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N.
B. La Lectio è temporaneamente sospesa
NOTA
Articoli,
riflessioni e commenti proposti vogliono
solo essere
un contributo
alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.
Le posizioni espresse non sempre
rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione.
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Ricordando
Nelson Mandela
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Nelson Mandela è morto. Ne ha dato notizia il presidente del Sudafrica Jacob Zuma in un messaggio in diretta alla nazione.
‘’Voglio ricordare con semplici parole la sua umiltà, la sua grande
umanità per la quale il mondo intero avrà grande gratitudine per
sempre’’.
Addio Madiba...
Un vincitore è spesso...
La pace non è un sogno...
L'educazione è il grande motore...
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
NELSON MANDELA:
SONO NATO LIBERO
Non sono nato con la sete di libertà. Sono nato libero,
libero in ogni senso che potessi conoscere. Libero di correre nei campi
vicino alla capanna di mia madre, di nuotare nel limpido torrente che
scorreva attraverso il mio villaggio, di arrostire pannocchie sotto le
stelle, di montare sulla groppa capace dei lenti buoi.
Finché ubbidivo a mio padre e rispettavo le tradizioni della mia tribù, non ero ostacolato da leggi divine né umane. Solo
quando ho scoperto che la libertà della mia infanzia era
un’illusione,che la vera libertà mi era già stata rubata, ho cominciato
a sentirne la sete. Dapprima, quand’ero studente, desideravo la libertà
perme solo, l’effimera libertà di stare fuori la notte, di leggere ciò
che mi piaceva, di andare dove volevo.
Più
tardi, a Johannesburg, quand’ero un giovane che cominciava a camminare
sulle sue gambe, desideravo le fondamentali e onorevoli libertà di
realizzare il mio potenziale, di guadagnarmi da vivere, di sposarmi e
di avere una famiglia, la libertà di non essere ostacolato nelle mie
legittime attività.
Ma poi lentamente ho capito che non solo non ero libero, ma non lo erano nemmeno i miei fratelli e sorelle
...
Adesso mi sono fermato un istante per riposare,
per volgere lo sguardo allo splendido panorama che mi circonda, per
guardare la strada che ho percorso. Ma posso riposare solo qualche
attimo, perché assieme alla libertà vengono le responsabilità, e io non
oso trattenermi ancora: il mio lungo cammino non è ancora alla fine.
Nelson Mandela
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«Il mio Sudafrica senza Mandela»
Padre
Sean O'Leary, missionario irlandese dei Padri Bianchi e direttore
delDenis Hurley Peace Institute di Pretoria, ha un ricordo speciale di
Nelson Mandela, che ha incontrato più volte nel corso della sua lunga
permanenza in Sudafrica. È una di quelle storie minime che dicono la
grandezza di un uomo. Un uomo speciale, prima ancora che un grande
statista.
«Ho
incontrato Nelson Mandela molte volte - ci racconta padre O'Leary -. La
prima, nella sua casa di Soweto, quattro giorni dopo il suo rilascio
dalla prigione. Ci teneva a confrontarsi con i leader della Chiesa su
come stavano andando le trattative e, in quell'occasione, mi era stato
chiesto di rappresentare la Chiesa cattolica. Cosa che avrei fatto poi
altre volte e lui sempre si è ricordato il mio nome».
«Quella
prima volta - ricorda il missionario - sono arrivato in anticipo e ho
così trascorso mezz'ora da solo con Mandela. Che mi confidò una storia
che lo divertiva molto. Parlavamo del Natale e mi disse di come era
contento di poter avere i suoi nipoti tutti con sé. E mi raccontò di
come, la vigilia del 1994, si rese conto di non avere niente da
regalare ai bambini. Allora quel pomeriggio telefonò a un'azienda che
produceva cioccolato per fare un ordine. Ma la persona all'altro capo
del telefono non credette che si trattava di Nelson Mandela e pensando
che fosse uno scherzo riattaccò il telefono. Chiese dunque a una
guardia del corpo di chiamare un'altra azienda e di chiedere del
manager. Alla fine riuscì a convincerlo a inviare un furgone con il
cioccolato all'ufficio di presidenza e caricò tutti i cioccolatini in
macchina. Insistette per pagare, ma quando l'autista gli diede la
fattura realizzò di non avere denaro con sé e dunque fu costretto a
chiederlo in prestito alla guardia del corpo. Mandela rideva di gusto
raccontandomi questa storia!».
Secondo
padre O'Leary questo aneddoto rivela molto della personalità di
Mandela: la sua umanità, la sua simpatia, la sua positività... Ma dice
anche il grande amore e l'attenzione dello statista sudafricano per i
bambini, che sono sempre stati una priorità, sia a livello personale
che come uomo di Stato, impegnato a costruire un Paese nuovo e diverso.
«La cosa più importante che ho perso in prigione - mi disse una volta -
è la vista dei bambini e il suono della loro risata», ricorda il
missionario...
«Il mio Sudafrica senza Mandela»
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“La sua vita è stata un lungo
cammino verso la libertà”: così padreEfrem Tresoldi, direttore della
rivista dei comboniani “Nigrizia”, ricorda Nelson Mandela, simbolo
della lotta dell’Africa nera contro l’apartheid in Sudafrica, morto
ieri a 95 anni. Padre Tresoldi ha vissuto vent’anni in Sudafrica come
missionario e, per un lungo periodo ha rivestito il ruolo di portavoce
della Conferenza episcopale dell’Africa meridionale, che riunisce
Sudafrica, Botswana e Swaziland. Ha incontrato personalmente Mandela un
paio di volte: nel settembre 1990 a Roma dopo la sua liberazione dal
carcere e in Sudafrica nel 1998. “Sprigionava enorme vitalità - così lo
racconta al Sir -. Mi ha colpito la sua forza morale e la sua
attenzione alla persona. Nonostante abbia incontrato centinaia di
migliaia di persone, dava all’interlocutore l’impressione di essere al
centro e di volere una risposta da lui”.
Patrizia Caiffa: Un uomo libero che ha donato libertà a un popolo intero
“La più grande eredità che ci
lascia Nelson Mandela è il perdono e la riconciliazione”. “Gli siamo
grati perché ha portato la pace in Sudafrica”. I cattolici sudafricani
piangono la morte di Madiba insieme a tutta la popolazione e lamentano
“un forte senso di perdita”. Ma trarranno frutto dalla sua lezione per
portare avanti l’impegno contro l’ingiustizia e l’oppressione. Lo dice
al Sir monsignor Stephen Brislin, arcivescovo di Capetown e
presidente della Conferenza episcopale dell’Africa meridionale.
Patrizia Caiffa: L'eredità di Madiba: il perdono e la riconciliazione
Ha sconfitto il razzismo in Sudafrica ma ha sempre rifiutato di essere un’icona: «Non sono un santo»
Domenico Quirico: Nelson Mandela, il prigioniero che ha insegnato il perdono al mondo
Ci sono persone che già in
vita hanno meritato di essere riconosciuti come pilastri della
storia mondiale sul piano della statura morale e
dell’impegno in favore degli altri. È stato così per
Madiba, il nome tribale affettuoso con il quale il suo popolo chiamava
Mandela, che ha speso la sua esistenza prima nella
lotta contro l’apartheid e per la libertà per il suo popolo e poi nello
sforzo di costruire pace e riconciliazione, senza piegarsi mai
alle ingiustizie né alla sofferenza privata che pure non lo ha
risparmiato.
Ma la sua non è stata una vicenda solo personale e neppure solo
nazionale. Le decisioni giunte da tutto il mondo, a partire
dal presidente statunitense Barack Obama e dall’Unione
europea, di mettere bandiere a mezz’asta è espressione significativa di
un lutto universale.
Pierluigi Natalia: Una vita per la libertà, la giustizia e la pace - La lezione di Madiba
Papa Francesco ha espresso il
proprio cordoglio per la morte di Nelson Mandela avvenuta ieri, giovedì
5 dicembre, in un telegramma inviato al presidente della Repubblica del
Sud Africa, Jacob Zuma. Eccone la nostra traduzione italiana.
L'OSSERVATORE ROMANO: Telegramma di Papa Francesco per la morte di Nelson Mandela - L'esempio del presidente
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(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Dopo
la riflessione sulla fede proposta nell'Enciclica Lumen fidei, Papa
Francesco presenta una sorta di manifesto programmatico del suo
pontificato nell'Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, pubblicata a
poco più di un anno dal Sinodo sulla nuova evangelizzazione, a
conclusione dell'Anno della Fede (24 Novembre 2013): «In questa
Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a
una nuova tappa evangelizzatrice marcata dalla gioia e indicare vie per
il cammino della Chiesa nei prossimi anni» (n. 1). Motivo dominante di
questo testo è appunto la gioia che, nell'auspicio del Vescovo di Roma,
dovrà caratterizzare la vita e la missione della comunità ecclesiale
nel tempo complesso in cui ci troviamo, oltre la crisi delle ideologie
e l'insorgere della cosiddetta "modernità liquida", priva di certezze e
di orizzonti comuni. La ragione di questa scelta è così espressa: «Il
grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente
offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal
cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali,
dalla coscienza isolata» (n. 2). A questo male dell'anima si offre come
antidoto la gioia che l'incontro con Cristo può dare: «È la gioia che
si vive tra le piccole cose della vita quotidiana, come risposta
all'invito affettuoso di Dio nostro Padre: "Figlio, per quanto ti è
possibile, tràttati bene … Non privarti di un giorno felice" (Sir
14,11.14)». Francesco commenta: «Quanta tenerezza paterna s'intuisce
dietro queste parole!» (n. 4). Emerge qui un primo tratto della
riflessione proposta dal Papa: un senso di larga, profonda, delicata
umanità. Con la voce di Francesco è la Chiesa del Vaticano II a
parlare, tutt'altro che dirimpettaia del mondo, vicina alle gioie, ai
dolori e alle speranze degli uomini, ricca della fede nel suo Signore.
