"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
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NEWSLETTER n°41 del 2013
Aggiornamento della settimana -
dal 5 all'11 ottobre 2013 -
Prossima NEWSLETTER prevista per il 18 ottobre 2013 |
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N. B. La Lectio viene sospesa nel periodo estivo
(GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)Nel mondo globalizzato
solo i poveri
non diventano di tutti
È
stanco e rattristato monsignor Francesco Montenegro al suo rientro da
Lampedusa. I ricordi e le domande si affollano dopo la visita
nell'hangar: "C'era una bambina che sembrava dormisse, il suo viso era
sereno come se non avesse vissuto la tragedia che l'ha portata alla
morte. Vedendo i volti di quei bimbetti, morti così atrocemente, mi son
chiesto 'io che cosa sto facendo?'. Credo che questo interrogativo
dobbiamo porcelo tutti"
Carmelo Petrone e Marilisa Della Monica
Colpisce
il volto dell’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro,
privo di quel sorriso che lo ha reso amato dai suoi fedeli e che riesce
a trasmettere speranza e gioia. Lo raggiungiamo appena ritornato da
Lampedusa dove si è recato per stare accanto alla popolazione
dell’isola, al parroco don Stefano Nastasi che a breve lascerà il suo
incarico, e per pregare e piangere i morti nel naufragio. È stanco e
molto rattristato, mentre ci racconta la sua visita all’hangar
dell’aeroporto trasformatosi in obitorio dove sono stati sistemati i
111 corpi recuperati. “Provo tanta indignazione - ci dice monsignor
Montenegro - che rischia di diventare rabbia, un sentimento non
cristiano, ma anche grande tristezza e un senso di colpa”.
Tra
i corpi schierati sul pavimento e sistemati all’interno di sacchi blu,
in attesa che giungano sull’isola le bare necessarie per dar loro degna
sepoltura, “alcuni - racconta l’arcivescovo - rimasti con le braccia
alzate come a voler chiedere ancora aiuto”, anche quelli di quattro
bambini, e a ricordare quel momento la voce di monsignor Montenegro
s’incrina un po’: “C’era una bambina che sembrava dormisse, il suo viso
era sereno come se non avesse vissuto la tragedia che l’ha portata alla
morte. Vedendo i volti di quei bimbetti, morti così atrocemente, mi son
chiesto ‘io che cosa sto facendo?’. Credo che questo interrogativo
dobbiamo porcelo tutti”...
![]() --------------------------------------- SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"L'unica emergenza è l'euro?
![]() ![]() ![]() --------------------------------------------------------------- (GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)Non sei tu il mare? E allora rispondimi! Lampedusa, i suoi morti e le parole per dire la guerra in frontiera Le foto dei sacchi di morti in fila sul molo di Lampedusa, le ho già viste due volte. Ma non era l'Italia. Era la Libia, era la Siria... Ed
erano i morti dei bombardamenti abbandonati sui marciapiedi davanti
agli ospedali di campo. In fondo la guerra si assomiglia sempre,
ovunque si faccia. Anche quando è la guerra che l’Europa combatte ogni
giorno in frontiera, contro i poveri che rivendicano il diritto alla
mobilità disobbedendo alle nostre folli leggi sull’immigrazione. Quella
guerra però non la vogliamo vedere. Per noi è tutto normale. Un amaro
gioco delle parti, in cui le uniche colpe sono degli scafisti cattivi,
della burrasca o del fato. E nemmeno i 300 martiri di oggi ci apriranno
gli occhi. Perché sono soltanto numeri. Numeri come quelli che
incideranno con un chiodo sul cemento fresco gettato in fretta sulle
tombe dei corpi ripescati in tempo. Tutti gli altri, saranno mangiati
dai pesci sui fondali del mare, mentre qualcuno dall'altro lato del
mondo chiederà invano del proprio amore. Ecco forse sono queste le
parole giuste. Parole d'amore in questa palude di morte. Le parole di
Tesfay Mehari, un famoso cantante eritreo, che dedica questo pezzo alla
donna che ha perso nei mari d'Italia. Forse non c'è bisogno delle
grandi tragedie per aprire gli occhi. Basterebbe sentire proprio il
dolore di un amore spezzato per sempre, per vedere tutto ad un tratto
la guerra e distinguere le sue vittime dai suoi colpevoli. Mare, dentro di te sta il mio amore.
Hai preso la sua anima e il suo cuore.
Mare, riportala a riva, fammi parlare di nuovo con lei.
Cercala ovunque, trovala, fallo per me.
Mare riportami l'amore della mia anima
Insieme ai suoi compagni pellegrini di questo destino.
Creature del mare, siete voi gli unici testimoni di questa storia
E allora ditemi: quali sono state le sue ultime parole prima di partire
Mare!
Non sei tu il mare? E allora rispondimi!
![]() --------------------------------------- Una lunga fila di sacchi verdi, allineati sulla banchina. È l’istantanea, tragica, dell’ultima strage del mare che il 3 ottobre si è consumata appena a largo di Lampedusa. I sopravvissuti sono 151, ma sul barcone erano in 500... Tristezza
ed indignazione sono state espresse al Sir da mons. Francesco
Montenegro, Arcivescovo di Agrigento e presidente della Commissione
episcopale per le Migrazioni (Cemi). “Una notizia che fa sorgere
sentimenti di tristezza e indignazione perché non possiamo continuare a
contare morti come se fossimo semplicemente testimoni”. “Le storie di
persone che si mettono in viaggio, come ha detto il Papa a Lampedusa -
ha aggiunto mons. Montenegro -, sono storie che si intrecciano con le
nostre e quindi ci interessano. Papa Francesco ci ha interrogato se
questi morti ci causano lacrime. Ecco perché non possiamo solo tenere
una contabilità o rassegnarci passivamente”.
L’Ue
deve intervenire. Lo chiede mons. Domenco Mogavero, Vescovo di Mazara
del Vallo, delegato per le Migrazioni della Conferenza Episcopale
Siciliana, che con un tweet ha espresso il proprio cordoglio per la
morte degli immigrati a Lampedusa. “L'UE e l'Italia si impegni per
seria politica d'accoglienza. Quest’ennesima tragedia addolora me e
tutta la mia Chiesa che è in Mazara del Vallo – prosegue mons. Mogavero
– ma, ritengo, riaccende i riflettori su una questione prioritaria:
l’Unione Europea deve intervenire, così come il governo italiano,
affinché i flussi migratori non siano affidati ai singoli territori,
come Lampedusa o la Sicilia stessa. Se qualcuno pensa di trovarsi di
fronte a emergenze limitate nel tempo che spera di scongiurare in
breve, si sbaglia. Ci troviamo di fronte a un fenomeno più complesso
che durerà negli anni, legato all’intrinseca condizione dell’uomo. È
normale che ciascuno voglia migliorare se stesso, occupando gli spazi
più liberi”.
