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N.
B. La Lectio viene sospesa nel periodo estivo
NOTA
Articoli,
riflessioni e commenti proposti vogliono
solo essere
un contributo
alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.
Le posizioni espresse non sempre
rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione.
|
(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Restituire la dignità al Paese
“Solo
una battuta”. È questo il refrain giustificativo che si legge
all’indomani degli insulti che diversi rappresentanti politici del
partito della Lega (da Calderoli a Borghezio, da Salvini alla
consigliera Valandro) riservano alla ministra dell’Integrazione Cécile
Kyenge.
“Parole
fuori posto” per cui, si giustificano i massimi vertici del Carroccio,
il vicepresidente del Senato Calderoli ha già chiesto scusa. Ma, viene
da chiedersi, un Paese civile può avere un vicepresidente del Senato
razzista? Uno Stato rispettabile può continuare a essere rappresentato
nei più alti scranni italiani ed europei da una classe politica che ha
più volte mostrato il suo volto xenofobo? Ci si risponderà che “questa
classe politica è espressione del popolo elettore e che Calderoli è
stato votato”.
È vero. Ma quando, una volta eletto, un esponente delle istituzioni lede la dignità di un Paese,
essendo espressione di un’intera identità, occorrono provvedimenti.
Perché, come bene sottolinea la ministra Kyenge, non ci troviamo
davanti a un caso personale ma a “un problema istituzionale”, che
richiede, da parte delle più alte cariche dello Stato, non
l’indignazione a parole ma una seria presa di posizione. Non è
sufficiente che i nostri rappresentanti istituzionali richiedano,
magari attraverso twitter, le dimissioni del vicepresidente Calderoli.
Deve essere la maggioranza di quella classe politica democraticamente
eletta ad allontanarlo, perché indegno (tanto quanto una ministra che
non paga le tasse…) a rappresentare un Paese civile. Perché è dalle
istituzioni che ci si aspetta l’esempio.
L’Italia deve dare un segnale chiaro a sé stessa e al resto del mondo:
è finito il tempo delle barzellette e delle battute di spirito, occorre
serietà. Non basta una richiesta di dimissioni, è lo stesso Senato a
dover sollevare Calderoli dall’incarico che indegnamente ricopre. Se
c’è un problema di rappresentanza istituzionale, sono le istituzioni a
doverlo risolvere. Non è più sufficiente lo sdegno bipartisan,
aspettare che passi, ancora una volta, l’indignazione per “una battuta
fuori posto”. Occorre restituire dignità alle parole e alle persone. E,
non ultimo, al Paese.
(fonte: combonifem)
Nel 1977 esce il film ‘RADICI’, la storia di Kunta Kinte preso dal suo villaggio africano e portato schiavo in America.
In
questi ultimi anni la Lega Nord ostenta le proprie ‘RADICI CRISTIANE’.
Un binomio offensivo sia delle ‘radici’ che del ‘cristianesimo’.
L’ultima conferma viene da Calderoli, vicepresidente del Senato, “Radici… cristiane? mi
fa venire in mente un orango’. Non ci sono parole per commentare! Con
buona pace del viaggio di Francesco a Lampedusa e della distribuzione a
tappeto dei crocifissi, ecc.
Se
una frase del genere fosse stata scritta in una tema da qualche
studente, o detta da un professore cosa sarebbe successo? E se la
dovessimo dire ad un carabiniere che ci ferma con la paletta per un
controllo? Forse ci porterebbe direttamente in cella! E se lo dice il
vicepresidente del Senato per insultare un ministro donna con la pelle
nera? Tranquilli, sono le solite battute della Lega. E poi ha chiesto
anche scusa. Non ci resta che aspettare la prossima.
Preoccupa
anche quanto ha detto il Presidente del Piemonte Roberto Cota a
proposito degli F35: “Per quanto riguarda le questioni etiche dobbiamo
dire che se questi aerei non li facciamo noi, vuol dire che li
produrranno altrove. Lasciamo quindi da parte certa ipocrisia”.
Ne
viene fuori una bella linea educativa per i nostri ragazzi ai campi
estivi! Un vero compendio di valori morali e cristiani oltre che civili
e umani!
Radici… cristiane? di Renato Sacco
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A tre giorni dagli insulti al
ministro Kyenge, paragonato a un orango, Roberto Calderoli si scusa ma
non si dimette. 'Ho commesso un errore grave, ho fatto una sciocchezza'
ha detto a Palazzo Madama. Dopo aver cercato in tutti i modi di
giustificare le sue parole buttandola sulla simpatia
Wil Nonleggerlo: Le scuse del razzista ridicolo
... Oggi, di fronte all'ennesimo gesto di intolleranza e
alle inequivocabili espressioni di razzismo da parte di uno dei massimi
rappresentanti delle nostre istituzioni, contro una ministra della
nostra Repubblica, non possiamo sottovalutare o far finta che non sia
successo nulla.
La storia ci ha insegnato che l’imbarbarimento,
come giustamente ha messo in guardia il presidente Giorgio Napolitano,
inizia con il banalizzare il male, con il minimizzare gesti, con girare
la faccia da un’altra parte...
MISSINARIE COMBONIANE: Noi missionarie comboniane dalla parte di Cécile
Agostino Pedrali, responsabile
dei Servizi sociali di un comune del Bresciano, posta un riferimento
agli studi di Lombroso. Poi rincara la dose e torna a paragonare il
ministro a un orango con un montaggio fotografico
Sandro De Riccardis: Nuovi insulti contro la Kyenge su Facebook. Assessore leghista: "Sembra una scimmia"
... Razzista è chi crede che
nel genere umano esistano diverse razze: ma ciò è scientificamente
falso. Apparteniamo tutti a una sola ed unica razza: la razza umana,
che comprende i sette miliardi di abitanti del nostro pianeta...
