"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°49 del 2013

Aggiornamento della settimana

- dal 30 novembre al 6 dicembre 2013 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 13 dicembre 2013          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

    di P. Gregorio Battaglia
  di P. Aurelio Antista
  di P. Alberto Neglia

 
N. B. La Lectio è temporaneamente sospesa



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 








Ricordando
Nelson Mandela


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Nelson Mandela è morto. Ne ha dato notizia il presidente del Sudafrica Jacob Zuma in un messaggio in diretta alla nazione.
‘’Voglio ricordare con semplici parole la sua umiltà, la sua grande umanità per la quale il mondo intero avrà grande gratitudine per sempre’’.

 
Addio Madiba...

  Un vincitore è spesso...
  La pace non è un sogno...
  L'educazione è il grande motore...

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NELSON MANDELA: SONO NATO LIBERO



NELSON MANDELA: 
SONO NATO LIBERO

Non sono nato con la sete di libertà. Sono nato libero, libero in ogni senso che potessi conoscere. Libero di correre nei campi vicino alla capanna di mia madre, di nuotare nel limpido torrente che scorreva attraverso il mio villaggio, di arrostire pannocchie sotto le stelle, di montare sulla groppa capace dei lenti buoi. 
Finché ubbidivo a mio padre e rispettavo le tradizioni della mia tribù, non ero ostacolato da leggi divine né umane. Solo quando ho scoperto che la libertà della mia infanzia era un’illusione,che la vera libertà mi era già stata rubata, ho cominciato a sentirne la sete. Dapprima, quand’ero studente, desideravo la libertà perme solo, l’effimera libertà di stare fuori la notte, di leggere ciò che mi piaceva, di andare dove volevo. 
Più tardi, a Johannesburg, quand’ero un giovane che cominciava a camminare sulle sue gambe, desideravo le fondamentali e onorevoli libertà di realizzare il mio potenziale, di guadagnarmi da vivere, di sposarmi e di avere una famiglia, la libertà di non essere ostacolato nelle mie legittime attività. 
Ma poi lentamente ho capito che non solo non ero libero, ma non lo erano nemmeno i miei fratelli e sorelle
...

Adesso mi sono fermato un istante per riposare, per volgere lo sguardo allo splendido panorama che mi circonda, per guardare la strada che ho percorso. Ma posso riposare solo qualche attimo, perché assieme alla libertà vengono le responsabilità, e io non oso trattenermi ancora: il mio lungo cammino non è ancora alla fine.

Nelson Mandela


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«Il mio Sudafrica senza Mandela»


«Il mio Sudafrica senza Mandela»

Padre Sean O'Leary, missionario irlandese dei Padri Bianchi e direttore delDenis Hurley Peace Institute di Pretoria, ha un ricordo speciale di Nelson Mandela, che ha incontrato più volte nel corso della sua lunga permanenza in Sudafrica. È una di quelle storie minime che dicono la grandezza di un uomo. Un uomo speciale, prima ancora che un grande statista.
«Ho incontrato Nelson Mandela molte volte - ci racconta padre O'Leary -. La prima, nella sua casa di Soweto, quattro giorni dopo il suo rilascio dalla prigione. Ci teneva a confrontarsi con i leader della Chiesa su come stavano andando le trattative e, in quell'occasione, mi era stato chiesto di rappresentare la Chiesa cattolica. Cosa che avrei fatto poi altre volte e lui sempre si è ricordato il mio nome».
«Quella prima volta - ricorda il missionario - sono arrivato in anticipo e ho così trascorso mezz'ora da solo con Mandela. Che mi confidò una storia che lo divertiva molto. Parlavamo del Natale e mi disse di come era contento di poter avere i suoi nipoti tutti con sé. E mi raccontò di come, la vigilia del 1994, si rese conto di non avere niente da regalare ai bambini. Allora quel pomeriggio telefonò a un'azienda che produceva cioccolato per fare un ordine. Ma la persona all'altro capo del telefono non credette che si trattava di Nelson Mandela e pensando che fosse uno scherzo riattaccò il telefono. Chiese dunque a una guardia del corpo di chiamare un'altra azienda e di chiedere del manager. Alla fine riuscì a convincerlo a inviare un furgone con il cioccolato all'ufficio di presidenza e caricò tutti i cioccolatini in macchina. Insistette per pagare, ma quando l'autista gli diede la fattura realizzò di non avere denaro con sé e dunque fu costretto a chiederlo in prestito alla guardia del corpo. Mandela rideva di gusto raccontandomi questa storia!».
Secondo padre O'Leary questo aneddoto rivela molto della personalità di Mandela: la sua umanità, la sua simpatia, la sua positività... Ma dice anche il grande amore e l'attenzione dello statista sudafricano per i bambini, che sono sempre stati una priorità, sia a livello personale che come uomo di Stato, impegnato a costruire un Paese nuovo e diverso. «La cosa più importante che ho perso in prigione - mi disse una volta - è la vista dei bambini e il suono della loro risata», ricorda il missionario...

  «Il mio Sudafrica senza Mandela»



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“La sua vita è stata un lungo cammino verso la libertà”: così padreEfrem Tresoldi, direttore della rivista dei comboniani “Nigrizia”, ricorda Nelson Mandela, simbolo della lotta dell’Africa nera contro l’apartheid in Sudafrica, morto ieri a 95 anni. Padre Tresoldi ha vissuto vent’anni in Sudafrica come missionario e, per un lungo periodo ha rivestito il ruolo di portavoce della Conferenza episcopale dell’Africa meridionale, che riunisce Sudafrica, Botswana e Swaziland. Ha incontrato personalmente Mandela un paio di volte: nel settembre 1990 a Roma dopo la sua liberazione dal carcere e in Sudafrica nel 1998. “Sprigionava enorme vitalità - così lo racconta al Sir -. Mi ha colpito la sua forza morale e la sua attenzione alla persona. Nonostante abbia incontrato centinaia di migliaia di persone, dava all’interlocutore l’impressione di essere al centro e di volere una risposta da lui”.

  Patrizia Caiffa:   Un uomo libero che ha donato libertà a un popolo intero

“La più grande eredità che ci lascia Nelson Mandela è il perdono e la riconciliazione”. “Gli siamo grati perché ha portato la pace in Sudafrica”. I cattolici sudafricani piangono la morte di Madiba insieme a tutta la popolazione e lamentano “un forte senso di perdita”. Ma trarranno frutto dalla sua lezione per portare avanti l’impegno contro l’ingiustizia e l’oppressione. Lo dice al Sir monsignor Stephen Brislin, arcivescovo di Capetown e presidente della Conferenza episcopale dell’Africa meridionale.

  Patrizia Caiffa:   L'eredità di Madiba: il perdono e la riconciliazione

Ha sconfitto il razzismo in Sudafrica ma ha sempre rifiutato di essere un’icona: «Non sono un santo»

  Domenico Quirico:   Nelson Mandela, il prigioniero che ha insegnato il perdono al mondo

Ci sono persone che già in vita  hanno meritato di essere riconosciuti come pilastri della storia  mondiale sul piano della  statura morale e dell’impegno in favore degli altri.  È  stato così per  Madiba, il nome tribale affettuoso con il quale il suo popolo chiamava Mandela,  che ha speso la sua esistenza  prima nella  lotta contro l’apartheid e per la libertà per il suo popolo e poi nello sforzo di costruire pace e riconciliazione, senza piegarsi mai  alle ingiustizie né alla sofferenza privata che pure non lo ha risparmiato.
Ma la sua non è stata una vicenda solo personale e neppure solo nazionale.  Le decisioni giunte da tutto il mondo, a partire dal   presidente statunitense Barack Obama e dall’Unione europea, di mettere bandiere a mezz’asta è espressione significativa di un lutto universale.

  Pierluigi Natalia:   Una vita per la libertà, la giustizia e la pace - La lezione di Madiba

Papa Francesco ha espresso il proprio cordoglio per la morte di Nelson Mandela avvenuta ieri, giovedì 5 dicembre, in un telegramma inviato al presidente della Repubblica del Sud Africa, Jacob Zuma. Eccone la nostra traduzione italiana.

