"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°29 del 2013

Aggiornamento della settimana

- dal 13 al 19 luglio 2013 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 26 luglio 2013          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

  di P. Gregorio Battaglia
  di P. Aurelio Antista
di P. Alberto Neglia

 
N. B. La Lectio viene sospesa nel periodo estivo



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 








I NOSTRI TEMPI




  (GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)


Restituire la dignità al Paese - Radici… cristiane?


Restituire la dignità al Paese

“Solo una battuta”. È questo il refrain giustificativo che si legge all’indomani degli insulti che diversi rappresentanti politici del partito della Lega (da Calderoli a Borghezio, da Salvini alla consigliera Valandro) riservano alla ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge.

“Parole fuori posto” per cui, si giustificano i massimi vertici del Carroccio, il vicepresidente del Senato Calderoli ha già chiesto scusa. Ma, viene da chiedersi, un Paese civile può avere un vicepresidente del Senato razzista? Uno Stato rispettabile può continuare a essere rappresentato nei più alti scranni italiani ed europei da una classe politica che ha più volte mostrato il suo volto xenofobo? Ci si risponderà che “questa classe politica è espressione del popolo elettore e che Calderoli è stato votato”.
È vero. Ma quando, una volta eletto, un esponente delle istituzioni lede la dignità di un Paese, essendo espressione di un’intera identità, occorrono provvedimenti. Perché, come bene sottolinea la ministra Kyenge, non ci troviamo davanti a un caso personale ma a “un problema istituzionale”, che richiede, da parte delle più alte cariche dello Stato, non l’indignazione a parole ma una seria presa di posizione. Non è sufficiente che i nostri rappresentanti istituzionali richiedano, magari attraverso twitter, le dimissioni del vicepresidente Calderoli. Deve essere la maggioranza di quella classe politica democraticamente eletta ad allontanarlo, perché indegno (tanto quanto una ministra che non paga le tasse…) a rappresentare un Paese civile. Perché è dalle istituzioni che ci si aspetta l’esempio.
L’Italia deve dare un segnale chiaro a sé stessa e al resto del mondo: è finito il tempo delle barzellette e delle battute di spirito, occorre serietà. Non basta una richiesta di dimissioni, è lo stesso Senato a dover sollevare Calderoli dall’incarico che indegnamente ricopre. Se c’è un problema di rappresentanza istituzionale, sono le istituzioni a doverlo risolvere. Non è più sufficiente lo sdegno bipartisan, aspettare che passi, ancora una volta, l’indignazione per “una battuta fuori posto”. Occorre restituire dignità alle parole e alle persone. E, non ultimo, al Paese.
(fonte: combonifem)

Nel 1977 esce il film ‘RADICI’, la storia di Kunta Kinte preso dal suo villaggio africano e portato schiavo in America. 
In questi ultimi anni la Lega Nord ostenta le proprie ‘RADICI CRISTIANE’. Un binomio offensivo sia delle ‘radici’ che del ‘cristianesimo’. L’ultima conferma viene da Calderoli, vicepresidente del Senato, “Radici… cristiane? mi fa venire in mente un orango’. Non ci sono parole per commentare! Con buona pace del viaggio di Francesco a Lampedusa e della distribuzione a tappeto dei crocifissi, ecc. 
Se una frase del genere fosse stata scritta in una tema da qualche studente, o detta da un professore cosa sarebbe successo? E se la dovessimo dire ad un carabiniere che ci ferma con la paletta per un controllo? Forse ci porterebbe direttamente in cella! E se lo dice il vicepresidente del Senato per insultare un ministro donna con la pelle nera? Tranquilli, sono le solite battute della Lega. E poi ha chiesto anche scusa. Non ci resta che aspettare la prossima. 
Preoccupa anche quanto ha detto il Presidente del Piemonte Roberto Cota a proposito degli F35: “Per quanto riguarda le questioni etiche dobbiamo dire che se questi aerei non li facciamo noi, vuol dire che li produrranno altrove. Lasciamo quindi da parte certa ipocrisia”. 
Ne viene fuori una bella linea educativa per i nostri ragazzi ai campi estivi! Un vero compendio di valori morali e cristiani oltre che civili e umani! 

   Radici… cristiane? di Renato Sacco


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A tre giorni dagli insulti al ministro Kyenge, paragonato a un orango, Roberto Calderoli si scusa ma non si dimette. 'Ho commesso un errore grave, ho fatto una sciocchezza' ha detto a Palazzo Madama. Dopo aver cercato in tutti i modi di giustificare le sue parole buttandola sulla simpatia

  Wil Nonleggerlo:  Le scuse del razzista ridicolo

... Oggi, di fronte all'ennesimo gesto di intolleranza e alle inequivocabili espressioni di razzismo da parte di uno dei massimi rappresentanti delle nostre istituzioni, contro una ministra della nostra Repubblica, non possiamo sottovalutare o far finta che  non sia successo nulla.
La storia ci ha insegnato che l’imbarbarimento, come giustamente ha messo in guardia il presidente Giorgio Napolitano, inizia con il banalizzare il male, con il minimizzare gesti, con girare la faccia da un’altra parte...

  MISSINARIE COMBONIANE:  Noi missionarie comboniane dalla parte di Cécile

Agostino Pedrali, responsabile dei Servizi sociali di un comune del Bresciano, posta un riferimento agli studi di Lombroso. Poi rincara la dose e torna a paragonare il ministro a un orango con un montaggio fotografico

  Sandro De Riccardis:  Nuovi insulti contro la Kyenge su Facebook. Assessore leghista: "Sembra una scimmia"

... Razzista è chi crede che nel genere umano esistano diverse razze: ma ciò è scientificamente falso. Apparteniamo tutti a una sola ed unica razza: la razza umana, che comprende i sette miliardi di abitanti del nostro pianeta...

