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N. B. La Lectio a cura di Fr. Egidio Palumbo sarà sospesa e riprenderà in Ottobre
La Preghiera dei fedeli e l'Omelia vengono aggiornate appena disponibile (di norma rispettivamente la domenica e il lunedì)
Il 2 febbraio 2010
é nato il Blog di Tempo Perso
PIETRE VIVE
che viene aggiornato quotidianamente
e mette così a disposizione in modo facile e veloce
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NOTA
Articoli,
riflessioni e commenti proposti vogliono
solo essere
un contributo
alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.
Le posizioni espresse non sempre
rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione.
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(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Alex
Schwazer è indifendibile. Imperdonabile, vergognoso, senza dubbio
dopato. La lista degli aggettivi potrebbe andare avanti a lungo.
Purtroppo se li merita, su questo tutti d'accordo. Ma la scoperta della
sua truffa sportiva, di questo alla fine si tratta, ha prodotto un
curioso e ormai consueto effetto collaterale. Potremmo definirla come
una sindrome italiana, il piacere solo nostro di fare i piccioni sul
monumento crollato.
Sui
social media si leggono insulti e prese in giro davvero pesanti. Alcuni
anche di sfondo razziale: «In fondo non è neppure italiano». E nel 2008
quando vinceva la marcia a Pechino di dov'era, di Bisceglie? Certe
invettive non sono soltanto ingiuste. Sono anche stupide e sgradevoli.
Non aggiungono nulla alla rovina auto procurata di un ex campione, ma
denotano invece un piacere sadico, tanta voglia di infierire.
Meglio
ripeterlo ancora una volta: Schwazer ha fatto un errore gigantesco,
tradendo la fiducia di tanta gente che vedeva in lui un paladino dello
sport pulito. Ammettere la propria colpa, come lui ha fatto con un
gesto in effetti poco italiano, non basta. Pagherà un conto salato, con
la giustizia sportiva e non solo, come è giusto che sia. Ma infierire
su di lui è soltanto sadico...
Alex Schwazer «linciato» sul web: è la sindrome italiana di infierire
CONFERENZA STAMPA INTEGRALE (video)
Nella
triste vicenda che vede coinvolto Alex Schwazer, già campione a Pechino
nella 50 km di marcia, a colpire in particolar modo è ciò che lo ha
spinto a fare uso, in quasi assoluta autonomia (a quanto dice), di
sostanze dopanti.
Cosa
può portare un ragazzo di 27 anni, cresciuto in mezzo alla natura del
Sudtirolo, che ha praticato atletica in modo pulito per oltre dieci
anni, con già una medaglia olimpica in bacheca, ad acquistare e
iniettarsi dell’eritropoietina? Com’è possibile che un atleta che per
anni ha compiuto innumerevoli sacrifici allenandosi lontano dalla luce
dei riflettori, arrivi a tradire la fiducia di allenatore, amici,
fidanzata, parenti e tifosi?
Quando il risultato definisce l’uomo
Alex
è cresciuto in una famiglia che gli ha insegnato il rispetto, prima di
tutto per la verità, e non ce la faceva più a tenersi dentro questo
segreto che gli bruciava l’anima e che forse ora manderà in fumo un
pezzo del suo futuro. Alex sta male, ma un po’ di quel dolore dovremmo
provarlo tutti, specialmente quelli che fino a ieri erano orgogliosi di
professarsi suoi amici, i primi tifosi del campionissimo.
Invece,
un attimo dopo il suo autodafé, erano tutti lì, con il fucile puntato
come un Campriani, pronti ad annientare quello che a loro dire avrebbe
«sporcato» l’intero sport italiano. Piano, signori. Soprattutto voi,
vetusti ed eterni dirigenti dello sport italiano: quello che avete di
fronte è un ragazzo di 27 anni, solo, triste e che, in preda allo
sconforto, si sente addirittura finale («Sono finito»). Alex ha
sbagliato, certo, ma a sentire un popolo di giudici improvvisati viene
davvero il sospetto che abbia fatto probabilmente quello che nel Paese
dell’omertà non andrebbe fatto mai: autodenunciarsi. Nel Paese senza
memoria nessuno ricorda più che quattro anni fa quello stesso ragazzo,
stremato come un Dorando Pietri, andava a conquistare l’oro olimpico
della marcia sotto la muraglia cinese. Ora, nei suoi confronti, tutti
sanno soltanto alzare il muro dell’indifferenza e del disprezzo.
Ma
prima che tradire noi e le nostre menti che si nutrono di apparenze e
falsi miti, Alex ha tradito se stesso e solo per questo meriterebbe un
po’ di umana comprensione, non una condanna senza appello
Mano tesa a Schwazer, il campione fragile
L’uomo
non è solo il suo errore: stavolta, però, avverto che la responsabilità
è tanta. Perché negli inferi non ci va solo lui, ma l’intero popolo che
ai suoi piedi aveva legato la favola di un’Italia che non molla. In
quelle scarpe sudate e consumate è nascosto, oggi, un ragazzo che va
preso per mano e va aiutato a parlare, a trovare parole di denuncia e
di collaborazione, a trasformare lo strazio e il pentimento in feritoie
attraverso le quali far strada alla speranza per il futuro di molti
ragazzi. La carriera forse è finita, ma la vita continua. E nella vita
si può essere felici anche senza mettersi in società con il gatto e la
volpe. Di questa fatica Alex potrebbe diventare testimonial per ridare
colore a una storia che stamattina appare illeggibile e artefatta.
«Alex adesso rialzati, i giovani ti guardano»
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Uomini e donne anonimi campioni
del sacrificio quotidiano. Di palestre e di chilometri irrigati di
sudore e di promesse. Nomi che hanno guadagnato titoli sul podio ma
raramente sui giornali. Gente che avresti dovuto conoscere da sempre e
che invece ti sorprende tra un pianto e un sorriso sotto l’inno
d’Italia e la bandiera che sventola più alta. E ti scopri a commuoverti
per una medaglia di una disciplina di cui non conosci le regole.
Tonio Dell'Olio: Le Olimpiadi della vita
La Relazione annuale al
Parlamento sulle sostanze stupefacenti rivela che tra gli studenti è in
crescita l'uso di cannabis e stimolanti. Preoccupa la diffusione del
gioco d'azzardo.