  L'OSSERVATORE ROMANO:   Telegramma di Papa Francesco per la morte di Nelson Mandela - L'esempio del presidente

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«Evangelii Gaudium»


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Mons. Bruno Forte e l'Esortazione Apostolica "Evangelii Gaudium"


Dopo la riflessione sulla fede proposta nell'Enciclica Lumen fidei, Papa Francesco presenta una sorta di manifesto programmatico del suo pontificato nell'Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, pubblicata a poco più di un anno dal Sinodo sulla nuova evangelizzazione, a conclusione dell'Anno della Fede (24 Novembre 2013): «In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata dalla gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni» (n. 1). Motivo dominante di questo testo è appunto la gioia che, nell'auspicio del Vescovo di Roma, dovrà caratterizzare la vita e la missione della comunità ecclesiale nel tempo complesso in cui ci troviamo, oltre la crisi delle ideologie e l'insorgere della cosiddetta "modernità liquida", priva di certezze e di orizzonti comuni. La ragione di questa scelta è così espressa: «Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (n. 2). A questo male dell'anima si offre come antidoto la gioia che l'incontro con Cristo può dare: «È la gioia che si vive tra le piccole cose della vita quotidiana, come risposta all'invito affettuoso di Dio nostro Padre: "Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene … Non privarti di un giorno felice" (Sir 14,11.14)». Francesco commenta: «Quanta tenerezza paterna s'intuisce dietro queste parole!» (n. 4). Emerge qui un primo tratto della riflessione proposta dal Papa: un senso di larga, profonda, delicata umanità. Con la voce di Francesco è la Chiesa del Vaticano II a parlare, tutt'altro che dirimpettaia del mondo, vicina alle gioie, ai dolori e alle speranze degli uomini, ricca della fede nel suo Signore. Non per questo il Papa ignora la contro-testimonianza resa a volte dai credenti o la serietà delle sofferenze di tanti: ma la gioia del Vangelo resta più forte, perché è radicata nell'amore di Colui, che non lascia mai solo chi in lui confida...

  «No» all'economia dell'esclusione di Bruno Forte

Grande risonanza ha avuto in tutto il mondo la pubblicazione dell’Esortazione apostolica di Papa Francesco “Evangelii Gaudium”, sul tema dell’annuncio del Vangelo nel mondo attuale. Sergio Centofanti ha raccolto il commento di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e segretario speciale del Sinodo che si terrà nell’ottobre 2014 su “Le sfide della famiglia nel contesto della evangelizzazione”

  Mons. Bruno Forte: "Evangelii Gaudium", una Chiesa che accorcia le distanze, amica degli uomini

Vedi anche il nostro precedente post:

  «Evangelii Gaudium» - Con la gioia del Vangelo una chiesa povera che si fa evangelizzare dai poveri


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"La primavera della chiesa" il commento di Enzo Bianchi all'esortazione Apostolica "Evangelii Gaudium"


"La primavera della chiesa"
di Enzo Bianchi


Papa Francesco ci ha donato senza troppe dilazioni l’esortazione post-sinodale secondo i voti dei padri del Sinodo sulla nuova evangelizzazione (ottobre 2012), al quale ho partecipato come esperto chiamato da Benedetto XVI. L’evangelizzazione vi è presentata nell’ottica della gioia cristiana, perché il Vangelo è sempre un gioioso annuncio.
Nel testo vi sono sì echi delle proposizioni del Sinodo, come testimoniato dalle note, ma non solo lo stile resta diverso dal genere letterario delle esortazioni post-sinodali del passato, ma anche i contenuti rispondono soprattutto alla visione di papa Francesco, alla sua lettura dell’attuale situazione della chiesa nel mondo, al suo programma di ministero petrino iniziato ormai da nove mesi, alla sua sollecitudine di pastore. I temi affrontati sono molti e il linguaggio e il pensiero sono quelli già enunciati in molte occasioni o rinvenibili nel suo magistero di arcivescovo di una chiesa giovane, appartenente al mondo periferico e lontano rispetto all’antica cristianità europea. 
Innanzitutto è riaffermato ancora una volta il primato del perdono di Dio, perdono che non si deve meritare ma solo accogliere come un dono che Dio rinnova settanta volte sette (cf. Mt 18,22), affinché noi uomini e donne – operatori di male anche se non lo vogliamo – possiamo alzare il capo e ricominciare con speranza la sequela del Signore. Se davvero il cristianesimo è “un andare di inizio in inizio per inizi che non hanno fine” (Gregorio di Nissa), allora la vita cristiana è gioiosa, sa sperare anche nella disperazione, sa cercare un rinnovamento contro ogni vecchiezza. Qui papa Francesco si fa “servitore della gioia dei credenti” (Paolo VI) e riesce a ridare forza alla fede come convinzione, a ridare slancio alla corsa del Vangelo nel mondo.
Ma il vescovo di Roma pone anche dei limiti alla sua esortazione: è rivolta a tutta la chiesa, ma non ambisce a dire tutto, né pretende di essere esaustiva. Per questo rinuncia a trattare in modo specifico molti temi che abbisognano di approfondimento da parte delle singole chiese. Il papa non vuole sostituirsi agli episcopati delle chiese nel discernimento dei problemi né nell’indicazione della loro soluzione: non a caso, nelle note appaiono – dato inconsueto per un documento papale – testi di alcune conferenze episcopali. La voce del papa non esaurisce quelle dei vescovi né le copre: già questo è un principio di decentralizzazione che instaura la possibile sussidiarietà ecclesiale in virtù della quale molti compiti possono essere svolti dai vescovi e non devono essere riservati al pontefice e alla curia romana che lo assiste.
Se questi sono i punti presenti nell’esordio, il papa passa poi a delineare la riforma della chiesa e a indicare la modalità, lo stile della sua testimonianza nel mondo. Tra i tanti temi faccio un discernimento, soffermandomi sui punti più decisivi e, per molti aspetti, contenenti una certa novità: la conversione del papato, la gerarchia delle verità, il senso dei limiti ecclesiali e la mondanità. Certo, grande spazio prende il tema della povertà della chiesa e della sua azione per i poveri del mondo, i primi clienti di diritto della parola di Dio, ma per ora non approfondiamo questo aspetto, apparso cocente, bruciante fin dall’inizio di questo pontificato.
...
Dunque l’entusiasmo per papa Francesco è grande e non va spento, ma occorre restare vigilanti e soprattutto essere consapevoli che, se il papa non è aiutato dai vescovi, dai presbiteri e dal popolo, non riuscirà a fare nessuna riforma. Le riforme hanno bisogno della conversione e del sostegno del popolo di Dio, non possono essere compito di uno solo. Papa Francesco avrà contro soprattutto il vento delle potenze avverse, perché dovrà faticosamente intrecciare le riforme ecclesiali con il principio sinodale. E come ogni profeta sarà più ascoltato – come è avvenuto per il Battista e per Gesù – da quelli che si riconoscono peccatori, “pubblicani e prostitute” (cf. Mt 21,2; Lc 7,34; 15,1), “samaritani e stranieri” (cf. Lc 17,38; Gv 4,39-40), piuttosto che da quelli di casa sua.
Mi diceva Hans Urs von Balthasar: “La chiesa ha conosciuto poche primavere, sempre interrotte da gelate repentine”. Apprestiamo tutto perché questa primavera sbocci e dia i suoi frutti.

  "La primavera della chiesa" di Enzo Bianchi

Vedi anche il nostro precedente post:

  «Evangelii Gaudium» - Con la gioia del Vangelo una chiesa povera che si fa evangelizzare dai poveri



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I NOSTRI TEMPI



«Qui è un far west». Le parole del procuratore di capo di Prato, Piero Tony fotografano una realtà che da queste parti è conosciuta fin troppo, quella dei nuovi schiavi cinesi nelle confezioni tessili. «Un’insostenibile illegalità e sfruttamento», come l’ha definita il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano scrivendo al presidente della Regione Enrico Rossi. Quello che, in queste proporzioni, da queste parti, non si era mai visto è la tragedia che si è consumata alle prime ore di domenica mattina.

  Damiano Fedeli:  Prato, i nuovi schiavi cinesi

Il vescovo Franco Agostinelli ha preso posizione sulla morte di sette cinesi: "Basta! A situazioni di lavoro non degne dell’uomo e delle conquiste sociali; all’illegalità, che troppo spesso combina insieme gli interessi immorali di molti pratesi e le attività disinvolte di tanti imprenditori cinesi; allo sfruttamento della manodopera immigrata cinese, anche quando assume i connotati dell’autosfruttamento"

  Damiano Fedeli:  E' ora di dire "basta!" Alza la voce la Chiesa di Prato

Nelle fabbriche della cinatown più grande d’Europa, i cinesi ci vivono. Sono luoghi inaccessibili per gli altri. Monitorati dall’esterno da telecamere a circuito chiuso. Se bussate non risponde nessuno. Eppure si sente il lavorio frenetico delle persone. Se bussate con più insistenza i macchinari rallentano o, comunque, diminuisce il rumore. Dalle spalle vedete spuntare un gruppo di due o tre cinesi. Non riuscite a capire da dove. Non fanno niente, vi osservano. E continuano ad osservarvi finché non andate via. In alcuni casi vi seguono e vi scortano per un po’ di strada finché non siete lontani abbastanza.
INFERNO E CONTANTI - Partecipiamo a un blitz notturno del comando provinciale della Guardia di Finanza di Prato...
Da lì non si esce. Mai. Nemmeno la luce del sole si vede. Mai. Le vetrate sono ricoperte da strati di cellophane nero. Dall’esterno non si deve vedere niente. Anche le finestre sono sempre chiuse, d’estate come d’inverno. Bisogna fare il minimo rumore. Nell’aria sale e scende la fuliggine provocata dal cotone che incessantemente passa sotto i macchinari. Sembra neve. Se ne trova a batuffoli sulle cucitrici, per terra, sugli abiti. Ma anche nei capelli degli operai, sulla loro pelle. La respirano 24 ore.