  Tahar Ben Jelloun:  Se ancora resiste il culto della razza

Altro che ceto medio produttivo e ed elettorato delle partite Iva. Oggi il movimento vuole agglomerare i razzisti, quelli che gioiscono per l'affondamento dei migranti. Una vera scheggia impazzita della democrazia italiana

  Roberto Saviano: Ora sì che la Lega è pericolosa

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"Vivi e ama" la storia di Andrew Pochter, ucciso per perseguire i suoi ideali pacifisti in terre segnate dalla violenza!



"L'Egitto è pericoloso in questo momento, perché il Paese sta vivendo le conseguenze di una grande rivoluzione politica". Così Andrew Pochter, 21enne americano, descrive la situazione egiziana in una mail inviata ad un ragazzino, Justin, a cui aveva fatto da tutor. Certo non poteva immaginare che, solo poche ore dopo aver scritto la lettera, la violenza che sta attraversando le principali città d'Egitto l'avrebbe ucciso.

Andrew Pochter, originario del Maryland, si trovava in Egitto per compiere uno stage con un organizzazione umanitaria no - profit, con l'intento di insegnare l'inglese ai bambini egiziani tra i 7 e gli 8 anni di età. La passione del ragazzo americano per l'insegnamento e l'aiuto ai bambini più sfortunati era cominciata quando ancora si trovava in patria, una passione cominciata a 16 anni, svolgendo l'attività di tutor in alcuni campi estivi. Proprio durante uno di questi, frequentati per 5 estati di fila, il 21 aveva conosciuto Justin, il destinatario della sua ultima mail. Pochter, durante la sua lettera virtuale, scrive parole sagge, consapevoli. Consiglia al ragazzino, reduce da un successo scolastico, di non smettere mai di essere curioso per " le cose belle della vita. Fai escursioni nei boschi, canyon e montagne, vai a pesca e abbandona la vita di città se puoi. Circondati di buoni amici. Innamorati di qualcuno. Respira la vita ogni giorno come se fosse la prima volta. Trova qualcosa che ti piace fare e non smettere mai di farla."
La mail, pubblicata dal Washington Post, ha scosso gli animi degli americani, contribuendo ad aumentare la commozione attorno a quanto successo ad Andrew Pochter. Il ragazzo, poche ore dopo aver scritto la sua lettera a Justin, è stato accoltellato a morte il 28 di giugno, durante una manifestazione ad Alessandria, la seconda città egiziana. Ad ucciderlo è stato un manifestante, senza apparente motivo...

   L'ultima mail di Andrew Pochter, ucciso in Egitto


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Dichiarazione di don Luigi Ciotti sull'approvazione nuovo 416ter sullo scambio elettorale politico-mafioso


Luigi Ciotti sull’approvazione nuovo 416 ter:“quando si uniscono le forze – e ciascuno fa la sua parte – si costruisce cambiamento.”

«L’approvazione del nuovo 416ter sullo scambio elettorale politico-mafioso è, sotto tre diversi aspetti, un piccolo ma significativo passo avanti.
L’aspetto tecnico: la norma finalmente estende la perseguibilità del reato, oltre che allo scambio di denaro, ad altre “utilità”.
L’aspetto culturale: viene implicitamente riconosciuto che la corruzione è un problema di democrazia, di vuoto di diritti colmati con la sottocultura della raccomandazione, del favore, del privilegio, dell’abuso.
L’aspetto sociale e politico: è il frutto di una collaborazione fra la società responsabile – gli oltre 270mila cittadini che hanno firmato la petizione della Campagna Riparte il Futuro, promossa da Libera e Gruppo Abele per un più serio contrasto alla corruzione – e quella parte di politica seria che ne ha accolto e promosso l’appello.
Si tratta ora di procedere su questa strada, perché i passi da fare sono ancora molti. Con una certezza: che quando si uniscono le forze – e ciascuno, nel suo ambito, fa la sua parte – si costruisce cambiamento. È sempre il ‘noi’ che vince».
Luigi Ciotti,
presidente Libera e Gruppo Abele promotori Campagna Riparte il Futuro

   Visita il sito RIPARTE IL FUTURO

Guarda il nostro precedente post:

   “DOBBIAMO FARE IN FRETTA. IL CAMBIAMENTO HA BISOGNO DI CIASCUNO DI NOI”. Appello di don Ciotti


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Lampedusa... isola da Nobel !!!


Il Premio Nobel per la pace? Ai lampedusani. Per quel «faro» indicato da Papa Francesco come «esempio di amore, di carità e di accoglienza» le parole non bastano più. Servono fatti concreti, gesti veri. 
E se «le parole del Pontefice – come ha spiegato martedì la Cei – invitano a vincere l’indifferenza di fronte al cammino drammatico di tanti nostri fratelli. 
Un’indifferenza che è globale e che chiede anzitutto ai cristiani la globalizzazione della solidarietà», un primo passo per questo risveglio delle coscienze potrebbe essere il riconoscimento dell’impegno e dell’amore della gente dell’isola...
Lampedusa e i lampedusani come Madre Teresa o Nelson Mandela, Nobel per la pace, per la solidarietà che hanno sempre dimostrato verso tutti i disperati che approdano sulle loro spiagge. 
L’idea piace già a due parlamentari, entrambi senatori, entrambi siciliani. Concordano nel ritenere che l’isola meriterebbe un simile riconoscimento. È già un primo segno di trasversalità, si direbbe in termini politici, poiché i due parlamentari appartengono a schieramenti diversi. Senza esitazione, il senatore Renato Schifani, già presidente dell’assemblea di Palazzo Madama, oggi capogruppo del Pdl, e la senatrice Anna Finocchiaro del Partito Democratico, presidente della commissione Affari costituzionali, si sono detti favorevoli. Ai due parlamentari abbiamo posto queste quattro domande...

