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N.
B. La Lectio viene sospesa nel periodo estivo
NOTA
Articoli,
riflessioni e commenti proposti vogliono
solo essere
un contributo
alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.
Le posizioni espresse non sempre
rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione.
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TIFONE HAIYAN
emergenza umanitaria
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Desidero assicurare la mia vicinanza...
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(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
In termini di devastazione e di morte, la catastrofe delle Filippine
rimanda ai giorni terribili dello tsunami di nove anni fa nel Sud
dell’Asia. Ma lì c’era il turismo, ci furono molte vittime europee e
americane, l’impatto mediatico in Occidente fu enorme e duraturo, negli
anni successivi su quell’onda spaventosa vennero scritti libri, girati
film.
Nelle
Filippine invece ci sono “solamente” i filippini, pochissimo turismo,
ed è assai possibile che in pochi giorni il tifone Hayan diventi, da
questa parte del mondo, solamente un ricordo da archiviare. A meno che
– accadono anche i miracoli – si allarghi il piccolo grande varco che
alcuni media hanno aperto sulla numerosa, silenziosa, discretissima
comunità filippina in Italia. Persone che lavorano tanto, parlano poco,
puliscono le nostre case, badano ai nostri vecchi e alle quali in
questi giorni molti domandano, spesso per la prima volta, notizie di
casa loro, delle loro famiglie lontane, delle loro case forse
scoperchiate, di una città cancellata dal vento, come se solo
nell’emergenza ci accorgessimo che le persone sono sempre persone, le
case sempre case, le vite sempre vite.
(fonte: L'amaca di Michele Serra - “la Repubblica” 12 novembre 2013)
...
In presenza di eventi drammatici come il passaggio di un tifone, un
terremoto, uno tsunami, non ha senso distinguere tra popoli di serie A
e serie B. «Ogni uomo è mio fratello», tuonava Raoul Follereau decenni
fa. Tuttavia, per le ragioni dette poc’anzi, è evidente che il disastro
di Tacloban ci interpella in modo particolare, come qualcosa che ci
riguarda da vicino. E ci deve muovere, oltre che a un abbraccio nella
preghiera, a una solidarietà concreta e persino straordinaria.
Non
soltanto a motivo dell’entità dell’accaduto, che pure fa tremare i
polsi (620 mila sfollati, senza accesso a cibo, acqua e medicine, 9,5
milioni di persone colpite dall’emergenza umanitaria, di cui 4 milioni
di bambini). Ma anche per quello speciale filo rosso che lega i destini
di noi italiani (missionari compresi, alcuni dei quali hanno dato la
vita del popolo delle Filippine) e gli abitanti di quelle isole. Così
lontane, e da ieri, così improvvisamente vicine.
Così lontani, così vicini
...
Papa Francesco è spiritualmente e concretamente al fianco delle
popolazioni messe in ginocchio dalla terribile tempesta. E le sue
ripetute esortazioni («preghiamo per questi nostri fratelli e sorelle e
cerchiamo di far giungere ad essi anche il nostro aiuto concreto»,
aveva detto all’Angelus) sono state prontamente raccolte.
L'appello del Papa Il mondo si muove
Cosa
fare, ma ancora prima, cosa pensare... O forse nemmeno a pensare si
riesce. Dove, come organizzare una riflessione? Forse più giù nella
gola o dove si forma il magone, nel cuore, si riesce a muovere qualcosa
che non sia solo un atterrito guardare. Cosa fare o pensare dinanzi
alla immane catastrofe di Tacloban, dove cause naturali, inadempienze e
disattenzioni portano morte e panico in mole così sterminata? Ci sono
modi diversi di reagire. Ci sono modi diversi di affrontare quanto
accade, specie quando accadono cose, come questa, nelle Filippine, che
colpiscono l’attenzione di tutti. Sì, ci sono tanti modi. Ma quello più
giusto è chiedersi: e ora quale è la mia parte? In questo teatro strano
e drammatico che è il mondo quale è la mia parte?
Oltre l'atterrito guardare: qual è la nostra parte?
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REPUBBLICA: Haiyan, Filippine: prima e dopo il tifone (foto)
... la provincia di Samar
orientale e Leyte sono notoriamente zone povere. Le vittime sono morte
annegate all’improvviso, tutto è accaduto in due minuti...
Patrizia Caiffa: In soli due minuti il tifone Haiyan ha mietuto le vite
La presidenza della Cei, che ha
già stanziato tre milioni di euro dall'otto per mille, ha promosso una
raccolta speciale, domenica primo dicembre, in tutte le parrocchie
italiane. La Caritas italiana sostiene l'iniziativa e in accordo con la
Chiesa filippina programma interventi capillari.
Annachiara Valle: Colletta straordinaria nelle chiese italiane
Qui sotto l’elenco dei conti
correnti e dei canali ufficiali che, al momento, raccolgono le
donazioni in favore dei sopravvissuti aldevastante tifone Haiyan, nelle
Filippine .
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Papa Francesco
al Quirinale
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Il senso della prima visita al Quirinale del Papa giunto «dalla fine
del mondo» sta in quelle battute personali, sussurrate quasi
all’orecchio, che i due anziani leader si sono scambiati al termine del
saluto di Napolitano. Francesco, colpito dalle parole affettuose che il
Presidente gli aveva appena rivolte riconoscendo la novità del
pontificato e l’entusiasmo che sta suscitando, ha detto: «Grazie per la
generosità!». «Convinta...», ha replicato commosso Napolitano.
Visita
ufficiale, certo, ma con una cordialità che è stata davvero capace di
superare ogni formalità e protocollo. Come lo stesso Presidente aveva
voluto puntualizzare nel suo intervento: «Non vorrei che la solennità
formale di questa cerimonia appannasse i sentimenti di genuino affetto
che la sua figura ha suscitato». Mostrando così un’ammirazione sincera
per quanto Bergoglio sta suscitando fuori e dentro la Chiesa, anche nel
dialogo con i non credenti.
Il
Presidente, parlando della politica italiana, della corruzione e
dell’incapacità di dialogo, ha riconosciuto che in questo momento,
proprio grazie al messaggio del Papa, la Chiesa cattolica sta offrendo
un grande insegnamento. Gli ha praticamente detto: la politica dovrebbe
imparare da lei.
Francesco
ha ricordato la crisi e la mancanza del lavoro, l’importanza
dell’impegno in questo senso. E ha anche ricordato la centralità della
famiglia e la necessità che venga sostenuta...
Quelle parole quasi sussurrate tra il Presidente della Repubblica e il Papa venuto dalla fine del mondo
Papa Francesco al Quirinale: la Chiesa è con l'Italia
video
Protocollo sobrio e grande attenzione ai temi della crisi che sta
attraversando l’Italia. Papa Francesco al Quirinale incontra il
Presidente Giorgio Napolitano e chiede più sforzi contro la crisi e per
il lavoro. Il Presidente, in un discorso molto articolato, ribadisce
che le critiche sulla politica sono fondate. Bergoglio è arrivato a
bordo della Ford Focus blu senza scorta di corazzieri, percorrendo le
vie di Roma dal Vaticano senza lampeggianti e neppure il traffico è
stato bloccato per il passaggio del piccolo corteo papale.
Nel
cortile del Quirinale è stato accolto da Napolitano con un picchetto
d’onori militari, mentre la bandiera vaticana veniva issata accanto a
quella italiana sul Torrino. Poi il colloquio riservato e quindi lo
scambio dei discorsi ufficiali...
IL PAPA: «PIÙ SFORZI CONTRO LA CRISI»
...
RendendoLe visita in questo luogo così carico di simboli e di storia,
vorrei idealmente bussare alla porta di ogni abitante di questo Paese,
dove si trovano le radici della mia famiglia terrena, e offrire a tutti
la parola risanatrice e sempre nuova del Vangelo...
testo integrale del discorso del Papa al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante la visita ufficiale al Quirinale
video
testo integrale del Papa ai dipendenti del Quirinale
video integrale della visita ufficiale di Papa Francesco al Quirinale
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RendendoLe visita in questo luogo...
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L’incontro tra due messaggeri
di speranza. Ecco ciò che è stato l’abbraccio tra papa Francesco e il
presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Franco Miano: Due messaggeri di speranza
Papa Francesco arriva al
Quirinale e il presidente si confessa. È una visita singolare e segna
una pagina completamente nuova nel modo di rapportarsi tra i due
sovrani, che convivono nella città Roma. Il pontefice archivia i
“principi non negoziabili”, chiodo fisso del suo predecessore, e si
presenta col desiderio di “bussare idealmente alla porta di ogni
abitante l’Italia”. Compito primario della Chiesa, annuncia, è
“testimoniare la misericordia di Dio” e generare solidarietà per dar
speranza al futuro. GIORGIO NAPOLITANO, rappresentante di un Paese in
ginocchio quanto a diffusione di valori, non può fare altro che rendere
ripetutamente “omag – gio” (due volte impiega la parola) alla
personalità del nuovo papa. E non potendo presentare un’Italia, che
abbia qualcosa da dire, si abbandona a uno sfogo, quasi una confessione.