  CORRIERE DELLA SERA:  Prato, la tragedia annunciata: così si muore per 40 centesimi a vestito (testo+video)

Che cosa hanno fatto i sindacati, le associazioni degli industriali e di categoria, le forze dell’ordine, le istituzioni per prevenire un dramma come quello di Prato, dove in una fabbrica condotta da cinesi sette persone sono state cremate vive da un rogo scoppiato durante la notte? È il tragico quesito che si sono posti tutti dopo la strage al Macrolotto, la nuova zona industriale della cittadina toscana.

  Paolo Savatore Orrù:  Il sindacalista: "Cinesi schiavi a Prato? Tutti sanno ma la manodopera serve anche alle grandi griffe"


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FEDE E
SPIRITUALITA'

 

LA VITA CRISTIANA COME CAMMINO

HOREB n. 65 - 2/2013


TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI

È sempre bello partecipare della gioia di un bambino che, dopo aver gattonato per settimane, finalmente, tenuto per mano dai genitori, riesce a stare in piedi e a muovere i primi passi. Gli brillano gli occhi e grida di gioia, poi, quando scopre che può camminare da solo, da quel momento si sente libero di esplorare le cose che lo circondano. 

Il camminare è davvero un’esperienza connaturale all’uomo, egli è un essere itinerante, “homo viator”, secondo l'espressione di G. Marcel. Sempre in cammino non solo in senso geografico spaziale, desideroso, cioè, di lasciare un determinato luogo per raggiungere e conoscere nuove realtà, ma in cammino verso il raggiungimento della sua pienezza. 

Il bambino è chiamato gradualmente a crescere a misurarsi con i piccoli e grandi eventi, a prendere decisioni a confrontarsi con gli altri, a diventare adulto. Nel tessuto del mondo, la vita dell'uomo è una grande avventura, che conosce percorsi agevoli, lieti ma anche momenti di perplessità, arresti, crisi, desiderio di tornare indietro, ma proprio attraverso queste fasi egli cresce negli anni, e anche matura umanamente e spiritualmente. 

Il camminare, esigenza fondamentale dell’uomo, è già evidenziata dalla Bibbia che, prima di tutto, ci mostra lo stesso Dio in cammino e, poi, evidenzia che il Vivente coinvolge l’uomo nel suo cammino. 

Il profeta Michea, per esempio, annota che camminare umilmente con Dio è una delle dimensioni inseparabili che configurano l’esperienza umana e spirituale dell’uomo: «Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio» (Mi 6,8). 

Il “camminare con Dio” esprime sia il dinamismo dell’esistenza umana sia il fondamento dell’esperienza di fede, cioè la conoscenza e l’esperienza di Dio. 

E Dio, in Gesù, si è fatto umano, compagno di viaggio di ogni uomo che lo accoglie. Lui, la “Via”, ci educa ad uscire dalla caverna egoica che rende ciechi e immobili, ci strappa da una logica mondana e di potere, ci apre orizzonti sempre nuovi e scopriamo che il viaggio della vita non lo facciamo da soli, ma assieme a tante altre persone che non sono nemici o estranei, ma fratelli. Essi sono la soglia dove ogni uomo comincia veramente a vivere. ...


Questo l'incipit dell'Editoriale di Horeb, Quaderni di riflessione e formazione per quanti desiderano coltivare una spiritualità che assuma e valorizzi il quotidiano.



   Editoriale (pdf)

   Sommario (pdf)


E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it



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Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto

I MERCOLEDÌ DELLA SPIRITUALITÀ - 2013


Dal 16 Ottobre al 4 Dicembre

Sala del Convento
dalle h. 20.00 alle h. 21.00

IL SANGUE DEI MARTIRI

SEME DI NUOVI CRISTIANI

   Programma (pdf)

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  Ma che cosa avrà messo in moto...
  Riscopriamo la bellezza di essere tutti in cammino...
  ... Scommettiamo sulla speranza...
  Il tempo di Avvento...
  Un cristiano deve fare...
  I bambini hanno molto da insegnare...
  Quali i piccoli che anche oggi...
  Cos'è la misericordia?...
  Ricordiamo sempre...
  Gesù viene in questo tempo...
  Siamo in cammino verso la Resurrezione...
  E' sulla sabbia che costruisce...
  Ci illudiamo di conoscere il Signore...
  La luce è venuta nel mondo...



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  SANT'ANDREA APOSTOLO (video)

  SAN NICOLA (video)



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Ricordiamo Charles de Foucauld ucciso il 1° dicembre 1916

  Padre mio, io mi abbandono a Te...


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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO

"Io non prego per il mondo
ma per coloro che tu
mi hai dato, perché sono tuoi".
(Giovanni 17,9)



  Gianfranco Ravasi:   Perché Gesù dice: «Non prego per il mondo»?



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RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino

Vangelo: Mt 24,37-44

«Quanto a quel giorno e all'ora nessuno lo sa, né gli angeli dei cieli né il Figlio ma il Padre soltanto». E' il versetto 36 che precede il brano del Vangelo di questa Domenica e che ci aiuta a comprenderlo meglio. Se, riferendosi alla fine di Gerusalemme, Gesù aveva detto che «non passerà questa generazione prima che tutto questo accada» (Mt 24,34), riferendosi alla fine di ognuno di noi il Signore si rimette al Padre, associando la sua proposta di salvezza a quella di Noè e indicando come soluzione un cambio di vita, una umanità cresciuta, più matura, una salvezza altra per una umanità altra, rinnovata dalla scelta delle dinamiche del Regno.
...


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Salvami - Omelia di don Angelo Casati nella 1ª Domenica di Avvento


Omelia di don Angelo Casati 

nella 1ª Domenica di Avvento
Anno A - 1 dicembre 2013


Is 2, 1-5
Sal 121
Rm 13, 11-14
Mt 24, 37-44



La venuta del Signore è come quella del ladro. L'accostamento è inquietante e, in qualche misura, sembra anche irriguardoso. Quasi dissacrante del volto del Signore. Ma, voi lo intuite, è solo per dire che la visita di Dio è, come afferma Gesù, nell'ora che non immaginiamo.
E così la vigilanza, la vigilanza cui siamo richiamati, proprio perché non sappiamo il giorno né l'ora, va distesa su tutta la vita. Non un istante su cui accendere l'attenzione. No, l'attenzione su tutta la vita: svegli, svegli e lucidi, su tutta la vita.
Perchè la venuta, dice Gesù nella pagina di Matteo, sarà come ai tempi del diluvio. È interessante notare come l'evangelista Matteo, riferendosi al tempo del diluvio, non accenni, come invece fa il libro della Genesi, alla malvagità e alla violenza di quella generazione. Scrive il libro della Genesi: "La malvagità era grande sulla terra, ogni disegno concepito nel cuore non era altro che male, la terra per causa loro era piena di violenza".
Ebbene la generazione del diluvio, nella redazione del vangelo di Matteo, non viene rimproverata per la sua malvagità e violenza. Fa cose, diremmo, normali, fa le cose che fanno tutti, le cose che appartengono al nostro vivere quotidiano: "Mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito". Il rimprovero dunque non può essere evidentemente per queste cose, ma è per quello che segue. È scritto: "E non si accorsero di nulla, finché non venne il diluvio e inghiottì tutti".
È una generazione che non si accorge di nulla. Che non ha attenzione e lucidità. È inghiottita dagli eventi. Rimproverata è questa indifferenza, questa incoscienza. Vivere, ma senza sospetto, senza discernimento. Senza interrogazione. Senza interrogazione profonda.
Vedete, noi siamo stati educati a guardarci dalla malvagità e dalla violenza. E non sempre ce ne siamo guardati. Non siamo stati educati invece, o lo siamo stati meno, a guardarci dal sonno dello spirito: "Svegliamoci" diceva oggi Paolo "dal sonno", dall'indifferenza, dalla cecità. Di qui questo non accorgersi di nulla, questo non interrogarci sulle questioni fondamentali, questo essere trascinati dagli eventi, risucchiati dal trantran delle cose.
"Mangiavano, bevevano, prendevano moglie e marito". E così anche le cose serie come mangiare e bere, prendere moglie e marito possono essere a tal punto idolatrate da occupare tutto il cuore, tutto il da fare della vita. Non c'è altro. Sommersi!...

  omelia di don Angelo nella 1ª Domenica di Avvento


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"Ricordando Etty Hillesum



Il 30 novembre saranno settant’anni dalla morte di Etty Hillesum, ebrea olandese di 29 anni vittima dell’Olocausto a Auschwitz. Settant’anni non sono pochi per la memoria degli uomini, e molti grandi nomi, dopo un tale lasso di tempo, sono dimenticati. Etty Hillesum invece, di cui quasi niente si sapeva nel’immediato dopoguerra, conosce con il suo Diario e le sue Lettere una sorta di nuova vita; capace com’è di sedurre e affascinare lettori di oggi, che anagraficamente potrebbero essere suoi nipoti e che pure trovano in lei, singolarmente, una contemporanea, con le stesse domande e le stesse speranze nel cuore. Infatti da poco Adelphi ha pubblicato la edizione integrale del Diario e in questi giorni esce l’integrale delle Lettere, mentre fino a ora in Italia si erano lette solo edizioni parziali.
Già sufficienti, comunque, per suscitare con un passaparola fra lettori, e più ancora lettrici, quello che si potrebbe definire un innamoramento per la Hillesum. Nata nel 1914 in Olanda, Etty cresce in una famiglia ebrea borghese, colta e non praticante. Nel 1941, quando inizia a scrivere il suo Diario, è una studentessa universitaria vivace, innamorata di Rilke e Dostoevskij, dimentica dei precetti ebraici e padrona, come lei stessa scrive, «di una vita libera e sregolata». ..