Alberto Chiara: Droga, allarmante uso tra i giovani
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Brutta
notizia quella di abolire, assieme alla Consulta nazionale per il
Servizio civile, anche il Comitato per la difesa non armata. Era in
difficoltà, certo, privo di risorse e di prospettiva, prima ostacolato
e poi bloccato. Invece di ripensarlo e di riattivarlo, con la
“revisione della spesa” si è deciso di eliminarlo. E’ un cattivo
segnale. L’Italia si era dotata negli anni di un dispositivo giuridico-operativo di grande valore. Potevano (e possono) nascere “le forze disarmate”, i corpi civili di pace di pari dignità costituzionale di quelle armate. Le
spinte riarmiste di questi anni, alimentate dall’interesse di poche
grandi aziende e dall’illusione tragica di un rilancio economico
tramite l’industria militare, hanno ridato fiato alla logica più triste
e distruttiva. E’ necessario che
la società civile orientata alla pace sappia scuotersi di dosso la
sfiducia e la rassegnazione. Urge alzarsi in piedi per riaprire il
cantiere nonviolento dell’organizzazione di corpi civili non armati che
per tanti di noi, per molti esperti e per Tonino Bello è un capitolo
importante del “trattato scientifico” della nonviolenza attiva.
Costruire le forze disarmate! I corpi civili di pace!
Mentre associazioni e
giovani chiedono un ripensamento sulla chiusura della Consulta
nazionale, il Parlamento ha stanziato 30 milioni che si sommano ai 20
trovati dal ministro Riccardi.
Servizio civile, soldi e speranze Nell’ultimo
biennio alla crisi del servizio civile si è data una risposta
positivistica: occorrono più risorse pubbliche, per avviare più
volontari in servizio civile, in modo che gli enti di servizio civile
possano svolgere sempre più servizi.
Una
prospettiva non facile da realizzarsi, soprattutto in una fase in cui
le risorse pubbliche sono sempre meno disponibili… certo, vi è anche
una questione di allocazione delle risorse pubbliche, ma è quasi
superfluo segnalare come il servizio civile volontario sia decisamente
meno “sexy” rispetto ad altre possibilità di impiego di denaro
pubblico…. potremmo fare esempi che spaziano dagli “esodati”
all’investimento nelle strutture ed uffici deputati all’ordine pubblico.
A
fronte di tale situazione, poniamoci innanzitutto l’obiettivo della
qualità: il volontario in servizio civile deve innanzitutto essere
“necessario”… in primo luogo a sé stesso, nel senso che deve ricavare
con certezza da questa esperienza un qualcosa che gli sia utile per
essere sia un buon cittadino sia una persona che trova un’occupazione
soddisfacente e gratificante.
L’esperienza deve essere inoltre “necessaria” alla comunità in cui il volontario sarà inserito
Un servizio civile “abbondante e frugale”
Guarda i nostri precedenti post:
- Più soldi agli ospedali, meno alle armi - C’è un’Italia che non ne può più e dice basta.
- Il futuro del servizio civile, gli F35 e l'Italia che "ripudia la guerra"
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La
riflessione di don Renato sacco su persone e avvenimenti che in questi
primi giorni di agosto toccano la nostra coscienza o incoscienza.
Ci sono persone e avvenimenti che in questi primi giorni di agosto toccano la nostra coscienza o incoscienza...
In coscienza o incoscienza? di don Renato Sacco
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(SEGNALATO IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"
".. C’è sempre chi tenta di opprimerti la coscienza
ricordandoti la sposa e i figli. Forse le azioni che si compiono
diventano giuste solo perché si è sposati e si hanno figli? O forse
l’azione è migliore o peggiore solo perché la compiono anche altre
migliaia di cattolici? ... Si può allora anche mentire perché abbiamo
moglie e figli e per di più giustificarsi attraverso un giuramento?
Cristo stesso non ha forse detto: “Chi ama la moglie, la madre e i
figli più di me non è degno di me”? Per quale motivo preghiamo Dio e i
sette doni dello Spirito santo, se dobbiamo comunque prestare in ogni
caso cieca obbedienza? A che pro Dio ha fornito agli uomini un
intelletto e una libera volontà se non ci è neppure concesso, come
alcuni dicono, di giudicare se questa guerra che la Germania sta
conducendo sia giusta o ingiusta? A cosa serve allora saper distinguere
tra bene e male? ..." Franz Jagerstatter
(Testo tratto dalle annotazioni stese in carcere nel periodo successivo alla condanna -6.7.1943)
Franz Jagerstatter, profondamente cattolico, detestava il
nazismo e riteneva del tutto ingiustificata la guerra che esso aveva
scatenato.Ma nel febbraio del1943 arrivò la chiamata alle armi. Lo
Jägerstätter, coerentemente, rifiutò di presentarsi. Venne arrestato ai
primi di marzo per renitenza alla leva e portato nel carcere di Linz.
Su di lui fu esercitato ogni tipo di pressione, dalle lusinghe alle
minacce. Gli permisero persino di consultarsi con un paio di sacerdoti
cattolici, i quali gli consigliarono di cedere, almeno per amore delle
figliolette.Ma Franz Jägerstätter si sarebbe fatto tagliare la testa
piuttosto che giurare fedeltà al Reich. Fu ghigliottinato il 9 agosto
1943 a Berlino. Papa Benedetto XVI ha riconosciuto ufficialmente il suo
martirio il 1° giugno 2007. Franz Jagerstatter, vittima del nazismo in
odio alla sua fede, è stato beatificato il 26 ottobre 2007.
Per approfondire:
http://www.sanbartolomeo.org/memory.aspx?ln=it&id=5&m=1
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“Ecco, lo diciamo forte: è
davvero insopportabile questa retorica sulla guerra sempre più
incombente e asfissiante”. Molti preti da tutta Italia stanno in queste
ore condividendo la loro indignazione per il paginone su
Avvenire dedicato alle vittime della assurda carneficina in Afganistan,
anzi, a quelli che vengono chiamati “EROI PER LA PACE”…
PAX CHRISTI: Eroi per la pace o vittime della guerra?
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Sono
più di dodicimila, non mirano al profitto e vogliono cambiare il mondo.
Sono le imprese sociali italiane: cooperative, ma non solo, fotografate
dal secondo Rapporto di Iris Network, la rete italiana di ricerca su
questo spicchio di economia “utile senza gli utili” come l’ha definita
un recente studio della Camera di Commercio di Roma.
Ida Cappiello: Impresa sociale, utile senza l'utile
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L'ambulante
senegalese, aggredito verbalmente da due turisti sulla spiaggia di
Gonnesa, ha deciso di perdonare il furto ma non gli insulti razzisti.
Martedì sera ha così presentato una querela.