Marco Politi: Omaggi e amarezze, Napolitano s’inchina al Papa
L’aspetto più inedito
dell’incontro di ieri al Quirinale con papa Francesco è stato il tono
drammatico delle parole di Giorgio Napolitano. Politicamente, il
riferimento del presidente della Repubblica a un’Italia «stravolta da
esasperazioni di parte in un clima avvelenato e destabilizzante» ha
colpito più del protocollo ridotto all’osso; del cerimoniale stravolto
dall’affabilità informale del Pontefice nell’abbraccio ai figli dei
dipendenti; e del contenuto dei colloqui ufficiali. D’altronde, mai
forse come in questa fase sono diminuiti i condizionamenti reciproci
fra le due sponde del Tevere. Non c’è solo un papa argentino, ma un
modello sudamericano di Chiesa cattolica, che tende a ridisegnare dalle
fondamenta i rapporti con le istituzioni e i poteri del nostro Paese
dopo venti anni di intrecci e ingerenze controverse.
Massimo Franco: I toni allarmati mostrano un Paese incapace di dialogo
Diverse sono le chiavi di
lettura della visita di Papa Francesco al presidente della Repubblica
italiana Giorgio Napolitano nel palazzo del Quirinale, ma due parole
possono riassumerne il significato: amicizia ed essenzialità. Tratti
che hanno colpito nello svolgimento dell’incontro e sono riconoscibili
nei discorsi pronunciati, ma che più in generale segnano oggi i
rapporti e le preoccupazioni comuni tra i due colli più alti di Roma.
Giovanni Maria Vian: Essenzialità e amicizia
Semplicità e concordia. E’ il
binomio che ha contraddistinto la visita di Papa Francesco, ieri, al
Quirinale. Forte anche il richiamo alla speranza che ha accomunato il
discorso del Pontefice e del presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano.
- Sui tratti salienti e anche originali dell’incontro di
ieri, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof.
Francesco Malgeri, storico dell’Istituto Luigi Sturzo
- Sul richiamo di Papa Francesco alla concordia, in un tempo segnato da
particolarismi specie in politica, si sofferma il prof. Agostino
Giovagnoli, storico della Cattolica di Milano, intervistato
daAlessandro De Carolis
RADIO VATICANA: Semplicità e concordia. Gli storici Malgeri e Giovagnoli sulla visita di Papa Francesco al Quirinale
... Il papa, così poco
monarca e poco addossato alla politica, ha ribadito l'interesse
peculiare della Chiesa e suo per l'Italia. Ha confermato, parlando al
Quirinale, il quadro tradizionale (sereno dei rapporti tra le due
rive del Tevere, ma ha anche manifestato il senso simbolico della
visita al palazzo del presidente: «Vorrei idealmente bussare alla porta
di ogni abitante di questo Paese, dove si trovano le radici della mia
famiglia terrena, e offrire a tutti la parola risanatrice e sempre
nuova del Vangelo». Gli italiani sono importanti per il papa. Egli li
guarda con gli occhi del vescovo di Roma e del primate d'Italia.
L'Italia credente e quella laica gli interessano. Viene al Quirinale
come un grande leader religioso, ma anche come un vescovo del nostro
Paese...
Andrea Riccardi: La lezione laica sulla cultura dell'incontro
Con la sua prima visita al
Quirinale, Papa Francesco ha voluto «bussare alla porta di ogni
abitante» del nostro Paese per offrire a ciascuno la parola sempre
nuova del Vangelo. Il suo discorso, e quello del Presidente della
Repubblica, si sono intrecciati, quasi rincorsi nel donarsi amicizia,
nel confermare i legami millenari che uniscono l’Italia alla Cattedra
di Pietro.
Carlo Cardia: Sintonia speciale
... Basterebbe la scena
dell’umile berlina blu, una Ford Focus di cinque anni, che entra nel
cortile del Quirinale e ne esce il papa in “ordinario” abito talare
bianco e nient’altro perché questa visita sia ricordata come un evento
a sé, a parte.
Se così è avvenuto, è anche per come il capo dello stato ha voluto e
saputo mettersi in sintonia con Francesco e con il suo temperamento, e
connettersi con quanto egli rappresenta e suggerisce nel mondo d’oggi,
anche al di fuori del perimetro cattolico.
Sì, tutto si è svolto in modo semplice e cordiale, ieri al Quirinale,
dal cerimoniale all’insegna del quanto basta al finale
dell’incontro con le famiglie e i figli dei dipendenti del Quirinale,
che ha trasformato il Palazzo in un gioioso palazzo di “gente normale”
in un giorno di festa...
Guido Moltedo: Il presidente e il papa, un sobrio incontro storico
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"CARO Nino Di Matteo, devi sapere che non sei solo, che tutti voi a
Palermo, e in ogni angolo d`Italia, non sarete mai più soli. Dalla
stagione delle stragi è cresciuta nel nostro paese la consapevolezza
che la questione delle mafie non è solo di natura criminale"..."
IL PAESE È CAMBIATO, CARO NINO NON SEI SOLO di Luigi Ciotti - Libera
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C'è chi contrae un mutuo in
banca per metter su casa, chi per comprare la macchina oppure
concedersi una bella vacanza. Ma a Modena c'è anche chi, in questo caso
una coppia, ha stipulato un mutuo con Emil Banca per adottare un
bambino all'estero. "Stavamo cercando su internet un finanziamento per
adottare il nostro bambino e ci siamo imbattuti in Emil Banca, che
offre 'ad8', un mutuo per le adozioni internazionali - raccontano
Michele e la moglie Libera, pugliesi trapiantati a Modena per lavoro -
non ci sembrava vero, anzi eravamo convinti che si trattasse di uno
specchietto per le allodole".
Con sorpresa la coppia scopre non solo che Emil Banca offre
effettivamente un finanziamento molto agevolato (tasso 0,30%), ma
ottiene anche il prestito in tempi rapidi. Libera e Michele hanno già
adottato un bambino africano che oggi ha cinque anni - Vincenzo - e
possono così procedere nel percorso verso l'adozione di un secondo
bambino...
Modena, il mutuo in banca per adottare un bambino
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Le foto e i nomi delle decine
di minori siriani morti nel barcone affondato l'11 ottobre a 60 miglia
da Lampedusa. La protesta dei familiari. Che lanciano una petizione:
"Recuperate i corpi e aprite un'inchiesta". Ma i capi dei governi Ue
hanno deciso di rimandare la discussione a giugno 2014
Fabrizio Gatti: I bimbi annegati lasciati in pasto ai pesci L'Europa rinvia: se ne parla fra otto mesi
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LA VITA CRISTIANA COME CAMMINO
HOREB n. 65 - 2/2013
TRACCE
DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI
È sempre
bello partecipare della gioia di un bambino che, dopo aver gattonato
per settimane, finalmente, tenuto per mano dai genitori, riesce a stare
in piedi e a muovere i primi passi. Gli brillano gli occhi e grida di
gioia, poi, quando scopre che può camminare da solo, da quel momento si
sente libero di esplorare le cose che lo circondano.
Il camminare è davvero un’esperienza connaturale all’uomo, egli è un
essere itinerante, “homo viator”, secondo l'espressione di G. Marcel.
Sempre in cammino non solo in senso geografico spaziale, desideroso,
cioè, di lasciare un determinato luogo per raggiungere e conoscere
nuove realtà, ma in cammino verso il raggiungimento della sua pienezza.
Il bambino è chiamato gradualmente a crescere a misurarsi con i piccoli
e grandi eventi, a prendere decisioni a confrontarsi con gli altri, a
diventare adulto. Nel tessuto del mondo, la vita dell'uomo è una grande
avventura, che conosce percorsi agevoli, lieti ma anche momenti di
perplessità, arresti, crisi, desiderio di tornare indietro, ma proprio
attraverso queste fasi egli cresce negli anni, e anche matura
umanamente e spiritualmente.
Il camminare, esigenza fondamentale dell’uomo, è già evidenziata dalla
Bibbia che, prima di tutto, ci mostra lo stesso Dio in cammino e, poi,
evidenzia che il Vivente coinvolge l’uomo nel suo cammino.
Il profeta Michea, per esempio, annota che camminare umilmente con Dio
è una delle dimensioni inseparabili che configurano l’esperienza umana
e spirituale dell’uomo: «Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e
ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la
pietà, camminare umilmente con il tuo Dio» (Mi 6,8).