  La seconda vita di Etty

Guarda anche i nostri precedenti post:
  • "Etty Hillesum. Diventare più umani" di Aurelio Antista -30.10.2013 (VIDEO-incontro integrale)
  • "Etty Hillesum. Diventare più umani" di Aurelio Antista - 06.11.2013 (VIDEO-incontro integrale)


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Etty Hillesum - UN ARDORE ELEMENTARE Tra le baracche e il fango (video)


Uomini e Profeti
Monografie | RAI Radio 3
Etty Hillesum
Diari 1941-1943

UN ARDORE ELEMENTARE
Tra le baracche e il fango

«...e perché talvolta posso essere cosi' colma di vastità... quella vastità che non è poi nient'altro che il mio essere ricolma di te... )( ...certo restiamo sempre più impoveriti, ma io mi sento ancora cosi' ricca, che questo vuoto non mi è entrato veramente dentro... Vivere pienamente verso l'esterno come verso l'interno, non sacrificare nulla della realtà esterna a beneficio di quella interna, e viceversa. Questo è il compito che voglio considerare per me stessa...» (Etty Hillesum, Diari 1941-1943)

Parte 1/3 | Sul ruvido tappeto di cocco

  video

«...continuerò a lavorare con la stessa convinzione... Tutto è in me come un unico potente insieme e come tale lo accetto e comincio a capirlo sempre meglio anche se ancora non riesco bene a spiegarlo agli altri... )( ...Continuerò la mia vita dove essa è rimasta interrotta, io ho il dovere di vivere nel modo migliore e con la massima convinzione sino all'ultimo respiro. Allora chi verrà dopo di me non dovrà più cominciare tutto daccapo e con tanta fatica... )( ...E quasi a ogni battito del mio cuore cresce la mia certezza. Tu non puoi aiutarci. E tocca a Noi aiutare Te, difendere fino all'ultimo la Tua casa in Noi...» (Etty Hillesum, Diari 1941-1943)

Parte 2/3 | Aiutare Dio

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«...Non si tratta, infatti, di conservare questa vita a ogni costo, ma di come la si conserva. Se noi.. non sapremo offrire al mondo impoverito... nient'altro che i nostri corpi salvati a ogni costo e non un nuovo senso delle cose attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione, allora non basterà! Dai campi stessi dovranno irraggiarsi nuovi pensieri, nuove conoscenze dovranno portar chiarezza oltre i recinti di filo spinato e congiungersi con quella stessa chiarezza che là fuori ci si deve ora conquistare con altrettanta pena... )( ...Ora solo mi rendo conto di quanto Tu mi abbia dato da portare, tante cose belle e tante cose difficili. E quelle difficili si sono trasformate in belle ogni volta che sono stata disposta a sopportarle. Pensare che un piccolo cuore umano possa provare cosi' tanto, possa soffrire e amare a tal punto! Ti sono cosi' riconoscente perché hai scelto proprio il mio cuore, di questi tempi, per fargli sopportare tutto quanto...! Bisogna saper sopportare i tuoi misteri, Dio!... )( Ho amato tanto la vita, quando ero seduta a questa scrivania ed ero circondata dai miei scrittori, dai miei poeti e dai miei fiori, e là, tra le baracche popolate da uomini scacciati e perseguitati ho trovato la conferma di questo amore! Laggiù ho toccato con mano che ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo lo rende ancora più inospitale e credo anche, forse un po' ingenuamente ma, ostinatamente, che questa Terra potrebbe diventare un po' più abitabile solo grazie a quell'amore, di cui l'ebreo Paolo scrisse agli abitanti di Corinto nel 13° cap. della sua lettera: "Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l'amore, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna, e se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e possedessi la pienezza della fede, cosi' da trasportare le montagne, ma non avessi l'amore, non sono nulla! E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi l'amore, niente mi giova! L'amore è paziente, è benigno l'amore, non è invidioso l'amore, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto..." )( ...Questo amore è come un ardore elementare che alimenta la vita. Maria cara, qui di amore non ce n'è molto, eppure mi sento indicibilmente ricca, e non saprei spiegarlo a nessuno!...» (Etty Hillesum, Diari 1941-1943)

Parte 3/3 | Eppure la vita!

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Don Tonino Bello, conclusa fase diocesana di canonizzazione - la sua croce donata a Papa Francesco (testi e video)


Nella cattedrale di Molfetta, con una concelebrazione eucaristica presieduta, come in occasione della Prima sessione pubblica del Tribunale avvenuta il 30 aprile 2010, dal cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, si è conclusa la fase diocesana del processo di canonizzazione di don Tonino Bello scomparso 20 anni fa. Alla celebrazione, presenti tra gli altri il vescovo di Molfetta mons. Luigi Martella e il Postulatore della causa mons. Agostino Superbo, arcivescovo di Potenza, hanno partecipato centinaia di fedeli provenienti anche dalla diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca. Don Tonino Bello è sepolto infatti ad Alessano, in provincia di Lecce, sua città natale.
Le casse contenenti la documentazione e le testimonianze (60) sulle virtù di don Tonino Bello, chiuse e sigillate, saranno consegnate a Roma alla Congregazione delle Cause dei santi. La Congregazione controllerà la correttezza delle procedure e della documentazione, nominando un relatore della causa che elaborerà la 'Positio super virtutibus' di don Tonino Bello, una sorta di dossier che attesti e dimostri ragionevolmente le presunte virtù eroiche. 
Una commissione di teologi, detta Congresso dei teologi, esaminerà la 'positio' e, se non ci saranno ostacoli di natura teologica o morale, emetterà un parere favorevole, al quale seguirà una riunione di cardinali e vescovi della Congregazione. Al termine della riunione il Papa potrà accogliere il parere e dichiarare la venerabilità dell'ex vescovo di Molfetta.
Per la fase successiva, cioè la beatificazione, dovrà essere riconosciuto un miracolo attribuito all'intercessione dello stesso don Tonino. Anche per questo si dovrà procedere con apposita inchiesta diocesana supportata da una commissione di medici, al termine della quale, se affermativa, il Papa proclamerà il Beato, stabilendo una data della memoria nel calendario liturgico. (fonte: Repubblica-Bari)

  il testo integrale dell'INTERVENTO INTRODUTTIVO ALLA CELEBRAZIONE DELLA CHIUSURA DELLA FASE DIOCESANA DEL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE DI DON TONINO BELLO di S.E. Mons. LUIGI MARTELLA

  video della registrazione integrale della cerimonia

Un sentimento di grande gioia pervade tutti noi per questa tappa raggiunta: poco più di tre anni per raccogliere tutti i documenti e le testimonianze necessarie a confermare la santità di don Tonino Bello.
Molte cose sono state dette e scritte, a proposito e a sproposito: si voleva introdurre la causa? Non si voleva? Era necessario? Troppo tempo? Ne faremo un santino? Lo ingesseremo in una nicchia o su un piedistallo? E non sono mancati strattonamenti del suo pensiero e della sua testimonianza, qualche volta branditi contro questo o quello.
Non indugiamo su queste considerazioni; la data del 30 novembre 2013, dopo quella del 30 aprile 2010, saranno segnate a caratteri cubitali nella storia della nostra diocesi come in quella di Ugento-Santa Maria di Leuca, mentre da ormai 30 anni il segno di don Tonino vescovo è impresso indelebilmente nella vita e nei cuori di ciascuno di noi. Adesso, questo dono di fede che abbiamo ricevuto viene consegnato alla Chiesa universale e a lei ci affidiamo colmi di speranza per le fasi successive...

  Benedici noi, don Tonino!

La croce di don Tonino indossata da Papa Francesco: "Si può fare, si farà".
L'hanno donata al pontefice i due fratelli del «vescovo della pace». E Francesco ha assicurato: «La indosserò».

Il 14 Novembre la mattina... a pochi giorni dalla chiusura della fase diocesana del processo di canonizzazione di don Tonino (fissata per il 30 novembre 2013) il Papa ha voluto incontrare Marcello e Trifone Bello. E con loro in Vaticano è stato ricevuto anche Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione don Tonino Bello.
Un incontro speciale e commovente. Alle ore 7 Papa Francesco ha celebrato la messa in Santa Marta, davanti ai tre ospiti arrivati dal Salento. Poi ha dialogato con loro. «Alle 7.35, terminata la liturgia - racconta ancora Giancarlo Piccinni - Papa Francesco è venuto a sedersi tra i banchi con noi ed è rimasto una decina di minuti in silenzio, a ringraziare il Signore per quanto insieme avevamo vissuto. Quindi, ha ricevuto Marcello, Trifone e me, nella foresteria di Casa Santa Marta». (fonte: La gazzetta del mezzogiorno)


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Muoversi per la diocesi che per undici anni è stata guidata da monsignor Bello significa immaginarlo ancora come un familiare che accompagna la vita della comunità. E toccarne con mano le intuizioni, la profezia, l’eredità quasi ovunque. «Qualcuno dice: "Don Tonino ci manca" – confida Martella –. In realtà è qui in mezzo a noi. E la sua missione prosegue. In fondo aveva ragione l’arcivescovo di Bari-Bitonto, Mariano Magrassi, che nell’omelia delle esequie sostenne che il tramonto sarebbe stato più luminoso dell’alba. Ecco, a venti anni dalla sua morte, continua ad aiutare tanti a varcare la soglia della speranza».

  Giacomo Gambassi:   Don Tonino Bello, pastore «sul passo degli ultimi»



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"Avvento" di Piero Stefani


Al di fuori del contesto liturgico «avvento» è parola poco frequente. Comunque, quando la si impiega, indica una realtà già presente: «con l’avvento dell’automobile l’isolamento dei piccoli paesi è cessato», «con l’avvento di internet si è rivoluzionata la comunicazione» e così via. Lo specifico della fede sta invece nell’associare questo termine a un’attesa: quale?
Nel senso più comune si tratta della festa di Natale. L’Avvento è il periodo liturgico che prepara appunto quella festa. Nella prassi, è, il più delle volte, una realtà legata all’età infanzia. Tutti gli adulti ricordano i tempi passati in cui si aspettava che giungesse il regalo tanto desiderato. A partire dai primi di autunno, nella consuetudine dei genitori vige tuttora la tattica di rimandare al 25 dicembre la soddisfazione di desideri espressi da parte dei loro figli piccoli.
Una consuetudine propria dei paesi di lingua tedesca, ormai presente anche dalle nostre parti, sono i calendari dell’Avvento: ogni giorno si apre una finestrella in attesa di giungere a quella grande e doppia della vigilia di Natale. Se ci si riflettesse, da questa usanza si ricaverebbe un insegnamento da non sottovalutare: conosciamo la méta (tutti sanno che l’ultima finestra rappresenterà una Natività), ma ignoriamo cosa esattamente ci riserva la strada (non sappiamo quale disegno troveremo nella finestrella del giorno dopo: un cavallino a dondolo? Una pallina di vetro? Un bastone di zucchero?).
Anche la liturgia nel corso di quattro settimane prepara i fedeli alla solennità di Natale. Quanto le è proprio è di far rivivere un’attesa antica insegnando di nuovo ad attendere. La sintesi di questi due atteggiamenti si chiama speranza. È una virtù che la tradizione cristiana definisce teologale. Proprio perché l’Atteso è già giunto si è chiamati a sperare. Anche i credenti, come i bimbi, conoscono la meta mentre restano all’oscuro delle sorprese, belle, ma non di rado anche dolorose, nascoste dietro le finestrelle del nostro immediato futuro. Nessuno sa che cosa domani gli riserverà la vita; un motto che vale sia per individui sia per le collettività. Nell’assunzione di questa consapevolezza la speranza differisce radicalmente dall’ottimismo.
L’analogia tra lo spirito dell’Avvento e il calendario che lo ricorda è molto parziale. Anzi in un punto qualificante essa è del tutto assente...

  Avvento di Piero Stefani


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"Grande come un bimbo" di Andrea Torquato Giovanoli

Che ridere.

Stamattina ho accompagnato il grande a scuola con appresso anche il piccolino, così dopo ho portato quest’ultimo con me a fare un po’ di spesa, approfittando di questa assolata giornata d’autunno per fargli fare anche un giretto. Tornati a casa, poi, eravamo lì, nell’androne ad aspettare che arrivasse l’ascensore e mi è sembrato buffo vedere quel piccolo ometto in piedi di fianco a me attendere tranquillo e sereno che le ante di metallo di quel familiare portone si aprissero.

Poi però, contemplando la paffuta figurina incappottata del mio bimbo in attesa, mi sono colto a sbalordirmi della capacità d’abbandono di quei “piccoli” come lui che il Signore, mettendoli tra sé ed i suoi discepoli, ha additato ad esempio. Perché mio figlio ritto davanti a quell’ascensore chiuso stava compiendo sotto i miei occhi un vero e proprio atto di fede: lui era lì pacifico perché aveva fiducia in me. La mia presenza sola gli dava garanzia che qualsiasi circostanza lo attendesse non avrebbe turbato la sua pace poiché io sarei stato con lui...


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L’amore nasce da un incontro; è una scintilla divina che intercorre tra cuori aperti all’accoglienza dell’altro, anzitutto all’accoglienza dell’Altro che è Gesù Cristo, l’Amore divino incarnato: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Vivere, perciò, è credere all’Amore, è innamorarsi dell’Amore.

  Anna Maria Canopi:   Essere amati da Cristo. E innamorarsi di Lui



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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni

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Il calendario dell'Avvento? Diventa 2.0



Avete presente il calendario dell'Avvento, quello con le finestrelle da aprire ogni giorno dal 1 dicembre fino alla notte di Natale? È una delle tradizioni natalizie che non tramontano mai (come ben sanno note marche di cioccolatini o giganti del giocattolo che ci si sono gettati sopra). Eppure da qualche anno a questa parte in casa cattolica sta prendendo piede una novità significativa: sono sempre di più le realtà che lo stanno portando anche on line. Utilizzando il web 2.0 per riportare questo strumento al suo significato originale: quello di un accompagnamento spirituale nel cammino verso il Natale...

  Il calendario dell'Avvento? Diventa 2.0


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"SINODO. IN ASCOLTO DELLE REALTA’ DI BASE" di Giampiero Forcesi


SINODO.
IN ASCOLTO
DELLE REALTA’ DI BASE

Giampiero Forcesi

A sorprendere non è il fatto che, per la preparazione del Sinodo dei vescovi sulla pastorale per la famiglia, sia stato predisposto e inviato ai vescovi delle chiese locali un questionario con 38 domande. Questa è una prassi seguita anche per gli altri sinodi, l’ultimo quello dell’ottobre 2012 sulla trasmissione della fede cristiana.

La definizione di Paolo VI
Nei Lineamenta, che costituiscono il primo documento di ogni percorso sinodale, l’obiettivo è proprio quello di fare il punto sul tema prescelto, ponendo interrogativi ai vescovi, e dunque alle chiese locali, per poi imbastire, in base ai dati di ritorno, l’Instrumentum laboris, che è ildocumento con il quale si arriva all’apertura dell’assemblea sinodale. Del resto, in quella che è considerata la definizione più appropriata e autorevole del sinodo, Paolo VI, il papa che il sinodo lo istituì durante l’ultima sessione del concilio Vaticano II, lo presenta come “uno studio comune delle condizioni della Chiesa” e come “la soluzione concorde delle questioni relative alla sua missione”. Uno studio, dunque, cioè un’indagine. Comune, che coinvolge la Chiesa cattolica nel suo insieme. Allo scopo di giungere a una “soluzione concorde”, cioè ad un orientamento pastorale condiviso. In questo senso, il sinodo è uno strumento della collegialità episcopale (come lo definì più avanti papa Woytjla). Anche se non è quella collegialità, permanente e soprattutto effettiva, che in Concilio la maggioranza dei Padri aveva cercato di istituire, senza riuscirci...

  "SINODO. IN ASCOLTO DELLE REALTA’ DI BASE" di Giampiero Forcesi

Vedi anche i nostri precedenti post:
  • SINODO. IL DIBATTITO E’ APERTO di Fulvio De Giorgi
  • «Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione» sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione 5-19 ottobre 2014 - Il problema dei divorziati risposati


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Papa Francesco crea commissione contro pedofilia per la protezione dei minori, su proposta del consiglio degli otto cardinali

  Papa crea commissione contro pedofilia


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Papa Francesco istituisce una Commissione per la protezione dei minori e la prevenzione degli abusi



Con la voce profonda che lo contraddistingue, il cardinale Sean O’Malley ha scosso la routine di un ordinario giovedì vaticano con una notizia bomba: Papa Francesco costituirà una Commissione per la protezione dei minori e la prevenzione dei casi di abusi sessuali. 
In un briefing in Sala Stampa vaticana, il cappuccino arcivescovo di Boston, membro del C-8, ha dichiarato che il Pontefice “continuando con decisione sulla linea intrapresa da Benedetto XVI, e accogliendo una proposta del Consiglio di Cardinali, ha deciso di costituire una specifica Commissione per la protezione dei fanciulli, con la finalità di consigliarlo circa l’impegno della Santa Sede nella protezione dei bambini e nell’attenzione pastorale per le vittime degli abusi”.
Ancora non si hanno informazioni dettagliate sulla identità e sul numero dei membri che comporranno la Commissione. Composizione e competenze – ha detto O’Malley – “verranno indicate prossimamente con maggiore dettaglio dal Santo Padre, con documento appropriato”. Sarà comunque una Commissione internazionale, di cui faranno parte diversi esperti. 
Quello che già si conosce, invece, è il duro lavoro che il team dovrà affrontare e la grande responsabilità che ricoprirà nel sanare una delle più gravi ferite della Chiesa del nostro tempo. Innanzitutto, la Commissione dovrà riferire al Papa circa lo stato attuale dei programmi per la protezione dell’infanzia, poi formulare suggerimenti per nuove iniziative da parte della Curia, in collaborazione con vescovi, conferenze episcopali, superiori religiosi e conferenze di superiori religiosi.
Sarà inoltre chiamata a proporre, di volta in volta, nomi di persone adatte per l’attuazione di questa nuova iniziativa. Sono inclusi quindi laici, religiosi, religiose, sacerdoti, l’importante è che siano competenti su temi come: la sicurezza dei fanciulli, i rapporti con le vittime, la salute mentale, l’applicazione delle leggi e via dicendo...