Non per questo il Papa ignora la contro-testimonianza resa a volte dai
credenti o la serietà delle sofferenze di tanti: ma la gioia del
Vangelo resta più forte, perché è radicata nell'amore di Colui, che non
lascia mai solo chi in lui confida...
«No» all'economia dell'esclusione di Bruno Forte
Grande
risonanza ha avuto in tutto il mondo la pubblicazione dell’Esortazione
apostolica di Papa Francesco “Evangelii Gaudium”, sul tema
dell’annuncio del Vangelo nel mondo attuale. Sergio Centofanti ha
raccolto il commento di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto
e segretario speciale del Sinodo che si terrà nell’ottobre 2014 su “Le
sfide della famiglia nel contesto della evangelizzazione”
Mons. Bruno Forte: "Evangelii Gaudium", una Chiesa che accorcia le distanze, amica degli uomini
Vedi anche il nostro precedente post:
«Evangelii Gaudium» - Con la gioia del Vangelo una chiesa povera che si fa evangelizzare dai poveri
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"La primavera della chiesa"
di Enzo Bianchi
Papa
Francesco ci ha donato senza troppe dilazioni l’esortazione
post-sinodale secondo i voti dei padri del Sinodo sulla nuova
evangelizzazione (ottobre 2012), al quale ho partecipato come esperto
chiamato da Benedetto XVI. L’evangelizzazione vi è presentata
nell’ottica della gioia cristiana, perché il Vangelo è sempre un
gioioso annuncio.
Nel
testo vi sono sì echi delle proposizioni del Sinodo, come testimoniato
dalle note, ma non solo lo stile resta diverso dal genere letterario
delle esortazioni post-sinodali del passato, ma anche i contenuti
rispondono soprattutto alla visione di papa Francesco, alla sua lettura
dell’attuale situazione della chiesa nel mondo, al suo programma di
ministero petrino iniziato ormai da nove mesi, alla sua sollecitudine
di pastore. I temi affrontati sono molti e il linguaggio e il pensiero
sono quelli già enunciati in molte occasioni o rinvenibili nel suo
magistero di arcivescovo di una chiesa giovane, appartenente al mondo
periferico e lontano rispetto all’antica cristianità europea.
Innanzitutto
è riaffermato ancora una volta il primato del perdono di Dio, perdono
che non si deve meritare ma solo accogliere come un dono che Dio
rinnova settanta volte sette (cf. Mt 18,22), affinché noi uomini e
donne – operatori di male anche se non lo vogliamo – possiamo alzare il
capo e ricominciare con speranza la sequela del Signore. Se davvero il
cristianesimo è “un andare di inizio in inizio per inizi che non hanno
fine” (Gregorio di Nissa), allora la vita cristiana è gioiosa, sa
sperare anche nella disperazione, sa cercare un rinnovamento contro
ogni vecchiezza. Qui papa Francesco si fa “servitore della gioia dei
credenti” (Paolo VI) e riesce a ridare forza alla fede come
convinzione, a ridare slancio alla corsa del Vangelo nel mondo.
Ma
il vescovo di Roma pone anche dei limiti alla sua esortazione: è
rivolta a tutta la chiesa, ma non ambisce a dire tutto, né pretende di
essere esaustiva. Per questo rinuncia a trattare in modo specifico
molti temi che abbisognano di approfondimento da parte delle singole
chiese. Il papa non vuole sostituirsi agli episcopati delle chiese nel
discernimento dei problemi né nell’indicazione della loro soluzione:
non a caso, nelle note appaiono – dato inconsueto per un documento
papale – testi di alcune conferenze episcopali. La voce del papa non
esaurisce quelle dei vescovi né le copre: già questo è un principio di
decentralizzazione che instaura la possibile sussidiarietà ecclesiale
in virtù della quale molti compiti possono essere svolti dai vescovi e
non devono essere riservati al pontefice e alla curia romana che lo
assiste.
Se
questi sono i punti presenti nell’esordio, il papa passa poi a
delineare la riforma della chiesa e a indicare la modalità, lo stile
della sua testimonianza nel mondo. Tra i tanti temi faccio un
discernimento, soffermandomi sui punti più decisivi e, per molti
aspetti, contenenti una certa novità: la conversione del papato, la gerarchia delle verità, il senso dei limiti ecclesiali e la mondanità. Certo,
grande spazio prende il tema della povertà della chiesa e della sua
azione per i poveri del mondo, i primi clienti di diritto della parola
di Dio, ma per ora non approfondiamo questo aspetto, apparso cocente,
bruciante fin dall’inizio di questo pontificato.
...
Dunque
l’entusiasmo per papa Francesco è grande e non va spento, ma occorre
restare vigilanti e soprattutto essere consapevoli che, se il papa non
è aiutato dai vescovi, dai presbiteri e dal popolo, non riuscirà a fare
nessuna riforma. Le riforme hanno bisogno della conversione e del
sostegno del popolo di Dio, non possono essere compito di uno solo.
Papa Francesco avrà contro soprattutto il vento delle potenze avverse,
perché dovrà faticosamente intrecciare le riforme ecclesiali con il
principio sinodale. E come ogni profeta sarà più ascoltato – come è
avvenuto per il Battista e per Gesù – da quelli che si riconoscono
peccatori, “pubblicani e prostitute” (cf. Mt 21,2; Lc 7,34; 15,1),
“samaritani e stranieri” (cf. Lc 17,38; Gv 4,39-40), piuttosto che da
quelli di casa sua.
Mi
diceva Hans Urs von Balthasar: “La chiesa ha conosciuto poche
primavere, sempre interrotte da gelate repentine”. Apprestiamo tutto
perché questa primavera sbocci e dia i suoi frutti.
"La primavera della chiesa" di Enzo Bianchi
Vedi anche il nostro precedente post:
«Evangelii Gaudium» - Con la gioia del Vangelo una chiesa povera che si fa evangelizzare dai poveri
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«Qui è un far west». Le parole del
procuratore di capo di Prato, Piero Tony fotografano una realtà che da
queste parti è conosciuta fin troppo, quella dei nuovi schiavi cinesi
nelle confezioni tessili. «Un’insostenibile illegalità e sfruttamento»,
come l’ha definita il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
scrivendo al presidente della Regione Enrico Rossi. Quello che, in
queste proporzioni, da queste parti, non si era mai visto è la tragedia
che si è consumata alle prime ore di domenica mattina.
Damiano Fedeli: Prato, i nuovi schiavi cinesi
Il vescovo Franco Agostinelli
ha preso posizione sulla morte di sette cinesi: "Basta! A situazioni di
lavoro non degne dell’uomo e delle conquiste sociali; all’illegalità,
che troppo spesso combina insieme gli interessi immorali di molti
pratesi e le attività disinvolte di tanti imprenditori cinesi; allo
sfruttamento della manodopera immigrata cinese, anche quando assume i
connotati dell’autosfruttamento"
Damiano Fedeli: E' ora di dire "basta!" Alza la voce la Chiesa di Prato
Nelle
fabbriche della cinatown più grande d’Europa, i cinesi ci vivono. Sono
luoghi inaccessibili per gli altri. Monitorati dall’esterno da
telecamere a circuito chiuso. Se bussate non risponde nessuno. Eppure
si sente il lavorio frenetico delle persone. Se bussate con più
insistenza i macchinari rallentano o, comunque, diminuisce il rumore.
Dalle spalle vedete spuntare un gruppo di due o tre cinesi. Non
riuscite a capire da dove. Non fanno niente, vi osservano. E
continuano ad osservarvi finché non andate via. In alcuni casi vi
seguono e vi scortano per un po’ di strada finché non siete lontani
abbastanza.
INFERNO E CONTANTI - Partecipiamo a un blitz notturno del comando provinciale della Guardia di Finanza di Prato...
Da lì non si esce. Mai. Nemmeno la luce del sole si vede.
Mai. Le vetrate sono ricoperte da strati di cellophane nero.
Dall’esterno non si deve vedere niente. Anche le finestre sono sempre
chiuse, d’estate come d’inverno. Bisogna fare il minimo rumore.
Nell’aria sale e scende la fuliggine provocata dal cotone che
incessantemente passa sotto i macchinari. Sembra neve. Se ne trova a
batuffoli sulle cucitrici, per terra, sugli abiti. Ma anche nei capelli
degli operai, sulla loro pelle. La respirano 24 ore.
