"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°37 del 2013

Aggiornamento della settimana

- dal 6 al 13 settembre 2013 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 20 settembre 2013          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

    di P. Gregorio Battaglia
  di P. Aurelio Antista
  di P. Alberto Neglia

 
N. B. La Lectio viene sospesa nel periodo estivo



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 




7 SETTEMBRE 2013
GIORNATA DI DIGIUNO E DI PREGHIERA
PER LA PACE



  (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)


Il “popolo” della pace questa sera in Piazza San Pietro con Papa Francesco per la Veglia di preghiera per la pace


Sabato 7 settembre 2013, dalle ore 19 alle ore 23, sul Sagrato della Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco presiederà una Veglia di preghiera in occasione della giornata di digiuno e preghiera per la pace da lui indetta in tutta la Chiesa Cattolica.

Padre Federico Lombardi ha presentato lo schema della preghiera per la pace in Siria che animerà piazza San Pietro 

   Tutti con il Papa, la preghiera e il digiuno per la pace

   Il libretto della veglia di preghiera per la pace con Papa Francesco (pdf)

Il “popolo” della pace si riunirà questa sera in Piazza San Pietro per condividere con Papa Francesco la Veglia di preghiera per la crisi in Siria. 
Dalle 16.30, i varchi della Piazza saranno aperti all’afflusso di chi vorrà partecipare, mentre la Veglia inizierà alle 19 e durerà fino alle 23.
Nel servizio di Radio Vaticana Alessandro De Carolis spiega i momenti che scandiranno l’evento.

   Le parole dell'anima per disarmare i cannoni (mp3)


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Da tutto il mondo adesioni all'appello di Papa Francesco per un giorno di digiuno e preghiera per la pace / 5


Papa Francesco ha indetto per tutta la Chiesa, sabato 7 settembre, vigilia della ricorrenza della Natività di Maria, Regina della Pace, una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero.
La Conferenza Episcopale Italiana ha rilanciato l'appello in tutte le diocesi, mettendo a disposizione suggerimenti e proposte. Anche Caritas Italiana accoglie l'iniziativa e fornisce ulteriori spunti per la riflessione e la preghiera. ⇒ Vai alla sezione
Di seguito le iniziative di alcune diocesi rilanciate dalle rispettive Caritas...

   Sabato 7 settembre 2013, Giornata di digiuno e preghiera per la pace: così alcune diocesi

Suggerimenti e Proposte per la Giornata di Digiuno e Preghiera indetta dal Santo Padre Francesco per la pace in Siria, nel Medio oriente e nel mondo intero

   Giornata di digiuno e di preghiera

Il digiuno e la preghiera per la Siria non sono solo cose "per grandi". Anche i piccoli possono partecipare all'invito del Papa, che si trasforma così in una straordinaria possibilità di educazione in famiglia. E' il senso della lettera che monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, ha inviato a tutte le famiglie (LEGGI), offrendo piccoli suggerimenti utili per vivere questa giornata, sabato 7 settembre, con semplicità e nello stesso tempo con impegno. I genitori sono incoraggiati a non tenere di proporre ai figli "un pranzo austero e minimo" e davanti a un piatto di pasta scondita o di riso in bianco si può parlare di ciò che accade nel mondo e di come questi fatti non possono lasciare indifferenti nessuno. Il digiuno è un modo per dimostrare che non siamo indifferenti. Ma monsignor Paglia è un pastore, e proprio come un buon padre consiglia di non mostrare solo le cose brutte bensì di far cogliere anche "la speranza della pace offerta da Gesù risorto che ha riconciliato il mondo non con gesti violenti e vendicativi ma con il dono di sé"...

   Genitori e figli, ecco come partecipare alla giornata per la pace

Vedi anche i nostri precedenti post:
  • Il grido di Francesco: "Vogliamo un mondo di pace!" - Drammatico appello del Papa all'Angelus - testo e video
  • Da tutto il mondo adesioni all'appello di Papa Francesco per un giorno di digiuno e preghiera per la pace / 1
  • Da tutto il mondo adesioni all'appello di Papa Francesco per un giorno di digiuno e preghiera per la pace / 2
  • Da tutto il mondo adesioni all'appello di Papa Francesco per un giorno di digiuno e preghiera per la pace / 3
  • Da tutto il mondo adesioni all'appello di Papa Francesco per un giorno di digiuno e preghiera per la pace / 4


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"Come papa Giovanni" di Enzo Bianchi



“È alieno dalla ragione pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia”. Queste le parole di papa Giovanni nella Pacem in terris, l’enciclica indirizzata per la prima volta anche a “tutti gli uomini di buona volontà”. Poche settimane dopo Giovanni XXIII sarebbe morto e solo pochi mesi prima un suo intervento personale aveva scongiurato che la “guerra fredda” tra USA e URSS divampasse in conflitto nucleare a motivo delle tensioni attorno a Cuba. Oggi, a cinquant’anni di distanza, papa Francesco decide risolutamente di porre in gioco a sua volta tutta l’autorevolezza acquisita in pochi mesi di pontificato per fermare i venti di guerra che si addensano pericolosi sulla Siria.
L’appello per una giornata di preghiera e di digiuno per la pace in Medio Oriente e in tutto il mondo, i ripetuti vigorosi richiami per scongiurare la guerra, la convocazione del corpo diplomatico accreditato in Vaticano per spiegare le ragioni del dialogo e l’irragionevolezza della violenza, la lettera inviata al presidente Putin e ai partecipanti al G 20 a San Pietroburgo, i contatti discreti avviati dalla rete diplomatica vaticana: papa Francesco non sta lasciando nulla di intentato per fermare la corsa all’irreparabile. Papa Francesco si è posto come vero “intercessore” - da inter-cedere, “fare un passo tra” - perché si è messo tra le parti in conflitto, disarmato, senza difendere interessi propri, per chiedere la pace, offrendo così l’icona dell’autentica preghiera cristiana che si leva a Dio ma vuole essere al contempo efficace responsabilità tra gli uomini...

   "Come papa Giovanni" di Enzo Bianchi


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Da tutto il mondo adesioni all'appello di Papa Francesco per un giorno di digiuno e preghiera per la pace / 6


La "chiamata" del Papa a una Giornata di preghiera e digiuno per la Siria, sabato 7 settembre, sta raccogliendo adesioni in tutto il mondo. Dalle Filippine all'America Latina, dal Nord Europa al Medio Oriente, sono ormai decine le organizzazioni, religiose e non, che hanno aderito all'appuntamento per dire, con le parole del Papa, "Mai più guerra! Mai più guerra!"...

   Preghiera per la Siria, cristiani con musulmani ed ebrei

“Noi andiamo ad Assisi”, ha dichiarato Flavio Lotti coordinatore della Tavola della pace. “Sabato 7 settembre ci uniremo alla Veglia di preghiera convocata da Papa Francesco per scongiurare l’estensione della guerra in Siria e in Medio Oriente, perché alla guerra non si aggiunga altra guerra devastando il mondo intero.
Andiamo ad Assisi portando la grande bandiera della pace con i colori dell’arcobaleno che ha accompagnato tante marce Perugia-Assisi. Una bandiera che è il simbolo di tutte quelle donne, quegli uomini e quelle istituzioni che da lungo tempo cercano con ostinata determinazione di operare per la pace...

   L’arcobaleno deve sventolare prima della tempesta! Il 7 settembre con San Francesco e la bandiera della PerugiAssisi

Più di un italiano su quattro (28%) è pronto ad aderire sabato 7 settembre alla giornata di digiuno e di preghiera indetta da papa Francesco per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero.
È quanto emerso da un sondaggio realizzato dall'Istituto Swg in esclusiva per Agorà Estate, su RaiTre. Ad aderire all'appello di Bergoglio è oltre la metà dei cattolici praticanti (55%).
DIGIUNO PER 14 MILIONI DI ITALIANI. I numeri parlano chiaro: 14 milioni gli italiani sono decisi a seguire l'indicazione del pontefice.
A questi si aggiungono altri 11 milioni di italiani che non hanno ancora deciso, ma che sono suggestionati dalla proposta di Francesco e la stanno prendendo seriamente in considerazione.

Vedi anche i nostri precedenti post:
  • Il grido di Francesco: "Vogliamo un mondo di pace!" - Drammatico appello del Papa all'Angelus - testo e video
  • Da tutto il mondo adesioni all'appello di Papa Francesco per un giorno di digiuno e preghiera per la pace / 5
In quest'ultimo post anche i link ai post precedenti


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"Il realismo della speranza" di Claudio Sardo


... La giornata di preghiera e di digiuno indetta da Papa Francesco è diventata così, oltre il suo significato religioso, il punto di raccolta dell’umanità che dice no alla guerra. Anzi, che vuole dire sì alla pace. Che vuole farsi costruttrice di pace. Nel mondo globalizzato la politica sta diventando sempre più impotente, sempre più sottomessa alle logiche di potenza, siano esse dettate dalla finanza, dai mercati, dalle forze militari e strategiche, dalle centrali terroristiche. È arrivato il tempo di invertire la rotta. Di ricostruire la sovranità degli uomini e delle comunità. Di spezzare la spirale della guerra. Solo il dialogo, la convivenza, il diritto, la soluzione politica sono compatibili con la vita e il futuro delle donne e degli uomini. Anche in Siria si deve imboccare la strada della soluzione politica, non quella militare.
Ciò non vuol dire, in alcun modo, tollerare o sottovalutare lo sterminio compiuto con i gas tossici. È stato un atto di barbarie. Un delitto contro l’umanità. Pensare alla morte di tanti innocenti è una ferita che sanguina in ciascuno di noi. Quell’atto va sanzionato, punito. Ma ripristinando il diritto internazionale, non sommando uno strappo a un altro strappo. Le Nazioni Unite restano la speranza di un governo mondiale. Non possono essere ridotte all’inerzia, svuotate, abbandonate ai margini della politica di potenza.
Può una giornata di digiuno invertire la rotta? Può avere tanto valore? Il realismo dice di no. Ma è la speranza che porta a dire di sì. Spes contra spem, ripeteva Giorgio La Pira. La politica degli uomini è orientata al cambiamento. E la politica è possibile solo sperando contro le aspettative realistiche. La verità è che la politica contiene in sé una trascendenza. Uno sguardo al futuro migliore che si vuole costruire, ad un domani che non riguarda solo noi stessi, ma i nostri figli e nipoti. Dobbiamo costruire la pace. E vigilare su di essa. Ricostruirla quando va in crisi. E mettere in gioco noi stessi, il nostro essere popolo, e nazione, ed Europa quando la pace è a rischio.
L’appello del Papa, al quale hanno aderito donne e uomini di tutte le fedi, credenti e non credenti, sarà oggi un atto di riscossa per fermare le guerre. Per dare voce ai sentimenti più profondi. Per gridare la pace. Per cominciare un cambiamento da noi stessi. C’è una dimensione spirituale del digiuno – preghiera comune di tante religioni – ma c’è anche una dimensione civile, laica, anch’essa molto forte nelle società democratiche. È più di una protesta. È un modo per dire: io ci sto, io voglio contare, io sono disposto a cambiare, io lavorerò per tessere una rete di solidarietà, di fraternità, di uguaglianza...

   "Il realismo della speranza" di Claudio Sardo


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Da tutto il mondo adesioni all'appello di Papa Francesco per un giorno di digiuno e preghiera per la pace / 7


Oggi è il giorno del silenzio. E del grido di pace. Quel grido di pace che il Papa spera si alzi da tutto il mondo. Senza manifestazioni eclatanti, senza roboanti iniziative. Un grido nel silenzio, un grido che si fa innanzitutto preghiera, perché la pace è un dono di Dio.
Un giorno di digiuno, dunque di sacrificio e di distacco, perché la pace dipende anche dal cuore di ciascuno, dal cambiamento di ciascuno, dall'impegno di ciascuno. È per questo che annunciando la giornata di preghiera per la Siria e la veglia in piazza San Pietro, Francesco ha sottolineato che l'invito a costruire la pace è rivolto non soltanto ai cattolici o ai cristiani, non soltanto ai credenti delle altre religioni, ma anche a chi non crede...