  Protezione dei minori e prevenzione degli abusi: il Papa istituisce una Commissione


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Le donne nella Chiesa: la parola a Maria Voce e Giancarla Codrignani




Donne cardinale? Occorre ben altro. Cosa, ad esempio? “Aprire gli organi consultivi e decisionali esistenti ad una significativa presenza femminile e, perché no, crearne di nuovi. È un cambio di punto di vista che va messo in atto”. In controtendenza assoluta con il cognome che porta, ma coerentemente con la filosofia che anima il Movimento dei Focolari, Maria Voce non ama parlare. Preferisce piuttosto farsi capire con i fatti. Nonostante ciò sul tema delle donne nella Chiesa usa, in questa intervista, parole chiare e inequivocabili. È altresì convinta che prendere spazi agli uomini, anche nella Chiesa, “sarebbe un disastro per le donne”, il sacerdozio femminile significherebbe ancora “relegarle in un ruolo di servizio” e occorre ben altro alle donne nella Chiesa che aspirare al titolo di cardinale.
Cosa Maria Voce rappresenti nella Chiesa è presto detto guardando i numeri del Movimento che guida dal 2008, da quando ha dovuto raccogliere l’impegnativa eredità di Chiara Lubich. I Focolarini sono, a tutti gli effetti, il più grande movimento cattolico: diffusi in 192 Paesi, vivono in piccole comunità di laici mettendo in comune i loro beni.
...
Senonché, anche qui controcorrente rispetto al corso millenario della Chiesa, sono l’unico Movimento che per Statuto sarà sempre guidato da una donna. Quote rosa ante litteram. Se non fosse che, invece, di quote rosa Maria Voce non ama sentir parlare, in ciò capovolgendo il consueto approccio al concetto di parità. E a Donneuropa spiega quale possa essere, per l’altra metà del cielo, la parte da realizzare sulla terra...

  Donne e Chiesa: l’altra metà del cielo decida anche in terra

L’intervista di Maria Voce alla rivista «Città Nuova» sul tema donne e Chiesa è di grande interesse, sia per l’importanza della persona — certo la donna più eminente del mondo cattolico in quanto presidente del movimento che vi è più diffuso, i Focolari — sia per il coraggio e la lucidità delle sue proposte.

 
Le donne nella Chiesa

Un mese fa avevo scritto una lettera a Papa Francesco - al quale ovviamente tutti gli uomini e le donne di buona volontà sono grati per quanto tenta di innovare - per suggerirgli prudenza a proposito della sua reiterata intenzione di "parlare del ruolo della donna nella Chiesa". E' infatti necessario ascoltare prima le "eterne dimenticate e sconfitte", come il teologo Juan Josè Tamayo definisce le donne. Di fatto il problema rappresentava - e rappresenta - una situazione che i mezzi di informazione italiani, distratti dall'innamoramento teologico dei vari Scalfari e Odifreddi, trascurano, anche se teologhe, suore, femministe credenti e non credenti hanno espresso serie preoccupazioni "di genere".
Le donne, infatti, quando le istituzioni si occupano del loro futuro, si allarmano: infatti, il ruolo socialmente attribuito al genere femminile andrebbe decostruito perché, pur apparentemente identitario, è in sostanza un'invenzione storica che non rappresenta le donne. Come esempio illuminante basterebbe la notizia, pubblicata a fine settembre dal vaticanista Juan Arias sul quotidiano spagnolo El Pais, secondo cui il Papa potrebbe nominare cardinale una donna. Nonostante la richiesta di religiose favorevoli alla nomina, è scattato fra le donne interessate l'allarme rosso. La porpora cardinalizia rappresenterebbe infatti un'omologazione a "questa" gerarchia vaticana: la solita, ben nota anche nelle altre istituzioni, concessione di finta parità. Alle donne che sperano - come chiesto da Papa Francesco - di rinnovare la Chiesa con la propria cultura, non basta; perché il cattolicesimo, per ora, è "istituzionalmente", solo machista (sempre per usare le parole del Papa argentino). 
Ivonne Gebara, fin dal 4 agosto di quest'anno, suggeriva: "Papa Francesco, per favore, si informi su Google sugli aspetti della teologia femminista, almeno nel mondo cattolico". 
La lettera andava nella stessa direzione: il Papa è un celibe che delle donne conosce solo il ruolo sociale estraneo all'autonomia culturale specifica e quell'idealizzazione "della donna" (il clero imparerà mai a dire "delle donne"?) che trionfa nella visione, propria solo di un immaginario maschile, della vergine-madre, "superiore agli apostoli", ma esente da responsabilità nella costruzione reale della sua Chiesa. Se Maria di Magdala (che San Tommaso chiama "apostola apostolorum") e le altre che si erano recate al sepolcro vuoto, furono incaricate dal Risorto di portare l'annuncio ai fratelli in clandestinità per paura delle persecuzioni, ai nostri giorni risulta davvero poco comprensibile che il ministero "petrino" escluda quello "mariano"...

  SE LE DONNE POTRANNO AIUTARE LA CHIESA... di Giancarla Codrignani

Vedi anche il nostro precedente post:

  Lettera a Papa Francesco di Giancarla Codrignani


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Antonio Staglianò, vescovo di Noto e membro della Commissione Cei per la cultura e le comunicazioni sociali, analizza l’attribuzione di "patrimonio dell’umanità" a quattro famose processioni italiane: "Si riconosce che la fede, nelle sue forme semplici e popolari, ha una grande valenza culturale, dove la cultura è intesa come luogo in cui l’uomo diventa più uomo". I rischi del folklorismo, del "fissismo" e delle commistioni mafiose

 
M. Michela Nicolais:   Nelle processioni la pietà popolare produce vera cultura


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 FRANCESCO
 



     Angelus/Regina Cæli - Angelus, 1° dicembre 2013

    Udienza - 4 dicembre 2013

   Omelia - 30 novembre 2013: Celebrazione dei primi Vespri di Avvento con gli Universitari di Roma

   Omelia - 1° dicembre 2013: Visita pastorale alla Parrocchia romana di San Cirillo Alessandrino

    Discorso - Al pellegrinaggio della Chiesa Greco-Melchita (30 novembre 2013)

    Discorso - A un gruppo di bambini ammalati di tumore provenienti dalla Polonia (30 novembre 2013)


    Esortazione Apostolica - Evangelii Gaudium : Esortazione Apostolica sull'annuncio del Vangelo nel mondo attuale (24 novembre 2013)



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  La Chiesa cattolica e le riforme del papa... (vignetta)


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30/11/2013:

  La Chiesa chiama tutti...


2/12/2013:

  I tuoi peccati sono grandi?...


3/12/2013:

  Tutti siamo chiamati all'amicizia...


4/12/2013:

  50 anni fa il Vaticano II...


5/12/2013:

  La santità non significa...


6/12/2013:

  La croce è il prezzo...

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Angelus del 1° dicembre 2013 - Testi e video




1° dicembre 2013

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Iniziamo oggi, Prima Domenica di Avvento, un nuovo anno liturgico, cioè un nuovo cammino del Popolo di Dio con Gesù Cristo, il nostro Pastore, che ci guida nella storia verso il compimento del Regno di Dio. Perciò questo giorno ha un fascino speciale, ci fa provare un sentimento profondo del senso della storia...