   Ecco perché Lampedusa merita il Premio Nobel

Leggi anche le risposte:

   Schifani: «Amore per il prossimo senza precedenti»
   Finocchiaro: «La candidatura avrebbe grande valore simbolico»

Vedi i nostri precedenti post che documentano la storica visita del Papa:
  • Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - prima parte
  • Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - seconda parte
  • Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - terza parte


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  Auguri, Madiba!!!

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  Per non dimenticare...

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L'unico agente sopravvissuto alla strage mafiosa che il 19 luglio 1992 uccise il giudice e cinque uomini della scorta, Antonio Vullo,  è stato chiamato a deporre come primo testimone nel processo iniziato lo scorso marzo. 'Sono sopravvissuto, ma non l'ho mai considerata una fortuna: i ricordi sono tutti lì'

  Arianna Giunti:  Via D'Amelio, ancora troppi misteri


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FEDE E
SPIRITUALITA'





DA UNA CHIESA TRIONFANTE

AD UNA CHIESA MENDICANTE

A 50 ANNI DAL CONCILIO VATICANO II

HOREB n. 64 - 1/2013


TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI

"Sono passati 50 anni dall’inizio del Concilio ecumenico Vaticano II ed è importante fare memoria, cioè far presente quell’evento per riviverlo, perché può accadere che, passata la generazione di coloro che vi hanno partecipato o che hanno vissuto da vicino la svolta epocale da esso avviata per la vita della Chiesa, la sua memoria venga meno e si dimentichino gli orientamenti e le prospettive da esso offerti.
Il Vaticano II, infatti, pur essendo in piena continuità con la fede e la vita della Chiesa è stato certamente un evento che ha risposto con le sue scelte ad attese importanti presenti nella comunità cristiana e nel mondo.
Il Vaticano II, dopo duemila anni nel corso dei quali il cristianesimo si era sostanzialmente identificato con la cultura europea, apriva la Chiesa a una piena incarnazione nella vita e nella cultura di tutti i popoli, restituendole un’autentica cattolicità e rendendola veramente universale: piena continuità con il passato, con la fede apostolica trasmessaci attraverso le diverse generazioni, e insieme nuovi decisivi orientamenti nei confronti degli ebrei, dei cristiani non cattolici, dei credenti delle altre religioni, ma anche all’interno della comunità cristiana per quanto concerne la liturgia, la centralità della Scrittura, la collegialità e la sinodalità come forma e stile di governo, il riconoscimento del valore e della centralità della persona umana e della sua coscienza.
Gli orientamenti e le decisioni del Concilio Vaticano II, sebbene accolti abbastanza pacificamente all’interno della comunità ecclesiale, purtroppo non sono stati conosciuti e meditati a sufficienza, in questi cinquant’anni nelle varie comunità cristiane.
La riflessione che proponiamo a più voci, nel presente quaderno, vuole essere l’occasione provvidenziale per riprendere in mano quei documenti e cercare di recepire, nello “spirito del Concilio”, un’immagine di Chiesa a noi frati carmelitani più consona: quella “mendicante”, dove è fondamentale vivere uno stile di vita povero, fraterno, itinerante, accogliente e di condivisione della vita del popolo. Si tratta di riattualizzare il sogno di Papa Giovanni di una Chiesa “che si fa  popolo”: «La Chiesa Cattolica – affermava in una omelia del 13 novembre 1960 – non è un museo di archeologia. Essa è l’antica fontana del villaggio che dà l’acqua alle generazioni di oggi, come la diede a quelle del passato»...  (EDITORIALE)


   Editoriale (pdf)

   Sommario (pdf)


E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it



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INCONTRI PER L’ESTATE – 2013
della FRATERNITÀ CARMELITANA DI POZZO DI GOTTO




FRATERNITÀ CARMELITANA DI POZZO DI GOTTO

INCONTRI PER L’ESTATE – 2013

  • LECTIO DIVINA 
17-22 LUGLIO

Lettere di Giacomo, Giuda e 1Pietro
con p. Pino Stancari sj


*****

  • SETTIMANA DI SPIRITUALITÀ
5-10 AGOSTO
"DALLA PARTE DEI POVERI, I VICARI DI CRISTO"


  il programma degli INCONTRI PER L’ESTATE – 2013 della FRATERNITÀ CARMELITANA DI POZZO DI GOTTO (pdf)



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  Gesù porta il fuoco...
  In tutta umiltà...
  Per Gesù il prossimo non esiste...
  Dio sempre vuole...
  Diventare vela del mondo...
  Nessuno commise un errore...
  Un uomo vale...
  Una cosa Gesù mi chiede...
  Misericordia io voglio...



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  Invocare Maria...

  Auguro che Maria...

  O Madre, tuo Figlio...

  In questo giorno di festa...


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Origine e storia di una delle forme più diffuse di devozione mariana
Il 16 luglio ricorre la festività della Madonna del Carmine, una delle forme più diffuse di devozione mariana. Il titolo “Santa Maria del Carmelo” fa riferimento al Monte Carmelo, in Palestina, che la tradizione lega spiritualmente al profeta Elia e dove ha avuto origine l’Ordine dei Carmelitani. “Karmel” significa giardino; nelle Sacre Scritture viene infatti ricordato spesso per la sua vegetazione, simbolo di fertilità e bellezza...

  16 luglio: Santa Maria del Carmelo

Esiste un legame profondo tra Fatima e la spiritualità carmelitana. Esso risiede anzitutto nel comune riferimento alla “consacrazione” a Maria Santissima. Lo “scapolare” - distintivo tipico della religiosità del Carmelo - è il segno esteriore di un affidamento filiale alla Vergine, attraverso il quale rimettiamo fiduciosamente la nostra vita nelle sue mani, conformandoci a lei per divenire veri discepoli e imitatori di Cristo. A Lucia la Madre di Dio promise, nella apparizione del luglio 1917, che sarebbe tornata a chiedere la Consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato; e, successivamente, lungo l’arco degli anni ’20, a Pontevedra e a Tuy, in Spagna, le confermò e le precisò i termini del suo appello, con il riferimento alla “pratica dei primi cinque sabati del mese” e della “confessione e comunione riparatrici”...

