"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"




 NEWSLETTER n°41 del 2013

Aggiornamento della settimana

- dal 5 all'11 ottobre 2013 -

 

                                    Prossima NEWSLETTER prevista per il 18 ottobre 2013          


 
 



IL VANGELO DELLA DOMENICA 


LECTIO DIVINA

 a cura di Fr. Egidio Palumbo




OMELIA 

    di P. Gregorio Battaglia
  di P. Aurelio Antista
  di P. Alberto Neglia

 
N. B. La Lectio viene sospesa nel periodo estivo



NOTA

Articoli, riflessioni e commenti proposti vogliono solo essere
un contributo alla riflessione e al dialogo su temi di attualità.

Le posizioni espresse non sempre rappresentano l’opinione di "TEMPO PERSO" sul tema in questione. 







Tragedia di Lampedusa

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P. Franco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, a Lampedusa: morti che "graffiano" e ci impongono di cambiare il cuore e... le leggi!!!



Nel mondo globalizzato
solo i poveri
non diventano di tutti

È stanco e rattristato monsignor Francesco Montenegro al suo rientro da Lampedusa. I ricordi e le domande si affollano dopo la visita nell'hangar: "C'era una bambina che sembrava dormisse, il suo viso era sereno come se non avesse vissuto la tragedia che l'ha portata alla morte. Vedendo i volti di quei bimbetti, morti così atrocemente, mi son chiesto 'io che cosa sto facendo?'. Credo che questo interrogativo dobbiamo porcelo tutti"
Carmelo Petrone e Marilisa Della Monica

Colpisce il volto dell’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, privo di quel sorriso che lo ha reso amato dai suoi fedeli e che riesce a trasmettere speranza e gioia. Lo raggiungiamo appena ritornato da Lampedusa dove si è recato per stare accanto alla popolazione dell’isola, al parroco don Stefano Nastasi che a breve lascerà il suo incarico, e per pregare e piangere i morti nel naufragio. È stanco e molto rattristato, mentre ci racconta la sua visita all’hangar dell’aeroporto trasformatosi in obitorio dove sono stati sistemati i 111 corpi recuperati. “Provo tanta indignazione - ci dice monsignor Montenegro - che rischia di diventare rabbia, un sentimento non cristiano, ma anche grande tristezza e un senso di colpa”. 
Tra i corpi schierati sul pavimento e sistemati all’interno di sacchi blu, in attesa che giungano sull’isola le bare necessarie per dar loro degna sepoltura, “alcuni - racconta l’arcivescovo - rimasti con le braccia alzate come a voler chiedere ancora aiuto”, anche quelli di quattro bambini, e a ricordare quel momento la voce di monsignor Montenegro s’incrina un po’: “C’era una bambina che sembrava dormisse, il suo viso era sereno come se non avesse vissuto la tragedia che l’ha portata alla morte. Vedendo i volti di quei bimbetti, morti così atrocemente, mi son chiesto ‘io che cosa sto facendo?’. Credo che questo interrogativo dobbiamo porcelo tutti”...

   video


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L'unica emergenza è l'euro?

 
Europa unita

  vignetta GIOBA

 
Lasciamo piangere il nostro cuore...


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Non sei tu il mare? E allora rispondimi!
Lampedusa, i suoi morti e le parole per dire la guerra in frontiera




Non sei tu il mare? E allora rispondimi! 
Lampedusa, i suoi morti e le parole per dire la guerra in frontiera

Le foto dei sacchi di morti in fila sul molo di Lampedusa, le ho già viste due volte. 
Ma non era l'Italia. Era la Libia, era la Siria... 
Ed erano i morti dei bombardamenti abbandonati sui marciapiedi davanti agli ospedali di campo. In fondo la guerra si assomiglia sempre, ovunque si faccia. Anche quando è la guerra che l’Europa combatte ogni giorno in frontiera, contro i poveri che rivendicano il diritto alla mobilità disobbedendo alle nostre folli leggi sull’immigrazione. Quella guerra però non la vogliamo vedere. Per noi è tutto normale. Un amaro gioco delle parti, in cui le uniche colpe sono degli scafisti cattivi, della burrasca o del fato. E nemmeno i 300 martiri di oggi ci apriranno gli occhi. Perché sono soltanto numeri. Numeri come quelli che incideranno con un chiodo sul cemento fresco gettato in fretta sulle tombe dei corpi ripescati in tempo. Tutti gli altri, saranno mangiati dai pesci sui fondali del mare, mentre qualcuno dall'altro lato del mondo chiederà invano del proprio amore. Ecco forse sono queste le parole giuste. Parole d'amore in questa palude di morte. Le parole di Tesfay Mehari, un famoso cantante eritreo, che dedica questo pezzo alla donna che ha perso nei mari d'Italia. Forse non c'è bisogno delle grandi tragedie per aprire gli occhi. Basterebbe sentire proprio il dolore di un amore spezzato per sempre, per vedere tutto ad un tratto la guerra e distinguere le sue vittime dai suoi colpevoli.

Mare, dentro di te sta il mio amore. 
Hai preso la sua anima e il suo cuore. 
Mare, riportala a riva, fammi parlare di nuovo con lei. 
Cercala ovunque, trovala, fallo per me. 
Mare riportami l'amore della mia anima
Insieme ai suoi compagni pellegrini di questo destino.
Creature del mare, siete voi gli unici testimoni di questa storia 
E allora ditemi: quali sono state le sue ultime parole prima di partire 
Mare! 
Non sei tu il mare? E allora rispondimi!

   video


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Dopo l'immane tragedia di Lampedusa a Noto si riaprono conventi per accogliere i migranti e le Caritas di tutta la Sicilia si riuniscono a Lampedusa ...


Una lunga fila di sacchi verdi, allineati sulla banchina. È l’istantanea, tragica, dell’ultima strage del mare che il 3 ottobre si è consumata appena a largo di Lampedusa. I sopravvissuti sono 151, ma sul barcone erano in 500...
Tristezza ed indignazione sono state espresse al Sir da mons. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento e presidente della Commissione episcopale per le Migrazioni (Cemi). “Una notizia che fa sorgere sentimenti di tristezza e indignazione perché non possiamo continuare a contare morti come se fossimo semplicemente testimoni”. “Le storie di persone che si mettono in viaggio, come ha detto il Papa a Lampedusa - ha aggiunto mons. Montenegro -, sono storie che si intrecciano con le nostre e quindi ci interessano. Papa Francesco ci ha interrogato se questi morti ci causano lacrime. Ecco perché non possiamo solo tenere una contabilità o rassegnarci passivamente”.
L’Ue deve intervenire. Lo chiede mons. Domenco Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo, delegato per le Migrazioni della Conferenza Episcopale Siciliana, che con un tweet ha espresso il proprio cordoglio per la morte degli immigrati a Lampedusa. “L'UE e l'Italia si impegni per seria politica d'accoglienza. Quest’ennesima tragedia addolora me e tutta la mia Chiesa che è in Mazara del Vallo – prosegue mons. Mogavero – ma, ritengo, riaccende i riflettori su una questione prioritaria: l’Unione Europea deve intervenire, così come il governo italiano, affinché i flussi migratori non siano affidati ai singoli territori, come Lampedusa o la Sicilia stessa. Se qualcuno pensa di trovarsi di fronte a emergenze limitate nel tempo che spera di scongiurare in breve, si sbaglia. Ci troviamo di fronte a un fenomeno più complesso che durerà negli anni, legato all’intrinseca condizione dell’uomo. È normale che ciascuno voglia migliorare se stesso, occupando gli spazi più liberi”.
“Una mattanza che deve essere fermata, non so come, ma non è possibile che questi fratelli e sorelle in umanità, muoiano in questo modo”. A parlare è don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, che commenta così la tragedia di Lampedusa dove un barcone con a bordo almeno 500 persone tra uomini, donne e bambini è naufragato. Appena appresa la notizia don Stefano si è recato sulla panchina del molo Favarolo, lo stesso luogo in cui lo scorso 8 luglio Papa Francesco sbarcò dopo avere deposto una corona di fiori e pregato per le tante vittime del mare Mediterraneo trasformatosi ormai da anni in un cimitero liquido. Tra i cadaveri anche i corpi di bambini. “Non ho avuto il coraggio - prosegue don Stefano - di accostarmi ad essi. È la più grande tragedia del mare che i lampedusani ricordino a memoria d’uomo. Ma adesso è necessario che questa mattanza venga fermata e subito!”. “È uno dei momenti più tragici della storia delle migrazioni degli ultimi anni”, conferma il direttore della Caritas della diocesi di Agrigento, Valerio Landri. “È paradossale - afferma Landri - che ci siano voluti i morti per ricominciare a parlare dell’argomento ed è triste che si sentano anche delle considerazioni da parte di alcuni esponenti politici che indicano nella presidente Boldrini e nel ministro Kyenge i responsabili morali di questa tragedia. Si continua a fare politica sulla pelle della gente. È un momento di grande sofferenza - prosegue Landri - in cui ogni parola è superflua, questo è il momento di fermarsi e riflettere su una legge che va rivista. Ci auguriamo che questo ulteriore versamento di sangue possa essere l’occasione propizia per lanciare diversamente un nuovo sistema di politiche dell’accoglienza”. Intanto per volere dell’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, che nella Conferenza Episcopale Siciliana è Vescovo delegato per la Carità e la Salute, il 7 e l’8 ottobre avrà luogo proprio a Lampedusa l’incontro della delegazione regionale delle Caritas diocesane per una riflessione sui temi dell’immigrazione e per “pensare a un sistema di accoglienza unitario integrato, capace di intervenire nelle emergenze degli sbarchi come nella quotidianità dei flussi migratori”...

   OGGI E' UN GIORNO DI PIANTO

Agli incontri sono presenti, oltre a monsignor Francesco Montenegro, l'arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, il direttore della Fondazione Migrantes, don Giancarlo Perego, e il responsabile dell'Ufficio immigrazione della Caritas Oliviero Forti. Sull'isola di Lampedusa è presente anche monsignor Konrad Krajewski, elemosiniere della Santa Sede, inviato da papa Francesco per portare la sua vicinanza a seguito della tragedia e il sostegno ai soccorritori e quanti sono impegnati quotidianamente nelle operazioni di accoglienza. Un programma intenso che prevede due giorni di visite, incontri, riflessioni. (fonte: Avvenire)

   video: Appello Vescovo di Noto: apriamo i conventi ai migranti

«È di grande conforto per tutti sapere che Papa Francesco è così vicino a noi in questo drammatico momento. È un incoraggiamento a raddoppiare gli sforzi per soccorrere in ogni modo i superstiti e per pregare per le vittime». Per questo, spiega padre Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, i soccorritori hanno voluto che l’elemosiniere pontificio, l’arcivescovo Konrad Krajewski — già da alcuni giorni a Lampedusa per volere del Pontefice — questa mattina, lunedì 7 ottobre, fosse imbarcato sulla motovedetta della Capitaneria di porto dalla quale si calano i sommozzatori per recuperare le vittime, ancora imprigionate nello scafo affondato.
La presenza dell’elemosiniere sull’isola è stata colta come il segno della volontà del Papa di dare seguito alle promesse fatte l’8 luglio scorso, quando si recò personalmente nell’isola a pregare per le vittime dei continui naufragi. Aveva assicurato la sua costante attenzione e vicinanza. E così, a poche ore dall’ultima tragedia, ha inviato il suo elemosiniere a rappresentarlo in quella che lo stesso monsignor Krajewski ha definito una “celebrazione di misericordia”.
A nome del vescovo di Roma il presule ha benedetto le salme recuperate nei giorni precedenti e allineate nell’hangar dell’aeroporto locale. Con l’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, e don Stefano, ha recitato il rosario. Poi è andato a visitare i superstiti, alloggiati nel centro di accoglienza. Si è intrattenuto a lungo con loro e li ha assicurati della vicinanza del Papa, il quale tra l’altro ha inviato, suo tramite, a ciascuno un consistente aiuto affinché possa provvedere alle esigenze più immediate.
In questi giorni l’elemosiniere è rimasto sulla banchina del porto vecchio per benedire le salme recuperate in mare. «È come se avessimo il Papa in persona qui accanto a noi — dicono i soccorritori — e la cosa ci conforta perché abbiamo la certezza di una vicinanza concreta e non di facciata». Non a caso questa mattina hanno chiesto a monsignor Krajewski di uscire in mare con loro: ci sono da recuperare le salme di tanti bambini che con le loro mamme avevano cercato rifugio nella stiva del barcone affondato. Ogni sommozzatore che scende porta con sè una coroncina del rosario benedetta da Papa Francesco. (fonte. L'Osservatore Romano)

   video L'intervista a don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana


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La tragedia di Lampedusa: la parola alle donne (prima parte)