Il “camminare con Dio” esprime sia il dinamismo dell’esistenza umana
sia il fondamento dell’esperienza di fede, cioè la conoscenza e
l’esperienza di Dio.
E Dio, in Gesù, si è fatto umano, compagno di viaggio di ogni uomo che
lo accoglie. Lui, la “Via”, ci educa ad uscire dalla caverna egoica che
rende ciechi e immobili, ci strappa da una logica mondana e di potere,
ci apre orizzonti sempre nuovi e scopriamo che il viaggio della vita
non lo facciamo da soli, ma assieme a tante altre persone che non sono
nemici o estranei, ma fratelli. Essi sono la soglia dove ogni uomo
comincia veramente a vivere. ...
Questo l'incipit dell'Editoriale di
Horeb, Quaderni di riflessione e formazione per quanti desiderano
coltivare una spiritualità che assuma e valorizzi il quotidiano.
Editoriale (pdf)
Sommario (pdf)
E' possibile richiedere
copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it
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Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto
I MERCOLEDÌ DELLA SPIRITUALITÀ - 2013
Dal 16 Ottobre al 4 Dicembre
Sala del Convento
dalle h. 20.00 alle h. 21.00
IL SANGUE DEI MARTIRI
SEME DI NUOVI CRISTIANI
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L'uomo che si mette al servizio...
Cercate sempre di essere sguardo...
Ciò che vince la morte...
L'amore di Dio è eterno...
Ai bambini bisogna accostarsi...
Perdonare è accettare...
Nel nostro servizio non contano...
"Inutile" in questo passo sembra avere...
Una fede dietro le quinte...
E' riconoscente colui che...
Ringraziare è gioia...
Condividere discretamente...
La Sapienza è il dono...
Dio preferisce a tutte le parole...
Come Noè anche noi...
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SAN MARTINO DI TOURS (video)
SANT'ALBERTO MAGNO (video)
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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO
"Uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù" (Giovanni 13, 23)
Gianfranco Ravasi: Il discepolo amato figura del vero credente in Cristo
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RUBRICA Un cuore che ascolta - lev shomea' "Concedi
al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo
popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino
Vangelo: Lc 20,27-38
"Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta ma trasformata".
Così recita il Canone dei defunti perché così Gesù ci rivela nel suo Vangelo.
Non
così la pensano i Sadducei, importante e dominante corrente spirituale
presente in Palestina fin dal II secolo a.C. annientata dai rivoltosi
ebrei che li accusavano di collaborazionismo con gli occupanti Romani
durante la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. Dalle loro fila
provenivano gran parte dei sacerdoti del tempio e dell'aristocrazia
ebraica, essi non credevano all'esistenza dell'aldilà, né all'esistenza
dell'anima, né a quella degli angeli, né alla resurrezione dai morti;
tutto si giocava in questa vita, dove Dio premiava con le ricchezze e
la salute coloro che si comportavano secondo i dettami della Torah, il
Pentateuco, il solo libro da loro ritenuto ispirato. Ed ecco un gruppo
di loro si avvicina a Gesù rivolgendogli una domanda riguardante la
resurrezione dei morti, chiedendo il suo parere a riguardo. La domanda
non è fatta per apprendere da Gesù una qualche lezione sulla Legge, ma
solo per metterlo in difficoltà, per screditarlo mettendolo in ridicolo
davanti alle folle presso cui il Rabbi di Nazareth ha un grande seguito.
...
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Omelia di don Angelo Casati nella 32ª Domenica del Tempo Ordinario Anno C - 10 novembre 2013 2 Mac 7,1-2.9-14 Sal 16 2Ts 2,16-3,5 Lc 20,27-38
La
Bibbia - qualche volta lo si dimentica - conosce al suo interno un
cammino, un cammino che conduce ad approfondimenti nella verità, a
intuizioni ulteriori e successive: si va di svelamento in svelamento. Anche
la fede nell'immortalità e nella risurrezione si fa strada poco a poco,
nel libro della Bibbia, e quello che oggi abbiamo letto, dal libro dei
Maccabei, è forse uno dei testi più espliciti di questa fede. E
vorrei subito dire che, al contrario di quanto a volte si è pensato, la
fede nella risurrezione non ci rende né pavidi né rassegnati, ma ci
restituisce forza e coraggio indomiti. Il coraggio della resistenza,
della resistenza al tiranno di turno, che vuol essere adorato nei suoi
pensieri e nelle sue decisioni e che vede sempre con pericolo qualcuno
che abbia una fede sincera, e non una fede di corte, perché la fede,
quella vera in Dio, toglie ogni assolutezza del potere: tu non sei il
mio assoluto, le tue leggi non sono per me un assoluto, perché il mio
assoluto è Dio. E solo le sue leggi - non le tue - sono per me un
assoluto. E' la storia
della madre dei Maccabei e dei suoi sette figli, storia oggi decurtata
dalla lettura liturgica, storia che andrebbe letta nella sua totalità,
storia di una fierezza che nasce dalla fede in Dio, da cui si attende
l'adempimento della promessa. Storia
di una madre che univa tenerezza femminile a coraggio virile e che così
esortava il suo ultimo figlio, il minore di tutti, dopo aver visto
trucidare gli altri sei barbaramente: "Non temere questo carnefice, ma
mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte perché io ti
possa riavere insieme con i tuoi fratelli, nel giorno della
misericordia" (2Mac 7, 29). Da
chi viene questa fede, che diventa fedeltà e fierezza, capacità di
opposizione e di resistenza? Ce lo ricorda oggi Paolo nella lettera ai
Tessalonicesi: "E' lo stesso nostro Signore Gesù Cristo, Dio Padre
nostro che ci ha amati e ci ha dato per grazia una consolazione eterna
e una buona speranza". Una consolazione eterna e una buona speranza.
Ebbene "Il Signore conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera
e parola di bene".
Nel
Vangelo Gesù, come è solito fare quando lo si vuole imprigionare nelle
controversie, che sempre sono operazioni di corto respiro, sfugge. Come
se volesse sfuggire all'accerchiamento, come se volesse respirare aria
aperta. E, come sempre, dilata l'orizzonte. Dilata
anche l'orizzonte della risurrezione finale, che non può essere
impoverito nelle casistiche e nelle strettoie umane. Sarebbe
impoverente trasferire modelli mondani, così come sono, nell'aldilà,
quasi fosse la risurrezione niente più che una rianimazione di
cadaveri. Dilatate la visione, sembra dire Gesù. Non si può pensare la
risurrezione dentro le categorie di una semplice trasposizione o di una
pallida ripetizione...
omelia di don Angelo nella 32ª Domenica del Tempo Ordinario
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Vangelo di Luca 20,27-38
Riflessione del Card. Gianfranco Ravasi
10 novembre 2013
In
questa interessante riflessione il Card. Ravasi ricorda che
queste parole di Gesù (Lc 20, 27-38) avevano conquistato quel grande
filosofo e scienziato credente che fu Blaise Pascal. A partire dal 1654
fino alla morte (1662) egli portò sempre con sé un foglio, cucito nella
fodera del farsetto, intitolato “Fuoco”, e scoperto alla morte del
pensatore da un domestico.
Eccone
il testo modulato sulle parole di Gesù, commentate liberamente da
Pascal: «Dio d’Abramo, Dio d’Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi
e dei dotti. Certezza, certezza. Sentimento. Gioia. Pace. Dio di Gesù
Cristo. Dio mio e Dio vostro. Il tuo Dio sarà il mio Dio. Oblio del
mondo e di tutto fuorché di Dio. Egli non si trova se non per le vie
indicate dal Vangelo».
video integrale
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"La spiritualità cristiana: la preghiera"
di Alberto Neglia, ocarm
(video)
I Mercoledì della Spiritualità 2013
Incontro del 23 ottobre 2013
"È
difficile pregare perché l’uomo che tende ad idolatrare la propria
autorealizzazione, ad affermare l’autonomia del suo agire e delle sue
scelte in ogni campo del vissuto fa fatica ad accettare la dimensione
di povertà che la preghiera, soprattutto quella di domanda,
comporta. L'uomo imbevuto
di efficientismo, che tende a leggere tutte le dimensioni
dell’esistenza e i comportamenti umani con la categoria del produttivo,
farà fatica ad aprirsi al gratuito, a quella singolare perdita di tempo
che è il pregare. L'uomo
incapace di silenzio, tuffato completamente nella estroversione, che
non sa dare alcuna configurazione al proprio mondo interiore, farà
difficoltà a percepire il significato di una preghiera personale,
capace di silenzio e di solitudine. Anche
le distrazioni che inevitabilmente turbano l’orante possono ingenerare
scoraggiamento e abbandono della preghiera: il credente cercherà di
integrarle alla preghiera, trasformarle in preghiera, tendendo così a
un'unificazione sempre più profonda di sé davanti a quella presenza di
Dio che sola libera dalle distrazioni e dagli sguardi su se
stessi. Dio, ‘dona la preghiera a chi prega’ Però,
per chi persevera nella preghiera, Dio stesso lo educa a saper pregare.
