fare la pace ci vuole
coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per
dire sì all'incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla
violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti
e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza». Il Il
fatto, poi, che l'incontro sia stato proposto e realizzato come momento
di preghiera all'unico Dio di tutti i credenti, introduce quel cambio
di piano di cui c'era e c'è immenso bisogno: mettersi insieme al
cospetto dell'Eterno vuol dire riconoscere i propri limiti e la propria
debolezza, misurare il bene della pace da cercare non solo sul proprio
interesse, ma su quello di tutti, e specialmente dei poveri, e
impegnarsi nella profondità della propria coscienza davanti al giudizio
ultimo, cui nulla sfugge, a essere costruttori di un mondo più giusto
per tutti.
...
La coscienza morale in gioco
Vedi anche i nostri post precedenti:
- Sgomento nello scoprire l'orrore nell'apparente "normalità"
- «Chi
paga la corruzione? la corruzione la paga il povero!» - Papa Francesco
- S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)
"Invocazione per la pace" - Giardini Vaticani, 8 giugno 2014 - cronaca, testi, foto e video (Prima parte) - "Invocazione per la pace" - Giardini Vaticani, 8 giugno 2014 - cronaca, testi, foto e video (Seconda parte)
- "Invocazione per la pace" - Giardini Vaticani, 8 giugno 2014 - commenti e riflessioni
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Pax Christi: Liberateli (tutti!)
Liberateli (tutti!)
Pax Christi Italia condanna duramente
il rapimento dei tre giovani cittadini Israeliani, abitanti di una
delle colonie illegali presenti nella città di Hebron in Palestina,
avvenuto la scorsa settimana nei dintorni della città stessa.
Condanniamo altresì le reazioni del governo israeliano a questo drammatico evento, reazioni che poco hanno a che fare con la legittima richiesta di liberazione dei ragazzi rapiti.
Pax Christi Italia segue ormai da 10 anni, con la Campagna Ponti e non Muri, la difficile situazione israelo-palestinese. Conosciamo
bene la situazione di assoluta illegalità della occupazione israeliana
nella terra di Palestina, e osserviamo con forte preoccupazione e
sdegno gli eventi di questi ultimi giorni.
Il
governo israeliano ha dato istruzioni al proprio esercito di
occupazione della Cisgiordania di arrestare centinaia di cittadini
palestinesi colpevoli
soltanto di appartenere alla popolazione che legittimamente da secoli
vive in questa area. Queste persone si aggiungono alle migliaia già
detenute nelle carceri israeliane, compresi numerosi bambini.
“Detenzioni amministrative”, come vengono chiamate in gergo giuridico,
da considerarsi in tutto e per tutto rapimenti illegittimi sotto
qualsiasi forma di diritto.
Abbiamo
appreso inoltre di uccisioni arbitrarie, di perquisizioni notturne, di
danni a centri medici e commerciali, di minacce di taglio
dell’elettricità e delle linee telefoniche. Il
vero scopo di tutto ciò non è certamente localizzare i ragazzi rapiti
ma colpire indiscriminatamente la popolazione sotto occupazione e
renderne impossibile la vita quotidiana, al fine di continuare
impunemente l’opera di pulizia etnica del territorio palestinese. Di
fronte a tutto questo:
...
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«Credo
che molto di più possa essere fatto e dovrebbe essere fatto da molti.
Per questo siamo venute noi tre madri qui: per essere sicure che il
mondo stia facendo di tutto per portare a casa i nostri figli». Lo ha
detto Rachel Fraenkel, madre di Naftali - rapito lo scorso 12 giugno in
Cisgiordania insieme a Eyal Yifrach e Gilad Shaar - parlando a Ginevra
al Consiglio generale dei Diritti umani dell'Onu. «Non ha ogni ragazzo
il diritto - ha aggiunto - di tornare a casa da scuola sano e salvo?».
Rachel
Fraenkel - che aveva accanto nel suo intervento le mamme degli altri
due ragazzi - ha parlato del peggiore «incubo» che una madre possa
vivere: «Aspettare e aspettare senza fine che il proprio figlio torni a
casa». Poi ha raccontato la vita privata di ognuno dei tre ragazzi ed
ha ringraziato i rappresentanti della comunità internazionale che si
sono espressi a favore della liberazione...
Medio Oriente, la madre del rapito all’Onu: bisogna fare molto di più
video
video dell'intervento delle madri dei ragazzi a Ginevra
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26 giugno
Giornata Internazionale a Sostegno delle Vittime di Tortura
Oggi,
26 giugno, si celebra la Giornata Internazionale a Sostegno delle
Vittime di Tortura, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1997
per celebrare due date fondamentali: il 26 giugno 1948, giorno in cui
fu siglata la Carta delle Nazioni Unite, primo strumento internazionale
contenente l’obbligo per gli Stati di promuovere e incoraggiare il
rispetto dei diritti umani e il 26 giugno 1984, data di entrata in
vigore della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti
crudeli, inumani o degradanti, che ha sancito il divieto all’utilizzo
della tortura quale diritto inderogabile; accordo ad oggi firmato da
146 paesi membri dell’ONU.
Nonostante
la Convenzione, ancora metà della popolazione mondiale vive sotto
Governi che praticano la tortura contro oppositori politici,
omosessuali, appartenenti a determinati gruppi etnici o per strappare
confessioni e testimonianze, ma, anche senza andar troppo lontano, il
caso italiano è indicativo di quanta strada ci sia ancora da fare in
materia.
Nel
1987 è entrata in vigore la Convenzione europea per la prevenzione
della tortura, ratificata da 47 Stati europei. L’Italia l’ha
sottoscritta, ma nonostante ripetuti solleciti anche a livello
internazionale, il Parlamento italiano non ha ancora approvato la legge
di ratifica così che la Convenzione non è ancora operante in Italia,
che ha anche sinora disatteso all’obbligo assunto di introdurre il
reato di tortura nel Codice Penale. “L’Italia è in ritardo di ben
venticinque anni rispetto agli obblighi che ha assunto con le Nazioni
Unite – ha dichiarato Patrizio Gonnella, Presidente dell’associazione
Antigone – Quasi tutte le democrazie si sono adeguate, l’Italia no.
L’Italia non ha ancora il delitto di tortura nel codice penale. Tutto
ciò ci pone ai margini della comunità internazionale. In autunno saremo
giudicati dal Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu e questo sarà un
tema decisivo”.
Prevenire
ed eliminare ogni forma di tortura è un obiettivo importante della
politica UE. I maltrattamenti infrangono i principi di libertà,
democrazia e i diritti umani fondamentali: non sono tollerabili in
nessuno Stato membro. Per questo, nell’aprile 2014 è stata lanciata
l’ennesima petizione a sostegno della legge che proibisca la tortura:
l’appello è stato firmato da scrittori (Camilleri, De Luca, Carlotto,
…) ed intellettuali (Eligio Resta, Luigi Ferrajoli, …), e all’appello
si è unito anche papa Francesco, che proprio pochi giorni fa,
all’Angelus recitato in Piazza San Pietro nella giornata del Corpus
Domini ha dichiarato: “…ribadisco la ferma condanna di ogni forma di
tortura e invito i cristiani ad impegnarsi per collaborare alla sua
abolizione e sostenere le vittime e i loro familiari. Torturare le
persone è un peccato mortale! Un peccato molto grave!”.
...
Giornata per le Vittime di Tortura 2014: un crimine contro i diritti umani, un peccato mortale
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Nei
giorni scorsi siamo stati enormemente colpiti dal messaggio e dalle
parole vibranti di Papa Francesco pronunciate contro chi pratica
torture in ogni parte del mondo. Il 26 ottobre, si celebra la giornata
mondiale promossa dall’ONU contro la tortura. A volte dimentichiamo che
nel mondo di oggi, a oltre 30 anni dalla ratifica della convenzione
delle Nazioni Unite, esistono ancora, come ci ricorda il Consiglio
italiano dei rifugiati, 141 Paesi nei quali questa pratica disumana
viene perpetrata e dobbiamo anche ricordare che purtroppo un rifugiato
su tre, tra quelli che arrivano in Italia, ha personalmente subito
esperienze di tortura. Se ne parla, ma non a sufficienza in quei
resoconti giornalistici che spesso si limitano ad elencare dati
statistici sugli sbarchi. Può essere importante sapere che fino a
questo momento sono sbarcate persone, in numero superiore al 2013, ma è
ancora più importante sapere che grazie all’operazione italiana Mare
nostrum si sono salvate migliaia e migliaia di vite umane e che
esistono nel nostro paese strutture che concretamente operano per
ridare una vita ed una dignità a queste persone.
...
Giornata mondiale contro la tortura: un dramma senza fine ad oltre 30 anni dalla Convenzione ONU
...
In un momento politico in cui il dibattito sull'immigrazione è
concentrato quasi totalmente sulla cittadinanza, riteniamo doveroso
ricordare al governo italiano, al Parlamento, e soprattutto ai
cittadini di questo Paese che l'esistenza dei 13 CIE sul nostro
territorio nazionale continua a rappresentare una degenerazione dello
stato di diritto in una sorta di zona franca in cui il rispetto della
dignità umana è subordinato alla volontà dei singoli ed è lasciato
completamente al caso. In quanto strutture prodotte da una vera e
propria anomalia giuridica e gestite nella quasi totale arbitrarietà e
assenza di trasparenza, riteniamo che i CIE non rappresentino
un'emergenza solo per i migranti che si trovano nel nostro Paese ma
anche per tutti i cittadini che vorrebbero riconoscersi in uno Stato
che si definisce democratico.
Non
voler tacere oggi significa ricordare che l'articolo 3 della
Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo (Cedu) recita “nessuno può
essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o
degradanti”. Ricordare che i CIE rappresentano una palese violazione di
questo articolo è un dovere non solo della cittadinanza e della società
civile, ma soprattutto della politica e oggi, come domani e come
sempre, non possiamo e non vogliamo stare zitti...
26
GIUGNO, GIORNATA MONDIALE CONTRO LA TORTURA Rights Tent” di Staranzano
(Go) lancia “Mai più zitti” AL VIA LA CAMPAGNA INFORMATIVA SUI CIE
In
occasione del 26 giugno, Giornata internazionale per le vittime di
tortura, Amnesty International Italia, Antigone e Cittadinanzattiva
rivolgono un appello ai presidenti delle commissioni Giustizia della
Camera e del Senato perché sia finalmente introdotto il reato di
tortura nel codice penale italiano.
"Tortura: punto e a capo?"
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“Un
simbolo di pace, un luogo di alleanza tra gli uomini contro ogni
diffidenza ed estraneità”. È questo il mare nostrum che il
cardinale Antonio Maria Vegliò si augura di vedere nel futuro: un luogo
dove si possa udire “l’eco di espressioni di saluto, di incontro e di
pace come:Shālôm, salâm alaykum, la pace sia su di voi. Pax
vobiscum, la pace sia con voi”.