   Il mondo in preghiera per la pace

«Il primo digiuno è quello di non mangiare gli altri». Un grande teologo e biblista come il padre gesuita Silvano Fausti arriva subito all'essenziale. Milioni di persone si preparano ad aderire oggi alla giornata planetaria di «preghiera e digiuno» per la pace «in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero» che dalle 19 alle 23 avrà al centro la veglia in San Pietro e la meditazione del Papa.Bergoglio si è rivolto anche ai cristiani non cattolici, ai fedeli di altre religioni e ai non credenti, fioccano le adesioni da tutto il mondo perché «la pace è un bene che supera ogni barriera, un bene di tutta l'umanità» come ripeteva ieri il Pontefice attraverso il profilo Twitter @Pontifex: «Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà!». Ai responsabili di Sant'Egidio ieri ha confidato: «Non è una mia idea, me l'ha ispirata il Signore nella preghiera».
Non si tratta semplicemente di non mangiare né può esistere una casistica delle cose da fare. «Il digiuno è sempre simbolico, è una purificazione - spiega padre Fausti - i nostri cinque sensi ingurgitano tutto, si tratta di digerire e creare uno spazio di interiorità, di trovare in sé la propria libertà interiore, di non divorare ma entrare in una relazione corretta e libera con le cose e con gli altri: ciascuno decide in coscienza ciò da cui astenersi, le cose che lo rendono schiavo o con le quali rende schiavi gli altri...»...

   Milioni per il digiuno con Francesco

Vedi anche i nostri precedenti post:
  • Il grido di Francesco: "Vogliamo un mondo di pace!" - Drammatico appello del Papa all'Angelus - testo e video
  • Da tutto il mondo adesioni all'appello di Papa Francesco per un giorno di digiuno e preghiera per la pace / 6
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Una responsabilità comune di mons. Luigi Bettazzi



Una responsabilità comune
di mons. Luigi Bettazzi

Invitando a pregare per la pace Papa Francesco realizza più che mai la missione del successore di Pietro, così evidente nei Pontefici del Novecento, come profeti e missionari di pace. Da san Pio X stroncato dalla prima guerra mondiale all’appello di Benedetto XV di fronte all’«inutile strage». Dalle encicliche di Pio XI contro le dittature foriere di guerre a Pio XII che alla vigilia della seconda guerra mondiale grida «nulla è perduto con la pace». Da Giovanni XXIII durante la crisi di Cuba e con la Pacem in terris a Paolo VI con la Populorum progressio (il nuovo nome della pace è lo sviluppo dei popoli). Da Giovanni Paolo II con la Sollicitudo rei socialis (pace è solidarietà) e le insistenze perché non si giungesse alle guerre in Medio oriente, fino a Benedetto XVI che, nella Caritas in veritate propone la non violenza attiva, questa missione del Papa diventa sempre più incisiva.
Il Pontefice ripete oggi un forte appello alla pace, scongiurando di rinunciare all’intervento armato in Siria, sollecitando le forze politiche e i Governi perché col dialogo e con i negoziati si ottenga la fine della violenza che sconvolge quel Paese e minaccia di estendersi. La passione con cui Papa Francesco vive questo momento drammatico e lo spinge a cercare tutte le strade per salvare la pace è testimonianza evangelica, testimonianza che impegna tutta la Chiesa e ogni fedele a farsene promotore. Lo stesso Gandhi, tradizionale patrocinatore della non violenza attiva, affermava di averla appresa pure dal vangelo.
L’appello di Papa Francesco ha trovato nel mondo un ampio riscontro anche al di fuori della Chiesa cattolica, perché giunge alla parte più profonda delle coscienze umane e al realismo delle persone più attente, richiamando la responsabilità di tutti nel cammino verso la pace. Questo aspetto viene ancora più confermato dall’invito rivolto a tutta la Chiesa — e condiviso da molte altre comunità religiose — a una preghiera collettiva, accompagnata dal digiuno, per invocare da Dio il dono della pace.
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+ Luigi Bettazzi, Vescovo emerito di Ivrea


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"La violenza non è mai la via della pace!... La pace è possibile per tutti se diciamo il nostro sì" Papa Francesco veglia per la pace a San Pietro (07/09/2013)


"La violenza non è mai la via della pace!"
 Papa Francesco 
veglia per la pace a San Pietro 
(07.09.2013)
«Vorrei chiedere al Signore che ogni uomo e donna di buona volontà gridasse con forza: la violenza non è mai la via della pace!»


Davanti a più di centomila fedeli Papa Francesco, dopo la recita del Santo Rosario, ha pronunciato la sua omelia. «In ogni violenza e in ogni guerra facciamo rinascere Caino». La risposta di Dio è la croce. «Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace». 
La Veglia è proseguita con preghiere, canti, straordinari e prolungati momenti di silenzio. 
In conclusione il Papa ha salutato tutti con l'oramai consueto «Buona notte e buon riposo» aggiungendo «Buona domenica per domani» e «Continuiamo a pregare tutti per la pace».

In 100mila con il papa per la pace
GUARDA IL SERVIZIO DEL TG DI LA7

   video

"La pace è possibile per tutti se diciamo il nostro sì"
l'omelia di Papa Francesco
"...Proprio in questo caos è quando Dio chiede alla coscienza dell’uomo: «Dov’è Abele tuo fratello?». E Caino risponde: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). Anche a noi è rivolta questa domanda e anche a noi farà bene chiederci: Sono forse io il custode di mio fratello? Sì, tu sei custode di tuo fratello! Essere persona umana significa essere custodi gli uni degli altri! E invece, quando si rompe l’armonia, succede una metamorfosi: il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere. Quanta violenza viene da quel momento, quanti conflitti, quante guerre hanno segnato la nostra storia! Basta vedere la sofferenza di tanti fratelli e sorelle. Non si tratta di qualcosa di congiunturale, ma questa è la verità: in ogni violenza e in ogni guerra noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti! E anche oggi continuiamo questa storia di scontro tra i fratelli, anche oggi alziamo la mano contro chi è nostro fratello. Anche oggi ci lasciamo guidare dagli idoli, dall’egoismo, dai nostri interessi; e questo atteggiamento va avanti: abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci. Come se fosse una cosa normale, continuiamo a seminare distruzione, dolore, morte! La violenza, la guerra portano solo morte, parlano di morte! La violenza e la guerra hanno il linguaggio della morte! ...."

   omelia integrale

GUARDA IL VIDEO DELL'OMELIA INTEGRALE

   video

Musulmani e cristiani insieme che pregano in piazza San Pietro, ognuno con le parole della propria religione. Per molti è «il miracolo» nato dall'appello ecumenico di Papa Francesco alla veglia e il digiuno per la pace: quattro ore oltre i confini delle fedi, contro la guerra in Siria. A San Pietro, dal tardo pomeriggio, centomila persone sono accorse per accogliere l'appello del pontefice. Una cerimonia silenziosa, con le bandiere ai margini della piazza: da quella siriana a quella con i colori dell'arcobaleno della pace, passando per quella cinese e dell'Argentina, il Paese di Bergoglio.  ...

   Cristiani-musulmani pregano insieme: è «miracolo Papa»


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  PERDONO DIALOGO RICONCILIAZIONE...


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Una stupenda serata romana di fine estate ha fatto da perfetta cornice alla veglia per la pace di sabato sera in piazza San Pietro, senza dubbio un momento forte del pontificato di Papa Francesco, anche perché si è svolta in contemporanea con eventi analoghi in tanti Paesi del mondo. E questo irradiamento mondiale si sentiva, ampliando l’eco delle preghiere ma soprattutto dei silenzi.
Sono stati i lunghi momenti di silenzio, infatti, a far sentire la forza di questo incontro: momenti durante i quali veramente non si sentiva volare una mosca, anche se gremita era non solo la piazza, ma anche via della Conciliazione fino al Tevere, da persone che hanno resistito per tutte le quattro ore della veglia, compattamente. Soprattutto il tempo dedicato alla muta adorazione del Santissimo è stato intenso, e si è sentita, anzi quasi toccata la potenza della preghiera, la forza della richiesta di pace da parte di tanti credenti riuniti a Roma e nel mondo...

  Lucetta Scaraffia:  La forza del silenzio

Perché il papa ha posto al centro della veglia per la pace la più venerata immagine della Madre di Dio conservata a Roma. Una storia di fede che risale a Gregorio Magno. Il commento di padre Innocenzo Gargano 

  Sandro Magister:  Francesco e il miracolo dell'icona


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I NOSTRI TEMPI


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Domenico Quirico è stato liberato
L’inviato de La Stampa, rapito in Siria lo scorso 9 aprile, è in volo verso l’Italia.

  Domenico Quirico è stato liberato

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Bentornato Domenico Quirico!!!


La carezza di Emma Bonino è quella che tutti avremmo voluto dare a Domenico Quirico al suo rientro dopo i 152 giorni della sua durissima prigionia...

Oggi sulla Stampa, Domenico Quirico racconta in uno straordinario articolo i suoi mesi di prigionia. 
Descrive il rapimento, i suoi carnefici, le torture e i tentativi di fuga, fino alla liberazione. L’articolo sul quotidiano è molto lungo e qui ne riportiamo solo alcuni brevi stralci.

La notte era dolce come il vino: l’8 aprile ad al Qusayr, Siria, per raccontare un altro capitolo della guerra siriana, dove la Primavera della rivoluzione sembrava poter durare per sempre e capovolgere il mondo. E invece sono stati 152 giorni di prigionia, piccole camere buie dove combattere contro il tempo e la paura e le umiliazioni, la fame, la mancanza di pietà, due false esecuzioni, due evasioni fallite, il silenzio; di Dio, della famiglia, degli altri, della vita. Ostaggio in Siria, tradito dalla rivoluzione che non è più ed è diventata fanatismo e lavoro di briganti. L’ostaggio piange e qui tutti ridono del suo dolore, considerato come prova di debolezza. La Siria è il Paese del Male; dove il Male trionfa, lavora, inturgidisce come gli acini dell’uva sotto il sole d’Oriente. E dispiega tutti i suoi stati; l’avidità, l’odio, il fanatismo, l’assenza di ogni misericordia, dove persino i bambini e i vecchi gioiscono ad essere cattivi. I miei sequestratori pregavano il loro Dio stando accanto a me, il loro prigioniero dolente, soddisfatti, senza rimorsi e attenti al rito: cosa dicevano al loro Dio?...

In tutta questa esperienza c’è molto Dio. Pierre Piccinin è un credente. Io sono un credente. La mia è una fede molto semplice, la fede delle preghiere di quando ero bambino, dei preti che quando andavo a trovare mia nonna in campagna incrociavo mentre raggiungevano in bicicletta delle piccole parrocchie con gli scarponi da operaio e la borsa attaccata alla canna della bici, e portavano estreme unzioni, benedivano le case, con la fede dei preti di Bernanos, semplice ma profonda.
La mia fede è darsi, io non credo che Dio sia un supermercato, non vai al discount a chiedere la grazia, il perdono, il favore. Questa fede mi ha aiutato a resistere. È la storia di due cristiani nel mondo di Maometto e del confronto di due diverse fedi: la mia fede semplice, che è darsi, è amore, e la loro fede che è rito...

   Quirico racconta i suoi cinque mesi in Siria. «Ho incontrato il Male. Mi ha sostenuto la fede»

   video

   Quirico, la festa in redazione per il suo ritorno (video)



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Domenico è un giornalista che quando lavora su una notizia ha bisogno di sentirla fino in fondo, di viverla: occorre calarsi in ogni piega della storia se si vogliono tradurre e comprendere i fatti. Per lui, raccontare significa condividere e non solo con la testimonianza dei propri occhi.

  Claudio Monici:   «Andare là dove la gente soffre È la mia idea di giornalismo»

Domenico Quirico ha raccontato sulla "Stampa" una piccola parte della sua prigionia...
Nelle ultime righe, quasi con pudore, il giornalista scrive: la fede mi ha aiutato a resistere. La fede semplice, dice, imparata da bambino in campagna, da poveri preti che in bicicletta portavano i Sacramenti. Quella fede che Quirico definisce, semplicemente, un "darsi". Soltanto un darsi: uno spendersi per l’altro, in un desiderio di bene. Ma che luce viene da questa unica parola, in un reportage dall’inferno. Non ogni cosa, dunque, quel mare di Male ha inghiottito. Nel buio, la memoria di un altro sguardo e una antica, ereditata speranza hanno tenuto. E anche questo dovremmo farlo leggere ai nostri figli; perché sappiano, perché ricordino, ancora.