Ci ricorda Evagrio Pontico: «Se vuoi pregare hai bisogno di Dio, ‘che
dona la preghiera a chi prega’. Invocalo dunque dicendo: ‘Sia
santificato il tuo nome, venga il tuo regno’, cioè lo Spirito Santo e
il tuo Figlio unigenito. Questo, infatti, il suo insegnamento, quando
ha detto di 'adorare il Padre in spirito e verità'» (Evagrio Pontico,
De oratione 58). ...
video
Guarda anche:
il primo incontro del 16 ottobre 2013
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JESUS, novembre 2013
Caro Diogneto - 59
Rubrica di ENZO BIANCHI
La cenere e il fuoco
Fuoco
e cenere non sono due elementi estranei: uno è strettamente legato
all’altro. Il fuoco, bruciando, produce la cenere e la cenere
testimonia che c’è stato il fuoco. Anzi, la cenere è capace di
conservare a lungo la brace, in modo che il fuoco possa di nuovo
accendersi, ardere, essere ravvivato. Proprio perché ho vissuto a lungo
con un camino in cella, proprio perché, mancando di luce elettrica per
tredici anni, soprattutto alla sera stavo presso il camino a meditare e
a pregare, ho coniato questa immagine della chiesa quale cenere e del
Vangelo quale fuoco-brace. D’altronde, Gesù stesso ha parlato del
Vangelo quale fuoco che egli è venuto a portare sulla terra, fuoco che
desiderava tanto veder ardere (cf. Lc 12,49).
La
chiesa, costituita da noi uomini e donne, la chiesa evidente nei papi,
nei vescovi e nei fedeli, religiosi o laici, la chiesa che i non
cristiani vedono è una realtà sovente misera, inadempiente rispetto
alla sua vocazione, ma è una necessità per il Vangelo...
Ma
tutto questo la chiesa lo fa più o meno bene, e a volte contraddicendo
proprio il Vangelo che custodisce, trasmette e insegna. Soprattutto il
potere, la ricchezza di cui la chiesa si ammanta, fanno sì che il fuoco
del Vangelo nella comunità cristiana produca cenere più che fiamma…
Perché il fuoco può essere fiamma che risplende, illumina, sfavilla,
fiamma ardente, oppure può diventare un consumarsi fumoso del legno.
C’è infatti la possibilità che la legna non bruci bene, che si consumi
a poco a poco senza fare fuoco, e allora la cenere si accumula e
seppellisce la brace.
Sì,
è proprio così: la chiesa può seppellire, nascondere il Vangelo. Il
Vangelo resta in essa, non viene meno ma si occulta, e la cenere
aumenta, cresce, finché diventa difficile non solo scorgere un bagliore
di fuoco, ma addirittura percepire il tepore della brace sepolta. Ma la
brace nascosta rimane...
Sì,
il Vangelo nella chiesa resta sempre, non viene meno. E anche quando la
cenere fosse una montagna, sotto di essa il fuoco non finisce; attende
piuttosto qualcuno che lo cerchi, lo disseppellisca e gli permetta di
ardere. Nella mia vita ho visto la cenere, poi un’ora in cui
risplendeva il fuoco come in una novella Pentecoste, con Giovanni XXIII
e il concilio, poi di nuovo cenere, tanta cenere, fino a far dubitare
qualcuno della permanenza del fuoco. E ora nuovamente un po’ di cenere
è rimossa… Rimuovere la cenere è compito di ogni cristiano, se cerca il
fuoco, se cerca il Vangelo. Ma oggi c’è qualcuno come papa Francesco
che chiama, che invita i cristiani a farlo e lo fa lui stesso con
autorevolezza: dobbiamo dunque esultare!
La cenere e il fuoco di Enzo Bianchi
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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni |
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Alcuni recenti gesti di Papa Francesco hanno alimentato una riflessione
sul senso dell’elemosina e sulla sua pratica nella vita della Chiesa.
La questione, in realtà, è sempre stata viva, perché aspetto essenziale
del più ampio problema relativo al rapporto del cristiano con la
ricchezza e i beni temporali, temi sui quali Gesù ha insistito con
forza. I Padri della Chiesa espressero la convinzione che Dio avesse
destinato i beni della terra a tutti gli uomini, non solo ad alcuni;
per questo, molti di loro ritennero che il superfluo dei pochi fosse
stato in qualche modo sottratto alle necessità dei molti...
Il superfluo è un furto
Da
tempo, durante i miei spostamenti quotidiani da una parte all’altra
della città, mi imbatto sempre più di frequente in mendicanti, barboni
e zingari che chiedono l’elemosina per strada. E questo è un fatto che
si pone non solo per chi cammina a piedi ma anche per chi, in auto, si
ferma al semaforo. Sono sempre le stesse facce, sempre le stesse
persone che oramai si sono stanziate nelle nostre città «spartendosi»
le diverse zone. Dinanzi a chi chiede, anche con insistenza, denaro, la
prima reazione è quella del fastidio e dell’indifferenza. Ma mi domando
quale in questi casi dovrebbe essere l’atteggiamento corretto da tenere
almeno per una persona che si professa cristiana. Esistono delle
«regole» nei confronti della carità e dell’elemosina?
Risponde don Leonardo Salutati, docente di Teologia Morale
Come comportarsi con chi chiede l’elemosina?
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"Una «her-story» del Vangelo" di Gianfranco Ravasi
«Trovo
che amara più della morte è la donna: essa è tutta lacci, una rete il
suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge, ma chi
fallisce ne resta catturato». L'acida misoginia del Qohelet-Ecclesiaste
(7,26) non è che la spia accesa e rovente di un contesto
socio-culturale patriarcale e maschilista che assedia le Scritture
sacre ebraiche e che conferma quanto la parola divina sia "incarnata"
ed esiga, perciò, una sana ermeneutica per evitare di precipitare nella
soffocante palude del fondamentalismo. Queste coordinate così rigide
sono state spezzate dall'irruzione del cristianesimo? Le Scritture
sacre greche cristiane segnano al riguardo una svolta radicale? A
rispondere al quesito si sono dedicati vari esegeti e teologi,
soprattutto quando le discipline sacre – per secoli appannaggio del
ceto maschile – hanno registrato la cospicua presenza di donne, a tal
punto da dare origine a una teologia femminista militante, pronta a
ritrascrivere la his-story sacra in una her-story della salvezza. Agli
interrogativi sopra evocati risponde anche un apprezzato
teologo domenicano, docente nella canadese Carleton University di
Ottawa, Michel Gourgues. Il titolo rimanda a un lapidario asserto
paolino: «Non c'è più giudeo né greco, non c'è più schiavo né libero,
non c'è più né maschio né femmina perché voi tutti siete uno solo in
Cristo» (Galati 3,28).Studiato anche nel suo contesto letterario,
l'assioma rivela la sua qualità di memoria della primigenia tradizione
gesuanica su questo tema. Il Gesù storico, infatti, è indubbiamente in
distonia con l'eredità giudaica e Gourgues si premura di allestire nel
primo capitolo del suo saggio il dossier di un tale atteggiamento
inedito «in opere e in parole», rubricandolo sotto l'appello che Gesù
rivolge a due donne: «Coraggio, figlia mia!» (Marco 5,34.41). Anche il
Jesus remembered, ossia il Cristo descritto dagli evangelisti (per
usare una locuzione dell'esegeta americano James D. G. Dunn), manifesta
questa apertura, sia pure con qualche ombra, come quando il più
"femminista" degli evangelisti, Luca, ricorda che Gesù era accompagnato
da varie donne – tra le quali anche un'aristocratica come Giovanna
moglie di Cuza sovrintendente alle finanze del re Erode Antipa – e che
esse «servivano coi loro beni» sia lui sia gli apostoli (Luca 8,1-3).
In realtà, questo verbo del servizio, che è ripreso anche nel caso
della suocera di Pietro (Marco 1,37) e in quello di Marta, la sorella
di Lazzaro e Maria, amici di Gesù (Luca 10,40), riflette una prassi
normale nell'orizzonte storico di allora (e non solo…), ma è pure
applicato ai maschi discepoli ai quali si ricorda che, per essere primi
nel regno di Dio, bisogna "servire" come ha fatto lo stesso Cristo
(Marco 9,35; 10,42-45). Il verbo, in greco, è diakonéo e avrà nel
linguaggio neotestamentario una connotazione spirituale ulteriore
(donde il nostro "diacono")...