CORRIERE DELLA SERA: Prato, la tragedia annunciata: così si muore per 40 centesimi a vestito (testo+video)
Che
cosa hanno fatto i sindacati, le associazioni degli industriali e di
categoria, le forze dell’ordine, le istituzioni per prevenire un dramma
come quello di Prato, dove in una fabbrica condotta da cinesi sette
persone sono state cremate vive da un rogo scoppiato durante la notte?
È il tragico quesito che si sono posti tutti dopo la strage al
Macrolotto, la nuova zona industriale della cittadina toscana.
Paolo Savatore Orrù: Il sindacalista: "Cinesi schiavi a Prato? Tutti sanno ma la manodopera serve anche alle grandi griffe"
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LA VITA CRISTIANA COME CAMMINO
HOREB n. 65 - 2/2013
TRACCE
DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI
È sempre
bello partecipare della gioia di un bambino che, dopo aver gattonato
per settimane, finalmente, tenuto per mano dai genitori, riesce a stare
in piedi e a muovere i primi passi. Gli brillano gli occhi e grida di
gioia, poi, quando scopre che può camminare da solo, da quel momento si
sente libero di esplorare le cose che lo circondano.
Il camminare è davvero un’esperienza connaturale all’uomo, egli è un
essere itinerante, “homo viator”, secondo l'espressione di G. Marcel.
Sempre in cammino non solo in senso geografico spaziale, desideroso,
cioè, di lasciare un determinato luogo per raggiungere e conoscere
nuove realtà, ma in cammino verso il raggiungimento della sua pienezza.
Il bambino è chiamato gradualmente a crescere a misurarsi con i piccoli
e grandi eventi, a prendere decisioni a confrontarsi con gli altri, a
diventare adulto. Nel tessuto del mondo, la vita dell'uomo è una grande
avventura, che conosce percorsi agevoli, lieti ma anche momenti di
perplessità, arresti, crisi, desiderio di tornare indietro, ma proprio
attraverso queste fasi egli cresce negli anni, e anche matura
umanamente e spiritualmente.
Il camminare, esigenza fondamentale dell’uomo, è già evidenziata dalla
Bibbia che, prima di tutto, ci mostra lo stesso Dio in cammino e, poi,
evidenzia che il Vivente coinvolge l’uomo nel suo cammino.
Il profeta Michea, per esempio, annota che camminare umilmente con Dio
è una delle dimensioni inseparabili che configurano l’esperienza umana
e spirituale dell’uomo: «Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e
ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la
pietà, camminare umilmente con il tuo Dio» (Mi 6,8).
Il “camminare con Dio” esprime sia il dinamismo dell’esistenza umana
sia il fondamento dell’esperienza di fede, cioè la conoscenza e
l’esperienza di Dio.
E Dio, in Gesù, si è fatto umano, compagno di viaggio di ogni uomo che
lo accoglie. Lui, la “Via”, ci educa ad uscire dalla caverna egoica che
rende ciechi e immobili, ci strappa da una logica mondana e di potere,
ci apre orizzonti sempre nuovi e scopriamo che il viaggio della vita
non lo facciamo da soli, ma assieme a tante altre persone che non sono
nemici o estranei, ma fratelli. Essi sono la soglia dove ogni uomo
comincia veramente a vivere. ...
Questo l'incipit dell'Editoriale di
Horeb, Quaderni di riflessione e formazione per quanti desiderano
coltivare una spiritualità che assuma e valorizzi il quotidiano.
Editoriale (pdf)
Sommario (pdf)
E' possibile richiedere
copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
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E-mail: horeb.tracce@alice.it
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Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto
I MERCOLEDÌ DELLA SPIRITUALITÀ - 2013
Dal 16 Ottobre al 4 Dicembre
Sala del Convento
dalle h. 20.00 alle h. 21.00
IL SANGUE DEI MARTIRI
SEME DI NUOVI CRISTIANI
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Ma che cosa avrà messo in moto...
Riscopriamo la bellezza di essere tutti in cammino...
... Scommettiamo sulla speranza...
Il tempo di Avvento...
Un cristiano deve fare...
I bambini hanno molto da insegnare...
Quali i piccoli che anche oggi...
Cos'è la misericordia?...
Ricordiamo sempre...
Gesù viene in questo tempo...
Siamo in cammino verso la Resurrezione...
E' sulla sabbia che costruisce...
Ci illudiamo di conoscere il Signore...
La luce è venuta nel mondo...
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SANT'ANDREA APOSTOLO (video)
SAN NICOLA (video)
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Ricordiamo Charles de Foucauld ucciso il 1° dicembre 1916
Padre mio, io mi abbandono a Te...
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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO
"Io non prego per il mondo ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi". (Giovanni 17,9)
Gianfranco Ravasi: Perché Gesù dice: «Non prego per il mondo»?
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RUBRICA Un cuore che ascolta - lev shomea' "Concedi
al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo
popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino
Vangelo: Mt 24,37-44
«Quanto a quel giorno e all'ora nessuno lo sa, né gli angeli dei cieli né il Figlio ma il Padre soltanto».
E' il versetto 36 che precede il brano del Vangelo di
questa Domenica e che ci aiuta a comprenderlo meglio. Se,
riferendosi alla fine di Gerusalemme, Gesù aveva detto che «non passerà questa generazione prima che tutto questo accada» (Mt 24,34), riferendosi
alla fine di ognuno di noi il Signore si rimette al Padre, associando
la sua proposta di salvezza a quella di Noè e indicando come
soluzione un cambio di vita, una umanità cresciuta, più
matura, una salvezza altra per una umanità altra, rinnovata dalla
scelta delle dinamiche del Regno.
...
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Omelia di don Angelo Casati
nella 1ª Domenica di Avvento Anno A - 1 dicembre 2013
Is 2, 1-5 Sal 121 Rm 13, 11-14 Mt 24, 37-44
La
venuta del Signore è come quella del ladro. L'accostamento è
inquietante e, in qualche misura, sembra anche irriguardoso. Quasi
dissacrante del volto del Signore. Ma, voi lo intuite, è solo per dire
che la visita di Dio è, come afferma Gesù, nell'ora che non immaginiamo. E
così la vigilanza, la vigilanza cui siamo richiamati, proprio perché
non sappiamo il giorno né l'ora, va distesa su tutta la vita. Non un
istante su cui accendere l'attenzione. No, l'attenzione su tutta la
vita: svegli, svegli e lucidi, su tutta la vita. Perchè
la venuta, dice Gesù nella pagina di Matteo, sarà come ai tempi del
diluvio. È interessante notare come l'evangelista Matteo, riferendosi
al tempo del diluvio, non accenni, come invece fa il libro della
Genesi, alla malvagità e alla violenza di quella generazione. Scrive il
libro della Genesi: "La malvagità era grande sulla terra, ogni disegno
concepito nel cuore non era altro che male, la terra per causa loro era
piena di violenza". Ebbene
la generazione del diluvio, nella redazione del vangelo di Matteo, non
viene rimproverata per la sua malvagità e violenza. Fa cose, diremmo,
normali, fa le cose che fanno tutti, le cose che appartengono al nostro
vivere quotidiano: "Mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito".
Il rimprovero dunque non può essere evidentemente per queste cose, ma è
per quello che segue. È scritto: "E non si accorsero di nulla, finché
non venne il diluvio e inghiottì tutti". È
una generazione che non si accorge di nulla. Che non ha attenzione e
lucidità. È inghiottita dagli eventi. Rimproverata è questa
indifferenza, questa incoscienza. Vivere, ma senza sospetto, senza
discernimento. Senza interrogazione. Senza interrogazione profonda. Vedete,
noi siamo stati educati a guardarci dalla malvagità e dalla violenza. E
non sempre ce ne siamo guardati. Non siamo stati educati invece, o lo
siamo stati meno, a guardarci dal sonno dello spirito: "Svegliamoci"
diceva oggi Paolo "dal sonno", dall'indifferenza, dalla cecità. Di qui
questo non accorgersi di nulla, questo non interrogarci sulle questioni
fondamentali, questo essere trascinati dagli eventi, risucchiati dal
trantran delle cose. "Mangiavano,
bevevano, prendevano moglie e marito". E così anche le cose serie come
mangiare e bere, prendere moglie e marito possono essere a tal punto
idolatrate da occupare tutto il cuore, tutto il da fare della vita. Non
c'è altro. Sommersi!...
omelia di don Angelo nella 1ª Domenica di Avvento
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Il
30 novembre saranno settant’anni dalla morte di Etty Hillesum, ebrea
olandese di 29 anni vittima dell’Olocausto a Auschwitz. Settant’anni
non sono pochi per la memoria degli uomini, e molti grandi nomi, dopo
un tale lasso di tempo, sono dimenticati. Etty Hillesum invece, di cui
quasi niente si sapeva nel’immediato dopoguerra, conosce con il suo
Diario e le sue Lettere una sorta di nuova vita; capace com’è di
sedurre e affascinare lettori di oggi, che anagraficamente potrebbero
essere suoi nipoti e che pure trovano in lei, singolarmente, una
contemporanea, con le stesse domande e le stesse speranze nel cuore.