Tahar Ben Jelloun: Se ancora resiste il culto della razza
Altro che ceto medio produttivo
e ed elettorato delle partite Iva. Oggi il movimento vuole agglomerare
i razzisti, quelli che gioiscono per l'affondamento dei migranti. Una
vera scheggia impazzita della democrazia italiana
Roberto Saviano: Ora sì che la Lega è pericolosa
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
"L'Egitto
è pericoloso in questo momento, perché il Paese sta vivendo le
conseguenze di una grande rivoluzione politica". Così Andrew Pochter,
21enne americano, descrive la situazione egiziana in una mail inviata ad un ragazzino,
Justin, a cui aveva fatto da tutor. Certo non poteva immaginare che,
solo poche ore dopo aver scritto la lettera, la violenza che sta
attraversando le principali città d'Egitto l'avrebbe ucciso.
Andrew
Pochter, originario del Maryland, si trovava in Egitto per compiere uno
stage con un organizzazione umanitaria no - profit, con l'intento di
insegnare l'inglese ai bambini egiziani tra i 7 e gli 8 anni di età. La
passione del ragazzo americano per l'insegnamento e l'aiuto ai bambini
più sfortunati era cominciata quando ancora si trovava in patria, una
passione cominciata a 16 anni, svolgendo l'attività di tutor in alcuni
campi estivi. Proprio durante uno di questi, frequentati per 5 estati
di fila, il 21 aveva conosciuto Justin, il destinatario della sua
ultima mail. Pochter, durante la sua lettera virtuale, scrive parole
sagge, consapevoli. Consiglia al ragazzino, reduce da un successo
scolastico, di non smettere mai di essere curioso per " le cose belle
della vita. Fai escursioni nei boschi, canyon e montagne, vai a pesca e
abbandona la vita di città se puoi. Circondati di buoni amici.
Innamorati di qualcuno. Respira la vita ogni giorno come se fosse la
prima volta. Trova qualcosa che ti piace fare e non smettere mai di
farla."
La
mail, pubblicata dal Washington Post, ha scosso gli animi degli
americani, contribuendo ad aumentare la commozione attorno a quanto
successo ad Andrew Pochter. Il ragazzo, poche ore dopo aver scritto la
sua lettera a Justin, è stato accoltellato a morte il 28 di giugno,
durante una manifestazione ad Alessandria, la seconda città egiziana.
Ad ucciderlo è stato un manifestante, senza apparente motivo...
L'ultima mail di Andrew Pochter, ucciso in Egitto
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Luigi
Ciotti sull’approvazione nuovo 416 ter:“quando si uniscono le forze – e
ciascuno fa la sua parte – si costruisce cambiamento.”
«L’approvazione
del nuovo 416ter sullo scambio elettorale politico-mafioso è, sotto tre
diversi aspetti, un piccolo ma significativo passo avanti.
L’aspetto
tecnico: la norma finalmente estende la perseguibilità del reato, oltre
che allo scambio di denaro, ad altre “utilità”.
L’aspetto
culturale: viene implicitamente riconosciuto che la corruzione è un
problema di democrazia, di vuoto di diritti colmati con la sottocultura
della raccomandazione, del favore, del privilegio, dell’abuso.
L’aspetto
sociale e politico: è il frutto di una collaborazione fra la società
responsabile – gli oltre 270mila cittadini che hanno firmato la
petizione della Campagna Riparte il Futuro, promossa da Libera e Gruppo
Abele per un più serio contrasto alla corruzione – e quella parte di
politica seria che ne ha accolto e promosso l’appello.
Si
tratta ora di procedere su questa strada, perché i passi da fare sono
ancora molti. Con una certezza: che quando si uniscono le forze – e
ciascuno, nel suo ambito, fa la sua parte – si costruisce cambiamento.
È sempre il ‘noi’ che vince».
Luigi Ciotti,
presidente Libera e Gruppo Abele promotori Campagna Riparte il Futuro
Visita il sito RIPARTE IL FUTURO
Guarda il nostro precedente post:
“DOBBIAMO FARE IN FRETTA. IL CAMBIAMENTO HA BISOGNO DI CIASCUNO DI NOI”. Appello di don Ciotti
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Il
Premio Nobel per la pace? Ai lampedusani. Per quel «faro» indicato da
Papa Francesco come «esempio di amore, di carità e di accoglienza» le
parole non bastano più. Servono fatti concreti, gesti veri.
E
se «le parole del Pontefice – come ha spiegato martedì la Cei –
invitano a vincere l’indifferenza di fronte al cammino drammatico di
tanti nostri fratelli.
Un’indifferenza
che è globale e che chiede anzitutto ai cristiani la globalizzazione
della solidarietà», un primo passo per questo risveglio delle coscienze
potrebbe essere il riconoscimento dell’impegno e dell’amore della gente
dell’isola...
Lampedusa
e i lampedusani come Madre Teresa o Nelson Mandela, Nobel per la pace,
per la solidarietà che hanno sempre dimostrato verso tutti i disperati
che approdano sulle loro spiagge.
L’idea
piace già a due parlamentari, entrambi senatori, entrambi siciliani.
Concordano nel ritenere che l’isola meriterebbe un simile
riconoscimento. È già un primo segno di trasversalità, si direbbe in
termini politici, poiché i due parlamentari appartengono a schieramenti
diversi. Senza esitazione, il senatore Renato Schifani, già presidente
dell’assemblea di Palazzo Madama, oggi capogruppo del Pdl, e la
senatrice Anna Finocchiaro del Partito Democratico, presidente della
commissione Affari costituzionali, si sono detti favorevoli. Ai due
parlamentari abbiamo posto queste quattro domande...