"Una «her-story» del Vangelo" di Gianfranco Ravasi
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OREUNDICI
IL QUADERNO DI NOVEMBRE 2013
RINASCERE
L'EDITORIALE
di MARIO DE MAIO
Come
può un uomo nascere quando è vecchio?” (Gv 3,4). Questa domanda
paradossale può essere l’inizio, per “i vecchi di tutte le età”, di un
cambiamento di prospettiva nella vita. Rinascere! Nonostante non ne
siamo sempre consapevoli, intorno a noi e dentro di noi si svolge il
dinamismo potente della vita. Siamo circondati da viventi: non sono
solo gli esseri umani, ma tutte le creature in cui la vita si esprime
in mille sfaccettature. La terra che calpestiamo, le piante e gli
alberi che arricchiscono il nostro paesaggio, l’infinita varietà di
animali che ci circonda, tutto, silenziosamente, ci parla di vita. Ma
nel nostro animo non sempre albergano sentimenti uguali. Spesso ci
sentiamo bloccati in realtà impossibili, qualche volta ci sentiamo
imprigionati in situazioni in cui non vediamo via di uscita.
Addirittura qualcuno può vivere momenti difficili e avere pensieri che
parlano solo di morte. La domanda evangelica ci spalanca la finestra
della speranza. Parla di una qualità di vita, che per la sua profondità
non potrà finire nel tempo. E’ la proposta difficile ma sempre
affascinate di Gesù. Come collegarsi con questa fonte di vita
prorompente e farla diventare quotidiana attualità? Come far emergere
tutta la creatività che l’accompagna, per investirla nei numerosi
problemi che nella vita personale, ecclesiale e sociale ci bloccano e
preoccupano? Come uscire da questa difficoltà?...
L'EDITORIALE DI MARIO DE MAIO
IL POVERO CHE STA ALLA PORTA
quale fede rende testimoni di amore? di ARTURO PAOLI
Proponiamo due omelie di fratel Arturo, recentemente tenute nella chiesa di San Martino in Vignale a Lucca.
Domenica 29 settembre 2013 – Vangelo di Luca 16, 19 – 31
Credo
che il nostro papa Francesco abbia avuto una ispirazione particolare
dallo Spirito Santo, come del resto io credo che i pontefici che hanno
la guida del popolo di Dio siano sempre ispirati dallo Spirito. La fede
può avere un doppio risultato: può essere dottrina, dogma, verità e
allora qualunque persona può essere molto erudita in questa materia ma
può darsi che non viva la fede, e di fatto accade. La verità non
impegna direttamente a una coerenza di vita, invece la fede come amore
ha la necessità di andare incontro alle vittime che sono state
trascurate, offese dall’amore, particolarmente i poveri, gli umiliati,
i traditi da vicende dolorose della vita. Il Papa evidentemente ha
capito, ispirato dallo Spirito Santo, che la sua vita privata non
poteva svolgersi in un grande palazzo, servito da molte persone come un
gran signore perché il povero che sta alla porta invoca non tanto di
poterlo visitare, ma che il Papa lo aiuti in qualche modo a uscire dal
suo tormento, che migliori un po’ la sua vita, che sollevi un po’ la
sua sofferenza...
Domenica 6 ottobre – Vangelo di Luca 17, 5 – 10
Gesù
ci parla di fede: che cos’è questa fede? E' una forza interna, che ci
aiuta a vivere non spensieratamente senza un progetto, ma nella verità.
Ognuno di noi che viene al mondo è una persona, un essere, una forza
sulla quale dio conta. Una forza che va verso l’amore. Noi siamo
chiamati oggi a collaborare a una forza di carità sia perché questo
mondo ci presenta molte miserie, molte sofferenze, molti vuoti, sia
perché il papa ci dà l’esempio scendendo sulla strada come guida verso
coloro che soffrono...
"IL POVERO CHE STA ALLA PORTA quale fede rende testimoni di amore?" di Arturo Paoli
L’amore sa aspettare, aspettare a lungo, fino all’estremo. Non diventa mai impaziente, non mette fretta a nessuno e non impone nulla. Conta sui tempi lunghi Dietrich Bonhoeffer
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Quello scandalo della doppia vita di Enzo Bianchi
Quello scandalo della doppia vita
di Enzo Bianchi
Cos’è il peccato?
Cos’è lo scandalo?
C’è sempre perdono da parte di Dio?
A queste domande ha cercato di
rispondere Gesù, e papa Francesco commentando il vangelo ne attualizza
le parole, applicando il pensiero di Gesù alle situazioni odierne nella
chiesa e nella società. Tutti ormai hanno compreso che per papa
Francesco è urgente la predicazione della misericordia di Dio, del suo
amore che non ha mai bisogno di essere meritato, del perdono rinnovato
all’infinito – settanta volte sette! – al peccatore.
Ma il papa ricorda questa verità
con dei distinguo precisi, ricorrenti nella sua parola. Il peccato è
caduta, fallimento dell’uomo che sceglie non il bene che vuole ma il
male che non vorrebbe fare, come ricorda l’Apostolo Paolo: male contro
l’altro, contro gli esseri umani e tutte le creature di questo mondo,
male che contraddice la volontà di Dio il quale chiede tra noi uomini
amore reciproco, comunione, pienezza di vita… In questo senso la
Scrittura ci ricorda che “il giusto pecca sette volte al giorno”: siamo
tutti peccatori o, secondo un altro termine usato da Gesù, siamo tutti
“cattivi”.
È difficile riconoscere questo
nostro acconsentire al male che non appartiene solo alla nostra
fragilità, ma dipende dalla nostra volontà, dalle nostre scelte, dunque
dalla nostra responsabilità. I padri monastici insistevano nel ripetere
che “riconoscere i propri peccati è miracolo più grande del risuscitare
i morti!”. Allora, al cristiano compete una lotta senza tregua contro
le pulsioni che non rispettano la dignità degli altri, che spingono a
vivere senza gli altri o addirittura contro di loro, che chiedono
accaparramento di denaro e di beni senza regole e senza giustizia. Sì,
al cristiano è chiesto di combattere e di tentare sempre di dominare
queste pulsioni e, quando non ci si riesce, di riconoscere il proprio
peccato...
Papa Francesco predica sì la
misericordia, ma non persegue alcuna eresia “bonaria”: annuncia la
grazia caro prezzo, le esigenze radicali del vangelo. Certo, non è
tentato dall’intransigenza contro la società e il mondo attuale, perché
sa che Dio ama questo mondo-umanità tanto quanto condanna il mondo come
assetto di potere, ingiustizia, falsità...
"Quello scandalo della doppia vita" di Enzo Bianchi
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Luca Diotallevi, il
sociologo della CEI: «Tutti devono fare la loro parte seguendo
Francesco e l'agenda del Concilio Vaticano II»
Andrea Tornielli: «L'impatto del Papa è positivo. Ma ora tocca a pastori e credenti»
... Non è
facile questa revisione evangelica della vita comunitaria, implica
schiettezza nelle relazioni e correzione fraterna, mentre in ogni
ambiente religioso può infiltrarsi il tarlo della maldicenza o della
superiorità. Eppure è già ben incarnata in tante realtà italiane o
missionarie, anche in piccole comunità in cui ci capita talvolta di
vedere - esemplarmente - il superiore fare il portinaio o provvedere
alla corvee in cucina.
E noi laici? Non è che questa "rivoluzione" nel modo d'intendere
l'autorità debba essere applicata anche alle nostre relazioni di
gruppo...
Diego Andreatta: Un nuovo modello di autorità
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Angelus/Regina Cæli - Angelus, 10 novembre 2013
Omelia - 4 novembre 2013: Santa Messa in suffragio dei Cardinali e Vescovi defunti nel corso dell’anno
Udienza - 13 novembre 2013
Discorso - Ai partecipanti al pellegrinaggio dell'U.N.I.T.A.L.S.I. [Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari
Internazionali] (9 novembre 2013)
Discorso - Visita Ufficiale al Presidente della Repubblica Italiana al Palazzo del Quirinale (14 novembre 2013)
Discorso - Ai dipendenti del Quirinale (14 novembre 2013)
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Angelus del 10 novembre 2013 - Testo e video
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Il
Vangelo di questa domenica ci presenta Gesù alle prese con i sadducei,
i quali negavano la risurrezione. Ed è proprio su questo tema che essi
rivolgono una domanda a Gesù, per metterlo in difficoltà e
ridicolizzare la fede nella risurrezione dei morti. Partono da un caso
immaginario: “Una donna ha avuto sette mariti, morti uno dopo l’altro”,
e chiedono a Gesù: “Di chi sarà moglie quella donna dopo la sua
morte?”. Gesù, sempre mite e paziente, per prima cosa risponde che la
vita dopo la morte non ha gli stessi parametri di quella terrena. La
vita eterna è un’altra vita, in un’altra dimensione dove, tra l’altro,
non ci sarà più il matrimonio, che è legato alla nostra esistenza in
questo mondo. I risorti – dice Gesù – saranno come gli angeli, e
vivranno in uno stato diverso, che ora non possiamo sperimentare e
nemmeno immaginare. E così Gesù spiega.