... Il modello di questo atteggiamento spirituale, di questo modo di essere e di camminare nella vita, è la Vergine Maria. Una semplice ragazza di paese, che porta nel cuore tutta la speranza di Dio! Nel suo grembo, la speranza di Dio ha preso carne, si è fatta uomo, si è fatta storia: Gesù Cristo. Il suo Magnificat è il cantico del Popolo di Dio in cammino, e di tutti gli uomini e le donne che sperano in Dio, nella potenza della sua misericordia. Lasciamoci guidare da lei, che è madre, è mamma e sa come guidarci. Lasciamoci guidare da Lei in questo tempo di attesa e di vigilanza operosa.

  testo integrale dell'Angelus

  video


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Papa Francesco UDIENZA GENERALE 4 dicembre 2013 - testo e video


Piazza San Pietro
Mercoledì, 4 dicembre 2013

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi ritorno ancora sull’affermazione «Credo la risurrezione della carne». Si tratta di una verità non semplice e tutt’altro che ovvia, perché, vivendo immersi in questo mondo, non è facile comprendere le realtà future. Ma il Vangelo ci illumina: la nostra risurrezione è strettamente legata alla risurrezione di Gesù; il fatto che Egli è risorto è la prova che esiste la risurrezione dei morti. Vorrei allora presentare alcuni aspetti che riguardano il rapporto tra la risurrezione di Cristo e la nostra risurrezione. Lui è risorto, e perché Lui è risorto anche noi risusciteremo...

APPELLO
Desidero ora invitare tutti a pregare per le monache del Monastero greco-ortodosso di Santa Tecla a Ma’lula, in Siria, che due giorni fa sono state portate via con la forza da uomini armati. Preghiamo per queste monache, per queste sorelle, e per tutte le persone sequestrate a causa del conflitto in corso. Continuiamo a pregare e a operare insieme per la pace. Preghiamo la Madonna. (Ave Maria...)

  testo integrale

  video della catechesi

Come ogni mercoledì mattina, Papa Francesco ha salutato le migliaia di pellegrini, baciato molti bambini, raccolto sciarpe e magliette che gli venivano lanciate, benedetto "zucchetti" bianchi simili al suo che i fedeli gli porgevano. Il Papa ha cercato di tranquillizzare un bambino che piangeva al momento in cui i gendarmi vaticani glielo avvicinavano durante il consueto giro sulla jeep in piazza San Pietro, iniziato poco prima delle 10, prima dell'udienza generale. Jorge Mario Bergoglio, vestito con cappotto bianco ma senza sciarpa, ha dapprima fatto con un dito il segno delle lacrime, poi ha detto al bambino "stai tranquillo" prima di baciarlo. (fonte: TMNews)

... Così finalmente si è arrivati alla giornata odierna che vede la macchina organizzativa dell'Associazione Italiana Gelatieri e degli Ambasciatori del Gelato Artigianale in pieno fermento per essere riconoscibili di fronte a Papa Francesco al quale doneranno una creazione dolciaria d'alta pasticceria e un quadro da parte del Presidente, Alberto Pica.
Il dolce (realizzato da Nicola Netti, Ambasciatore del gelato e pasticcere pugliese di gran fama), ha una particolarità: oltre ad essere non immediatamente deperibile, e perciò resistere con maggior facilità ai tempi di trasporto a differenza del gelato che avrebbe avuto problemi di vario tipo per essere donato in questa occasione, ha la forma di un libro antico ed in rilievo ha l'immagine della Madonna con il Bambino Gesù“ 

  in udienza dal Papa con un dolce dono

  video integrale


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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - un cammino... per lasciarci amare dal Signore! - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano 
2 dicembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
"Andiamo incontro al Signore con cuore aperto"

Prepararsi al Natale con la preghiera, la carità e la lode: con un cuore aperto a lasciarsi incontrare dal Signore che tutto rinnova: è l'invito lanciato da Papa Francesco nella Messa presieduta a Santa Marta in questo primo lunedì del Tempo di Avvento. 

Commentando il passo del Vangelo del giorno in cui il centurione romano chiede con grande fede a Gesù la guarigione del servo, il Papa ha ricordato che in questi giorni “cominciamo un nuovo cammino”, un “cammino di Chiesa … verso il Natale”. Andiamo incontro al Signore, “perché il Natale – ha precisato - non è soltanto una ricorrenza temporale oppure un ricordo di una cosa bella”:
“Il Natale è di più: noi andiamo per questa strada per incontrare il Signore. Il Natale è un incontro! E camminiamo per incontrarlo: incontrarlo col cuore, con la vita; incontrarlo vivente, come Lui è; incontrarlo con fede. E non è facile vivere con la fede. Il Signore, nella parola che abbiamo ascoltato, si meravigliò di questo centurione: si meravigliò della fede che lui aveva. Lui aveva fatto un cammino per incontrare il Signore, ma lo aveva fatto con fede. Per questo non solo lui ha incontrato il Signore, ma ha sentito la gioia di essere incontrato dal Signore. E questo è proprio l’incontro che noi vogliamo: l’incontro della fede!”.
E più che essere noi ad incontrare il Signore – sottolinea il Papa – è importante “lasciarci incontrare da Lui”...
Ma occorre il cuore aperto:
“Cuore aperto, perché Lui incontri me! E mi dica quello che Lui vuol dirmi, che non sempre è quello che io voglio che mi dica! Lui è il Signore e Lui mi dirà quello ha per me, perché il Signore non ci guarda tutti insieme, come una massa. No, no! Ci guarda ognuno in faccia, negli occhi, perché l’amore non è un amore così, astratto: è amore concreto! Da persona a persona: il Signore, persona, guarda me, persona. Lasciarci incontrare dal Signore è proprio questo: lasciarci amare dal Signore!”...

  Papa Francesco: Natale è lasciarsi incontrare da Gesù col cuore aperto perché ci rinnovi la vita

  video


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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano 
3 dicembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
“La Chiesa deve essere gioiosa”.

La Chiesa deve essere sempre gioiosa come Gesù. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che la Chiesa è chiamata a trasmettere la gioia del Signore ai suoi figli, una gioia che dona la vera pace.

Pace e gioia. Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi su questo binomio. Nella prima Lettura tratta dal Libro di Isaia, ha osservato, scorgiamo il desiderio di pace che tutti abbiamo. Una pace che, dice Isaia, ci porterà il Messia. Nel Vangelo, invece, “possiamo intravedere un po’ l’anima di Gesù, il cuore di Gesù: un cuore gioioso”:
“Noi pensiamo sempre a Gesù quando predicava, quando guariva, quando camminava, andava per le strade, anche durante l’Ultima Cena… Ma non siamo tanto abituati a pensare a Gesù sorridente, gioioso. Gesù era pieno di gioia: pieno di gioia. In quella intimità con suo Padre: ‘Esultò di gioia nello Spirito Santo e lodò il Padre’. E’ proprio il mistero interno di Gesù, quel rapporto con il Padre nello Spirito. E’ la sua gioia interna, la sua gioia interiore che Lui dà a noi”.
“E questa gioia – ha osservato – è la vera pace: non è una pace statica, quieta, tranquilla”. No, “la pace cristiana è una pace gioiosa, perché il nostro Signore è gioioso”. E, anche, è gioioso “quando parla del Padre: ama tanto il Padre che non può parlare del Padre senza gioia”. Il nostro Dio, ha ribadito, “è gioioso”. E Gesù “ha voluto che la sua sposa, la Chiesa, anche lei fosse gioiosa”:
“Non si può pensare una Chiesa senza gioia e la gioia della Chiesa è proprio questo: annunciare il nome di Gesù. Dire: ‘Lui è il Signore. Il mio sposo è il Signore. E’ Dio. Lui ci salva, Lui cammina con noi’. E quella è la gioia della Chiesa, che in questa gioia di sposa diventa madre. Paolo VI diceva: la gioia della Chiesa è proprio evangelizzare, andare avanti e parlare del suo Sposo. E anche trasmettere questa gioia ai figli che lei fa nascere, che lei fa crescere”...

  Il Papa: impensabile una Chiesa senza gioia, annunciare Cristo col sorriso

  video


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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - le parole cristiane senza Cristo ingannano, fanno male! - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano 
5 dicembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
ci sia Cristo nel nostro linguaggio

Chi pronuncia parole cristiane senza Cristo, cioè senza metterle in pratica, fa male a se stesso e agli altri, diventa superbo e provoca divisioni, anche nella Chiesa. Questa la riflessione del Pontefice nella messa celebrata giovedì a Santa Marta: «Le parole cristiane senza Cristo ingannano, fanno male! Uno scrittore inglese, una volta, parlando delle eresie diceva che un’eresia è una verità, una parola, una verità, che è diventata pazza»

Ha messo in guardia dai parolai senza Cristo papa Francesco nella Messa celebrata giovedì mattina a Santa Marta: «Una parola cristiana che non ha le sue radici vitali, nella vita di una persona, in Gesù Cristo, è una parola cristiana senza Cristo», ha detto. «E le parole cristiane senza Cristo ingannano, fanno male! Uno scrittore inglese, una volta, parlando delle eresie diceva che un’eresia è una verità, una parola, una verità, che è diventata pazza». 
Ascoltare e mettere in pratica la parola del Signore è come costruire la casa sulla roccia. Papa Francesco spiega la parabola evangelica proposta dalla liturgia del giorno. Gesù rimproverava i farisei di conoscere i comandamenti ma di non realizzarli nella loro vita: «sono parole buone», ma se non sono messe in pratica «non solo non servono, ma fanno male: ci ingannano, ci fanno credere che noi abbiamo una bella casa, ma senza fondamenta». 
Una casa, appunto, che non è costruita sulla roccia ed è destinata a franare: «Questa figura della roccia si riferisce al Signore. Isaia, nella Prima Lettura, lo dice: “Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna!”. La roccia è Gesù Cristo! La roccia è il Signore! Una parola è forte, dà vita, può andare avanti, può tollerare tutti gli attacchi, se questa parola ha le sue radici in Gesù Cristo. Una parola cristiana che non ha le sue radici vitali, nella vita di una persona, in Gesù Cristo, è una parola cristiana senza Cristo! Quando le parole cristiane sono senza Cristo incominciano ad andare sul cammino della pazzia»...