Ecco perché Lampedusa merita il Premio Nobel
Leggi anche le risposte:
Schifani: «Amore per il prossimo senza precedenti»
Finocchiaro: «La candidatura avrebbe grande valore simbolico»
Vedi i nostri precedenti post che documentano la storica visita del Papa:
- Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - prima parte
- Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - seconda parte
- Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - terza parte
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L'unico agente sopravvissuto
alla strage mafiosa che il 19 luglio 1992 uccise il giudice e cinque
uomini della scorta, Antonio Vullo, è stato chiamato a deporre
come primo testimone nel processo iniziato lo scorso marzo. 'Sono
sopravvissuto, ma non l'ho mai considerata una fortuna: i ricordi sono
tutti lì'
Arianna Giunti: Via D'Amelio, ancora troppi misteri
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DA UNA CHIESA TRIONFANTE
AD UNA CHIESA MENDICANTE
A 50 ANNI DAL CONCILIO VATICANO II
HOREB n. 64 - 1/2013
TRACCE
DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI
"Sono
passati 50 anni dall’inizio del Concilio ecumenico Vaticano II ed è
importante fare memoria, cioè far presente quell’evento per riviverlo,
perché può accadere che, passata la generazione di coloro che vi hanno
partecipato o che hanno vissuto da vicino la svolta epocale da esso
avviata per la vita della Chiesa, la sua memoria venga meno e si
dimentichino gli orientamenti e le prospettive da esso offerti.
Il
Vaticano II, infatti, pur essendo in piena continuità con la fede e la
vita della Chiesa è stato certamente un evento che ha risposto con le
sue scelte ad attese importanti presenti nella comunità cristiana e nel
mondo.
Il
Vaticano II, dopo duemila anni nel corso dei quali il cristianesimo si
era sostanzialmente identificato con la cultura europea, apriva la
Chiesa a una piena incarnazione nella vita e nella cultura di tutti i
popoli, restituendole un’autentica cattolicità e rendendola veramente
universale: piena continuità con il passato, con la fede apostolica
trasmessaci attraverso le diverse generazioni, e insieme nuovi decisivi
orientamenti nei confronti degli ebrei, dei cristiani non cattolici,
dei credenti delle altre religioni, ma anche all’interno della comunità
cristiana per quanto concerne la liturgia, la centralità della
Scrittura, la collegialità e la sinodalità come forma e stile di
governo, il riconoscimento del valore e della centralità della persona
umana e della sua coscienza.
Gli
orientamenti e le decisioni del Concilio Vaticano II, sebbene accolti
abbastanza pacificamente all’interno della comunità ecclesiale,
purtroppo non sono stati conosciuti e meditati a sufficienza, in questi
cinquant’anni nelle varie comunità cristiane.
La
riflessione che proponiamo a più voci, nel presente quaderno, vuole
essere l’occasione provvidenziale per riprendere in mano quei documenti
e cercare di recepire, nello “spirito del Concilio”, un’immagine di
Chiesa a noi frati carmelitani più consona: quella “mendicante”, dove è
fondamentale vivere uno stile di vita povero, fraterno, itinerante,
accogliente e di condivisione della vita del popolo. Si tratta di
riattualizzare il sogno di Papa Giovanni di una Chiesa “che si fa
popolo”: «La Chiesa Cattolica – affermava in una omelia del 13
novembre 1960 – non è un museo di archeologia. Essa è l’antica fontana
del villaggio che dà l’acqua alle generazioni di oggi, come la diede a
quelle del passato»...
(EDITORIALE)
Editoriale (pdf)
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E' possibile richiedere
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CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it
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INCONTRI PER L’ESTATE – 2013
della FRATERNITÀ CARMELITANA DI POZZO DI GOTTO
FRATERNITÀ CARMELITANA DI POZZO DI GOTTO
INCONTRI PER L’ESTATE – 2013
17-22 LUGLIO
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Gesù porta il fuoco...
In tutta umiltà...
Per Gesù il prossimo non esiste...
Dio sempre vuole...
Diventare vela del mondo...
Nessuno commise un errore...
Un uomo vale...
Una cosa Gesù mi chiede...
Misericordia io voglio...
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Origine e storia di una delle forme più diffuse di devozione mariana
Il
16 luglio ricorre la festività della Madonna del Carmine, una delle
forme più diffuse di devozione mariana. Il titolo “Santa Maria del
Carmelo” fa riferimento al Monte Carmelo, in Palestina, che la
tradizione lega spiritualmente al profeta Elia e dove ha avuto origine
l’Ordine dei Carmelitani. “Karmel” significa giardino; nelle Sacre
Scritture viene infatti ricordato spesso per la sua vegetazione,
simbolo di fertilità e bellezza...
16 luglio: Santa Maria del Carmelo
Esiste
un legame profondo tra Fatima e la spiritualità carmelitana. Esso
risiede anzitutto nel comune riferimento alla “consacrazione” a Maria
Santissima. Lo “scapolare” - distintivo tipico della religiosità del
Carmelo - è il segno esteriore di un affidamento filiale alla Vergine,
attraverso il quale rimettiamo fiduciosamente la nostra vita nelle sue
mani, conformandoci a lei per divenire veri discepoli e imitatori di
Cristo. A Lucia la Madre di Dio promise, nella apparizione del luglio
1917, che sarebbe tornata a chiedere la Consacrazione della Russia al
suo Cuore Immacolato; e, successivamente, lungo l’arco degli anni ’20,
a Pontevedra e a Tuy, in Spagna, le confermò e le precisò i termini del
suo appello, con il riferimento alla “pratica dei primi cinque sabati
del mese” e della “confessione e comunione riparatrici”...