L'UNIONE SARDA: "Per il furto perdono, per gli insulti no"
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Un rumore di
serranda. Una bimba di colore, bava alla bocca e completamente nuda,
che scappa sul balcone di un palazzo chiaramente abbandonato. Subito
dopo di lei, alzando la serranda con le mani, esce un uomo a dorso nudo
con un pantalone talmente largo che faceva intravedere le parti intime,
lasciate senza copertura. Questa la scena che si è presentata gli occhi
di una donna, il medico chirurgo Maria Vittoria Cammarota, direttrice sanitaria del centro per la vita ‘Luigi Saccone’ di Pozzuoli
Iolanda Stella Corradino: Una storia di "ordinaria" indifferenza
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Quello che è accaduto qualche
giorno fa all'aeroporto di Katowice, nella Polonia meridionale, sta
indignando non solo l’opinione pubblica polacca. Una telecamera di
sorveglianza ha documentato una coppia che lascia la figlia di due anni
davanti allo sportello informazioni prima di partire per le vacanze. A
quanto riferiscono i media del Paese, il passaporto della piccola
sarebbe stato scaduto. I genitori, tuttavia, non volevano perdere
l’aereo.
CORRIERE: Lasciano la figlia di due anni in aeroporto e partono per le vacanze (video)
Lo hanno abbandonato in autostrada ad un parcheggio di uno dei tanti Mc
Donald's, il bambino visibilmente spaventato è stato poi aiutato da dei
passanti che hanno chiamato la polizia. Non si sa chi siano i genitori.
NET1: Bambino disabile abbandonato in autostrada, nessuno sa chi sia
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Oggi si gioca a calcio nel
cortile di Ghimbau. Maschi e femmine, tutti insieme, inseguono un
pallone in mezzo allo spelacchiato campetto dell’Istituto per bambini
abbandonati. A consigliarli su come toccare la palla sono i volontari
dell’Inter Campus, i ragazzi arrivati da Milano, per tenere dei
seminari di calcio che l’Inter Fc organizza per i ragazzini disagiati
in giro per il mondo. I bambini di Ghimbau sorridono, dentro le loro
belle casacche nerazzurre. Tutti hanno già delle pesanti condanne
penali sulle fragili spalle, l’Istituto ospita ragazzini che hanno
commesso gravi crimini. Furti. Stupri. Omicidi.
Marco Benedettelli: Romania, il dramma dei bambini abbandonati
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In Texas, l'ultima esecuzione
il 7 agosto; la prossima, dopo neppure un mese: il 22 agosto. La
mobilitazione della Comunità di Sant'Egidio. E il rapporto 2012 di
Nessuno tocchi Caino.
Stefano Pasta: Pena di morte, il boia non molla
(SEGNALATO IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"
Basta con le stragi in nome della religione!
PACE è il nome di Dio
Mai più violenza in nome di Dio!
Nigeria attaccata una chiesa
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Ignoranza, pregiudizio,
stereotipi hanno contribuito più a scaldare gli animi che a fare
chiarezza sulle questioni legate al dialogo interreligioso in Nigeria.
Quasi ogni nigeriano istruito vuole dire la propria, quasi fosse un
esperto, sul dialogo tra le fedi. Paradossalmente, questo sfrenato
entusiasmo su questioni così delicate e complesse è parte stessa del
problema: il fatto che tutti vogliano dire la loro, che tutti dicano di
sapere significa che sono poche le persone disposte ad ascoltare che
cosa gli esperti possono dire in materia.
Matthew Hassan Kukah: In Nigeria il dialogo non serve: parola di vescovo
Ha subito
una nuova aggressione la comunità del monastro di Deir Mar Musa, in
Siria, fondata dal gesuita Paolo Dall’Oglio, espulso in giugno dal
Paese insanguinato dalla guerra civile tra il regime di Assad e i suoi
oppositori.
POPOLI: Siria, nuova aggessione alla comunità di Deir Mar Musa
La risposta è
chiaramente «sì». Tuttavia noi siriani dobbiamo lavorare nei nostri
cuori per far sì che la riconciliazione sia il fine della nostra
azione, sapendo che non esiste riconciliazione possibile senza il
perseguimento di una democrazia pluralista e il rispetto dei diritti
umani. Queste sono le basi su cui costruire l’armonia futura,
attraverso il riconoscimento dei valori dell’altro.
Paolo Dall'Oglio: C'è ancora spazio per la riconciliazione in Siria oggi?
Un intervento militare
dall’estero rischierebbe di riprodurre scenari simili alla guerra in
Iraq. Lì i cristiani si sono dimezzati, mentre tutti vivono
nell'insicurezza.
Andrea Riccardi: Siria, lo spettro di un altro Iraq
Le guerre viste da
lontano. Ascolto cronache concitate ma necessariamente confuse dai
confini sicuri oltre cui la guerra vera si combatte. Cronache dei
sentito dire, del sembra, si dice, e non è certo colpa del
reporter. Di fatto un gran lavoro sulle agenzie di stampa
internazionali che raccolgono messaggi twitter o filmati confusi che
filtrano oltre la censura anche cibernetica del regime di Assad.
Ennio Remondino: La Siria invisibile della Rai e l'incubo sequestri dell'Aise
La Penisola si fa sempre più
turbolenta ma, in base al Trattato con Israele del 1979, l'Egitto non
può schierare le truppe necessarie a controllarla.
Fulvio Scaglione: Sinai, l'Egitto non può vincere
E'
la gente della Striscia sotto blocco israeliano che paga il costo del
pugno di ferro egiziano contro i jihadisti nel Sinai. Tornano i giorni
in cui a Gaza mancava tutto.
NEAR EAST NEWS AGENCY: Gaza, proteste per chiusura tunnel e valico Rafah
Un fallimento: si può
racchiudere così il senso degli editoriali africani che commentano il
vertice della Conferenza internazionale dei Grandi laghi svoltasi nei
giorni scorsi a Kampala. I paesi della regione avrebbero dovuto
raggiungere un accordo per il dispiegamento di una forza ‘neutra’
nell’est del Congo, teatro di una nuova ribellione che ha causato in
poche mesi mezzo milione di sfollati.
MISNA: Violenze in Kivu, se Grandi Laghi partoriscono un topolino
L’arcivescovo
di Osaka e presidente della Conferenza episcopale nipponica, mons.
Leone Ikenaga, invia il suo messaggio per gli annuali “dieci giorni per
la pace” indetti da Giovanni Paolo II nel 1981: “Il disastro di
Fukushima è ancora presente nei nostri cuori. Ma camminiamo sulla via
del rispetto per la vita umana”.
ASIA NEWS: Giappone - Pace è "amore e rispetto per la vita umana", guardando a Fukushima
Tomihisa Taue chiede "passi
concreti" per la conclusione della Convenzione sulle armi nucleari. E,
primo sindaco nipponico, auspica la messa al bando del nucleare nel Sol
Levante e l'uso di fonti alternative. Solidarietà e "sostegno continuo"
ai cittadini di Fukushima, vittime dell'incidente del marzo 2011.