Ma
poi Gesù, per così dire, passa al contrattacco. E lo fa citando la
Sacra Scrittura, con una semplicità e un’originalità che ci lasciano
pieni di ammirazione per il nostro Maestro, l’unico Maestro! La prova
della risurrezione Gesù la trova nell’episodio di Mosè e del roveto
ardente (cfr Es 3,1-6), là dove Dio si rivela come il Dio di Abramo, di
Isacco e di Giacobbe. Il nome di Dio è legato ai nomi degli uomini e
delle donne con cui Lui si lega, e questo legame è più forte della
morte. E noi possiamo dire anche del rapporto di Dio con noi, con
ognuno di noi: Lui è il nostro Dio! Lui è il Dio di ognuno di noi! Come
se Lui portasse il nostro nome. Piace a Lui dirlo, e questa è
l’alleanza. Ecco perché Gesù afferma: «Dio non è dei morti, ma dei
viventi; perché tutti vivono per lui» (Lc 20,38). E questo è il legame
decisivo, l’alleanza fondamentale, l’alleanza con Gesù: Lui stesso è
l’Alleanza, Lui stesso è la Vita e la Risurrezione, perché con il suo
amore crocifisso ha vinto la morte. In Gesù Dio ci dona la vita eterna,
la dona a tutti, e tutti grazie a Lui hanno la speranza di una vita
ancora più vera di questa. La vita che Dio ci prepara non è un semplice
abbellimento di questa attuale: essa supera la nostra immaginazione,
perché Dio ci stupisce continuamente con il suo amore e con la sua
misericordia.
Pertanto, ciò che accadrà è proprio il contrario di quanto si aspettavano i sadducei...
testo integrale dell'Angelus
video
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Piazza San Pietro
Mercoledì, 13 novembre 2013
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nel
Credo, attraverso il quale ogni domenica facciamo la nostra professione
di fede, noi affermiamo: «Professo un solo battesimo per il perdono dei
peccati». Si tratta dell’unico riferimento esplicito a un Sacramento
all’interno del Credo. In effetti il Battesimo è la “porta” della fede
e della vita cristiana. Gesù Risorto lasciò agli Apostoli questa
consegna: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni
creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato» (Mc16,15-16). La
missione della Chiesa è evangelizzare e rimettere i peccati attraverso
il sacramento battesimale. Ma ritorniamo alle parole del Credo.
L’espressione può essere divisa in tre punti: «professo»; «un solo
battesimo»; «per la remissione dei peccati».
1.
«Professo». Cosa vuol dire questo? È un termine solenne che indica la
grande importanza dell’oggetto, cioè del Battesimo. In effetti,
pronunciando queste parole noi affermiamo la nostra vera identità di
figli di Dio. Il Battesimo è in un certo senso la carta d’identità del
cristiano, il suo atto di nascita, e l’atto di nascita alla Chiesa.
Tutti voi conoscete il giorno nel quale siete nati e festeggiate il
compleanno, vero? Tutti noi festeggiamo il compleanno. Vi faccio una
domanda, che ho fatto altre volte, ma la faccio ancora: Chi di voi si
ricorda la data del proprio Battesimo? Alzi la mano: sono pochi (e non
domando ai Vescovi per non far loro provare vergogna…). Ma facciamo una
cosa: oggi, quando tornate a casa, domandate in quale giorno siete
stati battezzati, cercate, perché questo è il secondo compleanno. Il
primo compleanno è quello della nascita alla vita e il secondo
compleanno è quello della nascita alla Chiesa. Farete questo? È un
compito da fare a casa: cercare il giorno in cui io sono nato alla
Chiesa, e ringraziare il Signore perché nel giorno del Battesimo ci ha
aperto la porta della sua Chiesa. Al tempo stesso, al Battesimo è
legata la nostra fede nella remissione dei peccati. Il Sacramento della
Penitenza o Confessione è, infatti, come un “secondo battesimo”, che
rimanda sempre al primo per consolidarlo e rinnovarlo. In questo senso
il giorno del nostro Battesimo è il punto di partenza di un cammino
bellissimo, un cammino verso Dio che dura tutta la vita, un cammino di
conversione che è continuamente sostenuto dal Sacramento della
Penitenza. Pensate a questo: quando noi andiamo a confessarci delle
nostre debolezze, dei nostri peccati, andiamo a chiedere il perdono di
Gesù, ma andiamo pure a rinnovare il Battesimo con questo perdono. E
questo è bello, è come festeggiare il giorno del Battesimo in ogni
Confessione. Pertanto la Confessione non è una seduta in una sala di
tortura, ma è una festa. La Confessione è per i battezzati! Per tenere
pulita la veste bianca della nostra dignità cristiana!...
testo integrale
video
Anche
questa settimana la piazza era gremita di fedeli e Papa Francesco ha
fatto un lungo giro salutando tutti e baciando tanti bambini...
video
Al
termine della catechesi sono stati particolarmente rapidi i saluti ai
vescovi presenti sul sagrato della Basilica, perché il Pontefice ha
riservato tempo ed energie ai malati presenti in Piazza San Pietro.
All'udienza hanno infatti partecipato oltre 3 mila persone affette da
malattie rare riunite in una delegazione coordinata dall'associazione
culturale "Giuseppe Dossetti: i Valori - sviluppo e tutela dei diritti"
e accompagnate dal presidente del Pontificio Consiglio per gli
Operatori Sanitari, l'arcivescovo Zygmunt Zimowski.
Così
sulla piazza si è svolta questo singolare e straordinario incontro
personale di papa Francesco che ha abbracciato ciascuno dei tremila
malati, accompagnati dai loro familiari. Centinaia - in particolare -
erano i bambini, alcuni piccolissimi, in braccio ai genitori che
piangendo li hanno affidati per un istante alle braccia del Papa.
Momenti di grande tenerezza e commozione, con Francesco che baciando i
piccoli ha tentato di consolare i grandi, mentre anche i collaboratori
del Santo Padre faticavano in certi momenti a trattenere le lacrime. (fonte: Avvenire)
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Papa
Francesco incontra i membri dell’Unitalsi (persone malate e disabili,
volontari, assistenti ecclesiastici, responsabili di sezione e il
Presidente nazionale) ricevuti stamattina in udienza in Aula Paolo VI,
in occasione dei 110 anni di fondazione dell’ente.
video
Papa Francesco al Verano: la speranza allarga l'anima
video
La
malattia ha più spesso un volto anziano e un colore che è un non
colore. Ma l’ingresso di Papa Francesco in Aula Paolo VI, in un turbine
di abbracci e baci al nugolo di bambini che gli corre incontro e poi
gli chiede una firma su un cartellone che è un arcobaleno di allegria,
tra acclamazioni e applausi a scroscio dei settemila presenti,
moltissimi dei quali infermi, tutto racconta di un incontro e di uno
spirito che intende malattia e disabilità un’esperienza che possiede
anch’essa dei colori suoi e vividi, quelli della solidarietà e della
consolazione. E Papa Francesco, che nutre per i malati un amore
particolare, pone subito di fronte il chiaro e lo scuro dell’anima
cristiana e dello spirito del mondo, quando la salute che declina mette
a nudo i sentimenti umani...
Il Papa all'Unitalsi: il mondo scarta i malati, voi siate per loro abbraccio di Gesù
il
testo integrale del DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AGLI
ASSOCIATI DELL'UNITALSI NELL'ANNIVERSARIO DEI 110 ANNI DALLA FONDAZIONE
video
“Non
ci crederai ma” nel ritratto “sei venuto pure bene”. E’ quanto detto al
Papa da una bambina che partecipa all’udienza dell’Unitalsi (Unione
Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari
Internazionali), nell’aula Paolo VI, e che gli ha presentato un libro
di disegni dedicati alla raffigurazione del Pontefice. La piccola,
intervenuta sul palco, è riuscita a strappare un sorriso a Papa
Francesco, che si è alzato e le ha porto un bacio sulla guancia. (fonte: QN)
Incontro
di Papa Francesco l'Unitalsi in occasione dei 110 anni dalla fondazione
nell'Aula Paolo VI. Il Pontefice è stato accolto dall'ovazione della
sala, gremita da oltre seimila persone tra cui 1.500 malati e disabili
- 600 dei quali in carrozzina - e duemila volontari.Francesco ha
salutato uno per uno i disabili, che ha abbracciato e baciato.