Le apparizioni di Fatima e il Carmelo
La
Memoria della Beata Vergine del Monte Carmelo, che la Chiesa celebra
oggi 16 luglio, è una buona occasione per ricordare l'importanza dello
scapolare carmelitano. Un segno religioso molto importante per la
Polonia, tanto che il Beato Giovanni Paolo II lo ha portato per oltre
50 anni della sua vita. Per rimarcare l'importanza dello scapolare
nella Patria di Wojtyła, ZENIT ha raccolto alcune testimonianze.
Lo Scapolare carmelitano: un segno di affidamento a Maria
LETTERA PER LA FESTA DI MARIA MADRE DEL CARMELO di Fernando Millán Romeral, O.Carm. Priore Generale
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Le pietre d'inciampo del Vangelo
"La madre di Gesù gli disse:«Non hanno più vino». Gesù le rispose: «Donna che vuoi da me?»" (Giovanni 2, 3-4)
Gianfranco Ravasi: «Che vuoi da me?»
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RUBRICA Un cuore che ascolta - lev shomea' "Concedi
al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo
popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino
Vangelo: Lc 10,25-37
L'amore per Dio e l'amore per il prossimo, a questi due comandamenti "è appesa tutta la Torah e i Profeti" (Mt 22,40).
Il
problema però, dice Gesù, è come li leggiamo, vale a dire, come li
facciamo diventare carne della nostra carne, come li viviamo.
In
realtà i due comandamenti sono uno solo, perchè -dice Gesù- è soltanto
attraverso l'amore per il prossimo che noi possiamo vivere l'amore per
Dio, come l'apostolo Giovanni nella sua prima lettera ci
ricorda: "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non
può amare Dio che non vede"(1Gv 4,20)...
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15ª Domenica del Tempo Ordinario anno C 14 luglio 2013
omelia di don Angelo Casati
Dt 30,10-14
Sal 18
Col 1,15-20
Lc 10,25-37
Potremmo
leggere l'episodio del Vangelo che ci racconta il dialogo tra Gesù e il
dottore della legge e la conseguente parabola del buon samaritano
svestendoli della forza di provocazione che li contrassegna,
snervandoli da ogni vis polemica; ma snatureremmo il racconto e la
parabola.
L'episodio
nasce in un contesto di parole: il dottore della legge -il "teologo"
diremmo noi oggi- ha di mira il mondo delle parole, e lasciandosi
sedurre dal mondo delle parole, non può non arrivare al dibattito
teologico, alle disquisizioni dottrinali, al tranello delle parole:
"trarre in inganno", "giustificarsi": è scritto.
Le
domande possono essere anche legittime, giuste possono essere anche le
risposte -come nel nostro caso- ma il problema non è nelle parole...
È
come se Gesù polemicamente richiamasse gli uomini delle parole, delle
parole "teologiche", alla concretezza dell'agire. Anche tu fa' questo.
Ma il "teologo" - l'uomo delle parole - si trova a disagio davanti a un Maestro, che parla il linguaggio della semplicità.
In
un mondo come il suo, dove più si parla complicato, più si ha l'aria di
essere superdotati e intelligenti, uno che ti dice: "Ama Dio, amalo con
tutte le tue forze, con tutta la tua anima e ama il prossimo come te
stesso", sembra dire cose ovvie, cose da poco...
omelia di don Angelo nella 15ª Domenica del Tempo Ordinario
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È altamente significativo che papa Francesco abbia voluto accogliere
l’eredità di un’enciclica di Benedetto XVI e l’abbia promulgata
aggiungendo al testo nuovi contenuti. Non è la prima volta che questo
accade nella chiesa, e tuttavia questa enciclica è capace di
testimoniare la continuità dell’azione di confermare nella fede i
fratelli da parte del successore di Pietro e, nello stesso tempo, di
dare un segno della fraternità tra il vescovo di Roma emerito e quello
attuale.
Il
tema dell’enciclica è la fede, e questa lettera non solo viene emanata
nell’anno a essa dedicato, ma è anche il completamento
dell’insegnamento di Benedetto XVI sulle virtù teologali, dopo le sue
encicliche sulla carità e sulla speranza. Siamo in un’ora
contrassegnata dalla crisi della fede: della fede in Dio, certamente, e
dunque in colui che ha raccontato Dio, Gesù Cristo (cf. Gv 1,18); ma
crisi anche dell’umanità della fede, della fede come atto umano,
fede-fiducia come fondamento necessario per il cammino di
umanizzazione.
Papa
Francesco ci offre un approfondimento della fede, ripercorrendo per noi
la strada della storia di salvezza: la fede è quella che è apparsa tra
gli uomini con Abramo, il padre dei credenti; è stata fede di Israele,
il popolo di Dio; è stata fede compiuta in Gesù Cristo, “origine e
compimento” della fede cristiana (cf. Eb 12,2). Questa fede, che resta
un dono di Dio e nasce sempre dall’ascolto (cf. Rm 10,17), nell’uomo si
fa esercizio e si coniuga in modo fecondo con l’intelligenza e la
ragione umana, con il cuore stesso dell’uomo, ed è la vera luce per la
conoscenza di Dio e della verità che è Gesù Cristo (cf. Gv 14,6), per
quanto è possibile all’essere umano. Ma la fede vissuta, custodita e
annunciata dalla chiesa è anche una fede che riguarda tutta l’umanità,
è per il “bene comune” ed è capace di dare senso alla vita degli uomini
e delle donne, vita fragile, votata alla morte, che nella fede diventa
incontro con il Signore nella vita per sempre.
Se
questa è la traccia dell’enciclica, occorrerebbe molto più spazio per
mettere in luce i passaggi estremamente significativi e performanti
delle parole di papa Francesco. Voglio però evidenziare almeno tre
acquisizioni decisive...