  Marina Corradi:   Il male della (e nella) guerra

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MORIRE DA SAMARITANI - Ricordiamo Eleonora Cantamessa perché non muoia l’Italia dei piccoli grandi gesti quotidiani


È morta mentre prestava soccorso a un uomo ferito in una rissa, vittima degli aggressori che l'hanno investita deliberatamente. È successo ieri sera nel Bergamasco, a Chiuduno, e la vittima è Eleonora Cantamessa, una ginecologa. Il medico si era fermato per soccorrere un indiano ferito nel corso di una rissa fra immigrati...
"Eleonora non poteva non fermarsi: era fatta così, ha sempre fatto di tutto per gli altri". Mariella Cantamessa, la mamma di Eleonora è stata tra le prime persone giunte sul luogo della tragedia a Chiuduno. La mamma della ginecologa, straziata dal dolore, ha voluto evidenziare lo spirito altruista di Eleonora. "Qui a Trescore aveva fatto nascere tantissimi bambini - ricordano alcuni residenti -. Il suo ambulatorio era sempre pieno di mamme, italiane e straniere, senza nessuna differenza".
"Dopo aver ricevuto le mamme per la visita - aggiunge Mariella Cantamessa -, il suo ambulatorio spesso rimaneva aperto anche per le ragazze straniere che visitava gratuitamente e che avevano bisogno di un consulto. Non ha mai chiuso la porta in faccia a nessuno" (fonte: Avvenire)

Morire da samaritani soccorrendo un ferito
di Francesco Merlo

Il grande eroismo del piccolo gesto è costato la vita a una di noi, una dolce signora di Bergamo, che è morta nella guerra a bassa intensità che ogni giorno si combatte nelle strade d’Italia. Animali travestiti da uomini, per finire un uomo già finito, hanno infatti ucciso anche lei che lo stava soccorrendo come appunto avrebbe fatto ciascuno di noi.
Non il buon Samaritano della parabola o san Francesco, ma chiunque si fosse trovato a passare di lì e avesse visto quell’indiano steso per terra, straziato dalle sprangate, boccheggiante e rantolante.
Eleonora Cantamessa era una ginecologa di 44 anni, un medico. E dunque non era mossa soltanto dalla pietà ma anche dalla fedeltà al giuramento di Ippocrate, dalla competenza, dall’abitudine a soccorrere. Il medico si mette sempre di traverso davanti alla morte, cerca di fermarla, di ritardarla, di renderla meno dolorosa. Eleonora Cantamessa per professione aveva dichiarato morte alla morte.
Ma quattro bestie a bordo di una Golf sono tornate indietro, non come i killer freddi che seguono una logica, ma come furie appunto, travolgendo tutti quelli che, nonostante l’ora, si erano fermati ad aiutare il ferito, un’auto che passava, qualsiasi ostacolo che intralciava la loro corsa verso quel corpo da finire. Sono questi i nuovi mostri che perdono i controlli e picconano i passanti come a Milano, sparano in pizzeria come a Pozzuoli, penetrano nelle case come a Perugia e uccidono chiunque si metta di mezzo, si accaniscono a coltellate come a Bari. È una nuova antropologia che ha ormai invaso le nostre strade, non più luogo di incontro e di passaggio ma discarica di frustrazioni, aggressività, malumori, spietatezza.
Che si tratti di indiani non ha molta importanza, perché la macelleria non è un appannaggio né razziale né etnico ma è il prodotto più visibile dell’imbarbarimento generale che non conosce meticciati e transnazionalità, melting pot e incroci. Sappiamo già, prima ancora di sentirli, di cosa stanno straparlando i leghisti che vanno avanti a meccanismi pavloviani perché sono il rovescio, l’uguale contrario dei cattivi immigrati, che certo ci sono, perché la sola democrazia che al mondo funziona perfettamente è la distribuzione in dosi uguali di stupidità e di ferocia. Ma le strade italiane sono trincee e percorsi di guerra come in America, come in Inghilterra, come in Francia, senza il bilancino milligrammato delle nazionalità: non ci sono razze più stupide e più feroci di altre ma ci sono uomini più stupidi e più feroci in tutte le razze.
La foto della dottoressa Cantamessa ci mostra una faccia piena di luce, predisposta al sorriso. E vale la pena correre il rischio della retorica e mettere sotto la lente di ingrandimento l’Italia che la dottoressa rappresenta, la stessa che a Lampedusa, a Ragusa, a Catania accorre ad aiutare i disperati che sbarcano dalle carrette del mare.
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ITALIA - La crisi non é per tutti - Il 10% degli italiani possiede il 50% di tutta la ricchezza privata del Paese. Per loro niente "sacrifici"!



ITALIA. La crisi non é per tutti!
Il 10 per cento degli italiani, infatti, possiede il 50 per cento di tutta la ricchezza privata del Paese. E per loro  niente "sacrifici"!

Puntata di "Presa Diretta" trasmessa il 02.09.2013 su Raitre

L’ Italia è il paese dove è più grande la ricchezza privata, più della Francia, più della Germania. Secondo uno studio di Bankitalia la somma di case, soldi cash nei conto correnti e soldi investiti in titoli e azioni assommerebbe alla cifra di 9mila miliardi di euro, quasi cinque volte il debito pubblico italiano.
Con questo rapporto tra debito e patrimonio se l’Italia fosse un’azienda nessuno la darebbe per fallita, ma il punto è che il debito è di tutti mentre la ricchezza privata è di pochi. Il 10 per cento degli italiani, infatti, possiede il 50 per cento di tutta la ricchezza privata del Paese. Eppure in questo momento di drammatica emergenza questa ricchezza è rimasta intatta e ai ricchi e super ricchi italiani non è stato chiesto alcun sacrificio.
Non c’è la patrimoniale e anzi la pressione fiscale sui patrimoni è diminuita negli ultimi dieci anni dal 9,8 al 5,9 per cento. Con “RICCHI E POVERI” vi porteremo dentro il mondo dei ricchi e super ricchi italiani, vi faremo vedere la vita che fanno, le case dove abitano, dove e come investono i loro soldi e le enormi possibilità che hanno di investire nel futuro dei loro figli. Mentre continua ad allargarsi la platea delle italiane e degli italiani che non riescono a vivere dignitosamente, anche dove meno te lo aspetti.
Pochi sanno che la città più povera del nord è Torino, capitale di una Regione che ha un milione di poveri. Vi racconteremo le ragioni del declino di Torino, la crisi industriale, le tante imprese che chiudono e la vita e la storia dei 40mila cassa integrati della città. Una cifra spaventosa che ha ridotto la capacità di consumo dei torinesi di due milioni di euro al giorno.
RICCHI E POVERI
 è un racconto di Alessandro Macina ed Elena Stramentinoli

GUARDA LA PUNTATA COMPLETA


   video


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Un gesto d'amore può illuminare il mondo


Il bene esiste, ma è spesso nascosto. 
Aiutiamo i giovani a scoprirlo!

Alcuni mezzi di comunicazione, oggi, tendono a dipingere il mondo a tinte scure, come se fosse irrimediabilmente corrotto. Nell’aria c’è un sentimento di rassegnazione e di pessimismo diffuso, che spinge i ragazzi a considerare la vita una specie di giungla in cui trionfano i più forti.
Molti giovani sono sfiduciati. Non credono più nella famiglia, nella politica, nella religione, nell’amore, nell’onestà, nella lealtà, nella legalità. Alcuni si chiedono: “Perché dovrei comportarmi bene, se tutto il mondo è malato e cattivo? Chi me lo fa fare? E’ meglio essere furbi ed adeguarsi ai tempi”.
Questo tipo di ragionamento rischia di rovinare il futuro delle nuove generazioni, spesso deluse e disilluse, a volte rinchiuse in un guscio di oscurità e di disfattismo autolesionista.
Il bene viene spesso nascosto. Ha poco spazio rispetto alle tonnellate di carta di giornale e di servizi televisivi dedicati al male: corruzione, omicidi, pornografia, violenze e brutalità di ogni genere.
Eppure basterebbe guardarsi intorno per accorgersi che esistono tante bellissime storie che possono aiutarci a ritrovare fiducia nel domani. Sono testimonianze di gente comune, che ha saputo illuminare il mondo con un gesto d’amore, offerto lungo il cammino della vita quotidiana...

   Un gesto d'amore può illuminare il mondo


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SCUOLA

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Inizia un nuovo anno scolastico e il ministro dice: "Ragazzi, siate ribelli e non accettate le cose come sono. Cambiate questo mondo, è lì che vi aspetta."



Sono i giorni del rientro in classe, dei libri intonsi e dei grembiulini immacolati, del più intenso traffico in città. Per tutti è l’inizio di un altro anno che servirà a formare e far crescere un pezzo importante di società, quella del futuro: per questo i problemi dell’istruzione interessano tutti e non solo studenti e insegnanti. Questa volta sul banco ci si è messo anche il Governo affrontando un tema tanto ampio quanto di difficile soluzione, il rilancio della scuola. 
Già dal titolo - "L’istruzione riparte" - dato al decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri si dichiara l'intenzione da parte del ministero dell'Istruzione di dare una spinta per crescere nuovamente. Con l’inizio del nuovo anno scolastico si segna anche l’avvio di una politica di intervento per cercare di risolvere - o almeno non peggiorare - le vecchie grane della formazione, dalla mancanza di risorse alla necessità di un reale sostegno per insegnanti e famiglie. Un provvedimento che è un primo passo, ma che necessita di una continuità per portare avanti i buoni propositi che contiene...

   L'ISTRUZIONE È UN LIBRO APERTO (ANCHE USATO)

Per saperne di più:
MIUR: “l’istruzione riparte”, varato pacchetto per scuola, università e ricerca

E' una novità anche questa: il ministro conclude tra gli applausi degli studenti l'intervento per l'apertura dell'anno scolastico: "Ragazzi, siate ribelli e non accettate le cose come sono. Cambiate questo mondo, è lì che vi aspetta. Da queste aule escono le persone che ci salveranno dalla crisi e ricostruiranno l'Italia".
E dopo aver lanciato agli studenti questo monito rivoluzionario, Carrozza non dimentica di parlare agli insegnanti. Durante un'intervista a Radio Anch'io ha sottolineato l'importanza per i docenti di seguire "la rivoluzione digitale" in atto nella società e il loro dovere di stare al passo con i tempi.
"Io credo - ha spiegato il Ministro - che gli insegnanti vogliano aggiornarsi. Il problema è che non ci sono opportunità, già lo stipendio è molto basso e quindi sembra chiedere troppo. Dovremo quindi offrire strumenti per l'aggiornamento accessibili a tutti e compatibili con la vita degli insegnanti". "Secondo me - ha detto Carrozza concludendo il suo intervento - si andrà verso un aggiornamento obbligatorio però deve essere fatto nel modo opportuno e adeguato al sistema scolastico"....

   Carrozza agli studenti: "Siate ribelli". Il ministro incita: cambiate il mondo

A scuola la continuità didattica è un valore, ma in Italia è messa a dura prova. Cominciamo dal balletto dei supplenti che avviene nei primi mesi in molti istituti. Il gioco al ribasso condotto dal ministeri dell’Istruzione (dietro il quale si celavano le direttive del ministero dell’Economia, ovvero la “spending review”) aveva già portato a drastici tagli con la concessione di poco più di 11.200 immissioni in ruolo per il 2013. Ma il ministero ha deciso di spostare duemila cattedre di là da venire, e così ancora una volta la scuola italiana è vittima della discrepanza tra i posti messi a concorso e quelli che effettivamente vengono assegnati ai ruoli. E se genitori e studenti pensano che il problema sia confinato a docenti e precari e in fondo non li riguarda, si sbagliano di grosso...

   INIZIA LA SCUOLA, SPERIAMO CHE SE LA CAVA



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Le prove invalsi, per i licei la polemica sul bonus università, e poi il rebus dei libri di testo (digitali o cartacei?) e il problema del gap tecnologico nelle aule. Dai "bes" - il sostegno ai ragazzi in difficoltà che sta facendo impazzire le scuole - al caos del dopo concorsone. Fino ad arrivare alla W dei week-end di chiusura ormai quasi istituzionalizzata e algli zaini troppo pesanti

  Salvo Intravaia:  Compito in classe dalla A alla Z: l'alfabeto del nuovo anno scolastico

Mentre milioni di giovani tornano a scuola, diamo la parola ad alcuni insegnanti che testimoniano la possibilità di costruire e di riaccendere il desiderio nei cuori e nelle menti. Misurandosi anzitutto con domande troppo spesso eluse e che rimangono capitali: cosa vuol dire insegnare? Come accompagnare i giovani a conoscere la realtà e ad acquisire gli strumenti per diventare protagonisti della loro vita e della società?