  IL PAPA: «UNA PAROLA CRISTIANA SENZA CRISTO PORTA ALLA PAZZIA»

  video


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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - La preghiera, quando è cristiana è bisognosa ed è sicura - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
6 dicembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
dire la verità a Dio

Pregare con insistenza e con la certezza che Dio ascolterà la nostra preghiera. Su questo aspetto ha riflettuto Papa Francesco nell’omelia della Messa celebrata questa mattina in Casa Santa Marta. La preghiera, ha affermato, il Papa ha due atteggiamenti: è “bisognosa” e allo stesso tempo è “sicura” del fatto che Dio, nei suoi tempi e nei suoi modi, esaudirà il bisogno.

La preghiera, quando è cristiana sul serio, oscilla tra il bisogno che sempre contiene e la certezza di essere esaudita, anche se non si sa con esattezza quando. Questo perché chi prega non teme di disturbare Dio e nutre una fiducia cieca nel suo amore di Padre. Cieca come i due non vedenti del brano del Vangelo di oggi, che gridano dietro a Gesù il loro bisogno di essere guariti. O come il cieco di Gerico, che invoca l’intervento del Maestro con una voce più alta di chi vuole zittirlo. Perché Gesù stesso – ricorda Papa Francesco – ci ha insegnato a pregare come “l’amico fastidioso” che mendica del cibo a mezzanotte, o come “la vedova col giudice corrotto”:
“Non so se forse questo suona male, ma pregare è un po’ dare fastidio a Dio, perché ci ascolti. Ma, il Signore lo dice: come l’amico a mezzanotte, come la vedova al giudice… E’ attirare gli occhi, attirare il cuore di Dio verso di noi… E questo lo hanno fatto anche quei lebbrosi che gli si avvicinarono: ‘Se tu vuoi, puoi guarirci!’. Lo hanno fatto con una certa sicurezza. Così, Gesù ci insegna a pregare. Quando noi preghiamo, pensiamo a volte: ‘Ma, sì, io dico questo bisogno, lo dico al Signore una, due, tre volte, ma non con tanta forza. Poi mi stanco di chiederlo e mi dimentico di chiederlo’. Questi gridavano e non si stancavano di gridare. Gesù ci dice: ‘Chiedete’, ma anche ci dice: ‘Bussate alla porta’, e chi bussa alla porta fa rumore, disturba, dà fastidio”.
Insistenza ai limiti del fastidio, dunque. Ma anche una incrollabile certezza. I ciechi del Vangelo sono ancora di esempio. “Si sentono – afferma Papa Francesco – sicuri di chiedere al Signore la salute”, perché alla domanda di Gesù se credano che Egli possa guarirli, loro rispondono: “Sì, Signore, crediamo! Siamo sicuri!”:
“E la preghiera ha questi due atteggiamenti: è bisognosa ed è sicura...

  Il Papa: pregare è dare “fastidio” a Dio perché ci ascolti, sempre sicuri del suo intervento

  Guarda il video



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L'elemosina di Papa Francesco


«Quando dico al Papa “stasera esco in città”, c’è sempre il rischio che lui venga con me. È fatto così, all’inizio non pensava al disagio che si poteva creare....». 
L’arcivescovo Konrad Krajewski, 50 anni, elemosiniere del Papa, ha un lampo divertito negli occhi mentre incontra i giornalisti e, quando gli si chiede se sia mai capitato che Francesco lo accompagnasse nottetempo in giro per Roma, nelle sue missioni in aiuto dei poveri, si limita a un sorriso e a un «prego, la seconda domanda» che scatena l’esegesi del suo silenzio: possibile che Bergoglio esca in incognito per Roma, come peraltro faceva a Buenos Aires quando da arcivescovo visitava la favela Villa 21, la gente lo chiamava «padre» e alcuni non sospettavano neppure che quel prete in clergyman fosse il cardinale? 
Più tardi la faccenda monta e «padre» Krajewski («il Papa mi ha detto: “Quando qualcuno ti chiama “eccellenza” chiedi cinque euro di tassa per i poveri! Anche a me è venuto di chiamarti così ma non ho cinque euro in tasca....”») si fa un’altra risata al telefono col Corriere , «ma non è vero niente, si figuri: certo, al Santo Padre piacerebbe, come piacerebbe uscire a confessare i fedeli, ma non gli è possibile, non è mai successo: chi interpreta diversamente il mio sorriso, si vede che non sa sorridere...». Lo stesso Francesco, del resto, aveva raccontato di essere «un prete callejero », di strada, «quante volte ho avuto voglia di andare per le strade di Roma!, ma capisco che non è possibile...». Il che, se non altro, spiega come sia invece possibile che una delle più alte cariche curiali si alzi alle 4.30 del mattino nel suo appartamento di Borgo Pio («sono rimasto lì, così la gente ha un accesso più diretto che in Vaticano») e passi buona parte del suo tempo in giro per l’Italia o attraversando la notte Roma sulla sua Fiat Qubo bianca («un’auto blu spaventerebbe, però ho la targa del Santo Padre così possiamo entrare ovunque») in aiuto di chi ha bisogno. Mai si era visto un elemosiniere pontificio itinerante. Ma quando lo nominò, in agosto, Francesco lo avvertì: «Non sarai un vescovo da scrivania, ti voglio tra la gente, il prolungamento della mia mano per portare una carezza ai poveri, ai diseredati, agli ultimi». Krajewski sorride: «Il Papa mi ha detto: “La scrivania non fa per te, puoi venderla; non aspettare la gente che bussa, devi cercare i poveri”. Perché Francesco vuole stare coi poveri. A Buenos Aires cenava e stava con loro per condividerne la vita. E ai miei familiari spiegava: “Queste sono le mie braccia, sono limitate, ma se le prolunghiamo con quelle di Corrado possiamo toccare i poveri di tutta Italia. Io non posso uscire ma lui è libero”»...

  Le uscite di notte per aiutare i poveri «Potrebbe esserci anche il Papa»

... A volte, io domando a qualcuno: “Lei fa l’elemosina?”. Mi dicono: “Sì, padre”. “E quando Lei fa l’elemosina, guarda negli occhi la gente a cui fa l’elemosina?” “Ah, non so, non me ne accorgo”. “Allora Lei non l’ha incontrata. Lei ha gettato l’elemosina ed è andato via. Quando Lei fa l’elemosina, tocca la mano o getta la moneta?”. “No, getto la moneta”. “E allora non lo hai toccato. E se non lo hai toccato, non lo hai incontrato”.
Ciò che Gesù ci insegna, innanzitutto, è incontrarsi e, incontrando, aiutare. Dobbiamo saperci incontrare. Dobbiamo edificare, creare, costruire una cultura dell’incontro... (Papa Francesco video-messaggio per la festa di San Gaetano in Argentina 7 agosto 2013)

*****

"Elemosina" è una parola oggi poco amata, suona un po' come sinonimo di un'offerta ipocrita, quasi un gesto di disprezzo, più che un aiuto. In questo senso, fare "elemosina" significherebbe in fondo quasi definire la distanza con chi è nel bisogno.
È un peccato che si sia giunti a questo travisamento, perché il senso originario della parola ha una connotazione fortemente teologica: elemosina significa infatti "misericordia", e misericordia è uno dei nomi di Dio stesso...

  video

Vedi anche il nostro precedente post:

  Una riflessione sul senso dell’elemosina e sulla sua pratica nella vita della Chiesa.


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Piazza San Pietro stracolma, aria pungente, sole invernale, entusiasmo alle stelle. Ormai ogni mercoledì il copione si ripete rassicurante. Stavolta però, a causa del freddo intenso, il Papa dopo il bagno di folla è stato costretto ad anticipare il suo rientro a Santa Marta per riscaldarsi un po’ e per riprendersi dalla stanchezza accumulata nel corso della mattinata. Un lieve malore di stagione, niente di preoccupante ma è bastato per sollevare interrogativi sulla densità delle sue giornate.
  Franca Giansoldati:   Lieve malore all'udienza, il Papa è stanco (pdf)

Un giramento di testa, un incontro mancato, un commento brusco alle scelte del nuovo pontefice. Mercoledì scorso, nell’arco di poche ore, è suonato un campanello d’allarme per papa Bergoglio...
Francesco è solo, anche se il cuore dei fedeli batte per lui.
  Marco Politi:   La stanchezza del Papa solo (pdf)


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