"L'amore è la via" di Enzo Bianchi
Vedi anche il nostro post precedente:
Lettera enciclica "LUMEN FIDEI" di Papa Francesco
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La questione preliminare sollevata dalla prima enciclica di papa
Francesco riguarda la sua effettiva paternità. Chi è il vero padre del
testo da oggi noto con il titolo classico di Lumen fidei, “Luce della
fede”? Sarà compito degli studiosi futuri stabilire con precisione
quanto vi sia di Ratzinger e quanto di Bergoglio in questo importante
documento, ma, come si può leggere nello stesso testo, già oggi è noto
che è stato scritto per la gran parte da papa Benedetto («egli aveva
già quasi completato una prima stesura»), mentre papa Francesco dice di
aver contribuito aggiungendo «alcuni ulteriori ritocchi». L’origine a
più mani del testo non costituisce di per sé una novità per il papato,
perché sono molti i testi del magistero quali encicliche, esortazioni
apostoliche, catechesi o semplici discorsi, che hanno alle spalle un
autore diverso rispetto al Romano Pontefice che poi li ha firmati, né
penso che potrebbe essere altrimenti vista l’ampia esposizione a cui
oggi un Papa è quotidianamente chiamato. Decisamente nuovo però è il
fatto che, dietro a un testo solenne come un’enciclica, di pontefici ve
ne siano due, visto che Benedetto XVI ha scritto le pagine oggi firmate
da papa Francesco quando ancora il papa era lui. A quale pontefice
quindi attribuire la sostanza degli insegnamenti contenuti nella Lumen
fidei? E chi tra i due papi ha scelto il titolo, che in un’enciclica ha
sempre tanta importanza?
C’è
poi un’altra non piccola questione preliminare: se l’enciclica è il
documento più importante che un papa ha a disposizione, e se la prima
enciclica rappresenta solitamente l’atto programmatico del nuovo
pontificato, che significato occorre dare al fatto che papa Francesco
ha scelto di fare suo un testo scritto quasi integralmente da papa
Benedetto? Se Francesco avesse sempre seguito in tutto il suo
predecessore la cosa sarebbe perfettamente coerente, ma egli finora ha
fatto piuttosto il contrario: altra qualifica nel presentarsi (“vescovo
di Roma”), altra abitazione (Santa Marta e non l’appartamento papale),
altra croce pettorale, altre scarpe, altro piglio nell’affrontare i
nodi del governo vaticano, altre priorità come appare dall’aver
disertato un concerto di musica classica dov’era prevista la sua
presenza, cosa che un cultore della buona musica e dell’etichetta quale
Benedetto XVI non avrebbe mai fatto. O forse l’assunzione del testo
ratzingeriano sotto la propria firma è funzionale proprio al desiderio
di papa Francesco di voler sottolineare, al di là di differenze
contingenti, la totale consonanza dottrinale con papa Benedetto sulle
cose fondamentali quali la fede e la morale? Io penso che a questa
domanda occorra rispondere positivamente e che solo così si spieghi
l’effetto un po’ stucchevole di vedere a firma di papa Francesco un
testo integralmente ratzingeriano...
"La paura della modernità" di Vito Mancuso
Vedi anche il nostro precedente post:
Lettera enciclica "LUMEN FIDEI" di Papa Francesco
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... il tema che più mi
appassiona è l’enciclica “Lumen Fidei”, la prima firmata da papa
Francesco. L’argomento è importante perché tocca il punto centrale
della dottrina cristiana: che cos’è la fede, da dove proviene, come è
vissuta dai credenti, quali reazioni suscita in chi non è cristiano,
come spiega l’esistenza della razza umana e come risponde alle domande
che ciascuno di noi si pone e alle quali il più delle volte non trova
risposta: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo...
Eugenio Scalfari: Le risposte che i due Papi non danno
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CHIESA E SOCIETA' /
interventi ed opinioni |
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Riprendiamo
di seguito il messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i
Migranti e gli Itineranti in vista della Domenica del Mare 2013, in
programma il 14 luglio.
La
celebrazione ricorre ogni anno la seconda domenica di luglio e
costituisce un momento di ricordo, di preghiera e anche di festa per
ringraziare la gente di mare per il servizio che rende alla comunità
internazionale.
***
“Questo
mondo del mare, nel continuo peregrinare di persone, oggi deve tenere
conto dei complessi effetti della globalizzazione e, purtroppo, si
trova a dover affrontare anche situazioni di ingiustizia, specialmente
quando gli equipaggi sono soggetti a restrizioni per scendere a terra,
quando vengono abbandonati insieme alle imbarcazioni su cui lavorano,
quando cadono sotto la minaccia della pirateria marittima o subiscono i
danni della pesca illegale. La vulnerabilità dei marittimi, pescatori e
naviganti, deve rendere ancora più attenta la sollecitudine della
Chiesa e stimolare la materna cura che, attraverso di voi, manifesta a
tutti coloro che incontrate nei porti o sulle navi, o assistete a bordo
nei lunghi mesi d’imbarco”.
Con
queste parole Papa Benedetto XVI si è rivolto ai partecipanti al XXIII
Congresso Mondiale dell’Apostolato del Mare, svoltosi in Vaticano dal
19 al 23 novembre 2012. È un dato di fatto che, per oltre 90 anni, la
Chiesa cattolica, attraverso l’Opera dell’Apostolato del Mare, con una
rete di cappellani e volontari presenti in oltre 260 porti del mondo,
ha mostrato la sua cura materna apportando benessere spirituale e
materiale ai marittimi, ai pescatori e alle loro famiglie.
