"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°52 del 2013

Aggiornamento della settimana

- dal 21 al 27 dicembre 2013 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 3 gennaio 2014          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

    di P. Gregorio Battaglia
  di P. Aurelio Antista
  di P. Alberto Neglia

 
N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 









“Torniamo a sperare come primavera torna ogni anno a fiorire.
DAVID MARIA TUROLDO
BUON ANNO








I NOSTRI TEMPI

  (GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)


Vergogna e orrore...


Miracolo natalizio. Ciò che non è stato possibile per mesi, è diventato possibile nel giro di ventiquattr’ore. Tutte le persone trattenute nel centro di prima accoglienza di Lampedusa, salvo, assurdamente, i diciassette sopravvissuti al naufragio di ottobre, sono state trasferite in altri centri sulla terra ferma.
Non erano bastate le foto dei materassi gettati per terra, i resoconti giornalistici di povera gente, inclusi molti sopravvissuti del naufragio di ottobre, ammassata in condizioni disumane. La commozione dei politici nel giorno dei funerali era servita solo per consentire loro un’ennesima passerella sui telegiornali. Poi l’attenzione dei politici e dei responsabili si è spostata altrove.
Forse non sarebbe bastato neppure il video delle docce antiscabbia a chiudere una struttura che dovrebbe funzionare solo come tappa di transito veloce. ...
Perché l’indignazione, questa volta, avesse un seguito pratico per i profughi c’è voluto il gesto di un politico che ha preso sul serio il proprio mandato, che non ha sofferto di amnesia, soprattutto che non si è limitato a una visita rituale di solidarietà, e neppure a denunciare, ma è andato a condividere l’intollerabile. Onore quindi a Khalid Chaouki, “nuovo cittadino” che ha preso sul serio la responsabilità di difendere le condizioni di civiltà che il nostro paese dovrebbe garantire a tutti...

  I diritti ignorati dei migranti di Chiara Saraceno


La scelta del deputato Khalid Chaouki, responsabile Nuovi Italiani del Pd, che si autoreclude nel Centro di accoglienza di Lampedusa con i 219 migranti lì trattenuti in violazione della legge e in condizioni disumane, è un gesto inedito di condivisione. Un gesto davvero onorevole perché nobilita la funzione del parlamentare, chiamato a farsi prossimo di una sofferenza che ha generato scalpore ma che finora non ha rotto il muro d’indifferenza delle istituzioni.
Chaouki è un giovane cittadino italiano nato in Marocco di fede musulmana, da tempo impegnato nel dialogo contro ogni forma di integralismo. Non stupisce che incontrando i superstiti del naufragio del 3 ottobre scorso ancora detenuti a Lampedusa, e gli altri migranti in sciopero della fame contro il trattamento umiliante che loro stessi hanno filmato, sia scattato in lui un impulso d’immedesimazione. Non lo aveva programmato, aveva in tasca il biglietto aereo di ritorno a Roma. Proverà cosa vuol dire dormire al freddo e nella sporcizia di quella struttura diroccata che in troppi visitano per poi voltarle le spalle.
Il suo esempio testimonia quant’è importante che sia approdata in Parlamento l’esperienza di vita dei nuovi italiani, ormai una percentuale significativa della nostra popolazione. Ma sarebbe miope relegare la sistematica violazione dei diritti umani dei migranti a questione marginale, riguardante solo una sia pur cospicua minoranza. La negligenza delle strutture amministrative coordinate dal ministero degli Interni nel tutelare profughi e richiedenti asilo, così come la prolungata reclusione nei Centri di Identificazione e Espulsione di cittadini stranieri privi di documenti in regola, configura un degrado di civiltà cui sarebbe pericoloso assuefarsi. Deturpa la natura democratica dello Stato e quindi incrina i pilastri della nostra convivenza civile...

  Il nuovo italiano Chaouki e la politica che si fa onorevole di Gad Lerner

Cinque euro le somale, dieci le eritree, tredici le nigeriane. Il tariffario della prostituzione gira di bocca in bocca al centro richiedenti asilo, al bar, in mensa, negli uffici. Insieme alla “classifica” delle ragazze, giovani, giovanissime, molte anche minorenni.
«Lo sanno tutti, compresi i mediatori culturali e la direzione, si girano dall’altra parte e fanno finta di non vedere. Qui dentro c’è un giro di prostituzione spaventoso e gli operatori del Cara sono i primi a “beneficiarne” in tutti i sensi. Dentro e fuori, perché oltre che nelle stanze del villaggio, poi molte ragazze le vediamo ferme in attesa di clienti in strada, sulla Catania-Gela, a poche centinaia di metri dal centro. È davvero una vergogna che queste ragazze vengano sfruttate, umiliate per pochi spicciolie nessuno faccia niente».
Chi parla è uno degli operatori della Comunità di Sant’Egidio che al Cara di Mineo (4000 ospiti gestiti dal Consorzio calatino Terre di Accoglienza) lavora ormai da tempo, che con quelle ragazze (anche loro come tutti gli altri costrette a rimanere al centro per mesi e mesi in attesa dell’esito dell’istruttoria sulla richiesta di asilo) cerca di costruire un percorso di integrazione...