Nell'ultimo tratto, Bergoglio ha ricevuto da una disabile in carrozzina
uno zucchetto bianco: se l'è subito messo sul capo mettendo il suo
sulla testa della malata. (fonte: ANSA)
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
11 novembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
"Dio perdona chi si pente non chi finge di essere cristiano"
Chi
non si pente e “fa finta di essere cristiano” fa tanto male alla
Chiesa. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani
alla Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che tutti dobbiamo dirci
“peccatori”, ma dobbiamo guardarci dal diventare “corrotti”. Chi è
benefattore della Chiesa ma ruba allo Stato, ha aggiunto, è “un
ingiusto” che conduce una “doppia vita”.
Gesù
“non si stanca di perdonare e ci consiglia” di fare lo stesso. Papa
Francesco si è soffermato, nell’omelia, sull’esortazione del Signore a
perdonare il fratello pentito, di cui parla il Vangelo odierno. Quando
Gesù chiede di perdonare sette volte al giorno, ha osservato, “fa un
ritratto di se stesso”. Gesù, ha proseguito, “perdona” ma in questo
brano evangelico dice anche “Guai a colui a causa del quale vengono gli
scandali”. Non parla di peccato, ma di scandalo che è un’altra cosa. E
aggiunge che “è meglio per lui che gli venga messa al collo una macina
di mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di
questi piccoli”. Ma che differenza c’è dunque, si chiede il Papa, “tra
peccare e scandalizzare”? “La
differenza è che chi pecca e si pente, chiede perdono, si sente debole,
si sente figlio di Dio, si umilia, e chiede proprio la salvezza da
Gesù. Ma di quell’altro che scandalizza, che cosa scandalizza? Che non
si pente. Continua a peccare, ma fa finta di essere cristiano: la
doppia vita. E la doppia vita di un cristiano fa tanto male, tanto
male. ‘Ma, io sono un benefattore della Chiesa! Metto la mano in tasca
e do alla Chiesa’. Ma con l’altra mano, ruba: allo Stato, ai poveri …
ruba. E’ un ingiusto. Questa è doppia vita. E questo merita – dice
Gesù, non lo dico io – che gli mettano al collo una macina da mulino e
sia gettato nel mare. Non parla di perdono, qui”...
“Una
putredine verniciata: questa è la vita del corrotto. E Gesù
semplicemente non diceva: 'peccatori' a questi, diceva loro:
'ipocriti'. E che bello, quell’altro, no? ‘Se commetterà una colpa
sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te
dicendo: ‘Sono pentito, sono peccatore’, tu gli perdonerai’. E’ quello
che Lui fa con i peccatori. Lui non si stanca di perdonare, soltanto
alla condizione di non voler fare questa doppia vita, di andare da Lui
pentiti: ‘Perdonami, Signore, sono peccatore!’. ‘Ma, vai avanti, vai
avanti: io lo so’. E così è il Signore. Chiediamo oggi la grazia allo
Spirito Santo che fugge da ogni inganno, chiediamo la grazia di
riconoscerci peccatori: siamo peccatori. Peccatori, sì. Corrotti, no”.
Il Papa: ingiusto essere benefattore della Chiesa e rubare allo Stato, no ai cristiani dalla doppia vita
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
12 novembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
"le mani di Dio ci accompagnano"
Affidiamoci a Dio come una bambino si affida alle mani del suo papà. E’
quanto affermato da Papa Francesco alla Messa di stamani alla Casa
Santa Marta. Il Papa ha ribadito che il Signore mai ci abbandona e ha
sottolineato che anche quando ci rimprovera, Dio non ci dà uno schiaffo
ma una carezza.
“Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità”, ma “per l’invidia del
diavolo è entrata la morte nel mondo”. Papa Francesco ha svolto la sua
omelia soffermandosi sulla Prima Lettura, un passo del Libro della
Sapienza che ricorda la nostra creazione. L’invidia del diavolo, ha
affermato il Papa, ha fatto sì che iniziasse questa guerra, “questa
strada che finisce con la morte”. Quest’ultima, ha ribadito, “è entrata
nel mondo e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono”. E’ un
esperienza che tutti facciamo:
“Tutti dobbiamo passare per la morte, ma una cosa è passare per questa
esperienza con una appartenenza al diavolo e un’altra cosa è passare
per questa esperienza dalla mano di Dio. E a me piace sentire questo:
‘Siamo nelle mani di Dio dall’inizio’. La Bibbia ci spiega la
Creazione, usando una immagine bella: Dio che, con le sue mani ci fa
dal fango, dalla terra a Sua immagine e somiglianza. Sono state le mani
di Dio che ci hanno creato: il Dio artigiano, eh! Come un artigiano ci
ha fatto. Queste mani del Signore… Le mani di Dio, che non ci hanno
abbandonato”.
La Bibbia, ha proseguito, narra che il Signore dice al suo popolo: “Io
ho camminato con te, come un papà con suo figlio, portandolo per mano”.
Sono proprio le mani di Dio, ha soggiunto, “che ci accompagnano nel
cammino”:
“Nostro Padre, come un Padre con suo figlio, ci insegna a camminare. Ci
insegna ad andare per la strada della vita e della salvezza. Sono le
mani di Dio che ci carezzano nei momenti del dolore, ci confortano. E’
nostro Padre che ci carezza! Ci vuole tanto bene. E anche in queste
carezze, tante volte, c’è il perdono. Una cosa che a me fa bene
pensarla. Gesù, Dio, ha portato con sé le sue piaghe: le fa vedere al
Padre. Questo è il prezzo: le mani di Dio sono mani piagate per amore!
E questo ci consola tanto”...
Il Papa: anche quando ci rimprovera, Dio ci accarezza e mai ci ferisce
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
14 novembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
vi invito a vivere nella Sapienza
Lo
spirito di curiosità genera confusione e ci allontana dallo Spirito
della sapienza che, invece, ci dà pace: è quanto ha affermato stamani
il Papa nella Messa celebrata nella Cappella di Casa Santa Marta, in
Vaticano.
L’omelia
del Papa inizia con il commento sulla prima lettura, tratta dal Libro
della Sapienza, dove si descrive “lo stato d’animo dell’uomo e della
donna spirituale”, del vero cristiano e della vera cristiana che vivono
"nella sapienza dello Spirito Santo. E questa sapienza li porta avanti
con questo spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile”:
“Questo
è camminare nella vita con questo spirito: lo spirito di Dio, che ci
aiuta a giudicare, a prendere decisioni secondo il cuore di Dio. E
questo spirito ci dà pace, sempre! E’ lo spirito di pace, lo spirito
d’amore, lo spirito di fraternità. E la santità è proprio questo.
Quello che Dio chiede ad Abramo - 'Cammina nella mia presenza e sii
irreprensibile' - è questo: questa pace. Andare sotto la mozione dello
Spirito di Dio e di questa saggezza. E quell’uomo e quella donna che
camminano così, si può dire che sono un uomo e una donna saggia. Un
uomo saggio e una donna saggia, perché si muovono sotto la mozione
della pazienza di Dio”.
Ma nel Vangelo – sottolinea il Papa – “ci troviamo davanti ad un altro spirito, contrario a questo della sapienza di Dio: lo spirito di curiosità”:
“E’
quando noi vogliamo impadronirci dei progetti di Dio, del futuro, delle
cose; conoscere tutto, prendere in mano tutto… I farisei domandarono a
Gesù: ‘Quando verrà il Regno di Dio?’. Curiosi! Volevano conoscere la
data, il giorno… Lo spirito di curiosità ci allontana dallo Spirito
della sapienza, perché soltanto interessano i dettagli, le notizie, le
piccole notizie di ogni giorno. O come si farà questo? E’ il come: è lo
spirito del come! E lo spirito di curiosità non è un buono spirito: è
lo spirito di dispersione, di allontanarsi da Dio, lo spirito di
parlare troppo. E Gesù anche va a dirci una cosa interessante: questo
spirito di curiosità, che è mondano, ci porta alla confusione”...
Il Papa: lo spirito di curiosità ci allontana dalla sapienza e dalla pace di Dio
video
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Noemi ha 16 mesi e la Sma, una malattia inguaribile per la quale i
genitori chiedono il ricorso al metodo Stamina, che fino ad oggi le è
stato negato. La famiglia di Noemi ha ricevuto la telefonata del Papa
ed è anche stata ricevuta nella residenza del Santo Padre in un
incontro privato. La scena è stata ripresa con la macchina fotografica
da una suora e mandata in onda da "Le Iene" nella puntata di martedì 12
Novembre.
il video del servizio di Golia
Nella puntata de Le Iene andata in onda il 12 novembre Giulio Golia torna sul metodo Stamina,
la cui sperimentazione è stata bloccata dal ministero della Salute in
base alle conclusioni del Comitato scientifico e poi a quelle
dell’avvocatura dello Stato. Gli esperti avevano parlato di «potenziali
rischi», «inadeguata descrizione» e «insufficiente definizione del
prodotto». E tratta il caso di Noemi, una bambina affetta da Sma. Lei e
la sua famiglia sono stati accolti da Papa Francesco in persona, al
quale il padre della bimba ha ribadito come, secondo lui, l’unica
speranza che ha di salvare sua figlia è sottoporla alla tanto discussa cura Stamina...
Le Iene e il video di Papa Francesco che incontra Noemi, la bimba del caso Stamina
Mercoledì
30 ottobre il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin (PdL), ha
partecipato al “question time” della Camera, rispondendo tra le altre
cose a un’interrogazione sul cosiddetto “metodo” Stamina, il trattamento con cellule staminali di cui si è parlato molto negli ultimi mesi e che è stato al centro di un dibattito politico e nella comunità scientifica molto
intenso, con dure critiche nei confronti dei suoi ideatori. A inizio
ottobre Lorenzin ha deciso di cancellare l’annunciata sperimentazione
del “metodo” Stamina in seguito a ulteriori approfondimenti sul
trattamento e sulla sua potenziale pericolosità. Nel corso del
“question time” ha spiegato nuovamente come sono andate le cose,
chiarendo perché non ci sarà la sperimentazione...
Lorenzin e il “metodo” Stamina
"La
migliore cura palliativa per Noemi va cercata nei luoghi dove sono in
corso sperimentazioni sulla sua malattia. Il problema del metodo
stamina e' che non avendo mai iniziato la fase sperimentale non puo'
essere considerato cura palliativa". Cosi' spiega il Ministro della
Salute, Beatrice Lorenzin, ospite questa sera di Tv2000, rispondendo
alla richiesta di accesso al metodo Stamina che i genitori della
piccola Noemi hanno rivolto alle istituzioni. "Spero che avremo presto
una parola di chiarezza definitiva su questo metodo - continua -
perche' non si alimentino false speranze.
Ho
chiesto l'acquisizione delle cartelle cliniche di tutti i casi trattati
con questo metodo perche' vengano valutate dall'Istituto Superiore di
Sanita', dal Centro Nazionale Trapianti, dall'Aifa, dai maggiori esperi
per una comparazione scientifica che dia tranquillita' nel giudizio che
e' stato dato". Il Ministro sottolinea che "il caso e' stato affrontato
senza superficialita' ne' pregiudizio" ribadendo che "quando la scienza
ti dice "no" la politica non puo' sostituirsi al medico". "Ce la
mettero' tutta - conclude - per modificare la norma sulla
sperimentazione e per trattare le malattie rare in modo piu' efficace e
in tempi brevissimi, superando i tempi della burocrazia che non sono
quelli della malattia. Dobbiamo costruire per i malati rari una diversa
rete territoriale".(fonte: AGI)
Caro
Papa Francesco, alcune famiglie in attesa di poter ottenere le cure
compassionevoli con il metodo stamina hanno ricevuto una Sua
telefonata. Questa Sua chiamata, oltre a sottolineare una grande
attenzione per chi soffre, ha acceso le speranze in chi è stato
abbandonato dalla medicina ufficiale.
Lei
ha detto "non fatevi rubare la speranza" e proprio questo sta
avvenendo, sotto i suoi occhi, per queste famiglie già provate da
grandi difficoltà, ma cariche di amore per i loro cari e di dignità.
il testo integrale della lettera aperta a Papa Francesco di Davide Vannoni
«Cartelle
cliniche che non sono cartelle cliniche, miglioramenti enfatizzati,
stabilità minimizzate (dopo diverse infusioni)». Questo il resoconto di
un minuzioso fact-checking operato dal medico e blogger Salvo Di Grazia
sul suo blog MedBunker. L'oggetto sono gli ultimi servizi della
trasmissione Le Iene Show su Stamina, il discusso metodo a base di
cellule staminali del midollo osseo che, a detta dell'ideatore Davide
Vannoni, una volta iniettate in pazienti colpiti da malattie
neurodegenerative andrebbero a rigenerare i neuroni malati. Un'opinione
condivisa quasi esclusivamente dai titolari della stessa Stamina
Foundation, dato che non è ancora disponibile alcuna descrizione
ufficiale del metodo né alcuna pubblicazione scientifica dove ne
risulti l'efficacia...
Stamina, ecco perché i documenti usati dalle Iene non dimostrano nulla
Vedi anche il nostro precedente post:
Papa Francesco UDIENZA GENERALE 6 novembre 2013 - testo e video
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SEGNALATO IN FACEBOOK NELLA
NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"
In un'intervista al Fatto Quotidiano, il procuratore aggiunto di Reggio
Calabria plaude al tentativo di Bergoglio di fare pulizia nella Chiesa.
Ma avverte che le cosche si stanno innervosendo: "Se i boss potessero
fargli uno sgambetto, non esiterebbero"
Papa Francesco, il pm Gratteri: “La sua pulizia preoccupa la mafia”
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Banda della Magliana. Loggia P2. Mafia. E ora la 'ndrangheta che minaccia il papa. Gli affari sporchi con la Chiesa.
Marco Mostallino: Vaticano, i rapporti con mafia e criminalità
Nelle
ultime settimane ha acquistato visibilità mediatica un coro di dissensi
per l’approccio pastorale e i contenuti stessi degli interventi di papa
Francesco. Questo coro proviene dalle ristrette fila del
tradizionalismo cattolico e da ambienti politici conservatori...
Antonio Rizzolo: Quel coro di dissensi verso il Papa
Un'ultima considerazione: a
Gnocchi e Palmaro non piace questo Papa? Peccato! A noi e a moltissimi
altri, cattolici e non cattolici, invece piace. Ma farne questione di
diversità di gusti — come fanno i due «autorevoli» tradizionalisti —
non sarà già di per sé indizio del contagio di quel (presunto)
relativismo morale e religioso che essi tanto aborrono?
Maria Cristina Bartolomei: A proposito di tradizionalisti cui non piace papa Francesco (pdf)
Bocciato in catechismo. Quanto
alla teologia, è meglio non parlarne. Papa Francesco sconcerta atei
devoti e cattolici tradizionalisti, ultrapapisti di ieri e dubbiosi di
oggi. Volano parole irate, insinuazioni ridicole sulla presunta
impulsività di Jorge Mario Bergoglio e sulla suaortodossia. Il Papa venuto dalla fine del mondo scompiglia gli schemi, sovverte regole non scritte.
Piero Pisarra: Il mal-pancismo anti-Francesco dei cattolici come la moglie di Lot (pdf)
... Si dice (qualcuno lo
dice) che Papa Bergoglio rincorre l'acclamazione delle folle grazie ad
affermazioni «populiste». Si sostiene che talune sue prese di posizione
blandiscono un po' troppo l'intellighentia «laica». Ebbene, a me sembra
che in questo caso sia stata invece l'omissione di tanta gerarchia
italiana a «blandire» i potenti, evitando di chiamare col suo nome un
malcostume morale pesante ed evidentissimo. Se oggi fanno colpo le
parole di Papa Francesco contro la «dea tangente», dunque, è anche
perché nella Chiesa italiana nessuno aveva osato dirle prima...
Roberto Beretta: Il tabù della «dea tangente»
Caro
direttore, lo stupore leggendo l’articolo di Vittorio Messori
(Corriere, 10 novembre) mi spinge a esprimere un parere. Messori
considera l’attività pastorale di papa Francesco (insieme al suo sforzo
di fare ordine nella Curia) alla stregua di un «movimento» che sarebbe
spiazzante per le Istituzioni della Chiesa . Lo paragona al movimento
di Beppe Grillo considerato pericoloso per le Istituzioni dello Stato.
Trovo l’idea francamente inaccettabile... (Liliana Cavani)
Cavani ma sono io che mi stupisco per un tale fraintendimento del mio
pensiero da non sapere, davvero, come replicare . Forse la sua lettura
del mio articolo di domenica è stata affrettata o forse è stata
condizionata da un pregiudizio infondato... (Vittorio Messori)
IL CORRIERE DELLA SERA: La semplicità di papa Francesco che sa conquistare le piazze
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