Nel
celebrare la Domenica del Mare, vogliamo invitare tutti i membri delle
nostre comunità cristiane a prendere coscienza e a riconoscere il
lavoro di quasi un milione e mezzo di marittimi che navigano a bordo di
una flotta mondiale globalizzata, composta di 100.000 navi che
trasportano il 90 per cento dei prodotti manifatturieri. Molto spesso,
non ci rendiamo conto che la maggior parte degli oggetti che usiamo
quotidianamente sono stati trasportati dalle navi che solcano gli
oceani. Equipaggi multinazionali vivono difficili condizioni di vita e
di lavoro a bordo, trascorrono mesi interi lontani dai propri cari, a
volte sono abbandonati in porti stranieri senza salario, cadono vittime
della criminalizzazione e devono sopportare catastrofi naturali
(tempeste, tifoni, ecc.) e umane (pirati, naufragi, ecc.).
Ora un faro di speranza risplende nella notte oscura delle difficoltà e dei problemi che i marittimi incontrano...
messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti
Per approfondire:
APOSTOLATUS MARIS BULLETIN (N. 115/2013/II) (pdf)
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«Desideriamo riaffermare, come comunità cristiana, la necessità di
opporsi alla produzione e alla commercializzazione di strumenti
concepiti per la guerra. Ci riferiamo, in particolare, alla
problematica sorta recentemente sul nostro territorio piemontese
relativa all’avvio dell’assemblaggio finale di velivoli da
combattimento da effettuarsi nel sito aeronautico di Cameri (Novara)».
È questo, forse, il primo testo ufficiale contro gli F35. È la parte
centrale del comunicato congiunto diffuso da mons Tommaso Valentinetti
(vescovo di Pescara-Penne e, al tempo, presidente di Pax Christi) e da
mons. Fernando Charrier (vescovo di Alessandria e delegato per la
Ppastorale sociale e del lavoro del Piemonte, morto nel 2011). Era il
lontano 25 gennaio 2007. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti,
fino ad oggi.
Con
la campagna “Taglia le ali alle armi” sono state raccolte migliaia di
firme. Ci sono state diverse mozioni presentate alla Camera e al
Senato. C’è stata discussione. Il tema degli armamenti e in particolare
degli F35 è uscito dal “sommerso” ed è diventato un argomento più
famigliare anche nella discussione di molti italiani. Addirittura il
Consiglio Supremo di Difesa ha fatto un duro monito: «Il Parlamento non
può porre veti al governo in tema di armi».
E
nel mondo ecclesiale? Il testo sopra citato è stato sicuramente una
tappa importante. Tra l’altro continuava: «Riteniamo che la produzione
di armamenti non sia da considerare alla stregua di quella di beni
economici qualsiasi (…). Abbiamo, quindi, la speranza che si arrivi ad
un ripensamento». Quel ripensamento che sembra ancora lontano nelle
parole del ministro della Difesa Mauro, il quale, subito dopo la
votazione in Aula, a fine giugno, ha dichiarato, con un cinico gioco di
parole: «Per amare la pace, bisogna armare la pace». Prontamente gli ha
risposto, su twitter, mons. Giovanni Giudici, presidente di Pax Christi
Italia e vescovo di Pavia: «#F35. Ministro Mauro: “Per amare la pace,
armare la pace”. Una falsità storica, un’offesa all’intelligenza,
dimenticate le radici cristiane». Un tweet che Pax Christi ha subito
rilanciato, raccogliendo diverse adesioni soprattutto dal mondo
missionario e dalla stessa Cimi (Conferenza istituti missionari in
Italia). Mons Giudici era peraltro già intervenuto qualche giorno prima
con un’intervista a Famiglia Cristiana: «Non comprendiamo come sia
compatibile un caccia-bombardiere, che serve ad attaccare più che a
difendersi, col ripudio della guerra dettato dalla Costituzione».
F35: dove sono i cattolici? di don Renato Sacco
Vedi anche i nostri precedenti post:
- F35 - A decidere siamo noi. La coscienza dice NO
- No F-35: una nuova fase della campagna per evitare il più folle spreco di denaro pubblico di sempre
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Anche il Senato approva
una mozione di maggioranza che decide di non decidere. E rinvia tutto.
Intanto, i parlamentari contrari si organizzano. In vista dell'autunno.
Alberto Chiara e Luciano Scalettari: F35: ma non finisce qui
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Oggi
se ne è andato Vicenzo Cerami, grande scrittore, drammaturgo e
sceneggiatore. A Natale lo avevo intervistato per la Radio Vaticana sul
significato di questa festa cristiana, vista da un non credente.
Nell'occasione mi aveva raccontato un aneddoto a cui forse ha ripensato
in questi suoi ultimi giorni. E che forse gli venne in mente perché era
già malato. (Fabio Colagrande)
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E' il giorno in cui don Andrea Gallo
avrebbe compiuto 85 anni, il giorno della festa che i suoi ragazzi gli
hanno voluto dedicare e che incomincia con una messa nella parrocchia
di San Siro concelebrata da don Ciotti e da don Federico Rebora che lo
accolse a San Benedetto nel 1970 quando fu costretto, per le sue
prediche, a venir via dal Carmine. In chiesa c'è la comunità, ci sono
gli ultimi che don Gallo ha aiutato sempre, c'è una città che lo ha
amato o rispettato. E poi ragazzi che intonano canti sacri con la
chitarra e i suoi collaboratori di sempre, Megu Chionetti e Lilli (nel
video di Andrea Leoni, l'intervista a don Ciotti)
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Fatti e personaggi dello scandaloso
passato dell'uomo che Francesco, ignaro, ha delegato a rappresentarlo
nello IOR. Ecco come vive e prospera in Vaticano un potere parallelo
che trama ai danni del papa
Sandro Magister: Il prelato della lobby gay
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La dottrina antica delle
indulgenze associata alla Rete e ai social network può far sorridere
per l'apparente anacronismo. E invece indica che la Chiesa, con
realismo bimillenario, ha compreso per tempo ciò che molti faticano
ancora ad accettare: e cioè che la Rete non è una «realtà virtuale» o
parallela ma alla realtà appartiene quanto le persone che la abitano,
le stesse che vivono «fuori»...