  Le apparizioni di Fatima e il Carmelo

La Memoria della Beata Vergine del Monte Carmelo, che la Chiesa celebra oggi 16 luglio, è una buona occasione per ricordare l'importanza dello scapolare carmelitano. Un segno religioso molto importante per la Polonia, tanto che il Beato Giovanni Paolo II lo ha portato per oltre 50 anni della sua vita. Per rimarcare l'importanza dello scapolare nella Patria di Wojtyła, ZENIT ha raccolto alcune testimonianze.

  Lo Scapolare carmelitano: un segno di affidamento a Maria

  LETTERA PER LA FESTA DI MARIA MADRE DEL CARMELO di Fernando Millán Romeral, O.Carm. Priore Generale


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Le pietre d'inciampo del Vangelo

"La madre di Gesù 
gli disse:«Non hanno più vino».
Gesù le rispose: «Donna che vuoi da me?»
"
(Giovanni 2, 3-4)


  Gianfranco Ravasi: «Che vuoi da me?»





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RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino

Vangelo: Lc 10,25-37

L'amore per Dio e l'amore per il prossimo, a questi due comandamenti "è appesa tutta la Torah e i Profeti" (Mt 22,40).
Il problema però, dice Gesù, è come li leggiamo, vale a dire, come li facciamo diventare carne della nostra carne, come li viviamo. 
In realtà i due comandamenti sono uno solo, perchè -dice Gesù- è soltanto attraverso l'amore per il prossimo che noi possiamo vivere l'amore per Dio, come l'apostolo Giovanni nella sua prima lettera ci ricorda: "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede"(1Gv 4,20)...


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Omelia di don Angelo Casati nella 15ª Domenica del Tempo Ordinario



15ª Domenica del Tempo Ordinario anno C 14 luglio 2013
omelia di don Angelo Casati

Dt 30,10-14 
Sal 18
Col 1,15-20 
Lc 10,25-37

Potremmo leggere l'episodio del Vangelo che ci racconta il dialogo tra Gesù e il dottore della legge e la conseguente parabola del buon samaritano svestendoli della forza di provocazione che li contrassegna, snervandoli da ogni vis polemica; ma snatureremmo il racconto e la parabola.
L'episodio nasce in un contesto di parole: il dottore della legge -il "teologo" diremmo noi oggi- ha di mira il mondo delle parole, e lasciandosi sedurre dal mondo delle parole, non può non arrivare al dibattito teologico, alle disquisizioni dottrinali, al tranello delle parole: "trarre in inganno", "giustificarsi": è scritto.
Le domande possono essere anche legittime, giuste possono essere anche le risposte -come nel nostro caso- ma il problema non è nelle parole...
È come se Gesù polemicamente richiamasse gli uomini delle parole, delle parole "teologiche", alla concretezza dell'agire. Anche tu fa' questo.
Ma il "teologo" - l'uomo delle parole - si trova a disagio davanti a un Maestro, che parla il linguaggio della semplicità.
In un mondo come il suo, dove più si parla complicato, più si ha l'aria di essere superdotati e intelligenti, uno che ti dice: "Ama Dio, amalo con tutte le tue forze, con tutta la tua anima e ama il prossimo come te stesso", sembra dire cose ovvie, cose da poco...

  omelia di don Angelo nella 15ª Domenica del Tempo Ordinario


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LUMEN FIDEI - il commento di Enzo Bianchi: "L'amore è la via"


È altamente significativo che papa Francesco abbia voluto accogliere l’eredità di un’enciclica di Benedetto XVI e l’abbia promulgata aggiungendo al testo nuovi contenuti. Non è la prima volta che questo accade nella chiesa, e tuttavia questa enciclica è capace di testimoniare la continuità dell’azione di confermare nella fede i fratelli da parte del successore di Pietro e, nello stesso tempo, di dare un segno della fraternità tra il vescovo di Roma emerito e quello attuale. 
Il tema dell’enciclica è la fede, e questa lettera non solo viene emanata nell’anno a essa dedicato, ma è anche il completamento dell’insegnamento di Benedetto XVI sulle virtù teologali, dopo le sue encicliche sulla carità e sulla speranza. Siamo in un’ora contrassegnata dalla crisi della fede: della fede in Dio, certamente, e dunque in colui che ha raccontato Dio, Gesù Cristo (cf. Gv 1,18); ma crisi anche dell’umanità della fede, della fede come atto umano, fede-fiducia come fondamento necessario per il cammino di umanizzazione. 
Papa Francesco ci offre un approfondimento della fede, ripercorrendo per noi la strada della storia di salvezza: la fede è quella che è apparsa tra gli uomini con Abramo, il padre dei credenti; è stata fede di Israele, il popolo di Dio; è stata fede compiuta in Gesù Cristo, “origine e compimento” della fede cristiana (cf. Eb 12,2). Questa fede, che resta un dono di Dio e nasce sempre dall’ascolto (cf. Rm 10,17), nell’uomo si fa esercizio e si coniuga in modo fecondo con l’intelligenza e la ragione umana, con il cuore stesso dell’uomo, ed è la vera luce per la conoscenza di Dio e della verità che è Gesù Cristo (cf. Gv 14,6), per quanto è possibile all’essere umano. Ma la fede vissuta, custodita e annunciata dalla chiesa è anche una fede che riguarda tutta l’umanità, è per il “bene comune” ed è capace di dare senso alla vita degli uomini e delle donne, vita fragile, votata alla morte, che nella fede diventa incontro con il Signore nella vita per sempre.
Se questa è la traccia dell’enciclica, occorrerebbe molto più spazio per mettere in luce i passaggi estremamente significativi e performanti delle parole di papa Francesco. Voglio però evidenziare almeno tre acquisizioni decisive...