ASIA NEWS: Giappone - Appello del sindaco di Nagasaki per un mondo senza armi atomiche
«Il discorso di Roberto
Scarpinato, a nostro parere, merita di essere diffuso nelle istituzioni
e nelle scuole, tra i concittadini onesti ed impegnati. A titolo di
merito per chi ha ricordato un pezzo della nostra storia con la
credibilità del proprio passato. Come monito alle tante persone che si
stanno formando una coscienza civile o a quelle che possono cedere alla
tentazione della disillusione e come esortazione a tener sempre un
comportamento esemplare ed onesto nell'interesse dello Stato
democratico e costituzionale. Non si tratta di discutere solo della
possibilità di un magistrato – dell'autorevolezza di Roberto Scarpinato
– di esprimere le proprie opinioni con la ponderazione e lo scrupolo
che derivano dalla delicata funzione svolta, ma anche di assicurare
alla collettività italiana il congruo bagaglio cognitivo ed
etico».
Lorenzo Frigerio: Scarpinato: sostegno pubblico di oltre 400 magistrati
Il caso del marciatore Alex
Schwazer è un nuovo duro colpo al mondo dello sport pulito.
Riproponiamo un documento fondamentale per capire le molteplici origini
del doping, la differenza tra le droghe e il doping, l'allarme
della US Drug Enforcement Administration(DEA) e il ruolo che la
criminalità organizzata ricopre nel traffico del doping.
LIBERA: Doping e criminalità organizzata: il dossier
Nel cuore di una delle zone nevralgiche della nuova mafia, una tranquilla cittadina di provincia che tanto tranquilla non è
Antonio Mazzeo: Falcone colonia di mafia fra Tindari e Barcellona
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"Il coraggio di sperare oggi"
HOREB n. 61 - 1/2012
TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI
Il
terzo millennio si è aperto sotto il segno della minaccia e la paura è
diventata compagna oscura della contemporaneità: paura del
nucleare, del degrado ecologico, della manipolazione
genetica, dell'invasione di "nuovi barbari", del trovarsi
disoccupati, della precarietà dell'esistere, e si ha l’impressione che
la speranza sia venuta meno nell’orizzonte della nostra cultura. Per
cui, oggi, ci si chiede non solo cosa sperare, ma in modo più radicale:
è possibile sperare?
Questo
navigare al buio e senza speranza, determinato da varie circostanze,
che a volte sfocia in forme di violenza, di indifferenza verso l’altro
o di rassegnazione, di per sé non si addice all’uomo, perché egli,
credente o non credente, non solo avverte il bisogno di speranza, “ma è
speranza”, egli sente il bisogno di oltrepassare lo scacco
dell’esistenza, seppure confusamente, avverte come un risucchio "in
avanti", una gravitazione sul futuro, verso una pienezza di senso.
Sperare
si inscrive nel bisogno profondo dell’essere umano. Per cui, nonostante
le paure e le continue frustrazioni, egli avverte che la speranza
gli consente di vivere, di perseverare, di mantenersi sveglio finché la
morte non sia inghiottita nella vittoria.
Giovanni
Crisostomo evidenziava: «Ciò che ci porta alla sventura non sono tanto
i nostri peccati quanto la disperazione». Pensiamo, allora, che è
urgente riflettere e coltivarsi come uomini di speranza perché essa ci
educa a non trascorrere i nostri giorni da rassegnati e a non concedere
mai, rabbiosamente, spazio alla distruzione.
La
speranza coltivata è seme dirompente che ci consente di camminare in
libertà e di scegliere ogni giorno la via della vita. Essa
consente, al credente e al non credente, di inserirsi nella dinamicità
degli eventi storici, di guardare in profondità gli avvenimenti e
di accettare il rischio delle scelte presenti con la costante
tensione al futuro. La speranza coltivata crea nell’uomo un
atteggiamento attivo, nutrito di coraggio e di fortezza d'animo,
che alimenta la resistenza nella sofferenza e la tensione nella lotta.
Essa dà un respiro fresco all’uomo e lo attiva a vivere il suo
impegno nel mondo, non perché rimanga quello che è, ma perché si
trasformi e diventi ciò che gli è promesso che diventerà.
È dentro questa prospettiva che si colloca la monografia del presente quaderno ..." (EDITORIALE)
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
XVIII TEMPO ORDINARIO -
Commento al Vangelo Gv 6, 24-35 di p. Alberto Maggi OSM
"Con
l’episodio della condivisione dei pani Gesù aveva voluto elevare la
folla a livello prima di uomini, poi di persone adulte, di persone
mature, ma la folla non ha voluto, voleva farlo re. Ha preferito la
sottomissione alla libertà che Gesù aveva loro proposto e Gesù era
scappato via. Ebbene
ora la folla lo rincorre, ne va in cerca - il verbo ‘ricercare’ nel
vangelo di Giovanni è sempre negativo, è sempre per catturare,
lapidare, uccidere Gesù – e, quando lo trova, si rivolge a lui
chiamandolo ‘Rabbi’. Rabbi è il maestro della legge, non hanno compreso
la novità proposta da Gesù, un rapporto con Dio completamente nuovo,
non più basato sull’obbedienza della legge, ma sull’accoglienza del suo
amore. ..."
Commento al Vangelo Gv 6, 24-35 di p. Alberto Maggi OSM
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VIZI CAPITALI - 7
AVARIZIA: avere, troppo avere questo è il problema di mons. Renato Boccardo
Possedere
è legittimo. Il problema inizia quando il danaro e i beni posseggono
noi. O ci ossessionano. Il denaro che lo spilorcio accumula senza sosta
è destinato ad essere conservato, a non essere mai speso: «Se spendo il
denaro - dice - viene meno il mio potere e non posso più consolarmi
nella certezza che quanto ho accumulato mi servirà in qualsiasi
momento».
La
Scrittura considera l’avarizia un grave peccato. Il denaro infatti
sfida Dio, giacché ne occupa il posto: «Nessuno può servire due
padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà
all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza»
(Mt 6, 24), dice Gesù. Se noi fossimo davvero liberi nei confronti del
danaro, ci risulterebbe così difficile pagare le imposte o le
contravvenzioni? CHE COS’È L’AVARIZIA?
Come
l’orgoglioso, il lussorioso ed il goloso, anche l’avaro è definito
peccatore e vizioso non perché ama un qualche bene di questo mondo, ma
perché il suo amore per questo bene è smisurato. Massimo il Confessore
spiega che il peccato inizia non con il possesso del denaro, ma con il
suo “cattivo uso”, quando cioè il danaro cessa di essere un mezzo e
diventa un fine (cf Centurie sulla carità, III, 4) . «Io sono ciò che
ho», ripete di sé l’avaro, e pone nell’avere la radice del suo essere.