Gian Guido Vecchi: Quei milioni di followers della Fede
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Angelus/Regina Cæli - Angelus, 14 luglio 2013
Discorso - Ai dipendenti delle Ville Pontificie (14 luglio 2013)
Motu Proprio - Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» sulla giurisdizione degli organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano in
materia penale (11 luglio 2013)
Enciclica - Lumen Fidei (29 giugno 2013)
CHIROGRAFO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER L’ISTITUZIONE DI UNA PONTIFICIA COMMISSIONE REFERENTE
SULL’ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA ECONOMICO-AMMINISTRATIVA DELLA SANTA SEDE
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
PAPA FRANCESCO ANGELUS Castel Gandolfo Domenica, 14 luglio 2013
video
Cari fratelli e sorelle,
buongiorno!
Oggi
il nostro appuntamento domenicale dell’Angelus lo viviamo qui a Castel
Gandolfo. Saluto gli abitanti di questa bella cittadina! Voglio
ringraziarvi soprattutto per le vostre preghiere, e lo stesso faccio
con tutti voi pellegrini che siete venuti qui numerosi.
Il
Vangelo di oggi – siamo al capitolo 10 di Luca – è la famosa parabola
del buon samaritano. Chi era quest’uomo? Era uno qualunque, che
scendeva da Gerusalemme verso Gerico sulla strada che attraversa il
deserto della Giudea. Da poco, su quella strada, un uomo era stato
assalito dai briganti, derubato, percosso e abbandonato mezzo morto.
Prima del samaritano passano un sacerdote e un levita, cioè due persone
addette al culto nel Tempio del Signore. Vedono quel poveretto, ma
passano oltre senza fermarsi. Invece il samaritano, quando vide
quell’uomo, «ne ebbe compassione» (Lc 10,33) dice il Vangelo. Si
avvicinò, gli fasciò le ferite, versandovi sopra un po’ di olio e di
vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e
pagò l’alloggio per lui… Insomma, si prese cura di lui: è l’esempio
dell’amore per il prossimo. Ma perché Gesù sceglie un samaritano come
protagonista della parabola? Perché i samaritani erano disprezzati dai
Giudei, a causa di diverse tradizioni religiose; eppure Gesù fa vedere
che il cuore di quel samaritano è buono e generoso e che – a differenza
del sacerdote e del levita – lui mette in pratica la volontà di Dio,
che vuole la misericordia più che i sacrifici (cfr Mc 12,33). Dio
sempre vuole la misericordia e non la condanna verso tutti. Vuole la
misericordia del cuore, perché Lui è misericordioso e sa capire bene le
nostre miserie, le nostre difficoltà e anche i nostri peccati. Dà a
tutti noi questo cuore misericordioso! Il Samaritano fa proprio questo:
imita proprio la misericordia di Dio, la misericordia verso chi ha
bisogno...
testo integrale
video integrale
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14 luglio 2013:
16 e 17/07/2013:
18/07/2013:
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La coreografia del grande flash mob che si terrà a Rio e che sarà presentato al Papa.
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Dopo quella sullo Ior, Francesco
istituisce una nuova commissione - composta di laici - per investigare
sulle attività delle altre istituzioni vaticane che gestiscono beni e
appalti
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE
Il crimine dell’indifferenza di Barbara Spinelli
Proviamo
a immaginare una storia completamente diversa, dell'ultima settimana
del Papa. Una storia segreta, non confessata, non ufficiale. A volte
capita, che un racconto fantasticato si avvicini al vero.
Immaginiamo
dunque questo: che Papa Francesco abbia accettato di firmare
un'enciclica scritta quasi per intero da Joseph Ratzinger, perché
all'enciclica non era affatto interessato. Quel che lo interessava
sopra ogni cosa, che lo convocava, era il viaggio a Lampedusa, sul
bordo di quel Mediterraneo dove sono morti, dal 1988, 19mila migranti
in fuga dalla povertà, dalle guerre, dalle torture. Altri drammi
vedremo, con l'Egitto che sprofonda nel caos e nell'eccidio.
Così
grave è il male di questo mondo, così vaste le colpe dei singoli, dei
loro Stati, anche della Chiesa, che occuparsi di teologia in modo
tradizionale - con precetti, verità assolute - può apparire una
distrazione, se non un'incuria. Si riempie un vuoto, per occultarlo. Lo
si affolla di parole dottorali, quando altra è l'emergenza: andare in
quell'isola, simbolo delle nostre ipocrisie e del nostro disonore. La
teologia non fa piangere, e di lacrime c'è soprattutto bisogno, ha
detto il Pontefice. Il mondo è uscito dai cardini, 19mila morti sono lo
scandalo che nessun politico grida, e il Papa ha trovato la parola che
lo mette a nudo e lo definisce: la globalizzazione dell'indifferenza.
È
come se il Papa dicesse (ma stiamo immaginando): "Io non scrivo
encicliche, per ora. O meglio ne propongo una tutta nuova: facendomi
testimone e pastore che non teorizza ma agisce. Io vado dove le lacrime
sono sostanza del mondo". Come Achab, il cacciatore della balena bianca
in Moby Dick: di sotto al cappello calcato, cade nell'oceano una sua
lacrima. "Tutto il Pacifico non conteneva tante ricchezze che valessero
quella misera goccia". Perché dove c'è teologia non c'è teofania: dove
c'è ideologia si parla di Dio, ma Dio non si manifesta...