Infatti da poco Adelphi ha pubblicato la edizione integrale del Diario
e in questi giorni esce l’integrale delle Lettere, mentre fino a ora in
Italia si erano lette solo edizioni parziali.
Già
sufficienti, comunque, per suscitare con un passaparola fra lettori, e
più ancora lettrici, quello che si potrebbe definire un innamoramento
per la Hillesum. Nata nel 1914 in Olanda, Etty cresce in una famiglia
ebrea borghese, colta e non praticante. Nel 1941, quando inizia a
scrivere il suo Diario, è una studentessa universitaria vivace,
innamorata di Rilke e Dostoevskij, dimentica dei precetti ebraici e
padrona, come lei stessa scrive, «di una vita libera e sregolata». ..
La seconda vita di Etty
Guarda anche i nostri precedenti post:
- "Etty Hillesum. Diventare più umani" di Aurelio Antista -30.10.2013 (VIDEO-incontro integrale)
- "Etty Hillesum. Diventare più umani" di Aurelio Antista - 06.11.2013 (VIDEO-incontro integrale)
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Uomini e Profeti
Monografie | RAI Radio 3
Etty Hillesum
Diari 1941-1943
UN ARDORE ELEMENTARE
Tra le baracche e il fango
«...e
perché talvolta posso essere cosi' colma di vastità... quella vastità
che non è poi nient'altro che il mio essere ricolma di te... )(
...certo restiamo sempre più impoveriti, ma io mi sento ancora cosi'
ricca, che questo vuoto non mi è entrato veramente dentro... Vivere
pienamente verso l'esterno come verso l'interno, non sacrificare nulla
della realtà esterna a beneficio di quella interna, e viceversa. Questo
è il compito che voglio considerare per me stessa...» (Etty Hillesum,
Diari 1941-1943)
Parte 1/3 | Sul ruvido tappeto di cocco
video
«...continuerò
a lavorare con la stessa convinzione... Tutto è in me come un unico
potente insieme e come tale lo accetto e comincio a capirlo sempre
meglio anche se ancora non riesco bene a spiegarlo agli altri... )(
...Continuerò la mia vita dove essa è rimasta interrotta, io ho il
dovere di vivere nel modo migliore e con la massima convinzione sino
all'ultimo respiro. Allora chi verrà dopo di me non dovrà più
cominciare tutto daccapo e con tanta fatica... )( ...E quasi a ogni
battito del mio cuore cresce la mia certezza. Tu non puoi aiutarci. E
tocca a Noi aiutare Te, difendere fino all'ultimo la Tua casa in
Noi...» (Etty Hillesum, Diari 1941-1943)
Parte 2/3 | Aiutare Dio
video
«...Non
si tratta, infatti, di conservare questa vita a ogni costo, ma di come
la si conserva. Se noi.. non sapremo offrire al mondo impoverito...
nient'altro che i nostri corpi salvati a ogni costo e non un nuovo
senso delle cose attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e
disperazione, allora non basterà! Dai campi stessi dovranno irraggiarsi
nuovi pensieri, nuove conoscenze dovranno portar chiarezza oltre i
recinti di filo spinato e congiungersi con quella stessa chiarezza che
là fuori ci si deve ora conquistare con altrettanta pena... )( ...Ora
solo mi rendo conto di quanto Tu mi abbia dato da portare, tante cose
belle e tante cose difficili. E quelle difficili si sono trasformate in
belle ogni volta che sono stata disposta a sopportarle. Pensare che un
piccolo cuore umano possa provare cosi' tanto, possa soffrire e amare a
tal punto! Ti sono cosi' riconoscente perché hai scelto proprio il mio
cuore, di questi tempi, per fargli sopportare tutto quanto...! Bisogna
saper sopportare i tuoi misteri, Dio!... )( Ho amato tanto la vita,
quando ero seduta a questa scrivania ed ero circondata dai miei
scrittori, dai miei poeti e dai miei fiori, e là, tra le baracche
popolate da uomini scacciati e perseguitati ho trovato la conferma di
questo amore! Laggiù ho toccato con mano che ogni atomo di odio che si
aggiunge al mondo lo rende ancora più inospitale e credo anche, forse
un po' ingenuamente ma, ostinatamente, che questa Terra potrebbe
diventare un po' più abitabile solo grazie a quell'amore, di cui
l'ebreo Paolo scrisse agli abitanti di Corinto nel 13° cap. della sua
lettera: "Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma
non avessi l'amore, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che
tintinna, e se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i
misteri e tutta la scienza e possedessi la pienezza della fede, cosi'
da trasportare le montagne, ma non avessi l'amore, non sono nulla! E se
anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per
essere bruciato, ma non avessi l'amore, niente mi giova! L'amore è
paziente, è benigno l'amore, non è invidioso l'amore, non si vanta, non
si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si
adira, non tiene conto del male ricevuto..." )( ...Questo amore è come
un ardore elementare che alimenta la vita. Maria cara, qui di amore non
ce n'è molto, eppure mi sento indicibilmente ricca, e non saprei
spiegarlo a nessuno!...» (Etty Hillesum, Diari 1941-1943)
Parte 3/3 | Eppure la vita!
video
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Nella cattedrale di Molfetta, con una concelebrazione eucaristica
presieduta, come in occasione della Prima sessione pubblica del
Tribunale avvenuta il 30 aprile 2010, dal cardinale Angelo Amato,
Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, si è conclusa la
fase diocesana del processo di canonizzazione di don Tonino Bello
scomparso 20 anni fa. Alla celebrazione, presenti tra gli altri il
vescovo di Molfetta mons. Luigi Martella e il Postulatore della causa
mons. Agostino Superbo, arcivescovo di Potenza, hanno partecipato
centinaia di fedeli provenienti anche dalla diocesi di Ugento-Santa
Maria di Leuca. Don Tonino Bello è sepolto infatti ad Alessano, in
provincia di Lecce, sua città natale.
Le
casse contenenti la documentazione e le testimonianze (60) sulle virtù
di don Tonino Bello, chiuse e sigillate, saranno consegnate a Roma alla
Congregazione delle Cause dei santi. La Congregazione controllerà la
correttezza delle procedure e della documentazione, nominando un
relatore della causa che elaborerà la 'Positio super virtutibus' di don
Tonino Bello, una sorta di dossier che attesti e dimostri
ragionevolmente le presunte virtù eroiche.
Una
commissione di teologi, detta Congresso dei teologi, esaminerà la
'positio' e, se non ci saranno ostacoli di natura teologica o morale,
emetterà un parere favorevole, al quale seguirà una riunione di
cardinali e vescovi della Congregazione. Al termine della riunione il
Papa potrà accogliere il parere e dichiarare la venerabilità dell'ex vescovo di Molfetta.
Per
la fase successiva, cioè la beatificazione, dovrà essere riconosciuto
un miracolo attribuito all'intercessione dello stesso don Tonino. Anche
per questo si dovrà procedere con apposita inchiesta diocesana
supportata da una commissione di medici, al termine della quale, se
affermativa, il Papa proclamerà il Beato, stabilendo una data della
memoria nel calendario liturgico. (fonte: Repubblica-Bari)
il testo integrale dell'INTERVENTO
INTRODUTTIVO ALLA CELEBRAZIONE DELLA CHIUSURA DELLA FASE DIOCESANA DEL
PROCESSO DI BEATIFICAZIONE DI DON TONINO BELLO di S.E. Mons. LUIGI
MARTELLA
video della registrazione integrale della cerimonia
Un
sentimento di grande gioia pervade tutti noi per questa tappa
raggiunta: poco più di tre anni per raccogliere tutti i documenti e le
testimonianze necessarie a confermare la santità di don Tonino Bello.
Molte
cose sono state dette e scritte, a proposito e a sproposito: si voleva
introdurre la causa? Non si voleva? Era necessario? Troppo tempo? Ne
faremo un santino? Lo ingesseremo in una nicchia o su un piedistallo? E
non sono mancati strattonamenti del suo pensiero e della sua
testimonianza, qualche volta branditi contro questo o quello.
Non
indugiamo su queste considerazioni; la data del 30 novembre 2013, dopo
quella del 30 aprile 2010, saranno segnate a caratteri cubitali nella
storia della nostra diocesi come in quella di Ugento-Santa Maria di
Leuca, mentre da ormai 30 anni il segno di don Tonino vescovo è
impresso indelebilmente nella vita e nei cuori di ciascuno di noi.
Adesso, questo dono di fede che abbiamo ricevuto viene consegnato alla
Chiesa universale e a lei ci affidiamo colmi di speranza per le fasi
successive...
Benedici noi, don Tonino!
La croce di don Tonino indossata da Papa Francesco: "Si può fare, si farà".
L'hanno donata al pontefice i due fratelli del «vescovo della pace». E Francesco ha assicurato: «La indosserò».
Il
14 Novembre la mattina... a pochi giorni dalla chiusura della fase
diocesana del processo di canonizzazione di don Tonino (fissata per il
30 novembre 2013) il Papa ha voluto incontrare Marcello e Trifone
Bello. E con loro in Vaticano è stato ricevuto anche Giancarlo
Piccinni, presidente della Fondazione don Tonino Bello.