  LA VERGOGNA AL CARA DI MINEO: “COSTRETTE A PROSTITUIRSI PER CINQUE EURO”  di Alessandra Ziniti


Non c’è l’inferno qui dentro. «Il nostro problema è uno solo. È la libertà. Abbiamo scritto la lettera a papa Francesco, che è il santo della povera gente, dei disgraziati come noi, per ringraziarlo e per chiedergli di venirci a vedere». Chiedono «un’opportunità», aggiunge il direttore del Centro per la cooperativa Auxilium (che la gestisce), Vincenzo Lutrelli. Una decina di loro quattro giorni fa si era cucito la bocca e aveva portato fuori i materassi per restare all’aperto. Poi, «in segno di rispetto del Natale», hanno sospeso la protesta. Ieri sera sono usciti nuovamente, in un cortile interno illuminato da poche luci e chiuso da sbarre alte. Siamo dentro con loro, «non abbiamo fatto e non faremo nulla di sbagliato, protestiamo con civiltà», giurano. Nel freddo. Sotto la pioggia...
L’Italia li ha aiutati, ha aperto loro le porte «e noi vi ringraziamo. Ma non abbiamo più dignità...

  Ponte Galeria: «Noi prigionieri della burocrazia» di Pino Ciociola

Vedi anche il nostro precedente post:

  Agghiaccianti immagini dal centro di prima accoglienza di Lampedusa

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Il deputato del Pd si è barricato ieri nel centro di accoglienza dell'isola per protestare contro il mancato trasferimento dei superstiti del naufragio di ottobre e dell'autore del video che ha fatto finire la struttura nella bufera. "E' una situazione assurda alla quale va posto rimedio". La società di gestione: "Non risulta che ci sia stato revocato l'incarico"

  REPUBBLICA:  Lampedusa, prima notte al Cpa per Chaouki: "Quanta disperazione tra gli immigrati"


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SEGNALATO IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"

".. il Natale di Baghdad è coperto di sangue: la bomba contro la chiesa, un'altra bomba in un mercato. Sono ormai 8 mila i civili uccisi in Iraq nel 2013 dalla violenza politica e settaria. E i cristiani, che erano un milione e mezzo nel Paese prima della cacciata di Saddam Hussein nel 2003, sono ora ridotti a un terzo. ... I morti del giorno di Natale a Baghdad sono, anche, vittime della nostra miopia, dei nostri luoghi comuni, della nostra banalità."

  Bagdad, la "nostra" strage di Natale

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FEDE E
SPIRITUALITA'

 

NELLA SOBRIETÀ IL FUTURO DELLA TERRA 

HOREB n. 66 - 3/2013


TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI

I tifoni sempre più violenti che si ripetono in modo più frequente in varie parti di questo nostro mondo, provocando morte e distruzione di intere città ci lasciano sbigottiti e ci fanno dire che il clima è impazzito.
Sì il clima è impazzito, ma la responsabilità di questo stravolgimento è legata al delirio dell’uomo che, dimenticando la sua vocazione di essere custode del creato, pensa di esserne il padrone e, coltivando un atteggiamento feroce nei riguardi del pianeta terra, provoca, con le proprie scelte consumistiche,
inquinamento, desertificazione e morte.
 Scienziati accreditati ci ricordano che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è al limite di guardia. Le emissioni di gas serra continuano a crescere del 2-3% l’anno a causa della deforestazione e dei combustibili fossili: petrolio, carbone e metano. Ci attende una tragedia con conseguenze devastanti: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, tempeste.
L’inquinamento dell’acqua, dell’aria, della terra, quindi, è la conseguenza di un rapporto scorretto tra l’uomo e l’ambiente, un rapporto innaturale tra natura ed esistenza, un rapporto violento tra creature volute e pensate da Dio per vivere in pace. La natura è oggi, in più maniere, violentata. Il fenomeno è preoccupante per la sua ampiezza a scala mondiale, per la vastità a vari livelli, e perché è avanzante con l’avanzare della logica del profitto.
L’uomo di oggi, allora, consapevole di questo dato di fatto, è chiamato a svegliarsi dal torpore, e, rinunciando a un tenore di vita che si è dimostrato essere incompatibile con le leggi dell’equilibrio uomo-natura, è invitato a scegliere uno stile di vita sobrio. Questa presa di coscienza non è più rimandabile né da delegare ad altri, ma si impone come atto di responsabilità per rendere vivibile il nostro pianeta e per avviare, sul piano strutturale, la costruzione di un sistema che crei le condizioni per una piena umanizzazione di tutte le relazioni.
È questo l’orizzonte che anima la nostra riflessione.


   Editoriale (pdf)

   Sommario (pdf)


E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it



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 SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"


  In ogni incontro...
  Maria, non c'è posto...
  Dio si è fatto uomo...
  Ci disponiamo allora...
  Auguro a tutti...
  All'inizio dell'essere cristiano...
  Giovanni, ovvero...
  Che dal bracere del Natale...
  L'inventore dei miliardi di galassie...
  Ti benediciamo Signore...
  Lasciamoci commuovere...
  Con il Natale...
  E' Natale ogni volta che...
  La festa del Natale...
  I martiri ci hanno insegnato...
  E' uno stile nuovo...
  E' molto significativo...



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  Veni, veni Emmanuel (video)

  Oh Happy Day! (video)

  "Quando nascette ninno" (video)

  SANTO STEFANO PROTOMARTIRE (video)

  'Signore Gesù, accogli il mio spirito...'