“Una
mattanza che deve essere fermata, non so come, ma non è possibile che
questi fratelli e sorelle in umanità, muoiano in questo modo”. A
parlare è don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, che commenta così
la tragedia di Lampedusa dove un barcone con a bordo almeno 500 persone
tra uomini, donne e bambini è naufragato. Appena appresa la notizia don
Stefano si è recato sulla panchina del molo Favarolo, lo stesso luogo
in cui lo scorso 8 luglio Papa Francesco sbarcò dopo avere deposto una
corona di fiori e pregato per le tante vittime del mare Mediterraneo
trasformatosi ormai da anni in un cimitero liquido. Tra i cadaveri
anche i corpi di bambini. “Non ho avuto il coraggio - prosegue don
Stefano - di accostarmi ad essi. È la più grande tragedia del mare che
i lampedusani ricordino a memoria d’uomo. Ma adesso è necessario che
questa mattanza venga fermata e subito!”. “È uno dei momenti più
tragici della storia delle migrazioni degli ultimi anni”, conferma il
direttore della Caritas della diocesi di Agrigento, Valerio Landri. “È
paradossale - afferma Landri - che ci siano voluti i morti per
ricominciare a parlare dell’argomento ed è triste che si sentano anche
delle considerazioni da parte di alcuni esponenti politici che indicano
nella presidente Boldrini e nel ministro Kyenge i responsabili morali
di questa tragedia. Si continua a fare politica sulla pelle della
gente. È un momento di grande sofferenza - prosegue Landri - in cui
ogni parola è superflua, questo è il momento di fermarsi e riflettere
su una legge che va rivista. Ci auguriamo che questo ulteriore
versamento di sangue possa essere l’occasione propizia per lanciare
diversamente un nuovo sistema di politiche dell’accoglienza”. Intanto
per volere dell’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco
Montenegro, che nella Conferenza Episcopale Siciliana è Vescovo
delegato per la Carità e la Salute, il 7 e l’8 ottobre avrà luogo
proprio a Lampedusa l’incontro della delegazione regionale delle
Caritas diocesane per una riflessione sui temi dell’immigrazione e per
“pensare a un sistema di accoglienza unitario integrato, capace di
intervenire nelle emergenze degli sbarchi come nella quotidianità dei
flussi migratori”...
![]() Agli
incontri sono presenti, oltre a monsignor Francesco Montenegro,
l'arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, il direttore della
Fondazione Migrantes, don Giancarlo Perego, e il responsabile
dell'Ufficio immigrazione della Caritas Oliviero Forti. Sull'isola di
Lampedusa è presente anche monsignor Konrad Krajewski, elemosiniere
della Santa Sede, inviato da papa Francesco per portare la sua
vicinanza a seguito della tragedia e il sostegno ai soccorritori e
quanti sono impegnati quotidianamente nelle operazioni di accoglienza.
Un programma intenso che prevede due giorni di visite, incontri,
riflessioni. (fonte: Avvenire) ![]() «È
di grande conforto per tutti sapere che Papa Francesco è così vicino a
noi in questo drammatico momento. È un incoraggiamento a raddoppiare
gli sforzi per soccorrere in ogni modo i superstiti e per pregare per
le vittime». Per questo, spiega padre Stefano Nastasi, parroco di
Lampedusa, i soccorritori hanno voluto che l’elemosiniere pontificio,
l’arcivescovo Konrad Krajewski — già da alcuni giorni a Lampedusa per
volere del Pontefice — questa mattina, lunedì 7 ottobre, fosse
imbarcato sulla motovedetta della Capitaneria di porto dalla quale si
calano i sommozzatori per recuperare le vittime, ancora imprigionate
nello scafo affondato.
La
presenza dell’elemosiniere sull’isola è stata colta come il segno della
volontà del Papa di dare seguito alle promesse fatte l’8 luglio scorso,
quando si recò personalmente nell’isola a pregare per le vittime dei
continui naufragi. Aveva assicurato la sua costante attenzione e
vicinanza. E così, a poche ore dall’ultima tragedia, ha inviato il suo
elemosiniere a rappresentarlo in quella che lo stesso monsignor
Krajewski ha definito una “celebrazione di misericordia”.
A
nome del vescovo di Roma il presule ha benedetto le salme recuperate
nei giorni precedenti e allineate nell’hangar dell’aeroporto locale.
Con l’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, e don
Stefano, ha recitato il rosario. Poi è andato a visitare i superstiti,
alloggiati nel centro di accoglienza. Si è intrattenuto a lungo con
loro e li ha assicurati della vicinanza del Papa, il quale tra l’altro
ha inviato, suo tramite, a ciascuno un consistente aiuto affinché possa
provvedere alle esigenze più immediate.
In
questi giorni l’elemosiniere è rimasto sulla banchina del porto vecchio
per benedire le salme recuperate in mare. «È come se avessimo il Papa
in persona qui accanto a noi — dicono i soccorritori — e la cosa ci
conforta perché abbiamo la certezza di una vicinanza concreta e non di
facciata». Non a caso questa mattina hanno chiesto a monsignor
Krajewski di uscire in mare con loro: ci sono da recuperare le salme di
tanti bambini che con le loro mamme avevano cercato rifugio nella stiva
del barcone affondato. Ogni sommozzatore che scende porta con sè una
coroncina del rosario benedetta da Papa Francesco. (fonte. L'Osservatore Romano)
![]() --------------------------------------- Quarantasette. Tutti vivi, tutti soccorsi. Da tre persone con una barca, in quel mare di morte. Lei l'abbiamo vista, in una delle prime immagini trasmesse in tv. Piangeva. E' da quell'immagine che ho capito cos'era successo. Lei era in barca, racconta, per una notturna di pesca col mare bello. Una donna trapiantata a Lampedusa, catanese. Erano in mare in tre, per pescare. E invece sentono urla. E vedono: il mare era pieno, dice. Le teste uscivano come pesci nel mare. Loro ne hanno salvati 47: 46 uomini e una donna. In tutto, con un altro peschereccio, ne hanno salvati cento quella notte. Una strage immane. Erano 500. Quanti, quanti, bambini sono morti?... La soccorritrice. La sindaca. La presidente. E le sconosciute, morte o sopravvissute, di quel barcone.
Giusy
Nicolini, una donna da Nobel, lei sì. Come le tante donne comuni che si
meriterebbero il Nobel, e che ci danno orgoglio. Donne che fanno la
loro parte, che ci mettono dignità e coraggio, che non si tirano
indietro, che non smettono di impegnarsi, in condizioni estreme.
Laura
Boldrini, la sua faccia ce l'ha messa da sempre. Va a Lampedusa da
lampedusana, prima ancora che da presidente. E dice, come la
soccorritrice , e la sindaca, la sua rabbia e le cose che vanno fatte.
Ma subito. Parlano tutte alle istituzioni, prima ancora che alla
politica. E se le istituzioni esistono, è questo il momento per battere
un colpo. Definitivo. Cogli l'attimo, ha detto Letta. E allora fatelo.
Di
quelle altre donne, invece, non ho i visi, né le parole. Invisibili. Il
cuore piange. Vecchie? Giovani? Con i figli aggrappati? Incinte. Con in
grembo i figli dello stupro. Subito nel lungo cammino, ma più
facilmente, nei campi, nelle prigioni libiche. E' difficile fermarsi
sul baratro dell'orrore. Ma occorre farlo. Anche se non riusciamo a
pensare ai bambini, annegati per primi. Fa troppo male.
Donne
tutte legate allo stesso filo, nell'immane tragedia. Fatto di umanità,
di solidarietà. Non le conosciamo. Non le abbiamo salvate tutte. Ma le
sentiamo sorelle. E quando mi chiedo cosa posso fare, di più, da
giornalista, penso che ci si debba impegnare affinchè l'informazione,
non solo racconti le tragedie come ci dimostriamo capaci di fare, con
professionalità, ma che debba riuscire a parlare delle tragedie prima
che i morti urlino alle nostre coscienze...
![]() Una
lunga lettera, accorata, dolorosa. Gravida di passione civile.
L'avvocato Linda Barocci, di Pesaro, è stata tra le prime persone che
hanno soccorso gli immigrati naufragati a Lampedusa...
![]() ![]() Sulla solidarietà dei lampedusani e sulla situazione di emergenza ancora persistente la testimonianza del sindaco Giusi Nicolini
R.
– Vorremmo poter fare di più. Ci sono famiglie che vorrebbero ospitare
i bambini che, in questo momento, non hanno condizioni dignitose di
accoglienza nel Centro. Questo però ci viene impedito, perché le nostre
leggi in materia di accoglienza in realtà sono leggi che hanno
un’impronta securitaria. Si perde di vista l’uomo: questo è sbagliato,
questo va cambiato!...
![]() ![]() «Nulla
dovrà essere più come prima perché altrimenti tutta questa solidarietà
e attenzione» nei confronti dei migranti «non avrà senso». Si richiama
al senso di responsabilità del Parlamento la presidente della Camera,
Laura Boldrini arrivata in serata a Lampedusa. «Bisogna cambiare la
legge italiana sull’immigrazione, siamo di fronte a un fenomeno che
cambia continuamente», ha detto sottolineando la necessità «di
riconsiderare e superare» il reato di clandestinità . «Sono richiedenti
asilo e vanno protetti. Se vengono protetti i collaboratori di
giustizia, tanto più vanno protette le persone che sfuggono dalle
guerre». Parla di cambiare tutta la legislazione sull’immigrazione. «Ci
sono proposte di legge dei gruppi e spetta a loro avanzare proposte. Ma
la responsabilità deve essere di tutto il Parlamento». Non si
accontenta delle rabbie e dei buoni propositi del momento, la
presidente della Camera ed entra nel merito della questione: «È
necessario fare chiarezza sulla nostra legislazione perché se molti
pescatori preferiscono non vedere, è perché c’è confusione. Si può o
non si può soccorrere un clandestino? L’unico reato è l’omissione di
soccorso». L’approccio di Boldrini parte dal racconto della sindaca
dell’isola, Giusy Nicolini, che già da ieri denunciava che diversi
pescherecci hanno visto i naufraghi ma non hanno nemmeno lanciato
l’allarme. «Laddove la nostra legislazione non è adeguata bisogna
adeguarla», ha detto Laura Boldrini, «la migrazione è il frutto della
globalizzazione e anche le leggi devono adeguarsi».(fonte: Corriere della sera)
Laura Boldrini, Presidente della Camera: "Con la repressione non si spaventa chi vive in guerra e povertà".
![]() "Su quella barca, al posto
di quei disperati, ci potevo essere io. È una tragedia immane, un
dolore terribile che mi paralizza". Cécile Kyenge perde il suo abituale
tono fermo.
Il ministro
dell'Integrazione parla con voce commossa, perché "quei morti ce li
abbiamo tutti sulla coscienza". Le cose ora devono cambiare: "Per un
ministro il dolore deve trasformarsi in azione. Basta vittime. Questa è
la goccia che fa traboccare il vaso: bisogna rivedere tutte le nostre
norme sull'immigrazione e serve una legge sui richiedenti asilo"...
![]() Vedi anche i nostri post precedenti:
--------------------------------------- Bisognerebbe fare silenzio dopo simili tragedie. Bisognerebbe lasciare da parte polemiche e litigi che non sono di nessun aiuto ai superstiti di questa tragedia. Bisognerebbe tacere, anche se sappiamo che anche di fronte a questo dramma alcuni hanno violato quello che è sacro in ogni cultura: il rispetto dei morti. Ma questo è il segnale inquietante dell’imbarbarimento che avanza... Dobbiamo
riappropriarci della nostra capacità di agire insieme, solo così si
potrà incidere, solo così si avrà la forza di chiedere nuove leggi più
umane, più giuste… Se non faremo questo, in un futuro prossimo,
toccherà ai Paesi ricchi, sprofondare nel mare della solitudine, del
rimorso… Siamo ancora in tempo… Siamo ancora in tempo per ridare a noi,
a loro, all’umanità l’opportunità di vivere.
La ministra Cécile Kyenge domenica è andata a Lampedusa,
ricordando a se stessa e a tutti noi come ci si possa sentire, davanti
a tali tragedie, deboli e impotenti… come si possa avvertire sulle
proprie spalle, davanti a un numero sempre crescente di morti, un peso
troppo grande. Ha chiesto preghiere per riuscire a trovare soluzioni a
eventi che si superano ormai con il solo buonismo. Oggi dobbiamo
sentire sulle nostre spalle e sul nostro cuore il peso di questi morti.
L’immigrazione non è una sciagura, immigrare, cioè attraversare e
abitare il mondo, è un diritto fondamentale della persona umana, e non
ci sarà nessuna legge che potrà sopprimere questo diritto; immigrare è
l’ ultima l’alternativa che una persona ha per garantire a se stessa e
all’umanità di sopravvivere.
La
domanda è un’altra: per quale ragione un numero così grande di giovani
lascia il proprio Paese. Perché tante persone sfidano ogni sorta di
pericolo e abbandonano terra, affetti, legami? Perché? Perché intere
generazioni finiscono in fondo al mare? Perché? Dobbiamo risalire a
monte di questa tragedia. È il grido che si alza e che non può rimanere
inascoltato.
![]() Una
strage di donne. Dei 155 superstiti 145 sono uomini. E i quattro
bambini superstiti tutti sono maschi: sono solo sei le donne
sopravvissute alla strage di Lampedusa di giovedì notte. Una disparità
che sgomenta e che potrebbe divaricarsi ancora, dato che i sub scesi a
perlustrare il relitto e il fondo del mare dicono di aver visto i
cadaveri in faccia (senza poterli recuperare per le difficoltà create
dal mare) e per quanto intuito raccontano di aver visto soprattutto
donne e ragazzi...
Una
sorte di genere dunque. La morte sul barcone pendeva sulle donne e su
molti ragazzi. Ora molte di loro giacciono sul fondo del mare, o nei
sacchi neri di Lampedusa. A salvarsi sono state soltanto in sei di cui
due incinte. Ma potevano essere cinque. Una di loro infatti era stata
inserita in uno di quei sacchi in fila sul molo e catalogata come
cadavere...
![]() Sapete
quanto ha fruttato agli armatori il viaggio “della speranza” del
barcone affondato ? Si parla di un milione di dollari e più, ed il
calcolo è presto fatto, se si pensa che ognuno dei 450 passeggeri abbia
dovuto pagare dai 2000 ai 2.500 dollari a testa. Duemila dollari: il
costo per morire.
Chi
è sopravvissuto si trova ora in condizioni disumane in un centro di
prima accoglienza a Lampedusa e , a nulla è valso il défilé di politici
nazionali ed internazionali per cambiare questo stato di cose, nemmeno
lo stanziamento di ulteriori fondi promessi ieri dal Presidente dell’UE
Barroso. Nessuno ha la bacchetta magica per sciogliere un problema
trascurato per anni. E’ stato chiesto un’infinità di volte di
risolverlo una volta per tutte, ma le suppliche dalle associazioni per
i diritti umani, sono rimaste inascoltate.
Ci
è voluta la tragedia di Lampedusa, i suoi morti, per svegliare le
coscienze, per ricordare ai potenti della terra che anche gli ultimi
esistono, che il loro diritto alla vita, una vita degna di essere
chiamata tale, non è diverso da quello degli altri...
Nell’“hangar
della morte”, come lo chiama la stampa, le trecentodue bare sono
diligentemente allineate, come se volessero quasi scusare lo scempio,
l’orrore. Spiccano le bare bianche, richiamano lo sguardo, accendono la
rabbia, il dolore anche in coloro che fino a ieri non hanno fatto nulla
per evitare una tragedia di tali dimensioni. Una cosa accomuna tutte le
bare, sia bianche che nere: un numero al posto del nome. Mi ricorda i
morti dei Lager: numeri, non persone e morire senza nome è come morire
due volte.
Un
sub racconta di aver trovato all’interno del relitto dei corpi
abbracciati. Sì, morire non è cosa facile. Affrontare questo ultimo
viaggio con l’amico e/o una persona cara accanto, che compie gli ultimi
respiri con te, da quel conforto che la vita non ha saputo darti.
![]() L'avevano
ripescata nelle acque blu dell'Isola dei Conigli e per loro era ormai
morta. Kebrat, invece, ha aperto gli occhi all'improvviso sulla
banchina del porto di Lampedusa, quando già l'ultimo soccorritore aveva
decretato che non c'era più nulla da fare per lei e aveva adagiato il
suo corpo accanto ai cadaveri dei suoi compagni di viaggio. E invece
lei ha vomitato acqua e nafta, ha annaspato col respiro, ha pianto e ha
gridato "help". Fino a quando l'hanno sentita e si sono accorti che era
ancora viva. A qualcuno
tra i soccorritori, questa ragazza eritrea di 24 anni, era apparsa
incinta: come se in quella vita improvvisamente ritrovata se ne celasse
un'altra. Solo quando in ospedale, a Palermo, dove è arrivata
trasportata dall'elisoccorso le è stata fatta una ecografia si è
scoperto che Kebrat non aspetta un bambino. Stesa
sulla barella che viene spinta di corsa verso la rianimazione Kebrat
ripete con le lacrime agli occhi: "Ok, ok" e mostra da sotto il
lenzuolo la mano sinistra con il pollice in su. Trema e i medici non la
lasciano un attimo da sola. La confortano. Non è per niente tutto a
posto. La prognosi è riservata per le gravi lesioni chimiche ai
polmoni. Prima di entrare nel reparto di rianimazione, Kebrat riesce a
rispondere ad alcune domande da dietro la mascherina dell'ossigeno con
il suo inglese stentato... ![]() Massimo Gramellini racconta la storia di Kebrat a "Che tempo che fa"... ![]() ![]() Tra i corpi una puerpera con il figlio appena partorito
Cosa
si può dire per raccontare la storia di una madre e del figlio che ha
appena partorito, annegati quand'erano ancora uniti dal cordone
ombelicale?
Sembra
non aver fine il dolore, l'orrore, che emerge dalle acque di Lampedusa.
Pietro Bartolo, il medico che da una settimana segue infaticabilmente
le ispezioni dei cadaveri, ha reso nota una storia semplice. E
incredibile, sacra. Il mistero della vita donata e perduta, nello
stesso momento.
"Con
ogni probabilità - analizza il medico - è stato un parto prematuro
dovuto al terrore della donna durante l'incendio. Il bambino è nato ma
purtroppo è deceduto subito dopo annegando insieme alla povera madre".
I due corpi sono rimasti vicini, sistemati nella stessa bara. (fonte: Avvenire)
Vedi anche i nostri post precedenti:
--------------------------------------- SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"Papa Francesco ha acquistato
delle schede telefoniche internazionali da distribuire ai migranti
presenti nel Centro di accoglienza di Lampedusa per aiutarli a mettersi
in contatto con i propri familiari nei paesi di origine. Lo ha rivelato
l’Arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, di ritorno
dall’isola di Lampedusa...
“In questi giorni - ha detto mons. Montenegro - oltre ad avere pregato e fatto sentire alta la Sua voce sulla tragedia che ha visto il mar Mediterraneo trasformarsi in un cimitero per centinaia di innocenti, il Santo Padre ha voluto accompagnare la preghiera e le parole con gesti concreti di vicinanza rivolti, inviando, come è noto, il suo elemosiniere, mons. Konrad Krajewski, per manifestare visibilmente la sua prossimità e per portare a ciascun sopravvissuto un aiuto per le esigenze più immediate”. ![]() Ancora un naufragio al largo di Lampedusa... ma questa volta subito attivati i soccorsi
Ancora una tragedia del mare, ancora cadaveri. Dopo la strage di Lampedusa del 3 ottobre scorso, il cui bilancio è salito fino a 328 vittime, è ancora emergenza immigrati. Un barcone con circa 250 migranti si è rovesciato e in tanti sono finiti in acqua. A dare l’allarme è stato un mezzo maltese il cui equipaggio ha letteralmente visto affondare l’imbarcazione carica di migranti. Secondo quanto riferisce la Marina Militare ci sono già vittime: i soccorritori hanno avvistato in mare diversi corpi. ![]() --------------------------------------------------------------- Testimonianze: Nelle parole di uno dei
soccorritori l'orrore della tragedia dell'immigrazione a Lampedusa.
L'uomo racconta lo strazio nel recuperare i corpi senza vita anche di
bambini. (Video Laura Bogliolo)
![]() Mohammed, 16 anni, somalo, nel
centro di prima accoglienza da diversi giorni, racconta il suo viaggio
per arrivare a Lampedusa: sei mesi per raggiungere la Libia poi 4 mesi
sequestrato dagli scafisti in uno stanzino prima di poter partire. Per
il lungo viaggio ci vogliono 7000 dollari, mille per salire sul
barcone. Vuole studiare e poi andare a Londra.
![]() Lampedusa, la testimonianza di un sub
![]() ... "Quando abbiamo passato il
cadavere della donna ai colleghi che erano a bordo del gommone abbiamo
avuto un sussulto: dentro i fuseaux c'era il suo bambino appena nato.
Non ci potevamo credere. Ci siamo messi a piangere, la mia maschera era
allagata di lacrime". Il maresciallo e i suoi colleghi del gruppo
interforze in questi giorni hanno recuperato quasi trecento cadaveri.
"Ma di fronte a quella giovane donna e al suo piccolo bambino appena
nato ci ha fatto perdere la freddezza. In tanti anni che faccio questo
lavoro, non mi era mai accaduta una cosa del genere. È stato un lavoro
"sporco". Sarei stato felice - dice Sollustri, che ha un figlio di 14
anni, Tommaso - se avessi potuto riportarli a galla vivi. Ma erano
morti da cinque giorni e forse il piccolo non ha neanche visto la
luce. Solo il fondo nero del mare"...
![]() Puzzano di benzina. Sono in ospedale. Ma sono vivi. Lettera43.it ha incontrato quattro eritrei che si sono salvati.
![]() Cerimonia funebre nell'hangar di Lampedusa.
![]() Non vedeva suo fratello dal
2005, lo ha riconosciuto attraverso la foto scattata dalla Scientifica
dopo il naufragio del 3 ottobre. Nell’hangar di Lampedusa Asku ha
pianto e pregato a lungo sulla bara di Bimnet, 36 anni, professore in
divisa nello stato-caserma eritreo, che a febbraio ha disertato ed è
scappato in Sudan con i suoi allievi-militari che sognavano l’Europa
per sfuggire alla coscrizione forzata a vita.
![]() --------------------------------------------------------------- Quel fuoco acceso su una barca
gremita a forse un miglio da terra, era uno struggente segnale nel
buio: siamo qui, siamo in tanti, aiutateci. Ma sul ponte bagnato di
benzina le fiamme hanno attecchito subito, voraci, incollandosi ai
vestiti, ai giubbotti dei naufraghi. E nella calca spaventevole – le
madri, ve le immaginate le madri che cercavano di tenersi stretti i
bambini? – fra le urla, nel riverbero infernale delle fiamme, il
barcone ha oscillato paurosamente e si è capovolto.
E di nuovo grida strazianti, e implorazioni in lingue diverse, e straniere; sempre più flebili, e poi più nulla. «Non sappiamo dove mettere i morti», piangevano ieri i soccorritori a Lampedusa. ![]() ... Mi auguro che il
pellegrinaggio delle autorità nel mezzo del dolore di Lampedusa sia
servito a convincerle della improrogabile necessità di adeguare al
tempo contemporaneo la nostra nozione di cittadinanza. Non si
tratta di negare la distinzione fra italiani e stranieri, sulla quale
pure le obiezioni minoritarie alla nomina della ministra Kyenge
evidenziano un grave ritardo culturale. Si tratta piuttosto di
riconoscere che nel mondo di domani sarà sempre più arduo distinguere
fra diritti umani, diritti sociali e diritti politici. A meno di
abiurare il principio fondamentale dell'accoglienza per chi fugge in
cerca di salvezza.
![]() Ci siamo anche noi su quei
barconi che puntuali scaricano migranti nel Mediterraneo. Rendersene
conto è un esercizio di dignità per noi. Di rispetto e di pietà per
loro.
Se noi siamo quelli che sbuffano ogni volta che un migrante ci chiede qualcosa per strada o che guardano i fatti di Lampedusa su l’iPhone pensando che certi particolari si vedrebbero meglio sull’ultimo modello o che non distinguono la Somalia dall’Eritrea ma sussultano ogni volta che lo spread s’impenna o che si stufano a cogliere la differenza tra il migrante per lavoro e il rifugiato o che non hanno mai trovato il tempo di capire come funziona la legge Bossi-Fini sull’immigrazione o che vanno alla messa domenicale ma il prossimo non lo incontrano mai… Ecco se noi siamo questo, di fronte ai barconi non dobbiamo far finta di indignarci, piangere, pregare. Dobbiamo ribadire, fieri, che i barconi sono il prezzo del nostro benessere e che il Mediterraneo è abbastanza grande da ingoiare milioni di migranti. In questo di modo gli interessi in ballo sono espliciti e non dobbiamo nemmeno mascherarci a lutto... ![]() La visita del presidente della
Commissione europea, del presidente del Consiglio e del commissario
Cecilia Malmstrom. L’omaggio alle vittime, salite a 298. Annunciati i
funerali di Stato. Dalla Caritas di Agrigento l’auspicio: "Ci auguriamo
che Lampedusa possa tornare ad essere un centro di primo soccorso con
una permanenza di 48/72 ore. Strutturando poi un sistema di accoglienza
diffusa sul territorio". Intanto i cittadini dell’isola aprono le porte
di casa alle donne e ai bambini profughi
![]() ... È il momento, prima che sia
troppo tardi, di aprire tutti gli occhi su una cultura razzista sempre
meno sommersa, che emerge nei discorsi e commenti anche di tanti ben
pensanti, giovani e meno giovani.
Fino a quando si continuerà a sorridere e a minimizzare? Poi ti trovi una lunga fila di bare e qualcuno che ritiene esagerato il lutto nazionale, e si rifiuta di fare il minuto di silenzio dicendo che se stavano a casa loro non sarebbero morti in mare! Chissà che le parole di don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia 20 anni fa, non valgano anche per noi oggi. Come dire… lui lo aveva detto: “Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti”. ![]() ... Ecco, per dare davvero un
senso a questa giornata di lutto nazionale, mi piacerebbe che insieme
alle analisi, sui media, ci fossero anche degli elenchi:
elenchi di nomi, cognomi, date e luoghi di nascita. Perché quei morti
non rimangano ignoti, indistinti, anonimi: massa nella massa,
categoria, iperbole. Perché quegli elenchi ci facciano immaginare
volti, voci, vite. E vite ognuna diversa dall’altra: ognuna unica,
irripetibile (come pensiamo siano le nostre). Ognuna – oggi – col suo
funerale, coi suoi pianti, col suo vuoto. Ma – ieri – con i suoi
legami, con i suoi drammi, con le sue storie. Forse, chissà,
cominceremo così a interessarci a quei corpi anche da vivi, e non
soltanto da morti.
![]() Il 2 luglio 2009, con
l’ennesimo voto di fiducia, il Parlamento Italiano introduceva il reato
di clandestinità. Qualche giorno immediatamente dopo (10 luglio) circa
100 tra sacerdoti religiosi e religiose firmavano una dichiarazione
pubblica di obiezione di coscienza. Andando incontro al rischio di
essere incriminati per favoreggiamento si dichiaravano disponibili ad
accogliere tutte le persone migranti in condizione di bisogno. In
questi giorni in cui la tragedia di Lampedusa impone all’agenda
politica di rivedere quelle norme, penso sia opportuno riproporre quel
testo dal titolo “Onoriamo i poveri”...
![]() Un incontro ravvicinato per
sentire dalla voce dei sopravvissuti il racconto del tragico naufragio
di Lampedusa. I leader politici parlano con i migranti prima di
incontrare i giornalisti
![]() “Siamo vicini alle popolazioni
del Corno d’Africa che vedono inesorabilmente dissanguarsi le migliori
energie giovanili e con esse il proprio futuro”. Il cardinale
Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese orientali,
celebra all’alba la Messa per le vittime di Lampedusa, quasi tutte
eritree, nelle Grotte vaticane sulla tomba di Pietro, insieme ad alcuni
vescovi provenienti dall’Eritrea e dall’Etiopia. Alla
concelebrazione hanno preso parte anche i vescovi delle Marche.
Sandri nell’omelia ha spiegato che bisogna “vincere l’indifferenza” e “prevenire le tragedie per evitare che la notte scenda troppo spesso sugli innocenti e sugli indifesi”. ![]() In Italia, ancora in primo
piano la situazione a Lampedusa, dopo il naufragio della scorsa
settimana, di cui sono ormai oltre 300 le vittime accertate. Martedì la
Commissione giustizia del Senato ha dato il via libera ad un
emendamento che, se approvato in via definitiva, cancellerebbe il reato
di immigrazione clandestina. Davide Maggiore ha
intervistato mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento,
appena rientrato da Lampedusa
![]() ---------------------------------------------------------------
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)Terminata
la celebrazione eucaristica, Papa Francesco si è trasferito in auto al
centro di prima accoglienza della Caritas vicino la stazione
ferroviaria di Santa Maria degli Angeli per pranzare con una
cinquantina di ospiti in rappresentanza delle fasce più disagiate di
tutta la regione. Carcerati, disoccupati e senza tetto, assieme al
Papa, per un momento di “condivisione semplice”, come hanno spiegato
gli organizzatori.
******
Nel
pontificato della sobrietà la forma è sostanza, lo stile svela
contenuti. A pranzo con i poveri alla mensa della Caritas di Santa
Maria degli Angeli invece che con le autorità al Sacro Convento di
Assisi. Persino nella scelta della tavola alla quale sedersi, Bergoglio
mostra da che parte sta. Con i poveri, gli ultimi, chi non ha nulla.
Perché Cristo è lì e non altrove. "O si sta coi poveri o col denaro",
aveva detto poco prima durante la messa a piazza San Francesco...
E'
stato un incontro all'insegna della spontaneità, il pranzo odierno del
Papa nel centro Caritas di Santa Maria degli Angeli, a cominciare
dall'abbraccio, all'ingresso della struttura, fra il Pontefice e
Abdahlaha, un bambino marocchino di sette anni, figlio di una ospite
del centro di accoglienza. Il bambino poi ha preso per mano il Papa e
l'ha accompagnato fino alla mensa, presenti 55 ospiti dei vari centri
di accoglienza della diocesi, e gli si è messo a sedere vicino per il
pranzo, nell'angolo della grande tavola a forma di elle su cui lo
stesso Francesco aveva chiesto di poter sedere, allo scopo di vedere
tutti i commensali. Il papa ha mangiato poco, anche perché e' stato
circondato dall'affetto dei presenti...
![]() ![]() ...
Il primo appuntamento del pomeriggio, una visita privata all’Eremo
delle carceri e l’incontro con il clero, le persone di Vita Consacrata
e i membri dei consigli pastorali della diocesi nella Cattedrale di San
Rufino, dove Francesco e Chiara furono battezzati...
Papa
Francesco arriva alla Cattedrale di San Rufino che una bellissima
infiorata rende ancor più preziosa: questo è il luogo in cui, col
Battesimo, Francesco è nato come figlio della Chiesa. Ed è
un’esplosione di gioia anche tra le centinaia di persone che lo
attendono all’esterno e con le quali il Pontefice si sofferma a lungo.
Poi, il canto e il lungo applauso: è la Chiesa che lo accoglie, sono i
diversi volti della diocesi. “Benvenuto, Santo Padre”, dice mons.
Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino,
presentando il percorso di tutta la comunità. “Benedici il nostro
cammino sinodale e insegnaci il tuo sorriso contagioso”...
![]() ![]() ![]() ![]() --------------------------------------- Secondo
incontro del pomeriggio del Papa ad Assisi, quello con le clarisse
nella Basilica di Santa Chiara. Il Pontefice ha venerato il corpo della
Santa nella Cripta della Basilica.
![]() Poi la preghiera silenziosa davanti al Crocifisso di San Damiano nella Cappella del Coro e l'incontro con le clarisse.
![]() Ultima
tappa pubblica del viaggio del Papa ad Assisi - prima della visita
privata al Santuario di Rivotorto e al "Tugurio" di San Francesco - è
l’incontro con i giovani dell’Umbria nel Piazzale della Basilica di
Santa Maria degli Angeli. Papa Francesco si reca prima nella
Porziuncola per una preghiera silenziosa.
Circa 40mila i giovani che partecipano all’incontro col Papa e lo attendono fin dal mattino.
La testimonianza di alcuni giovani. ![]() Grande l'entusiasmo dei ragazzi che hanno accolto Papa Francesco con applausi e canti. Il Papa ha risposto anche ad alcune domande che i giovani gli hanno posto. ***** Due
bambini con la sindrome di Down sono avvinghiati al suo collo, i loro
genitori gli baciano le mani; una bambina cieca che cerca di toccare il
suo volto; un papà che gli presenta il suo figlioletto distrofico e il
papa che lo abbraccia e lo tiene stretto, ricambiato dalle magre
braccine del piccolo. Non era in programma questo saluto ai malati
nell'incontro di Francesco coi giovani dell'Umbria davanti alla
basilica di santa Maria degli Angeli. Ma il pontefice ha voluto per
prima cosa avvicinarsi a questo settore degli ammalati, quasi a
significare con il suo gesto quanto poi ha detto nel suo discorso: "Non
ho né oro, né argento da darvi, ma qualcosa di molto più prezioso, il
Vangelo di Gesù". E
l'annuncio del Vangelo è il mandato che dà a i più di 40 mila giovani
presenti nella piazza, insieme alle altre migliaia lungo il percorso
seguito dalla papamobile. "Andate con coraggio!", ha detto. " Con il
Vangelo nel cuore e tra le mani, siate testimoni della fede con la
vostra vita". ![]() ![]() Il
Pontefice ha terminato la sua visita ad Assisi, un evento che rimarrà
nella storia e nella memoria di tutti i fedeli che hanno passato una
giornata alla Città Serafica in compagnia di Papa Francesco che ha
avuto gesti d’amore ed estrema umanità per tutti, dai deboli, ai
sofferenti e dai bisognosi ai giovani e bambini. Una giornata che ha
fatto registrare numeri record, si parla di oltre 90mila pellegrini
nell’arco di tutta la giornata, mille e più giornalisti con tv da tutto
il mondo per raccontare un evento coinvolgente e indimenticabile carico
di significati. Il Pontefice ha lasciato la Città del Poverello poco
prima delle 20 per fare ritorno al Vaticano. (fonte: San Francesco patrono d'Italia) --------------------------------------- ...
E siamo così oggi arrivati a un Sistema economico - finanziario che
uccide milioni di uomini e donne sia per fame (abbiamo un miliardo di
esseri umani affamati!) che per guerre (6 milioni di morti per la
guerra in Rd Congo) ed uccide il Pianeta. È chiaro che il Pianeta andrà
avanti a vivere, ma non sopporterà più la presenza di Homo sapiens,
diventato ormai Homo demens. In questo contesto, come possiamo
dimenticare la relazione nuova con la Madre Terra che Francesco ci ha
insegnato con il Cantico delle creature!
E ora Papa Francesco, anche lui un “convertito” dagli impoveriti dei barrios di Buenos Aires, ritorna ad Assisi rilanciando la sfida di Francesco, che era quella di Gesù, al Sistema di oggi. E questo lo si può fare solo con una Chiesa povera che cammina con i poveri, un tema quasi dimenticato per lungo tempo... ![]() Le modalità del viaggio papale ad Assisi, le scelte compiute da Francesco, rappresentano una rivoluzione copernicana
![]() La
testimonianza del pastore di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino: "Un
episodio per me davvero impressionante è stato quando il Papa è stato
avvicinato da un uomo che, fendendo la folla per raggiungerlo, è corso
a dirgli: 'Mi sono convertito con la tua bontà', e si è gettato ai suoi
piedi. Una confessione pubblica di fede". E ancora: "Ho toccato con
mano il segreto di Papa Francesco: è un uomo che vive di Dio e sa
stabilire rapporti, sa rendere buono il contatto con le persone"
![]() ---------------------------------------------------------------
(GIA' ANTICIPATI NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)La
denuncia della campagna contro i cacciabombardieri. In arrivo i primi
sei esemplari. Quest'estate una mozione bipartisan aveva impegnato
l'esecutivo Letta a non andare avanti negli acquisti, fermandosi ai
primi propositi. Una spesa inutile e onerosa Dagli
Stati Uniti arriva la conferma che il Ministero della Difesa ha avviato
l’acquisto di ben sei cacciabombardieri F-35. Immediato il commento
della Campagna “Taglia le ali alle armi” promossa da Rete
Disarmo,Sbilanciamoci e Tavola della Pace: «Nel momento in cui tasse ed
imposte aumentano, si continua la scelta sconsiderata di buttare soldi
nelle spese militari».
La
fonte sono gli annunci ufficiali del Dipartimento della Difesa
statunitense diffusi in questi giorni: atti formali che dimostrano come
l'Italia si sia impegnata non solo a completare l'acquisto dei primi
tre caccia già pianificati nel 2012, ma abbia anche proceduto a
confermare definitivamente ulteriori tre velivoli appartenenti al Lotto
7 del programma la cui determinazione avviene nel 2013.
Il
coordinamento di “Taglia le ali alle armi” sottolinea come il Governo
stia proseguendo senza battere ciglio: «Dal 27 settembre 2013 abbiamo
una certezza in più: né la maggioranza dell’opinione pubblica italiana,
né la maggioranza del Parlamento sono in grado di far recedere i
“fondamentalisti” dell’F-35». Infatti, la decisione ignora, di fatto,
il voto di Camera e Senato che tra fine giugno ed inizio luglio del
2013 hanno approvato a maggioranza mozioni bipartisan che impegnavano
il Governo a non proseguire con alcun acquisto ulteriore di F-35 senza
un preventivo parere parlamentare. Ma gli ultimi acquisti rivelati dal
Pentagono non sono stati in alcun modo segnalati al Parlamento
italiano. E neanche all’opinione pubblica…
Commentano
da “Taglia le ali alle armi”: «Riteniamo inaccettabile il comportamento
della Difesa non solo perché viola le prerogative parlamentari
stabilite da atti specifici approvati dai due rami del Parlamento, ma
perché nella sostanza non rispetta assolutamente la volontà della
maggioranza degli italiani, ormai stanchi di vedere utilizzati soldi
pubblici per l'acquisto di armi e non per la risoluzione dei problemi
quotidiani del nostro Paese»...
![]() Guarda i nostri post precedenti:
--------------------------------------- Catena umana di musulmani protegge i cristiani a Messa
di Gabriella Meroni
Nel
paese dilaniato dagli attacchi contro le minoranze religiose,
un'associazione musulmana ha "protetto" una chiesa di Lahore contro
possibili attacchi terroristici. "Siamo pakistani, abbiamo lo stesso sangue", dicono i promotori, che hanno già organizzato un'altra catena umana per il 13 ottobre. E il sacerdote si unisce al corteo
L'immagine
è di quelle che potrebbero fare epoca, e in Pakistan hanno segnato
davvero una svolta: domenica 6 ottobre a Lahore una catena di "scudi
umani " formata da circa 300 musulmani ha protetto una chiesa cristiana
in cui era in corso la Messa per evitare possibili attacchi
terroristici. L'iniziativa, portata avanti dal gruppo Pakistan For All,
favorevole al dialogo interreligioso, ha visto la paetecipazione di un
Mufti che ha letto alcuni brani del Corano sulla tolleranza e la pace,
ed è stata applaudita dal sacerdote che stava celebrando la funzione,
padre Nasir Gulfam. I due religiosi si sono stretti la mano mentre i
partecipanti al raduno innalzavano cartelli con scritto "One Nation,
One Blood" (una sola nazione, un solo sangue).
La manifestazione è avvenuta, spiega il quotidiano pakistano The Express Tribune, in seguito all'ennesima strage di cristiani compiuta da terroristi islamisti a Peshawar lo scorso 22 settembre, che ha provocato oltre 100 vittime.
La
catena umana di Lahore ha voluto inviare un segnale forte contro questi
attacchi, ed è la seconda organizzata da Pakistan for All: una simile
iniziativa si era svolta infatti anche la settimana precedente a
Karachi, all'esterno della chiesa di S. Patrick, e un'altra è già stata
convocata attraverso facebook e twitter (hashtag #OneNationOneBlood) per domenica 13 ottobre a Islamabad, davanti alla chiesa Our Lady Fatima.
"I
terroristi ci hanno fatto vedere cosa fanno la domenica", ha detto in
piazza il coordinatore dell'associazione, il musulmano Mohammad Jibran
Nasir, "e noi gli abbiamo mostrato cos'è per noi la domenica. Un giorno
di unità". Nasir, che ha lanciato il suo appello alla mobilitazione di
Lahore attraverso i social media, ha poi guidato il corteo per le vie
della città tra canti e danze, mentre la polizia chiudeva le strade
attorno alla chiesa. (fonte: Vita)
![]() --------------------------------------- «La peggiore discriminazione è
non essere considerati al pari degli altri cittadini». Ecco la
quotidianità dei cristiani pachistani raccontata da monsignor Joseph
Coutts, arcivescovo di Karachi e presidente della Conferenza episcopale
del Pakistan. Invitato in Italia dalla Fondazione pontificia Aiuto alla
Chiesa che Soffre,
![]() --------------------------------------------------------------- (GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)Iraq:
non accettiamo il silenzio.
Sono
più di 4.000 i morti dallo scorso mese di aprile in Iraq. Numerosi sono
gli attentati e i morti anche in questi giorni. Siamo di fronte al
rischio reale del silenzio e dell’oblio su questa tragedia. Pax Christi
Italia vuole rompere questo silenzio che sembra avvolgere la situazione
in Iraq.
Il
forte legame che da anni Pax Christi Italia ha con molte persone e
comunità in Iraq, in particolare con il Patriarca caldeo Louis Sako, ci
chiede di non tacere.
Innanzitutto
esprimiamo umana pietà e solidarietà per le vittime anche di questi
giorni. Rinnoviamo poi l’impegno costante per la pace e contro la guerra
Il
dramma della vicina Siria non può che ricadere anche sulla gente
dell’Iraq, aumentando paura e insicurezza. Occorre prendere coscienza
che “Ci sono molti interessi – dice il Patriarka Sako – nel mantenere una situazione di conflitto. Temo ci sia una strategia per dividere il Medio Oriente in paesi ‘confessionali’”.
Sostenuti
dal forte richiamo di papa Francesco, continuiamo a pregare per la
pace, ricordando che la guerra sempre è portatrice di violenza, morte e
distruzione. In particolare chiediamo che si attui un severo ed
efficace controllo al mercato delle armi.
... --------------------------------------- Quattro milioni di persone si
confrontano ogni giorno, nel nostro Paese, con i problemi della
disabilità e della non autosufficienza.
![]() ---------------------------------------------------------------
LA VITA CRISTIANA COME CAMMINO
HOREB n. 65 - 2/2013TRACCE
DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI È sempre
bello partecipare della gioia di un bambino che, dopo aver gattonato
per settimane, finalmente, tenuto per mano dai genitori, riesce a stare
in piedi e a muovere i primi passi. Gli brillano gli occhi e grida di
gioia, poi, quando scopre che può camminare da solo, da quel momento si
sente libero di esplorare le cose che lo circondano. Questo l'incipit dell'Editoriale di Horeb, Quaderni di riflessione e formazione per quanti desiderano coltivare una spiritualità che assuma e valorizzi il quotidiano. ![]() ![]() E' possibile richiedere
copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)
E-mail: horeb.tracce@alice.it
Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto
I MERCOLEDÌ DELLA SPIRITUALITÀ - 2013 Dal 16 Ottobre al 4 Dicembre Sala del Convento dalle h. 20.00 alle h. 21.00 IL SANGUE DEI MARTIRI SEME DI NUOVI CRISTIANI --------------------------------------------------------------- SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() --------------------------------------------------------------- (GIA' ANTICIPATO NEL NOSTRO BLOG PIETRE VIVE)Annalena Tonelli “martire della carità cristiana” Innamorata
dei poveri, curava gli ammalati e cucinava nei bidoni di benzina. Nella
sua vita di missionaria laica sfuggiva comodità e riconoscimenti. Unica
concessione: un caffè ![]() Annalena Tonelli non ha mai amato parlare di sé.ha vissuto in silenzio la radicalità evangelica per 35 anni in terra mussulmana. Al
pressante invito del Vaticano in occasione di un convegno sul
volontariato -30 Novembre 2001- ha risposto con la testimonianza che
segue. ![]() Proponiamo di seguito la recensione di Gerolamo Fazzini alla sua biografia «Io sono nessuno» ...
Di Annalena, del suo oscuro ma fecondo magistero, della sua
testimonianza silenziosa ed eloquente, tanti hanno saputo solo in
occasione della morte, quando persino su giornali laici vennero
pubblicati brani del suo testamento spirituale. Ora, grazie al lavoro
di due giornalisti, Miela Fagiolo D'Attilia e Roberto Zanini, la
statura spirituale di questa donna si può misurare più compiutamente,
grazie a un libro che porta come titolo proprio quell'emblematica carta
d'identità: Io sono nessuno (San Paolo, pagine 222, euro 14). Un libro
che, oltre a ripercorrere l'intensa esistenza della Tonelli, ne propone
una raccolta ragionata di scritti. Pagine
dalle quali emerge in tutta la sua freschezza la scelta di Annalena di
«gridare il Vangelo con la vita», sulla scia di De Foucauld. Una scelta
che ha portato Annalena a "sposare" i suoi somali, facendosi carico
anche delle diffidenze e dei pericoli... Il
paradosso è che a capire in profondità il segreto di quella donna umile
è stato proprio un vecchio capo musulmano. «Noi musulmani abbiamo la
fede - confidò una volta alla missionaria italiana - voi l'amore». ![]() Sempre di Gerolamo Fazzini la recensione alla recente pubblicazione "Lettere dal Kenya 1969-1985" «Volevo seguire solo
Gesù Cristo. Null’altro mi interessava così fortemente: Lui e i poveri
in Lui. Per Lui feci una scelta di povertà radicale». Credo di non
esagerare nel definire una delle più alte pagine spirituali del nostro
tempo il "testamento" di Annalena Tonelli, volontaria laica di Forlì
uccisa in Somalia all’età di 60 anni, il 5 ottobre 2003. Ora,
a dieci esatti anni dalla morte, le Edizioni Dehoniane di Bologna ci
mettono in mano un’altra preziosa raccolta di scritti di questo
straordinario personaggio, un’autentica «santa anonima» di oggi. Si
tratta di Lettere dal Kenya 1969-1985 (pp. 368, euro 15), relative,
dunque, alla lunga stagione missionaria di questa donna che diceva di
sé: «Vivo a servizio senza un nome, senza la sicurezza di un ordine
religioso, senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno
stipendio». Leggendole
è possibile ricostruire, passo dopo passo, l’immersione di Annalena
Tonelli nella realtà africana, affascinante e contraddittoria... ![]() Vedi anche il nostro precedente post:
--------------------------------------- SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"Per non dimenticare Annalena Tonelli, martire della carità cristiana, uccisa il 5 ottobre 2003
![]() --------------------------------------------------------------- Il
vescovo emerito di Ivrea, Luigi Bettazzi, celebra oggi, domenica 6 nel
duomo di Ivrea, i suoi 50 anni di ordinazione episcopale.
AUGURI !!! ![]() --------------------------------------------------------------- Ivrea, monsignor Bettazzi e la
sua attività in Canavese raccontato attraverso una galleria di immagini
dell'archivio della Sentinella del Canavese
![]() La testimonianza di mons. Luigi
Bettazzi. Cinquant’anni di episcopato: il suo sguardo sulla Chiesa di
oggi, sui giovani e sulla guerra, sulla società e sulla politica.
![]() --------------------------------------------------------------- SEGNALATI IN FACEBOOK NELLA NOSTRA PAGINA SOCIALE "QUELLI DELLA VIA"7 ottobre - Beata Maria Vergine del Rosario
![]()
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1) La newsletter è settimanale;
2) Il servizio di "Lectio" a cura di fr. Egidio Palumbo alla pagina:
http://digilander.libero.it/tempo_perso_2/la_lectio_del_Vangelo_della_domenica.htm
3) Il servizio omelia di P. Gregorio on-line (mp3) alla pagina
http://digilander.libero.it/tempodipace/l_omelia_di_p_Gregorio.htm