Salvatore Cernuzio: Per le migliaia di croci di innocenti sotterrati negli abissi del Mediterraneo
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NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"
Proponiamo
una bella notizia dai mondiali che forse avrebbe potuto avere maggiore
risonanza nei media e diventare... un seme di generosità ed emulazione,
contro l'indifferenza!!!
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DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO
HOREB n. 67 - 1/2014
DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO
HOREB n. 67 - 1/2014
TRACCE DI SPIRITUALITÀ
A CURA DEI CARMELITANI
«Ho
avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato
da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito… » (Mt 25,35-36), così Gesù si rivolge ai giusti, costituendo i piccoli e i poveri come i suoi “vicari” sulla terra.
Il Dio che incontriamo, nell’ascolto della Parola e nelle vicende della vita, in Gesù è un Dio “nudo”, Crocifisso
Risorto, più nudo di tutti i defraudati della nostra storia, e non
nasconde questa nudità d’amore. Egli nella sua nudità sposa l’umanità
nuda.
Se vogliamo restare fedeli a questo Dio, che, nel Figlio Gesù, accoglie e condivide, che è paziente, che vive la paradossale solitudine della croce, dobbiamo, assieme a Lui, restare fedeli alla terra, ad un popolo che Lui ama e dobbiamo restarci nella solitudine e nel silenzio.
La
vita cristiana è fedeltà a queste nozze di Dio con l'umanità, e cresce
nell'inquieta pace di chi lascia che la sua fede si incarni, che il
Verbo si riveli carne della sua carne e sangue del suo sangue e di
quello di tutti coloro che camminano in questa terra, in particolare
degli impoveriti e degli oppressi.
La
vita cristiana è coinvolgimento a condividere la passione d’amore che
Dio ha per l'umanità e la creazione. E questa passione comporta il
condividere lo stile povero di Gesù.
In
quest’ottica, il regno di Dio non tiene i cristiani lontano dalla
realtà storica e dalla terra che li accoglie e li ospita. La logica del
regno non consente di coltivare stili di vita separati, anzi attiva una
nostalgia profonda di recuperare la storia e immergersi in essa. Il
regno è invito ad entrare dentro a questa realtà assecondandone l’opera
dello Spirito in una creazione che geme e soffre (Rm 8,19ss).
Il
regno di Dio, quindi, si costruisce a partire da un’umanità sfigurata,
che ha nomi e lineamenti ben precisi. Oggi, questa umanità sfigurata,
con una parola la potremmo chiamare Sud, se per i Sud del mondo non
indichiamo solamente una posizione geografica – oggi i Sud sono nelle
nostre città, nella porta accanto alla nostra –, quanto piuttosto una
logica, una coordinata storica, è il basso, la profondità, la
periferia, contrariamente a quello che noi reputiamo più importante:
l’alto e il centro.
È questa la prospettiva che orienta le riflessioni della monografia.
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Editoriale (PDF)
Sommario
(PDF)
E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
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FRATERNITÀ CARMELITANA DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME) - INCONTRI PER L’ESTATE 2014
FRATERNITÀ CARMELITANA
DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME)
INCONTRI PER L’ESTATE 2014
- LECTIO DIVINA 17-22 LUGLIO
IL PROFETA EZECHIELE
con p. Pino Stancari sj
• Per i fuori sede: portare le lenzuola e la Bibbia; prenotarsi per telefono (090.9762800) solo se si è sicuri di venire
***
- SETTIMANA DI SPIRITUALITÀ 4-9 AGOSTO
GESÙ VOLTO UMANO DI DIO
♦ Gesù nel suo ambiente e tra la sua gente (Egidio Palumbo)
♦ Gesù a contatto con una umanità fragile e sofferente (Maurilio Assenza)
♦ Nell’umanità di Gesù il volto di Dio (Alberto Neglia)
♦ I sentimenti di Gesù (M. Aliotta)
♦ Gesù e la donna (Gabriella Del Signore)
♦ Gesù liberatore nella riflessione teologico-spirituale dell’America Latina (Rosario Giuè)
♦ «Cristo è sceso e mi ha presa». L’esperienza di Simon Weil (Giuseppe Schillaci)
♦ Gesù e il potere politico (Gregorio Battaglia)
♦ Momento di contemplazione: Gesù, l’uomo nuovo. Contemplazione dell’icona della Trasfigurazione.
• Per i fuori sede: portare le lenzuola e la Bibbia; prenotarsi per telefono (090.9762800) solo se si è sicuri di venire
***
Quanto
bene ci fa vedere Gesù vicino a tutti! Se parlava con qualcuno,
guardava i suoi occhi con una profonda attenzione piena d’amore: «Gesù
fissò lo sguardo su di lui, lo amò» (Mc 10, 21). Lo vediamo aperto
all’incontro quando si avvicina al cieco lungo la strada (cfr Mc
10,46-52) e quando mangia e beve con i peccatori (cfr Mc 2,16), senza
curarsi che lo trattino da mangione e beone (cfr Mt 11,19). Lo vediamo
disponibile quando lascia che una prostituta unga i suoi piedi (cfr Lc
7,36-50) o quando riceve di notte Nicodemo (cfr Gv 3,1-15). Il donarsi
di Gesù sulla croce non è altro che il culmine di questo stile che ha
contrassegnato tutta la sua esistenza. Affascinati da tale modello,
vogliamo inserirci a fondo nella società, condividiamo la vita con
tutti, ascoltiamo le loro preoccupazioni, collaboriamo materialmente e
spiritualmente nelle loro necessità, ci rallegriamo con coloro che sono
nella gioia, piangiamo con quelli che piangono e ci impegniamo nella
costruzione di un mondo nuovo, gomito a gomito con gli altri. Ma non
come un obbligo, non come un peso che ci esaurisce, ma come una scelta
personale che ci riempie di gioia e ci conferisce identità (Papa
Francesco, Evangelii Gaudium, n. 269).
la locandina degli incontri per l'estate 2014 (pdf)
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SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA
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A ciascun giorno basta...
Mai più violenze...
L'Eucarestia è la più grande...
Non è che noi mangiamo...
Non dimenticate queste due cose...
Se non sai riconoscere Cristo nei poveri...
Tu vuoi onorare il corpo del Salvatore?... Il pane sull'altare non è solo pane per me...
Credo che la festa del Corpo e Sangue...
Disprezzare un singolo essere umano... Giovanni, ovvero: Dio fa grazia!...
La fede, anche retta, non basta...
E' sulla sabbia che costruisce...
26 GIUGNO – GIORNATA MONDIALE CONTRO LA TORTURA
Ribadisco la ferma condanna...
Il 26 giugno si celebra la Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga.
No ad ogni tipo di droga!
Per te ci hai fatti...
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SAN LUIGI GONZAGA
Patrono della gioventù, in particolare di quella studiosa...
SAN LUIGI GONZAGA (video)
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NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA
Natività di San Giovanni Battista (video)
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Don Lorenzo Milani moriva il 26 Giugno 1967
Se si perde loro (i ragazzi più difficili)...
Quando avete buttato nel mondo di oggi...
Se voi avete il diritto di dividere il mondo...
Nell'anniversario del ritorno alla casa del Padre di Don Milani riproponiamo il nostro precedente post:
Don Tonino Bello ricorda... don Lorenzo Milani
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Don Gaetano Corvasce spiega la devozione al Sacro Cuore di Gesù (video)
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Le ragioni del cuore
Sacro Cuore di Gesù
di Antonio Savone
Dio ha un cuore… È di questo che ci parla l’odierna solennità.
Certo, si
tratta di una festa recente, istituita in seguito alle rivelazioni del
Sacro Cuore a Santa Margherita Alacoque. Eppure è una festa che ha le
sue radici nella Trinità stessa.
Dio
ha un cuore… e lo manifesta come? Proprio come faremmo noi:
individuando qualcuno a cui legarsi per sempre. Dio, infatti, sceglie
un popolo a cui appartenere in maniera unica perché tutti gli altri
popoli possano conoscere ciò che Egli vorrebbe compiere con ogni uomo.
Israele diventa il segno di come Dio voglia stabilire con ciascuno di
noi un legame forte e personale, un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzare.
Il Signore si è legato a te perché ti ama…
Un
amore che ha la sua linfa nella gratuità: Israele non avrebbe
caratteristiche di importanza, di forza o di numero. È addirittura il
più piccolo fra tutti i popoli. La sua grandezza sta nel fatto che il
Signore ha posato su di lui il suo sguardo e a lui ha consegnato il suo
cuore. Il segno più vero di questo amore è la liberazione dalla
condizione di schiavitù. Quale rivelazione per le nostre relazioni! È
amore quando all’altro è riconosciuta la sua dignità ed è posto in
condizione di vivere fuori da un regime di oppressione.
Quando
Israele non conosceva se non un’esperienza di schiavitù, quel cuore
trasforma la condizione del popolo in un grido accorato che lo porta ad
intervenire per liberarlo. E Israele si scopre così chiamato a fare suo
il cuore stesso di Dio, a far sì che il suo cuore sia sempre
trasformato in un cuore di carne.
Dio
ha un cuore e questa festa vorrebbe essere un invito a varcarne la
soglia e prendervi dimora perché il nostro venga dilatato sulla misura
del cuore di Dio. Anzi, il cuore è il punto prospettico da cui guardare
il mistero di Dio. Vorremmo fare nostro il gesto del discepolo amato
che prova a sostare sul petto di Gesù quasi per cogliere le ragioni di
quel cuore. In tal senso è vero il detto di Pascal: Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce (Pensieri, 146)
Un cuore appassionato, anzitutto.
...
Imparate da me… è
l’invito rivoltoci dal Signore Gesù. Imparare dal cuore di Dio. Cosa
dobbiamo imparare? L’umiltà e la mitezza: il giusto sentire di sé e il
lasciare che l’altro sia. Scuola difficile da frequentare ma quanto
feconda se non vogliamo che le relazioni si trasformino in
prevaricazioni reciproche!
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Cuore di carne
di
Gianfranco Ravasi
(biblista e teologo)
Il
termine che noi traduciamo con "cuore" è uno dei più usati nella
Bibbia. Ma esso ha un significato molto più denso di quello che gli
hanno attribuito il devozionalismo misticheggiante o quella sorta di
sentimentalismo laico da "posta del cuore".
La
solennità del Cuore di Cristo, che si celebra il 27 Giugno, è una
devozione che fu divulgata soprattutto in seguito alle rivelazioni
avute tra il 1673 e il 1689 da una mistica francese dell' Ordine della
Visitazione (fondato da san Francesco di Sales), santa Margherita Maria
Alacoque, nata nel 1647 e morta nel 1690 nel monastero di
Paray-le-Monial (Saona e Loira).