  SAN GIOVANNI EVANGELISTA (video)




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RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino


Vangelo: Mt 1,18-24

Accusare pubblicamente Maria di adulterio equivale a condannarla a morte. 
Nel libro del Deuteronomio infatti così è scritto:  "Se la giovane non è stata trovata in stato di verginità allora la faranno uscire all'ingresso della casa del padre e la gente della sua città la lapiderà così che muoia perché ha commesso infamia in Israele disonorandosi in casa del padre, così toglierai il male in mezzo a te" (Dt 22,21) Giuseppe si viene a trovare ad un terribile bivio, a dover scegliere tra la fedeltà al Dio della Legge, che da buon israelita egli osserva e custodisce, e per tale ragione è chiamato"Giusto - Tzaddiq", (aggettivo col quale non si indica la sua statura morale, bensì la sua assoluta fedeltà alla Torah) e la fedeltà al Dio dell'amore e della vita, che vuole che i suoi figli "abbiano vita e l'abbiano in abbondanza"(Gv 10,10).
L'uomo servo della Legge o la Legge a servizio dell'uomo?
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Riflessione di Enzo Bianchi sul Vangelo della 4ª Domenica di Avvento


Riflessione di Enzo Bianchi 
sul Vangelo della IV domenica d’Avvento 
Anno A - 22 dicembre 2013

Matteo 1,18-24

L’ultima domenica di Avvento preannuncia la memoria della nascita di Gesù il Messia attraverso il suo annuncio a Giuseppe (cf. Mt 1,18-24), a Maria (cf. Lc 1,26-38) e a Elisabetta (cf. Lc 1,39-45).
Nel vangelo secondo Matteo questo annuncio dell’angelo a Giuseppe viene presentato come generazione, genesi, da una donna, Maria, promessa sposa a Giuseppe. Era dunque iniziata una storia d’amore tra un giovane e una ragazza, c’era stata una promessa reciproca che sanciva la loro fiducia reciproca. Si sarebbero uniti in matrimonio e avrebbero accolto come un dono di Dio i figli.
Ma in questa donna, Maria, l’amore gratuito di Dio aveva incontrato attesa, fede, umiltà. Sì, questa donna per grazia, e solo perché riempita dalla grazia che è lo Spirito santo, poteva diventare madre di un figlio che solo Dio ci poteva dare: questo figlio di donna era anche suo Figlio, inviato nel mondo, Parola di Dio fatta uomo, fatta carne (cf. Gv 1,14). Un Figlio così non poteva venire da volontà o da capacità umana.
Per narrare questa verità inenarrabile, ecco allora il racconto relativo a Giuseppe. Il fidanzato di Maria è sorpreso dall’inedito: Maria è incinta senza che egli si sia unito a lei. Secondo la Legge potrebbe denunciare Maria per tradimento della promessa nuziale (cf. Dt 22,23-24), ma è un uomo buono e allora decide di ripudiarla in segreto, di non sposarla ma nemmeno di esporla alla pubblica vergogna e alla condanna. 
E mentre egli è immerso in questa sofferenza, in questa ricerca di giustizia e di misericordia, Dio gli manda un messaggio, gli fornisce l’interpretazione della gravidanza di Maria.
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  4ª Domenica di Avvento


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Mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento - Come vivere il Natale? Gesù, 'migrante speciale', ci invita ad essere profezia


Come vivere il Natale? 
- Gesù, 'migrante speciale', 
ci invita ad essere profezia - 
Mons. Francesco Montenegro, 
arcivescovo di Agrigento

Estratto della relazione tenuta il 21 novembre a Cefalù

Noi Cristiani siamo un po' strani, ora arriva Natale e tutti ci metteremo davanti al presepio, alla grotta con gli occhi lucidi e dicendo ancora per un anno che non è giusto il trattamento avuto da Gesù, da Maria e da Giuseppe, come non fu giusto il trattamento della croce fuori dalla città.
Gesù da bambino è stato un migrante, è andato in Egitto per sfuggire ad Erode, è tornato nella sua terra, ha percorso la Galilea e dalla Galilea è andato a Gerusalemme; Gesù buona parte della sua vita l'ha passata per strada, il Vangelo ce lo mostra in cammino e a chi gli chiede: "Senti, dov'è che possiamo venire per trovarti?" "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli il loro nido, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo".
Perchè questo migrante speciale riesce a commuoverci e a creare reazioni in noi e non succede lo stesso con gli altri migranti come Lui? ...
Dopo 2000 anni di cristianesimo la storia non cambia, forse peggiora; il guaio è che in questa storia oggi ci siamo noi, allora ce la potevamo prendere con quella gente dal cuore duro, oggi ci dobbiamo guardare un po' allo specchio e dire: "e io?"
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  video


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LA FRAGILITÀ DI GESÙ di Angelo Casati