Il crimine dell’indifferenza di Barbara Spinelli
L'enciclica di Lampedusa di Christian Albini
Il viaggio a Lampedusa è la prima enciclica, non scritta, tutta di papa
Francesco. Il ministero petrino si spoglia del suo rivestimento
monarchico (vedi il Vangelo del 7/7/13: Non portate borsa, né sacca, né
sandali), per diventare incontro con l'uomo.
L'impatto
mediatico di questa visita ha messo per un giorno al centro quella che
è una periferia della società, dell'economia e dell'esistenza. E' il
programma di Bergoglio in atto.
Anche
la notizia della canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII
ha fatto il giro del mondo, con una risonanza maggiore della Lumen
fidei. E' il segno di un'umanità che non è insensibile al messaggio di
fede, ma ascolta di più il linguaggio dell'incontro con le persone e
con la santità che non quello prevalentemente dottrinale. (fonte: Sperare per tutti)
Vedi i nostri precedenti post:
- Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - prima parte
- Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - seconda parte
- Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - terza parte
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E’
un fatto che nella Chiesa sono numerose le persone alle quali non piace
papa Francesco. Anzi, è un fatto anche che nella Chiesa ci sono persone
che hanno paura di questo papa. Una paura che si spiega non solo perché
Francesco è un uomo che non si adatta alle abitudini e alla maniera
“normale” di procedere dei papi che abbiamo conosciuto, ma anche perché
Francesco non smette di parlare di un tema che, a quanto pare, rende
nervose non poche persone. Mi riferisco al tema dei poveri.
Non
so cosa abbiano i poveri perché, quando si pone il loro problema, siamo
in molti (mi ci metto anch’io, certamente) a sentirci male, soprattutto
quando si presenta in profondità, con tutte le sue cause e conseguenze.
La denuncia
Inoltre,
e questa è la cosa più grave, questo papa non si limita a ricordarci
l’amore che dobbiamo avere nei confronti dei bisognosi, ma, oltre a
questo e soprattutto a questo proposito, nei suoi discorsi e nelle sue
omelie è solito scagliarsi contro la gente di Chiesa, denunciando,
senza peli sulla lingua, i funzionari della religione che non fanno
quello che devono fare, che si comportano come degli arrampicatori che
vogliono solo piazzarsi in posti di potere, guadagnare denaro e vivere
bene. Francesco è arrivato persino a denunciare pubblicamente i mafiosi
vestiti con la sottana. Non eravamo abituati a questo linguaggio sulle
“auguste labbra del Pontefice”, com’era solito esprimersi L’Osservatore
Romano ai tempi di Giovanni XXIII, il quale tagliò corto con una tale
sciocchezza nel modo di parlare.[...]
Non
vi è dubbio che di nuovo si sta verificando esattamente quello che
ripetono insistentemente i vangeli: i sommi sacerdoti del tempo di
Gesù, con le altre autorità religiose, anziani e scribi, “avevano
paura” (Mt 21, 26. 46; Lc 20, 19; Mc 11, 18; Lc 22, 2; Mc 11, 32; 12,
12). Paura di chi? Della gente, del popolo, dei poveri. Così dicono i
testi dei vangeli. Come dicono anche che Gesù a bruciapelo disse in
faccia a loro che avevano trasformato il tempio in un “covo di banditi”
(Mt 21, 13; cf. Ger 7, 11 par). Per questo il papa non ha avuto
riguardo nel ripetere, riferendosi a determinati ecclesiastici attuali,
che sono dei “ladri”. E Francesco aggiungeva: “lo dice il Vangelo”.
È solo l’inizio?...
PAURA DEI POVERI, PAURA DEL PAPA di José Maria Castillo
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All’indomani
della riunione di lunedì 15 luglio, la Commissione Episcopale per le
Migrazioni e la Fondazione Migrantes rileggono la visita di Francesco a
Lampedusa e rilanciano anche su questo fronte l’impegno della Chiesa
italiana a Educare alla vita buona del Vangelo.
Nel suo primo viaggio Papa Francesco ha voluto raggiungere l’isola di Lampedusa per incontrare i fratelli immigrati e rifugiati.
“Abbiamo
ancora davanti agli occhi le immagini commoventi dell’incontro di Papa
Francesco con immigrati e rifugiati, ma soprattutto ci interpellano
profondamente le sue parole”, scrivono i Vescovi, che riprendono la
domanda biblica posta dal Papa - “Dov’è tuo fratello?” – nella
consapevolezza che “oggi è rivolta a noi, a tutti, per vincere
l’indifferenza soprattutto di fronte al dramma di chi fugge dalla
guerra, dalla fame, dalla persecuzione e trova la morte nel Mare nostrum,
nel Mediterraneo, il mare che circonda Lampedusa, il confine tra
l’Europa e l’Africa. Le parole del Papa invitano a vincere
l’indifferenza di fronte al cammino drammatico di tanti nostri
fratelli. Un’indifferenza che è globale e che chiede anzitutto ai
cristiani - come già ricordava Giovanni Paolo II - la globalizzazione
della solidarietà”.
CEI: Per non lasciar naufragare l'appello del Papa
A Lampedusa dove sono presenti il sangue degli immigrati e la carne di Cristo
Andrea Tornielli: Un viaggio emblematico nell'estrema periferia dell'Europa
Un
“incredibile evento, densissimo, storico e significativo nel giro di
poche ore”: così il direttore della Sala Stampa vaticana, padre
Federico Lombardi, ha definito il viaggio di Papa Francesco in un
briefing con i giornalisti a conclusione della visita a Lampedusa...
RADIO VATICANA: Padre Lombardi: un evento storico, Papa Francesco toccato dall'accoglienza
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3)
Il servizio omelia di P.
Gregorio on-line (mp3) alla pagina
http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm
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