  Giorgio Paolucci:  La battaglia dell'educazione

Un detto urdu, diffuso in India e in Pakistan, ricorda che ognuno ha due padri, il genitore biologico e il proprio maestro. Mentre le scuole, in questi giorni, riaprono le loro porte, risulta utile riflettere su tale paternità "didattica". Nei prossimi nove mesi i docenti italiani, uomini e donne, saranno chiamati a un lavoro fatto di professionalità e competenze, ma anche a esercitare con serietà e passione quella paternità e maternità di cui centinaia di migliaia di ragazzi e di ragazze sono assetati, più di quanto possa sembrare all’occhio distratto di chi li guarda con superficialità.
La scuola ha un’anima paterna e materna.

  Marco Impagliazzo:  Il maestro come un padre Per trasmettere una visione

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FEDE E
SPIRITUALITA'





DA UNA CHIESA TRIONFANTE

AD UNA CHIESA MENDICANTE

A 50 ANNI DAL CONCILIO VATICANO II

HOREB n. 64 - 1/2013


TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI

"Sono passati 50 anni dall’inizio del Concilio ecumenico Vaticano II ed è importante fare memoria, cioè far presente quell’evento per riviverlo, perché può accadere che, passata la generazione di coloro che vi hanno partecipato o che hanno vissuto da vicino la svolta epocale da esso avviata per la vita della Chiesa, la sua memoria venga meno e si dimentichino gli orientamenti e le prospettive da esso offerti.
Il Vaticano II, infatti, pur essendo in piena continuità con la fede e la vita della Chiesa è stato certamente un evento che ha risposto con le sue scelte ad attese importanti presenti nella comunità cristiana e nel mondo.
Il Vaticano II, dopo duemila anni nel corso dei quali il cristianesimo si era sostanzialmente identificato con la cultura europea, apriva la Chiesa a una piena incarnazione nella vita e nella cultura di tutti i popoli, restituendole un’autentica cattolicità e rendendola veramente universale: piena continuità con il passato, con la fede apostolica trasmessaci attraverso le diverse generazioni, e insieme nuovi decisivi orientamenti nei confronti degli ebrei, dei cristiani non cattolici, dei credenti delle altre religioni, ma anche all’interno della comunità cristiana per quanto concerne la liturgia, la centralità della Scrittura, la collegialità e la sinodalità come forma e stile di governo, il riconoscimento del valore e della centralità della persona umana e della sua coscienza.
Gli orientamenti e le decisioni del Concilio Vaticano II, sebbene accolti abbastanza pacificamente all’interno della comunità ecclesiale, purtroppo non sono stati conosciuti e meditati a sufficienza, in questi cinquant’anni nelle varie comunità cristiane.
La riflessione che proponiamo a più voci, nel presente quaderno, vuole essere l’occasione provvidenziale per riprendere in mano quei documenti e cercare di recepire, nello “spirito del Concilio”, un’immagine di Chiesa a noi frati carmelitani più consona: quella “mendicante”, dove è fondamentale vivere uno stile di vita povero, fraterno, itinerante, accogliente e di condivisione della vita del popolo. Si tratta di riattualizzare il sogno di Papa Giovanni di una Chiesa “che si fa  popolo”: «La Chiesa Cattolica – affermava in una omelia del 13 novembre 1960 – non è un museo di archeologia. Essa è l’antica fontana del villaggio che dà l’acqua alle generazioni di oggi, come la diede a quelle del passato»...  (EDITORIALE)


   Editoriale (pdf)

   Sommario (pdf)


E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it



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8 settembre: Natività della Beata Vergine Maria

  Gesù è il sole, Maria è...

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Icona della Natività di Maria

Oggi si fa memoria del SANTISSIMO NOME DI MARIA

  SANTISSIMO NOME DI MARIA (video)

  La Chiesa e la Vergine Maria...

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  SAN GIOVANNI CRISOSTOMO (video)


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Il grande mistero della Madonna: tutto su Maria di Nazareth



Nel giorno in cui la liturgia celebra il Santissimo Nome di Maria proponiamo questo interessante dossier apparso sul periodico di divulgazione scientifica Airone, firmato da Isabella Vergara.

È la donna più famosa di tutti i tempi. Su di lei sono stati scritti oltre 200 mila libri. A quasi duemila anni dalla sua morte, la ragazza di Nazareth continua ad attirare decine di milioni di fedeli nei santuari di tutto il mondo. Il network a lei dedicato, Radio Maria, segna ascolti da record (1 milione 871 mila fedeli al giorno solo in Italia). 
Ma chi era davvero la mamma di Gesù? La parola agli storici...

  Il grande mistero della Madonna: tutto su Maria di Nazareth


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"Maria, donna feriale" di Don Tonino Bello


MARIA Donna dei nostri giorni 

Maria, donna feriale
di Don Tonino Bello

... Santa Maria, donna feriale, forse tu sola puoi capire che questa nostra follia di ricondurti entro i confini dell'esperienza terra terra, che noi pure viviamo, non è il segno di mode dissacratorie. 
Se per un attimo osiamo toglierti l'aureola, è perché vogliamo vedere quanto sei bella a capo scoperto. 
Se spegniamo i riflettori puntati su di te, è perché ci sembra di misurare meglio l'onnipotenza di Dio, che dietro le ombre della tua carne ha nascosto le sorgenti della luce. 
Sappiamo bene che sei stata destinata a navigazioni di alto mare. Ma se ti costringiamo a veleggiare sotto costa, non è perché vogliamo ridurti ai livelli del nostro piccolo cabotaggio. È perché, vedendoti così vicina alle spiagge del nostro scoraggiamento, ci possa afferrare la coscienza di essere chiamati pure noi ad avventurarci, come te, negli oceani della libertà...

  Maria, donna feriale di Don Tonino Bello 


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Il 12 settembre la Chiesa fa tradizionalmente memoria del “nome” di Maria, principalmente sulla scia di un motivo squisitamente biblico e storico-salvifico. Nel racconto delle Scritture, il “nome” indica la persona e, in diversi casi, la “missione” che provvidenzialmente Dio affida per il bene del popolo. Infatti, la persona è inseparabile dalla comunità cui appartiene. Il “nome” rappresenta perciò come un luogo d’incontro tra l’individuo, la famiglia che lo ha generato, il popolo cui tale famiglia appartiene.

È già passato un anno dalla morte di Carlo M. Martini e molti sono quelli che lo ricordano. Chissà perché, leggendo le parole che il card. Scola gli dedica osservando il suo ritratto appeso in Arcivescovado (1), mi è venuto in mente il mito della caverna di Platone.

  Salvatore M. Perrella:   Il nome di Maria

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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO

Giudei si misero 
a discutere
aspramente 
tra loro:« Come può costui darci 
la sua carne da mangiare?»".
(Giovanni 6, 52)


  Gianfranco Ravasi:   Carne da mangiare

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RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino

Vangelo: Lc 14,25-33

"Chi non solleva la propria croce e viene dietro di me, non può essere mio discepolo".
Non si può seguire Gesù senza prendere sopra di sé la croce, è condizione necessaria per potersi dire discepoli. Ma cosa è stata per Gesù la croce, cosa è per noi?
Mai la croce nei Vangeli riguarda la sofferenza umana, i momenti dolorosi che inevitabilmente incontriamo nella vita, come le malattie, le tragedie, i lutti e la sofferenza, mai per Gesù la croce assume questo significato, altrimenti non sapremmo spiegare tutte guarigioni e i miracoli compiuti da lui.
"Sollevare la croce" significa accettare il disprezzo della gente per chi veniva condannato a questo infamante supplizio, significa essere considerato la feccia della società.
In particolare Gesù fa riferimento al momento in cui il condannato, caricato del"patibulum" -l'asse orizzontale della croce- doveva dirigersi verso il luogo dell'esecuzione attraversando due ali di folla, per la quale era un dovere religioso insultare, malmenare, oltraggiare e dileggiare il condannato a morte.
...


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Che senso ha il digiuno?


Spiazzati da un gesto che non si può banalizzare

Spiazzati un’altra volta, verrebbe da dire dopo aver letto per l’intera settimana le reazioni degli opinion leader e dei giornali sull’invito al digiuno di Papa Francesco. C’è chi non capisce il nesso con l’imminente minaccia di una guerra, come Vittorio Feltri sul Giornale (ma non capire può anche voler dire che mancano categorie di lettura...) e chi invece punta sul discorso della dieta, confondendo i piani. E riducendo al piccolo orizzonte di se stessi. 
Curiosa è poi l’associazione digiuno uguale protesta, quasi che Pannella, con i bagni mediatici di questi anni abbia dettato la linea, esattamente come la detta Bruno Vespa quando fa una delle sue trasmissioni dedicate alle diete che sortiscono l’effetto di non chiarire mai le idee. Ma quella del Papa è davvero un’altra cosa, che implica innanzitutto un desiderio di seguirlo per capire più a fondo cosa voglia dire questo momento storico. Seguirlo nel gesto del digiuno significa cercare un centro, affidarsi a un’idea di distacco che alla fine incide sulla coscienza di ciascuno più che sull’adipe, come hanno ironizzato alcuni. Ciò che, infatti, manca in questo tempo è una coscienza comune rispetto a ciò che vale veramente. 
E il digiuno apre una domanda proprio a questo: cosa vale, per cui conviene "rinunciare" a posizioni personali che possono condurre addirittura a dei conflitti? 

  Il digiuno ci insegna ciò che vale davvero di Paolo Massobrio

Il messaggio di forza del digiuno 
di Enzo Bianchi

La riflessione del Priore della Comunità Monastica di Bose

Il digiuno è una pratica ascetica comune a tutte le religioni, una prassi vissuta già da Israele, riproposta da Cristo, accolta dalla tradizione ecclesiale e che svolge la funzione basilare di farci sapere qual è la nostra fame, di cosa viviamo, di cosa ci nutriamo.
Con il digiuno noi impariamo a conoscere e a ordinare i nostri tanti appetiti attraverso la moderazione dell’appetito fondamentale e vitale: la fame. Impariamo così a disciplinare le nostre relazioni con gli altri, con la realtà esterna e con Dio, relazioni sempre tentate di voracità. Il digiuno è ascesi del bisogno ed educazione del desiderio.
Quando digiuniamo siamo spinti a discernere la qualità del nostro agire, le conseguenze dei nostri atti, la violenza che immettiamo nei nostri rapporti. Per il cristiano, poi, è confessione di fede fatta con il corpo, pedagogia che porta la totalità della persona all’adorazione di Dio, memoria immessa nel proprio corpo del non vivere di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Per questo, in ore particolarmente decisive e critiche, la chiesa esorta i cristiani a digiunare per «pensare davanti a Dio» le vicende quotidiane, per purificare le proprie convinzioni e convertirsi, così da scegliere sempre in favore della vita. (fonte: VATICAN INSIDER)


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Oltre alla preghiera, il digiuno: sono questi gli elementi della veglia proposta da Papa Francesco il 7 settembre per invocare la pace in Siria e in tutti i luoghi di conflitto. Non solo i cattolici e nemmeno solo i cristiani, ma gli appartenenti a tutte le Religioni e gli uomini e le donne di buona volontà anche se non credenti sono stati invitati dal pontefice a unirsi a un gesto che ha una valenza simbolica di tipo universale.
Il digiuno è uno dei grandi archetipi universali.

  Chiara Santomiero:  Il digiuno: distacco dal superfluo, segno politico in senso alto

Domenica scorsa, nel corso dell’Angelus, papa Francesco ha lanciato un appello universale contro ogni intervento militare in Siria e ha annunciato per sabato 7 settembre una giornata di digiuno e di preghiera per la pace. All’iniziativa hanno aderito numerose organizzazioni di matrice cattolica (da Cl alle Acli, dai Focolarini alla Comunità di Sant’Egidio, dalla Caritas  all’Unitalsi), enti pubblici, uomini politici laici e cattolici. L’appello al digiuno per la pace ha però avuto anche una forte eco in altre confessioni religiose, assumendo un valore ecumenico e interreligioso.

  Enrico Casale:  E il digiuno diventa interreligioso


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"Cristiani a parole o con i fatti?" di Silvano Fausti


L'ultima Parola
Silvano Fausti
Gesuita, biblista e scrittore



Cristiani a parole o con i fatti?