LA FRAGILITÀ DI GESÙ
di Angelo Casati

Alle orecchie dei devoti, dei troppo devoti, può sembrare pericoloso o addirittura dissacrante parlare di una "fragilità" di Gesù. Quasi fosse attentato devastante alla sua divinità. Ma saremmo falsamente devoti al mistero che abita Gesù se, allontanando sdegnosamente da lui ogni ombra di fragilità, finissimo per cancellarne ogni ombra di vera umanità. E dovremo forse chiamare ombra la fragilità di Gesù? O non appartiene forse alla nostra natura l'essere fragili?
Ci sono fragilità nella nostra natura che vanno, se pur faticosamente, superate, ce ne sono altre che vanno semplicemente riconosciute. In sincerità. In sincerità verso Dio e verso se stessi.
Questo mio discutibile dire in modo rapsodico di Gesù e della sua fragilità va per accensioni che nascono dalle pagine dei vangeli. Il mio dire non ha dunque la pretesa delle sintesi teologiche, segue domande e provocazioni che si rincorrono perdutamente nelle pagine e poi nel cuore di un lettore comune del vangelo. Pensieri in attesa di altri pensieri.
Nato da donna, scrive Paolo. Da un grembo di donna. Fragile quel cucciolo d'uomo, fragile il grembo, come tutti i grembi di donna. Sgusciò in un contesto di fragilità, una lampada fioca in mano a Giuseppe, forse l'altra mano - sto immaginando - a stringere tenera quella di Maria, a darle spinta di forza nel travaglio del parto. Fragile, inerme il bimbo, in bisogno di fasce, di fasce e di latte, quello della madre. Nato da donna. Donna che lo introdusse, mettendolo alla luce, nel territorio della fragilità.
Lo introdusse così nella fragilità del corpo. Che lui accusava come tutti noi.
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I vangeli, a differenza di quello che avremmo fatto noi perché non apparissero in lui ombre di "debolezza", non nascondono, non censurano, anzi raccontano senza esitazioni di sorta i suoi turbamenti.
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Stando al racconto dei vangeli non potremmo certo dire che Gesù le scelte, soprattutto quelle estreme, le abbia affrontate con animo spavaldo, bensì pagando alla fragilità umana un caro prezzo. Scelta a caro prezzo dentro un debito di confessata riconosciuta debolezza. Dentro un debito di vero, non finto turbamento.
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Ebbene per uno come me che cerca, da povero cristiano, di spiare Gesù e la sua vita, per lasciarsene in qualche misura contagiare, è fonte di non povera consolazione il fatto che Gesù stesso nel suo cammino verso la croce abbia conosciuto fragilità e turbamento. Lo confesso, me lo sarei sentito meno vicino, meno compagno del viaggio, se non ne avesse spartito con me il turbamento, se verso la morte fosse andato con passo spavaldo, da eroe, il forte cui non trema il cuore.
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Una fragilità consegnata alla preghiera, sollevata dalla fiducia in un Padre che non abbandona nel grido i suoi figli.
Ci emoziona nella preghiera di Gesù quel perseverare, nonostante tutto, a dare a Dio il nome di Padre, con una confidenza che ci rabbrividisce: "Abbà!". Ci rabbrividisce, e ci insegna una immagine più autentica di preghiera. Dentro un dilemma: pregare perché ci siano risparmiati i passaggi faticosi, le tempeste della vita o pregare perché non veniamo meno, perché non ci sentiamo soli e abbandonati nell'attraversamento? Come ci fa pregare il salmo: "Anche se vado per valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me" (Sal 23,4).
Nella fragilità, a sostegno, Gesù cercò il volto di Dio. Dobbiamo però, per debito di verità, aggiungere che nel momento della fragilità lui cercò anche volti di amici, senza minimamente velare questo suo bisogno profondo di vicinanze anche umane. Mendicante di amicizie e di affetti.
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Una fragilità la sua, come la nostra che anela ad essere riconosciuta e sollevata da chi ti ama.
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Dono, per chi attraversa il buio della fragilità, la luce che pulsa dal volto di un amico, di una amica. Dono inestimabile è avere al fianco uno che ti legga nel cuore, uno che vegli sulla tua angoscia, consapevole di non potertela purtroppo cancellare, ma pronto a portarla con te. Gesù sembra raccontare la improponibilità di una fede, in forza della quale presuntuosamente si arrivi a dichiarare che basta Dio a noi stessi.
Cercò il volto del Padre, cercò il volto degli amici.

  La fragilità di Gesù di Angelo Casati


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Andiamo fino a Betlemme... Buon Natale!


Andiamo fino a Betlemme. 

 Il viaggio è lungo, lo so.

Molto più lungo di quanto non sia stato per i pastori. ...
Per noi ci vuole molto di più che una mezz’ora di strada. Dob­biamo valicare il pendio di una civiltà che, pur qua­lificandosi cristiana, stenta a trovare l'antico tratturo che la congiunge alla sua ricchissima sorgente: la capanna povera di Gesù.

Andiamo fino a Betlemme. Il viaggio è faticoso, lo so.

Molto più faticoso di quanto sia stato per i pastori. ...
Noi, invece, dobbiamo abban­donare i recinti di cento sicurezze, i calcoli smaliziati della nostra sufficienza, le lusinghe di raffinatissimi patrimoni culturali, la superbia delle nostre con­quiste... per andare a trovare che? «Un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».

Andiamo fino a Betlemme. Il viaggio è difficile, lo so.

Molto più difficile di quanto sia stato per i pastori. ...
Per noi, disperatamente in cerca di pace, ma disorientati da sussurri e grida che annunziano sal­vatori da tutte le parti, e costretti ad avanzare a ten­toni dentro infiniti egoismi, ogni passo verso Betlemme sembra un salto nel buio.

Andiamo fino a Betlemme. E’ un viaggio lungo, fati­coso, difficile, lo so.

Ma questo, che dobbiamo com­piere «all'indietro», è l'unico viaggio che può farci andare «avanti» sulla strada della felicità. Quella feli­cità che stiamo inseguendo da una vita, e che cer­chiamo di tradurre col linguaggio dei presepi, in cui la limpidezza dei ruscelli, o il verde intenso del muschio, o i fiocchi di neve sugli abeti sono divenuti frammenti simbolici che imprigionano non si sa bene se le nostre nostalgie di trasparenze perdute, o i sogni di un futuro riscattato dall'ipoteca della morte.

Andiamo fino a Betlemme, come i pastori. L'im­portante è muoversi.

Per Gesù Cristo vale la pena lasciare tutto: ve lo assicuro. E se, invece di un Dio glorioso, ci imbattiamo nella fragilità di un bambino, con tutte le connotazioni della miseria, non ci venga il dubbio di aver sbagliato percorso. Perché, da quella notte, le fasce della debolezza e la mangiatoia della povertà sono divenuti i simboli nuovi della onnipo­tenza di Dio.
Anzi, da quel Natale, il volto spaurito degli oppressi, le membra dei sofferenti, la solitudine degli infelici, l'amarezza di tutti gli ultimi della terra, sono divenuti il luogo dove Egli continua a vivere in clandestinità. A noi il compito di cercarlo. E saremo beati se sapremo riconoscere il tempo della sua visita.