Un
incontro speciale e commovente. Alle ore 7 Papa Francesco ha celebrato
la messa in Santa Marta, davanti ai tre ospiti arrivati dal Salento.
Poi ha dialogato con loro. «Alle 7.35, terminata la liturgia - racconta
ancora Giancarlo Piccinni - Papa Francesco è venuto a sedersi tra i
banchi con noi ed è rimasto una decina di minuti in silenzio, a
ringraziare il Signore per quanto insieme avevamo vissuto. Quindi, ha
ricevuto Marcello, Trifone e me, nella foresteria di Casa Santa
Marta». (fonte: La gazzetta del mezzogiorno)
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Muoversi per la diocesi che per
undici anni è stata guidata da monsignor Bello significa immaginarlo
ancora come un familiare che accompagna la vita della comunità. E
toccarne con mano le intuizioni, la profezia, l’eredità quasi ovunque.
«Qualcuno dice: "Don Tonino ci manca" – confida Martella –. In realtà è
qui in mezzo a noi. E la sua missione prosegue. In fondo aveva ragione
l’arcivescovo di Bari-Bitonto, Mariano Magrassi, che nell’omelia delle
esequie sostenne che il tramonto sarebbe stato più luminoso dell’alba.
Ecco, a venti anni dalla sua morte, continua ad aiutare tanti a varcare
la soglia della speranza».
Giacomo Gambassi: Don Tonino Bello, pastore «sul passo degli ultimi»
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(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Al
di fuori del contesto liturgico «avvento» è parola poco frequente.
Comunque, quando la si impiega, indica una realtà già presente: «con
l’avvento dell’automobile l’isolamento dei piccoli paesi è cessato»,
«con l’avvento di internet si è rivoluzionata la comunicazione» e così
via. Lo specifico della fede sta invece nell’associare questo termine a
un’attesa: quale?
Nel senso più comune
si tratta della festa di Natale. L’Avvento è il periodo liturgico che
prepara appunto quella festa. Nella prassi, è, il più delle volte, una
realtà legata all’età infanzia. Tutti gli adulti ricordano i tempi
passati in cui si aspettava che giungesse il regalo tanto desiderato. A
partire dai primi di autunno, nella consuetudine dei genitori vige
tuttora la tattica di rimandare al 25 dicembre la soddisfazione di
desideri espressi da parte dei loro figli piccoli.
Una consuetudine propria
dei paesi di lingua tedesca, ormai presente anche dalle nostre parti,
sono i calendari dell’Avvento: ogni giorno si apre una finestrella in
attesa di giungere a quella grande e doppia della vigilia di Natale. Se
ci si riflettesse, da questa usanza si ricaverebbe un insegnamento da
non sottovalutare: conosciamo la méta (tutti sanno che l’ultima
finestra rappresenterà una Natività), ma ignoriamo cosa esattamente ci
riserva la strada (non sappiamo quale disegno troveremo nella
finestrella del giorno dopo: un cavallino a dondolo? Una pallina di
vetro? Un bastone di zucchero?).
Anche la liturgia nel
corso di quattro settimane prepara i fedeli alla solennità di Natale.
Quanto le è proprio è di far rivivere un’attesa antica insegnando di
nuovo ad attendere. La sintesi di questi due atteggiamenti si chiama speranza.
È una virtù che la tradizione cristiana definisce teologale. Proprio
perché l’Atteso è già giunto si è chiamati a sperare. Anche i credenti,
come i bimbi, conoscono la meta mentre restano all’oscuro delle
sorprese, belle, ma non di rado anche dolorose, nascoste dietro le
finestrelle del nostro immediato futuro. Nessuno sa che cosa domani gli
riserverà la vita; un motto che vale sia per individui sia per le
collettività. Nell’assunzione di questa consapevolezza la speranza
differisce radicalmente dall’ottimismo.L’analogia
tra lo spirito dell’Avvento e il calendario che lo ricorda è molto
parziale. Anzi in un punto qualificante essa è del tutto assente...
Avvento di Piero Stefani
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Che ridere.
Stamattina
ho accompagnato il grande a scuola con appresso anche il piccolino,
così dopo ho portato quest’ultimo con me a fare un po’ di spesa,
approfittando di questa assolata giornata d’autunno per fargli fare
anche un giretto. Tornati a casa, poi, eravamo lì, nell’androne ad
aspettare che arrivasse l’ascensore e mi è sembrato buffo vedere quel
piccolo ometto in piedi di fianco a me attendere tranquillo e sereno
che le ante di metallo di quel familiare portone si aprissero.
Poi
però, contemplando la paffuta figurina incappottata del mio bimbo in
attesa, mi sono colto a sbalordirmi della capacità d’abbandono di quei
“piccoli” come lui che il Signore, mettendoli tra sé ed i suoi
discepoli, ha additato ad esempio. Perché mio figlio ritto davanti a
quell’ascensore chiuso stava compiendo sotto i miei occhi un vero e
proprio atto di fede: lui era lì pacifico perché aveva fiducia in me.
La mia presenza sola gli dava garanzia che qualsiasi circostanza lo
attendesse non avrebbe turbato la sua pace poiché io sarei stato con
lui...
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L’amore
nasce da un incontro; è una scintilla divina che intercorre tra cuori
aperti all’accoglienza dell’altro, anzitutto all’accoglienza dell’Altro
che è Gesù Cristo, l’Amore divino incarnato: «Dio infatti ha tanto
amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in
lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Vivere,
perciò, è credere all’Amore, è innamorarsi dell’Amore.
Anna Maria Canopi: Essere amati da Cristo. E innamorarsi di Lui
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CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni |
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Avete
presente il calendario dell'Avvento, quello con le finestrelle da
aprire ogni giorno dal 1 dicembre fino alla notte di Natale? È una
delle tradizioni natalizie che non tramontano mai (come ben sanno note
marche di cioccolatini o giganti del giocattolo che ci si sono gettati
sopra). Eppure da qualche anno a questa parte in casa cattolica sta
prendendo piede una novità significativa: sono sempre di più le realtà
che lo stanno portando anche on line. Utilizzando il web 2.0 per
riportare questo strumento al suo significato originale: quello di un
accompagnamento spirituale nel cammino verso il Natale...
Il calendario dell'Avvento? Diventa 2.0
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IN ASCOLTO
DELLE REALTA’ DI BASE
Giampiero Forcesi
A
sorprendere non è il fatto che, per la preparazione del Sinodo dei
vescovi sulla pastorale per la famiglia, sia stato predisposto e
inviato ai vescovi delle chiese locali un questionario con 38 domande.
Questa è una prassi seguita anche per gli altri sinodi, l’ultimo quello
dell’ottobre 2012 sulla trasmissione della fede cristiana.
La definizione di Paolo VI
Nei
Lineamenta, che costituiscono il primo documento di ogni percorso
sinodale, l’obiettivo è proprio quello di fare il punto sul tema
prescelto, ponendo interrogativi ai vescovi, e dunque alle chiese
locali, per poi imbastire, in base ai dati di ritorno, l’Instrumentum
laboris, che è ildocumento con il quale si arriva all’apertura
dell’assemblea sinodale. Del resto, in quella che è considerata la
definizione più appropriata e autorevole del sinodo, Paolo VI, il papa
che il sinodo lo istituì durante l’ultima sessione del concilio
Vaticano II, lo presenta come “uno studio comune delle condizioni della
Chiesa” e come “la soluzione concorde delle questioni relative alla sua
missione”. Uno studio, dunque, cioè un’indagine. Comune, che coinvolge
la Chiesa cattolica nel suo insieme. Allo scopo di giungere a una
“soluzione concorde”, cioè ad un orientamento pastorale condiviso. In
questo senso, il sinodo è uno strumento della collegialità episcopale
(come lo definì più avanti papa Woytjla). Anche se non è quella
collegialità, permanente e soprattutto effettiva, che in Concilio la
maggioranza dei Padri aveva cercato di istituire, senza riuscirci...
"SINODO. IN ASCOLTO DELLE REALTA’ DI BASE" di Giampiero Forcesi
Vedi anche i nostri precedenti post: - SINODO. IL DIBATTITO E’ APERTO di Fulvio De Giorgi
- «Le
sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione»
sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione 5-19 ottobre 2014 - Il
problema dei divorziati risposati
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Papa Francesco crea commissione contro pedofilia per la protezione dei minori, su proposta del consiglio degli otto cardinali
Papa crea commissione contro pedofilia
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
Con la voce profonda che lo
contraddistingue, il cardinale Sean O’Malley ha scosso la routine di un
ordinario giovedì vaticano con una notizia bomba: Papa Francesco
costituirà una Commissione per la protezione dei minori e la
prevenzione dei casi di abusi sessuali.
In un briefing in Sala
Stampa vaticana, il cappuccino arcivescovo di Boston, membro del C-8,
ha dichiarato che il Pontefice “continuando con decisione sulla linea
intrapresa da Benedetto XVI, e accogliendo una proposta del Consiglio
di Cardinali, ha deciso di costituire una specifica Commissione per la
protezione dei fanciulli, con la finalità di consigliarlo circa
l’impegno della Santa Sede nella protezione dei bambini e
nell’attenzione pastorale per le vittime degli abusi”.