Quarantasette. Tutti vivi, tutti soccorsi. Da tre persone con una barca, in quel mare di morte. Lei l'abbiamo vista, in una delle prime immagini trasmesse in tv. Piangeva. E' da quell'immagine che ho capito cos'era successo. Lei era in barca, racconta, per una notturna di pesca col mare bello. Una donna trapiantata a Lampedusa, catanese. Erano in mare in tre, per pescare. E invece sentono urla. E vedono: il mare era pieno, dice. Le teste uscivano come pesci nel mare. Loro ne hanno salvati 47: 46 uomini e una donna. In tutto, con un altro peschereccio, ne hanno salvati cento quella notte. Una strage immane. Erano 500. Quanti, quanti, bambini sono morti?... 
La soccorritrice. La sindaca. La presidente. E le sconosciute, morte o sopravvissute, di quel barcone. 
Giusy Nicolini, una donna da Nobel, lei sì. Come le tante donne comuni che si meriterebbero il Nobel, e che ci danno orgoglio. Donne che fanno la loro parte, che ci mettono dignità e coraggio, che non si tirano indietro, che non smettono di impegnarsi, in condizioni estreme. 
Laura Boldrini, la sua faccia ce l'ha messa da sempre. Va a Lampedusa da lampedusana, prima ancora che da presidente. E dice, come la soccorritrice , e la sindaca, la sua rabbia e le cose che vanno fatte. Ma subito. Parlano tutte alle istituzioni, prima ancora che alla politica. E se le istituzioni esistono, è questo il momento per battere un colpo. Definitivo. Cogli l'attimo, ha detto Letta. E allora fatelo.
Di quelle altre donne, invece, non ho i visi, né le parole. Invisibili. Il cuore piange. Vecchie? Giovani? Con i figli aggrappati? Incinte. Con in grembo i figli dello stupro. Subito nel lungo cammino, ma più facilmente, nei campi, nelle prigioni libiche. E' difficile fermarsi sul baratro dell'orrore. Ma occorre farlo. Anche se non riusciamo a pensare ai bambini, annegati per primi. Fa troppo male. 
Donne tutte legate allo stesso filo, nell'immane tragedia. Fatto di umanità, di solidarietà. Non le conosciamo. Non le abbiamo salvate tutte. Ma le sentiamo sorelle. E quando mi chiedo cosa posso fare, di più, da giornalista, penso che ci si debba impegnare affinchè l'informazione, non solo racconti le tragedie come ci dimostriamo capaci di fare, con professionalità, ma che debba riuscire a parlare delle tragedie prima che i morti urlino alle nostre coscienze...

   Le belle donne di Lampedusa


Una lunga lettera, accorata, dolorosa. Gravida di passione civile. L'avvocato Linda Barocci, di Pesaro, è stata tra le prime persone che hanno soccorso gli immigrati naufragati a Lampedusa...

   Tragedia di Lampedusa, avvocato racconta: "Soccorsi in ritardo, molte vittime potevano salvarsi"

   Ascolta anche la sua testimonianza al telefono

Sulla solidarietà dei lampedusani e sulla situazione di emergenza ancora persistente la testimonianza del sindaco Giusi Nicolini
R. – Vorremmo poter fare di più. Ci sono famiglie che vorrebbero ospitare i bambini che, in questo momento, non hanno condizioni dignitose di accoglienza nel Centro. Questo però ci viene impedito, perché le nostre leggi in materia di accoglienza in realtà sono leggi che hanno un’impronta securitaria. Si perde di vista l’uomo: questo è sbagliato, questo va cambiato!...

 
Lampedusa, recuperati 288 corpi. Il sindaco Nicolini: a Barroso chiederò revisione diritto d'asilo

   video

«Nulla dovrà essere più come prima perché altrimenti tutta questa solidarietà e attenzione» nei confronti dei migranti «non avrà senso». Si richiama al senso di responsabilità del Parlamento la presidente della Camera, Laura Boldrini arrivata in serata a Lampedusa. «Bisogna cambiare la legge italiana sull’immigrazione, siamo di fronte a un fenomeno che cambia continuamente», ha detto sottolineando la necessità «di riconsiderare e superare» il reato di clandestinità . «Sono richiedenti asilo e vanno protetti. Se vengono protetti i collaboratori di giustizia, tanto più vanno protette le persone che sfuggono dalle guerre». Parla di cambiare tutta la legislazione sull’immigrazione. «Ci sono proposte di legge dei gruppi e spetta a loro avanzare proposte. Ma la responsabilità deve essere di tutto il Parlamento». Non si accontenta delle rabbie e dei buoni propositi del momento, la presidente della Camera ed entra nel merito della questione: «È necessario fare chiarezza sulla nostra legislazione perché se molti pescatori preferiscono non vedere, è perché c’è confusione. Si può o non si può soccorrere un clandestino? L’unico reato è l’omissione di soccorso». L’approccio di Boldrini parte dal racconto della sindaca dell’isola, Giusy Nicolini, che già da ieri denunciava che diversi pescherecci hanno visto i naufraghi ma non hanno nemmeno lanciato l’allarme. «Laddove la nostra legislazione non è adeguata bisogna adeguarla», ha detto Laura Boldrini, «la migrazione è il frutto della globalizzazione e anche le leggi devono adeguarsi».(fonte: Corriere della sera)

Laura Boldrini, Presidente della Camera: "Con la repressione non si spaventa chi vive in guerra e povertà".

   video

"Su quella barca, al posto di quei disperati, ci potevo essere io. È una tragedia immane, un dolore terribile che mi paralizza". Cécile Kyenge perde il suo abituale tono fermo. 
Il ministro dell'Integrazione parla con voce commossa, perché "quei morti ce li abbiamo tutti sulla coscienza". Le cose ora devono cambiare: "Per un ministro il dolore deve trasformarsi in azione. Basta vittime. Questa è la goccia che fa traboccare il vaso: bisogna rivedere tutte le nostre norme sull'immigrazione e serve una legge sui richiedenti asilo"...

   Cécile Kyenge "Sul barcone affondato a Lampedusa avrei potuto esserci io: via la Bossi-Fini"


Vedi anche i nostri post precedenti:
  • Lampedusa... Vergogna!... Basta!... una tragedia che ci lascia senza parole!!!
  • P. Franco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, a Lampedusa: morti che "graffiano" e ci impongono di cambiare il cuore e... le leggi!!!
  • Non sei tu il mare? E allora rispondimi! Lampedusa, i suoi morti e le parole per dire la guerra in frontiera
  • Dopo l'immane tragedia di Lampedusa a Noto si riaprono conventi per accogliere i migranti e le Caritas di tutta la Sicilia si riuniscono a Lampedusa



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La tragedia di Lampedusa: la parola alle donne (seconda parte)



Bisognerebbe fare silenzio dopo simili tragedie. Bisognerebbe lasciare da parte polemiche e litigi che non sono di nessun aiuto ai superstiti di questa tragedia. Bisognerebbe tacere, anche se sappiamo che anche di fronte a questo dramma alcuni hanno violato quello che è sacro in ogni cultura: il rispetto dei morti. Ma questo è il segnale inquietante dell’imbarbarimento che avanza...
Dobbiamo riappropriarci della nostra capacità di agire insieme, solo così si potrà incidere, solo così si avrà la forza di chiedere nuove leggi più umane, più giuste… Se non faremo questo, in un futuro prossimo, toccherà ai Paesi ricchi, sprofondare nel mare della solitudine, del rimorso… Siamo ancora in tempo… Siamo ancora in tempo per ridare a noi, a loro, all’umanità l’opportunità di vivere.
La ministra Cécile Kyenge domenica è andata a Lampedusa, ricordando a se stessa e a tutti noi come ci si possa sentire, davanti a tali tragedie, deboli e impotenti… come si possa avvertire sulle proprie spalle, davanti a un numero sempre crescente di morti, un peso troppo grande. Ha chiesto preghiere per riuscire a trovare soluzioni a eventi che si superano ormai con il solo buonismo. Oggi dobbiamo sentire sulle nostre spalle e sul nostro cuore il peso di questi morti. L’immigrazione non è una sciagura, immigrare, cioè attraversare e abitare il mondo, è un diritto fondamentale della persona umana, e non ci sarà nessuna legge che potrà sopprimere questo diritto; immigrare è l’ ultima l’alternativa che una persona ha per garantire a se stessa e all’umanità di sopravvivere.
La domanda è un’altra: per quale ragione un numero così grande di giovani lascia il proprio Paese. Perché tante persone sfidano ogni sorta di pericolo e abbandonano terra, affetti, legami? Perché? Perché intere generazioni finiscono in fondo al mare? Perché? Dobbiamo risalire a monte di questa tragedia. È il grido che si alza e che non può rimanere inascoltato.

   Cercando le parole dopo Lampedusa…

Una strage di donne. Dei 155 superstiti 145 sono uomini. E i quattro bambini superstiti tutti sono maschi: sono solo sei le donne sopravvissute alla strage di Lampedusa di giovedì notte. Una disparità che sgomenta e che potrebbe divaricarsi ancora, dato che i sub scesi a perlustrare il relitto e il fondo del mare dicono di aver visto i cadaveri in faccia (senza poterli recuperare per le difficoltà create dal mare) e per quanto intuito raccontano di aver visto soprattutto donne e ragazzi...
Una sorte di genere dunque. La morte sul barcone pendeva sulle donne e su molti ragazzi. Ora molte di loro giacciono sul fondo del mare, o nei sacchi neri di Lampedusa. A salvarsi sono state soltanto in sei di cui due incinte. Ma potevano essere cinque. Una di loro infatti era stata inserita in uno di quei sacchi in fila sul molo e catalogata come cadavere...

   La strage delle mamme: salve solo in sei

Sapete quanto ha fruttato agli armatori il viaggio “della speranza” del barcone affondato ? Si parla di un milione di dollari e più, ed il calcolo è presto fatto, se si pensa che ognuno dei 450 passeggeri abbia dovuto pagare dai 2000 ai 2.500 dollari a testa. Duemila dollari: il costo per morire.
Chi è sopravvissuto si trova ora in condizioni disumane in un centro di prima accoglienza a Lampedusa e , a nulla è valso il défilé di politici nazionali ed internazionali per cambiare questo stato di cose, nemmeno lo stanziamento di ulteriori fondi promessi ieri dal Presidente dell’UE Barroso. Nessuno ha la bacchetta magica per sciogliere un problema trascurato per anni. E’ stato chiesto un’infinità di volte di risolverlo una volta per tutte, ma le suppliche dalle associazioni per i diritti umani, sono rimaste inascoltate.
Ci è voluta la tragedia di Lampedusa, i suoi morti, per svegliare le coscienze, per ricordare ai potenti della terra che anche gli ultimi esistono, che il loro diritto alla vita, una vita degna di essere chiamata tale, non è diverso da quello degli altri... 
Nell’“hangar della morte”, come lo chiama la stampa, le trecentodue bare sono diligentemente allineate, come se volessero quasi scusare lo scempio, l’orrore. Spiccano le bare bianche, richiamano lo sguardo, accendono la rabbia, il dolore anche in coloro che fino a ieri non hanno fatto nulla per evitare una tragedia di tali dimensioni. Una cosa accomuna tutte le bare, sia bianche che nere: un numero al posto del nome. Mi ricorda i morti dei Lager: numeri, non persone e morire senza nome è come morire due volte.
Un sub racconta di aver trovato all’interno del relitto dei corpi abbracciati. Sì, morire non è cosa facile. Affrontare questo ultimo viaggio con l’amico e/o una persona cara accanto, che compie gli ultimi respiri con te, da quel conforto che la vita non ha saputo darti.

   Lampedusa, il freddo cinismo della politica che non ha mai ascoltato le invocazioni di chi chiedeva aiuto

L'avevano ripescata nelle acque blu dell'Isola dei Conigli e per loro era ormai morta. Kebrat, invece, ha aperto gli occhi all'improvviso sulla banchina del porto di Lampedusa, quando già l'ultimo soccorritore aveva decretato che non c'era più nulla da fare per lei e aveva adagiato il suo corpo accanto ai cadaveri dei suoi compagni di viaggio. E invece lei ha vomitato acqua e nafta, ha annaspato col respiro, ha pianto e ha gridato "help". Fino a quando l'hanno sentita e si sono accorti che era ancora viva.
A qualcuno tra i soccorritori, questa ragazza eritrea di 24 anni, era apparsa incinta: come se in quella vita improvvisamente ritrovata se ne celasse un'altra. Solo quando in ospedale, a Palermo, dove è arrivata trasportata dall'elisoccorso le è stata fatta una ecografia si è scoperto che Kebrat non aspetta un bambino. 
Stesa sulla barella che viene spinta di corsa verso la rianimazione Kebrat ripete con le lacrime agli occhi: "Ok, ok" e mostra da sotto il lenzuolo la mano sinistra con il pollice in su. Trema e i medici non la lasciano un attimo da sola. La confortano. Non è per niente tutto a posto. La prognosi è riservata per le gravi lesioni chimiche ai polmoni. Prima di entrare nel reparto di rianimazione, Kebrat riesce a rispondere ad alcune domande da dietro la mascherina dell'ossigeno con il suo inglese stentato...

   Kebrat "Io data per morta e stesa tra le salme, così si sono accorti che respiravo ancora"

Massimo Gramellini racconta la storia di Kebrat a "Che tempo che fa"...

   Kebrat, la ragazza dai ricci neri

   video

Tra i corpi una puerpera con il figlio appena partorito
Cosa si può dire per raccontare la storia di una madre e del figlio che ha appena partorito, annegati quand'erano ancora uniti dal cordone ombelicale?
Sembra non aver fine il dolore, l'orrore, che emerge dalle acque di Lampedusa. Pietro Bartolo, il medico che da una settimana segue infaticabilmente le ispezioni dei cadaveri, ha reso nota una storia semplice. E incredibile, sacra. Il mistero della vita donata e perduta, nello stesso momento.
"Con ogni probabilità - analizza il medico - è stato un parto prematuro dovuto al terrore della donna durante l'incendio. Il bambino è nato ma purtroppo è deceduto subito dopo annegando insieme alla povera madre". I due corpi sono rimasti vicini, sistemati nella stessa bara. (fonte: Avvenire)

Vedi anche i nostri post precedenti:
  • Lampedusa... Vergogna!... Basta!... una tragedia che ci lascia senza parole!!!
  • P. Franco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, a Lampedusa: morti che "graffiano" e ci impongono di cambiare il cuore e... le leggi!!!
  • Non sei tu il mare? E allora rispondimi! Lampedusa, i suoi morti e le parole per dire la guerra in frontiera
  • Dopo l'immane tragedia di Lampedusa a Noto si riaprono conventi per accogliere i migranti e le Caritas di tutta la Sicilia si riuniscono a Lampedusa
  • La tragedia di Lampedusa: la parola alle donne (prima parte)


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Papa Francesco ha acquistato delle schede telefoniche internazionali da distribuire ai migranti presenti nel Centro di accoglienza di Lampedusa per aiutarli a mettersi in contatto con i propri familiari nei paesi di origine. Lo ha rivelato l’Arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, di ritorno dall’isola di Lampedusa...
“In questi giorni - ha detto mons. Montenegro - oltre ad avere pregato e fatto sentire alta la Sua voce sulla tragedia che ha visto il mar Mediterraneo trasformarsi in un cimitero per centinaia di innocenti, il Santo Padre ha voluto accompagnare la preghiera e le parole con gesti concreti di vicinanza rivolti, inviando, come è noto, il suo elemosiniere, mons. Konrad Krajewski, per manifestare visibilmente la sua prossimità e per portare a ciascun sopravvissuto un aiuto per le esigenze più immediate”.

 
Papa Francesco compra le schede telefoniche per i migranti di Lampedusa E chiede aiuto a Caritas e Save the Children per i bambini naufraghi

Ancora un naufragio al largo di Lampedusa... ma questa volta subito attivati i soccorsi
Ancora una tragedia del mare, ancora cadaveri. Dopo la strage di Lampedusa del 3 ottobre scorso, il cui bilancio è salito fino a 328 vittime, è ancora emergenza immigrati. Un barcone con circa 250 migranti si è rovesciato e in tanti sono finiti in acqua. A dare l’allarme è stato un mezzo maltese il cui equipaggio ha letteralmente visto affondare l’imbarcazione carica di migranti. Secondo quanto riferisce la Marina Militare ci sono già vittime: i soccorritori hanno avvistato in mare diversi corpi.

 
Nuovo naufragio a sud di Lampedusa: “Cadaveri in mare”. Quaranta in salvo

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Testimonianze:

Nelle parole di uno dei soccorritori l'orrore della tragedia dell'immigrazione a Lampedusa. L'uomo racconta lo strazio nel recuperare i corpi senza vita anche di bambini. (Video Laura Bogliolo)

  il soccorritore: "Io e quei corpi senza vita dei bimbi" (video)

Mohammed, 16 anni, somalo, nel centro di prima accoglienza da diversi giorni, racconta il suo viaggio per arrivare a Lampedusa: sei mesi per raggiungere la Libia poi 4 mesi sequestrato dagli scafisti in uno stanzino prima di poter partire. Per il lungo viaggio ci vogliono 7000 dollari, mille per salire sul barcone. Vuole studiare e poi andare a Londra.

  Il viaggio di Mohammed prima del naufragio a Lampedusa: 10 mesi e 8mila dollari (video)

Lampedusa, la testimonianza di un sub

  GIORNALETTISMO:   «Ho visto decine di corpi abbracciati e immobili in fondo al mare»

... "Quando abbiamo passato il cadavere della donna ai colleghi che erano a bordo del gommone abbiamo avuto un sussulto: dentro i fuseaux c'era il suo bambino appena nato. Non ci potevamo credere. Ci siamo messi a piangere, la mia maschera era allagata di lacrime". Il maresciallo e i suoi colleghi del gruppo interforze in questi giorni hanno recuperato quasi trecento cadaveri. "Ma di fronte a quella giovane donna e al suo piccolo bambino appena nato ci ha fatto perdere la freddezza. In tanti anni che faccio questo lavoro, non mi era mai accaduta una cosa del genere. È stato un lavoro "sporco". Sarei stato felice - dice Sollustri, che ha un figlio di 14 anni, Tommaso - se avessi potuto riportarli a galla vivi. Ma erano morti da cinque giorni e forse il piccolo non ha neanche visto la luce. Solo il fondo nero del mare"...

  Francesco Viviano:   La ragazza annegata mentre partoriva: l'ultimo orrore del barcone affondato

Puzzano di benzina. Sono in ospedale. Ma sono vivi. Lettera43.it ha incontrato quattro eritrei che si sono salvati.

  Maurizio Zoppi:   Strage di Lampedusa, il racconto dei superstiti del naufragio

Cerimonia funebre nell'hangar di Lampedusa.

  Profughi e lampedusani danno addio alle vittime (video)

Non vedeva suo fratello dal 2005, lo ha riconosciuto attraverso la foto scattata dalla Scientifica dopo il naufragio del 3 ottobre. Nell’hangar di Lampedusa Asku ha pianto e pregato a lungo sulla bara di Bimnet, 36 anni, professore in divisa nello stato-caserma eritreo, che a febbraio ha disertato ed è scappato in Sudan con i suoi allievi-militari che sognavano l’Europa per sfuggire alla coscrizione forzata a vita.

  Paolo Lambruschi:   «La mia fuga dall’inferno dell’Eritrea»

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Quel fuoco acceso su una barca gremita a forse un miglio da terra, era uno struggente segnale nel buio: siamo qui, siamo in tanti, aiutateci. Ma sul ponte bagnato di benzina le fiamme hanno attecchito subito, voraci, incollandosi ai vestiti, ai giubbotti dei naufraghi. E nella calca spaventevole – le madri, ve le immaginate le madri che cercavano di tenersi stretti i bambini? – fra le urla, nel riverbero infernale delle fiamme, il barcone ha oscillato paurosamente e si è capovolto.
E di nuovo grida strazianti, e implorazioni in lingue diverse, e straniere; sempre più flebili, e poi più nulla. «Non sappiamo dove mettere i morti», piangevano ieri i soccorritori a Lampedusa.

  Marina Corradi:   Lo sguardo ingiusto

... Mi auguro che il pellegrinaggio delle autorità nel mezzo del dolore di Lampedusa sia servito a convincerle della improrogabile necessità di adeguare al tempo contemporaneo la nostra nozione di cittadinanza. Non si tratta di negare la distinzione fra italiani e stranieri, sulla quale pure le obiezioni minoritarie alla nomina della ministra Kyenge evidenziano un grave ritardo culturale. Si tratta piuttosto di riconoscere che nel mondo di domani sarà sempre più arduo distinguere fra diritti umani, diritti sociali e diritti politici. A meno di abiurare il principio fondamentale dell'accoglienza per chi fugge in cerca di salvezza.

  Gad Lerner:   La vergogna e l'accoglienza

Ci siamo anche noi su quei barconi che puntuali scaricano migranti nel Mediterraneo. Rendersene conto è un esercizio di dignità per noi. Di rispetto e di pietà per loro.
Se noi siamo quelli che sbuffano ogni volta che un migrante ci chiede qualcosa per strada o che guardano i fatti di Lampedusa su l’iPhone pensando che certi particolari si vedrebbero meglio sull’ultimo modello o che non distinguono la Somalia dall’Eritrea ma sussultano ogni volta che lo spread s’impenna o che si stufano a cogliere la differenza tra il migrante per lavoro e il rifugiato o che non hanno mai trovato il tempo di capire come funziona la legge Bossi-Fini sull’immigrazione o che vanno alla messa domenicale ma il prossimo non lo incontrano mai…
Ecco se noi siamo questo, di fronte ai barconi non dobbiamo far finta di indignarci, piangere, pregare. Dobbiamo ribadire, fieri, che i barconi sono il prezzo del nostro benessere e che il Mediterraneo è abbastanza grande da ingoiare milioni di migranti. In questo di modo gli interessi in ballo sono espliciti e non dobbiamo nemmeno mascherarci a lutto...

  NIGRIZIA:   Il prezzo della disuguaglianza

La visita del presidente della Commissione europea, del presidente del Consiglio e del commissario Cecilia Malmstrom. L’omaggio alle vittime, salite a 298. Annunciati i funerali di Stato. Dalla Caritas di Agrigento l’auspicio: "Ci auguriamo che Lampedusa possa tornare ad essere un centro di primo soccorso con una permanenza di 48/72 ore. Strutturando poi un sistema di accoglienza diffusa sul territorio". Intanto i cittadini dell’isola aprono le porte di casa alle donne e ai bambini profughi

  Patrizia Caiffa:   Ora che l'Europa ha visto l'orrore non può tirarsi indietro

... È il momento, prima che sia troppo tardi, di aprire tutti gli occhi su una cultura razzista sempre meno sommersa, che emerge nei discorsi e commenti anche di tanti ben pensanti, giovani e meno giovani. 
Fino a quando si continuerà a sorridere e a minimizzare? 
Poi ti trovi una lunga fila di bare e qualcuno che ritiene esagerato il lutto nazionale, e si rifiuta di fare il minuto di silenzio dicendo che se stavano a casa loro non sarebbero morti in mare! 
Chissà che le parole di don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia 20 anni fa, non valgano anche per noi oggi. Come dire… lui lo aveva detto: “Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti”.

  Renato Sacco:   Bossi-Fini? Le cose serie sono altre...

... Ecco, per dare davvero un senso a questa giornata di lutto nazionale, mi piacerebbe che insieme alle analisi, sui media, ci fossero anche degli elenchi: elenchi di nomi, cognomi, date e luoghi di nascita. Perché quei morti non rimangano ignoti, indistinti, anonimi: massa nella massa, categoria, iperbole. Perché quegli elenchi ci facciano immaginare volti, voci, vite. E vite ognuna diversa dall’altra: ognuna unica, irripetibile (come pensiamo siano le nostre). Ognuna – oggi – col suo funerale, coi suoi pianti, col suo vuoto. Ma – ieri – con i suoi legami, con i suoi drammi, con le sue storie. Forse, chissà, cominceremo così a interessarci a quei corpi anche da vivi, e non soltanto da morti.

  Federico Faloppa:   Naufragio Lampedusa e i media, una tragedia 'senza nome'

Il 2 luglio 2009, con l’ennesimo voto di fiducia, il Parlamento Italiano introduceva il reato di clandestinità. Qualche giorno immediatamente dopo (10 luglio) circa 100 tra sacerdoti religiosi e religiose firmavano una dichiarazione pubblica di obiezione di coscienza. Andando incontro al rischio di essere incriminati per favoreggiamento si dichiaravano disponibili ad accogliere tutte le persone migranti in condizione di bisogno. In questi giorni in cui la tragedia di Lampedusa impone all’agenda politica di rivedere quelle norme, penso sia opportuno riproporre quel testo dal titolo “Onoriamo i poveri”...

  Tonio Dell'Olio:   Onoriamo i poveri

Un incontro ravvicinato per sentire dalla voce dei sopravvissuti il racconto del tragico naufragio di Lampedusa. I leader politici parlano con i migranti prima di incontrare i giornalisti

  QN:  Lampedusa, Letta ai sopravvissuti: "Qui non solo per dire parole". L'incontro con i leader europei Barroso e Malmstrom (video)

“Siamo vicini alle popolazioni del Corno d’Africa che vedono inesorabilmente dissanguarsi le migliori energie giovanili e con esse il proprio futuro”. Il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese orientali, celebra all’alba la Messa per le vittime di Lampedusa, quasi tutte eritree, nelle Grotte vaticane sulla tomba di Pietro, insieme ad alcuni vescovi provenienti dall’Eritrea e dall’Etiopia. Alla concelebrazione hanno preso parte anche i vescovi delle Marche.
Sandri nell’omelia ha spiegato che bisogna “vincere l’indifferenza” e “prevenire le tragedie per evitare che la notte scenda troppo spesso sugli innocenti e sugli indifesi”.

  Alberto Bobbio:  Noi, vescovi dei profughi

In Italia, ancora in primo piano la situazione a Lampedusa, dopo il naufragio della scorsa settimana, di cui sono ormai oltre 300 le vittime accertate. Martedì la Commissione giustizia del Senato ha dato il via libera ad un emendamento che, se approvato in via definitiva, cancellerebbe il reato di immigrazione clandestina. Davide Maggiore ha intervistato mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, appena rientrato da Lampedusa

  RADIO VATICANA:  Mons. Montenegro: la voglia di vivere dei migranti non sia considerata reato

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PAPA FRANCESCO AD ASSISI


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Papa Francesco ad Assisi sui passi di San Francesco: Pranzo con i poveri della Caritas e incontro con il clero, le persone di Vita Consacrata e i membri dei consigli pastorali della diocesi (Assisi, 4 ottobre 2013) - cronaca, testi e video



Terminata la celebrazione eucaristica, Papa Francesco si è trasferito in auto al centro di prima accoglienza della Caritas vicino la stazione ferroviaria di Santa Maria degli Angeli per pranzare con una cinquantina di ospiti in rappresentanza delle fasce più disagiate di tutta la regione. Carcerati, disoccupati e senza tetto, assieme al Papa, per un momento di “condivisione semplice”, come hanno spiegato gli organizzatori.

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Nel pontificato della sobrietà la forma è sostanza, lo stile svela contenuti. A pranzo con i poveri alla mensa della Caritas di Santa Maria degli Angeli invece che con le autorità al Sacro Convento di Assisi. Persino nella scelta della tavola alla quale sedersi, Bergoglio mostra da che parte sta. Con i poveri, gli ultimi, chi non ha nulla. Perché Cristo è lì e non altrove. "O si sta coi poveri o col denaro", aveva detto poco prima durante la messa a piazza San Francesco...

E' stato un incontro all'insegna della spontaneità, il pranzo odierno del Papa nel centro Caritas di Santa Maria degli Angeli, a cominciare dall'abbraccio, all'ingresso della struttura, fra il Pontefice e Abdahlaha, un bambino marocchino di sette anni, figlio di una ospite del centro di accoglienza. Il bambino poi ha preso per mano il Papa e l'ha accompagnato fino alla mensa, presenti 55 ospiti dei vari centri di accoglienza della diocesi, e gli si è messo a sedere vicino per il pranzo, nell'angolo della grande tavola a forma di elle su cui lo stesso Francesco aveva chiesto di poter sedere, allo scopo di vedere tutti i commensali. Il papa ha mangiato poco, anche perché e' stato circondato dall'affetto dei presenti...

   A pranzo con i poveri invece che con le autorità

   video

... Il primo appuntamento del pomeriggio, una visita privata all’Eremo delle carceri e l’incontro con il clero, le persone di Vita Consacrata e i membri dei consigli pastorali della diocesi nella Cattedrale di San Rufino, dove Francesco e Chiara furono battezzati...

Papa Francesco arriva alla Cattedrale di San Rufino che una bellissima infiorata rende ancor più preziosa: questo è il luogo in cui, col Battesimo, Francesco è nato come figlio della Chiesa. Ed è un’esplosione di gioia anche tra le centinaia di persone che lo attendono all’esterno e con le quali il Pontefice si sofferma a lungo. Poi, il canto e il lungo applauso: è la Chiesa che lo accoglie, sono i diversi volti della diocesi. “Benvenuto, Santo Padre”, dice mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, presentando il percorso di tutta la comunità. “Benedici il nostro cammino sinodale e insegnaci il tuo sorriso contagioso”...

   Il Papa alla comunità diocesana di Assisi: portate il Vangelo ai lontani senza rigidità mentali o pastorali

   video

   le parole di mons. Sorrentino

  testo integrale DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO INCONTRO CON IL CLERO, PERSONE DI VITA CONSACRATA E MEMBRI DI CONSIGLI PASTORALI


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Papa Francesco ad Assisi sui passi di San Francesco: Preghiera silenziosa a Santa Chiara, incontro con le clarisse e con i giovani (Assisi, 4 ottobre 2013) - cronaca, testi e video



Secondo incontro del pomeriggio del Papa ad Assisi, quello con le clarisse nella Basilica di Santa Chiara. Il Pontefice ha venerato il corpo della Santa nella Cripta della Basilica. 

   video

Poi la preghiera silenziosa davanti al Crocifisso di San Damiano nella Cappella del Coro e l'incontro con le clarisse.

   testo integrale: Parole alle Monache di clausura

   video

Ultima tappa pubblica del viaggio del Papa ad Assisi - prima della visita privata al Santuario di Rivotorto e al "Tugurio" di San Francesco - è l’incontro con i giovani dell’Umbria nel Piazzale della Basilica di Santa Maria degli Angeli. Papa Francesco si reca prima nella Porziuncola per una preghiera silenziosa. 
Circa 40mila i giovani che partecipano all’incontro col Papa e lo attendono fin dal mattino. 
La testimonianza di alcuni giovani.

   video

Grande l'entusiasmo dei ragazzi che hanno accolto Papa Francesco con applausi e canti. 
Il Papa ha risposto anche ad alcune domande che i giovani gli hanno posto.

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Due bambini con la sindrome di Down sono avvinghiati al suo collo, i loro genitori gli baciano le mani; una bambina cieca che cerca di toccare il suo volto; un papà che gli presenta il suo figlioletto distrofico e il papa che lo abbraccia e lo tiene stretto, ricambiato dalle magre braccine del piccolo. Non era in programma questo saluto ai malati nell'incontro di Francesco coi giovani dell'Umbria davanti alla basilica di santa Maria degli Angeli. Ma il pontefice ha voluto per prima cosa avvicinarsi a questo settore degli ammalati, quasi a significare con il suo gesto quanto poi ha detto nel suo discorso: "Non ho né oro, né argento da darvi, ma qualcosa di molto più prezioso, il Vangelo di Gesù".
E l'annuncio del Vangelo è il mandato che dà a i più di 40 mila giovani presenti nella piazza, insieme alle altre migliaia lungo il percorso seguito dalla papamobile. "Andate con coraggio!", ha detto. " Con il Vangelo nel cuore e tra le mani, siate testimoni della fede con la vostra vita".

   video (Prima parte)

   video (Seconda parte)

Il Pontefice ha terminato la sua visita ad Assisi, un evento che rimarrà nella storia e nella memoria di tutti i fedeli che hanno passato una giornata alla Città Serafica in compagnia di Papa Francesco che ha avuto gesti d’amore ed estrema umanità per tutti, dai deboli, ai sofferenti e dai bisognosi ai giovani e bambini. Una giornata che ha fatto registrare numeri record, si parla di oltre 90mila pellegrini nell’arco di tutta la giornata, mille e più giornalisti con tv da tutto il mondo per raccontare un evento coinvolgente e indimenticabile carico di significati. Il Pontefice ha lasciato la Città del Poverello poco prima delle 20 per fare ritorno al Vaticano. (fonte: San Francesco patrono d'Italia)



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... E siamo così oggi arrivati a un Sistema economico - finanziario che uccide milioni di uomini e donne sia per fame (abbiamo un miliardo di esseri umani affamati!) che per guerre (6 milioni di morti per la guerra in Rd Congo) ed uccide il Pianeta. È chiaro che il Pianeta andrà avanti a vivere, ma non sopporterà più la presenza di Homo sapiens, diventato ormai Homo demens. In questo contesto, come possiamo dimenticare la relazione nuova con la Madre Terra che Francesco ci ha insegnato con il Cantico delle creature!
E ora Papa Francesco, anche lui un “convertito” dagli impoveriti dei barrios di Buenos Aires, ritorna ad Assisi rilanciando la sfida di Francesco, che era quella di Gesù, al Sistema di oggi. E questo lo si può fare solo con una Chiesa povera che cammina con i poveri, un tema quasi dimenticato per lungo tempo...

  Alex Zanotelli:   Francesco, il Santo e il Papa

Le modalità del viaggio papale ad Assisi, le scelte compiute da Francesco, rappresentano una rivoluzione copernicana

  Andrea Tornielli:   La «conversione pastorale» di Francesco

La testimonianza del pastore di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino: "Un episodio per me davvero impressionante è stato quando il Papa è stato avvicinato da un uomo che, fendendo la folla per raggiungerlo, è corso a dirgli: 'Mi sono convertito con la tua bontà', e si è gettato ai suoi piedi. Una confessione pubblica di fede". E ancora: "Ho toccato con mano il segreto di Papa Francesco: è un uomo che vive di Dio e sa stabilire rapporti, sa rendere buono il contatto con le persone"

  M. Michela Nicolais:   "Una pagina del Vangelo riscritta oggi"

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I NOSTRI TEMPI




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F35, IL GOVERNO SCONFESSA IL PARLAMENTO


La denuncia della campagna contro i cacciabombardieri. In arrivo i primi sei esemplari. Quest'estate una mozione bipartisan aveva impegnato l'esecutivo Letta a non andare avanti negli acquisti, fermandosi ai primi propositi. Una spesa inutile e onerosa

Dagli Stati Uniti arriva la conferma che il Ministero della Difesa ha avviato l’acquisto di ben sei cacciabombardieri F-35. Immediato il commento della Campagna “Taglia le ali alle armi” promossa da Rete Disarmo,Sbilanciamoci e Tavola della Pace: «Nel momento in cui tasse ed imposte aumentano, si continua la scelta sconsiderata di buttare soldi nelle spese militari». 
La fonte sono gli annunci ufficiali del Dipartimento della Difesa statunitense diffusi in questi giorni: atti formali che dimostrano come l'Italia si sia impegnata non solo a completare l'acquisto dei primi tre caccia già pianificati nel 2012, ma abbia anche proceduto a confermare definitivamente ulteriori tre velivoli appartenenti al Lotto 7 del programma la cui determinazione avviene nel 2013. 
Il coordinamento di “Taglia le ali alle armi” sottolinea come il Governo stia proseguendo senza battere ciglio: «Dal 27 settembre 2013 abbiamo una certezza in più: né la maggioranza dell’opinione pubblica italiana, né la maggioranza del Parlamento sono in grado di far recedere i “fondamentalisti” dell’F-35». Infatti, la decisione ignora, di fatto, il voto di Camera e Senato che tra fine giugno ed inizio luglio del 2013 hanno approvato a maggioranza mozioni bipartisan che impegnavano il Governo a non proseguire con alcun acquisto ulteriore di F-35 senza un preventivo parere parlamentare. Ma gli ultimi acquisti rivelati dal Pentagono non sono stati in alcun modo segnalati al Parlamento italiano. E neanche all’opinione pubblica… 
Commentano da “Taglia le ali alle armi”: «Riteniamo inaccettabile il comportamento della Difesa non solo perché viola le prerogative parlamentari stabilite da atti specifici approvati dai due rami del Parlamento, ma perché nella sostanza non rispetta assolutamente la volontà della maggioranza degli italiani, ormai stanchi di vedere utilizzati soldi pubblici per l'acquisto di armi e non per la risoluzione dei problemi quotidiani del nostro Paese»...

   F35, IL GOVERNO SCONFESSA IL PARLAMENTO

Guarda i nostri post precedenti:
  • F35: dove sono i cattolici? di don Renato Sacco
  • GLOBALIZZIAMO LA PACE! di Alex Zanotelli



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Pakistan: Catena umana di musulmani protegge i cristiani a Messa


Catena umana di musulmani protegge i cristiani a Messa
di Gabriella Meroni

Nel paese dilaniato dagli attacchi contro le minoranze religiose, un'associazione musulmana ha "protetto" una chiesa di Lahore contro possibili attacchi terroristici. "Siamo pakistani, abbiamo lo stesso sangue", dicono i promotori, che hanno già organizzato un'altra catena umana per il 13 ottobre. E il sacerdote si unisce al corteo

L'immagine è di quelle che potrebbero fare epoca, e in Pakistan hanno segnato davvero una svolta: domenica 6 ottobre a Lahore una catena di "scudi umani " formata da circa 300 musulmani ha protetto una chiesa cristiana in cui era in corso la Messa per evitare possibili attacchi terroristici. L'iniziativa, portata avanti dal gruppo Pakistan For All, favorevole al dialogo interreligioso, ha visto la paetecipazione di un Mufti che ha letto alcuni brani del Corano sulla tolleranza e la pace, ed è stata applaudita dal sacerdote che stava celebrando la funzione, padre Nasir Gulfam. I due religiosi si sono stretti la mano mentre i partecipanti al raduno innalzavano cartelli con scritto "One Nation, One Blood" (una sola nazione, un solo sangue). 
La manifestazione è avvenuta, spiega il quotidiano pakistano The Express Tribune, in seguito all'ennesima strage di cristiani compiuta da terroristi islamisti a Peshawar lo scorso 22 settembre, che ha provocato oltre 100 vittime. 
La catena umana di Lahore ha voluto inviare un segnale forte contro questi attacchi, ed è la seconda organizzata da Pakistan for All: una simile iniziativa si era svolta infatti anche la settimana precedente a Karachi, all'esterno della chiesa di S. Patrick, e un'altra è già stata convocata attraverso facebook e twitter (hashtag #OneNationOneBlood) per domenica 13 ottobre a Islamabad, davanti alla chiesa Our Lady Fatima.
"I terroristi ci hanno fatto vedere cosa fanno la domenica", ha detto in piazza il coordinatore dell'associazione, il musulmano Mohammad Jibran Nasir, "e noi gli abbiamo mostrato cos'è per noi la domenica. Un giorno di unità". Nasir, che ha lanciato il suo appello alla mobilitazione di Lahore attraverso i social media, ha poi guidato il corteo per le vie della città tra canti e danze, mentre la polizia chiudeva le strade attorno alla chiesa. (fonte: Vita)

   video


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«La peggiore discriminazione è non essere considerati al pari degli altri cittadini». Ecco la quotidianità dei cristiani pachistani raccontata da monsignor Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan. Invitato in Italia dalla Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre,

  Mauro Pianta Marta Petrosillo:   «Noi, cristiani del Pakistan vittime del terrore»


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Presidente di Pax Christi, mons. Giudici: Iraq: non accettiamo il silenzio



Iraq: 
non accettiamo il silenzio.

Sono più di 4.000 i morti dallo scorso mese di aprile in Iraq. Numerosi sono gli attentati e i morti anche in questi giorni. Siamo di fronte al rischio reale del silenzio e dell’oblio su questa tragedia. Pax Christi Italia vuole rompere questo silenzio che sembra avvolgere la situazione in Iraq.

Il forte legame che da anni Pax Christi Italia ha con molte persone e comunità in Iraq, in particolare con il Patriarca caldeo Louis Sako, ci chiede di non tacere.

Innanzitutto esprimiamo umana pietà e solidarietà per le vittime anche di questi giorni. Rinnoviamo poi l’impegno costante per la pace e contro la guerra

Il dramma della vicina Siria non può che ricadere anche sulla gente dell’Iraq, aumentando paura e insicurezza. Occorre prendere coscienza che “Ci sono molti interessi – dice il Patriarka Sako – nel mantenere una situazione di conflitto. Temo ci sia una strategia per dividere il Medio Oriente in paesi ‘confessionali’”.

Sostenuti dal forte richiamo di papa Francesco, continuiamo a pregare per la pace, ricordando che la guerra sempre è portatrice di violenza, morte e distruzione. In particolare chiediamo che si attui un severo ed efficace controllo al mercato delle armi.
...



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Quattro milioni di persone si confrontano ogni giorno, nel nostro Paese, con i problemi della disabilità e della non autosufficienza.

  FAMIGLIA CRISTIANA:   CATEGORIE PROTETTE: IL MIRAGGIO DEL LAVORO


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FEDE E
SPIRITUALITA'

 

LA VITA CRISTIANA COME CAMMINO

HOREB n. 65 - 2/2013


TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI

È sempre bello partecipare della gioia di un bambino che, dopo aver gattonato per settimane, finalmente, tenuto per mano dai genitori, riesce a stare in piedi e a muovere i primi passi. Gli brillano gli occhi e grida di gioia, poi, quando scopre che può camminare da solo, da quel momento si sente libero di esplorare le cose che lo circondano. 

Il camminare è davvero un’esperienza connaturale all’uomo, egli è un essere itinerante, “homo viator”, secondo l'espressione di G. Marcel. Sempre in cammino non solo in senso geografico spaziale, desideroso, cioè, di lasciare un determinato luogo per raggiungere e conoscere nuove realtà, ma in cammino verso il raggiungimento della sua pienezza. 

Il bambino è chiamato gradualmente a crescere a misurarsi con i piccoli e grandi eventi, a prendere decisioni a confrontarsi con gli altri, a diventare adulto. Nel tessuto del mondo, la vita dell'uomo è una grande avventura, che conosce percorsi agevoli, lieti ma anche momenti di perplessità, arresti, crisi, desiderio di tornare indietro, ma proprio attraverso queste fasi egli cresce negli anni, e anche matura umanamente e spiritualmente. 

Il camminare, esigenza fondamentale dell’uomo, è già evidenziata dalla Bibbia che, prima di tutto, ci mostra lo stesso Dio in cammino e, poi, evidenzia che il Vivente coinvolge l’uomo nel suo cammino. 

Il profeta Michea, per esempio, annota che camminare umilmente con Dio è una delle dimensioni inseparabili che configurano l’esperienza umana e spirituale dell’uomo: «Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio» (Mi 6,8). 

Il “camminare con Dio” esprime sia il dinamismo dell’esistenza umana sia il fondamento dell’esperienza di fede, cioè la conoscenza e l’esperienza di Dio. 

E Dio, in Gesù, si è fatto umano, compagno di viaggio di ogni uomo che lo accoglie. Lui, la “Via”, ci educa ad uscire dalla caverna egoica che rende ciechi e immobili, ci strappa da una logica mondana e di potere, ci apre orizzonti sempre nuovi e scopriamo che il viaggio della vita non lo facciamo da soli, ma assieme a tante altre persone che non sono nemici o estranei, ma fratelli. Essi sono la soglia dove ogni uomo comincia veramente a vivere. ...


Questo l'incipit dell'Editoriale di Horeb, Quaderni di riflessione e formazione per quanti desiderano coltivare una spiritualità che assuma e valorizzi il quotidiano.



   Editoriale (pdf)

   Sommario (pdf)


E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it



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Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto

I MERCOLEDÌ DELLA SPIRITUALITÀ - 2013


Dal 16 Ottobre al 4 Dicembre

Sala del Convento
dalle h. 20.00 alle h. 21.00

IL SANGUE DEI MARTIRI

SEME DI NUOVI CRISTIANI

   Programma (pdf)

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Per non dimenticare Annalena Tonelli, martire della carità cristiana


Annalena Tonelli

“martire della carità cristiana”

Innamorata dei poveri, curava gli ammalati e cucinava nei bidoni di benzina. Nella sua vita di missionaria laica sfuggiva comodità e riconoscimenti. Unica concessione: un caffè

   Annalena Tonelli

Annalena Tonelli non ha mai amato parlare di sé.ha vissuto in silenzio la radicalità evangelica per 35 anni in terra mussulmana.
Al pressante invito del Vaticano in occasione di un convegno sul volontariato -30 Novembre 2001- ha risposto con la testimonianza che segue.

   Annalena si racconta

Proponiamo di seguito la recensione di Gerolamo Fazzini alla sua biografia «Io sono nessuno»

... Di Annalena, del suo oscuro ma fecondo magistero, della sua testimonianza silenziosa ed eloquente, tanti hanno saputo solo in occasione della morte, quando persino su giornali laici vennero pubblicati brani del suo testamento spirituale. Ora, grazie al lavoro di due giornalisti, Miela Fagiolo D'Attilia e Roberto Zanini, la statura spirituale di questa donna si può misurare più compiutamente, grazie a un libro che porta come titolo proprio quell'emblematica carta d'identità: Io sono nessuno (San Paolo, pagine 222, euro 14). Un libro che, oltre a ripercorrere l'intensa esistenza della Tonelli, ne propone una raccolta ragionata di scritti.
Pagine dalle quali emerge in tutta la sua freschezza la scelta di Annalena di «gridare il Vangelo con la vita», sulla scia di De Foucauld. Una scelta che ha portato Annalena a "sposare" i suoi somali, facendosi carico anche delle diffidenze e dei pericoli...
Il paradosso è che a capire in profondità il segreto di quella donna umile è stato proprio un vecchio capo musulmano. «Noi musulmani abbiamo la fede - confidò una volta alla missionaria italiana - voi l'amore».

   Biografia della Tonelli, vittima dell'estremismo musulmano

Sempre di Gerolamo Fazzini la recensione alla recente pubblicazione "Lettere dal Kenya 1969-1985"

«Volevo seguire solo Gesù Cristo. Null’altro mi interessava così fortemente: Lui e i poveri in Lui. Per Lui feci una scelta di povertà radicale». Credo di non esagerare nel definire una delle più alte pagine spirituali del nostro tempo il "testamento" di Annalena Tonelli, volontaria laica di Forlì uccisa in Somalia all’età di 60 anni, il 5 ottobre 2003. 
Ora, a dieci esatti anni dalla morte, le Edizioni Dehoniane di Bologna ci mettono in mano un’altra preziosa raccolta di scritti di questo straordinario personaggio, un’autentica «santa anonima» di oggi. Si tratta di Lettere dal Kenya 1969-1985 (pp. 368, euro 15), relative, dunque, alla lunga stagione missionaria di questa donna che diceva di sé: «Vivo a servizio senza un nome, senza la sicurezza di un ordine religioso, senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno stipendio». 
Leggendole è possibile ricostruire, passo dopo passo, l’immersione di Annalena Tonelli nella realtà africana, affascinante e contraddittoria...

   «Annalena di Dio» E dei poveri

Vedi anche il nostro precedente post:
  • Ricordo di Annalena Tonelli, invisibile missionaria della carità, nell'ottavo anniversario della sua morte


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Per non dimenticare Annalena Tonelli, martire della carità cristiana, uccisa il 5 ottobre 2003

 Gesù Cristo non ha mai parlato...

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Il vescovo emerito di Ivrea, Luigi Bettazzi, celebra oggi, domenica 6 nel duomo di Ivrea, i suoi 50 anni di ordinazione episcopale. 
AUGURI !!!

 
AUGURI

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Ivrea, monsignor Bettazzi e la sua attività in Canavese raccontato attraverso una galleria di immagini dell'archivio della Sentinella del Canavese

  Mons. Bettazzi raccontato per immagini

La testimonianza di mons. Luigi Bettazzi. Cinquant’anni di episcopato: il suo sguardo sulla Chiesa di oggi, sui giovani e sulla guerra, sulla società e sulla politica.

  Rosa Siciliano:   Vivere la pace

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7 ottobre - Beata Maria Vergine del Rosario

 
Il Rosario è...

  BEATA VERGINE DEL ROSARIO (video)

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  BEATO GIOVANNI XXIII (video)

11 ottobre
memoria liturgica del Beato Giovanni XXIII

 
A tutti gli uomini di buona volontà...
  Il cristiano vive rapporti interpersonali...
  Il perdono sia sulle labbra e nel cuore...


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... Pregare non è mai “perdere tempo”: vita e preghiera si illuminano vicendevolmente, suggerendo scelte mature, avviando nuove esperienze di Bene, tonificando l’animo con la forza di una celeste rugiada che ci rende ancor più responsabili del nostro destino e di quello del nostro prossimo. La “gloria” della Vergine non è una disincarnata beatitudine, ma il frutto santo di una esistenza tutta spesa per amore di Dio e a servizio dei propri figli.
Il richiamo alla pratica -fedele, attenta, quotidiana- del Rosario sia, per tutti, la lieta riscoperta delle vie feconde di una Fede genuina, che sappia interrogarsi, che sappia suscitare ancora domande nel cuore, che sappia mettere in crisi le coscienze e le avvii alle “periferie” della Storia, dove tanti cuori attendono -ancora oggi- l’annuncio credibile e gioioso del Vangelo...

  Mario Piatti:   La Madonna del Rosario -Pregare, vivere, condividere


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LE PIETRE D'INCIAMPO DEL VANGELO


"Non è forse scritto nella
vostra Legge: «Io ho detto
voi siete dèi»?
Se essa ha chiamato dèi
coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio,
a colui che il Padre ha consacrato
e mandato voi dite: Tu bestemmi?"
(Giovanni 10, 34-36
)


  Gianfranco Ravasi:   Voi siete dèi

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RUBRICA 
Un cuore che ascolta - lev shomea' 
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male"  (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica di Santino Coppolino

Vangelo: Lc 17,5-10

Il capitolo 17 del Vangelo di Luca si apre con Gesù che parla ai discepoli degli scandali, che inevitabilmente accadono, e di quanto ciò nuoccia alla vita della comunità perché danneggiano "i piccoli", (in greco "microi"), che non sono i bambini (in greco "nepioi") bensì gli ultimi, coloro che non contano nulla, gli invisibili agli occhi della società.
Scandalo è un termine che la lingua italiana ha mutuato direttamente da quella greca e che significa "inciampo, qualcosa che fa inciampare", ed è riferito in questo caso all'ambito della fede.
E qual è il motivo dello scandalo per cui Gesù ha parole molto dure nei confronti dei discepoli? Ciò che scandalizza "i piccoli" che hanno trovato accoglienza in seno alla comunità di Gesù, e che li fa inciampare nel loro cammino di fede è la durezza del giudizio, la mancanza del perdono, l'assenza di quella misericordia che Egli è venuto a portare e che i discepoli fanno fatica ad accogliere. Gesù sta invitando i suoi a fare quel salto di qualità che li condurrà ad assumere la stessa logica del Padre, ad avere lo stesso suo cuore misericordioso, cuore che ama e perdona tutti, cattivi e buoni. 
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27ª Domenica del Tempo Ordinario - Riflessioni sul Vangelo di don Giovanni Berti


27ª Domenica del Tempo Ordinario anno C
6 ottobre 2013
Riflessioni sul Vangelo 
Lc 17,5-10
di 
don Giovanni Berti

Questa mattina, mentre io e gli altri due preti della parrocchia eravamo insieme a meditare e a confrontarci sul Vangelo di questa domenica, si è affacciato in sagrestia dove ci trovavamo don Cesare Bissoli, famoso biblista originario del nostro paese che ricopre da anni incarichi importanti nella Chiesa Italiana proprio per la sua profonda competenza biblica.
E’ stata davvero una sorpresa, quasi provvidenziale, perché eravamo davanti ad un passo del Vangelo di Luca davvero difficile e dalle parole non facili da comprendere.
Il passaggio che soprattutto a me dava molto “fastidio” è quando Gesù dice:“quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”.
Servi inutili… Una parola, “inutile”, che davvero non può non creare fastidio all’orecchio e al cuore. Significa che siamo persone inutili? Gesù vuole dirci che non valiamo nulla?
In casi come questo, è davvero necessario andare in cerca di quale strumento che aiuti a capire dove voleva parare Gesù. Il Vangelo è stato scritto in greco, e allora è dalla corretta traduzione che posso cogliere il significato.
“Inutile” in questo passo sembra avere più il significato di “povero”, “privo di valore”, “nient’altro che…”. E’ un richiamo alla povertà radicale che rende davvero tutti gli uomini uguali, nonostante i soldi, titoli e poteri che possono avere tra le mani. Siamo tutti “inutili” allo stesso modo, siamo tutti radicalmente poveri, e nessuno vale più di qualcun altro. Forse la traduzione più corretta è questa: siamo nient’altro che servi, siamo poveri servi…
Don Cesare, subito coinvolto nella nostra discussione, ci ha richiamato ad un metodo che aiuta molto a capire passi difficili come questo. Gesù sta parlando prima di tutto di se stesso. Ogni passo del Vangelo ha come chiave interpretativa l’identità di Gesù e successivamente quella dei suoi discepoli, cioè noi...

  Per fortuna siamo servi



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La statua originale della Vergine di Fatima a Roma il 12 e 13 ottobre per la “Giornata Mariana"


La statua originale della Vergine di Fatima sarà eccezionalmente a Roma domani e dopodomani per la “Giornata Mariana” e tornerà in Portogallo domenica sera. L’evento rientra negli appuntamenti per l’Anno della Fede e si svolge in Vaticano alla presenza di Papa Francesco. A presentarlo stamani, in Sala Stampa vaticana, sono stati mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e mons. José Octavio Ruiz Arenas, segretario dello stesso dicastero. Attesi per domenica oltre 150mila pellegrini...
L’evento si articola in due giornate. Domani, vi sarà il tradizionale pellegrinaggio alla tomba di Pietro, nel pomeriggio l’incontro in Piazza San Pietro con la catechesi del Papa. All’arrivo in Vaticano da Fiumicino, la statua della Madonna di Fatima farà una sosta presso la cappella dell’abitazione di Benedetto XVI per consentirgli un breve momento di preghiera personale, ha detto mons. Fisichella, poi si dirigerà verso Casa Santa Marta, dove verrà accolta da Papa Francesco. Quindi, la Statua passerà in processione attraverso piazza San Pietro, verso le 16, trasportata da alcuni volontari di associazioni mariane e, per indicare la solennità dell’evento, sarà scortata dalla Guardia svizzera e dai Gendarmi del Vaticano. Quando alle 17 il Papa accoglierà l’effige sul Sagrato, saranno gli stessi Sediari a trasportarla. Vi sarà dunque un momento di preghiera e poi l’immagine andrà al Santuario del Divino Amore, dove verrà recitato il Rosario in collegamento con alcuni Santuari del mondo e vi sarà una Veglia di preghiera. Il giorno successivo, la Statua tornerà a piazza San Pietro per la Messa presieduta dal Papa che, al termine della Celebrazione eucaristica, compirà l’Atto di affidamento alla Madonna di Fatima...

  Per la "Giornata Mariana" a Roma la Statua originale della Madonna di Fatima

Per saperne di più:

  • Beata perché hai creduto
  • CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL GRANDE EVENTO DELL’ ANNO DELLA FEDE "GIORNATA MARIANA" (12-13 OTTOBRE 2013) - INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA - INTERVENTO DI S.E. MONS. JOSÉ OCTAVIO RUIZ ARENAS


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 CHIESA E SOCIETA'
Interventi ed opinioni


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VERGOGNA di Enzo Bianchi


VERGOGNA!
di Enzo Bianchi

Ogni giorno incontrando uomini e donne, cittadini del nostro paese, subito dopo il saluto accolgo da loro le manifestazioni di sofferenza e di fatica nel loro mestiere di vivere quotidiano. Questo malessere e questa sofferenza si sono accentuati vertiginosamente negli ultimi anni, e di volta in volta emergono quale indignazione, protesta, rabbia, domanda su come e dove siamo finiti. 
Raramente si manifesta un sentimento che invece in me sovrasta tutte le altre reazioni: la vergogna. Sì, io provo vergogna, la provo come uomo, e può darsi che la mia fede cristiana accentui questo sentimento, ma io la vivo semplicemente in quanto uomo. E così “vergogna!” è quasi una litania che spontaneamente nasce dal mio cuore e a volte diventa anche esclamazione verbale in mezzo agli altri...
Ma oggi questo sentimento presenta molti segni di scomparsa: ci si vergogna di vergognarsi, e quindi si enfatizza proprio l’apparire, l’esibirsi, l’essere più presenti e l’accrescere la notorietà. Sicché anche il pudore, che coinvolge la responsabilità personale e agisce come segnale e freno onde evitare la vergogna, sembra venire a mancare.
Ultimamente più volte in interventi pubblici, orali o scritti, ho gridato semplicemente: “Vergogna! Vergogna!”, e confesso che ho trasalito quando ho sentito questo grido sulla bocca di papa Francesco, raggiunto dalla notizia della nuova strage nel nostro Mediterraneo: centinaia di stranieri bruciati e affogati prima di raggiungere le nostre spiagge di Lampedusa. Vergogna! Come cittadino italiano, come appartenente all’Europa, mi vergogno, perché io sono responsabile della loro morte; perché ormai i morti nel Mediterraneo, ai quali ho dedicato già sette anni fa un libro sull’accoglienza degli stranieri, sono più di 20.000, e questa ecatombe continua… Vergogna perché continua a essere in vigore una legge che dichiara reato la clandestinità anche nel caso non sia stato commesso nessun crimine, e che addirittura ostacola i soccorsi dichiarandoli favoreggiamento: così gli immigrati vengono trattati come spazzatura e scarto da respingere e buttare a mare. Vergogna per l’ipocrisia dei nostri governanti che, invece di assumersi le dovute responsabilità, conferite loro da noi cittadini che li abbiamo eletti perché governino con discernimento e giustizia, celebrano solo con retorica la loro omertà e la loro incapacità. Vergogna per il cinismo che abbiamo lasciato crescere, anche quando si manifestava nella forma di un razzismo indegno di un paese che ha conosciuto l’emigrazione e il disprezzo verso i suoi emigranti. Papa Francesco era andato a Lampedusa e aveva innalzato il suo grido, ma sono passati ormai tre mesi e nulla è cambiato. E noi con un “rifugiato” ogni mille abitanti, mentre in Svezia sono 9, in Germania 7, nei Paesi Bassi 4,5 – come fa notare sempre con passione civile Gian Antonio Stella –, vorremmo praticare addirittura i respingimenti, in violazione della Convenzione di Ginevra del 1951 e della stessa nostra Costituzione. Passeranno pochi anni e, finita questa emergenza, si istituirà “una giornata della memoria” per queste vittime e ci si chiederà: dov’eravamo noi italiani e i nostri governanti?...
E a questa vergogna occorre aggiungere l’altra vergogna per la situazione che viviamo a livello politico nel nostro paese...
Sì, come uomo e come cittadino provo vergogna! 

  Vergogna! di Enzo Bianchi


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OREUNDICI - IL QUADERNO DI OTTOBRE 2013: IL 25° CONVEGNO DI TREVI - "RELIGIONE È GIUSTIZIA difendere l’umanità dagli attacchi egoistici" di Arturo Paoli - L'EDITORIALE di Mario De Maio -


OREUNDICI
IL QUADERNO DI OTTOBRE 2013

IL 25° CONVEGNO DI TREVI

L'EDITORIALE 
di MARIO DE MAIO

Cari amici,
La verità è l’amore di Dio per noi… la verità è una relazione: queste parole di papa Francesco, scritte nella lettera a Eugenio Scalfari, si intrecciano con le altre sue parole: abbandonatevi alla tenerezza, non abbiate paura dell’amore che ci hanno accompagnato nel nostro 25° convegno estivo di trevi. Temevamo che la crisi economica potesse ostacolare la partecipazione a questo appuntamento annuale degli amici di Ore Undici e invece, con nostra piacevole sorpresa, anche quest’anno abbiamo superato le 250 presenze. Le numerose persone nuove, gli adolescenti, i ragazzi e i bambini, hanno creato un’atmosfera di festa e di vitalità. Il clima che si respirava era del tutto speciale, fatto di entusiasmo e di gioia, insieme a un diffuso desiderio di cambiamento. Papa Francesco con la sua vita e le sue parole quotidianamente ci invita ad approfondire il difficile, anche se vitale, tema dell’amore. L’amore non può essere solo un precetto morale ma, oltre ogni idealizzazione, è fondamentalmente vita vissuta, relazione. tutti noi abbiamo l’esperienza quotidiana delle mille difficoltà che attraversano i nostri rapporti. In certi momenti ci sentiamo soccombere di fronte alle negatività, alle incomprensioni, ai malintesi, che rendono impossibile una serena continuità nell’impegno di amare. Nello stesso tempo siamo profondamente convinti che l’amore sia indispensabile come il respirare e il mangiare. Come uscire da questa difficoltà?...

  L'EDITORIALE DI MARIO DE MAIO

RELIGIONE È GIUSTIZIA
difendere l’umanità dagli attacchi egoistici
di ARTURO PAOLI

Un messaggio di papa Francesco, diventato ormai un personaggio storico del nostro tempo, suona così: non abbiate paura di andare contro corrente. Voltandomi indietro sono convinto di non essere entrato nelle strutture ecclesiastiche pur avendo ricevuto l’unzione (così si dice) sacerdotale. A cominciare di lì mi accorgo di essere andato contro corrente...

Lo Spirito Santo ci ha mandato il papa dei poveri. Non può entrare direttamente in politica – e io ammiro la sua prudenza politica – però con la sua esistenza manifesta una protesta a questa cinica indifferenza verso i poveri e gli sprovveduti. Uno dei primi atti che non possiamo non ammirare è stato la cancellazione di ogni sospetto verso la teologia della liberazione. Che cosa resta del cristianesimo se si cancella la fraternità e si creano degli squilibri sempre più paurosi fra chi ha le tasche piene e chi sta vicino alla fame? Per molti anni la teologia della liberazione è stata guardata con sospetto e condannata, come se la giustizia di una equa retribuzione di beni non abbia niente a che fare con il problema della religione. La religione è preghiera, è relazione con dio, se volete è umiltà in relazione con dio. Forse certe religiosità saranno così, ma Gesù si è tenacemente unito ai fratelli per condividere le loro sofferenze. Se accettiamo passivamente la politica attuale, che è tutt’altro che ricerca di pace e di giustizia, che cosa resta della frase di Gesù io sono la vite, voi i tralci? Alla generazione miscredente, la classe religiosa non dà certo una lezione di amore e di giustizia senza le quali la fede resta un fatto staccato dalla vita. Per il cristianesimo l’amore e la giustizia tra fratelli ha lo stesso peso che il culto e la venerazione dell’essere divino. Il papa Francesco inaugura una generazione nuova con questa scelta di una povertà personale e di una scelta evidente delle vittime dell’ingiustizia. È stupendo assistere a questa scelta di tenersi lontano dalla politica, ma presentarla con la vita. Credo sia venuto il tempo di assumere la fede nel suo senso fondamentale, prima di quello dottrinario, dogmatico, ma nella sua densità umana cioè il senso della fraternità che ha come primo quello dell’unione con Gesù: io sono la vite, voi i tralci (Gv 15). La frase che ricorre negli appelli del papa Francesco: non abbiate paura è necessario ripeterla al plurale perché la paura si vince col sentire di essere insieme. di qui la nostra costante opposizione alla forza che ispira l’indirizzo fondamentale del fai da te della tecnica. Il grido fai da te può suonare anticristiano, il grido cristiano èvieni fratello, camminiamo insieme...

  "RELIGIONE È GIUSTIZIA difendere l’umanità dagli attacchi egoistici" di Arturo Paoli 

Ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo
lo rende più inospitale.

Etty Hillesum



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"L'antisemitismo sia bandito dal cuore e dalla vita di ogni uomo e di ogni donna!". Sono parole che non lasciano spazio a equivoci quelle pronunciate da papa Francesco incontrando oggi una delegazione della Comunità ebraica di Roma, a 70 anni dal rastrellamento del Ghetto e dalla deportazione degli ebrei romani (16 ottobre 1943). "L'ho detto altre volte e mi piace ripeterlo adesso: è una contraddizione che un cristiano sia antisemita. Un po' le sue radici sono ebree - ha sottolineato il Papa -. Un cristiano non può essere antisemita!".
Parlando alla delegazione composta, tra gli altri, dal rabbino capo Riccardo Di Segni, dal presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, e dal presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna - tra l'altro proprio nel giorno in cui è morto a Roma Erich Priebke -, il Pontefice ha espresso sentimenti di forte vicinanza e amicizia, che vogliono segnare un nuovo clima di rapporti "fraterni" con l'ebraismo. 
  AVVENIRE: «L'antisemitismo sia bandito dal cuore di ogni uomo»

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"Padre Paolo Dall'Oglio è vivo e viene trattato bene dai suoi sequestratori, appartenenti all'organizzazione estremista Stato Islamico dell'Iraq e del Levante". Lo ha detto l'attivista antiregime Khalaf Ali Khalaf, che ha citato fonti vicine al gruppo estremista legate ad al-Qaeda ...

  «Padre Dall'Oglio è vivo e trattato bene dai rapitori»

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 FRANCESCO
 


     Angelus/Regina Cæli - Angelus, 6 ottobre 2013

   Discorso - Alla Delegazione dei Cavalieri di Colombo (10 ottobre 2013)

    Discorso - Alla Delegazione della Comunità Ebraica di Roma (11 ottobre 2013)

    Udienza - 9 ottobre 2013



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  Ognuno di noi, nella propria vita di ogni giorno...


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5/10/2013:

  Cari giovani, avete molti progetti...


7/10/2013:

  La misericordia è la vera forza...


08/10/2013:

  Il segreto della vita cristiana...


10/10/2013:

  Il mistero della croce...


11/10/2013:

  Quando incontriamo la croce...



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Angelus del 6 ottobre 2013 - Testo e video



Domenica, 6 ottobre 2013

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Prima di tutto voglio rendere grazie a Dio per la giornata che ho vissuto ad Assisi,ieri l’altro. Pensate che era la prima volta che mi recavo ad Assisi ed è stato un grande dono fare questo pellegrinaggio proprio nella festa di san Francesco. Ringrazio il popolo di Assisi per la calda accoglienza: grazie tante!
Oggi, il brano del Vangelo comincia così: «In quel tempo gli apostoli dissero al Signore: “Accresci in noi la fede!”» (Lc17,5-6). Mi pare che tutti noi possiamo fare nostra questa invocazione. Anche noi come gli Apostoli diciamo al Signore Gesù: “Accresci in noi la fede!”. Sì, Signore, la nostra fede è piccola, la nostra fede è debole, fragile, ma te la offriamo così com’è, perché Tu la faccia crescere. Vi sembra bene ripetere tutti insieme questo: “Signore, accresci in noi la fede!”? Lo facciamo? Tutti: Signore, accresci in noi la fede! Signore, accresci in noi la fede! Signore, accresci in noi la fede! Ce la faccia crescere!
E il Signore che cosa ci risponde? Risponde: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe» (v. 6). Il seme della senape è piccolissimo, però Gesù dice che basta avere una fede così, piccola, ma vera, sincera, per fare cose umanamente impossibili, impensabili. Ed è vero! Tutti conosciamo persone semplici, umili, ma con una fede fortissima, che davvero spostano le montagne! Pensiamo, per esempio, a certe mamme e papà che affrontano situazioni molto pesanti; o a certi malati, anche gravissimi, che trasmettono serenità a chi li va a trovare. Queste persone, proprio per la loro fede, non si vantano di ciò che fanno, anzi, come chiede Gesù nel Vangelo, dicono: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10). Quanta gente tra noi ha questa fede forte, umile, e che fa tanto bene!...

  il testo integrale dell'Angelus

  video




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Papa Francesco UDIENZA GENERALE 9 ottobre 2013 - testo e video integrali


Piazza San Pietro
Mercoledì, 9 ottobre 2013


Nonostante il cielo di Roma minacci pioggia, sono 60mila i fedeli accorsi in piazza San Pietro per l’appuntamento del mercoledì con Papa Francesco, che ha fatto il suo ingresso con la jeep bianca scoperta in largo anticipo, alle 9.50. 
Per il Papa, consueta teoria di bambini che i solerti membri della gendarmeria vaticana gli “consegnano” per carezze, abbracci e baci. Tra i pellegrini, molto nutrito è il gruppo dei fedeli tedeschi. Dall’Italia, sono quasi 10mila i gruppi diocesani, accompagnati dai rispettivi vescovi e provenienti da Pinerolo, Piacenza, Viterbo, Sulmona, Anagni, Oria, Pordenone. Si fa “sentire”, con il nome del Papa gioiosamente scandito a più riprese, anche il nutrito gruppo di studenti: quasi duemila, dalle scuole di Pescara, L’Aquila, Torre del Grego, Roma, San Giovanni Rotondo, Firenze, Sansepolcro, Acerra, San Severo. 
Questa mattina, intanto, già prima delle nove, le transenne non bastavano a contenere la folla che si accalcava lungo il tragitto del Papa. Congestionato soprattutto il versante del colonnato che dà su largo degli Alicorni, mentre Piazza Pio XII era piena quasi per metà. Anche oggi, l’ormai abituale “rito” dello scambio dello zucchetto. 
Poco dopo le dieci, la pioggia comincia a scrosciare e il Papa, imperterrito, prosegue il suo tragitto senza ombrello, salutando la folla, attorniato da una schiera di ombrelli aperti multicolori. (fonte: SIR)

  testo integrale dell'Udienza generale del Santo Padre il 9 ottobre 2013 in piazza S. Pietro.

Proponiamo il video integrale (compreso il lungo giro del Papa sulla jeep sotto la pioggia e senza ombrello, che lo fa arrivare completamente inzuppato pur di non rinunciare a salutare la folla di pellegrini) perché Papa Francesco, ormai dovrebbe essere chiaro per tutti, non si esprime solo con le parole e usando spesso un linguaggio semplice e comprensibile a tutti... ma perché sono anche i suoi gesti che gli permettono di arrivare al cuore di tutti e lo rendono tanto amato...

  video


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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - Il cuore aperto per non fuggire - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
7 settembre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
siamo docili alla Paroa di Dio

Lasciamoci scrivere la nostra vita da Dio. E’ l’esortazione levata stamani da Papa Francesco che, nella Messa alla Casa Santa Marta, si è soffermato sulle figure di Giona e del Buon Samaritano. A volte, ha osservato il Papa, può succedere che anche un cristiano, un cattolico fugga da Dio, mentre un peccatore, considerato lontano da Dio, ascolti la voce del Signore. 