Di ogni realtà egli cerca il dominio esclusivo, economicamente
quantificabile, e non un gioioso godimento. Esistono due specie di avarizia: materiale e spirituale.
Avarizia: avere, troppo avere questo è il problema di Renato Boccardo
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Subito
dopo aver annunciato ai suoi discepoli la necessità della sua morte e
resurrezione (Mc 8,31), Gesù, sul monte alto (il Tabor secondo la
tradizione), conosce un’esperienza di comunione con Dio che ha come
testimoni i tre discepoli più intimi: Pietro, Giacomo e Giovanni. La
Trasfigurazione avviene nella carne umana di Gesù e, a differenza della
resurrezione, ha testimoni oculari. Essa appare un’esperienza che ha
Dio come autore (come indica la forma passiva “fu trasfigurato davanti
a loro”): si tratta quindi del sì di Dio all’uomo Gesù, al suo
ministero, al cammino che egli sta compiendo verso Gerusalemme.
Trasfigurazione del Signore di Enzo Bianchi
...
Ora a noi, il Tabor e la Trasfigurazione cosa possono suggerire
nell’oggi della società e della Chiesa? Sembriamo paralizzati dalle
crisi odierne quando la crisi potrebbe addirittura diventare una…
opportunità per un cambio delle nostre priorità e dei nostri stili di
vita.
La
Chiesa stessa, nei suoi vari livelli e articolazioni, non deve
preferire maggiormente pratiche di luce e di trasparenza, di perdono e
di misericordia, di umanità, di opere giuste? Talvolta siamo tentati a
esorcizzare le paure e il vuoto spirituale con la pastorale delle
grandi concentrazioni, “con i segni del potere piuttosto che con il
potere dei segni” – come diceva don Tonino Bello. Nella Chiesa ci sono
tante paure da vincere salendo ancora sul monte per guardare dentro le
nubolosità della propria vita, e acquisire una spiritualità matura per
discernere strade in avanti, per scendere e accorgersi che ci sono già
tanti segni di speranza e di fraternità in atto dappertutto nel mondo...
TRASFIGURAZIONE: UNA DIVERSITÀ DI SGUARDO SULLA REALTÀ di Gianni Novello
Per approfondire:
"Il vangelo della trasfigurazione: esegesi biblico-spirituale" di Enzo Bianchi (audio)
DISCORSO 79/A SULLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE SUL MONTE di Sant'Agostino
Dal Sermone sulla Trasfigurazione del Signore di Pietro il Venerabile, abate di Cluny (pdf)
Vedi anche i nostri precedenti post:
- Trasfigurazione: riflessioni dalla lettera pastorale
1999-2000 del Cardinale Carlo Maria Martini “Quale bellezza salverà il
mondo?”
- La Trasfigurazione di Gesù è promessa per l'umanità sfigurata
- Lectio del Vangelo della domenica a cura di fr. Egidio Palumbo
- II domenica di Quaresima: la festa della Trasfigurazione
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Oggi è la festa della Trasfigurazione, la festa della luce, la festa della Pasqua.
Oggi
Gesù ci dice «forza discepoli, venite con me, andiamo sul monte,
andiamo lì sopra dove è più facile ascoltare la voce di Dio»...
Fratelli,
è bellissima la pagina difficile, che noi leggiamo anche nel cuore
dell'estate, il 6 di agosto, e possiamo dire che è una pagina difficile
per queste molteplicità. Comunque una cosa è certa: il suo orientamento
pasquale, il suo sapore pasquale che dice tante cose anche per noi e
che forse potremmo condensare in quei due verbi di una suggestione
unica che vengono espressi quando gli Apostoli cadono con il volto
prono a terra. È allora che Gesù si avvicina loro e dice: «Alzatevi e
non temete». Due verbi che sono chiaramente pasquali. «Alzatevi»:
alzarsi è lo stesso verbo che in greco cerca di mitigare la
resurrezione: risorgete, alzatevi, in piedi! Ci sono alcuni francesi
che in esegetica traducono «beati voi poveri» con «in piedi, poveri!»
Altri traducono: «in cammino, alzatevi, che aspettate!».
Vedete
quanta fame nel mondo, vedete quanta sete di giustizia, quante
implorazioni, quante braccia levate. Io non so se sono i miei
dormiveglia di febbricitante che a volte mi fanno immaginare questa
selva di braccia mirate in alto in attesa di liberazioni che sembra non
vengano da nessuna parte. Invece Gesù è venuto a liberarci e chiama
anche noi, vuole coinvolgere anche noi.
Alzatevi,
che state aspettando? Non vi accorgete che il mondo muore, che il mondo
soffre? «Alzatevi» significa anche questo. Lasciate la siesta,
l'assopimento delle vostre contemplazioni a volte narcisistico, il
vostro riduttivismo spirituale, la coltivazione della vostra vita
interiore senza slanci, senza sbocchi al di fuori, senza spinte.
«Alzatevi», dice prima di tutto a noi. «Alzatevi, muovetevi, uscite
dagli standard, uscite dalle vostre pigrizie, cambiate vita» perché è
facile che pure noi, persone consacrate, con tutti i propositi, i
progetti, si viva in termini non profondamente cristiani, non in
sintonia con Gesù Cristo e allora Gesù ci dice: «Alzatevi, praticate il
Vangelo», quello semplice e non l'altro...
ALZATEVI E NON TEMETE di Don Tonino Bello
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(SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"
San Domenico (video)
Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) (video)
San Lorenzo (video)
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Una curiosità su un'altra manna.
Esiste una manna che non cade dal cielo, si tratta della stilla dal
frassino...Oggi la manna si raccoglie solo in Sicilia, nella terra
selvaggia e splendente delle Madonie, precisamente nei comuni di
Pollina e Castelbuono. ... La manna costituisce anche una sostanza
farmacologicamente importante perché viene utilizzata contro diverse
patologie ...
C'è manna e manna... noi parliamo di quella siciliana
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Ore 9.30 (ora italiana)
in diretta dalla Basilica Francescana sul Monte Tabor Santa Messa in
live streaming sul sito internet www.fmc-terrasanta.org
6 agosto, in diretta dal Monte Tabor
http://www.livestream.com/franciscancenter
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Omelia della festa di San Lorenzo
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Questo è un mondo...
Spogliaci, Signore...
Gesù viene...
Abbé Pierre...
Alzatevi, non temete...
Speranza è...
Il credente è...
Il Signore Gesù...
San Domenico...
La sapienza è...
Più si fa...
Il vero amore...
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Il teologo risponde
Siamo
sicuri che Dio sia Amore? E se fosse indifferente alla nostra sorte? O
un misto di bontà e cattiveria e si divertisse ad aiutare alcuni e
infierire contro altri?
Quale atteggiamento deve tenere l’assemblea quando si portano al tabernacolo le ostie avanzate?
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La Bibbia in un frammento
Le pietre d'inciampo del Vangelo
"Quanto a quel giorno e a quell'ora nessuno lo sa, né gli angeli del cielo, né il Figlio ma solo il Padre".
(Matteo 24,36)
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
LA BIBBIA E LA SCIENZA DEI NUMERI
Anche
chi non ha una grande assuefazione coi testi sacri sa che essi sono
costellati di numeri che spesso non devono essere computati
quantitativamente, ma valutati qualitativamente, cioè come simboli.
Così, che la creazione dell’universo sia dalla Genesi distribuita nei
sette giorni della settimana, destinata ad avere il suo apice nel
sabato liturgico, è legato al fatto che il sette è un segno di pienezza
e perfezione, naturalmente coi suoi multipli. In questa luce si
comprende perché si scelgano nell’Apocalisse sette chiese, perché Gesù
ci ammonisca di perdonare non solo sette volte, ma settanta volte
sette, perché l’oro puro sia «raffinato sette volte», come si dice nel
Salmo 12,7, perché settanta siano gli anziani del «senato» costituito
da Mosè, settanta i discepoli inviati in missione da Gesù, settanta
siano gli anni dell’esilio babilonese e settanta settimane d’anni
scandiscano l’avvento finale del regno messianico, secondo il libro di
Daniele (9, 24).
La salvezza in una cifra di Gianfranco Ravasi
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In
occasione delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario
dell’apertura del Concilio Vaticano II, il 20 luglio 2012 , Raitre ha
trasmesso (21/07/2012) “Il papa buono” di Luigi Bizzarri.
Angelo
Giuseppe Roncalli, è stato eletto il 28 ottobre del 1958. Sarà papa
soltanto per 4 anni, 7 mesi e 6 giorni. Doveva essere un anziano “papa
di transizione”. In realtà ha operato la transizione della Chiesa
nell’avvenire, ha lasciato un ricordo indelebile ed ha scavato un solco
insormontabile tra un ‘prima’ e un ‘dopo’ nella storia della Chiesa del
nostro tempo.
Il film-documento “Il papa buono” ripercorre tutte le tappe della lunga
storia di Angelo Giuseppe Roncalli, figlio di contadini bergamaschi,
per capire chi fu veramente il 262 successore di Pietro, per capire
cosa ci sia, in realtà, dietro quell’etichetta di ‘papa buono’:
un’etichetta che rischia di essere riduttiva fuorviante, rischia di
evidenziare solo la melassa dei sentimenti, le immagini rassicuranti e
non gli spigoli, i tagli, le incisioni profonde da lui operate nel
corpo della Chiesa.
Non si capisce in realtà Giovanni XXIII se non si considera che in lui
ci fu bontà, non sprovvedutezza, semplicità non semplicismo,
disponibilità non credulità, coraggio non temerarietà, speranza non
illusione.
Ai prelati della curia aveva detto: “La chiesa non è un museo da
custodire, ma un giardino da coltivare”. Ai diplomatici della Santa
Sede aveva suggerito: “Scuotete la polvere imperiale accumulata sul
trono di Pietro da Costantino in poi”. Ai custodi della fede aveva
ricordato: “la Chiesa deve usare la medicina della misericordia, non la
severità della condanna”.
Fu un antesignano dell’ecumenismo; diceva ai cristiani di tutte le
fedi, d’Oriente e d’Occidente: “Cerchiamo sempre ciò che ci unisce, non
ciò che ci divide”.
Fu difensore del popolo ebraico perseguitato e si adoperò per mettere
in salvo gli ebrei in fuga che transitavano dalla Turchia diretti in
Palestina; a loro scrisse: “Sento costantemente le vostre voci”.
Primo fra i Pontefici di Roma iniziò la politica del disgelo nei
confronti del nemico di sempre: l’Unione Sovietica; disse “È giunto il
momento di distinguere l’errore dall’errante”.
Stupì e rinnovò la Chiesa intera con l’indizione del Concilio Vaticano
II: 2778 i partecipanti: 7 patriarchi, 80 cardinali, 1619 arcivescovi e
vescovi, 975 Superiori Generali, 400 teologi.
Memorabile il suo discorso d’apertura “Gaudet Mater Ecclesia” in cui
preannuncia l’avvento di una nuova Chiesa, che sappia parlare al mondo
moderno, che non pronunci condanne ed anatemi, che s’incontri con i
fratelli separati.
E poi la visita ai piccoli malati del “Bambin Gesù”, la visita ai
carcerati di Regina Coeli, le sue visite nelle parrocchie dei quartieri
più desolati e poveri di Roma, il viaggio ad Assisi e a Loreto. Infine
la malattia lunga, lenta, dolorosa e poi la fine, il giorno dopo la
domenica di Pentecoste: il3 giugno 1963.
Straordinarie ed esclusive le testimonianze dell’ assistente di camera
Gusso, del segretario mons. Capovilla, dell’esponente della comunità
ebraica Saban, dell’operatore televisivoLazzaretti che documentò quei
gesti e quelle parole ancora scritte nel cuore di tanti.
"IL PAPA BUONO - Angelo Giuseppe Roncalli" (video)
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“Se
si colpisce l’uomo, si colpisce Dio”. Questa sua certezza fu la
costante delle sue sfide per e con l’uomo, per e con tutti gli esseri
umani, in primo luogo per e con i più sofferenti, i sans-papiers, i
senza tetto, i senza ideale, i senza famiglia, gli affamati di pane e
di amore. “Un solo innocente maltrattato davanti a noi o che vede i
suoi diritti maltrattati mentre i nostri cuori restano inerti, senza
passione, è sufficiente a rendere immondo l’universo intero”. L’Abbé
Pierre non si accontentava di indignarsi. Passava subito all’azione. A
dispetto della malattia e della fatica non abbandonava mai nessuno.... Era
nato il 5 agosto di cento anni fa a Lione, Henri Grouès, meglio noto
come Abbé Pierre, fondatore del movimento internazionale di solidarietà
per la giustizia “Emmaus”. Scomparso nel 2007, dedicò la propria vita
alle cause più nobili, come la lotta alla fame e alla povertà e
l’impegno in favore della democrazia. Tanti gli eventi
previsti in Francia per commemorare questo centenario: ad Estevile,
vicino Rouen dove l’Abbé Pierre è sepolto, oggi viene inaugurato un
nuovo Centro Emmaus, mentre nella sua città natale, il 30 giugno
scorso, gli è stata intitolata una piazza nel quartiere popolare di
Duchère: si tratta di uno spazio ampio con al centro una fontana e
circondato da tre livelli di gradinate ...