Il
cuore di Gesù è certamente un tema ormai classico della fede e della
devozione cristiana e, in particolare, cattolica, ma esso affonda le
sue radici nelle pagine bibliche che meritano di essere sfogliate al
riguardo, proprio per togliere quella patina di pietismo popolare e di
sacralismo liquoroso che sembra essergli attaccato dopo qualche secolo
di devozionalismo.
...
Vorremmo
ora, sia pure in modo molto semplificato, illustrare i significati vari
del "cuore" biblicoche, pur nella sua dominante simbolica, non perde il
suo ancoraggio fisiologico.
...
Ma il cuore è soprattutto un segno di interiorità.
Così
il libro dei Proverbi è lapidario: «Il cuore intelligente cerca la
conoscenza» (15, 14) e «il cuore saggio rende prudenti le labbra» (16,
23). Per questo il salmista prega Dio così: «Insegnaci a contare i
nostri giorni e conquisteremo un cuore sapiente » (90, 12).
Curiosa
è la locuzione «pensare in cuor suo/ loro», che sta semplicemente per
un «pensarci», oppure «parlare al cuore» o «dire in cuor proprio», da
intendere come il nostro «riflettere».«Rubare il cuore» di un altro
significa «fargli perdere la testa, ingannarlo», Come la «mancanza di
cuore» non è la crudeltà ma la stupidità.
...
E' facile, allora, comprendere come il cuore divenga anche la sede della volontà, delle decisioni e dell'etica.
...
Il
cuore è, dunque, espressione anche della cosciente determinazione e
dedizione della volontà, ed è grazia divina avere un cuore aperto al
bene e non "impietrito" nella decisione perversa. Suggestive le parole
divine proclamate dal profeta Ezechiele: «Io darò loro un altro cuore
... : toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore
di carne» (11, 19).
Avere
una religione del cuore allora, non significa entrare in una
spiritualità sentimentale ed effervescente quanto piuttosto pensare,
decidere e operare secondo verità e giustizia.
Questo, però, non esclude che il cuore biblico celi al suo interno anche la dimensione affettiva e passionale.
...
Vorremmo
concludere questo nostro essenziale itinerario nel piccolo mondo del
cuore, secondo la Bibbia, con un profilo più strettamente " teologico".
Sì, per la Bibbia anche Dio ha un cuore che, più o meno, ricalca al positivo le esperienze del cuore umano.
...
Cristo
entra in scena con questi sentimenti di amore e vicinanza nei confronti
di chi lo cerca e di tutti coloro che lo circondano.
Ma
è solo una volta che si fa esplicitamente menzione del suo cuore (anche
nel celebre episodio del costato trafitto dalla lancia del soldato,
l'evangelista Giovanni non usa il termine "cuore").
E' in un mirabile appello riferito solo da Matteo: «Venite
a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e
umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo,
infatti, è dolce e il mio carico leggero» (11,28-30). Dio - si dice
negli Atti degli Apostoli (1, 24 e 15, 8) - è kardiognóstes, cioè
"conoscitore dei cuori", delle coscienze, dell' intimo più segreto
dell' uomo. Cristo, invece, svela il suo stesso intimo all'umanità e lo
rivela segnato dalla mitezza e umiltà, cioè dalla bontà e dalla
tenerezza, dalla comprensione e dalla condivisione.
"Cuore di carne" di Gianfranco Ravasi
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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO
"Quando vedrete l'abominio della devastazione presente là dove non è lecito - chi legge, comprenda..." (Marco 13,14)
Gianfranco Ravasi: Che cos’è «l’abominio della devastazione»?
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
RUBRICA Un cuore che ascolta - lev shomea' "Concedi
al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo
popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino
Vangelo: Gv 6,51-58
L'evangelista
ci presenta la conclusione del lungo discorso tenuto da Gesù nella
sinagoga di Cafarnao, tutto incentrato sull'Eucaristia. Pur non essendo
presente nel suo Vangelo il racconto della Cena Eucaristica, tuttavia
Giovanni è l'evangelista che più ne indaga il senso autentico, che
preferisce far comprendere a fondo il suo mistero, esplicitando meglio
ciò che i sinottici lasciano implicito. "Masticare la carne e bere sangue" è "Parola dura"; mangiare e bere del Figlio dell'uomo significa
assimilarlo fino a vivere di lui, aderire a lui, alle sue esigenze
d'amore e amarlo come lui, l'Amato e l'Amante del Padre, ama noi. Significa accogliere la rivelazione di Dio nella presenza, fragile e debole, della "carne del Figlio dell'uomo", perché la vita di Dio non si dà al di fuori della realtà umana concreta.
...
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«Vuoi
onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo
nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non
onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri
quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: "Questo è il mio corpo", confermando il fatto con la parola, ha detto anche: Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare(cfr. Mt 25, 42), e: Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l'avete fatto neppure a me (cfr.
Mt 25, 45). Il corpo di Cristo che sta sull'altare non ha bisogno di
mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di
molta cura.
Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti
l'onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare
è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi. Anche
Pietro credeva di onorarlo impedendo a lui di lavargli i piedi. Questo
non era onore, ma vera scortesia. Così anche tu rendigli quell'onore
che egli ha comandato, fa' che i poveri beneficino delle tue ricchezze.
Dio non ha bisogno di vasi d'oro, ma di anime d'oro.
Con
questo non intendo certo proibirvi di fare doni alla chiesa. No. Ma vi
scongiuro di elargire, con questi e prima di questi, l'elemosina. Dio infatti accetta i doni alla sua casa terrena, ma gradisce molto di più il soccorso dato ai poveri.
...
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Sono credibili le nostre Eucaristie?
Cristo è nel pane. Ma lo si riconosce nello spezzare il pane.
Non riesco a liberarmi dal fascino di una splendida riflessione di Garaudy a proposito dell'Eucaristia: "Cristo è nel pane. Ma lo si riconosce nello spezzare il pane".
Sicché oggi, festa del Corpo e del Sangue del Signore, mi dibatto in una incertezza paralizzante.
Parlerò
dell'Eucaristia come vertice dell'amore di Dio che si è fatto nostro
cibo? Dirò della presenza di Cristo che ci ha amati a tal punto da
mettere la sua tenda in mezzo a noi? Spiegherò alla gente che
partecipare al pane consacrato significa anticipare la gioia del
banchetto eterno del cielo? Mi sforzerò di far comprendere che
l'Eucaristia è il memoriale (che parola difficile, ma pure importante!)
della morte e della risurrezione del Signore? Illustrerò il rapporto di
reciproca causalità tra Chiesa ed Eucaristia, spiegando con dotte
parole che se è vero che la Chiesa costruisce l'Eucaristia è anche vero
che l'Eucaristia costruisce la Chiesa?
Non
c'è che dire: sarebbero suggestioni bellissime, e istruttive anche, e
capaci forse di accrescere le nostre tenerezze per il Santissimo
Sacramento, verso il quale la disaffezione di tanti cristiani si
manifesta oggi in modo preoccupante.
Ma ecco che mi sovrasta un'altra ondata di interrogativi.
Perché
non dire chiaro e tondo che non ci può essere festa del "Corpus Domini
", finché un uomo dorme nel porto sotto il "tabernacolo" di una barca
rovesciata, o un altro passa la notte con i figli in un vagone
ferroviario?
Perché
aver paura di violentare il perbenismo borghese di tanti cristiani,
magari disposti a gettare fiori sulla processione eucaristica dalle
loro case sfitte, ma non pronti a capire il dramma degli sfrattati?
Perché
preoccuparsi di banalizzare il mistero eucaristico se si dice che non
può onorare il Sacramento chi presta il denaro a tassi da strozzino;
chi esige quattro milioni a fondo perduto prima di affittare una casa a
un povero Cristo; chi insidia con i ricatti subdoli l'onestà di una
famiglia?
Perché
non gridare ai quattro venti che la nostra credibilità di cristiani non
ce la giochiamo in base alle genuflessioni davanti all'ostensorio, ma
in base all'attenzione che sapremo porre al "corpo e al sangue" dei
giovani drogati che, qui da noi, non trovano un luogo di accoglienza e
di riscatto?
...
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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni |
(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
OREUNDICI
IL QUADERNO DI GIUGNO 2014
PERDONARE
L'EDITORIALE
di Mario De Maio
Il
verbo perdonare è uno dei più difficili da coniugare nella nostra vita,
se vogliamo esprimere il senso profondo del concetto di misericordia
come ci viene trasmesso dalle sacre scritture. L’idea del perdono
implica molto di più ed è legata con la compassione. “In confronto al
perdono la misericordia è qualche cosa di più radicale. C’è in essa uno
spostamento dello sguardo, del cuore e della sua sensibilità dall’io
all’altro: mentre nel perdono mi ricordo del male che ho subito, nella
misericordia sento soprattutto il dolore per il male che l’altro
infligge a se stesso facendo del male. Oltre a generare la
disponibilità a perdonare, la misericordia oltrepassa dunque la memoria
del male ricevuto e si da come sentimento di vicinanza totale nei
confronti dell’altro e di premura per la sua sorte. Questo sentimento
evoca universalmente l’idea dell’amore materno... Non una sorta di
pietismo patetico e inconsistente. Entra in gioco semmai una capacità
di sentire gli altri, di sentire come loro, anzi, di sentire sé stessi
insieme a loro”. (Roberto Mancini, Dalla disperazione alla
misericordia)Èquesto il sentimento che traspare in modo sorprendente e
illuminante nella parabola del Padre buono e della pecorella smarrita...
L'EDITORIALE di Mario De Maio
IL RACCONTO DEI POVERI
l’impegno di amare l’uomo come Cristo
di Arturo Paoli
Questo
articolo di fratel Arturo Paoli prosegue il cammino con lui intrapreso
lungo le strade latinoamericane. Fu pubblicato sul mensile dei
missionari comboniani Nigrizia nel mese di luglio del 1982, quando
l’Italia era inebriata dalla vittoria del campionato mondiale di calcio
in Spagna. Così come il mondo dello sport si accinge a celebrare
nuovamente il campionato, questa volta in Brasile, così il “racconto
dei poveri” che fratel Arturo faceva allora trova oggi infelici
corrispondenze.
Il
tempo minaccia di far rientrare nella monotonia del quotidiano le
aggressioni selvagge all’uomo che si compiono in tutta l’America
Latina, il cui epicentro è ora nell’America centrale. Tutti coloro che
occupano dei posti di potere partecipano della comune insensibilità per
la persona nonostante tutte le declamazioni sulla grandezza,
l’inviolabilità della stessa. Nell’imminenza di un naufragio si gettano
a mare anche le cose più preziose pur di salvare la vita, e in questo
momento le cose preziose sono le persone. Quelli che hanno un impegno
di fede si rifugiano nell’astratto, nell’anonimo, e li soccorre una
lunga tradizione cristiana: nell’area cristiana è possibile parlare di
uomo, di giustizia, di libertà, di uguaglianza come di idee platoniche
verissime in cielo, irriconoscibili in terra, nascoste nel polverio che
solleva la storia.