Ancora non si hanno
informazioni dettagliate sulla identità e sul numero dei membri che
comporranno la Commissione. Composizione e competenze – ha detto
O’Malley – “verranno indicate prossimamente con maggiore dettaglio dal
Santo Padre, con documento appropriato”. Sarà comunque una Commissione
internazionale, di cui faranno parte diversi esperti.
Quello che già si conosce,
invece, è il duro lavoro che il team dovrà affrontare e la grande
responsabilità che ricoprirà nel sanare una delle più gravi ferite
della Chiesa del nostro tempo. Innanzitutto, la Commissione dovrà
riferire al Papa circa lo stato attuale dei programmi per la protezione
dell’infanzia, poi formulare suggerimenti per nuove iniziative da parte
della Curia, in collaborazione con vescovi, conferenze episcopali,
superiori religiosi e conferenze di superiori religiosi.
Sarà inoltre chiamata a
proporre, di volta in volta, nomi di persone adatte per l’attuazione di
questa nuova iniziativa. Sono inclusi quindi laici, religiosi,
religiose, sacerdoti, l’importante è che siano competenti su temi come:
la sicurezza dei fanciulli, i rapporti con le vittime, la salute
mentale, l’applicazione delle leggi e via dicendo...
Protezione dei minori e prevenzione degli abusi: il Papa istituisce una Commissione
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Donne cardinale? Occorre ben
altro. Cosa, ad esempio? “Aprire gli organi consultivi e decisionali
esistenti ad una significativa presenza femminile e, perché no, crearne
di nuovi. È un cambio di punto di vista che va messo in atto”. In
controtendenza assoluta con il cognome che porta, ma coerentemente con
la filosofia che anima il Movimento dei Focolari, Maria Voce non ama
parlare. Preferisce piuttosto farsi capire con i fatti. Nonostante ciò
sul tema delle donne nella Chiesa usa, in questa intervista, parole
chiare e inequivocabili. È altresì convinta che prendere spazi agli
uomini, anche nella Chiesa, “sarebbe un disastro per le donne”, il
sacerdozio femminile significherebbe ancora “relegarle in un ruolo di
servizio” e occorre ben altro alle donne nella Chiesa che aspirare al
titolo di cardinale.
Cosa
Maria Voce rappresenti nella Chiesa è presto detto guardando i numeri
del Movimento che guida dal 2008, da quando ha dovuto raccogliere
l’impegnativa eredità di Chiara Lubich. I Focolarini sono, a tutti gli
effetti, il più grande movimento cattolico: diffusi in 192 Paesi,
vivono in piccole comunità di laici mettendo in comune i loro beni.
...
Senonché, anche qui
controcorrente rispetto al corso millenario della Chiesa, sono l’unico
Movimento che per Statuto sarà sempre guidato da una donna. Quote rosa
ante litteram. Se non fosse che, invece, di quote rosa Maria Voce non
ama sentir parlare, in ciò capovolgendo il consueto approccio al
concetto di parità. E a Donneuropa spiega quale possa essere, per
l’altra metà del cielo, la parte da realizzare sulla terra...
Donne e Chiesa: l’altra metà del cielo decida anche in terra
L’intervista di Maria Voce alla rivista «Città Nuova» sul tema
donne e Chiesa è di grande interesse, sia per l’importanza della
persona — certo la donna più eminente del mondo cattolico in quanto
presidente del movimento che vi è più diffuso, i Focolari — sia per il
coraggio e la lucidità delle sue proposte.
Le donne nella ChiesaUn
mese fa avevo scritto una lettera a Papa Francesco - al quale
ovviamente tutti gli uomini e le donne di buona volontà sono grati per
quanto tenta di innovare - per suggerirgli prudenza a proposito della
sua reiterata intenzione di "parlare del ruolo della donna nella
Chiesa". E' infatti necessario ascoltare prima le "eterne dimenticate e
sconfitte", come il teologo Juan Josè Tamayo definisce le donne. Di
fatto il problema rappresentava - e rappresenta - una situazione che i
mezzi di informazione italiani, distratti dall'innamoramento teologico
dei vari Scalfari e Odifreddi, trascurano, anche se teologhe, suore,
femministe credenti e non credenti hanno espresso serie preoccupazioni
"di genere". Le donne, infatti,
quando le istituzioni si occupano del loro futuro, si allarmano:
infatti, il ruolo socialmente attribuito al genere femminile andrebbe
decostruito perché, pur apparentemente identitario, è in sostanza
un'invenzione storica che non rappresenta le donne. Come esempio
illuminante basterebbe la notizia, pubblicata a fine settembre dal
vaticanista Juan Arias sul quotidiano spagnolo El Pais, secondo cui il
Papa potrebbe nominare cardinale una donna. Nonostante la richiesta di
religiose favorevoli alla nomina, è scattato fra le donne interessate
l'allarme rosso. La porpora cardinalizia rappresenterebbe infatti
un'omologazione a "questa" gerarchia vaticana: la solita, ben nota
anche nelle altre istituzioni, concessione di finta parità. Alle donne
che sperano - come chiesto da Papa Francesco - di rinnovare la Chiesa
con la propria cultura, non basta; perché il cattolicesimo, per ora, è
"istituzionalmente", solo machista (sempre per usare le parole del Papa
argentino). Ivonne
Gebara, fin dal 4 agosto di quest'anno, suggeriva: "Papa Francesco, per
favore, si informi su Google sugli aspetti della teologia femminista,
almeno nel mondo cattolico". La
lettera andava nella stessa direzione: il Papa è un celibe che delle
donne conosce solo il ruolo sociale estraneo all'autonomia culturale
specifica e quell'idealizzazione "della donna" (il clero imparerà mai a
dire "delle donne"?) che trionfa nella visione, propria solo di un
immaginario maschile, della vergine-madre, "superiore agli apostoli",
ma esente da responsabilità nella costruzione reale della sua Chiesa.
Se Maria di Magdala (che San Tommaso chiama "apostola apostolorum") e
le altre che si erano recate al sepolcro vuoto, furono incaricate dal
Risorto di portare l'annuncio ai fratelli in clandestinità per paura
delle persecuzioni, ai nostri giorni risulta davvero poco comprensibile
che il ministero "petrino" escluda quello "mariano"...
SE LE DONNE POTRANNO AIUTARE LA CHIESA... di Giancarla Codrignani
Vedi anche il nostro precedente post:
Lettera a Papa Francesco di Giancarla Codrignani
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Antonio Staglianò, vescovo di
Noto e membro della Commissione Cei per la cultura e le comunicazioni
sociali, analizza l’attribuzione di "patrimonio dell’umanità" a quattro
famose processioni italiane: "Si riconosce che la fede, nelle sue forme
semplici e popolari, ha una grande valenza culturale, dove la cultura è
intesa come luogo in cui l’uomo diventa più uomo". I rischi del
folklorismo, del "fissismo" e delle commistioni mafiose
M. Michela Nicolais: Nelle processioni la pietà popolare produce vera cultura
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Angelus/Regina Cæli - Angelus, 1° dicembre 2013
Udienza - 4 dicembre 2013
Omelia - 30 novembre 2013: Celebrazione dei primi Vespri di Avvento con gli Universitari di Roma
Omelia - 1° dicembre 2013: Visita pastorale alla Parrocchia romana di San Cirillo Alessandrino
Discorso - Al pellegrinaggio della Chiesa Greco-Melchita (30 novembre 2013)
Discorso - A un gruppo di bambini ammalati di tumore provenienti dalla Polonia (30 novembre 2013)
Esortazione Apostolica - Evangelii Gaudium : Esortazione Apostolica sull'annuncio del Vangelo nel mondo attuale (24 novembre 2013)
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30/11/2013:
2/12/2013:
3/12/2013:
4/12/2013:
5/12/2013:
6/12/2013:
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(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)
1° dicembre 2013
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Iniziamo
oggi, Prima Domenica di Avvento, un nuovo anno liturgico, cioè un nuovo
cammino del Popolo di Dio con Gesù Cristo, il nostro Pastore, che ci
guida nella storia verso il compimento del Regno di Dio. Perciò questo
giorno ha un fascino speciale, ci fa provare un sentimento profondo del
senso della storia...
...
Il modello di questo atteggiamento spirituale, di questo modo di essere
e di camminare nella vita, è la Vergine Maria. Una semplice ragazza di
paese, che porta nel cuore tutta la speranza di Dio! Nel suo grembo, la
speranza di Dio ha preso carne, si è fatta uomo, si è fatta storia:
Gesù Cristo. Il suo Magnificat è il cantico del Popolo di Dio in
cammino, e di tutti gli uomini e le donne che sperano in Dio, nella
potenza della sua misericordia. Lasciamoci guidare da lei, che è madre,
è mamma e sa come guidarci. Lasciamoci guidare da Lei in questo tempo
di attesa e di vigilanza operosa.
testo integrale dell'Angelus
video
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Piazza San Pietro
Mercoledì, 4 dicembre 2013
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi
ritorno ancora sull’affermazione «Credo la risurrezione della carne».