Giona serve il Signore, prega tanto e fa del bene, ma quando il Signore lo chiama comincia a fuggire. Papa Francesco ha svolto la sua omelia incentrandola sul tema della “fuga da Dio”. Giona, sottolinea, “aveva la sua storia scritta” e “non voleva essere disturbato”. Il Signore lo invia a Ninive e lui “prende una nave per la Spagna. Fuggiva dal Signore”:
“La fuga da Dio. Si può fuggire da Dio, ma [pur] essendo cristiano, essendo cattolico, essendo dell’Azione Cattolica, essendo prete, vescovo, Papa … tutti, tutti possiamo fuggire da Dio! E’ una tentazione quotidiana. Non ascoltare Dio, non ascoltare la sua voce, non sentire nel cuore la sua proposta, il suo invito. Si può fuggire direttamente. Ci sono altre maniere di fuggire da Dio, un po’ più educate, un po’ più sofisticate, no? Nel Vangelo, c’è quest’uomo mezzo morto, buttato sul pavimento della strada, e per caso un sacerdote scendeva per quella medesima strada – un degno sacerdote, proprio con la talare, bene, bravissimo! Ha visto e ha guardato: ‘Arrivo tardi a Messa’, e se n’è andato oltre. Non aveva sentito la voce di Dio, lì”.
Passa poi un levita, che, dice il Papa, avrà forse pensato: “Se io lo prendo o se io mi avvicino, forse sarà morto, e domani devo andare dal giudice e dare la testimonianza…” e passò oltre. Anche lui, osserva il Papa, fugge “da questa voce di Dio”. E aggiunge: “Soltanto ha la capacità di capire la voce di Dio uno che abitualmente fuggiva da Dio, un peccatore”, un samaritano. Questo, constata, “è un peccatore, lontano da Dio”, eppure “ha sentito la voce di Dio e si è avvicinato”. Il samaritano, osserva, “non era abituato alle pratiche religiose, alla vita morale, anche teologicamente era sbagliato”, perché i samaritani “credevano che Dio si dovesse adorare da un’altra parte e non dove voleva il Signore”. E tuttavia, è stata la sua riflessione, il samaritano “ha capito che Dio lo chiamava, e non fuggì”. “Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite versandovi olio e vino, poi lo caricò sulla cavalcatura” e ancora “lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Ha perso tutta la serata”:
“Il sacerdote è arrivato in tempo per la Santa Messa, e tutti i fedeli contenti; il levita ha avuto, il giorno dopo, una giornata tranquilla secondo quello che lui aveva pensato di fare, perché non ha avuto tutto questo imbroglio di andare dal giudice e tutte queste cose … E perché Giona fuggì da Dio? Perché il sacerdote fuggì da Dio? Perché il levita fuggì da Dio? Perché avevano il cuore chiuso, e quando tu hai il cuore chiuso, non può sentire la voce di Dio. Invece, un samaritano che era in viaggio ‘vide e ne ebbe compassione’: aveva il cuore aperto, era umano. E l’umanità lo avvicinò”...

  Il Papa: un "lontano" può ascoltare la voce del Signore, il "vicino" può chiudere il cuore di Dio

  video


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S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano 
8 ottobre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
la preghiera fatta col cuore apre a Dio

Un cuore che sa pregare e sa perdonare. Da questo si riconosce un cristiano. Lo ha spiegato questa mattina Papa Francesco all’omelia della Messa presieduta in Casa Santa Marta. E proprio dal Vangelo dedicato alla Santa cui è intitolata la sua residenza, il Papa ha preso le mosse per ricordare che la “preghiera fa miracoli”, purché non sia frutto di un atto meccanico. - 

Marta e il profeta Giona. Queste figure plastiche del Nuovo e dell’Antico Testamento, presentate dalla liturgia odierna, erano accomunate da una identica incapacità: non sapevano pregare. Papa Francesco ha sviluppato l’omelia su questo aspetto, partendo dalla famosa scena del Vangelo in cui Marta chiede quasi in tono di rimprovero a Gesù che la sorella l’aiuti a servire, invece di rimanere ferma ad ascoltarlo, mentre Gesù replica: “Maria ha scelto la parte migliore”. E questa “parte”, ribadisce Papa Francesco, è “quella della preghiera, quella della contemplazione di Gesù”:
“Agli occhi della sorella era perdere tempo, anche sembrava, forse, un po’ fantasiosa: guardare il Signore come se fosse una bambina meravigliata. Ma chi la vuole? Il Signore: ‘Questa è la parte migliore’, perché Maria ascoltava il Signore e pregava col suo cuore. E il Signore un po’ ci dice: ‘Il primo compito nella vita è questo: la preghiera’. Ma non la preghiera di parole, come i pappagalli; ma la preghiera, il cuore: guardare il Signore, ascoltare il Signore, chiedere al Signore. Noi sappiamo che la preghiera fa dei miracoli”...

  Il Papa: una preghiera fatta col cuore apre la porta a Dio e produce miracoli

  video


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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - Sappiamo bussare al cuore di Dio? - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano 
10 ottobre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
la preghiera sia coraggiosa

La nostra preghiera deve essere coraggiosa, non tiepida, se vogliamo non solo ottenere le grazie necessarie ma soprattutto, attraverso essa, conoscere il Signore. Se lo chiediamo, sarà lui stesso a portarci la sua grazia. Papa Francesco questa mattina, 10 ottobre, durante la messa celebrata a Santa Marta, è tornato a parlare della forza e del coraggio della preghiera.

Alla necessità di pregare con insistenza se necessario, ma sempre lasciandosi coinvolgere da essa, richiama il brano liturgico del Vangelo di Luca (11,5-13) “con questa parabola – ha spiegato il Pontefice – dell'amico invadente, l'amico inopportuno”, che a notte fonda va a chiedere a un altro amico del pane per sfamare un conoscente appena giunto in casa sua e al quale non aveva nulla da offrire. “Con questa richiesta - ha notato - l'amico deve alzarsi dal letto e dargli il pane. E Gesù in un'altra occasione ci parla di questo: nella parabola della vedova che andava dal giudice corrotto, il quale non la sentiva, non voleva sentirla; ma lei era tanto importuna, infastidiva tanto, che alla fine, per allontanarla in modo che non le desse troppo fastidio, ha fatto giustizia, quello che lei chiedeva. Questo ci fa pensare alla nostra preghiera. Come preghiamo noi? Preghiamo così per abitudine, pietosamente, ma tranquilli, o ci mettiamo con coraggio davanti al Signore per chiedere la grazia, per chiedere quello per il quale preghiamo?”.
L'atteggiamento è importante perché “una preghiera che non sia coraggiosa - ha affermato il Pontefice - non è una vera preghiera”. Quando si prega ci vuole “il coraggio di avere fiducia che il Signore ci ascolta, il coraggio di bussare alla porta. Il Signore lo dice, perché chiunque chiede riceve e a chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto”.
Ma, si è chiesto il Santo Padre, la nostra preghiera è così? Oppure ci limitiamo a dire: “Signore ho bisogno, fammi la grazia”? In una parola, “ci lasciamo coinvolgere nella preghiera? Sappiamo bussare al cuore di Dio?”. Per rispondere il vescovo di Roma è tornato al brano evangelico, alla fine del quale “Gesù ci dice: quale padre tra voi se il figlio gli chiede un pesce gli darà una serpe? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se voi siete padri darete il bene ai figli. E poi va avanti: se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo... E ci aspettiamo che prosegua dicendo: darà cose buone a voi. Invece no, non dice quello! Darà lo Spirito Santo a quelli che lo chiedono. E questa è una cosa grande”...

  Il coraggio della preghiera

  video


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Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - Per favore, non facciamo affari con il demonio! - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano 
11 ottobre 2013
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.

Papa Francesco: 
dobbiamo vigilare e stare con Gesù

Dobbiamo sempre vigilare contro l’inganno del demonio. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che non si può seguire la vittoria di Gesù sul male “a metà” e ha ribadito che non dobbiamo confondere, relativizzare la verità nella lotta contro il demonio.

... “Ci sono alcuni preti che quando leggono questo brano del Vangelo, questo e altri, dicono: ‘Ma, Gesù ha guarito una persona da una malattia psichica’. Non leggono questo qui, no? E’ vero che in quel tempo si poteva confondere un’epilessia con la possessione del demonio; ma è anche vero che c’era il demonio! E noi non abbiamo diritto di fare tanto semplice la cosa, come per dire: ‘Tutti questi non erano indemoniati; erano malati psichici’. No! La presenza del demonio è nella prima pagina della Bibbia e la Bibbia finisce anche con la presenza del demonio, con la vittoria di Dio sul demonio”.
Per questo, ha avvertito, “non dobbiamo essere ingenui”. Il Papa ha, quindi, osservato che il Signore ci dà alcuni criteri per “discernere” la presenza del male e per andare sulla “strada cristiana quando ci sono le tentazioni”.
...
“La vigilanza, perché la strategia di lui è quella: ‘Tu ti sei fatto cristiano, vai avanti nella tua fede, io ti lascio, ti lascio tranquillo. Ma poi quando ti sei abituato e non fai tanta vigilanza e ti senti sicuro, io torno’. Il Vangelo di oggi incomincia con il demonio scacciato e finisce con il demonio che torna! San Pietro lo diceva: ‘E’ come un leone feroce, che gira intorno a noi’. E’ così. ‘Ma, Padre, lei è un po’ antico! Ci fa spaventare con queste cose…’. No, io no! E’ il Vangelo! E queste non sono bugie: è la Parola del Signore! Chiediamo al Signore la grazia di prendere sul serio queste cose. Lui è venuto a lottare per la nostra salvezza. Lui ha vinto il demonio! Per favore, non facciamo affari con il demonio! Lui cerca di tornare a casa, di prendere possesso di noi… Non relativizzare, vigilare! E sempre con Gesù!”.

  Il Papa: il demonio non si vince con atteggiamenti a metà, seguire Gesù senza sfumature

  video


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Un papa pericoloso di Giuseppe Savagnone



Un papa pericoloso 
di 
Giuseppe Savagnone

Papa Francesco fa sul serio. All’inizio molti lo avevano considerato un simpatico sprovveduto, un ingenuo gaucho piovuto in Vaticano dalle pampas argentine con una mentalità e uno stile un po’ troppo immediati, che avrebbero dovuto, col tempo, adattarsi progressivamente alle logiche inesorabili dell’istituzione. E invece si sta cominciando a capire che i sorrisi, i gesti di umanità, le scelte niente affatto convenzionali di questo pontefice, non sono folklore religioso, ma veicolano una precisa strategia pastorale, il cui obiettivo è – nientemeno - di cambiare la Chiesa.
A scanso di equivoci, nessuno può dubitare della piena conformità di Francesco alla tradizione dottrinale, morale e spirituale del cattolicesimo. È il modo di tradurla in comportamenti e parole che risulta nuovo, sorprendente, per alcuni (i più) affascinante, per altri inquietante. Questo papa coniuga il realismo e l’elasticità dei grandi missionari del suo ordine - capaci, nel Seicento e nel Settecento, di calare il Vangelo nelle forme culturali dei popoli dell’Oriente e dell’America latina (e oggetto, perciò di aspre critiche e di condanne da parte degli altri cristiani) - e lo spirito di povertà e di semplicità del santo di cui ha voluto portare il nome, che rimane nella nostra tradizione quello forse più vicino al modello di Cristo. Da qui una strana, efficace sintesi, di sapore evangelico: Francesco è prudente come un serpente e semplice come una colomba (cfr. Mt 10,16).
Da qui una straordinaria apertura mentale che, senza minimamente indebolire i princìpi, li declina però in sintonia con le esigenze della nostra cultura e della nostra società, rendendoli immensamente più comprensibili e accettabili di quanto non fossero nelle rigide formulazioni finora in uso. Da qui anche la capacità di compiere gesti simbolici di grande forza evangelica, in sintonia con la sensibilità della gente, che è in grado di capirli e di apprezzarli. Per esempio quelli relativi alla povertà. Sia le scarpe rosse di Benedetto che quelle di Francesco, ordinarie e perfino un po’ scalcagnate, sono simboli: le prime lo erano dello Spirito santo che muove i passi del pontefice, le seconde della condivisione della vita delle persone comuni, soprattutto dei poveri. Ma nessuno capiva il simbolismo delle prime, mentre tutti hanno percepito quello delle seconde.
Alcuni – e non sono pochi – masticano amaro e definiscono tutto questo “populismo”. Ma Francesco è soltanto un papa che ha capito che era urgente ridare alla Chiesa come istituzione un volto che assomigliasse di più a quello di Gesù. O era populista anche Gesù?...

  Un papa pericoloso di Giuseppe Savagnone


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Quanto sia costata l’imponente esibizione di povertà di cui papa Francesco è stato protagonista il 4 ottobre ad Assisi non è dato sapere. Certo che, in tempi in cui va così di moda la semplificazione, viene da dire che la storica giornata abbia avuto ben poco di francescano.
Una partitura ben scritta e ben interpretata, se si vuole, ma priva del quid che ha reso unico lo spirito di Francesco, il santo: la sorpresa che spiazza il mondo. Francesco, il papa, che abbraccia i malati, che si stringe alla folla, che fa la battuta, che parla a braccio, che sale sulla Panda, che molla i cardinali a pranzo con le autorità per andare al desco dei poveri era quanto di più scontato ci si potesse attendere, ed è puntualmente avvenuto.

  Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro:   Questo Papa non ci piace


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