...
Hitler
e Stalin hanno certamente superato i limiti raggiunti dai governi
sudamericani, ma Hitler e Stalin non credevano in Cristo, irridevano la
pietà, pensavano che il vangelo era la grande alienazione umana. Ma chi
dichiara di credere al vangelo deve accettare le tremende conseguenze
che sorgono sull’impegno di amare l’uomo come Cristo, perché “tutto
quello che avete fatto all’ultimo dei miei fratelli lo avete fatto a
me”. Nonostante tutte le affermazioni pietistiche, le sacralizzazioni
delle imprese politiche e militari di un governo che afferma di credere
nella protezione divina, Dio non può dimenticare queste persone che
sono “ossa e carne” del suo Figlio, il Cristo Gesù, non può essere
sordo al gemito rinchiuso in migliaia di focolari e in migliaia di
cuori. Dio non sarebbe più Dio. Il mondo cattolico e credente pare
essersi piegato, coscientemente o incoscientemente, al piano dei
detentori del potere di formare una cappa religiosa per ricoprire, con
il fragore di canti e di manifestazioni imponenti di fede,
l’ingiustizia di cui si è macchiato il governo militare. Le ore dure e
difficili che sta vivendo ora l’Argentina indurranno certamente il
popolo a svegliarsi e ad esigere più chiarezza, più lealtà e a
partecipare con più responsabilità all’elaborazione di progetti che lo
chiamano ad assumere conseguenze che possono anche essere
dolorosissime. Così per l’amore immenso che porto a questo paese,
chiedo a dio che in mezzo al miserabile conformismo cattolico si levino
voci profetiche che esigano, da quelli che si proclamano cristiani, di
cominciare ad essere cristiani. È urgente che nel silenzio e nella
povertà dell’orazione “a porte chiuse e nella propria camera”, dei veri
cristiani riscoprano il vero Volto del vero Dio vivente, protettore dei
poveri.
Caracas (Venezuela) Luglio 1982
____________________________________
NAPOLI, RIONE SANITÀ
di padre Alex Zanotelli
Nei
pressi della chiesa e del campanile dove abito incontro tanta gente.
Sono importanti le conversazioni con queste persone e sono importanti i
loro volti. E proprio entrando e uscendo dai locali in cui vivo trovo
sempre qualcuno seduto sul gradino d’ingresso, e spesso devo chiedere
permesso per poter passare. Così scambiamo qualche parola, ci
conosciamo. E questo è bello. Poi sono tanti quelli che bussano alla
porta, che peraltro è sempre aperta, o che chiamano dalla strada. Ci
sono i giorni i cui c’è una sorta di processione di gente dei quartiere.
...
E
va ricordato che a dare una mano concreta c’è tutta una rete di aiuto
nel rione Sanità. Tutta un’umanità che bisogna ascoltare, confortare,
accompagnare. Credo che missione sia camminare con le persone, portare
i loro pesi. Mi sento profondamente in missione in questo
quartiere.
da Nigrizia, maggio 2014
IL RACCONTO DEI POVERI l’impegno di amare l’uomo come Cristo - NAPOLI, RIONE SANITÀ
Vinci il male con il bene:
non vuol dire eliminare il male,
ma riprendere sempre il cammino
in modo che prevalga il bene.
don Carlo Molari
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Una buona notizia tanto attesa...
L'avvocato di Meriam: «È già libera»
Libera, finalmente. Il tribunale sudanese ha ordinato il rilascio di
Meriam Yahya Ibrahim. Lo riferisce l'agenzia di stampa di Stato
sudanese Suna... Secondo uno degli avvocati della donna, Meriam sarebbe
già "fuori dal carcere" e domani, martedì, i giudici sudanesi
comunicheranno le motivazioni della scarcerazione.
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(GIA' ANTICIPATONEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Finalmente libera. «L’hanno rilasciata e ora sta tornando a casa»,
conferma Elshareef Ali, l’avvocato di Meriam Yahia Ibrahim Ishag, la
giovane mamma cristiana condannata a morte in Sudan per apostasia e
adulterio. La pena capitale è stata annullata lunedì dalla Corte
d’appello, ha riferito l’agenzia di stampa di Stato sudanese Suna.
«Siamo molto felici e ora stiamo andando da lei», ha aggiunto il
legale. La storia di Meriam aveva commosso e indignato il mondo.
La
donna, 27 anni, a febbraio era stata messa in prigione nonostante fosse
incinta e avesse con sé un bimbo di 20 mesi. Il 15 maggio la Corte di
Karthoum poi la condanna a morte per apostasia da parte di una corte
locale. Il 27 maggio la giovane donna aveva partorito in cella la
figlia Maya.
Qualche
giorno fa, infine, la Commissione nazionale per i Diritti umani del
Sudan aveva definito la condanna a morte di Meriam una sentenza in
contrasto con la Costituzione, che prevede la libertà di culto. In
precedenza Meriam era stata liberata dalle catene per ordine dei
medici.
Im questi mesi, comunque, il mondo intero si è mobilitato per Meriam.
...
MERIAM È LIBERA
Leggi i nostri post precedenti:
- Meriam Yehya Ibrahim: "Ciò che sappiamo" di Marco Tarquinio - "Meriam, martire cristiana" di Enzo Bianchi
- Meriam
deve vivere: l'Italia si mobilita - Al Colosseo, ebrei cristiani e
musulmani insieme per dare speranza a chi soffre per la sua fede.
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Meriam sarà rilasciata a breve, era stata fermata per dei controlli sui documenti... almeno questo è quello che ci auguriamo!!!
Meriam Yahia Ibrahim Ishag, la giovane cristiana sudanese condannata
per apostasia e liberata ieri, insieme al marito Daniel, ai figli
e allo stesso legale sono stati fermati all'aeroporto di Khartoum dai
servizi segreti sudanesi...
Purtroppo si susseguono notizie contrastanti...
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Sembra essere al sicuro, almeno
al momento, Meriam Ibrahim, la 27enne cristiana prima condannata a
morte a Khartum per apostasia e adulterio, poi assolta da una Corte
d’appello e quindi di nuovo fermata. La ragazza si è rifugiata
nell’ambasciata Usa di Khartum. Lo ha fatto sapere, nella tarda serata
di ieri, l’avvocato Muhanad Mustafa, uno dei legali della donna:
«Meriam si trova all’ambasciata Usa in questo momento», ha detto
l’avvocato, poco dopo la seconda scarcerazione della donna.
Paolo M. Alfieri: Meriam è libera, il video del rilascio (testo+video)
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Anche a Messina chiese aperte ai profughi...
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Come dare fiato e gambe alle
indicazioni suggerite da papa Francesco? Come tradurre nel concreto
delle nostre parrocchie la pastorale «dell'ospedale da campo» proposta
dal Pontefice.
Lorenzo Montanaro: COSÌ LA CHIESA DIVENTA "OSPEDALE DA CAMPO"
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Presentato
l’«Instrumentum laboris» dell’assemblea straordinaria del Sinodo dei
vescovi sulla famiglia - Una realtà universalmente riconosciuta
Il
Vangelo della famiglia; le situazioni familiari difficili; l’educazione
alla fede e alla vita dell’intero nucleo familiare. Sono questi i tre
ambiti nei quali si sviluppa l’Instrumentum laboris per l’assemblea
straordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, che si riunirà dal
5 al 19 ottobre di quest’anno per riflettere sul tema «Le sfide
pastorali sulla famiglia nel contesto generale dell’evangelizzazione».
Il contenuto del documento è stato presentato giovedì 26 giugno, nella
Sala Stampa della Santa Sede.
La
prima parte del testo tratta del disegno di Dio, della conoscenza
biblica e magisteriale e della loro ricezione, della legge naturale e
della vocazione della persona in Cristo. Il riscontro della scarsa
conoscenza dell’insegnamento della Chiesa domanda agli operatori
pastorali una maggiore preparazione e l’impegno a favorirne la
comprensione da parte dei fedeli, che vivono in contesti culturali e
sociali diversi.
La
seconda parte, che affronta le sfide pastorali inerenti alla famiglia,
considera in maniera particolare le situazioni pastorali difficili, che
riguardano le convivenze e le unioni di fatto, i separati, i
divorziati, i divorziati risposati e i loro eventuali figli, le ragazze
madri, coloro che si trovano in condizione di irregolarità canonica e
quelli che richiedono il matrimonio senza essere credenti o praticanti.
Nel documento si sottolinea l’urgenza di permettere alle persone ferite
di guarire e di riconciliarsi, ritrovando nuova fiducia e serenità. Di
conseguenza, è invocata una pastorale capace di offrire la misericordia
che Dio concede a tutti senza misura. Si tratta dunque di «proporre,
non imporre; accompagnare, non spingere; invitare, non espellere;
inquietare, mai disilludere».
La
terza parte presenta dapprima le tematiche relative all’apertura alla
vita, quali la conoscenza e le difficoltà nella ricezione del
magistero, i suggerimenti pastorali, la prassi sacramentale e la
promozione di una mentalità accogliente.
Nel
documento si denuncia poi la scarsa conoscenza dell’enciclica Humanae
vitae. Nella stragrande maggioranza delle risposte vengono messe in
risalto le difficoltà che si incontrano sul tema degli affetti, della
generazione della vita, della reciprocità tra l’uomo e la donna, della
paternità e maternità responsabili. Quanto alla responsabilità
educativa dei genitori, dal documento emerge la difficoltà nel
trasmettere la fede ai figli e nel dar loro un’educazione cristiana
soprattutto in situazioni familiari difficili, i cui riflessi sui figli
si estendono anche alla sfera della fede.
Il
documento sarà ora oggetto di studio e di valutazione da parte delle
conferenze episcopali e confrontato con le diverse realtà locali in
modo da evidenziare i punti focali sui quali avanzare proposte
pastorali da discutere e approfondire durante i lavori dell’assemblea
straordinaria e poi in quella ordinaria che si svolgerà dal 4 al 25
ottobre del 2015 e che avrà come tema «Gesù Cristo rivela il mistero e
la vocazione della famiglia».
(fonte: L'Osservatore Romano)
il testo integrale dell'Lnstrumentum laboris
Presso
la Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la conferenza stampa di
presentazione dell'Instrumentum laboris della III Assemblea Generale
Straordinaria del Sinodo dei Vescovi (5-19 ottobre 2014), sul tema: "Le
sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell'evangelizzazione".
Alla conferenza stampa sono intervenuti il Cardinale Lorenzo
Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi; il Cardinale
Péter Erdö, Arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria), Relatore
Generale della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei
Vescovi; il Cardinale André Vingt-Trois, Arcivescovo di Paris
(Francia), Presidente Delegato; l'Arcivescovo Bruno Forte, di
Chieti-Vasto (Italia), Segretario Speciale e i coniugi Professor
Francesco Miano e Professoressa Pina De Simone, con una loro
testimonianza.
Conferenza Stampa di presentazione dell’Instrumentum laboris della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi
- Intervento del Cardinale Lorenzo Baldisseri
- Intervento del Cardinale Péter Erdő
- Intervento di S.E. Mons. Bruno Forte
video
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L’impianto complessivo, pur
privo dei toni definitivi di altri documenti vaticani emanati durante i
pontificati di Wojtyla e Ratzinger, ribadisce la visione tradizionale
della famiglia cattolica: fondata sul matrimonio fra uomo e donna e
aperta alla procreazione. Ma all’interno di questo quadro che
ovviamente non poteva essere smentito, si notano aperture e sforzi di
comprensione delle nuove situazioni. Insomma è la fotografia di una
società che cambia a causa della secolarizzazione ma anche, con
connotazioni fortemente negative, del trionfo del pensiero unico
individualista e della «teoria del gender», più volte richiamata nel
documento.
Luca Kocci: I vescovi: «Siamo lontani dalla gente»
Pubblicato l’Instrumentum
laboris per il doppio sinodo sulla famiglia 2014-2015. “No moralismo”.
Ipotesi comunione ai risposati. La denuncia di femminicidio e pedofilia
Iacopo Scaramuzzi: Sinodo dei vescovi: misericordia con divorziati, gay, ragazze madri
«La prima impressione? Un
respiro ampio. Si avverte con chiarezza l’attenzione di tutte le Chiesa
locali e dell’intera famiglia umana sul tema della famiglia». Tommaso
Cioncolini con la moglie Giulia, della diocesi di Jesi, è un
collaboratore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia.
Umberto Folena: Tommaso e Giulia Cioncolini: un testo attento alle sfide del tempo
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Angelus/Regina Cæli - Angelus, 22 giugno 2014
Udienza - La Chiesa - 2. L'appartenenza al popolo di Dio (25 giugno 2014)
Omelia - Santa Messa nella Piana di Sibari (21 giugno 2014)
Omelia - preparata da Papa Francesco per la visita al Policlinico Gemelli e
letta dal Cardinale Angelo Scola nella Solennità del Sacratissimo Cuore
di Gesù (27 giugno 2014)
Discorso - Incontro con i sacerdoti diocesani nella Cattedrale (Cassano all'Jonio, 21 giugno 2014)
Discorso - Visita alla Casa Circondariale di Castrovillari (Cosenza, 21 giugno 2014)
Discorso - Ai partecipanti all'Assemblea della "Riunione delle Opere per l'Aiuto alle Chiese Orientali" (R.O.A.C.O.) (26 giugno 2014)
Discorso - Ai giovani Astronomi che partecipano alla Scuola della Specola Vaticana (26 giugno 2014)
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23 /06/2014:
24/06/2014:
26/06/2014:
27/06/2014:
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Dalle periferie alla prima fila. I poveri, gli ammalati, gli ultimi in
generale. Saranno loro i principali protagonisti della visita del Papa
a Cassano all’Jonio, la quarta in Italia dopo Lampedusa, Cagliari e
Assisi. Una visita che il vescovo della diocesi ospitante e segretario
generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, definisce «non un
modello, ma una modalità»...
Galantino: con il Papa gli ultimi «in prima fila»
Arriva
il Papa nel cuore dell’inferno. Nella Calabria del coraggio e
dell’ignavia, dove la Chiesa si mostra con due facce: quella oscura e
ambigua della collusione mafiosa e quella aperta e sorridente della
carità e dell’impegno quotidiano, faticoso e rischioso contro la
‘ndrangheta. Papa Francesco non ha scelto Reggio con la sua Cattedrale,
né le Chiese maestose di altri centri della regione, ma Cassano allo
Ionio, la diocesi più piccola del territorio, 47 parrocchie e 60
sacerdoti. Ha scelto di affondare le mani nel terrore e nella
bestialità che qui si manifestarono la mattina del 20 gennaio. Una Fiat
Punto bruciata e tre corpi carbonizzati, un uomo, la sua donna e Cocò,
un bambino di tre anni. Vittima innocente di un regolamento di conti,
di una faida, di una lotta di potere per il controllo del territorio.
Cocò sarà il simbolo, il punto dal quale il Papa “raccoglitore di
lacrime”, come lo definisce il gesuita Giovanni Ladiana, vuole
ripartire insieme alla Chiesa calabrese...
video
‘Ndrangheta, Papa Francesco nell’inferno dei boss dove fu ucciso il piccolo Cocò
Il
Papa viene a trovarci in un territorio che non è estraneo a un certo
tipo di violenza, ma la malavita “non è un appannaggio calabrese”,
perché esiste una “globalizzazione del male”. Lo afferma il vescovo di
Cassano all’Jonio, mons. Nunzio Galantino, che presenta i motivi della
visita di Papa Francesco in Calabria...
Mons. Galantino: Calabria non è uguale 'ndrangheta, ci sono forze sane
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L'elicottero con Papa Francesco è atterrato alle 9 nell'area antistante
il carcere di Castrovillari, centro in provincia di Cosenza, prima
tappa della sua visita in Calabria.
Imponente il servizio d’ordine, con decine di poliziotti, carabinieri e finanzieri schierati.
Il
pontefice è stato accolto con un lungo applauso da centinaia di persone
in attesa già dalle prime ore del mattino ed ha subito scherzato con i
due bambini che gli hanno offerto dei fiori di benvenuto.
"Sono emozionato e felice", ha detto mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio e segretario Cei.
Successivamente ha attraversato due ali di folla ed a piedi ha raggiunto il carcere dove lo attendeva un gruppo di disabili.
Il
Pontefice ha salutato singolarmente i componenti del gruppo e poi è
entrato nell’istituto, accolto dal direttore Fedele Rizzo.
Papa Francesco ha incontrato prima i dipendenti del penitenziario ed i loro familiari, e subito dopo i detenuti.
Nel
carcere di Castrovillari è detenuto anche Nicola Campolongo, il padre
di Cocò, il bambino di tre anni ucciso e bruciato a Cassano allo Jonio
insieme al nonno ed alla sua compagna. E Papa Francesco li ha
incontrati il padre e le due nonne di Cocò Campolongo. Francesco,
riferisce il vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, padre
Ciro Benedettini, ha espresso vicinanza alla mamma del bimbo ucciso
sperando che episodi del genere non si ripetano più. «Mai più vittime
della ‘ndrangheta». Francesco ha aggiunto che «non deve mai succedere
una cosa del genere nella società» e che ha «pregato molto e sta
pregando per Cocò e per tutti i bambini vittima di questa sofferenza».
"I familiari del bambino - ha detto mons. Nunzio Galantino
- hanno pianto incontrando il Papa. E' stato un momento davvero
commovente".
"Pregate
per me perché anch'io faccio i miei sbagli e devo fare penitenza". E'
quanto ha detto Papa Francesco ai detenuti del carcere di
Castrovillari. "Dio non ci condanna, mai fa questo con noi, Dio quando
ci perdona ci accompagna e ci aiuta nella strada, sempre", ha detto
ancora al Papa ai reclusi nella Casa Circondariale di Castrovillari.
il testo integrale del discorso ai detenuti, al personale penitenziario ed alle loro famiglie nella casa circondariale di Castrovillari
video
Dopo Castrovillari il Pontefice si è spostato a Cassano allo Jonio, dove è arrivato intorno alle 10.45 (con 40 minuti di anticipo), giunto
in elicottero al campo sportivo, viene accolto dal sindaco Gianni
Papasso. Ha salutato migliaia di bambini che lo aspettavano sugli
spalti. ‘Papa Francesco uno di noi’, è stato il coro festante con cui i
più piccoli hanno accolto il Pontefice. Dagli spalti,
accanto alle bandiere bianche e gialle, è stata sventolata una bandiera
dell’Argentina. Il Papa l’ha vista e l’ha indicata in segno di
approvazione. Quindi è salito sulla Papa mobile e si è diretto verso
l’hospice ‘San Giuseppe Moscati’, dove si trovano i malati terminali.
Francesco
si è intrattenuto più di 40 minuti nell’hospice di Cassano allo Jonio,
che ospita un centro di cure palliative e di terapia del dolore.
All’interno della struttura sanitaria, dopo avere salutato il
responsabile, Francesco Nigro Imperiale, è entrato in ogni stanza, dove
si è intrattenuto con i malati ed i loro familiari dicendosi vicino
alla loro sofferenza. "Il
Santo Padre - racconta la signora Maria Rosaria, 49 anni, visibilmente
emozionata - mi ha preso con entrambe le mani la testa. Non sono
riuscita a trattenere le lacrime. E' stato un momento indimenticabile.
Mi sento una privilegiata".."Nelle
stanze è stato veramente commovente. Il Papa si avvicinava agli
ammalati stringendo loro la mano e dando carezze. E' stata veramente
un'atmosfera toccante, emozionante. Non nego di essermi commosso", ha
detto il responsabile della struttura, che insieme al vescovo Galantino
ha accompagnato il Pontefice nella visita. "In una stanza - ha aggiunto
Nigro Imperiale - un degente ha consegnato uno zucchetto al Papa e
Francesco, dopo essersi reso conto che lo zucchetto datogli era della
sua misura, ci ha consegnato lo zucchetto che in quel momento aveva in
testa, sostituendolo con quello ricevuto in dono. Poi, una volta finita
la visita nelle stanze degli ammalati, si è intrattenuto con tutto il
personale della struttura sanitaria, medici, paramedici e
amministrativi".
L'hospice
ha fatto dono al Papa di un quadro raffigurante la struttura sanitaria,
l'immagine di san Giuseppe Moscati, a cui è dedicata, e ai quattro
angoli del quadro ci sono quattro mani che cercano aiuto. Il quadro
portava questa dedica: "A sua Santità papa Francesco, per la sua
instancabile preghiera per i sofferenti, gli umili e gli indifesi". "Il
Papa - evidenzia Nigro Imperiale - è stato favorevolmente colpito sia
dalla struttura dell'hospice e sia soprattutto per l'accoglienza umana
che viene riservata ai malati e ai loro familiari, cosa peraltro
confermata da sua mons. Nunzio Galantino, che ha sottolineato come
nell'hospice cassanese si dà molta importanza anche all'accoglienza dei
familiari dei degenti". Piccolo
imprevisto per Papa Francesco durante la visita all'hospice. Il
primario del centro di cure palliative, Francesco Nigro Imperiale, su
espressa richiesta del Santo Padre gli ha rimosso con una pinzetta un
piccolo frammento di legno che gli si era conficcato nel dito medio
della mano sinistra. "Un'emozione forte avere tra le mie mani la mano
sinistra del Papa", ha detto il medico. "Non era niente di preoccupante
- ha aggiunto - ed alla fine abbiamo messo un cerotto".
Subito
dopo, nella cattedrale di Cassano Jonio Francesco ha incontrato i
sacerdoti e ha parlato come un fratello. Il "lavoro con le famiglie e
per la famiglia" è ciò a cui il Papa incoraggia i parroci. E’ "un
lavoro che il Signore ci chiede di fare in particolare in questo tempo,
che è un tempo difficile sia per la famiglia come istituzione, sia per
le famiglie, a causa della crisi". Nel discorso in Cattedrale il Pontefice ha richiamato "la gioia di essere preti e la bellezza della fraternità". Poi
ha chiesto: "Stiamo lavorando come buoni operai o siamo diventati un
po' degli impiegati? Siamo dei canali aperti, generosi, attraverso cui
scorre abbondante l'amore di Dio o invece mettiamo al centro noi
stessi, e così al posto di essere canali diventiamo schermi che non
aiutano l'incontro con il Signore, con la luce e la forza del Vangelo?". Il Papa ha risposto anche ad alcune domande dei sacerdoti. video
il testo del discorso preparato dal Santo Padre e consegnato durante l'incontro con il clero
Dopo
l'incontro in cattedrale, il Papa ha pranzato in seminario con alcuni
ospiti della Caritas e della comunità terapeutica Saman, fondata da
Mauro Rostagno. «Forte è colui che una volta caduto riesce a
rialzarsi», ha detto loro Bergoglio. Il Pontefice si è avvicinato ai
tavoli e ha salutato e scambiato una parola con tutti. I commensali si
sono detti «emozionati e particolarmente toccati dall'esperienza
vissuta».
Prima di pranzare il Pontefice ha salutato, davanti al
seminario, il bagno di folla festante che da ore lo attendeva. Due gli
striscioni più significativi inneggianti: “Papa Francesco sei la nostra
speranza, ti vogliamo bene” e “Papa Francesco sei un esempio per tutti
noi”.
Appena giunto nel refettorio del seminario Papa Bergoglio ha stretto la mano a tutti i presenti.
“Paragono
la gioia di questa giornata a quella provata quando è nata mia figlia”,
ci ha detto Fiammetta De Salvo, una dei responsabili della comunità
“Saman”.
“Il
Papa sembrava uno di noi. Un uomo semplice, umile. Dopo averci dato la
benedizione, abbiamo iniziato a mangiare e Sua Santità è stato molto
gioviale”, continua Fiammetta.
E’
stato un pranzo semplice, ricco di tipicità calabresi: salumi e
formaggi come antipasto, maccheroncini con sugo di salsiccia, un
arrosto, polpettone di vitello con contorno di verdure, patate al forno
e per finire una macedonia di frutta fresca.
Dopo il pranzo il Papa ha riposato un po' prima di raggiungere Sibari per la Messa.
video
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Grandissima emozione per una famiglia calabrese che ieri ha avuto in
casa un ospite davvero eccezionale: Papa Francesco. Ne dà notizia su
Facebook Ivan Vania che ha tappezzato l'esterno della sua abitazione
con striscioni e scritte: "Francesco Fermati! Qui c'è un angelo che ti
aspetta!".
Ad
avere l'idea è stata Pamela Mauro, sorella di Roberta, una ragazza
21enne disabile dalla nascita che vive a Sibari, proprio sulla strada
che il corteo papale doveva percorrere per raggiungere l'area
dell'incontro del Santo Pontefice con la comunità calabrese.
«Ho
cercato di attirare l'attenzione del Papa con questi carteloni -
racconta Pamela - ma ero quasi sicura che non potesse fermarsi. Poi
però, visto com'è il nostro Papa, ho voluto provarci lo stesso... e
ancora non ci crediamo. Siamo emozionatissimi».
Papa
Francesco, che viaggiava a bordo di una normalissima auto, una Ford
Focus, ha fatto cenno all'autista di accostare ed è sceso dall'auto:
«Appena ha visto i cartelli si è fermato - racconta ancora Pamela - è
sceso, ci ha sorriso, ha baciato e benedetto mia sorella Roberta poi è
risalito in auto. Un'emozione grande, grandissima. Grazie Francesco».
video
Papa
Francesco raggiunge quindi la spianata di Sibari, dove ad attenderlo
per la celebrazione della Santa Messa ci sono oltre
duecentocinquantamila persone. Papa Francesco, però,
durante il tragitto verso Marina di Sibari – secondo quanto riportato
dalle agenzie – si ferma prima in preghiera davanti alla parrocchia
dove il 3 marzo scorso è stato assassinato padre Lazzaro
Longobardi. Una vera marea umana di persone ha aspettato sotto al sole cocente papa Francesco a Sibari, dove c'è l'ultimo atto dell'intensa giornata calabrese.
Concelebrano con il Papa i Vescovi della Calabria e 270 sacerdoti.
Nel
corso della Messa, mons. Nunzio Galantino, Vescovo di Cassano e
Segretario Generale della Cei, saluta il Pontefice ringraziandolo per
aver guardato con attenzione a questa piccola ma bella parte di Chiesa.
Grazie
per il dono della sua presenza, – prosegue mons. Galantino – in un
territorio che ha visto tanti uomini e donne spendersi per rendere
credibile la Chiesa e vivibile il territorio. Grande è, però, anche la
fatica che molti fanno in questa parte di Chiesa; in questo – dichiara
con vibrante schiettezza Galantino – ci si mette la malavita
organizzata, che rallenta i processi di crescita. “La‘ndrangheta non si
nutre solo di soldi e di malaffare ma anche di coscienze addormentate e
conniventi. Lei qui, Santo Padre, trova la Chiesa calabrese disposta a
risvegliare queste coscienze, ma trova anche una Chiesa che a volte
rallenta il suo passo. La Sua presenza ci aiuterà a recuperare l’uno e
l’altro aspetto”.
Papa
Francesco celebra la Messa prefestiva della solennità del Corpus
Domini, ed è a partire da questa festa – in cui la Chiesa loda il
Signore per il dono dell’Eucaristia – che il Pontefice offre alcuni
spunti di riflessione.
Non
era mai accaduto che un Papa dicesse pubblicamente, senza giri di
parole, che «i mafiosi sono scomunicati». Papa Francesco l'ha fatto dal
pulpito, in una terra di mafia.
video dell'omelia
il testo integrale dell'omelia
video integrale della Celebrazione nella Piana di Sibari
Al
termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre raggiunge
l’eliporto di Marina di Sibari da cui parte per rientrare a Roma.
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22 giugno 2014
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
In
Italia e in molti altri Paesi si celebra in questa domenica la festa
del Corpo e Sangue di Cristo – si usa spesso il nome latino: Corpus
Domini o Corpus Christi. La Comunità ecclesiale si raccoglie attorno
all’Eucaristia per adorare il tesoro più prezioso che Gesù le ha
lasciato.
Il
Vangelo di Giovanni presenta il discorso sul “pane di vita”, tenuto da
Gesù nella sinagoga di Cafarnao, nel quale afferma: «Io sono il pane
vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e
il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51).
Gesù sottolinea che non è venuto in questo mondo per dare qualcosa, ma
per dare se stesso, la sua vita, come nutrimento per quanti hanno fede
in Lui. Questa nostra comunione con il Signore impegna noi, suoi
discepoli, ad imitarlo, facendo della nostra esistenza, con i nostri
atteggiamenti, un pane spezzato per gli altri, come il Maestro ha
spezzato il pane che è realmente la sua carne. Per noi, invece, sono i
comportamenti generosi verso il prossimo che dimostrano l’atteggiamento
di spezzare la vita per gli altri.
...
Gesù,
Pane di vita eterna, è disceso dal cielo e si è fatto carne grazie alla
fede di Maria Santissima. Dopo averlo portato in sé con ineffabile
amore, Ella lo ha seguito fedelmente fino alla croce e alla
risurrezione. Chiediamo alla Madonna di aiutarci a riscoprire la
bellezza dell’Eucaristia, a farne il centro della nostra vita,
specialmente nella Messa domenicale e nell’adorazione.
Dopo l'Angelus:
Cari fratelli e sorelle,
il
26 giugno prossimo ricorrerà la Giornata delle Nazioni Unite per le
vittime della tortura. In questa circostanza ribadisco la ferma
condanna di ogni forma di tortura e invito i cristiani ad impegnarsi
per collaborare alla sua abolizione e sostenere le vittime e i loro
familiari. Torturare le persone è un peccato mortale! Un peccato molto
grave!
Rivolgo il mio saluto a tutti voi, romani e pellegrini!
...
Auguro a tutti una buona domenica e un buon pranzo. Pregate per me! Pregate per me e arrivederci!
il testo integrale dell'Angelus
video
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20 giugno 2014
Papa Francesco: no alle droghe, sì a far fruttare i talenti di ognuno
video
Discorso di Papa Francesco ai partecipanti alla 31ma edizione dell'International Drug Enforcement Conference
Illustri Signori, sono
lieto di incontrarvi al termine della International Drug Enforcement
Conference. Vi ringrazio della vostra visita e vi esprimo il mio
apprezzamento per l’opera che svolgete affrontando un problema tanto
grave e complesso del nostro tempo. Vi auguro che queste giornate
romane segnino una tappa proficua nel vostro impegno. In particolare,
auspico che possiate raggiungere gli obiettivi che vi siete posti:
coordinare le politiche antidroga, condividere le relative informazioni
e sviluppare una strategia operativa tesa al contrasto del
narcotraffico. Forse nel narcotraffico le azioni sono quelle che
rendono più soldi nel mercato. E questo è tragico. Il flagello della droga continua ad imperversare in forme
e dimensioni impressionanti, alimentato da un mercato turpe, che
scavalca confini nazionali e continentali. In tal modo continua a
crescere il pericolo per i giovani e gli adolescenti. Di fronte a tale
fenomeno, sento il bisogno di manifestare il mio dolore e la mia
preoccupazione. Vorrei dire con molta chiarezza: la droga non si vince con la droga! La
droga è un male, e con il male non ci possono essere cedimenti o
compromessi. Pensare di poter ridurre il danno, consentendo l’uso di
psicofarmaci a quelle persone che continuano ad usare droga, non
risolve affatto il problema. Le legalizzazioni delle cosiddette “droghe
leggere”, anche parziali, oltre ad essere quanto meno discutibili sul
piano legislativo, non producono gli effetti che si erano prefisse. Le
droghe sostitutive, poi, non sono una terapia sufficiente, ma un modo
velato di arrendersi al fenomeno. Intendo ribadire quanto già detto in
altra occasione: no ad ogni tipo di droga. Semplicemente. ...
(cfr Udienza generale, 7 maggio 2014). Ma
per dire questo no, bisogna dire sì alla vita, sì all’amore, sì agli
altri, sì all’educazione, sì allo sport, sì al lavoro, sì a più
opportunità di lavoro. Un
giovane che non ha lavoro, pensiamoci. Credo che la cifra sia 75
milioni, in Europa. Credo, non sono sicuro, non voglio dire una cosa
che non c’è. Ma pensiamo ad un giovane: né, né. Né studia né lavora.
Entra in questa mancanza di orizzonte, di speranza, e la prima offerta
sono le dipendenze, tra le quali la droga. Questo... Le opportunità di
lavoro, l’educazione, lo sport, la vita sana: questa è la strada della
prevenzione della droga. Se si realizzano questi “sì”, non c’è posto
per la droga, non c’è posto per l’abuso di alcol e per le altre
dipendenze. La Chiesa,
fedele al mandato di Gesù di andare dovunque c’è un essere umano
sofferente, assetato, affamato, in carcere (cfr Mt25,31-46), non ha
abbandonato quanti sono caduti nella spirale della droga, ma con il suo
amore creativo è andata loro incontro. Li ha presi per mano, attraverso
l’opera di tanti operatori e volontari, perché potessero riscoprire la
propria dignità, aiutandoli a far resuscitare quelle risorse, quei
talenti personali che la droga aveva sepolto, ma che non poteva
cancellare, dal momento che ogni uomo è creato a immagine e somiglianza
di Dio (cfr Gen 1,26). Ma questo lavoro di recupero è molto limitato,
non è sufficiente. Bisogna lavorare sulla prevenzione. Questo farà
molto bene. L’esempio di
tanti giovani che, desiderosi di sottrarsi alla dipendenza dalla droga,
si impegnano a ricostruire la loro vita, è uno stimolo a guardare in
avanti con fiducia. Illustri
Signori, vi incoraggio a proseguire il vostro lavoro con sempre grande
speranza. Vi auguro il meglio e di cuore vi benedico. Grazie.
"No ad ogni tipo di droga"
video
Al
termine dell'udienza ai partecipanti alla International Drug
Enforcement Conference, ieri (20/06/2014) in Vaticano, Michele M.
Leonhart, a capo della Drug Enforcement Administration (Dea), l'agenzia
federale antidroga statunitense, ha consegnato al Papa una targa, un
distintivo e un attestato con la qualifica di "agente speciale
onorario" conferita a Papa Francesco. Lo si legge sull'Osservatore
Romano. A presentare l'evento al Papa è stato il direttore centrale per
i servizi antidroga del ministero dell'Interno italiano, Andrea De
Gennaro, generale della Guardia di Finanza.
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Piazza San Pietro
25 giugno 2014
L’udienza
generale di stamattina in Piazza S. Pietro, davanti a oltre 30 mila
fedeli, è l'ultima prima della pausa estiva del mese di luglio.
Il
Papa l’ha iniziata salutando, come di consueto da qualche settimana, le
persone ammalate o disabili radunate in Aula Paolo VI al riparo dal
caldo e, oggi in particolare, dalla pioggia che bagna Roma.
Un
incontro, come sempre partecipato, nel corso del quale Francesco si è
intrattenuto a lungo con le persone malate, molte delle quali in
carrozzella, salutandole personalmente e intrattenendosi con ciascuno,
tante foto, abbracci e non è mancato nemmeno lo scambio dello
zucchetto...
video
Uscendo
dall'aula Paolo VI il Santo Padre ha continuato a salutare i
fedeli radunati in attesa sulla piazza con la consueta affabilità che
ormai lo contraddistingue.
Particolare attenzione come sempre rivolge ai numerosi bambini che gli vengono porti per toccarli, benedirli, accarezzarli.
Un vero piacere vedere l'entusiasmo di tutti giovani, anziani, uomini, donne ragazzi...
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La Chiesa: 2. L'appartenenza al popolo di Dio
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Oggi
c’è un altro gruppo di pellegrini collegati con noi nell’Aula Paolo VI,
sono i pellegrini ammalati. Perché con questo tempo, fra il caldo e la
possibilità di pioggia, era più prudente che loro rimanessero là. Ma
loro sono collegati con noi tramite il maxischermo. E così siamo uniti
nella stessa udienza. E tutti noi oggi pregheremo specialmente per
loro, per le loro malattie. Grazie.
Nella
prima catechesi sulla Chiesa, mercoledì scorso, siamo partiti
dall’iniziativa di Dio che vuole formare un popolo che porti la sua
benedizione a tutti i popoli della terra. Incomincia con Abramo e poi,
con tanta pazienza - e Dio ne ha, ne ha tanta! -, prepara questo popolo
nell’Antica Alleanza finché, in Gesù Cristo, lo costituisce come segno
e strumento dell’unione degli uomini con Dio e tra di loro. Oggi
vogliamo soffermarci sull’importanza, per il cristiano, di appartenerea
questo popolo. Parleremo sulla appartenenza alla Chiesa.
...
video della catechesi
il testo integrale dell'udienza generale
video integrale
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
23 giugno 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“Gesù sempre difende, non dobbiamo mai accusare gli altri”
Chi
giudica un fratello sbaglia e finirà per essere giudicato allo stesso
modo. Dio è “l’unico giudice” e chi è giudicato potrà contare sempre
sulla difesa di Gesù, il suo primo difensore, e sullo Spirito Santo. Lo
ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa del mattino,
celebrata in Casa S. Marta
Usurpatore
di un posto e di un ruolo che non gli compete e, insieme, anche uno
sconfitto, perché finirà vittima della sua stessa mancanza di
misericordia. È questo ciò che accade a chi giudica un fratello. Papa
Francesco ha appena letto la pagina del Vangelo sulla pagliuzza e la
trave nell’occhio ed è subito chiaro nel distinguere: “La persona che
giudica – dice – sbaglia, si confonde e diventa sconfitta”, perché
“prende il posto di Dio, che è l’unico giudice”. Quell’appellativo,
“ipocriti”, che Gesù lancia più volte all’indirizzo dei dottori della
legge è in realtà rivolto a chiunque. Anche perché, osserva il Papa,
chi giudica lo fa “subito”, mentre “Dio per giudicare si prende tempo”:
“Per questo chi giudica sbaglia, semplicemente perché prende un posto che non è per lui. Ma non solo sbaglia, anche si confonde.
...
“L’unico
che giudica è Dio e quelli ai quali Dio dà la potestà di farlo”,
soggiunge Papa Francesco, che indica nell’atteggiamento di Gesù
l’esempio da imitare, rispetto a chi non si fa scrupoli nel trinciare
giudizi sugli altri:
“Gesù, davanti al Padre, mai accusa! E’ il contrario: difende! E’
il primo Paraclito. Poi ci invia il secondo, che è lo Spirito. Lui è il
difensore: è davanti al Padre per difenderci dalle accuse. E chi è
l’accusatore? Nella Bibbia, si chiama “accusatore” il demonio, satana.
Gesù giudicherà, sì: alla fine del mondo, ma nel frattempo intercede,
difende..
In
definitiva, chi giudica – afferma Papa Francesco, “è un imitatore del
principe di questo mondo, che va sempre dietro le persone per accusarle
davanti al Padre”. Che il Signore, conclude, “ci dia la grazia di
imitare Gesù intercessore, difensore, avvocato, nostro e degli altri”.
E di “non imitare l’altro, che alla fine ci distruggerà”:
“Se
noi vogliamo andare sulla strada di Gesù, più che accusatori dobbiamo
essere difensori degli altri davanti al Padre. Io vedo una cosa brutta
a un altro, vado a difenderlo? No! Ma stai zitto! Vai a pregare e
difendilo davanti al Padre, come fa Gesù. Prega per lui, ma non
giudicare! Perché se lo fai, quando tu farai una cosa brutta, sarai
giudicato. Ricordiamo questo bene, ci farà bene nella vita di tutti i
giorni, quando ci viene la voglia di giudicare gli altri, di sparlare
degli altri, che è una forma di giudicare”
Leggi tutto:
Il Papa: chi giudica gli altri è un ipocrita, si mette al posto di Dio
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
24 giugno 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“Preparare, discernere, diminuire: la vocazione del cristiano”
Un
cristiano non annuncia se stesso, ma il Signore. E’ quanto sottolineato
da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, nella
solennità della Natività di San Giovanni Battista. Il Papa si è
soffermato sulle vocazioni del “più grande tra i profeti”: preparare,
discernere, diminuire.
Preparare la venuta del Signore, discernere chi sia il Signore, diminuire perché
il Signore cresca. Papa Francesco ha indicato in questi tre verbi le
vocazioni di Giovanni il Battista, modello sempre attuale per un
cristiano. Giovanni, ha detto il Papa, preparava la strada a Gesù
“senza prendere niente per sé. Era un uomo importante: “la gente lo
cercava, lo seguiva perché le parole di Giovanni erano forti”. Le sue
parole, ha proseguito, arrivavano “al cuore”.
...
“Tre
vocazioni in un uomo: preparare, discernere, lasciare crescere il
Signore e diminuire se stesso. Anche è bello pensare la vocazione del
cristiano così. Un cristiano non annunzia se stesso, annunzia un altro,
prepara il cammino a un altro: al Signore. Un cristiano deve sapere
discernere, deve conoscere come discernere la verità da quello che
sembra verità e non c’è: uomo di discernimento. E un cristiano
dev’essere un uomo che sappia abbassarsi perché il Signore cresca, nel
cuore e nell’anima degli altri”.
Il Papa: il cristiano sa abbassarsi per annunciare il Signore
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
26 giugno 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“A me chi piace seguire?”
La
gente ha bisogno del «buon pastore» che sa capire e arrivare al cuore.
Proprio come Gesù. Ed è lui che dobbiamo seguire da vicino, senza farci
influenzare da coloro che «parlano di cose astratte o casistiche
morali», da quanti «senza la fede negoziano tutto con i poteri politici
ed economici», dai «rivoluzionari» che vogliono intraprendere «guerre
cosiddette di liberazione» politica o dai «contemplativi lontani dal
popolo».
È
proprio da questi quattro atteggiamenti che Papa Francesco ha messo in
guardia durante la messa celebrata giovedì 26 giugno, nella cappella
della Casa Santa Marta. Anzitutto il Pontefice ha posto in risalto come
fosse davvero tanta la gente che seguiva Gesù: «Pensiamo al giorno
della moltiplicazione dei pani, ce ne erano più di cinquemila». Era
gente che seguiva Gesù da vicino, «per le strade». E lo seguivano,
spiega il Vangelo, «perché le parole di Gesù davano stupore al loro
cuore: lo stupore di trovare qualcosa di buono, grande». Gesù «infatti
insegnava loro come uno che ha autorità, non come i loro scribi». Uno
stupore raccontato dal passo evangelico di Matteo proposto dalla
liturgia (7, 21-29).
«Il
popolo — ha affermato il Pontefice — aveva bisogno di insegnanti, di
predicatori, di dottori con autorità». E coloro che «non avevano
autorità» parlavano, ma le loro parole non raggiungevano il popolo,
«erano lontani dal popolo». Invece la novità era che «Gesù parlava un
linguaggio che arrivava al cuore del popolo, era una risposta alle loro
domande».
....
Dunque,
ha riepilogato il Pontefice, «queste erano le voci che arrivavano al
popolo». Eppure «nessuna di queste voci aveva la forza di riscaldare il
cuore del popolo». Gesù, invece, ci riusciva. E per questo «le folle erano stupite: sentivano Gesù e il cuore era caldo», perché il suo messaggio «arrivava al cuore» ed
egli «insegnava come uno che ha autorità». Infatti, ha proseguito,
«Gesù si avvicinava al popolo; Gesù guariva il cuore del popolo; Gesù
capiva le difficoltà del popolo; Gesù non aveva vergogna di parlare con
i peccatori, andava a trovarli; Gesù sentiva gioia, gli faceva piacere
andare con il suo popolo». Ed è lui stesso a spiegare «perché», ha
precisato il Papa citando le parole del Vangelo di Giovanni: «Io sono
il buon pastore. Le pecorelle sentono la mia voce e mi seguono».
È
esattamente «per questo che il popolo seguiva Gesù: perché era il buon
pastore». Certamente, ha rilevato il vescovo di Roma, «non era né un
fariseo casistico moralista; né un sadduceo che faceva gli affari
politici con i potenti; né un guerrigliero che cercava la liberazione
politica del suo popolo; né un contemplativo del monastero. Era un
pastore». Egli, ha aggiunto il Pontefice, «parlava la lingua del suo
popolo, si faceva capire, diceva la verità, le cose di Dio: non
negoziava mai le cose di Dio. Ma le diceva in tal modo che il popolo
amava le cose di Dio. Per questo lo seguiva».
Un
altro punto centrale messo in risalto dal Papa è che «Gesù mai si
allontana dal popolo e mai si allontana da suo Padre: era uno con il
Padre». È così che «aveva questa autorità e per questo il popolo lo
seguiva».
Proprio
«contemplando Gesù buon pastore» è opportuno, ha proseguito il
Pontefice, fare un esame di coscienza: «A me chi piace seguire? Quelli
che mi parlano di cose astratte o di casistiche morali? Quelli che si
dicono del popolo di Dio, ma non hanno fede e negoziano tutto con i
poteri politici ed economici? Quelli che vogliono sempre fare cose
strane, cose distruttive, guerre cosiddette di liberazione, ma che alla
fine non sono le strade del Signore? O un contemplativo lontano?».
Ecco
allora la domanda chiave da porre a stessi: «A me chi piace seguire?
Chi m’influenza?». Una domanda, ha concluso Francesco, che deve
spingerci a chiedere «a Dio, il Padre, che ci faccia arrivare vicino a
Gesù, per seguire Gesù, per essere stupiti di quello che Gesù ci dice».
Messa a Santa Marta-Quelli che parlano senza autorità
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
27 giugno 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“Per capire l'amore di Dio dobbiamo farci piccoli”
Abbiamo
un Dio «innamorato di noi», che ci accarezza teneramente e ci canta la
ninna nanna proprio come fa un papà con il suo bambino. Non solo: lui
ci cerca per primo, ci aspetta e ci insegna a essere «piccoli», perché
«l’amore è più nel dare che nel ricevere» ed è «più nelle opere che
nelle parole». È quanto ha ricordato Papa Francesco durante la messa
celebrata nella mattina di venerdì 27 giugno — giorno in cui ricorre la
festa del Sacro Cuore di Gesù — nella cappella della Casa Santa Marta.
La
meditazione del Papa ha preso spunto dalla preghiera colletta recitata
durante la liturgia, nella quale, ha detto, «abbiamo ringraziato il
Signore perché ci dà la grazia, la gioia di celebrare nel cuore del suo
Figlio le grandi opere del suo amore».
E
«amore», appunto, è la parola chiave scelta dal vescovo di Roma per
esprimere il significato profondo della ricorrenza del Sacro Cuore.
Perché, ha fatto notare, «oggi è la festa dell’amore di Dio, di Gesù
Cristo: è l’amore di Dio per noi e amore di Dio in noi». Una festa, ha
aggiunto, che «noi celebriamo con gioia».
Due,
in particolare, sono «i tratti dell’amore» secondo il Pontefice. Il
primo è racchiuso nell’affermazione che «l’amore è più nel dare che nel
ricevere»; il secondo in quella che «l’amore è più nelle opere che
nelle parole».
«Quando
diciamo che è più nel dare che nel ricevere — ha spiegato Papa
Francesco — è perché l’amore sempre si comunica, sempre comunica, e
viene ricevuto dall’amato». E «quando diciamo che è più nelle opere che
nelle parole», ha aggiunto, è perché «l’amore sempre dà vita, fa
crescere».
Il
Pontefice ha quindi tratteggiato le caratteristiche fondamentali
dell’amore di Dio verso gli uomini. E ha riproposto così alcuni passi
delle letture della liturgia del giorno, che, ha fatto notare, «due
volte ci parla dei piccoli». Infatti,
nella prima lettura, tratta dal libro del Deuteronomio (7, 6-11), «Mosè
spiega perché il popolo è stato eletto e dice: perché siete il più
piccolo di tutti i popoli». Poi, nel Vangelo di Matteo (11, 25-30),
«Gesù loda il Padre perché ha nascosto le cose divine ai dotti e le ha
rivelate ai piccoli».
Dunque,
ha affermato il Papa, «per capire l’amore di Dio è necessaria questa
piccolezza di cuore». Del resto Gesù lo dice chiaramente: se non
diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli. Ecco allora
la strada giusta: «farsi bambini, farsi piccoli», perché «soltanto in
quella piccolezza, in quell’abbassarsi si può ricevere» l’amore di Dio.
Non
a caso, ha osservato il vescovo di Roma, è «lo stesso Signore» che,
«quando spiega il suo rapporto di amore, cerca di parlare come se
parlasse a un bambino». E difatti Dio «lo ricorda al popolo:
“Ricordati, io ti ho insegnato a camminare come un papà fa con il suo
bambino”». Si tratta proprio di «quel rapporto da papà a bambino». Ma,
ha avvertito il Pontefice, «se tu non sei piccolo» quel rapporto non
riesce a stabilirsi.
Ed è un rapporto tale che porta «il Signore, innamorato di noi», a usare «pure parole che sembrano una ninna nanna».
Nella Scrittura il Signore dice infatti: «Non temere, vermiciattolo di
Israele, non temere!». E ci accarezza, appunto, dicendoci: «Io sono con
te, io ti prendo la mano».
...
Il
Pontefice ha concluso invitando i presenti a pregare il Signore perché
dia a ogni cristiano la grazia «di capire, di sentire, di entrare in
questo mondo così misterioso, di stupirci e di avere pace con questo
amore che si comunica, ci dà la gioia e ci porta nella strada della
vita come un bambino» tenuto «per mano».
(fonte: L'Osservatore Romano)
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Assicuriamo a Papa Francesco la nostra preghiera!!!
Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede
Per una improvvisa indisposizione il Santo Padre non si reca oggi
pomeriggio al Gemelli per la visita annunciata. Il Cardinale Scola
celebrerà la Messa e pronuncerà l’omelia preparata dal Santo Padre.
Pregate per me
Il dispiacere per il mancato
incontro con il Papa si trasforma in un momento di comunione per la
famiglia del Policlinico Gemelli. Nel pomeriggio caldo, in tanti
affollano il piazzale degli Istituti Biologici per partecipare alla
messa celebrata dal cardinale Angelo Scola. L’arcivescovo di Milano
legge l’omelia che Francesco aveva preparato in occasione della visita.
E’ l’amore di Dio il cuore del discorso del Papa, un amore declinato in
tanti aspetti...
Il Papa annulla la visita al Gemelli. L'omelia letta dal card. Scola
"Un
affaticamento dovuto alla sua vita intensa e carica di impegni, già
altre volte è stata rinviata una visita". In Vaticano spiegano
così il forfait di Francesco (invano atteso oggi pomeriggio al
Policlinico Gemelli da una folla di fedeli) e stoppano sul
nascere le speculazioni sulla salute del Pontefice.
Santa Sede: "Con la vita che fa il Papa è normale un affaticamento"
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Dalle
periferie alla prima fila. I poveri, gli ammalati, gli ultimi in
generale. Saranno loro i principali protagonisti della visita del Papa
a Cassano all’Jonio, la quarta in Italia dopo Lampedusa, Cagliari e
Assisi. Una visita che, a 48 ore dall’arrivo di Francesco in terra
calabrese, il vescovo della diocesi ospitante e segretario generale
della Cei, monsignor Nunzio Galantino, definisce «non un
modello, ma una modalità».
Mimmo Muolo: Galantino: con il Papa gli ultimi «in prima fila»
Il
Papa ci regala ogni giorno una parola sulla quale meditare. Per noi
preti è un maestro non solo nella dottrina e nella fede, ma anche nella
non facile arte della comunicazione. Francesco, come i suoi
predecessori, non inventa niente, ma attinge a piene mani al deposito
del cristianesimo: scrigno da indagare e da studiare, non da svendere o
barattare.
Maurizio Patriciello: Chiesa sempre più unita argine contro le cosche
Non
era mai accaduto che un Papa dicesse pubblicamente, senza giri di
parole, che «i mafiosi sono scomunicati». Papa Francesco l'ha fatto dal
pulpito, in una terra di mafia. Dopo quello alla frontiera di
Lampedusa, terra d'approdo di rifugiati e immigrati, dopo quello tra i
disoccupati della Sardegna, un nuovo viaggio italiano di Francesco
nelle periferie del Paese, in Calabria. È la «geografia» di un Papa che
predilige gli ultimi
Andrea Tornielli: Il coraggio di definire i mafiosi «adoratori del male»
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1)
La
newsletter è settimanale;
2) Il
servizio di "Lectio" a cura di fr. Egidio Palumbo alla pagina:
http://digilander.libero.it/tempo_perso_2/la_lectio_del_Vangelo_della_domenica.htm
3)
Il servizio omelia di P.
Gregorio on-line (mp3) alla pagina
http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm
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