Si tratta di una verità non semplice e tutt’altro che ovvia, perché,
vivendo immersi in questo mondo, non è facile comprendere le realtà
future. Ma il Vangelo ci illumina: la nostra risurrezione è
strettamente legata alla risurrezione di Gesù; il fatto che Egli è
risorto è la prova che esiste la risurrezione dei morti. Vorrei allora
presentare alcuni aspetti che riguardano il rapporto tra la
risurrezione di Cristo e la nostra risurrezione. Lui è risorto, e
perché Lui è risorto anche noi risusciteremo...
APPELLO
Desidero
ora invitare tutti a pregare per le monache del Monastero
greco-ortodosso di Santa Tecla a Ma’lula, in Siria, che due giorni fa
sono state portate via con la forza da uomini armati. Preghiamo per
queste monache, per queste sorelle, e per tutte le persone sequestrate
a causa del conflitto in corso. Continuiamo a pregare e a operare
insieme per la pace. Preghiamo la Madonna. (Ave Maria...)
testo integrale
video della catechesi
Come
ogni mercoledì mattina, Papa Francesco ha salutato le migliaia di
pellegrini, baciato molti bambini, raccolto sciarpe e magliette che gli
venivano lanciate, benedetto "zucchetti" bianchi simili al suo che i
fedeli gli porgevano. Il Papa ha cercato di tranquillizzare
un bambino che piangeva al momento in cui i gendarmi vaticani glielo
avvicinavano durante il consueto giro sulla jeep in piazza San Pietro,
iniziato poco prima delle 10, prima dell'udienza generale. Jorge Mario
Bergoglio, vestito con cappotto bianco ma senza sciarpa, ha dapprima
fatto con un dito il segno delle lacrime, poi ha detto al bambino "stai
tranquillo" prima di baciarlo. (fonte: TMNews)
... Così
finalmente si è arrivati alla giornata odierna che vede la macchina
organizzativa dell'Associazione Italiana Gelatieri e degli Ambasciatori
del Gelato Artigianale in pieno fermento per essere riconoscibili di
fronte a Papa Francesco al quale doneranno una creazione dolciaria
d'alta pasticceria e un quadro da parte del Presidente, Alberto Pica.
Il
dolce (realizzato da Nicola Netti, Ambasciatore del gelato e pasticcere
pugliese di gran fama), ha una particolarità: oltre ad essere non
immediatamente deperibile, e perciò resistere con maggior facilità ai
tempi di trasporto a differenza del gelato che avrebbe avuto problemi
di vario tipo per essere donato in questa occasione, ha la forma di un
libro antico ed in rilievo ha l'immagine della Madonna con il Bambino
Gesù“
in udienza dal Papa con un dolce dono
video integrale
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
2 dicembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
"Andiamo incontro al Signore con cuore aperto"
Prepararsi
al Natale con la preghiera, la carità e la lode: con un cuore aperto a
lasciarsi incontrare dal Signore che tutto rinnova: è l'invito lanciato
da Papa Francesco nella Messa presieduta a Santa Marta in questo primo
lunedì del Tempo di Avvento.
Commentando
il passo del Vangelo del giorno in cui il centurione romano chiede con
grande fede a Gesù la guarigione del servo, il Papa ha ricordato che in
questi giorni “cominciamo un nuovo cammino”, un “cammino di
Chiesa … verso il Natale”. Andiamo incontro al Signore, “perché il
Natale – ha precisato - non è soltanto una ricorrenza temporale oppure
un ricordo di una cosa bella”:
“Il
Natale è di più: noi andiamo per questa strada per incontrare il
Signore. Il Natale è un incontro! E camminiamo per incontrarlo:
incontrarlo col cuore, con la vita; incontrarlo vivente, come Lui è;
incontrarlo con fede. E non è facile vivere con la fede. Il Signore,
nella parola che abbiamo ascoltato, si meravigliò di questo centurione:
si meravigliò della fede che lui aveva. Lui aveva fatto un cammino per
incontrare il Signore, ma lo aveva fatto con fede. Per questo non solo
lui ha incontrato il Signore, ma ha sentito la gioia di essere
incontrato dal Signore. E questo è proprio l’incontro che noi vogliamo:
l’incontro della fede!”.
E più che essere noi ad incontrare il Signore – sottolinea il Papa – è importante “lasciarci incontrare da Lui”...
Ma occorre il cuore aperto:
“Cuore
aperto, perché Lui incontri me! E mi dica quello che Lui vuol dirmi,
che non sempre è quello che io voglio che mi dica! Lui è il Signore e
Lui mi dirà quello ha per me, perché il Signore non ci guarda tutti
insieme, come una massa. No, no! Ci guarda ognuno in faccia, negli
occhi, perché l’amore non è un amore così, astratto: è amore concreto!
Da persona a persona: il Signore, persona, guarda me, persona.
Lasciarci incontrare dal Signore è proprio questo: lasciarci amare dal Signore!”...
Papa Francesco: Natale è lasciarsi incontrare da Gesù col cuore aperto perché ci rinnovi la vita
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
3 dicembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“La Chiesa deve essere gioiosa”.
La
Chiesa deve essere sempre gioiosa come Gesù. E’ quanto affermato da
Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il
Pontefice ha sottolineato che la Chiesa è chiamata a trasmettere la
gioia del Signore ai suoi figli, una gioia che dona la vera pace.
Pace
e gioia. Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi su questo
binomio. Nella prima Lettura tratta dal Libro di Isaia, ha osservato,
scorgiamo il desiderio di pace che tutti abbiamo. Una pace che, dice
Isaia, ci porterà il Messia. Nel Vangelo, invece, “possiamo intravedere
un po’ l’anima di Gesù, il cuore di Gesù: un cuore gioioso”:
“Noi
pensiamo sempre a Gesù quando predicava, quando guariva, quando
camminava, andava per le strade, anche durante l’Ultima Cena… Ma non
siamo tanto abituati a pensare a Gesù sorridente, gioioso.
Gesù era pieno di gioia: pieno di gioia. In quella intimità con suo
Padre: ‘Esultò di gioia nello Spirito Santo e lodò il Padre’. E’
proprio il mistero interno di Gesù, quel rapporto con il Padre nello
Spirito. E’ la sua gioia interna, la sua gioia interiore che Lui dà a
noi”.
“E
questa gioia – ha osservato – è la vera pace: non è una pace statica,
quieta, tranquilla”. No, “la pace cristiana è una pace gioiosa, perché
il nostro Signore è gioioso”. E, anche, è gioioso “quando parla del
Padre: ama tanto il Padre che non può parlare del Padre senza gioia”.
Il nostro Dio, ha ribadito, “è gioioso”. E Gesù “ha voluto che la sua sposa, la Chiesa, anche lei fosse gioiosa”:
“Non
si può pensare una Chiesa senza gioia e la gioia della Chiesa è proprio
questo: annunciare il nome di Gesù. Dire: ‘Lui è il Signore. Il mio
sposo è il Signore. E’ Dio. Lui ci salva, Lui cammina con noi’. E
quella è la gioia della Chiesa, che in questa gioia di sposa diventa
madre. Paolo VI diceva: la gioia della Chiesa è proprio evangelizzare,
andare avanti e parlare del suo Sposo. E anche trasmettere questa gioia
ai figli che lei fa nascere, che lei fa crescere”...
Il Papa: impensabile una Chiesa senza gioia, annunciare Cristo col sorriso
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
5 dicembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
ci sia Cristo nel nostro linguaggio
Chi
pronuncia parole cristiane senza Cristo, cioè senza metterle in
pratica, fa male a se stesso e agli altri, diventa superbo e provoca
divisioni, anche nella Chiesa. Questa la riflessione del Pontefice
nella messa celebrata giovedì a Santa Marta: «Le parole cristiane senza
Cristo ingannano, fanno male! Uno scrittore inglese, una volta,
parlando delle eresie diceva che un’eresia è una verità, una parola,
una verità, che è diventata pazza»
Ha
messo in guardia dai parolai senza Cristo papa Francesco nella Messa
celebrata giovedì mattina a Santa Marta: «Una parola cristiana che non
ha le sue radici vitali, nella vita di una persona, in Gesù Cristo, è
una parola cristiana senza Cristo», ha detto. «E le parole cristiane senza Cristo ingannano, fanno male! Uno
scrittore inglese, una volta, parlando delle eresie diceva che
un’eresia è una verità, una parola, una verità, che è diventata
pazza».
Ascoltare
e mettere in pratica la parola del Signore è come costruire la casa
sulla roccia. Papa Francesco spiega la parabola evangelica proposta
dalla liturgia del giorno. Gesù rimproverava i farisei di conoscere i
comandamenti ma di non realizzarli nella loro vita: «sono parole
buone», ma se non sono messe in pratica «non solo non servono, ma fanno
male: ci ingannano, ci fanno credere che noi abbiamo una bella casa, ma
senza fondamenta».
Una
casa, appunto, che non è costruita sulla roccia ed è destinata a
franare: «Questa figura della roccia si riferisce al Signore. Isaia,
nella Prima Lettura, lo dice: “Confidate nel Signore sempre, perché il
Signore è una roccia eterna!”. La roccia è Gesù Cristo! La roccia è il
Signore! Una parola è forte, dà vita, può andare avanti, può tollerare
tutti gli attacchi, se questa parola ha le sue radici in Gesù Cristo.