Mettiamoci in cammino, senza paura. Il Natale di quest'anno ci farà trovare Gesù e, con Lui, il ban­dolo della nostra esistenza redenta, la festa di vivere, il gusto dell'essenziale, il sapore delle cose semplici, la fontana della pace, la gioia del dialogo, il piacere della collaborazione, la voglia dell'impegno storico, lo stupore della vera libertà, la tenerezza della pre­ghiera.

Allora, finalmente, non solo il cielo dei nostri pre­sepi, ma anche quello della nostra anima sarà libero di smog, privo di segni di morte e illuminato di stelle.

E dal nostro cuore, non più pietrificato dalle delusioni, strariperà la speranza.
(don Tonino Bello)

 
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Gli auguri di Mons. Francesco Montenegro
arcivescovo di Agrigento

Buon Natale! ...

Natale è Gesù che entra nella vita degli uomini, è Gesù che viene a portarci speranza, anzi Lui è la speranza, allora augurarci buon Natale è dirci "c'è Gesù con noi" ... a regalare speranza a tutti, a dirci di non arrenderci, di non dire mai basta.
E poi Gesù è anche tenerezza, e proprio perché siamo provati dalla vita, sentiamo questa carezza che il Bambino viene a farci... 
Questo Dio che si fa Bambino ci "smonta" proprio per poterci dare la Sua tenerezza e farci sentire capaci di amore da ricevere e di amore da dare...

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Il Natale invita a guardare al presepio con stupore, ad aprire il nostro cuore per comprendere un po’ perché Dio si è fatto bambino. Dio è più grande di ogni nostro pensiero, come hanno insegnato i grandi teologi. E ciò vale anche per il Messia, più grande delle nostre idee su di lui.

 
Hermann Geissler:   Così grande da farsi bambino




CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni

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La riflessione del Priore di Bose: il rischio della “carità presbite”, quella carità che ama chi sta lontano e lo fa stare lontano, dimenticando il povero accanto a noi

Anche questo sarà un Natale nella crisi, aggravata dal crescere della disoccupazione. Per molti, soprattutto giovani, non c’è lavoro, per altri è diventato difficile arrivare alla fine del mese con il proprio salario. E per molti pensionati la situazione è segnata da penuria e grave povertà. Non tutti lo vedono, ma lo sanno molto bene quelle iniziative o istituzioni caritative che hanno visto aumentare le fila di quanti cercano un pasto caldo o “mendicano” pane, latte, pasta, un po’ di formaggio, qualche scatoletta di cibo...
Ma, aspetto ancor più preoccupante, in questo Natale domina la poca fiducia, la mancanza di speranza, e in alcuni cova una rabbia che a volte sembra pronta a esplodere nella violenza e nella voglia di dare una lezione a quanti sono ritenuti responsabili della situazione, nella rivalsa verso quelli che continuano a non patire la crisi, mostrando uno stile di vita lussuoso e arrogante. Certo, si mangerà il panettone, perché anche questo è distribuito e donato ai poveri, ma in molti cuori non ci sarà quella gioia che noi tutti immaginiamo collegata con questa festa, e addirittura per alcuni questa festa aggraverà la fatica e la sofferenza, come a volte accade quando i sofferenti vedono la gioia degli altri.
Essere consapevoli di questa “realtà” dovrebbe renderci particolarmente responsabili – soprattutto se non siamo feriti in modo grave dalla crisi – verso quanti sono nel bisogno. Non è necessario assumere grandi iniziative: basta che, usciti di casa, ci fermiamo a guardare negli occhi, volto contro volto, quelli che soffrono; basta che, conoscendo quella particolare famiglia nel bisogno, andiamo a trovarla rendendola prossima: allora il nostro cuore, le nostre viscere di compassione, ci detteranno il comportamento, ci ispireranno cosa condividere, cosa gratuitamente donare. Noi uomini e donne non siamo cattivi: siamo distratti, siamo in fuga, abbiamo fretta e non abbiamo tempo di fermarci. Ma se avessimo la forza di fare questo, cioè di incontrare e guardare negli occhi chi è nel bisogno, sapremmo cosa fare e avremmo il coraggio, la spinta per farlo. Conosceremmo, soprattutto a Natale, la festa dello scambio dei doni, scopriremmo che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, e il nostro dono gratuito innescherebbe una dinamica feconda in virtù della quale chi ha ricevuto dona a sua volta.
D’altronde il presepio che troviamo qua e là nelle piazze o nelle chiese, o quello che noi stessi costruiamo nelle nostre case, che cosa ci narra?
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  "Niente ori nella natività dei credenti" di Enzo Bianchi


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MA CHE NATALE CELEBRA QUESTO PAESE? di Alex Zanotelli