Cento anni fa nasceva l'Abbé Pierre, fondatore della Comunità Emmaus
L'Abbé Pierre di Graziano Zoni (Pdf)
Abbé Pierre, cent'anni di profezia
VEDI ANCHE I NOSTRI POST PRECEDENTI:
- Per ricordare l'Abbé Pierre nel centenario dalla nascita: “Rendiamo illegale la miseria” - “Tutte le sfide dell'Abbé Pierre”
- L'intervento di don Luigi Ciotti a Roma per il centenario della nascita dell'Abbé Pierre
- «Amore, nome moderno dei diritti umani» di Abbé Pierre (inedito)
- Un ricordo dell'Abbè Pierre
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Su Panorama dialogo (esclusivo) con il monaco che non porta la croce e
da quasi 50 anni accoglie, nella sua comunità di Bose, uomini e donne
d'ogni credo
Il
padre, stagnino, promise alla madre che non avrebbe mai portato con sé
sui tetti l’unico figlio, ad aggiustare grondaie. Era però scritto che
Enzo Bianchi salisse in alto, in piena umiltà, e rischiasse del suo per
gli altri, e ascendesse per poi discendere, le mani sporche di cosa
buona. È quello che viene da pensare trovandoselo di fronte, la voce
che già racconta chi è l’uomo: calda, profonda, autorevole, con una
raschiatura sul fondo, costante. Enzo Bianchi è un gigante con il volto
da elfo. E quando l’elfo parla, il silenzio ovunque si fa grato, perché
questo dottore in misericordia, con la laurea in economia in tasca e
Dio nell’anima, è un intellettuale finissimo, un religioso puro,priore
della comunità monastica di Bose(Biella) da lui fondata nel ’65,
aperta a uomini, donne, protestanti, ortodossi, cattolici: qualcosa di
rivoluzionario in tempi di integralismi religiosi e di nazionalismi
antirazziali. Scrive libri, pareri; raramente si concede per festival e
tv, quasi mai per interviste.
Fra
le parole a lui più care c’è "parresia", dal greco, il coraggio di
parlare, la libertà di dire. Bianchi ammette fatiche ("La cella
all’inizio è una prigione, con la sua solitudine"); ricorda ferite
inferte ("Mio padre era un anticlericale, si sentì tradito dalla mia
scelta. Mia madre, morta quando avevo 8 anni, era molto credente,
invece"); si misura col dubbio ("Si fanno domande a Dio e da giovani si
sentivano subito le risposte"); e, senza paura, guarda in faccia i
volti del male.
Enzo Bianchi: vi spiego cos'è (oggi) il Male
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«Inferno» è ormai una parola un po’ desueta, anche nel linguaggio
religioso: abbiamo pensato di soffiar via la cenere che si era
depositata su questo argomento incandescente (l’immagine del fuoco,
come vedremo, è capitale) e di riproporne qualche aspetto. L’inferno è
stato un po’ ostracizzato per ragioni diverse. C’è chi lo considera il
reperto di un paleolitico spirituale ormai ammuffito e, al massimo, col
filosofo francese Jean-Paul Sartre (1905-1980), proclama che «l’inferno
sono gli altri», ossia il prossimo crudele o noioso. C’è invece chi
afferma in modo perentorio, citando il poema edito postumo (1886) La
fine di Satana di Victor Hugo (1802-1885), che «l’inferno sta
tutto intero in questa parola: solitudine», la quale è il campo da
gioco di Satana. C’è pure la ben fondata convinzione del filosofo
ottocentesco americano William James (1842-1910), secondo il quale
«l’inferno di cui parla la teologia non è peggiore di quello che noi
creiamo a noi stessi in questo mondo». Ed effettivamente, come con la
grazia divina accolta e vissuta in noi già si sperimenta il paradiso
della salvezza, così chi pecca e odia già è insediato in uno di quei
gironi simbolici che mirabilmente Dante ha tratteggiato e popolato nei
canti del suo Inferno.
Dopo
tutto, già san Giovanni metteva in bocca a Gesù queste parole: «Chi non
crede è già stato condannato» (Gv 3,18). Che l’inferno, poi, sia vuoto
lo si è ripetuto sbrigativamente sulla base di una riflessione ben più
ponderata e articolata del famoso teologo Hans Urs von Balthasar
(1905-1988): si dev’essere invece consapevoli che, se è vero che
immensa è la misericordia di Dio, superiore non solo al nostro peccato,
ma alla stessa sua giustizia, come già insegnava anche l’Antico
Testamento (cf Es 20,5-9; 34,6-7), è altrettanto vero che esiste la
libertà umana, presa sul serio da Dio che la rispetta fino alle sue
estreme conseguenze, anche quella del rifiuto radicale e totale del
bene e dell’amore.
Il fuoco freddo dell'inferno di Gianfranco Ravasi
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Cinquant’anni fa Giovanni XXIII annunciava il Concilio Vaticano II.
Cinquant’anni sono un arco di tempo significativo per una lettura di
quella «nuova pentecoste» che ha attraversato la Chiesa cattolica e il
suo rapporto con le altre confessioni cristiane, con le altre religioni
e il mondo contemporaneo.
I
«padri conciliari» ancora vivi sono pochissimi e più nessuno esercita
ancora un ministero pastorale (il teologo Joseph Ratzinger vi prese
parte come «perito»), abbondano ormai studi e ricostruzioni storiche
basate su archivi, diari e documenti di ogni tipo... Eppure la lettura
non può essere «distaccata» perché le energie spirituali suscitate e i
cambiamenti innestati dal Concilio sul tronco vivo e vitale della
tradizione bimillenaria della Chiesa sono attualissimi ancora oggi,
nonostante vi sia chi, anche nella Chiesa purtroppo, lavora contro
quella che Giovanni Paolo II definì «la grazia più grande fatta da Dio
alla Chiesa del XX secolo… l’evento ecclesiale più significativo e
determinante».
"Cinquant'anni dopo il Concilio" di Enzo Bianchi
Leggi anche i nostri precedenti post:
- "Il Concilio dei poveri" di mons. Luigi Bettazzi
- "Il Vaticano, il Vangelo e Machiavelli" di mons. Luigi Bettazzi - "La Chiesa e il Concilio" intervista a p. Bartolomeo Sorge
- Non si dimentichi il Concilio di Francesco Pierli
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Furono ben
ventitré le donne presenti al Concilio Vaticano II e con un ruolo
tutt’altro che simbolico. Capaci di determinazione, con prospettive
innovative e per una parità di genere nella Chiesa.