  "L'amore è la via" di Enzo Bianchi

Vedi anche il nostro post precedente:


  Lettera enciclica "LUMEN FIDEI" di Papa Francesco


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LUMEN FIDEI - il commento di Vito Mancuso: "La paura della modernità"


La questione preliminare sollevata dalla prima enciclica di papa Francesco riguarda la sua effettiva paternità. Chi è il vero padre del testo da oggi noto con il titolo classico di Lumen fidei, “Luce della fede”? Sarà compito degli studiosi futuri stabilire con precisione quanto vi sia di Ratzinger e quanto di Bergoglio in questo importante documento, ma, come si può leggere nello stesso testo, già oggi è noto che è stato scritto per la gran parte da papa Benedetto («egli aveva già quasi completato una prima stesura»), mentre papa Francesco dice di aver contribuito aggiungendo «alcuni ulteriori ritocchi». L’origine a più mani del testo non costituisce di per sé una novità per il papato, perché sono molti i testi del magistero quali encicliche, esortazioni apostoliche, catechesi o semplici discorsi, che hanno alle spalle un autore diverso rispetto al Romano Pontefice che poi li ha firmati, né penso che potrebbe essere altrimenti vista l’ampia esposizione a cui oggi un Papa è quotidianamente chiamato. Decisamente nuovo però è il fatto che, dietro a un testo solenne come un’enciclica, di pontefici ve ne siano due, visto che Benedetto XVI ha scritto le pagine oggi firmate da papa Francesco quando ancora il papa era lui. A quale pontefice quindi attribuire la sostanza degli insegnamenti contenuti nella Lumen fidei? E chi tra i due papi ha scelto il titolo, che in un’enciclica ha sempre tanta importanza?
C’è poi un’altra non piccola questione preliminare: se l’enciclica è il documento più importante che un papa ha a disposizione, e se la prima enciclica rappresenta solitamente l’atto programmatico del nuovo pontificato, che significato occorre dare al fatto che papa Francesco ha scelto di fare suo un testo scritto quasi integralmente da papa Benedetto? Se Francesco avesse sempre seguito in tutto il suo predecessore la cosa sarebbe perfettamente coerente, ma egli finora ha fatto piuttosto il contrario: altra qualifica nel presentarsi (“vescovo di Roma”), altra abitazione (Santa Marta e non l’appartamento papale), altra croce pettorale, altre scarpe, altro piglio nell’affrontare i nodi del governo vaticano, altre priorità come appare dall’aver disertato un concerto di musica classica dov’era prevista la sua presenza, cosa che un cultore della buona musica e dell’etichetta quale Benedetto XVI non avrebbe mai fatto. O forse l’assunzione del testo ratzingeriano sotto la propria firma è funzionale proprio al desiderio di papa Francesco di voler sottolineare, al di là di differenze contingenti, la totale consonanza dottrinale con papa Benedetto sulle cose fondamentali quali la fede e la morale? Io penso che a questa domanda occorra rispondere positivamente e che solo così si spieghi l’effetto un po’ stucchevole di vedere a firma di papa Francesco un testo integralmente ratzingeriano...

  "La paura della modernità" di Vito Mancuso

Vedi anche il nostro precedente post:

  Lettera enciclica "LUMEN FIDEI" di Papa Francesco



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... il tema che più mi appassiona è l’enciclica “Lumen Fidei”, la prima firmata da papa Francesco. L’argomento è importante perché tocca il punto centrale della dottrina cristiana: che cos’è la fede, da dove proviene, come è vissuta dai credenti, quali reazioni suscita in chi non è cristiano, come spiega l’esistenza della razza umana e come risponde alle domande che ciascuno di noi si pone e alle quali il più delle volte non trova risposta: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo...

  Eugenio Scalfari:  Le risposte che i due Papi non danno


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CHIESA E SOCIETA' /

 interventi ed opinioni


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14 luglio 2013 Domenica del Mare - messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti



Riprendiamo di seguito il messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti in vista della Domenica del Mare 2013, in programma il 14 luglio.
La celebrazione ricorre ogni anno la seconda domenica di luglio e costituisce un momento di ricordo, di preghiera e anche di festa per ringraziare la gente di mare per il servizio che rende alla comunità internazionale. 

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“Questo mondo del mare, nel continuo peregrinare di persone, oggi deve tenere conto dei complessi effetti della globalizzazione e, purtroppo, si trova a dover affrontare anche situazioni di ingiustizia, specialmente quando gli equipaggi sono soggetti a restrizioni per scendere a terra, quando vengono abbandonati insieme alle imbarcazioni su cui lavorano, quando cadono sotto la minaccia della pirateria marittima o subiscono i danni della pesca illegale. La vulnerabilità dei marittimi, pescatori e naviganti, deve rendere ancora più attenta la sollecitudine della Chiesa e stimolare la materna cura che, attraverso di voi, manifesta a tutti coloro che incontrate nei porti o sulle navi, o assistete a bordo nei lunghi mesi d’imbarco”.