«Enea, alzati e rifatti il letto! (...) Tabità, alzati» (leggi Atti 9,32-43)

Dopo la conversione di Paolo (cfr Popoli n. 6-7/2013), l’attenzione torna su Pietro. Questi, fin dall’inizio, subisce con Giovanni un arresto (At 4,1-22). Ne segue un secondo, insieme a tutto il collegio apostolico, che finisce con una liberazione miracolosa e un ulteriore arresto con fustigazione. La difesa di Gamaliele ferma le persecuzioni contro gli apostoli (At 5, 17-42). Quelle successive sono contro Stefano e gli Ellenisti, perché aprono la fede cristiana a chi non va al Tempio. 
Invece gli apostoli stanno tranquilli, fino a quando arriva Paolo. La sua predicazione scatena una nuova persecuzione. Allora i fratelli lo conducono a Cesarea e lo spediscono a casa sua, a Tarso. Finalmente torna un periodo di pace per la Chiesa. Pietro ora può muoversi. Visita e incoraggia le nuove comunità, che vanno aumentando e moltiplicandosi. In questa visita pastorale il suo «palazzo apostolico» sarà la casa di Simone il conciatore. Qui, a fiuto, lo potranno trovare anche gli inviati del centurione Cornelio, per «tradurlo» nella casa di un pagano. La tradizione dice che Pietro rimase circa 12 anni a Gerusalemme. I suoi precedenti «palazzi» sono stati il Cenacolo, il tribunale e il carcere, dove tornerà prima di scomparire definitivamente dalla scena (At 12,1-17). Da allora sarà come Gesù, Signore suo e dell’universo, che non aveva «sovranità territoriale» neppure su un sasso dove posare il capo. 
L’iconografia presenta Pietro e Paolo per lo più insieme. Sono i protagonisti degli Atti. L’intreccio tra le due figure sottolinea la loro unità e complementarietà. Hanno doni diversi...

  Cristiani a parole o con i fatti?


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OREUNDICI - IL QUADERNO DI SETTEMBRE 2013: IL PAPA CHE PARLA DI DIO - "UN BELLISSIMO ESEMPIO la semplicità è la sua scelta, la sua verità" di Arturo Paoli - L'EDITORIALE di Mario De Maio -


OREUNDICI
IL QUADERNO DI SETTEMBRE 2013

IL PAPA CHE PARLA DI DIO


L'EDITORIALE di MARIO DE MAIO

Il titolo che abbiamo voluto dare a questo quaderno, senza nessuna intenzione polemica, vuole riassumere la caratteristica essenziale che ci pare emergere in questo papa: fa scoprire ad ogni uomo dove è Dio. Il suo stile fatto di gesti semplici ma profondi, prima delle parole, fa emergere in ogni uomo di qualunque credo, il “Bene“, il positivo che ciascuno porta dentro di sè. Etty Hillesum lo chiamava “il pezzetto di Dio” che c’è dentro di noi, che dobbiamo difendere e far crescere. Come non credere che lo Spirito Santo, la forza creatrice della vita, come ci ha insegnato a pensarlo don Carlo Molari, assista e guidi la vita della Chiesa? Nell’arco di un mese abbiamo assistito a due veri miracoli: un Papa che ha rinunciato al proprio incarico, con grande umiltà e consapevolezza, e un gesuita - aggiungo io, “di Dio” -, che ha preso in mano il timone della barca di Pietro. Adesso dobbiamo collaborare al terzo miracolo: noi “ cristiani “ dobbiamo impegnarci a non tradire la passione di papa Bergoglio, che ci invita a creare nel nostro animo, nei nostri ambiti di lavoro, nelle nostre comunità, una attenzione speciale al “Bene“, per accoglierlo in tutte le sue infinite sfumature, per non mortificarlo, per farlo crescere e diffondere con la nostra creatività...

  L'editoriale di Mario De Maio

UN BELLISSIMO ESEMPIO
la semplicità è la sua scelta, la sua verità
di ARTURO PAOLI

Jorge Mario Bergoglio è certamente un papa molto audace perché in poche settimane sta rivoluzionando dei secoli di storia, che avevano reso il Vaticano un’organizzazione molto importante e solenne e di conseguenza molto distante dalla gente semplice. La trasformazione che sta praticando altro non è che la continuazione della sua esistenza di cardinale a Buenos Aires, dove preferiva andare nelle favelas tra la gente povera, avvicinando quanti cercano faticosamente un cammino per potergli parlare. Essendo stato addetto al Vaticano per qualche anno e sapendo come funzionano queste sacre s t a n z e , sono molto felice nel vedere questo avvicinamento improvviso, questo scendere in mezzo alla gente, questa semplicità di abiti; tutti dettagli che piacciono alle persone normali che non amano le persone che abitano un mondo irraggiungibile e precluso a chi non appartiene ai vip. La lunga frequentazione che ha avuto nei quartieri poveri di Buenos Aires lo ha abituato al contatto diretto con le persone e a non stimare l’uomo per la sua carica, per la sua cultura, per il suo denaro, ma a conoscere la gente semplice che vive poveramente, che deve lottare per non perdere il diritto alla vita. Gesù andava dove lo chiamavano e certamente non frequentava i palazzi reali o del potere, e sono sicuro che anche quando papa Francesco sarà convocato a incontrare i capi degli Stati non si preoccuperà di etichette e di abiti ma ci andrà nella sua semplicità perché realmente non è qualcosa di fittizio, ma è la sua natura, la sua scelta, la sua verità. Gesù avrebbe dovuto vivere nel palazzo più sfarzoso della terra essendo il re dei re, ma ha preferito entrare nelle case povere, dormire come si può e quindi la persona che lo vuole imitare deve semplificare la sua vita. 
Anche le sue parole sono sempre dirette e semplici...

  UN BELLISSIMO ESEMPIO di Arturo Paoli

Abbiate il coraggio
di andare
contro corrente.
Abbiate il coraggio
di essere felici.
Papa Francesco


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JESUS, settembre 2013 Caro Diogneto - 57 di ENZO BIANCHI COMUNIONE E CONCILIO di Enzo Bianchi


JESUS, settembre 2013

Caro Diogneto - 57
Rubrica di ENZO BIANCHI

COMUNIONE E CONCILIO

Mi pare doveroso rompere il silenzio che ha accolto la dichiarazione di mons. Fellay, superiore della Fraternità san Pio X, nel ricordare il 25° dell’ordinazione di quattro vescovi, compiuta da mons. Lefebvre senza l’autorizzazione papale. Il prelato parla di “gesto eroico” e ribadisce che “la causa dei gravi errori che stanno demolendo la chiesa non risiede in una cattiva interpretazione del concilio – in un’ermeneutica della rottura che si opporrebbe a un’ermeneutica della riforma nella continuità, come più volte ha dichiarato Benedetto XVI – ma nei testi stessi del concilio”. È il concilio che viene dunque rifiutato e condannato in quanto imbevuto di principi modernisti, di spirito liberale e di un’ecclesiologia che costituisce una rottura e un misconoscimento della tradizione cattolica. La rottura della comunione con la sede apostolica petrina è quindi netta ed evidente.
Va detto che le posizioni teologiche della Fraternità San Pio X sono ribadite con chiarezza: il vescovo dichiara autorevolmente che i dialoghi tra le due parti, perseguiti per anni, hanno lasciato le posizioni come all’inizio della rottura. Così si è giunti a una situazione singolare e inedita nella storia della chiesa: una piccola porzione di chiesa si trova in rottura dichiarata con la chiesa e il suo magistero, ma i vescovi che la presiedono non sono più scomunicati – avendo Benedetto XVI tolto loro la scomunica – ma non sono neanche in comunione gerarchica con il papa.
Penso che papa Francesco non rinnoverà loro la scomunica e lascerà la Fraternità in questa posizione giuridicamente ambigua, salvo nuove ordinazioni episcopali illecite: in tal caso gli autori incorrerebbero automaticamente nella scomunica. Meglio attendere che maturino tempi nei quali sarà possibile un ritorno alla comunione, attraverso l’accettazione del concilio Vaticano II come concilio della chiesa cattolica avente la stessa autorità di tutti altri concili generali. Anche in questa situazione dolorosa e difficile è cosa buona che il papa, e tutta la chiesa con lui, attendano con pazienza, senza polemica e senza opposizioni o disprezzo chi si è allontanato dall’ovile. Di questa stagione di tentativi per ritrovare la pace ecclesiale e la comunione ricorderemo comunque la lettera che mons. Augustin Di Noia, segretario di Ecclesia Dei, ha scritto a mons. Fellay: una lettera di otto cartelle che traccia una strada per la riconciliazione contrassegnata da carità e attesa: mai, nell’arbitrato con le parti in polemica o rottura con la chiesa, è stato scritto un testo così magnanimo e nello stesso tempo equilibrato, sapiente e ispirato al vangelo...

  COMUNIONE E CONCILIO di Enzo Bianchi

  testo integrale della lettera di mons. Augustin Di Noia a mons. Fellay


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 CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni


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Papa Francesco scrive a Repubblica: La verità non è mai assoluta - Eugenio Scalfari: La pecora smarrita


Pregiatissimo Dottor Scalfari,
è con viva cordialità che, sia pure solo a grandi linee, vorrei cercare con questa mia di rispondere alla lettera che, dalle pagine di Repubblica, mi ha voluto indirizzare il 7 luglio con una serie di sue personali riflessioni, che poi ha arricchito sulle pagine dello stesso quotidiano il 7 agosto.
La ringrazio, innanzi tutto, per l’attenzione con cui ha voluto leggere l’Enciclica Lumen fidei.
Essa, infatti, nell’intenzione del mio amato Predecessore, Benedetto XVI, che l’ha concepita e in larga misura redatta, e dal quale, con gratitudine, l’ho ereditata, è diretta non solo a confermare nella fede in Gesù Cristo coloro che in essa già si riconoscono, ma anche a suscitare un dialogo sincero e rigoroso con chi, come Lei, si definisce «un non credente da molti anni interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazareth».
Mi pare dunque sia senz’altro positivo, non solo per noi singolarmente ma anche per la società in cui viviamo, soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede, che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù.
Penso vi siano, in particolare, due circostanze che rendono oggi doveroso e prezioso questo dialogo.
Esso, del resto, costituisce, come è noto, uno degli obiettivi principali del Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII, e del ministero dei Papi che, ciascuno con la sua sensibilità e il suo apporto, da allora sino ad oggi hanno camminato nel solco tracciato dal Concilio.
La prima circostanza — come si richiama nelle pagine iniziali dell’Enciclica — deriva dal fatto che, lungo i secoli della modernità, si è assistito a un paradosso: la fede cristiana, la cui novità e incidenza sulla vita dell’uomo sin dall’inizio sono state espresse proprio attraverso il simbolo della luce, è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. 
Così tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista, dall’altra, si è giunti all’incomunicabilità. È venuto ormai il tempo, e il Vaticano II ne ha inaugurato appunto la stagione, di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro.
La seconda circostanza, per chi cerca di essere fedele al dono di seguire Gesù nella luce della fede, deriva dal fatto che questo dialogo non è un accessorio secondario dell’esistenza del credente: ne è invece un’espressione intima e indispensabile. Mi permetta di citarLe in proposito un’affermazione a mio avviso molto importante dell’Enciclica: poiché la verità testimoniata dalla fede è quella dell’amore — vi si sottolinea — «risulta chiaro che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti» (n. 34). È questo lo spirito che anima le parole che le scrivo...

  La verità non è mai assoluta di Papa Francesco

Papa Francesco ha deciso di rispondere alle domande che gli avevo indirizzato in due articoli, rispettivamente pubblicati sul nostro giornale il 7 luglio e il 7 agosto scorsi. Francamente non mi aspettavo che lo facesse così diffusamente e con spirito così affettuosamente fraterno. Forse perché la pecora smarrita merita maggiore attenzione e cura? Lo dico perché negli articoli sopra citati ho precisato al Papa che io sono un "non credente e non cerco Dio" anche se "sono da molti anni interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazareth, figlio di Maria e Giuseppe, ebreo della stirpe di David". E più oltre scrivo che "Dio, secondo me, è un'invenzione consolatoria della mente degli uomini". Mi permetto di ricordare questa mia posizione di interlocutore anche perché essa rende ai nostri occhi ancor più "scandalosamente affascinante" la lettera che Papa Francesco mi ha inviato, una prova ulteriore della sua capacità e desiderio di superare gli steccati dialogando con tutti alla ricerca della pace, dell'amore e della testimonianza.
Ciò detto, riassumo le domande e le riflessioni che ho fatto e alle quali il Papa risponde, affinché i lettori abbiano ben chiaro il quadro entro il quale si svolge questo dialogo.

  La pecora smarrita di Eugenio Scalfari


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Commenti e riflessioni sulla lettera di Papa Francesco a Eugenio Scalfari / 1


La lettera di papa Francesco da noi pubblicata ieri ha suscitato in me (ndr. Eugenio Scalfari), nel nostro direttore Ezio Mauro e in tutti i colleghi una grande emozione. Penso che la stessa emozione l'abbiano avuta tutti coloro che l'hanno letta.
Non parlo di quello che nel nostro linguaggio gergale chiamiamo "scoop". Gli scoop alimentano le chiacchiere, non il pensiero e qui, leggendo le parole del Papa, il nostro pensiero è chiamato e stimolato a riflettere di fronte alla concezione del tutto originale che papa Francesco esprime sul tema "fede e ragione", uno dei cardini dell'architettura spirituale, religiosa e teologica della Chiesa. Ma non soltanto della Chiesa: la cultura moderna dell'Occidente nasce esattamente da quel tema e papa Francesco lo ricorda nella sua lettera...

  Scalfari e la lettera di papa Francesco: "Il coraggio che apre alla cultura moderna"

Eugenio Scalfari scrive a papa Francesco. E papa Francesco risponde scrivendo quasi una seconda "enciclica" impostata sul valore del "dialogo e del rispetto reciproco", ma che contiene - tra l'altro - una semplice frase, "Dio perdona chi segue la propria coscienza", che se letta con attenzione potrebbe far cadere i troppi muri che ancora dividono credenti e non credenti. Una frase non "casuale", mirabile sintesi di tutte quelle verità evangeliche plasmate dagli insegnamenti di Cristo e che nessuno potrà leggere con indifferenza e sufficienza.
Quasi un miracolo, non solo semantico, ma profondamente pastorale perchè si tratta di una frase che non divide, ma include, unisce, cementa, nel pieno rispetto del cristianesimo essendo uscita dalla mente e dalla penna del Papa regnante e indirizzata, in primo luogo al fondatore del quotidiano La Repubblica Scalfari, ma a tutti, al di là di scelte religiose, orientamenti politici, ceti sociali e nazionalità. Potenzialmente concepita per ogni persona e che evoca la celebre frase, "...a tutti gli uomini di buona volonta'...", con cui nel 1963 Giovanni XXIII, il papa del Concilio Vaticano II che aprì la Chiesa al rinnovamento e al dialogo col mondo contemporaneo, presentò l'enciclica Pacem in terris, delineando la pace come indispensabile crocevia di sviluppo, di crescita e di progresso civile fatto con amore e rispetto dell'uomo e del creato.
Nel suo genere, una novità storica, imprevista e sorprendente destinata a scuotere l'opinione pubblica...

  Il Papa ai non credenti:"È tempo di dialogo"

Papa Bergoglio "tocca il nucleo profondo del Cristianesimo". Non dà speranza "a buon mercato", ma la collega alla ricerca del bene e della giustizia. Il commento del teologo Vito Mancuso alla lettera che il Pontefice ha indirizzato a Eugenio Scalfari dalle pagine di Repubblica

  video

Sono quasi mille gli interventi arrivati sul sito di Repubblica per commentare la lettera che papa Francesco ha scritto in risposta alle domande di Eugenio Scalfari. Osservazioni accompagnate dalla firma o soltanto da uno pseudonimo, che sono state poi votate e hanno aperto in alcuni casi vivaci confronti. Tanto che un lettore che si definisce «ex-praticante, forse ancora un po’ credente», ha azzardato: «Caro papa, perché non intervieni anche tu in questo blog?». Tra critiche ed elogi, riflessioni personali, pungolature e nuovi interrogativi, ecco alcune delle frasi che hanno infiammato il dibattito sul web.

  Repubblica.it: quei mille commenti al dialogo tra Bergoglio e Scalfari (pdf)

Vedi il nostro precedente post:
  • Papa Francesco scrive a Repubblica: La verità non è mai assoluta - Eugenio Scalfari: La pecora smarrita


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Commenti e riflessioni sulla lettera di Papa Francesco a Eugenio Scalfari / 2 : Forte - Bianchi - Ravasi - Sciortino


La lettera di papa Francesco a Eugenio Scalfari, in risposta alle domande che il fondatore di Repubblica gli aveva posto in due differenti editoriali a luglio e agosto sulle pagine del quotidiano, rilancia quell’apertura della Chiesa al mondo, che era stata la grande novità del concilio Vaticano II. Ma, al tempo stesso, rilancia anche l’interesse che il mondo mostra oggi nei confronti della Chiesa, grazie a papa Bergoglio.
Fin dall’inizio del suo pontificato, Francesco ha invitato la Chiesa a non chiudersi in se stessa, nei propri recinti, ma a uscire verso le periferie geografiche ed esistenziali. “La malattia tipica della Chiesa”, ha detto in più occasioni, “è l’autoreferenzialità, il guardare a se stessi, ripiegati su se stessi”. Anche se questa apertura comporta qualche rischio, dice il Papa, “preferisco mille volte di più una Chiesa incidentata che ammalata di autoreferenzialità”. 
Il dialogo a distanza tra papa Francesco ed Eugenio Scalfari, “doveroso e prezioso” sulla scia del Concilio, ricorda i dialoghi con i non credenti che il cardinale Carlo Maria Martini – di cui abbiamo appena ricordato l’anniversario della sua morte - avviò con la “Cattedra dei non credenti”. Per dialogare, scriveva Martini, “occorre avere simpatia per l’altro, avvicinarlo con fiducia. Un dialogo sulle cose importanti della vita è oggi necessario per la sopravvivenza e lo sviluppo delle culture, soprattutto in Europa”... 

  DON SCIORTINO: CREDENTI E NON CREDENTI PER IL BENE COMUNE

La grande lezione dell’umiltà che fa incontrare laici e fedeli
di Bruno Forte
(Arcivescovo di Chieti e teologo)
Il credente è in un certo senso un ateo che ogni giorno si sforza di cominciare a credere. Se non fosse così, la fede non sarebbe un rapporto di amore, e perciò di lotta, che si rinnova ogni giorno nella preghiera, nel servizio a Dio e agli altri. Ricordo quando dissi parole come queste durante gli esercizi che predicavo a Giovanni Paolo II e lo vedo ancora accennare più volte di sì con la testa. La lettera di Papa Francesco a Eugenio Scalfari dà voce a questa convinzione...

Cristiani esperti in umanità
di Enzo Bianchi
(Priore di Bose)
Un dato raro e prezioso caratterizza la risposta di papa Francesco alle questioni sollevate da Scalfari: il papa non si è limitato ad affermare che il dialogo è “espressione intima e indispensabile” nell’esistenza del credente, ma lo ha intavolato concretamente, avviandosi a percorrere “un tratto di cammino insieme”. Ci è stata cioè risposta nel merito, frutto di un ascolto attento dell’interlocutore e di uno sforzo per la comprensione del suo linguaggio e delle sue ragioni.
Solidamente radicato nel messaggio evangelico e tenendo il concilio Vaticano II come bussola, papa Francesco non ha esitato a ritrovare nella più autentica tradizione della chiesa il rimando decisivo alla voce della coscienza, insita in ogni essere umano, la testimonianza dell’attesa cristiana, l’essenzialità della predicazione di Gesù di Nazareth che svela a tutti e a ciascuno la comune figliolanza rispetto al Padre.

  Cristiani esperti in umanità

Lettera del Papa a Scalfari "manifesto" del Cortile dei Gentili
di Gianfranco Ravasi
(Cardinale e presidente del Pontificio Consiglio della Cultura)
La lettera di Papa Francesco si sofferma in particolare sull'importanza del dialogo tra credenti e non credenti. Un tema su cui è particolarmente impegnato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e promotore del "Cortile dei Gentili". Al microfono di Radio Vaticana, il cardinale Ravasi confida i sentimenti cui i quali ha accolto questa lettera del Papa.

  l'intervista al card. Ravasi di Fabio Colagrande (audio mp3)

Vedi i nostri precedenti post:
  • Papa Francesco scrive a Repubblica: La verità non è mai assoluta - Eugenio Scalfari: La pecora smarrita
  • Commenti e riflessioni sulla lettera di Papa Francesco a Eugenio Scalfari / 1



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Il Papa che chiama al telefono è anche il Papa che risponde alle lettere. A mezzo stampa, quando a mezzo stampa gli vengono recapi­tate. Lo fa senza rinunciare al suo sti­le, che è di dolcezza e insieme di chiarezza. Magari incastonando in u­no scritto che, di per sé, non ha con­notazione ufficiale una limpida pro­fessio fidei . «La fede cristiana crede questo: che Gesù è il Figlio di Dio ve­nuto a dare la sua vita per aprire a tutti la via dell’amore», si legge infatti nella lunga lettera – pubblicata ieri in prima pagina da «Repubblica» – che papa Francesco ha voluto inviare a Eugenio Scalfari.
Un gesto per molti versi sorprendente, ma che nella so­stanza ribadisce il carattere di ascol­to, di apertura e di dialogo che è stato da subito caratteristico del pontifica­to di Bergoglio. 

  Alessandro Zaccuri:   Credenti e no, sulla stessa strada

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 FRANCESCO
 


     Angelus/Regina Cæli - Angelus, 8 settembre 2013

    Omelia - 7 settembre 2013: Veglia di preghiera per la pace

    Discorso - Parole del Santo Padre durante la visita al "Centro Astalli" di Roma per il servizio ai rifugiati (10 settembre 2013)

    Discorso - Ai partecipanti al Pellegrinaggio internazionale dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (13 settembre 2013)

   
Udienza - 11 settembre 2013


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SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"


06/09/2013:

  Una catena di impegno...


07/09/2013:

  Pregate per la pace!...


09/09/2013:

  Non possiamo mai...

  Chiedo di intraprendere...

  L'umanità ha bisogno...

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10/09/2013:

  Vorrei ringraziare...

  L'unica guerra...


12/09/2013:

  Seguire Gesù...

13/09/2013:

  Gesù è il sole...


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  (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)


 
Papa Francesco - Angelus dell'8 settembre 2013  (video e testo) 


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nel Vangelo di oggi Gesù insiste sulle condizioni per essere suoi discepoli: non anteporre nulla all’amore per Lui, portare la propria croce e seguirlo. Molta gente infatti si avvicinava a Gesù, voleva entrare tra i suoi seguaci; e questo accadeva specialmente dopo qualche segno prodigioso, che lo accreditava come il Messia, il Re d’Israele. Ma Gesù non vuole illudere nessuno. Lui sa bene che cosa lo attende a Gerusalemme, qual è la via che il Padre gli chiede di percorrere: è la via della croce, del sacrificio di se stesso per il perdono dei nostri peccati. Seguire Gesù non significa partecipare a un corteo trionfale! Significa condividere il suo amore misericordioso, entrare nella sua grande opera di misericordia per ogni uomo e per tutti gli uomini.L’opera di Gesù è proprio un’opera di misericordia, di perdono, di amore! E’ tanto misericordioso Gesù! E questo perdono universale, questa misericordia, passa attraverso la croce. Gesù non vuole compiere questa opera da solo: vuole coinvolgere anche noi nella missione che il Padre gli ha affidato...
in questo momento in cui stiamo fortemente pregando per la pace, questa Parola del Signore ci tocca sul vivo, e in sostanza ci dice: c’è una guerra più profonda che dobbiamo combattere, tutti! E’ la decisione forte e coraggiosa di rinunciare al male e alle sue seduzioni e di scegliere il bene, pronti a pagare di persona: ecco il seguire Cristo, ecco il prendere la propria croce! Questa guerra profonda contro il male! A che serve fare guerre, tante guerre, se tu non sei capace di fare questa guerra profonda contro il male? Non serve a niente! Non va… Questo comporta, tra l’altro, questa guerra contro il male comporta dire no all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve; dire no alla violenza in tutte le sue forme; dire no alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale. Ce n’è tanto! Ce n’è tanto! E sempre rimane il dubbio: questa guerra di là, quest’altra di là - perché dappertutto ci sono guerre - è davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere queste armi nel commercio illegale? Questi sono i nemici da combattere, uniti e con coerenza, non seguendo altri interessi se non quelli della pace e del bene comune...

  il testo integrale dell'Angelus

  video


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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano 
9 settembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco:
Cristo, fondamento della speranza
La virtù della speranza – forse meno conosciuta di quella della fede e della carità – non va mai confusa con l’ottimismo umano, che è un atteggiamento più umorale. Per un cristiano, la speranza è Gesù in persona, è la sua forza di liberare e rifare nuova ogni vita. Lo ha affermato questa mattina Papa Francesco all’omelia della Messa presieduta presso Casa Santa Marta.
La speranza è “un dono” di Gesù, la speranza è Gesù stesso, ha il suo “nome”. Speranza non è quella di chi di solito guarda al “bicchiere mezzo pieno”: quello è semplicemente “ottimismo”, e “l’ottimismo è un atteggiamento umano che dipende da tante cose”. L’omelia mattutina di Papa Francesco si impernia all’inizio su questa distinzione. Lo spunto viene dalla Lettera nella quale Paolo scrive ai Colossesi “Cristo in voi, speranza della gloria”. Eppure, obietta il Papa, “la speranza è una virtù di ‘seconda classe’”, la “virtù umile” se paragonata alle più citate fede e carità. Per questo può accadere che sia confusa con un sereno buon umore:

“Ma la speranza è un’altra cosa, non è ottimismo. La speranza è un dono, è un regalo dello Spirito Santo e per questo Paolo dirà: ‘Mai delude’. La speranza mai delude, perché? Perché è un dono che ci ha dato lo Spirito Santo. Ma Paolo ci dice che la speranza ha un nome. La speranza è Gesù. Non possiamo dire: 'Io ho speranza nella vita, ho speranza in Dio', no: se tu non dici: 'Ho speranza in Gesù, in Gesù Cristo, Persona viva, che adesso viene nell’Eucaristia, che è presente nella sua Parola', quella non è speranza. E’ buon umore, ottimismo…”.
Dal Vangelo, Papa Francesco prende poi il secondo spunto del giorno. L’episodio è quello in cui Gesù guarisce di sabato la mano paralizzata di un uomo, suscitando la riprovazione di scribi e farisei. Col suo miracolo, osserva il Papa, Gesù libera la mano dalla malattia e dimostra “ai rigidi” che la loro “non è la strada della libertà”. “Libertà e speranza vanno insieme: dove non c’è speranza non può esserci libertà”, afferma Papa Francesco. Che soggiunge: “Gesù libera dalla malattia, dal rigore e dalla mano paralizzata quest’uomo, rifà la vita di questi due, la fa di nuovo”..

  Il Papa: la speranza cristiana non è ottimismo, è molto di più, è Gesù

  video


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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - Lasciamoci toccare dal Risorto  - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
10 settembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco:
no ai cristiani senza il vero Cristo

I cristiani sono chiamati ad annunciare Gesù senza timore, senza vergogna e senza trionfalismo. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha messo l’accento sul rischio di diventare cristiani senza Risurrezione e ha ribadito che Cristo è sempre il centro e la speranza della nostra vita.
Gesù è il Vincitore, Colui che ha vinto sulla morte e sul peccato. Papa Francesco ha svolto la sua omelia prendendo spunto dalle parole su Gesù nella Lettera di San Paolo ai Colossesi. A tutti noi, ha detto il Papa, San Paolo consiglia di camminare con Gesù “perché Lui ha vinto, camminare in Lui radicati e costruiti su di Lui, su questa vittoria, saldi nella fede”.
“Ci sono tanti cristiani senza Risurrezione, cristiani senza il Cristo Risorto: accompagnano Gesù fino alla tomba, piangono, gli vogliono tanto bene, ma fino a lì. Pensando a questo atteggiamento dei cristiani senza il Cristo Risorto, io ne ho trovati tre, ma ce ne sono tanti: itimorosi, i cristiani timorosi; i vergognosi, quelli che hanno vergogna; e i trionfalistici. Questi tre non si sono incontrati col Cristo Risorto!”...
“La nostra fede, la fede nel Risorto: quello vince il mondo! Andiamo verso di Lui e lasciamoci, come questi malati, toccare da Lui, dalla sua forza, perché Lui è con le ossa e con la carne, non è un’idea spirituale che va… Lui è vivo. E’ proprio Risorto. E così ha vinto il mondo. Che il Signore ci dia la grazia di capire e vivere queste cose”.

  Il Papa: no ad atteggiamenti trionfalistici nella Chiesa, annunciare Gesù senza timore e vergogna

  video


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Lampedusa / Roma Centro Astalli - unite da Papa Francesco per difendere la dignità umana nei rifugiati "carne di Cristo" (cronaca, foto, video)


A poco più di due mesi dalla visita a Lampedusa, Papa Francesco torna in mezzo ai rifugiati e ai profughi per testimoniare la solidarietà della Chiesa e dare voce alla loro speranza.

Il papa è arrivato nel primo pomeriggio in visita al Centro Astalli, che è un servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia nel cuore di Roma, e si e' intrattenuto per circa un'ora e mezza. 
Bergoglio è giunto senza scorta con la sua consueta focus blu, a bordo della quale c'era il capo della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani. Papa Francesco oggi non ha rinunciato solo alla scorta ma anche al "seguito". Il suo percorso è stato identico a quello che ogni giorno compiono gli immigrati, profughi e rifugiati, che entrano al centro Astalli per ricevere ospitalità e accoglienza. 
Francesco è stato accolto dal cardinale vicario, Agostino Vallini e dal direttore del centro padre Giovanni La Manna. Erano un centinaio le persone assiepate lungo le transenne che delimitano l'area: quando il pontefice (preceduto di poco dal sindaco Marino) è arrivato in tanti lo hanno chiamato per ricevere un saluto o un gesto. Il pontefice si è soffermato con alcune persone, parlando e stringendo mani. 
All'ingresso della mensa si è intrattenuto con alcuni rifugiati, in gran parte africani ed ha poi fatto un gesto di saluto verso la folla dei fedeli che lo hanno applaudito ed acclamato a gran voce. Entrando nel Centro Astalli il primo gesto di Papa Francesco è stato di avvicinarsi a una donna incinta dando la benedizione a lei e al bimbo che portava in grembo. Il Papa è subito stato circondato dalla folla dei rifugiati da cui si è lasciato abbracciare e ha avuto parole di speranza e di conforto per ciascuno di loro. 
L'incontro di Francesco è stato strettamente privato, giornalisti, fotografi e telecamere non sono state ammesse all'interno della struttura. 
Sceso nei locali che ogni giorno accolgono oltre 400 persone di diverse parti del mondo, il Papa si è poi intrattenuto con un gruppo di 20 rifugiati, fra cui una giovane donna del Congo, una coppia con figlio del Camerun, un giovane calciatore della Somalia, un giornalista perseguitato in Pakistan e due ragazzi appena giunti dall'Afghanistan. 

  video

Poi ha pregato nella cappellina del centro e salutato i medici e i pazienti dell’ambulatorio. Qualcuno gli ha offerto il mate, la bevanda tipica argentina, che ha bevuto con piacere. Nella vicina Chiesa del Gesù ha ascoltato le parole di padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, che lo ha ringraziato perché “la sua testimonianza e il suo essere qui con noi ci ricorda l’importanza di essere disponibili con quanti nella vita hanno già pagato un prezzo altissimo, dovendo lasciare tutto e affrontando una fuga che troppe volte li espone alla morte”. Papa Francesco, ha confidato poi padre La Manna, gli ha telefonato due volte per organizzare personalmente la visita, già concordata prima di Lampedusa.
Due testimonianze da Siria e Sudan. Quindi la parola è passata a due testimoni, due storie particolarmente toccanti. Carol, fuggita dalla Siria un anno fa, insegnante: “I giovani e i bambini per tanti anni sono stati la mia ragione di vita – ha detto -. Ho sempre pensato che l’insegnamento e l’educazione fossero una via per la pace. Ma ogni strada di pace e libertà nel mio Paese sembra essere cancellata per sempre. I nostri ragazzi sono stati tutti arruolati o uccisi in una guerra per noi senza senso. Ce li stanno ammazzando tutti. Siamo un Paese senza futuro”. Carol ha concluso con un appello accorato: “Abbiamo bisogno che la comunità internazionale faccia in modo che il popolo siriano smetta di soffrire per una guerra che non vuole e non capisce”.Adam, 33 anni, rifugiato sudanese, ha raccontato di quando in guerra ha perso le sorelle di 4 e 6 anni, morte tra le fiamme, e di quando, costretto ad arruolarsi, si è trovato il nemico di fronte: “Era mio fratello maggiore. Ho lanciato per terra il fucile e ho cominciato a correre, a scappare. La mia fuga è finita in Italia”. Ha poi continuato: "Il viaggio che noi affrontiamo per chiedere asilo in Europa è un crimine contro l’umanità. Eravamo in 170 sulla barca che dalla Libia ci ha portato in Italia. Ognuno di noi ha pagato 1200 $ per affrontare il mare. Molti di noi hanno pagato il biglietto per incontrare la morte. Santità la sua voce è forte. Tutti l’ascoltano. Ci aiuti. Faccia fermare questo massacro. Chiedere asilo non può essere un tragico modo di perdere la vita".
Al termine papa Francesco ha tenuto il suo discorso di cui riportiamo alcuni passaggi:

Cari fratelli e sorelle, buon pomeriggio!
Saluto prima di tutto voi rifugiati e rifugiate. Abbiamo ascoltato Adam e Carol: grazie per le vostre testimonianze forti, sofferte. Ognuno di voi, cari amici, porta una storia di vita che ci parla di drammi di guerre, di conflitti, spesso legati alle politiche internazionali. Ma ognuno di voi porta soprattutto una ricchezza umana e religiosa, una ricchezza da accogliere, non da temere. Molti di voi siete musulmani, di altre religioni; venite da vari Paesi, da situazioni diverse.Non dobbiamo avere paura delle differenze! La fraternità ci fa scoprire che sono una ricchezza, un dono per tutti! Viviamo la fraternità!   ...
Grazie allora a quanti, come questo Centro e altri servizi, ecclesiali, pubblici e privati, si danno da fare per accogliere queste persone con un progetto... a voi, operatori, volontari, benefattori, che non donate solo qualcosa o del tempo, ma che cercate di entrare in relazione con i richiedenti asilo e i rifugiati riconoscendoli comepersone, impegnandovi a trovare risposte concrete ai loro bisogni. Tenere sempre viva la speranza! Aiutare a recuperare la fiducia! Mostrare che con l’accoglienza e la fraternità si può aprire una finestra sul futuro - più che una finestra, una porta, e ancora di più -, si può avere ancora un futuro!  ...
Servire, accompagnare, difendere: tre parole che sono il programma di lavoro per i Gesuiti e i loro collaboratori. ...

Per tutta la Chiesa è importante che l’accoglienza del povero e la promozione della giustizia non vengano affidate solo a degli “specialisti”, ma siano un’attenzione di tutta la pastorale, della formazione dei futuri sacerdoti e religiosi, dell’impegno normale di tutte le parrocchie, i movimenti e le aggregazioni ecclesiali. In particolare - e questo è importante e lo dico dal cuore - vorrei invitare anche gli Istituti religiosi a leggere seriamente e con responsabilità questo segno dei tempi. Il Signore chiama a vivere con più coraggio e generosità l’accoglienza nelle comunità, nelle case, nei conventi vuoti. Carissimi religiosi e religiose, i conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi. I conventi vuoti non sono vostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati. Il Signore chiama a vivere con più coraggio e generosità l’accoglienza nelle comunità, nelle case, nei conventi vuoti. Certo non è qualcosa di semplice, ci vogliono criterio, responsabilità, ma ci vuole anche coraggio. Facciamo tanto, forse siamo chiamati a fare di più, accogliendo e condividendo con decisione ciò che la Provvidenza ci ha donato per servire. Superare la tentazione della mondanità spirituale per essere vicini alle persone semplici e soprattutto agli ultimi. Abbiamo bisogno di comunità solidali che vivano l’amore in modo concreto! ...

  il testo integrale del discorso del S. Padre al centro Astalli

Quindi, dopo aver pronunciato il suo discorso, si è raccolto nella cappella del centro Astalli a pregare. Prima di lasciare la struttura, ha salutato i medici e visitato l'ambulatorio, dove gli sono stati offerti alcuni dolci e il mate, la tradizionale bevanda argentina. Il Papa ha anche incontrato 250 volontari impegnati nei centri di accoglienza e poi ha concluso la visita, con un gesto significativo, accompagnando alcuni copti egiziani a porre dei fiori sulla tomba di Pedro Arrupe, il fondatore del centro Astalli, nella Chiesa del Gesù, prima di far rientro in Vaticano.
Nella conferenza stampa finale un resoconto dettagliato della visita di Papa Francesco al Centro Astalli, nella Sala Assunta, con padre Federico Lombardi e padre Giovanni La Manna.

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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - Nella festa del “dolce Nome di Maria” chiedere la grazia della mitezza e contemplare l'umanità sofferente (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano 
12 giugno 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
"Nascondi la tua vita con Cristo in Dio"

“L’umanità sofferente” di Gesù e la “dolcezza” di Maria. Sono i due “poli” cui deve guardare il cristiano per riuscire a vivere ciò che il Vangelo chiede. Papa Francesco lo ha affermato all’omelia di questa mattina presieduta in Messa in Casa Santa Marta.

Il Vangelo è esigente, chiede “cose forti” a un cristiano: capacità di perdonare, magnanimità, amore per i nemici… C’è un solo modo per riuscire a metterle in pratica: “contemplare la Passione, l’umanità di Gesù” e imitare il comportamento di sua Madre. E proprio alla Madonna, di cui oggi la Chiesa ne ricorda il “Santo Nome”, Papa Francesco ha dedicato il primo pensiero dell’omelia. Una volta, ha detto, la festa odierna era detta del “dolce Nome di Maria”. Poi, la definizione è cambiata, “ma nella preghiera – ha osservato – è rimasta questa dolcezza del suo nome”:
“Ne abbiamo bisogno, di dolcezza, oggi, dalla Madonna, per capire queste cose che Gesù ci chiede, no? Perché questo è un elenco non facile da vivere. Amate i nemici, fate il bene, prestate senza sperare nulla… A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra, a chi ti strappa il mantello non rifiutare anche la tunica … Ma, sono cose forti, no? Ma tutto questo, a suo modo, è stato vissuto dalla Madonna: è la grazia della mansuetudine, la grazia della mitezza”.
Anche S. Paolo, nella Lettera ai Colossesi della liturgia del giorno, invita i cristiani a rivestirsi di “sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine”, di sopportazione e perdono reciproco. E qui, ha commentato Papa Francesco, “la nostra domanda viene subito: ma, come posso fare questo? Come mi preparo per far questo? Cosa devo studiare per fare questo?”. La risposta, ha affermato il Papa, “è chiara”: “Noi, con il nostro sforzo, non possiamo farlo. Noi non possiamo fare questo. Soltanto una grazia può farlo in noi”. E questa grazia, ha soggiunto, passa per una strada precisa:
“Pensare a Gesù soltanto. Se il nostro cuore, se la nostra mente è con Gesù, il trionfatore, quello che ha vinto la morte, il peccato, il demonio, tutto, possiamo fare questo che ci chiede lo stesso Gesù e che ci chiede l’Apostolo Paolo: la mitezza, l’umiltà, la bontà, la tenerezza, la mansuetudine, la magnanimità. Se non guardiamo Gesù, se non siamo con Gesù non possiamo fare questo. E’ una grazia: è la grazia che viene dalla contemplazione di Gesù”.
In particolare, ha proseguito Papa Francesco, c’è un aspetto particolare della vita di Gesù cui deve rivolgersi la contemplazione del cristiano: la sua Passione, la sua “umanità sofferente”. “E’ così – ha ripetuto con insistenza – dalla contemplazione di Gesù, della nostra vita nascosta con Gesù in Dio, possiamo portare avanti questi atteggiamenti, queste virtù che il Signore ci chiede. Non c’è un’altra strada”...

  Il Papa a Santa Marta: per amare il nemico contempla la Passione di Gesù e la dolcezza di Maria

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Francesco a casa di Francesco - il Papa pellegrino ad Assisi il 4 Ottobre


4 Ottobre 2013
Papa Francesco ad Assisi
Sarà un momento che scuoterà la storia, sarà un incontro storico

Il colore della spiritualità francescana che vorrei far brillare è quello dell’incontro. Mancano infatti pochi giorni alla visita ad Assisi del pontefice argentino venuto dalla “fine del mondo”. Il primo dopo 800 anni a prendere con audacia e coraggio il nome di Francesco, dopo 264 papi dalla storia della Chiesa e dopo 121 dalla nascita del Poverello d’Assisi.
I media di tutto il mondo sono sintonizzati, pronti a registrare il minimo movimento, quasi come sismografi, perché sarà un momento che scuoterà la storia, sarà un incontro storico. 
Ma non è solo un incontro destinato agli archivi e a essere ricordato per sempre ma si tratta anche di un incontro povero. Il poverello d’Assisi incontra il poverello di Buenos Aires: due uomini che hanno messo al centro del loro cammino la bussola dell’essenzialità. Non è pauperismo, il papa ha usato anche il tablet e lo ha usato per inviare una preghiera a Francesco d’Assisi: era il 2 maggio alle 11.40 “Oh Francesco d’Assisi, intercedi per la pace dei nostri cuori”.
Sarà un incontro anche fraterno. Forse non sapremo mai cosa si diranno i due protagonisti di questo momento nella cripta. Mi viene in mente un’affermazione del Cardinal John Henry Newman“Coradcorloquitur” il cuore parla al cuore. Sarà un momento così intimo che amo codificarlo solamente con l’immagine del cuore. Forse Papa Francesco gli confiderà le sue preoccupazioni, gli porterà i suoi poveri, gli dirà le difficoltà che incontra, gli dirà forse “vorrei la chiesa come l’hai immaginata tu, come l’hai vissuta tu, come l’hai comunicata tu”. E il Santo di Assisigli parlerà nell’intimo del suo cuore attraverso quell’emozione che solo i Santi e gli uomini di buona volontà sanno sperimentare. Inizierebbe con“Oh Signor Papa”, così San Francesco lo chiamava e lo chiamerebbe. “E’ la chiesa degli ultimi che mi interessa, è la chiesa della fratenità che mi affascina, è la chiesa che chiama tutti e tutto Fratello e Sorella, come l’ho immaginata nel Cantico delle Creature”...

  Si incontrano... può bastare per una vita intera

C'è una stanza nel vescovado di Assisi sconosciuta ai più ma è lì che la storia di Francesco ha subìto un punto di svolta radicale: è la stanza cosiddetta della "spoliazione" nella quale il santo si spogliò delle vesti davanti al vescovo dell'epoca rinunciando non solo ad ogni bene dell'attonito padre Pietro di Bernardone, ma ad ogni lusinga mondana nel segno della povertà evangelica. Per la prima volta questa sala sarà visitata da un pontefice, Papa Francesco, che sarà nella città del santo a cui ha voluto ispirare il suo pontificato scegliendone il nome, il prossimo 4 ottobre. Del senso di questa visita e dei segni innovativi che la caratterizzeranno parla ad Aleteia il vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino.

  Sui passi di Francesco: la visita del Papa ad Assisi

"Nelle prime ore del pontificato di papa Francesco - ha detto monsignor Sorrentino - gli ho mandato una lettera a nome di tutta la diocesi e gli ho ricordato che come vescovo di Assisi abito nel luogo dove Francesco otto secoli fa, davanti agli occhi allibiti del padre Pietro di Bernardone si spogliò di tutto per rendersi uomo libero per Dio e per i fratelli. E gli ho mandato questa meditazione pensando che il papa non avesse nemmeno la possibilità di considerare, tra le tante cose che riceve". "Poi ci ho parlato e gli ho ricordato questa cosa e mi sono accorto - ha detto ancora mons. Sorrentino - che questo dettaglio lo aveva molto toccato. Mi permisi di dire - ha riferito il vescovo - 'padre allora e' l'occasione buona, tra le tante cose che farà in quella giornata, di venire almeno a dire quel Padre Nostro che Francesco disse 800 anni fa'". "Il Santo Padre mi ha detto - ha continuato mons. Sorrentino - spiazzandomi davvero: 'Il Padre Nostro? Ma io voglio venire a parlare di come la Chiesa si deve spogliare, cioè di come deve ripetere in qualche modo il gesto di Francesco e i valori che questo gesto implica'".

  PAPA FRANCESCO AD ASSISI: 'Voglio spiegare come la Chiesa si vuole spogliare'

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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - no alla «guerra quotidiana delle chiacchiere» (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano 
13 giugno 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
se parli male del fratello lo uccidi

Le chiacchiere uccidono come e più delle armi. Su questo concetto Papa Francesco è tornato a parlare questa mattina, venerdì 13 settembre, nella messa celebrata nella cappella di Santa Marta. Commentando le letture del giorno, tratte dalla lettera a Timoteo (1,1-2.12-14) e dal Vangelo di Luca (6,39-42), il Pontefice ha posto in evidenza come il Signore – dopo aver proposto, nei giorni scorsi atteggiamenti quali la mitezza, l'umiltà e la magnanimità – «oggi ci parla del contrario», ovvero di un «atteggiamento odioso verso il prossimo», quello che si ha quando si diventa «giudici del fratello».

Papa Francesco ha ricordato l'episodio evangelico nel quale il Gesù rimprovera colui che pretende di togliere la pagliuzza dall'occhio dell'altro senza vedere la trave che è nel suo. Questo comportamento, il sentirsi perfetti e quindi in grado di giudicare i difetti degli altri, è contrario alla mansuetudine, all'umiltà di cui parla il Signore, «a quella luce che è tanto bella e che è nel perdonare». Gesù, ha evidenziato il Santo Padre, usa «una parola forte: ipocrita». E ha sottolineato: «Quelli che vivono giudicando il prossimo, parlando male del prossimo sono ipocriti.Perché non hanno la forza, il coraggio di guardare ai propri difetti. Il Signore non dice su questo tante parole. Poi, più avanti dirà: colui che ha nel suo cuore l'odio contro il fratello è un omicida. Lo dirà. Anche l'apostolo Giovanni lo dice molto chiaramente nella sua prima lettera: chi odia il fratello cammina nelle tenebre. Chi giudica suo fratello è un omicida». Dunque, ha aggiunto, «ogni volta che giudichiamo i nostri fratelli nel nostro cuore, o peggio quando ne parliamo con gli altri, siamo cristiani omicidi». E questo «non lo dico io, ma lo dice il Signore», ha precisato aggiungendo che «su questo punto non c'è posto per le sfumature: se parli male del fratello uccidi il fratello. E ogni volta che facciamo questo imitiamo il gesto di Caino, il primo omicida».
Ricordando quanto in questi giorni si parli delle guerre che nel mondo provocano vittime, soprattutto tra i bambini e costringono molti a fuggire in cerca di un rifugio, Papa Francesco si è chiesto come sia possibile pensare di avere «il diritto di uccidere» parlando male degli altri, di scatenare «questa guerra quotidiana delle chiacchiere». Infatti, ha detto, «le maldicenze vanno sempre nella direzione della criminalità. Non ci sono maldicenze innocenti. E questo è Vangelo puro». Dunque «in questo tempo che chiediamo tanto la pace è necessario forse un gesto di conversione». E ai “no” contro ogni tipo di arma diciamo «no anche a questa arma» che è la maldicenza perché «è mortale». Citando l'apostolo Giacomo il Papa ha ricordato che la lingua «è per lodare Dio». Ma, ha aggiunto, «quando usiamo la lingua per parlare male del fratello e della sorella la usiamo per uccidere Dio» perché l'immagine di Dio è nel nostro fratello, nella nostra sorella; distruggiamo «quella immagine di Dio»...

  Dalle chiacchiere malevole all'amore verso il prossimo

 
video



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Sei mesi fa veniva eletto Papa Francesco. Sei mesi intensi, segnati da decisioni forti, prima tra tutte lo spostamento della residenza pontificia dal Palazzo apostolico a Santa Marta, da dove quotidianamente ci giungono i commenti del Papa sulla Messa del giorno. E poi il progetto di Riforma della Curia Romana e – sulla scia di Benedetto XVI – l’opera di trasparenza finanziaria delle attività economiche vaticane. Ma quali sono le principali novità di questo pontificato? Sergio Centofanti lo ha chiesto al direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi

  RADIO VATICANA:  Sei mesi fa l'elezione di Papa Francesco, il commento di padre Lombardi

Sono passati sei mesi dall’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio alla Cattedra di Pietro, avvenuta il 13 marzo scorso. Un periodo breve eppure intensissimo tanto che, per sentire comune, sembra che Papa Francesco sia con noi da un tempo molto più lungo e sia ormai una figura familiare. E’ questa un’opinione condivisa anche da Gianni Valente, collega dell’agenzia “Fides” legato a Jorge Mario Bergoglio da una lunga amicizia. Alessandro Gisotti lo ha intervistato

  RADIO VATICANA:  Sei mesi con Papa Francesco. Gianni Valente: sta portando al mondo la tenerezza di Dio

Dalla sua elezione niente è stato più come prima. I media si contendono le sue immagini, gli ascolti si impennano. Parole semplici, contatto continuo con i fedeli e la gente ha di nuovo fiducia: il sondaggio Demopolis

  REPUBBLICA:  La rivoluzione di Francesco

Francesco, incontrando don Dario Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano, ha spiegato: «Dica ai giornalisti che le mie telefonate non sono una notizia. E meno male che non sanno le altre»

  Antonio Sanfrancesco:  E il Papa rivela: «Non sanno tutte quelle che ho fatto»



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