Una parola cristiana che non ha le sue radici vitali, nella vita di una
persona, in Gesù Cristo, è una parola cristiana senza Cristo! Quando le
parole cristiane sono senza Cristo incominciano ad andare sul cammino
della pazzia»...
IL PAPA: «UNA PAROLA CRISTIANA SENZA CRISTO PORTA ALLA PAZZIA»
video
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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
6 dicembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
dire la verità a Dio
Pregare
con insistenza e con la certezza che Dio ascolterà la nostra preghiera.
Su questo aspetto ha riflettuto Papa Francesco nell’omelia della Messa
celebrata questa mattina in Casa Santa Marta. La preghiera, ha
affermato, il Papa ha due atteggiamenti: è “bisognosa” e allo stesso
tempo è “sicura” del fatto che Dio, nei suoi tempi e nei suoi modi,
esaudirà il bisogno.
La preghiera, quando è cristiana sul
serio, oscilla tra il bisogno che sempre contiene e la certezza di
essere esaudita, anche se non si sa con esattezza quando. Questo perché
chi prega non teme di disturbare Dio e nutre una fiducia cieca nel suo
amore di Padre. Cieca come i due non vedenti del brano del Vangelo di
oggi, che gridano dietro a Gesù il loro bisogno di essere guariti. O
come il cieco di Gerico, che invoca l’intervento del Maestro con una
voce più alta di chi vuole zittirlo. Perché Gesù stesso – ricorda Papa
Francesco – ci ha insegnato a pregare come “l’amico fastidioso” che
mendica del cibo a mezzanotte, o come “la vedova col giudice corrotto”:
“Non
so se forse questo suona male, ma pregare è un po’ dare fastidio a Dio,
perché ci ascolti. Ma, il Signore lo dice: come l’amico a mezzanotte,
come la vedova al giudice… E’ attirare gli occhi, attirare il cuore di
Dio verso di noi… E questo lo hanno fatto anche quei lebbrosi che gli
si avvicinarono: ‘Se tu vuoi, puoi guarirci!’. Lo hanno fatto con una
certa sicurezza. Così, Gesù ci insegna a pregare. Quando noi preghiamo,
pensiamo a volte: ‘Ma, sì, io dico questo bisogno, lo dico al Signore
una, due, tre volte, ma non con tanta forza. Poi mi stanco di chiederlo
e mi dimentico di chiederlo’. Questi gridavano e non si stancavano di
gridare. Gesù ci dice: ‘Chiedete’, ma anche ci dice: ‘Bussate alla
porta’, e chi bussa alla porta fa rumore, disturba, dà fastidio”.
Insistenza
ai limiti del fastidio, dunque. Ma anche una incrollabile certezza. I
ciechi del Vangelo sono ancora di esempio. “Si sentono – afferma Papa
Francesco – sicuri di chiedere al Signore la salute”, perché alla
domanda di Gesù se credano che Egli possa guarirli, loro rispondono:
“Sì, Signore, crediamo! Siamo sicuri!”:
“E la preghiera ha questi due atteggiamenti: è bisognosa ed è sicura...
Il Papa: pregare è dare “fastidio” a Dio perché ci ascolti, sempre sicuri del suo intervento
Guarda il video
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«Quando dico al Papa “stasera esco in città”, c’è sempre il rischio che
lui venga con me. È fatto così, all’inizio non pensava al disagio che
si poteva creare....».
L’arcivescovo
Konrad Krajewski, 50 anni, elemosiniere del Papa, ha un lampo divertito
negli occhi mentre incontra i giornalisti e, quando gli si chiede se
sia mai capitato che Francesco lo accompagnasse nottetempo in giro per
Roma, nelle sue missioni in aiuto dei poveri, si limita a un sorriso e
a un «prego, la seconda domanda» che scatena l’esegesi del suo
silenzio: possibile che Bergoglio esca in incognito per Roma, come
peraltro faceva a Buenos Aires quando da arcivescovo visitava la favela
Villa 21, la gente lo chiamava «padre» e alcuni non sospettavano
neppure che quel prete in clergyman fosse il cardinale?
Più
tardi la faccenda monta e «padre» Krajewski («il Papa mi ha detto:
“Quando qualcuno ti chiama “eccellenza” chiedi cinque euro di tassa per
i poveri! Anche a me è venuto di chiamarti così ma non ho cinque euro
in tasca....”») si fa un’altra risata al telefono col Corriere , «ma
non è vero niente, si figuri: certo, al Santo Padre piacerebbe, come
piacerebbe uscire a confessare i fedeli, ma non gli è possibile, non è
mai successo: chi interpreta diversamente il mio sorriso, si vede che
non sa sorridere...». Lo stesso Francesco, del resto, aveva raccontato
di essere «un prete callejero », di strada, «quante volte ho avuto
voglia di andare per le strade di Roma!, ma capisco che non è
possibile...». Il che, se non altro, spiega come sia invece possibile
che una delle più alte cariche curiali si alzi alle 4.30 del mattino
nel suo appartamento di Borgo Pio («sono rimasto lì, così la gente ha
un accesso più diretto che in Vaticano») e passi buona parte del suo
tempo in giro per l’Italia o attraversando la notte Roma sulla sua Fiat
Qubo bianca («un’auto blu spaventerebbe, però ho la targa del Santo
Padre così possiamo entrare ovunque») in aiuto di chi ha bisogno. Mai
si era visto un elemosiniere pontificio itinerante. Ma quando lo
nominò, in agosto, Francesco lo avvertì: «Non sarai un vescovo da
scrivania, ti voglio tra la gente, il prolungamento della mia mano per
portare una carezza ai poveri, ai diseredati, agli ultimi». Krajewski
sorride: «Il Papa mi ha detto: “La scrivania non fa per te, puoi
venderla; non aspettare la gente che bussa, devi cercare i poveri”.
Perché Francesco vuole stare coi poveri. A Buenos Aires cenava e stava
con loro per condividerne la vita. E ai miei familiari spiegava: “Queste
sono le mie braccia, sono limitate, ma se le prolunghiamo con quelle di
Corrado possiamo toccare i poveri di tutta Italia. Io non posso uscire
ma lui è libero”»...
Le uscite di notte per aiutare i poveri «Potrebbe esserci anche il Papa»
...
A volte, io domando a qualcuno: “Lei fa l’elemosina?”. Mi dicono: “Sì,
padre”. “E quando Lei fa l’elemosina, guarda negli occhi la gente a cui
fa l’elemosina?” “Ah, non so, non me ne accorgo”. “Allora Lei non l’ha
incontrata. Lei ha gettato l’elemosina ed è andato via. Quando Lei fa
l’elemosina, tocca la mano o getta la moneta?”. “No, getto la moneta”.
“E allora non lo hai toccato. E se non lo hai toccato, non lo hai
incontrato”.
Ciò
che Gesù ci insegna, innanzitutto, è incontrarsi e, incontrando,
aiutare. Dobbiamo saperci incontrare. Dobbiamo edificare, creare,
costruire una cultura dell’incontro... (Papa Francesco video-messaggio per la festa di San Gaetano in Argentina 7 agosto 2013)
"Elemosina"
è una parola oggi poco amata, suona un po' come sinonimo di un'offerta
ipocrita, quasi un gesto di disprezzo, più che un aiuto. In questo
senso, fare "elemosina" significherebbe in fondo quasi definire la
distanza con chi è nel bisogno.
È
un peccato che si sia giunti a questo travisamento, perché il senso
originario della parola ha una connotazione fortemente teologica:
elemosina significa infatti "misericordia", e misericordia è uno dei
nomi di Dio stesso...
video
Vedi anche il nostro precedente post:
Una riflessione sul senso dell’elemosina e sulla sua pratica nella vita della Chiesa.
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Piazza San Pietro stracolma,
aria pungente, sole invernale, entusiasmo alle stelle. Ormai ogni
mercoledì il copione si ripete rassicurante. Stavolta però, a causa del
freddo intenso, il Papa dopo il bagno di folla è stato costretto ad
anticipare il suo rientro a Santa Marta per riscaldarsi un po’ e per
riprendersi dalla stanchezza accumulata nel corso della mattinata. Un
lieve malore di stagione, niente di preoccupante ma è bastato per
sollevare interrogativi sulla densità delle sue giornate.
Franca Giansoldati: Lieve malore all'udienza, il Papa è stanco (pdf)
Un
giramento di testa, un incontro mancato, un commento brusco alle scelte
del nuovo pontefice. Mercoledì scorso, nell’arco di poche ore, è
suonato un campanello d’allarme per papa Bergoglio...
Francesco è solo, anche se il cuore dei fedeli batte per lui.
Marco Politi: La stanchezza del Papa solo (pdf)
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2) Il
servizio di "Lectio" a cura di fr. Egidio Palumbo alla pagina:
http://digilander.libero.it/tempo_perso_2/la_lectio_del_Vangelo_della_domenica.htm
3)
Il servizio omelia di P.
Gregorio on-line (mp3) alla pagina
http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm
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