Con queste parole Papa Benedetto XVI si è rivolto ai partecipanti al XXIII Congresso Mondiale dell’Apostolato del Mare, svoltosi in Vaticano dal 19 al 23 novembre 2012. È un dato di fatto che, per oltre 90 anni, la Chiesa cattolica, attraverso l’Opera dell’Apostolato del Mare, con una rete di cappellani e volontari presenti in oltre 260 porti del mondo, ha mostrato la sua cura materna apportando benessere spirituale e materiale ai marittimi, ai pescatori e alle loro famiglie.
Nel celebrare la Domenica del Mare, vogliamo invitare tutti i membri delle nostre comunità cristiane a prendere coscienza e a riconoscere il lavoro di quasi un milione e mezzo di marittimi che navigano a bordo di una flotta mondiale globalizzata, composta di 100.000 navi che trasportano il 90 per cento dei prodotti manifatturieri. Molto spesso, non ci rendiamo conto che la maggior parte degli oggetti che usiamo quotidianamente sono stati trasportati dalle navi che solcano gli oceani. Equipaggi multinazionali vivono difficili condizioni di vita e di lavoro a bordo, trascorrono mesi interi lontani dai propri cari, a volte sono abbandonati in porti stranieri senza salario, cadono vittime della criminalizzazione e devono sopportare catastrofi naturali (tempeste, tifoni, ecc.) e umane (pirati, naufragi, ecc.).
Ora un faro di speranza risplende nella notte oscura delle difficoltà e dei problemi che i marittimi incontrano...

  messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

Per approfondire:

  APOSTOLATUS MARIS BULLETIN (N. 115/2013/II) (pdf)


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F35: dove sono i cattolici? di don Renato Sacco



«Desideriamo riaffermare, come comunità cristiana, la necessità di opporsi alla produzione e alla commercializzazione di strumenti concepiti per la guerra. Ci riferiamo, in particolare, alla problematica sorta recentemente sul nostro territorio piemontese relativa all’avvio dell’assemblaggio finale di velivoli da combattimento da effettuarsi nel sito aeronautico di Cameri (Novara)». È questo, forse, il primo testo ufficiale contro gli F35. È la parte centrale del comunicato congiunto diffuso da mons Tommaso Valentinetti (vescovo di Pescara-Penne e, al tempo, presidente di Pax Christi) e da mons. Fernando Charrier (vescovo di Alessandria e delegato per la Ppastorale sociale e del lavoro del Piemonte, morto nel 2011). Era il lontano 25 gennaio 2007. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, fino ad oggi.
Con la campagna “Taglia le ali alle armi” sono state raccolte migliaia di firme. Ci sono state diverse mozioni presentate alla Camera e al Senato. C’è stata discussione. Il tema degli armamenti e in particolare degli F35 è uscito dal “sommerso” ed è diventato un argomento più famigliare anche nella discussione di molti italiani. Addirittura il Consiglio Supremo di Difesa ha fatto un duro monito: «Il Parlamento non può porre veti al governo in tema di armi».
E nel mondo ecclesiale? Il testo sopra citato è stato sicuramente una tappa importante. Tra l’altro continuava: «Riteniamo che la produzione di armamenti non sia da considerare alla stregua di quella di beni economici qualsiasi (…). Abbiamo, quindi, la speranza che si arrivi ad un ripensamento». Quel ripensamento che sembra ancora lontano nelle parole del ministro della Difesa Mauro, il quale, subito dopo la votazione in Aula, a fine giugno, ha dichiarato, con un cinico gioco di parole: «Per amare la pace, bisogna armare la pace». Prontamente gli ha risposto, su twitter, mons. Giovanni Giudici, presidente di Pax Christi Italia e vescovo di Pavia: «#F35. Ministro Mauro: “Per amare la pace, armare la pace”. Una falsità storica, un’offesa all’intelligenza, dimenticate le radici cristiane». Un tweet che Pax Christi ha subito rilanciato, raccogliendo diverse adesioni soprattutto dal mondo missionario e dalla stessa Cimi (Conferenza istituti missionari in Italia). Mons Giudici era peraltro già intervenuto qualche giorno prima con un’intervista a Famiglia Cristiana: «Non comprendiamo come sia compatibile un caccia-bombardiere, che serve ad attaccare più che a difendersi, col ripudio della guerra dettato dalla Costituzione».

  F35: dove sono i cattolici? di don Renato Sacco

Vedi anche i nostri precedenti post:
  • F35 - A decidere siamo noi. La coscienza dice NO
  • No F-35: una nuova fase della campagna per evitare il più folle spreco di denaro pubblico di sempre


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Anche il Senato approva una mozione di maggioranza che decide di non decidere. E rinvia tutto. Intanto, i parlamentari contrari si organizzano. In vista dell'autunno.

  Alberto Chiara e Luciano Scalettari:  F35: ma non finisce qui



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Oggi se ne è andato Vicenzo Cerami, grande scrittore, drammaturgo e sceneggiatore. A Natale lo avevo intervistato per la Radio Vaticana sul significato di questa festa cristiana, vista da un non credente. Nell'occasione mi aveva raccontato un aneddoto a cui forse ha ripensato in questi suoi ultimi giorni. E che forse gli venne in mente perché era già malato. (Fabio Colagrande) 

  Cerami, Caproni, Morante e la resurrezione necessaria

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E' il giorno in cui don Andrea Gallo avrebbe compiuto 85 anni, il giorno della festa che i suoi ragazzi gli hanno voluto dedicare e che incomincia con una messa nella parrocchia di San Siro concelebrata da don Ciotti e da don Federico Rebora che lo accolse a San Benedetto nel 1970 quando fu costretto, per le sue prediche, a venir via dal Carmine. In chiesa c'è la comunità, ci sono gli ultimi che don Gallo ha aiutato sempre, c'è una città che lo ha amato o rispettato. E poi ragazzi che intonano canti sacri con la chitarra e i suoi collaboratori di sempre, Megu Chionetti e Lilli (nel video di Andrea Leoni, l'intervista a don Ciotti)

  Don Ciotti: ''Don Gallo non si è mai piegato'' (video)


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Fatti e personaggi dello scandaloso passato dell'uomo che Francesco, ignaro, ha delegato a rappresentarlo nello IOR. Ecco come vive e prospera in Vaticano un potere parallelo che trama ai danni del papa

  Sandro Magister:  Il prelato della lobby gay

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La dottrina antica delle indulgenze associata alla Rete e ai social network può far sorridere per l'apparente anacronismo. E invece indica che la Chiesa, con realismo bimillenario, ha compreso per tempo ciò che molti faticano ancora ad accettare: e cioè che la Rete non è una «realtà virtuale» o parallela ma alla realtà appartiene quanto le persone che la abitano, le stesse che vivono «fuori»...