MA CHE NATALE CELEBRA QUESTO PAESE?
di 
Alex Zanotelli

Ma che Natale celebra questo paese?
Ma che Natale celebrano le comunità cristiane d’Italia?
I gravi eventi di questi giorni ci obbligano a porre questi interrogativi. Le immagini del video- shock: immigrati nudi e al gelo, nel CIE di Lampedusa, per essere ‘disinfestati’ dalla scabbia con getti d’acqua. Immagini che ci ricordano i lager nazisti.
Le foto degli otto tunisini e marocchini del CIE di Porta Galeria a Roma con le labbra cucite in protesta alle condizioni di vita del centro. Bocche cucite che gridano più di qualsiasi parola!
Ed ora il deputato Khaled Chaouki che si rinchiude nel CIE di Lampedusa ed inizia lo sciopero della fame, per protestare contro le condizioni disumane del centro e in solidarietà con i sette immigrati che , per le stesse ragioni, digiunano .
Sono le urla dei trecento periti in mare il 3 ottobre a Lampedusa, le urla dei quarantamila immigrati morti nel Mediterraneo che è diventato ormai un cimitero.
Tutto questo è il risultato di una legislazione che va dalla Turco-Napolitano che ha creato i CIE, alla Bossi-Fini che ha introdotto il crimine di clandestinità e ai decreti dell’allora ministro degli Interni, Maroni, che trasudano di razzismo leghista. Possiamo riassumere il tutto con una sola parola: Razzismo di Stato.
Le domande che sorgono sono tante e angoscianti.
Come mai un paese che si dice civile ha permesso che si arrivasse ad una tale legislazione razzista e a una tale tragedia?
Come mai la Conferenza Episcopale Italiana sia rimasta così silente davanti a un tale degrado umano?
Come mai la massa delle parrocchie e delle comunità cristiane non ha reagito a tante barbarie?
“Sono venuto a risvegliare le vostre coscienze- ha detto Papa Francesco quando è andato a Lampedusa.” Ed ha aggiunto: “La cultura del benessere ci rende insensibili alle grida degli altri.”

Ma allora viene spontaneo chiederci: “Ma che Natale celebriamo?”
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"Tutti fratelli? anche gli extra comunitari? e i nemici?" Relazione di mons. Francesco Montenegro - 21 Novembre 2013 Cefalù (video)


"Tutti fratelli? anche gli extra comunitari? e i nemici?"
21 Novembre 2013 Cefalù
Relazione di mons. Francesco Montenegro
Arcivescovo di Agrigento e Presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni della CEI e Presidente della Fondazione Migrantes

Convegno "Il futuro nelle nostre mani? Aprirsi alla speranza della famiglia umana" dal 21 al 24-nov-2013 a Cefalù, organizzato dalle comunità missionarie del Vangelo in collaborazione della PRO CIVITATE CHRISTIANA di ASSISI

  video


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«Evangelii Gaudium»

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La forza di una parola nuova - il commento di Fratel Alois all'Esortazione Apostolica "Evangelii Gaudium"


 La forza di una parola nuova
di Fratel Alois

Fin dall’inizio Papa Francesco ha toccato il cuore delle folle con i gesti. Con la Evangelii gaudium rivolge una parola a tutti. Questa parola ha tanta forza da poter infondere una vita nuova tra i cristiani. È una parola nuova, eppure è in linea con quella del suo predecessore. Quante volte Papa Benedetto ha parlato della gioia di credere! Quante volte, soprattutto nella Deus caritas est, ha insistito sulla necessità di una relazione personale con Dio che ci trasforma e ci apre agli altri!
Ho letto il bel testo nelle due prospettive che ci stanno a cuore a Taizé: la pastorale dei giovani e l’ecumenismo. L’esortazione parla ai giovani. Uno di loro, da lungo tempo malato, mi ha telefonato per dirmi: «Papa Francesco ci ha fatto uscire dalla nostra comodità». È vero: sulla scia di Benedetto XVI, il vescovo di Roma propone la radicalità del Vangelo come un cammino di felicità e i suoi appelli ci sconvolgono, ci mettono in discussione. Ma allo stesso tempo ci ricordano la tenerezza di Dio, la sua misericordia senza eccezioni. A ognuno vorrebbe dire: lasciati afferrare da questo amore!
Molti attendono un rinnovamento della Chiesa. Il Papa ha la semplicità di dire che non può farlo da solo e che non ha «una parola definitiva o completa su tutte le questioni che riguardano la Chiesa e il mondo». Fa appello a tutti, ha bisogno di tutti. E per dirlo trova un linguaggio che svegli e provoca. Il suo appello si rivolge soprattutto a noi che abbiamo responsabilità pastorali: senza la vicinanza a quanti soffrono, non troveremo il modo per rinnovare la Chiesa. Questo appello non sminuisce affatto il suo ruolo di pastore universale, ma responsabilizza le Chiese locali e tutti i cristiani, che lui vuole adulti. Tutti sono evangelizzatori. In questo fare appello alla collaborazione di tutti non vi è un atteggiamento simile a quello di Giovanni XXIII quando convocò il concilio?

  La forza di una parola nuova di Fratel Alois

Vedi anche il nostro precedente post:

  «Evangelii Gaudium» - Con la gioia del Vangelo una chiesa povera che si fa evangelizzare dai poveri


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 FRANCESCO
 



     Angelus/Regina Cæli - Angelus, 22 dicembre 2013

     Angelus/Regina Cæli - Angelus, 26 dicembre 2013

   Discorso - Alla Curia Romana per la tradizionale presentazione degli auguri natalizi (21 dicembre 2013)

    Discorso - Visita all'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (21 dicembre 2013)

    Omelia - 24 dicembre 2013: Santa Messa della Notte nella Solennità del Natale del Signore


    Esortazione Apostolica - Evangelii Gaudium : Esortazione Apostolica sull'annuncio del Vangelo nel mondo attuale (24 novembre 2013)


    Messaggio XLVII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 1° GENNAIO 2014 - FRATERNITÀ, FONDAMENTO E VIA PER LA PACE


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21/12/2013:

  L'Avvento è un cammino...


23/12/2013:

  Il Natale spesso è...