Martedì
8 settembre 1964, nell’aula delle udienze a Castel Gandolfo, Paolo VI
ufficialmente annunziò la presenza di uditrici al Concilio e, il 25
dello stesso mese, entrò in aula la prima donna, la francese
Marie-Louise Monnet, fondatrice del Movimento Internazionale
dell’Apostolato dei Ceti Sociali Indipendenti (miamsi).
Dal
settembre 1964 al luglio 1965 furono chiamate in tutto 23 uditrici: 10
religiose e 13 laiche, scelte perlopiù secondo criteri di
internazionalità e di rappresentanza...
Donne al Concilio
La
storia dei concili della Chiesa è sempre stata articolata e densa di
sorprese, teologiche, umane e, purtroppo, anche politiche. Una certezza
però ha sempre guidato i lavori dei Padri conciliari e dei loro periti:
lo Spirito soffia, anima ma anche placa le bufere.
Con
il Vaticano II il soffio di novità, nella storia dell’umanità e della
Chiesa, è stato davvero inedito: ventitré donne furono presenti,
convocate l’8 settembre 1964 da Paolo vi come uditrici e, perciò
stesso, configurate da un avverbio che ne avrebbe limitato i compiti
ma, forse, accresciuta la responsabilità: “simbolicamente”.
La
rottura con i secoli passati però si era compiuta. Adriana Valerio
(Madri del Concilio. Ventitré donne al Vaticano II (Roma, Carocci
Editore, 2012, pagine 165, euro 16) presenta le personalità delle
ventitré convocate...
Le madri del Vaticano II
...
Piuttosto, libri come questo di Adriana Valerio fanno capire quanto
velocemente e radicalmente sia cambiato il mondo – anche un mondo lento
come quello della Chiesa – grazie alla rivoluzione delle donne. Già
nell'enciclica Pacem in terris Giovanni XXIII aveva riconosciuto
l'emancipazione femminile come un importante e positivo «segno dei
tempi», e molti cardinali e vescovi appoggiarono la proposta di Paolo
VI di aprire le porte del Concilio alle uditrici. La scelta delle
invitate fu comunque faticosa, anche se la loro presenza avrebbe dovuto
essere simbolica – così la definì Papa Montini – non avendo diritto né
di parola né di voto. Invece, le uditrici parteciparono attivamente ai
gruppi di lavoro, presentarono memorie e contribuirono con la loro
esperienza alla stesura dei documenti, in particolare su temi come la
vita religiosa, la famiglia, l'apostolato dei laici...
Rivoluzione femminile al Concilio di Lucetta Scaraffia
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A
Padre Franco nell'anniversario della sua ordinazione presbiterale,
avvenuta l’8 agosto 1969, gli auguri di Quelli della Via
Intervista a mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento
Non
è facile occupare l'ultimo posto della fila, perché «rischi di essere
dimenticato o lasciato indietro». In tutte le classifiche «Agrigento è
all'ultimo posto. Solo per il tasso di infiltrazione mafiosa siamo i
primi». Monsignor Montenegro non ama i toni apocalittici. «Come Chiesa
non si tratta di andare "contro", ma di guardare alla realtà e
impostare un cammino che porti a fare scelte diverse: se una stanza è
al buio non chiedo al buio di andare via, ma faccio entrare la luce. La
violenza si combatte in questa maniera» Messinese,
66 anni, già presidente di Caritas Italia, Francesco Montenegro ha un
linguaggio che procede spesso per immagini semplici che sminuzzano
anche discorsi difficili. Uno stile che lo rende vicino alla sua gente,
come la vespa («è blu, d'ordinanza») che usa per girare in città.
D'altra parte dice di "tifare" per un altro vescovo del Sud,don Tonino Bello,
che aveva scritto di una «Chiesa senza pareti e senza tetto». Icona che
per lui si è concretizzata letteralmente quando è diventato arcivescovo
di Agrigento: «Sono arrivato in diocesi e la cattedrale non c'era. Non
sappiamo cosa accadrà, siamo precari». Nello studio ricavato nella
parte agibile del palazzo arcivescovile, dal terrazzo che guarda fino
al mare e ingloba buona parte della diocesi, è possibile ammirare il
tramonto sulla Valle dei templi. Da dove Giovanni Paolo II, il 9 maggio
del '93, aveva lanciato il famoso grido: «Mafiosi convertitevi, verrà
un giorno il giudizio di Dio». Quando è arrivato in diocesi, Montenegro
ha notato che la parola «mafia» era assente nei discorsi dei suoi preti
e nella catechesi. L'ha rimessa in circolazione, in convegni diocesani
e nelle feste popolari. E, a inizio luglio, ha negato la celebrazione
eucaristica ai funerali religiosi di Giuseppe Lo Mascolo, ritenuto il
vicecapo della mafia di Siculiana.
Cristiani "sapidi" contro l'omertà
Da Jesus di Agosto: UNA CITTA', UNA DIOCESI - AGRIGENTO
...
«Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Camilleri non potevano che
nascere qui», dice don Petrone citando «l'irredimibilità» di una terra,
dove «il cambiare tutto per non cambiare nulla è più che mai attuale».
Le eccellenze, aggiunge il sacerdote, soprattutto le vivacità
individuali, non mancano, ma insieme alle poche iniziative culturali di
qualità – come i lavori dell'Accademia di studi mediterranei e la
Settimana pirandelliana che da tutt'Italia porta ad Agrigento oltre
mille ragazzi – non riescono a far decollare il territorio...
Carità e cultura contro l'abbandono
Vedi anche i nostri precedenti post:
- Mons.Montenegro:"Se la mafia c'è è anche colpa nostra" - Niente funerale ad boss della mafia
- “Non
abbiate paura, io ho vinto il mondo” - La lettera di Pasqua -
Riflessione Venerdì Santo - Omelia Messa crismale - di Mons Francesco
Montenegro - Arcivescovo di Agrigento
- "Le feste patronali siano fedeli al Vangelo e all'uomo" di mons. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento
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Primo cardinale europeo a
visitare il Continente nero e primo Papa ad indirizzare un documento ai
popoli dell'Africa, Giovanni Battista Montini viene ricordato per
questo suo aspetto meno noto, sulle pagine dell'Osservatore romano, a
34 anni dalla morte, avvenuta a Castelgandolfo il 6 agosto del '78.
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1)
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newsletter è settimanale;
2) Il
servizio di "Lectio" a cura di fr. Egidio Palumbo alla pagina:
http://digilander.libero.it/tempo_perso_2/la_lectio_del_Vangelo_della_domenica.htm
3) Il servizio omelia di P.
Gregorio on-line (mp3) alla pagina
http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm
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