  Gian Guido Vecchi:  Quei milioni di followers della Fede

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 FRANCESCO
 



     Angelus/Regina Cæli - Angelus, 14 luglio 2013

     Discorso - Ai dipendenti delle Ville Pontificie (14 luglio 2013)
 

     Motu Proprio - Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» sulla giurisdizione degli organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano in
                                       materia penale (11 luglio 2013) 
        
    Enciclica - Lumen Fidei (29 giugno 2013)


        CHIROGRAFO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER L’ISTITUZIONE DI UNA PONTIFICIA COMMISSIONE REFERENTE
           SULL’ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA ECONOMICO-AMMINISTRATIVA DELLA SANTA SEDE

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Il primo Angelus di Papa Francesco a Castel Gandolfo (testo e video)


PAPA FRANCESCO ANGELUS Castel Gandolfo Domenica, 14 luglio 2013

  video

Cari fratelli e sorelle, 
buongiorno!

Oggi il nostro appuntamento domenicale dell’Angelus lo viviamo qui a Castel Gandolfo. Saluto gli abitanti di questa bella cittadina! Voglio ringraziarvi soprattutto per le vostre preghiere, e lo stesso faccio con tutti voi pellegrini che siete venuti qui numerosi.

Il Vangelo di oggi – siamo al capitolo 10 di Luca – è la famosa parabola del buon samaritano. Chi era quest’uomo? Era uno qualunque, che scendeva da Gerusalemme verso Gerico sulla strada che attraversa il deserto della Giudea. Da poco, su quella strada, un uomo era stato assalito dai briganti, derubato, percosso e abbandonato mezzo morto. Prima del samaritano passano un sacerdote e un levita, cioè due persone addette al culto nel Tempio del Signore. Vedono quel poveretto, ma passano oltre senza fermarsi. Invece il samaritano, quando vide quell’uomo, «ne ebbe compassione» (Lc 10,33) dice il Vangelo. Si avvicinò, gli fasciò le ferite, versandovi sopra un po’ di olio e di vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e pagò l’alloggio per lui… Insomma, si prese cura di lui: è l’esempio dell’amore per il prossimo. Ma perché Gesù sceglie un samaritano come protagonista della parabola? Perché i samaritani erano disprezzati dai Giudei, a causa di diverse tradizioni religiose; eppure Gesù fa vedere che il cuore di quel samaritano è buono e generoso e che – a differenza del sacerdote e del levita – lui mette in pratica la volontà di Dio, che vuole la misericordia più che i sacrifici (cfr Mc 12,33). Dio sempre vuole la misericordia e non la condanna verso tutti. Vuole la misericordia del cuore, perché Lui è misericordioso e sa capire bene le nostre miserie, le nostre difficoltà e anche i nostri peccati. Dà a tutti noi questo cuore misericordioso! Il Samaritano fa proprio questo: imita proprio la misericordia di Dio, la misericordia verso chi ha bisogno...

  testo integrale

  video integrale


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14 luglio 2013:

  Per un cristiano la vita...

16 e 17/07/2013:

  Nella vita cristiana...

  Dio ha tanta misericordia...


18/07/2013:

  In quest'anno della fede...

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La coreografia del grande flash mob che si terrà a Rio e che sarà presentato al Papa.

  Flash Mob Oficial "FRANCISCO" JMJ 2013 - HD (video)

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Dopo quella sullo Ior, Francesco istituisce una nuova commissione - composta di laici - per investigare sulle attività delle altre istituzioni vaticane che gestiscono beni e appalti

  La mossa del Papa per razionalizzare le spese

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Il Papa a Lampedusa - la prima vera Enciclica di Papa Francesco


Il crimine dell’indifferenza di Barbara Spinelli

Proviamo a immaginare una storia completamente diversa, dell'ultima settimana del Papa. Una storia segreta, non confessata, non ufficiale. A volte capita, che un racconto fantasticato si avvicini al vero.
Immaginiamo dunque questo: che Papa Francesco abbia accettato di firmare un'enciclica scritta quasi per intero da Joseph Ratzinger, perché all'enciclica non era affatto interessato. Quel che lo interessava sopra ogni cosa, che lo convocava, era il viaggio a Lampedusa, sul bordo di quel Mediterraneo dove sono morti, dal 1988, 19mila migranti in fuga dalla povertà, dalle guerre, dalle torture. Altri drammi vedremo, con l'Egitto che sprofonda nel caos e nell'eccidio.
Così grave è il male di questo mondo, così vaste le colpe dei singoli, dei loro Stati, anche della Chiesa, che occuparsi di teologia in modo tradizionale - con precetti, verità assolute - può apparire una distrazione, se non un'incuria. Si riempie un vuoto, per occultarlo. Lo si affolla di parole dottorali, quando altra è l'emergenza: andare in quell'isola, simbolo delle nostre ipocrisie e del nostro disonore. La teologia non fa piangere, e di lacrime c'è soprattutto bisogno, ha detto il Pontefice. Il mondo è uscito dai cardini, 19mila morti sono lo scandalo che nessun politico grida, e il Papa ha trovato la parola che lo mette a nudo e lo definisce: la globalizzazione dell'indifferenza.
È come se il Papa dicesse (ma stiamo immaginando): "Io non scrivo encicliche, per ora. O meglio ne propongo una tutta nuova: facendomi testimone e pastore che non teorizza ma agisce. Io vado dove le lacrime sono sostanza del mondo". Come Achab, il cacciatore della balena bianca in Moby Dick: di sotto al cappello calcato, cade nell'oceano una sua lacrima. "Tutto il Pacifico non conteneva tante ricchezze che valessero quella misera goccia". Perché dove c'è teologia non c'è teofania: dove c'è ideologia si parla di Dio, ma Dio non si manifesta...

  Il crimine dell’indifferenza di Barbara Spinelli

L'enciclica di Lampedusa di Christian Albini

Il viaggio a Lampedusa è la prima enciclica, non scritta, tutta di papa Francesco. Il ministero petrino si spoglia del suo rivestimento monarchico (vedi il Vangelo del 7/7/13: Non portate borsa, né sacca, né sandali), per diventare incontro con l'uomo.
L'impatto mediatico di questa visita ha messo per un giorno al centro quella che è una periferia della società, dell'economia e dell'esistenza. E' il programma di Bergoglio in atto.
Anche la notizia della canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII ha fatto il giro del mondo, con una risonanza maggiore della Lumen fidei. E' il segno di un'umanità che non è insensibile al messaggio di fede, ma ascolta di più il linguaggio dell'incontro con le persone e con la santità che non quello prevalentemente dottrinale. (fonte: Sperare per tutti)

Vedi i nostri precedenti post:
  • Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - prima parte
  • Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - seconda parte
  • Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - terza parte



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PAURA DEI POVERI, PAURA DEL PAPA di José Maria Castillo


E’ un fatto che nella Chiesa sono numerose le persone alle quali non piace papa Francesco. Anzi, è un fatto anche che nella Chiesa ci sono persone che hanno paura di questo papa. Una paura che si spiega non solo perché Francesco è un uomo che non si adatta alle abitudini e alla maniera “normale” di procedere dei papi che abbiamo conosciuto, ma anche perché Francesco non smette di parlare di un tema che, a quanto pare, rende nervose non poche persone. Mi riferisco al tema dei poveri.
Non so cosa abbiano i poveri perché, quando si pone il loro problema, siamo in molti (mi ci metto anch’io, certamente) a sentirci male, soprattutto quando si presenta in profondità, con tutte le sue cause e conseguenze.
La denuncia
Inoltre, e questa è la cosa più grave, questo papa non si limita a ricordarci l’amore che dobbiamo avere nei confronti dei bisognosi, ma, oltre a questo e soprattutto a questo proposito, nei suoi discorsi e nelle sue omelie è solito scagliarsi contro la gente di Chiesa, denunciando, senza peli sulla lingua, i funzionari della religione che non fanno quello che devono fare, che si comportano come degli arrampicatori che vogliono solo piazzarsi in posti di potere, guadagnare denaro e vivere bene. Francesco è arrivato persino a denunciare pubblicamente i mafiosi vestiti con la sottana. Non eravamo abituati a questo linguaggio sulle “auguste labbra del Pontefice”, com’era solito esprimersi L’Osservatore Romano ai tempi di Giovanni XXIII, il quale tagliò corto con una tale sciocchezza nel modo di parlare.[...]
Non vi è dubbio che di nuovo si sta verificando esattamente quello che ripetono insistentemente i vangeli: i sommi sacerdoti del tempo di Gesù, con le altre autorità religiose, anziani e scribi, “avevano paura” (Mt 21, 26. 46; Lc 20, 19; Mc 11, 18; Lc 22, 2; Mc 11, 32; 12, 12). Paura di chi? Della gente, del popolo, dei poveri. Così dicono i testi dei vangeli. Come dicono anche che Gesù a bruciapelo disse in faccia a loro che avevano trasformato il tempio in un “covo di banditi” (Mt 21, 13; cf. Ger 7, 11 par). Per questo il papa non ha avuto riguardo nel ripetere, riferendosi a determinati ecclesiastici attuali, che sono dei “ladri”. E Francesco aggiungeva: “lo dice il Vangelo”.
È solo l’inizio?...

  PAURA DEI POVERI, PAURA DEL PAPA di José Maria Castillo


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All’indomani della riunione di lunedì 15 luglio, la Commissione Episcopale per le Migrazioni e la Fondazione Migrantes rileggono la visita di Francesco a Lampedusa e rilanciano anche su questo fronte l’impegno della Chiesa italiana a Educare alla vita buona del Vangelo.
Nel suo primo viaggio Papa Francesco ha voluto raggiungere l’isola di Lampedusa per incontrare i fratelli immigrati e rifugiati.
“Abbiamo ancora davanti agli occhi le immagini commoventi dell’incontro di Papa Francesco con immigrati e rifugiati, ma soprattutto ci interpellano profondamente le sue parole”, scrivono i Vescovi, che riprendono la domanda biblica posta dal Papa - “Dov’è tuo fratello?” – nella consapevolezza che “oggi è rivolta a noi, a tutti, per vincere l’indifferenza soprattutto di fronte al dramma di chi fugge dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione e trova la morte nel Mare nostrum, nel Mediterraneo, il mare che circonda Lampedusa, il confine tra l’Europa e l’Africa. Le parole del Papa invitano a vincere l’indifferenza di fronte al cammino drammatico di tanti nostri fratelli. Un’indifferenza che è globale e che chiede anzitutto ai cristiani - come già ricordava Giovanni Paolo II - la globalizzazione della solidarietà”.

  CEI:  Per non lasciar naufragare l'appello del Papa

A Lampedusa dove sono presenti il sangue degli immigrati e la carne di Cristo

  Andrea Tornielli:  Un viaggio emblematico nell'estrema periferia dell'Europa


Un “incredibile evento, densissimo, storico e significativo nel giro di poche ore”: così il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha definito il viaggio di Papa Francesco in un briefing con i giornalisti a conclusione della visita a Lampedusa...

  RADIO VATICANA:  Padre Lombardi: un evento storico, Papa Francesco toccato dall'accoglienza


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