24/12/2013:

  Viene il Signore...


25/12/2013:

  A Natale Cristo viene...


26/12/2013:

  Davanti al Presepe...


27/12/2013:

  La gioia del Vangelo...


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Angelus del 22 dicembre 2013 - Testi e video



Piazza San Pietro
22 dicembre 2013

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In questa quarta domenica di Avvento, il Vangelo ci racconta i fatti che precedettero la nascita di Gesù, e l’evangelista Matteo li presenta dal punto di vista di san Giuseppe, il promesso sposo della Vergine Maria.
Giuseppe e Maria vivevano a Nazareth; non abitavano ancora insieme, perché il matrimonio non era ancora compiuto. In quel frattempo, Maria, dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo, divenne incinta per opera dello Spirito Santo. Quando Giuseppe si accorge di questo fatto, ne rimane sconcertato. Il Vangelo non spiega quali fossero i suoi pensieri, ma ci dice l’essenziale: egli cerca di fare la volontà di Dio ed è pronto alla rinuncia più radicale. Invece di difendersi e di far valere i propri diritti, Giuseppe sceglie una soluzione che per lui rappresenta un enorme sacrificio. E il Vangelo dice: «Poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto» (1,19).
Questa breve frase riassume un vero e proprio dramma interiore, se pensiamo all’amore che Giuseppe aveva per Maria! Ma anche in una tale circostanza, Giuseppe intende fare la volontà di Dio e decide, sicuramente con gran dolore, di congedare Maria in segreto. Bisogna meditare su queste parole, per capire quale sia stata la prova che Giuseppe ha dovuto sostenere nei giorni che hanno preceduto la nascita di Gesù. Una prova simile a quella del sacrificio di Abramo, quando Dio gli chiese il figlio Isacco (cfr Gen 22): rinunciare alla cosa più preziosa, alla persona più amata.
Ma, come nel caso di Abramo, il Signore interviene: ha trovato la fede che cercava e apre una via diversa, una via di amore e di felicità...
...

Leggo lì, scritto grande: “I poveri non possono aspettare”. E’ bello! E questo mi fa pensare che Gesù è nato in una stalla, non è nato in una casa... E io penso oggi, anche leggendo quella scritta, a tante famiglie senza casa, sia perché mai l’hanno avuta, sia perché l’hanno persa per tanti motivi. Famiglia e casa vanno insieme. E’ molto difficile portare avanti una famiglia senza abitare in una casa. In questi giorni di Natale, invito tutti – persone, entità sociali, autorità – a fare tutto il possibile perché ogni famiglia possa avere una casa.
...
A quanti dall’Italia si sono radunati oggi per manifestare il loro impegno sociale, auguro di dare un contributo costruttivo, respingendo le tentazioni dello scontro e della violenza, e seguendo sempre la via del dialogo, difendendo i diritti.

Buon pranzo e arrivederci!

  testo integrale dell'Angelus

  video


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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - Vigilanti nell’attesa - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano 
23 dicembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
“Apriamo la nostra anima al Signore”

A Natale, come Maria, facciamo posto a Gesù che viene. E’ l’esortazione di Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che il Signore visita ogni giorno la sua Chiesa ed ha messo in guardia da un atteggiamento di chiusura della nostra anima. Il cristiano, ha ribadito, deve sempre vivere in vigilante attesa del Signore.

Natale è vicino. In questi giorni che precedono la nascita del Signore, Papa Francesco ha sottolineato che la Chiesa, come Maria, è in attesa di un parto. Anche Lei, ha osservato, “sentiva quello che sentono tutte le donne in quel tempo”. Sente queste “percezioni interiori nel suo corpo, nella sua anima” che il figlio sta arrivando. Maria, ha detto il Papa, sente nel cuore che vuole guardare il volto del suo Bambino. Noi come Chiesa, ha soggiunto, “accompagniamo la Madonna in questo cammino di attesa” e quasi “vogliamo affrettare questa nascita" di Gesù. Il Signore viene due volte, ha detto Papa Francesco, “quella che commemoriamo adesso, la nascita fisica” e quella in cui “verrà alla fine a chiudere la storia”. Ma, come afferma San Bernardo, c’è anche una terza nascita:
“C’è una terza venuta del Signore: quella di ogni giorno. Il Signore ogni giorno visita la sua Chiesa! Visita ognuno di noi e anche la nostra anima entra in questa somiglianza: la nostra anima assomiglia alla Chiesa, la nostra anima assomiglia a Maria. I padri del deserto dicono che Maria, la Chiesa e l’anima nostra sono femminili e quello che si dice di una, analogamente si può dire dell’altra. La nostra anima anche è in attesa, in questa attesa per la venuta del Signore; un’anima aperta che chiama: 'Vieni, Signore!'”.
E anche ad ognuno di noi, in questi giorni, ha proseguito, “lo Spirito Santo ci muove a fare questa preghiera: Vieni! Vieni!”. Tutti i giorni dell’Avvento, ha rammentato, “abbiamo detto nel prefazio che noi, la Chiesa, come Maria, siamo vigilanti nell’attesa”. E la vigilanza, ha evidenziato, “è la virtù” del pellegrino. Noi tutti “siamo pellegrini!”...

  Il Papa: a Natale, facciamo posto a Gesù invece che alle spese e al rumore

  video


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Prima Messa di Natale di Papa Francesco: 
Gesù è l'Amore fattosi carne 
che illumina la storia

Primo Natale per Papa Francesco. Nell’omelia della Messa presieduta nella Basilica di San Pietro, il Papa ha sottolineato che “Gesù è l’Amore fattosi carne. Non è soltanto un maestro di sapienza, non è un ideale a cui tendiamo e dal quale sappiamo di essere inesorabilmente lontani, è il senso della vita e della storia che ha posto la sua tenda in mezzo a noi”. 

Questa profezia di Isaia non finisce mai di commuoverci, specialmente quando la ascoltiamo nella Liturgia della Notte di Natale. E non è solo un fatto emotivo, sentimentale; ci commuove perché dice la realtà profonda di ciò che siamo: siamo popolo in cammino, e intorno a noi – e anche dentro di noi – ci sono tenebre e luce. E in questa notte, mentre lo spirito delle tenebre avvolge il mondo, si rinnova l’avvenimento che sempre ci stupisce e ci sorprende: il popolo in cammino vede una grande luce. Una luce che ci fa riflettere su questo mistero: mistero del camminare e del vedere.
...

  il testo integrale dell'omelia

  video


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MESSAGGIO URBI ET ORBI
DEL SANTO PADRE FRANCESCO

NATALE 2013

«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14).

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buongiorno e buon Natale!

Faccio mio il canto degli angeli, che apparvero ai pastori di Betlemme nella notte in cui nacque Gesù. Un canto che unisce cielo e terra, rivolgendo al cielo la lode e la gloria, e alla terra degli uomini l’augurio di pace.

Invito tutti ad unirsi a questo canto: questo canto è per ogni uomo e donna che veglia nella notte, che spera in un mondo migliore, che si prende cura degli altri cercando di fare umilmente il proprio dovere.

Gloria a Dio!

A questo prima di tutto ci chiama il Natale: a dare gloria a Dio, perché è buono, è fedele, è misericordioso. In questo giorno auguro a tutti di riconoscere il vero volto di Dio, il Padre che ci ha donato Gesù. Auguro a tutti di sentire che Dio è vicino, di stare alla sua presenza, di amarlo, di adorarlo.

E ognuno di noi possa dare gloria a Dio soprattutto con la vita, con una vita spesa per amore suo e dei fratelli.

Pace agli uomini.

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  video


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Angelus del 26 dicembre 2013 - (video e testo)


Piazza San Pietro
26 dicembre 2013

Cari fratelli e sorelle buongiorno.

Voi non avete paura della pioggia, siete bravi!

La liturgia prolunga la Solennità del Natale per otto giorni: un tempo di gioia per tutto il popolo di Dio! E in questo secondo giorno dell’ottava, nella gioia del Natale si inserisce la festa di santo Stefano, il primo martire della Chiesa. Il libro degli Atti degli Apostoli ce lo presenta come «uomo pieno di fede e di Spirito Santo» (6,5), scelto con altri sei per il servizio delle vedove e dei poveri nella prima comunità di Gerusalemme. E ci racconta il suo martirio: quando, dopo un discorso di fuoco che suscitò l’ira dei membri del Sinedrio, fu trascinato fuori dalle mura della città e lapidato. Stefano morì come Gesù, chiedendo il perdono per i suoi uccisori (7,55-60).
Nel clima gioioso del Natale, questa commemorazione potrebbe sembrare fuori luogo. Il Natale infatti è la festa della vita e ci infonde sentimenti di serenità e di pace; perché turbarne l’incanto col ricordo di una violenza così atroce? In realtà, nell’ottica della fede, la festa di santo Stefano è in piena sintonia col significato profondo del Natale. Nel martirio, infatti, la violenza è vinta dall’amore, la morte dalla vita. La Chiesa vede nel sacrificio dei martiri la loro “nascita al cielo”. Celebriamo dunque oggi il “natale” di Stefano, che in profondità scaturisce dal Natale di Cristo. Gesù trasforma la morte di quanti lo amano in aurora di vita nuova!
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Buone feste natalizie e buon pranzo! Arrivederci!

    il testo integrale dell'Angelus

  video


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Papa Francesco e Benedetto XVI hanno pranzato insieme oggi, venerdì 27, a Santa Marta. L’invito era stato rivolto da Papa Francesco durante la visita al suo predecessore per gli auguri natalizi il 23 dicembre.

  Papa Francesco pranza con Benedetto XVI


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Rilegge, Papa Francesco, alcune tra le pagine più tristi dell’anno che sta per concludersi, prima di invocare sulla Città e sul mondo il dono della pace. Una pace, dice, che deve essere frutto dell’impegno comune di tutti gli uomini, senza distinzione alcuna.
Anche in occasione del suo primo messaggio urbi et orbi si affaccia, ed è la terza volta, alla Loggia della Benedizione nella semplicità della sua talare bianca e pronuncia parole forti. Ricorda a tutti che la pace non è un equilibrio tra «forze contrarie» né una «bella facciata dietro alla quale ci sono contrasti e divisioni». La pace è un impegno di tutti i giorni, per costruire la quale è necessario il lavoro di tutti gli uomini uniti in un’opera di raffinato artigianato.

  L'OSSERVATORE ROMANO:  La pace è artigianale

In una cesta di vimini i piccoli degenti nell’ospedale pediatrico romano Bambino Gesù hanno deposto i loro sogni e li hanno consegnati a Papa Francesco quando, sabato pomeriggio, 21 dicembre, è andato a trovarli. Sogni legati a un futuro che sperano diverso, soprattutto libero dal male.
Li hanno messi nelle mani del Pontefice perché si trasformino in preghiera. E lui li ha ringraziati per la fiducia che essi ripongono nel suo amore. E ha cominciato a pregare subito, circondato da loro, nella cappella dell’ospedale.
  L?OSSERVATORE ROMANO:  Una cesta di sogni





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            http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm